MALATTIE INFETTIVE Malattie Esantematiche Le manifestazioni esantematiche non sono una prerogativa delle infezioni, tuttavia le cause infettive sono numerose e le caratteristiche cliniche generali e dell'esantema nello specifico possono essere dirimenti per una diagnosi clinica sicura senza la necessità di ricorrere ad approfondimenti laboratoristici. Morbillo Il morbillo è una malattia infettiva esantematica infantile di origine virale e molto contagiosa. Le manifestazioni cliniche principali sono febbre, mucosite ed esantema maculopapuloso generalizzato. Eziologia ed epidemiologia: Il virus del morbillo appartiene alla famiglia di paramyxoviridae ed è pertanto un virus ad RNA (lineare, a singola elica). È patogeno quasi esclusivamente per l'uomo (e alcune specie di scimmie) e si diffonde in tutti i tessuti dell'organismo infetto senza un tropismo specifico. Il virus del morbillo è estremamente labile nell'ambiente. Il morbillo è endemico in tutto il mondo. La malattia può essere (raramente) molto severa e perfino letale. Sono tipici i picchi di incidenza invernali e primaverili. Le epidemie si osservano ogni 3-4 anni circa. La morbosità è massima sotto i 2 anni di età e mostra patterns diversi: in aree urbane il picco di incidenza si osserva a <3 anni mentre in aree rurali tra 5 e 7 anni di età. L'infezione conferisce immunità permanente. Con l'introduzione della vaccinazione il picco di infezione si è leggermente modificato in quanto compare la possibilità di piccole epidemie in età adolescenziale in soggetti vaccinati ma con copertura subottimale (non effettuato il richiamo consigliato). Patogenesi: Il morbillo ha trasmissione per via aerea con le goccioline di saliva. Penetrando nelle vie aeree superiori si verifica una prima replicazione virale a livello dei linfonodi regionali seguita da una prima viremia (24-48 ore dopo) e l'interessamento del sistema reticoloendoteliale dove il virus viene convogliato dai macrofagi. Nel sistema reticoloendoteliale (milza, fegato, midollo osseo e linfonodi) si verifica la seconda replicazione virale seguita da disseminazione del virus in tutti gli organi (dopo 5-6 giorni); anche la penetrazione nel sistema nervoso centrale è possibile. L'esantema tipico della malattia è dovuto sia al danno diretto indotto dal virus sia al danno immunomediato in risposta ad antigeni virali. -1- Clinica: Clinicamente si distinguono alcune fasi corrispondenti ai periodi patogenetici dell'infezione: o Periodo di incubazione: 9-12 giorni (la diffusione del virus nell'organismo). o Fase prodromica o di invasione: dura 1-3 giorni o Fase esantematica: di durata di 1 settimana circa o Risoluzione e convalescenza: 3-5 giorni Ogni fase ha delle peculiari caratteristiche cliniche: o Fase prodromica: caratterizzata da: o Febbre alta, malessere, astenia (sintomi simil-influenzali) o Mucosite: congiuntivite, faringodinia, rinite e rinorrea. La tosse secca per interessamento delle vie aeree è tipica. o Segno di Köplik: è un segno patognomonico del morbillo. Consiste in un enantema della mucosa orale che si manifesta con chiazze rotondeggianti rosse con centro biancastro che insorgono sulla mucosa della guancia anteriormente ai denti molari. La comparsa di questo segno precede di poco l'esantema e permane assieme a questo per alcuni giorni. Dopo 1-3 giorni i sintomi prodromici si attenuano a addirittura scompaiono. A questo punto compare l'esantema. o o Fase esantematica: caratterizzata da una ripresa febbrile, cefalea, astenia, inappetenza ed esantema che ha caratteristiche peculiari: o Esantema maculo-papuloso con progressione cranio-caudale: coinvolge in sequenza la testa ed il volto, il tronco e, per ultimi gli arti. o L'esantema risparmia i palmi e le piante. o Le macule tendono a confluire o Può associarsi ad un edema del volto, comunque le macule sono per definizione rilevate rispetto alla cute circostante indenne. o Linfoadenomegalia cervicale e retronucale, splenomegalia Fase di risoluzione: si ha la scomparsa della febbre per lisi, il quadro clinico generale migliora, l'esantema regredisce con lo stesso ordine cranio-caudale. In caso di esantema intenso si può avere una moderata desquamazione. La linfoadenopatia e la splenomegalia si risolvono in qualche settimana. Anche se questo decorso clinico è quello classico ci possono essere delle manifestazioni rare: -2- o Morbillo attenuato: in neonati di età <6 mesi (protetti in certa misura da anticorpi materni). Il quadro è molto lieve. o Morbillo emorragico o ipertossico: quadro severo che si può osservare in soggetti immunodeficienti. Possono comparire segni di interessamento del sistema nervoso (encefalite, meningite), frequenti sono le sovrinfezioni batteriche. o In gravidanza: il virus del morbillo può provocare danni fetali variabili in base al periodo di gestazione. Complicanze: o Sovrinfezioni batteriche: otiti, sinusiti eccetera o Interessamento respiratorio o cardiaco o Encefalomielite o PESS (Panencefalite Subacuta Sclerosante): si può manifestare a distanza di anni dall'infezione acuta ed è una demielinizzazione progressiva che comporta l'exitus in 1-3 anni. o Piastrinopenia Diagnosi: La diagnosi di morbillo è clinica in presentazione del quadro classico. Il quadro laboratoristico può mostrare leucopenia, neutropenia, piastrinopenia e anemia per la replicazione virale a livello del midollo osseo con la conseguente compromissione emopoietica transitoria. In casi dubbi si può ricorrere ad esami sierologici (IgM e IgG virus-specifici) oppure alla ricerca di antigeni o RNA virale (importante in soggetti immunocompromessi). Terapia: Esssendo una malattia autolimitante la terapia è sintomatica: o Riposo a letto, antipiretici e antidolorifici (paracetamolo in bambini), espettoranti o Antibiotici in caso di una sovrapposizione batterica o Cortisonici in caso di interessamento del SNC (riducono l'edema cerebrale e l'entità del danno immunomediato). o Isolamento fino a 5 giorni dopo l'esantema per la contagiosità del morbillo. o Immunoprofilassi passiva: utile in donne gravide esposte a malati di morbillo. Di effettua con IgG specifiche ed è utile se somministrata entro 72 ore dal contatto a rischio. La durata della copertura è di 3 settimane. o Immunoprofilassi attiva – vaccinazione: il vaccino anti-morbillo è un virus vivo attenuato (percui è controindicato in gravidanza e in immunocompromissione) inettato s.c. o i.m. La vaccinazione è caldamente consigliata (in associazione ad anti-rosolia e anti-parotite) al 15° mese di vita -3- e un richiamo all'età di 12-15 anni per una copertura ottimale. La vaccinazione può avere effetti collaterali che si manifestano perlopiù nel sito dell'innoculo dopo 10-15 giorni: o Flogosi locale: 20-30% o Febbre 10-20% o Rash, rinite, congiuntivite o tosse secca 2-6% o Encefalite post-vaccinica (1/1.000.000) Rosolia La rosolia è una malttia infettiva esantematica acuta di origine virale, tipica dell'età pediatrica ed autolimitante di importanza notevole per le possibili complicanze in gravidanza; si manifesta con un esantema maculo-papuloso e un importante coinvolgimento linfoghiandolare (che può essere l'unica manifestazione della malattia). Il virus responsabile della rosolia appartiene alla famiglia di togaviridae (virus ad RNA, molto labile). La rosolia è endemica in tutto il mondo; analogamente al morbillo i picchi stagionali di incidenza si osservano in inverno e primavera e piccole epidemie si osservano ogni 510 anni. La morbosità è prevalentemente pediatrica e l'immunità è permanente. Trasmissione e patogenesi: Il virus si trasmette per via aerea con le goccioline di saliva e penetra nell'organismo attraverso la mucosa respiratoria (o congiuntivale). La contagiosità è accertata da 5 giorni prima a 5 giorni dopo l'esantema nella rosolia tipica mentre un neonato con