Napoli – Università Suor Orsola Benincasa – 20 febbraio 2009 ______________________ LAUDATIO GIULIANO ADREANI Giuliano Adreani è uno dei più autorevoli e apprezzati protagonisti della pubblicità in Italia. L'attività professionale che da 47 anni svolge ai massimi livelli nel campo della pubblicità coincide con una delle stagioni più significative nella storia della televisione italiana. Di questa stagione Adreani è stato senza dubbio fra i più competenti e qualificati artefici. Assunto giovanissimo, all'età di venti anni, in Sipra (società concessionaria di pubblicità della Rai), quando si può affermare che il siparietto di carosello - nato 5 anni prima - muoveva i suoi primi giri di giostra, ne è diventato nel 1991 Direttore Generale prima di essere chiamato a svolgere mansioni direttive in Publitalia '80, la concessionaria delle reti televisive del gruppo Mediaset, dove dal 1996 ricopre ininterrottamente l'incarico di Presidente e Amministratore delegato. Sotto la sua presidenza Publitalia ’80 ha conseguito risultati così brillanti e un fatturato così ragguardevole da diventare la più importante concessionaria pubblicitaria europea e tra le prime a livello mondiale. Non abbiamo il tempo di enumerare tutte le prestigiose cariche che ha ricoperto e che ricopre e i successi che ha raggiunto e le rilevanti iniziative che ha 1 promosso a livello sia nazionale che internazionale. Ci limitiamo qui a ricordare che nel 1995 ha fondato Publieurope, concessionaria di pubblicità che gestisce per l’intera Europa le tv Mediaset, nonché Mondadori e molte fra le principali emittenti commerciali europee, come ad esempio Pro7 e Sat1 in Germania, la spagnola TeleCinco, Channel 4 in Gran Bretagna. Dal 2008 si occupa anche della raccolta pubblicitaria internazionale per il canale sportivo cinese CSPN. È inoltre Consigliere delegato del gruppo Mediaset carica per la quale dall’anno 2000 è responsabile del coordinamento delle attività pubblicitarie e anche di tutte le attività operative, incluse quelle televisive del Gruppo. Mi sia ancora consentito di ricordare che è, altresì membro del Comitato Scientifico della rivista Desk, rivista di cultura e ricerca della comunicazione edita da questa Università con l’Unione Cattolica Stampa italiana. In considerazione dell'eccellenza del suo curriculum professionale non crediamo di esagerare se affermiamo che Giuliano Adreani è uno dei personaggi più eminenti nella storia della comunicazione pubblicitaria in Italia. Non è un caso che nel 2003 l'allora Presidente della Repubblica Italiana, Azeglio Ciampi, abbia assegnato proprio a lui, primo e unico rappresentante del mondo della pubblicità, la prestigiosa onorificenza di Cavaliere del Lavoro della Repubblica Italiana. 2 Conferire la laurea honoris causa a Giuliano Adreani significa dunque, nelle intenzioni di questo Ateneo e della Commissione di Laurea qui riunita, non soltanto premiare i meriti e le capacità di uno straordinario stratega dei media e della comunicazione giunto ormai quasi alle nozze d'oro con la pubblicità, ma anche riconoscere e dare risalto, attraverso di lui, all'importante ruolo che la comunicazione pubblicitaria ha giocato e continua a giocare nel nostro paese come fattore di sviluppo del sistema televisivo pubblico e privato, come motore di crescita economica complessiva, come incubatore di cambiamento del costume e di modernizzazione culturale. Possiamo ritenere ormai definitivamente tramontati i tempi in cui alla pubblicità si guardava con sospetto ideologico e la si considerava niente di più che uno strumento di persuasione occulta al servizio degli interessi del capitalismo, con il compito di diffondere bisogni indotti e artificiali presso consumatori a torto ritenuti passivi e manipolabili. Allo stesso modo sono ormai archiviate e appartengono soltanto alla storia del pensiero sociologico le posizioni apocalittiche di chi riteneva l'intera offerta dell'“industria culturale” essa stessa una forma di comunicazione pubblicitaria tout court. Basti qui accennare a pensatori “anticonsumisti” e “antipubblicitari” come Max Horkheimer e Theodor Adorno, per i quali “poiché [l'industria culturale] riduce 3 continuamente il piacere che promette [...] a quella stessa semplice promessa, finisce per coincidere, da ultimo, con la pubblicità di cui ha bisogno per compensare la propria incapacità di procurare un godimento effettivo”. Oggi, a distanza di oltre mezzo secolo da quando furono scritte queste pur autorevoli parole, siamo in condizione di riabilitare la pubblicità e di inquadrarla all'interno di una nuova cornice di riferimento, meno ideologica e più congeniale ad una valutazione sine ira ac studio dei relativi aspetti economici, sociali e culturali. Come ha osservato Italo Calvino “se si comincia a dire che l'umanità è votata all'idiozia per via della televisione, della pubblicità, degli elettrodomestici, si finirà per concludere che l'umanità era più vicina alla saggezza e alla grazia quando al posto della tv c'era il parroco del villaggio, al posto della pubblicità la