rosolia congenita elimina il virus per 12-18 mesi. L'iniziale replicazione virale avviene a livello della mucosa respiratoria e delle linfoghiandole regionali. Da questi siti il virus è disseminato per via ematica e si localizza e si replica nel tessuto linfonodale (e placentare in gravidanza), così come è capace di replicarsi bene nei tessuti fetali. Per quanto riguarda la gravidanza l'infezione al primo trimestre causa i danni maggiori in relazione al periodo embriogenetico mentre in trimestri successivi le manifestazioni fetali sono modeste o scarse. Rosolia acquisita: Nel 50% dei casi circa l'infezione è asintomatica, in alcuni casi le manifestazioni si limitano alla linfoadenomegalia. o Periodo di incubazione: 12-23 giorni o Periodo di invasione: febbricola, malessere, linfoadenomegalia laterocervicale, retronucale, -4- retroauricolare, sottomandibolare. o Esantema: il periodo esantematico può essere associato o meno a febbre. L'esantema ha una progressione cranio-caudale ma le macule non tendono a confluire, sono di colore rosa sfumato e non è preceduto da un periodo prodromico (d.d. con il morbillo). Questo esantema puntiforme dura 3-4 giorni. o La regressione dell'esantema segue lo stesso percorso cranio-caudale. Complicanze: Le complicanze sono più frequenti in adulto. o Artropatia: interessa il 30% delle donne in età adulta o Encefalomielite: 1/6.000 ed è letale nel 205 dei casi o Encefalite progressiva: simile a quella del morbillo e può insorgere tardivamente. È una complicanza estremamente rara. o Piatrinopenia autoimmune (transitoria) che si può manifestare con emorragie cutanee e mucose Rosolia congenita: La rosolia congenita può avere manifestazioni più o meno gravi a seconda del periodo di gestazione in cui è avvenuta l'infezione della madre. Il primo trimestre è gravato da 70% di trasmissione al feto (prima della 11° settimana – 90%) mentre il secondo ed il terzo trimestre sono meno a rischio. La rosolia congenita si può manifestare con: o Aborto: 70-90% dei casi nel primo trimestre o Ritardo della crescita intrauterina o Sordità, cataratta, cardiopatie congenite – sindrome della rosolia congenita. Alla nascita il bambino può essere completamente asintomatico, può manifestare sintomi transitori (rash, porpora, epatite, miocardite, piastrinopenia eccetera) opppure delle lesioni permanenti (anche a manifestazione tardiva) quali ipoacusia, sordità, malattie autoimmuni quali ad esempio il diabete mellito di tipo I. -5- Diagnosi: La diagnosi di rosolia è clinica in base ai segni e sintomi caratteristici della malattia e dell'esantema nello specifico. Le indagini sierologiche possono confermare la diagnosi con la positività di IgM o aumento di titolo di IgG specifiche. Nel neonato la conferma sierologica può essere fatta con: o IgM positive alla nascita o IgG positive dopo 6-9 mesi (il tempo necessario per eliminare le IgG materne acquisite passivamente) o IgM nel sangue fetale (alla 20°-26° settimana) o Ricerca dell'RNA virale su villi coriali o nel liquido amniotico Terapia: La terapia della rosolia è sintomatica: o Riposo a letto, antipiretici e antiflogistici o Cortisonici in caso di interessamento del sistema nervoso centrale o di porpora trombocitopenica o Isolamento per 7 giorni dopo l'esantema (eliminazione del virus da 5 giorni prima e fino a 5 giorni dopo l'esantema) o Immunoprofilassi passiva: utile in caso di una donna gravida esposta al rischio di rosolia. Le IgG specifiche sono utili se somministrate entro 72 ore dal contatto. Il vaccino è controindicato in gravidanza. o Vaccinazione: vaccino con virus vivo attenuato (combinato con anti-morbillo e anti-parotite) al 15° mese di vita seguito da un richiamo all'età 12-15 anni per una copertura ottimale. Scarlattina La scarlattina è una malattia esantematica infettiva acuta ad eziologia batterica di cui è responsabile lo Streptococcus pyogenes β-emolitico produttore della tossina pirogena. La scarlattina è endemica in tutto il mondo e si trasmette per via aerea colpendo principalmente i bambini. Clinica: o Periodo di incubazione: 2-5 giorni o Esordio clinico: improvviso con febbre, cefalea, nausea, vomito, faringodinia (tipica della scarlattina), enantema della lingua ("a fragola"). o Esantema: compare 1-2 giorni dopo l'esordio clinico. Lesantema è maculopapuloso, a volte pettecchiale, che inizia sempre alle radici degli arti e si diffonde al tronco e a lvolto risparmiando però le zone periorale, il -6- naso e il mento. Il quadro cllinico è patognomonico. o Risoluzione in 1 settimana circa con un'importante desquamazionme cutanea. Diagnosi: La diagnosi è clinica. Gli indici orientativi di laboratorio sono gli indici di infezione come la VES, la leucocitosi neutrofila. È specifico l'aumento del TAS (titolo anticorpale anti-streptolisina). L'esame colturale a partire da un tampone faringeo è risolutivo. Complicanze: o Diffusione dell'infezione: ascessi tonsillari, cerebrali, otite media. o Complicanze tossiche: miocardite, nefrite interstiziale o Complicanze immunologiche: glomerulonefrite da immunocomplessi, malattia reumatica. Terapia: o Terapia antibiotica con benzilpenicillina, amoxicillina o eritromicina in caso di allergia. L'inizio deve essere precoce. o Isolamento per 48 ore dall'inizio della terapia antibiotica. Esantema Critico L'esantema critico, detto anche la sesta malattia, è una malattia esantematica acuta ad eziologia virale dovuta al virus herpetico umano 6 (HHV-6) della famiglia degli herpesviridae (DNA bicatenario). L'HHV-6 è un virus linfotropo che permane caratteristicamente latente nell'organismo dopo l'infezione. L'infezione si acquisice per via aerea, di solito nei primi 2 anni di vita. Clinica: o Periodo di incubazione: 5-15 (in media 9) giorni o Esordio clinico: febbre elevata, malessere, rinite, faringodinia, nausea, vomito. o Dopo 2-3 giorni compare la linfoadenopatia a carico dei linfonodi retronucali e laterocervicali. o Esantema: dopo 3-5 giorni scompaiono i sintomi clinici generali e compare l'esantema maculo-papuloso di color rosa pallido al tronco, glutei, torace, collo. L'eruzione risparmia caratteristicamente il volto. -7- Diagnosi e complicanze: La diagnosi è clinica. Le complicanze possibili sono le crisi convulsive e l'epatite acuta ma sono manifestazioni rare. Esantema critico in adulti: In soggetti immunocompetenti più spesso l''infezione passa asintomatica, raramente si manifesta come un quadro di sindrome mononucleosica. In soggetti immunodepressi l'infezione primaria o la riattivazione del virus latente possono dare quadri di febbre persistente, polmonite interstiziale, corioretinite, meningite acuta. In paziente immunodepresso la diagnosi richiede il dosaggio della viremia mediante PCR in quanto la sierologia è poco utile in immunodepressione. Varicella-Zoster La varicella è una malattia infettiva acuta di origine virale, altamente contagiosa che predilige l'età infantile e si manifesta con esantema vescicoloso. L'agente eziologico è il VZV (Varicella Zoster Virus) che fa parte degli herpesviridae ai quali appartengono anche altri agenti infettivi patogeni per l'uomo: o Famiglia α-herpesviridae: HHV-1, HHV-2, VZV o Famiglia ß-herpesviridae: CMV, HHV-6, HHV-7 o Famiglia γ-herpesviridae: EBV, HHV-8 Come da caratteristiche dei virus erpetici anche VZV rimane latente nell'organismo dopo l'infezione primaria e può riattivarsi provocando le manifestazioni di Herpes Zoster. Il virus è endemico in tutto il mondo e il 90% dei casi sono acquisiti prima dei 9 anni. L'incidenza mostra picchi inverno-primaverili e decorso epidemico ogni 23 anni. La trasmissione è per contatto diretto con le vescocole e per via aerea con goccioline di saliva. Il paziente è contagioso a partire da 1 giorno prima dell'inizio dell'esantema e fino alla comparsa di croste (risoluzione dell'esantema). Patogenesi: Penetrando nell'organismo il virus ha la sua prima replicazione a livello del tessuto linfatico locale (tonsille) alla quale segue la prima viremia e la localizzazione del virus nelle cellule del sistema reticolo- -8- endoteliale (fegato, milza, linfonodi). Alla replicazione in questi tessuti segue la seconda viremia e la localizzazione del virus a livello della cute e delle mucose dove è responsabile della comparsa di lesioni vescicolose. Istologicamente nelle vescicole si trovano cellule giganti multinucleate con inclusi eosinofili. Dopo l'infezione primaria il virus rimane latente nei gangli sensitivi del sistema nervoso per poter riattivarsi in condizioni di immunodepressione transitoria o permanente e provocare le eruzioni tipiche dello Zoster limitate al dermatomero innervato dal ganglio sensitivo che ospita il virus. Ci sono diversi varianti antigeniche del VZV per cui la reinfezione è possibile ma il decorso è di solito subclinico. Clinica: o Periodo di incubazione: 10-23 giorni (dalla penetrazione alla seconda viremia). o Esordio: esantema che interessa torace e addome per diffondersi poi agli arti e al volto. L'esantema è inizialmente maculopapulare rosso ma le papule evolvono in poche ore in vescicole circondate da un alone eritematoso. 3-4 giorni dopo la comparsa le vescicole diventano pustole, evolvono in croste e guariscono senza lasciare cicatrici. La caratteristica clinica dell'esantema è la contemporanea presenza di più fasi evolutive delle vescicole (lesioni asincrone, d.d. vaiolo). Il numero delle lesioni è variabile ma l'interessamento del cuoio capelluto e della mucosa orale è costante. La sintomatologia generale può essere attenuata o assente ma di solito l'eruzione si accompagna a febbre moderata, prurito, cefalea, artromialgie, inappetenza, insonnia. I sintomi regrediscono assieme all'esantema in 1-2 settimane. La complicanza principale dell'esantema della varicella è l'impetigginizzazione – sovrinfezione delle lesioni da Staphilococcus. Ci possono essere delle forme cliniche atipiche: o Forma abortiva e forma attenuata: con clinica pressocché assente. o Varicella bollosa (figura): in immunodeficienti o Varicella emorragica o ipertossica (figura): in immunodeficienti ci possono essere dei danni d'organo severi a carico di polmoni, cervelletto eccetera. o In gravidanza: nei primi 4 mesi di gestazione l'infezione virale può provocare innumerevoli danni al feto fino all'aborto. Se acquisita dalla madre pochi giorni prima del parto il decorso nel neonato può essere molto severo dal momento che la madre non riesce a passare al bambino le IgG protettive e -9- il neonato rimane scoperto dal punto di vista immunitario. Quest'ultima forma è gravata da 30% di mortalità. Complicanze: o Impetiginizzazione: è la complicanza più frequente o Nevrassite con cerebellite: si manifesta con atassia, è relativamente frequente ma si risolve senza sequele nella maggioranza dei casi o Polmonite interstiziale con possibile sovrapposizione batterica o Glomerulonefrite da immunocomplessi o Epatite o Cheratite o Neutropenia, piastrinopenia o Purpura Fulminans: CID con emorragie cutanee e viscerali. o Sd. di Reye: steatoepatite in bambini trattati con salicilati. Per questa ragione si debba usare il paracetamolo come antipiretico nei bambini. - 10 - Diagnosi: La diagnosi è perlopiù clinica essendo il quadro molto caratteristico. I test routinari di laboratorio sono aspecifici. Diagnosi eziologica di precisione può essere fatta in rari casi dubbi mediante: o Ricerca del virus: PCR o ricerca di antigeni virali o Titolazione anticorpale specifica IgM e IgG. Terapia: o Riposo e farmaci sintomatici: antipiretici (paracetamolo) e antiistaminici o Aciclovir 10mg/kg e.v. X 3/die in immunodeficienti per 7-14 giorni. Lo stesso principio in gravidanza e in forme gravi. Aciclovir o famciclovir sono efficaci se somministrati entro 24 ore dall'inizio della sintomatologia e possono essere assunti per os nelle forme meno gravi. o Immunoprofilassi passiva: IgG specifiche sono indicate in caso di esposizione al contagio da parte di soggetti a rischio di forme gravi (neonati prematuri, pazienti con linfoni o leucemie, immunodeficienti) o Vaccinazione: virus vivo attenuato. Il vaccino è consigliato a 12-18 mesi di età con un eventuale richiamo a 12-14 anni. Vista la tipologia del vaccino le controindicazioni sono facilmente deducibili: immunodeficienza, gravidanza, infezione in atto. Herpes Zoster: Lo Zoster (il Fuoco di Sant'Antonio) è la manifestazione clinica della riattivazione del VZV che si presenta di solito nell'anziano e nell'immunodepresso. Clinicamente si presenta come eruzione cutanea vescicolosa a livello di un dermatomero innervato dal nervo interessato. Lo Zoster è una patologia sporadica che compare spesso dopo anni di infezione latente. La clinica comprende: o Febbricola, cefalea, astenia: non sono costanti o Eruzione a grappolo a gettate successive di lesioni sincrone con dolore locale urente, parestesie o Può esserci una linfoadenopatia regionale o Risoluzione in 2-4 settimane Le complicanze sono perlopiù delle forme clinicahe peculiari per interessametno di definiti gangli sensitivi: o Zoster oftalmico: branca oftalmica del trigemino (V1). Congiuntivite, cheratite o Sd. di Ramsay-Hunt: - 11 - interessamento del ganglio genicolato con paralisi faciale periferica, eruzione a livello del faringe, del volto e del condotto uditivo esterno. o Zoster del nervo uditivo La terapia prevede Aciclovir 800mg X 5/die per 7 giorni da iniziare entro 24 ore dall'esordio clinico. In casi particolarmente gravi si associano FANS e cortisonici. In caso di nevralgia posterpetica (manifestazioni dolorose senza eruzione cutanea nel territorio del nervo colpito da Zoster) sono utili i seguenti farmaci: amitriptilina, carbamazepina, gabapentina, desipramina. Malattia Erpetica La malattia erpetica comprende le infezioni primarie, le riattivazioni e le reinfezioni da virus erpetici umani 1 e 2 (HHV-1,2) dove l'HHV-1 interessa prevalentemente il volto mentre l'HHV-2 colpisce perlopiù i genitali. I due virus fanno parte della famiglia di α-heresviridae e hanno il 50% di omologia a livello del DNA. La trasmissione è per contatto diretto con le lesioni cutanee o tramite le goccioline di saliva per HHV-1, mentre HHV-2 si acquisisce per contatto sessuale oppure con la trasmissione perinatale con il passaggio del neonato attraverso un canale di parto infetto. Una volta penetrato nell'organismo il virus erpetico si replica nell'epidermide e nel derma (nel punto di contatto), migra nei gangli spinali per ri-migrare in periferia verso la cute e le mucose. Le riattivazioni della latenza virale nei gangli sensitivi coinvolgono caratteristicamente lo stesso territorio interessato dalle manifestazioni primarie. Nelle lesioni vescicolose si repertano cellule giganti multinucleate come in varicella. Clinica: L'infezione primaria è molto spesso asintomatica. Il periodo di incubazione è breve (2-12 giorni) e l'eruzione può presentarsi a livello orale, faringeo, cutaneo od oculare (vulvovaginite, cervicite, proctite nel caso di erpes genitale). In soggetti immunodeficienti la presentazione può essere generalizzata. Le riattivazioni coivolgono lo stesso punto delle manifestazioni primarie e sono caratterizzate dalle tipiche lesioni vescicolose "a grappolo". È possibile l'interessamento del SNC con encefalite o meningite. Le riattivazioni sono frequenti e gli intervalli tra le recidive sono variabili, frequentemente correlate a fattori stressanti di varia natura. La complicanza principale è la sovrinfezione batterica. - 12 - Terapia: La terapia è la stessa della varicella. L'aciclovir è indicato in casi debilitanti così come può essere considerato come una valida profilassi in soggetti com frequenti