superstizione, al posto degli elettrodomestici il vaso da notte”. La pubblicità è da sempre e oggi più che mai il motore pulsante del sistema radiotelevisivo, al punto che è stato osservato che il vero prodotto delle industrie del broadcasting non sono i programmi che vengono trasmessi ma le quote di pubblico che grazie ad essi le emittenti riescono a intercettare e a vendere agli inserzionisti pubblicitari. In Italia l'esplosione della pubblicità 4 televisiva determinata dall'avvento delle tv private negli anni ‘70 ed ‘80 è stata il vero e proprio volano di sviluppo di un'economia strutturalmente caratterizzata da una molteplicità di piccole e medie imprese. Prima delle tv commerciali, infatti, esse erano penalizzate dalla difficoltà di superare il collo di bottiglia che limitava l'accesso alla pubblicità televisiva in regime di monopolio pubblico. Il vecchio artigianale Carosello non riusciva ad assecondare efficacemente e a dare adeguata soddisfazione alla domanda di concorrenza e di modernizzazione del mercato espressa dalla realtà industriale del paese. Vincolato e rigidamente regolamentato com'era, esso esercitava piuttosto una funzione di contenimento e di addomesticamento che di promozione e sviluppo della prassi pubblicitaria. In un paese passato velocemente da quella Gemeinschaft che ancora caratterizzò una buona parte dell’Italia dei primi due decenni del dopoguerra e nella quale Carosello rappresentò un compromesso di successo tra mercato e famiglie, passato, dicevo, alla Geselschaft degli anni ’70 ed a venire, altri strumenti di comunicazione pubblicitaria si imponevano. Non vi era più nè tempo nè bisogno, di celare la pubblicità sotto il velo di scenette familiari, essa veniva decisamente allo scoperto, potremmo dire “senza veli” consentendo la nascita, altrimenti impossibile, di nuovi attori del mondo della comunicazione: le televisioni cosiddette commerciali. Cominciava anche a 5 consolidarsi, via via irrobustendosi, la collaborazione tra mondo della pubblicità e mondo delle scienze sociali: quasi inavvertitamente, psicologi sociologi, statistici entravano a loro volta nel mondo un pò peccaminoso della pubblicità. Fu a partire dagli anni '80, in un contesto mutato e improvvisamente aperto al mercato soprattutto con la nascita del duopolio televisivo, che si crearono le condizioni per un autentico take off del mercato pubblicitario nel nostro paese. Gli spazi pubblicitari improvvisamente si dilatarono, i relativi costi furono sensibilmente abbattuti, vennero sperimentate efficaci politiche di vendita (come il sistema delle royalties adottato per la prima volta proprio da Publitalia '80, attraverso cui si incentivarono gli investimenti delle aziende interessate a proporre la propria pubblicità in tv). Si perfezionarono le professionalità creative e si cominciarono ad impiegare le più collaudate tecniche di marketing di matrice anglosassone. L'insieme di tutti questi fattori ha fatto sì che grazie alla pubblicità soggetti economici tradizionalmente poco visibili riuscissero per la prima volta a presentare la propria offerta commerciale ad un pubblico di consumatori più vasto ampliando di fatto il tasso di competitività interno al nostro mercato. 6 Sarebbe riduttivo e forse persino fuorviante riconoscere alla comunicazione pubblicitaria soltanto un ruolo ed una funzione, per quanto importanti, di tipo commerciale ed economico. La pubblicità – come ha detto Walter Benjamin – rappresenta “l’astuzia con cui il sogno si impone all’industria”. In questo senso essa va considerata come qualcosa di più che una semplice risorsa strategica nell'ambito del marketing mix aziendale. Costituisce, ad esempio, l'estremo rifugio in cui al tempo della razionalità strumentale e dell'economia di mercato si annida e sopravvive quell'ancestrale componente immaginaria che è fondante dell'umano, che Georges Bataille chiamava la “parte maledetta”, ovvero il nucleo delle pulsioni sovrane e incondizionate da cui prendono origine fenomeni come l'eros, l'arte, il sacro, il dono, e tutto quello che si spinge oltre i limiti di ciò che è semplicemente utile. Negli ultimi anni, poi, la pubblicità è diventata l'autentica koiné del nostro tempo, un linguaggio che via via si è imposto in tutti gli ambiti della vita sociale dando luogo ad una nuova forma di cultura e ad un nuovo modo di socializzazione. Si tratta di un linguaggio che sperimenta l'ibridazione tra generi e media, quasi multimediale per la sua innovatività, in grado di dare una marcia in più alle stesse formule espressive dei media tradizionali. A dispetto delle apparenze, la pubblicità traduce in atto un'istanza di radicale 7 democratizzazione dell'agire comunicativo, non foss'altro che perché ha l'obiettivo istituzionale di avvicinarsi nella forma più diretta ed immediata possibile al linguaggio dei consumatori, perché ne segue o qualche volta ne anticipa i bisogni, si adatta ai loro ritmi, ne abita il vissuto quotidiano. A differenza dei linguaggi più “seri” e socialmente accreditati - quelli della politica, dell'educazione, della