recidive. In interessamenti del sistema nervoso centrale la terapia antivirale va somministrata endovena. - 13 - Mononucleosi Infettiva La mononucleosi infettiva è una malattia infettiva a decorso tipicamente acuto causata dal virus di Epstein-Barr (EBV) e caratterizzata da febbre elevata, faringotonsillite e linfoadenopatia laterocervicale e sottomandibolare con epatosplenomegalia, linfomonocitosi con elementi mononucleati atipici detti virociti. L’EBV è un γ-herpesvirus (ne esistono due sottotipi EBV-1 e EBV-2) che rimane latente nell’organismo e può dare manifestazioni da riattivazione. Il tropismo è elettivo per i linfociti B e le cellule epiteliali del rinofaringe. Il DNA virale nella cellula infetta può trovarsi in forma episodica oppure essere integrato nel DNA cellulare. In vitro le cellule infette sono immortalizzate. Gli antigeni virali diagnostici sono VCA (capside), EBNA (nucleare), EA (precoce). Al virus di Epstein-Barr sono associate diverse manifestazioni patologiche: • Mononucleosi infettiva • Linfoma di Burkitt africano • Carcinoma rinofaringeo • Altre malattie linfoproliferative Epidemiologia: La mononucleosi infettiva è endemica in tutto il mondo e colpisce prevalentemente all’età di 15-20 anni. In paesi in via di sviluppo l’infezione si acquisisce in età più precoce (1-4 anni) e può decorrere con manifestazioni scarse o assenti. Il virus è trasmesso per via aerea, per contagio diretto tramite la saliva e ci sono possibilità di trasmissione per via ematica e per contagio indiretto attraverso oggetti contaminati (stoviglie, posate eccetera). Patogenesi: Il virus penetra attraverso la mucosa faringea e infetta le cellule epiteliali e i linfociti B locali con disseminazione linfonodale regionale e ematica. Il contatto con i linfociti B avviene tramite il recettore CR2 (presente anche sull’epitelio della cervice uterina e nelle cellule dendritiche dove il virus si può replicare) e può interessare fino al 20% dei linfociti B circolanti. L’infezione dei linfociti B provoca un’iperstimolazione e l’attivazione policlonale di questi con la produzione di autoanticorpi (autoAc) che sono capaci di agglutinare emazie di montone e di bue (reazione di Paul Bunnel, può mancare in soggetti pediatrici). - 14 - La comparsa dei virociti (detti anche cellule di Downey) nel sangue corrisponde al ritrovare di queste cellule anche nei tessuti quali il fegato, la milza, i linfonodi ed il midollo osseo. I virociti non sono altro che linfociti attivati. La splenomegalia conseguente alla localizzazione di queste cellule nella milza aumenta notevolmente il rischi di rottura della milza o di lacerazioni e sanguinamenti (perciò va sconsigliata attività sportiva). infette. La stimolazione policlonale è limitata dai linfociti CD8+ attivi contro le cellule Con il superamento della fase acuta il virus continua ad essere eliminato dall’organismo per oltre 1 anno rimanendo comunque latente spiegando la possibilità di riattivazioni in relazione ad episodi di riduzione della competenza immunitaria. Clinica: • P.I.: variabile. 1-2 mesi nell’adulto, 10-15 giorni nel bambino. • Esordio: febbre elevata, cefalea, malessere generale • Faringotonsillite eritematosa o pseudomembranosa con faringodinia presente nel 7080% dei pazienti • Linfoadenopatia laterocervicale o sistemica con linfonodi duro-elastici, mobili e dolenti alla palpazione. • Splenomegalia (50%) con rischio di rottura, epatomegalia (20%) talora con epatite, ittero (8%) • Rash cutaneo maculopapuloso (10%), perlopiù compare in pazienti tattati con penicilline semisintetiche. • Sindromi neurologiche (<1%) sostenute dal virus: meningite, encefalite, sindrome di Guillain-Barré • Anemia emolitica autoimmune (0,5-3%), piastrinopenia autoimmune • Manifestazioni molto rare: polmonite interstiziale, miocardite, pericardite, orchite, ulcere dei genitali. I dati di laboratorio mostrano leucocitosi (linfomonocitosi e - 15 - neutropenia relativa), virociti nel sangue periferico, rialzo delle transaminasi, raramente elevata bilirubina, fosfatasi alcalina o piastrinopenia grave. L’episodio acuto si risolve nel giro di 2 settimane in maniera spontanea ed entro 1 mese regrediscono le manifestazioni d’organo come la splenomegalia, l’epatomegalia e la linfoadenopatia. L’infezione cronica da EBV può provocare uno stato di affaticamento cronico con febbricola e cefalea (epidemiologicamente sembra correlata alla sindrome da affaticamento cronico) Complicanze: • Rottura della milza • Anemia emolitica autoimmune • Porpora trombocitopenica • Faringotonsillite batterica • Dispnea da ostacolo alle vie aeree • Meningite, sd. di Guillain-Barré • Infezione generalizzata in immunocompromessi • Sindrome di Duncan (detta anche sd. XLP) da abnorme produzione di anticorpi Diagnosi: • Reazione di Paul-Bunnel: ricordando che la reazione si negativizza dopo alcuni mesi e che in soggetti pediatrici può non essere positiva • Ricerca di anticorpi specifici: con immunofluorescenza (IF) o ELISA: gli anticorpi ricercati sono diretti contro VCA, EBNA ed EA. • PCR alla ricerca del DNA virale • Coltura del EBV Gli anticorpi IgM anti-VCA sono i primi a comparire nel siero e durano circa 2 mesi. Le IgG anti-VCA sono a vita. IgG anti-EBNA compaiono al superamento della fase acuta e permangono a vita; la loro presenza indica che l’infezione non è recente. IgG anti-EA sono sensibili al 70% e compaiono 1 mese dopo l’esordio per scomparire dopo 3-6 mesi. Nelle riacutizzazione il titolo anticorpale cresce come è ragionevole supporre. Entrano in diagnosi differenziale con la mononucleosi infettiva numerose condizioni: • Sindrome mononucleosica da CMV: Ac CMV-specifici, manca la faringodinia e la splenomegalia. La linfoadenopatia è di entità minore. • Toxoplasmosi linfoghiandolare: manca la faringotonsillite, la febbre è moderata o assente. • Rosolia: mancano la leucocitosi, la faringodinia e la febbre elevata • Leucemia: quadro ematologico monoclonale • Epatite virale acuta: mancano la leucocitosi e la faringotonsillite • Faringotonsillite batterica: transaminasi nella norma, leucocitosi neutrofila. - 16 - Terapia: La terapia della mononucleosi infettiva è una terapia sintomatica a domicilio con riposo per 2 settimane e trattamento delle eventuali complicanze: ad esempio prednisone nelle manifestazioni autoimmuni. In confizioni gravi può essere intrapresa una terapia antivirale. Le considerazioni generali includono: evitare attività fisica intensa e evitare donazioni di sangue. - 17 - Malattia di Lyme La malattia di Lyme è una malattia infiammatoria acuta (talvolta cronica) causata da una spirocheta Borrelia burgdorferi trasmessa mediante puntura di zecca del genere Ixodes. La malattia di Lyme si manifesta con sintomi cutanei, articolari, cardiaci e a carico dell’SNC. La malattia è soggetta a notifica obbligatoria. Borrelia burgdorferi è una spirocheta mobile microaerofila a crescita lenta che richiede comunque terreni particolari. Questa spirocheta è dotata da più di 100 antigeni alcuni dei quali sono usati in diagnostica. Esistono diversi sottotipi di B. burgdorferi con diversa distribuzione geografica: • B. burgdorferi sensu strictu: USA, Europa. Provoca manifestazioni prevalentemente articolari • B. burgdorferi afzeli: Europa ed Asia. Provoca sopratutto manifestazioni cutanee • B. burgdorferi garinii: Asia ed Europa. Interessa l’SNC Epidemiologia: Il numero reale dei casi di infezione è largamente sottostimato per il frequente decorso asintomatico. La sieroprevalenza in Italia è attorno al 2-4% (2-8% in Europa). La trasmissione avviene per puntura da parte di una zecca infetta (il ciclo vitale della zecca è di 2 anni) e a questo proposito le forme più pericolose sono le forme piccole della zecca (ninfe) che sono difficilmente visibili. Il contatto con la zecca avviene generalmente in primavera-estate in climi temperati e umidi con abbondante vegetazione. I serbatoi animali della spirocheta sono molteplici tra roditori, mammiferi e uccelli. L’infezione si trasmette al termine del pasto ematico della zecca per cui più tempo rimane attaccato il parassita più alta è la probabilità di trasmissione dell’infezione. Tra i fattori di rischio per la malattia di Lyme vanno menzionati: • Maggiore durata del pasto ematico (>48 ore) • Zecca in forme di ninfa (piccole dimensioni) • Periodo tra maggio e luglio • Categorie a rischio: cacciatori, allevatori, boscaioli ecc. • Ampie aree corporee esposte - 18 - Patogenesi: La B. burgdorferi penetra nell’organismo umano attraverso il sito di puntura della zecca, si moltiplica a livello cutaneo per disseminarsi per via linfatica ed ematica con localizzazioni articolari, cardiache, a livello dell’SNC e SNP. L’azione patogena di queste spirochete sta sia nell’azione diretta del germe che in altri fattori quali: • Stimolazione della risposta infiammatoria • Permanenza nell’ospite per lunghi periodi con possibilità di indurre fenomeni autoimmuni. Clinica: Anche se l’infezione passa in maniera asintomatica nel 50% dei casi circa è utile delineare le fasi classiche della malattia che comprendono fasi precoci e tardive: • Periodo di incubazione: circa 2 settimane • Fase precoce dell’infezione localizzata: compare nel 50% degli infetti. La sintomatologia comprende • • o febbre, malessere, artromialgie, cefalea (a volte con rigidità nucale) o eritema cronico migrante: eritema anulare che aumenta di dimensioni con vescicola o necrosi centrale o linfoadenomegalia, epatosplenomegalia o risoluzione spontanea in 2-3 settimane Fase precoce con infezione disseminata: interessa il 15-20% dei casi e compare settimane o mesi dopo l’infezione. La clinica di questa fase include: o Meningite (a liquor limpido), encefalite, mielite, polineuropatie sensitivo-motorie, paralisi del faciale (o di altri nervi cranici), poliradiculoneuriti. o Blocco AV, miocardite, pericardite o Artralgie migranti simmetriche, mialgie o Lesioni cutanee eritematose secondarie o Raramente: epatite, iridociclite, corioretinite, linfoadenomegalia Fase tardiva: 50-60% dei casi, si manifesta dopo 6 settimane fino a 2 anni dopo l’infezione: o Artriti ricorrenti delle grosse articolazioni, ingravescenti e con gravi sequele artrosiche - 19 - o Encefalomielite progressiva o Acrodermatite cronica atrofizzante (discromia rosso-blu e atrofia cutanea) o Polineuropatia assonale cronica Diagnosi: • Clinica: eritema, artralgie, ecc • Laboratorio: lieve anemia, aumento della VES e dell'LDH • Rx articolazioni, ECG • Isolamento della B. burgdorferi (da biopsie cutanee, liquor, liquido sinoviale) mediante coltura o PCR • Sierologia: IgM o IgG con conferma con Western Blot di almeno 2 bande di IgG e almeno 2 bande di IgG specifiche Terapia: In assenza di complicanze cardiache o a livello nervoso il trattamento si basa su doxiciclina, amoxicillina o eritromicina per via orale per 14-60 giorni. In presenza di interesamento encefalico o con blocco AV di 3° grado – benzilpenicillina, ceftriaxone o cefotaxime e.v. per 30 giorni. La profilassi della malattia di Lyme consiste nella precoce rimozione della zecca con disinfezione della puntura mentre il ruolo di una profilassi antibiotica è soggetto a dibattito. È possibile la vaccinazione per soggetti a rischio con necessità di richiami (vaccino a DNA ricombinante). - 20 - Febbre Ricorrente La febbre ricorrente è un'infezione da borrelie trasmessa da diversi vettori: o Pidocchi: prevale in Nord Africa, il germe responsabile è la Borrelia recurrentis. o Zecche: presente in Africa, Europa, America centromeridionale e nel bacino del Mediterraneo. Le specie coinvolte sono Borrelia duttoni e turicatae. Epidemiologia: Trasmissione tramite zecche o pidocchi con malattia manifesta sporadicamente. Il serbatoio naturale dell'infezione è rappresentato dai roditori. Le borrelie presentano fenomeni frequenti di modificazione antigenica la quale rende i meccanismi immunitari poco efficienti con il risultato di episodi febbrili ricorrenti per la non eradicazione del germe. Clinica: o Periodo di incubazione: 5-8 giorni o Esordio: improvviso con febbre, brividi, cefalea, artromialgie intense, talora sintomi gastrointestinali, rash fugace al tronco, epatosplenomegalia. o Risoluzione spontanea in 3-6 giorni con nuovi episodi ricorrenti della sintomatologia intervallati da 7-10 giorni di completo benessere. La convalescenza è prolungata con manifestazioni asteniche anche marcate. La prognosi è generalmente buona, salvo le complicanze le quali non sono rare in soggetti anziani, defedati o immunodeficienti. Le complicanze possono essere: o Meningite o meningoencefalite a liquor limpido o Paralisi dei nervi cranici (sopratutto il faciale) o Endocardite, miocardite o Iridociclite o Epatite acuta Diagnosi: La diagnosi può essere fatta mediante identificazione del patogeno nel liquor o nel sangue oppure con analisi sierologiche (immunofluorescenza indiretta o fissazione del complemento). Terapia: La terapia si avvale di antibiotici quali la doxiciclina, l'eritromicina o il cloramfenicolo per la durata di 4-5 giorni. È importante che l'antibiotico abbia un buon transfer liquorale come quelli segnalati in precedenza. - 21 - Toxoplasmosi La toxoplasmosi è un'infezione acuta e cronica da Toxoplasma gondii, un protozoo parassita endocellulare obbligato. Nell'ospite immunocompetente l'infezione è perlopiù asintomatica ma può dare quadri severi in immunocompromessi e in gravidanza: o Toxoplasmosi congenita: contratta durante la vita intrauterina, colpisce l'SNC e l'occhio e può essere di varia gravità a seconda del periodo gestazionale in cui è stata acquisita. o Toxoplasmosi acquisita: contratta dopo la nascita ed è di solito asintomatica. Superata l'infezione acuta il parassita rimane latente racchiuso in cisti nel tessuto muscolare e nell'SNC con la possibilità di riattivazioni in relazione ad episodi di immunodepressione. Infatti in immunodeficienti la toxoplasmosi è più spesso un risultato di riattivazione del parassita e non un'infezione primaria. Colpisce l'SNC, la retina, il miocardio e il polmone. Toxoplasma gondii: L'ospite definitivo di questo protozoo è il gatto nel quale si svolge la fase sessuata del ciclo vitale del parassita. Le cisti protozoarie sono eliminate con le feci. Altri animali (bovini, equini, suini), così come l'uomo, sono ospiti intermedi che subiscono la fase asessuata del ciclo vitale del Toxoplasma. Nell'intestino del gatto gli sporozoiti sono eliminati in forma di oocisti le quali hanno una sorprendente resistenza nell'ambiente – fino a 18 mesi in terreno umido. Le oocisti ingeriti da ospiti intermedi liberano gli sporozoiti nello stomaco e i tachizoiti compaiono nel circolo ematico per incistarsi come bradizoiti nel tessuto - 22 - muscolare e nervoso controllati dall'immunità cellulo-mediata. Le cisti ingerite possiedono capacità infettiva. Clinica: La toxoplasmosi acquisita è generalmente contratta tramite l'ingestione di oocisti mature oppure di cisti tissutali in carne cruda o poco cotta oppure di alimenti contaminati dai gatti. Altre modalità includono l'ingestione diretta di oocisti eliminate dai gatti, le trasfusioni di sangue e/o leucociti, trapianti di organi contenenti cisti (sopratutto il cuore) oppure mediante puntura con materiale infetto. La toxoplasmosi congenita invece si acquisisce mediante un passaggio transplacentare di tachizoiti durante l'infezione materna. Nell'ospite immunocompetente i tachizoiti a livello intestinale sono fagocitati dai macrofagi con la conseguente produzione di IgA (i primi anticorpi a comparire nella fase iniziale dell'infezione). Passati in circolo i parassiti, si sviluppa un'intensa reazione immunitaria con produzione di IgM e IgG mentre la risposta CD8+ elimina i macrofagi infetti. 