cultura, della religione – troppo spesso caratterizzati da forme di relazioni asimmetriche e verticali nonché chiusi all'interno di codici autoreferenziali, i linguaggi dei consumi riescono invece ad aprirsi con grande naturalezza al mondo della vita, a dare voce ai desideri più intimi degli individui, ad accompagnare le piccole grandi passioni della gente comune e a coltivare le microutopie del quotidiano. Sostenere che la vita è distrutta dalla pubblicità può essere allora più comodo e più inutilmente drammatico che cercare di comprendere ed esprimere quanto e perchè davvero la pubblicità spesso tocchi gli apici, i vertici e le profondità più effervescenti della vita. Ed è per queste ragioni che, anche per merito dell'attività pionieristica, assidua e competente di eccellenti professionisti come Giuliano Adreani, la pubblicità ai nostri giorni ha finito per legittimarsi come una vera e propria forma di enciclopedia di pubblico dominio, un efficace fattore di inclusione e di 8 cittadinanza sociale, un driver dell'immaginario collettivo, un dispositivo di socializzazione orizzontale che incide in modo diffuso nelle pieghe del nostro rapporto con il mondo delle cose e dei nostri comportamenti in relazione con gli altri. Anche attraverso la pubblicità in Italia si sono realizzate le condizioni di una nuova e più inclusiva paideia civile, quella che, ad esempio, Walter Benjamin chiamava Schulung “addestramento, scolarizzazione” in contrapposizione alla Bildung “educazione, formazione”: la posta in gioco di questo genere di pratica formativa non è istruire il pubblico ai valori della cultura alta ma metterlo in condizione di cogliere meglio le circostanze della propria vita quotidiana, garantendogli una piattaforma espressiva idonea a conseguire obiettivi di empowerment ed autoriconoscimento. Viviamo oggi un periodo di grandi cambiamenti nel mondo della comunicazione. Un periodo che un illustre studioso come Mario Morcellini ha definito di mediamorfosi, ossia di radicale trasformazione tecnologica e culturale dell'intero scenario dei media. Anche la pubblicità sarà chiamata a ridefinire profondamente la propria mission e le proprie modalità operative. Nell'era dei social network i mercati si avviano a diventare sempre più simili a conversazioni, e questo porrà verosimilmente nuove sfide e nuovi obiettivi per la comunicazione pubblicitaria. Il consumatore sarà sempre meno concepito 9 come un individuo da sedurre e sempre più come un partner con cui collaborare. La pubblicità (come è intrinseco nel nome stesso) riscoprirà forse un'antica vocazione di servizio pubblico. E il pubblico stesso non sarà più soltanto quella platea di ascoltatori che ricevono messaggi confezionati da istituzioni professionali specializzate come i media. Sulle nuove piattaforme digitali la nozione di pubblico pare destinata a tornare al suo originario significato di “comune, condiviso, partecipato”: non più, quindi, insieme di soggetti da persuadere ma reti di persone che conversano fra loro, non più target da raggiungere, ma comunità di relazioni. Probabilmente è ancora troppo presto per comprendere appieno e in tutte le sue implicazioni economiche e culturali il senso di questa nuova epocale rivoluzione copernicana. Cionondimeno, siamo certi che, dopo aver dimostrato di saper gestire con grande maestria e formidabile successo la pubblicità di ieri, Giuliano Adreani - in virtù dello straordinario capitale di esperienze e di conoscenze che ha maturato in quasi mezzo secolo di carriera nonché grazie alle sue eccezionali qualità manageriali ed umane - continuerà a giocare un ruolo propulsivo, prezioso e irrinunciabile anche nel governare la pubblicità di oggi e dare forma a quella di domani. E non è certamente un caso che l'anno scorso sia stato proprio Adreani a creare Digitalia ’08, la concessionaria del 10 Gruppo Mediaset finalizzata all’attività di raccolta pubblicitaria sul digitale terrestre e sui new media. Un mondo sempre diverso in cui il passo della tecnologia, figlia della scienza e del mercato, non smettendo di accelerare, impone anche alle istanze più meditative dell’esserci e del suo pensiero, una capacità di ascolto di conoscenza di governo e qualche volta, il che è più difficile – di riconoscenza come affermava qualche giorno fa il nostro docente prof. Davide Borrelli con il quale ho discusso più punti di questa laudatio . Conferire oggi la laurea honoris causa a Giuliano Adreani da parte di questo antico e glorioso Ateneo, da parte della sua Facoltà di Scienze della Formazione e dei suoi corsi di comunicazione, vale a dire anche da parte dei suoi giovani studenti e laureati ai quali accanto quasi compagno di studio poniamo oggi una figura di prestigioso spicco, è insomma come un fare i conti con la nostra storia e, con una parte attiva e vera di questo meraviglioso paese reale e con il futuro prossimo della nostra contemporaneità. Guardando a questo futuro con sano ottimismo. Grazie dunque a Giuliano Adreani e grazie a voi tutti dell’attenzione. Lucio d’Alessandro 11 12