7 giorni dal contagio la parassitemia cessa e rimangono i bradizoiti incistati nei tessuti e controllati dalla risposta cellulare. I sintomi, quando presenti, sono linfoadenite, febbricola, astenia, modesta epatosplenomegalia, linfomonocitosi reattiva. In ospiti con deficit dell'immunità la fase parassitemica non cessa e vengono coinvolti più organi e tessuti. Pertanto, i sintomi si racchiudono all'interno di quadri complessi: o Toxoplasmosi cerebrale: interessamento locale con segni focali, comportamentali, convulsioni, febbre (presente nel 10-70% dei casi, confusione, letargia. La diagnosi della toxoplasmosi cerebrale si fa con la TC o la RM in quanto le cisti hanno un aspetto patognomonico – cisti corticali o sottocorticali (assenza di lesioni a carico della sostanza bianca) con il tipico enhancement dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. o Toxoplasmosi d'organo: miocardite, epatite, broncopolmonite, corioretinite (l'unica manifestazione d'organo che può essere presente anche in ospiti immunocompetenti). La biopsia della lesione pone la diagnosi. Il rischio di trasmissione della toxoplasmosi dalla madre al feto varia in base al periodo gestazionale essendo del 10-15% nel primo trimestre e del 60-70% nel 3° trimestre. Questo maggiore rischio in gravidanza avanzata è "compensato" dalla minore gravità; infatti le toxoplasmosi acquisite precocemente sono più gravi. Le possibili manifestazioni della toxoplasmosi congenita sono: o Aborto nel primo trimestre o Alterazioni neurologiche: idrocefalo, calcificazioni, alterazioni dell'EEG, convulsioni, ritardo mentale o Malattia acuta generalizzata: polmonite, ittero, encefalopatia, epatosplenomegalia - 23 - o Malattia subacuta cronica: nessuna manifestazione alla nascita ma uno sviluppo di corioretinite e di alterazioni tardive dell'EEG. Diagnosi: Il protozoo può essere identificato direttamente isolandolo dal liquor o dal sangue del paziente oppure ricercando il DNA con la PCR. La sierologia con la ricerca di IgA, IgM (rimangono per 6-9 mesi) e IgG. Il test di avidità delle IgG è utile per stabilire la durata dell'infezione in qunto l'avidità cresce col tempo di contatto col protozoo. TC ed RMN sono di indubbia utilità nella forma cerebrale. La diagnosi di toxoplasmosi nel neonato può essere fatta con: o Ricerca del DNA del protozoo nel liquido amniotico o Coltura su sangue fetale o Ricerca di IgM o IgA (le IgG hanno origine materna) dopo 7 giorni di vita Terapia: Nell'immunocompetente: o Corioretinite: pirimetamina 100mg e sulfadiazina (o clindamicina) per 4 settimane. Sono sempre consigliate associazioni di acido folinico. o In gravidanza: pirimetamina e sulfadiazina (nel 2° o nel 3° trimestre) oppure spiramicina in associazione alla sulfadiazina. Nel caso di toxoplasmosi congenita: pirimetamina e sulfadiazina alterante con la spiramicina per 6-12 mesi. Nell'ospite immunocompromesso la terapia è ovviamente più aggressiva con pirimetamina e sulfadiazina associate all'acido folinico con clindamicina, claritromicina o azitromicina e atorvaquone. La profilassi con atorvaquone può essere utile in casi selezionati. - 24 - Tularemia La malattia è causata da Francisella tularensis, un gram-negativo immobile, labile al calore ma resistente a lungo in ambiente freddo. Il serbatorio di questo germe è dato da animali selvatici quali lepri, scoiattoli, volpi eccetera e la malattia è endemica in Europa, USA, Russia. La trasmissione avviene per: o Morso di zecca: è la via di trasmissione prevalente o Puntura di mosche o zanzare infette o Contatto con animali infetti o Inalazione o ingestione di aque (o vapori) contaminati Patogenesi: Nel punto di inoculo del germe si sviluppa una lesione locale con linfoadenopatia regionale, talora si verifica una diffusione sistemica dell'infezione. La trasmissione per inalazione può dar luogo a polmonite. In immunodeficienti i quadri clinici sono quelli di infezione disseminata. Clinica: Dopo un periodo di incubazione di 3-7 giorni l'esordio clinico si presenta con febbre, cefalea, fotofobia, bradicardia, nausea e vomito, diarrea. Nel punto di inoculo compare la lesione cutanea che è una papula che si trasforma in ulcerazione accompagnata da linfoadenopatia talora complicata da fistolizzazione. Di regola si ha una guarigione spontanea in 2-3 settimane. Altre manifestazioni cliniche possibili: o Linfoadenite senza lesione cutanea o Forma oculoghiandolare o Forma gastrointestinale o Forma polmonare o Forma tifoidea o Altre ancora più rare La prognosi è favorevole ad eccezione dei casi con infezione sistemica (immunocompromessi dove si raggiunge il 30% di mortalità). Diagnosi e terapia: La diagnosi di tularemia si avvale dei dati clinici, dell'identificazione del germe con biopsia tissutale o sul prelievo di sangue (o espettorato nella forma polmonare) e delle indagini sierologiche. La terapia antibiotica si basa su streptomicina, gentamicina, tetraciclina o cloramfenicolo i.m. o per os per 10 giorni. Ascessi e fistole vanno trattate chirugicamente. - 25 - Dengue Dengue: malattia virale con una forma classica e una emorragica il cui agente causale è un flavivirus trasmesso dalla zanzara (femmina) Aedes aegypti (zanzara tigre). Il virus Dengue è un virus ad RNA con 4 sierotipi diversamente distribuiti nelle aree endemiche. Ogni sierotipo conferisce immunità permanente sierotipospecifica e una bassa cross-immunità. Ogni sierotipo può dare forme gravi e ci possono essere delle reinfezioni con sierotipi diversi. La zanzara si infetta con il virus durante un pasto ematico da un uomo malato in fase viremica. In questo modo il virus è trasmesso con la zanzara ad altro ospite umano. È utile rocordare che la zanzara Aedes è attiva sopratutto nelle ore diurne (l'Anopheles invece nelle ore notturne). Una volta penetrato nell'organismo umano il virus del Dengue si replica negli organi bersaglio infettando leucociti e il tessuto linfoghiandolare da dove si diffonde in circolo – la fase viremica. Epidemiologia: Ad oggi in Italia tutti i casi di Dengue sono di importazione. Le aree endemiche sono: America Latina, Africa SubSahariana, Australia, India e Sud-Est Asiatico. Attualmente si stimano circa 100 milioni di nuovi casi annuali di Dengue classica e 250,000 di Dengue emorragica. I fattori di rischio per la forma emorragica sono: o Ceppo virale più virulento: anche se tutti i sierotipi possono dare la forma emorragica o Precedente contatto con il virus (o anticorpi acquisiti dalla madre) conferisce un maggiore rischio di febbre emorragica o Fattori genetici dell'ospite o Età dell'ospite o Zone con più sierotipi endemici Patogenesi: Il superamento dell'infezione lascia anticorpi specifici per lo stesso sierotipo (detti Ac omologhi). Nell'infezione secondaria con un altro sierotipo gli anticorpi preesistenti formano immunocomplessi non neutralizzanti detti immunocomplessi infettivi. L'iperstimolazione delle cellule mononucleate che ne consegue con la esagerata reazione cellulare è responsabile delle manifestazioni emorragiche. Infatti la stimolazione della risposta cellulare stimola a sua volta la replicazione virale e i monociti infetti rilasciano grandi quantità di mediatori flogistici vasoattivi che permeabilizzano i vasi sanguigni. - 26 - Clinica: L'infezione da virus di Dengue si può presentare come si è accenato sotto diverse forme: o Febbre indifferenziata: la forma più comune e spesso asintomatica e autolimitante o Classica: clinica di febbre intensa (detta febbre "spaccaossa"), cefalea, dolori articolari e muscolari, nausea e vomito, rash cutaneo che risparmia le zone palmoplantari con possibili lievi manifestazioni emorragiche. L'interessamento epatico è possibile come lo è l'interesamento dell'SNC anche se più raro (alterato livello di coscienza, convulsioni, rigidità nucale e segni focali). o Dengue emorragica: per la diagnosi di questa forma sono necessari 4 criteri diagnostici: o o Febbre presente o storia di febbre recente o Manifestazioni emorragiche: petecchie, aumentato flusso mestruale, ecchimosi, porpora, epistassi, melena, ematuria o ematemesi. o Piastrinopenia (<100.000) o Alterazioni in senso di permeabilizzazione capillare: ipoalbuminemia, aumentato ematocrito, ascite o versamenti pleurici Dengue con shock: oltre a rispondere ai 4 criteri per la dengue emorragica ha evidenze di instabilità circolatoria o shock franco. La dengue emorragica può presentarsi con vari gradi di gravità dalla forma classica allo shock e la severità può essere gradata in: o Grado I: o Febbre e sintomi aspecifici o Test del tourniquet positivo: comparsa di petecchie dopo 5 minuti di applicazione del manicotto dello sfigmomanometro al braccio. o Grado II: ai precedenti si aggiungono i sanguinamenti spontanei o Grado III: iniziali sintomi di insufficienza circolatoria o Gradi IV: shock franco Diagnosi: Per la diagnosi sono indispensabili le considerazioni epidemiologiche come la stagione, la permanenza in regioni endemiche. In questo modo la comparsa di febbre dopo 2 settimane o più dal ritorno dalla zona endemica esclude la dengue dalla diagnosi. - 27 - Entrano in diagnosi differenziale con la dengue numerose affezioni tra cui: morbillo, influenza, rosolia, malaria, febbre tifoide, leptospirosi, sepsi meningococcica o batterica, rickettsiosi, altre febbri emorragiche. Gli esami di laboratorio devono includere la conta ematica, albumina e funzionalità epatica così come l'esame delle urine per la valutazione di microematuria. I test specifici per dengue sono l'isolamento del virus ricercando il suo genoma con tecniche di RT-PCR o indagini sierologiche con ELISA per evidenziare IgM o IgG specifiche. Terapia: La terapia è sintomatica e di supporto circolatorio. Non esiste terapia antivirale specifica. - 28 - Leishmaniosi La leishmaniosi è una antropozoonosi causata da protozoi flagellati del genere Leishmania trasmessi da artropodi del genere Phlebotomus (papatacci). Le forme umane di leishmaniosi sono: o Leishmaniosi generalizzata (viscerale): Mediterraneo, Asia, Africa e Sud America. Causata da Leishmania donovani. o Leishmaniosi cutanea: Asia e Mediterraneo o Leishmaniosi mucocutanea: America Centro-Meridionale Altre specie coinvolte sono la L. mexicana, brasiliensis e tropica. Il serbatoio dell'infezione è dato da roditori e da cani (solo in India anche l'uomo funge da serbatoio). I flebotomi ematofagi sono le femmine e sono attive di giorno. Il protozoo pentra nell'organismo tramite la puntura dell'insetto (anche la trasmissione parenterale è possibile durante la parassitemia) e nel luogo della puntura si sviluppa una lesione cutanea primaria. I parassiti promastigoti vengono fagocitati e si trasformano in amastigoti che proliferano e si liberano per lisi dei macrofagi per disseminarsi negli organi del sistema reticoloendoteliale nella forma viscerale, oppure per essere limitati in granulomi cutanei o mucosi tenuti sotto controllo da parte del sistema immunitario. Leishmaniosi viscerale: La leishmaniosi viscerale ha più fasi cliniche: o Esordio: la lesione primaria può passare incosservata. Graduale comparsa di poussé febbrili, astenia, anoressia, disturbi gastrointestinali e splenomegalia reattiva. o Fase di stato: febbre intermittente subcontinua (serotina) con sudorazioni, epatosplenomegalia, linfoadenopatia e deperimento organico generale. Lo sviluppo dei segni clinici è graduale e può durare mesi in cui compaiono: febbre, alterazioni epatiche e disprotidemia, interessamento midollare con leucopenia, piastrinopenia ed anemia. La diagnosi della forma viscerale si fa identificando il parassita da una biopsia epatica o midollare mentre l'evidenza sierologica non dà la certezza diagnostica. - 29 - Terapia: In assenza di terapia efficace la prognosi è infausta. Il trattamento deve essere attuato con antimoniali pentavalenti, amfotericina B o pentamidina. Leishmaniosi cutanea: Si distingue la leishmaniosi del Nuovo Mondo e quella del Vecchio Mondo (il Bottone d'Oriente). La clinica consiste in lesioni cutanee che guariscono con cicatrizzazione. Il nodulo si può sovrinfettare o anche erodere strutture scheltriche sottostanti (specie in faccia). La terapia specifica è risolutiva. - 30 - La Malaria La malaria è una malattia infettiva da protozoi del genere Plasmodium trasmessa da zanzare femmine del genere Anopheles. I plasmodi sono distinti in 4 specie: o Plasmodium falciparum: il più virulento o Plasmodium vivax o Plasmodium ovale o Plasmodium malariae Epidemiologia: La malaria è diffusa in aree di diffusione delle zanzare Anopheles: aree tropicali e subtropicali fino all'altitudine di 1500-2500m in temperature di 20-30°C e condizioni di umidità alta. Le 4 specie di plasmodi sono distribuiti diversamente nelle varie regioni endemiche: il P. vivax prevale in Asia e America Centromerodionale, il P. falciparum nel Sud-Est asiatico e nell'Africa occidentale. Ogni anno ci sono circa 270-500 milioni di casi che comportano 1-1.5 milioni di morti, sopratutto tra i bambini africani. Si stimano circa 30.000 casi annuali di malaria importata da viaggiatori in zone endemiche – a maggior rischio sono i viaggi in Africa Occidentale. Attualmente nessuna profilassi farmacologica o vaccinale è obbligatoria per i viaggiatori, salvo la febbre gialla in certe zone dell'Africa. Ciclo vitale del plasmodio: Il ciclo è duplice: sessuato e asessuato. Il ciclo vitale asessuato avviene nell'ospite umano mentre il ciclo sessuato ha luogo nelle zanzare. Il plasmodio maturo che si localizza nelle ghiandole salivari dell'Anopheles viene inettato in circolo con la puntura dell'insetto e si localizza nel fegato dove si replica in forma di schizonte. Questa fase extraerotrociatria è asintomatica. Lo schizonte epatico libera in circolo le forme parassitarie immature che infettano i globuli rossi dove diventano trofozoiti che maturano a schizonti i quali liberano nuovi elementi parassitari attraverso la lisi del globulo rosso. Gli schizonti eritrocitari liberano anche i gametociti i quali possono essere assunti dalla zanzara ed espletare nell'insetto il ciclo sessuato per migrare nelle ghiandole salivari e poter quindi infettare nuovamente un ospite umano. La febbre che costituisce la tipica manifestazione clinica della malaria è dovuta infatti agli episodi emolitici di liberazione dei parassiti in circolo. - 31 - La fase di replicazione preerotrocitaria che avviene nel fegato ha durata di circa 1 settimana (fino a 2 settimane per P. malariae). Il ciclo eritrocitario è sincronizzato e la lisi dei globuli rossi avviene con cadenze regolari di 48 ore (febbre terzana del P. falciparum, vivax e ovale) o 72 ore (febbre quartana del P. malariae). I plasmodi delle specie vivax e ovale hanno la proprietà di lasciare forme quiescenti nel fegato – ipnozoiti che possono riattivarsi dopo periodi anche lunghi - che necessitano di terapia anti-ipnozoiti (con primachina). Nella fase eritrocitaria la microscopia ottica è in grado di descrivere le caratteristiche peculiari di ogni specie di plasmodio: per esempio il P. falciparum potrà presentarsi come multipli anelli con castone all'interno dell'eritrocita mentre gli altri plasmodi possono dare solo un'unico anello con castone. Ovale, vivax e malariae invece alterano la forma dell'eritrocita che rimane normale quando infetto da falciparum. Malaria non complicata: Questa è la forma clinica più comune dell'infezione da plasmodi che si riferisce all'assenza di complicanze tipiche della forma severa. Tutte le malarie benigne (da vivax, ovale e malariae) si presentano come malaria non complicata, così come l'infezione iniziale da P. falciparum la quale se non adeguatamente trattata può evolvere nella forma severa. - 32 - La caratteristica principale del quadro clinico è la febbre percui entra in diagnosi differenziale con influenza, febbre tifoide, dengue, febbre emorragica virale e altre malattie con quadro clinico simile. Pertanto l'anamnesi di permanenza in zone endemiche (e nella stagione adatta alle zanzare) è di fondamentale importanza. Le fasi cliniche sono: o Periodo di incubazione: fino a 2 settimane (fino a 40 giorni o addirittura superiore per P. malariae) o Febbre periodica: è l'unica caratteristica clinica della malaria. La tipica periodicità può mancare nell'infezione iniziale. Nella fase conclamata le crisi febbrili sono precedute da brividi e seguite da sudorazione intensa. La periodicità della febbre è di 48 ore (72 per P. malariae). Aspetti clinici peculiari sono: o Possibile sindrome nefrosica in infezione da P. malariae o Sintomatologia lieve in P. vivax/ovale che si attenua nel tempo. La mortalità per malaria benigna è rara ma se non vengono trattati gli ipnozoiti le recidive non sono una rarità anche a distanza di mesi o anni. I sintomi e i segni della malaria: o Febbre, cefalea, malessere o Mialgia o Dolori addominali, diarrea, vomito o Splenomegalia, ittero emolitico (a bilirubina indiretta) con urine cariche e anemia. o Nel bambino i sintomi comuni sono: o Tosse o Tachipnea o Convulsioni febbrili La malaria non complicata non è un'emergenza medica ma va trattata tempestivamente. Il quadro clinico trova spiegazione nella stimolata secrezione di TNF per attivazione del sistema reticoloendoteliale. La concentrazione del TNF sierico è direttamente correlata alla severità della presentazione clinica. - 33 - Un ulteriore momento patogenetico è la lisi dei globuli rossi che aderiscono facilmente tra di loro e all'endotelio formando aggregati occludenti il microcircolo spiegando la ragione della possibilità di complicanze per interessamento polmonare, renale e cerebrale, nonché i segni di ittero emolitico e anemia. Malaria severa: Il termine di malaria severa (emergenza medica con rischio di vita per il paziente) si riferisce a quadro di parassitemia asessuata e presenza di una delle comlicanze: o Alterato stato di coscienza o Distress respiratorio: quadro simil-ARDS o edema polmonare o Collasso cardiocircolatorio o Convulsioni febbrili recidivanti o Anemia severa (Hb<5gr/dL) o Ittero o emoglobinuria o Emorragia La maggioranza dei casi di malaria severa è dovuta a Plasmodium falciparum e il quadro clinico può evolvere rapidamente in o Insufficienza renale (Crt>3mg/dL) o Ipoglicemia (<40mg/dL) o Iperpiressia o Iperparassitemia (>5% di eritrociti infetti) con accreciuto rischio di danni d'organo. Le categorie a maggior rischio di manifestazioni della malaria severa sono: o Pazienti con deficit immunitari: con particolare suscettibilità dei soggetti con AIDS o Bambini in età di 1-3 anni o Donne in gravidanza o Infezione da P. falciparum o Ritardata diagnosi o trattamento Le singole manifestazioni della malaria severa possono essere: o Malaria cerebrale: alterazioni della coscienza fino al coma. Si manifesta con disfunzione cerebrale progressiva senza segni di meningismo (no rigidità nucale per esempio), opistotono (figura), iperriflessia, deficit focali, emorragia retinica. Le manifestazioni sono dovute all'occlusione del microcircolo o al sequestro splenico e anemia. L'interessamento - 34 - cerebrale è frequente in bambini di 1-5 anni. o Emolisi, anemia severa e splenomegalia: dovute alla lisi degli eritrociti e al sequstro splenico. Una grave anemizzazione può portare a scompenso cardiaco ad alta gittata o al manifestarsi di sintomi cerebrali docuti all'ipoossigenazione. o Insufficienza renale: da disidratazione, ipovolemia, necrosi tubulare acuta da emoglobinuria o da occlusione del microcircolo renale. L'insufficienza renale compare con maggior frequenza in caso di deficit di G6PD (Glucose-6Phosphate Dehydrogenase). o Distress respiratorio: quadro simil-ARDS (figura), edema polmonare. A maggior rischio sono i pazienti con preesistente insufficienza renale, con iperparassitemia, in gravidanza. Al deficit respiratorio spesso si associa ipoglicemia e acidosi. o Ipoglicemia: dovuta a tre fattori principali: o Metabolismo anaerobio del parassita o Alterata glicogenesi epatica o Uso di chinina per il trattamento: chinina stimola la secrezione insulinica. o Acidosi: al manifestarsi dell'acidosi contribuiscono: il metabolismo anaerobio del parassita, il danno renale concomitante e l'ipoglicemia con la conseguente chetoacidosi. o CID: emorragie gastrointestinali, retiniche, epistassi, emorragie congiuntivali e petecchie cutanee non sono rare. A maggior rischio sono gli adulti, specie se in trattamento steroideo. Nello stesso modo si possono manifestare qudri ischemici come nella figura. o In gravidanza sono più frequenti le complicanze e c'è la possibilità di aborto, basso peso alla nascita e parto prematuro. Diagnosi: L'infezione malarica per essere diagnosticata deve prima essere sospettata e l'anamnesi gioca in questo un ruolo primario. In presenza di clinica compatibile la diagnosi si pone riscontrando direttamente il parassita o i suoi antigeni oppure utilizzando test indiretti. Altri parametri di laboratorio che indirizzano la diagnosi sono: o Emoglobinuria - 35 - o Ipoglicemia o La rachicentesi è indicata al sospetto di coinvolgimento dell'SNC: o o Alterazioni della coscienza o Convulsioni o Coma Esami complementari che possono essere d'aiuto nella gestione del paziente sono: Rx torace, esami del sangue con particolare attenzione alla creatininemia, emogasanalisi ed emocoltura. I metodi diagnostici diretti sono volti a ricercare il parassita o i suoi antigeni in circolo: o Microscopia si striscio di sangue: è il metodo più economico e permette la diagnosi di specie. o Goccia spessa: una goccia di sangue periferico viene defibrinizzata percui i globuli rossi sono lisati. Questo metodo non permette la diagnosi di specie ma ha il preggio di concentrare notevolmente il sangue e fare diagnosi di malaria anche in presenza di basse parassitemie. o Immunofluorescenza contro antigeni parassitari. o Immunocromatografia (figura): test rapido con dei sticks specifici per ogni specie che reagiscono cambiando colore in presenza di proteine specie-specifiche del plasmodio. Il preggio sta nell'immediatezza della diagnosi, lo svantaggio è il costo. o PCR: essendo una metodica costosa è impiegata sopratutto nella ricerca. Terapia e profilassi: La profilassi della malaria si articola in profilassi comportamentale e in profilassi chemioterapica: o Profilassi comportamentale: evitare il contatto con la zanzara che sono maggiormente attive nelle ore notturne (al contrario della mosca Tse Tse che trasmette la dengue ed è attiva sopratutto di giorno), usare zanzariere, creme repellenti, e così via. o Chemioprofilassi: è indicata in caso di viaggio in zone a rischio. La profilassi è fatta con gli stessi principi attivi usati in terapia con l'accortezza di non usare la clorochina in aree con diffusa resistenza alla clorochina (del P. falciparum). In queste zone è utile avere con se i farmaci necessari per eventuale trattamento (standby treatment) in caso che le strutture ospedaliere non siano facilmente raggiungibili. Sono state definite zone da A a C in base alla diffusione della malaria e della clorochino-resistenza: o Zona A: malaria endemica con plasmodi clorochino-sensibili o Zona B: segnalata clorochino-resistenza o Zona C: diffusa clorochino-resistenza e segnalata multifarmacoresistenza. - 36 - I farmaci utilizzati per la malaria sono: o Clorochina: farmaco di scelta per la profilassi in viaggi in zona A. la profilassi va effettuata da 1 settimana prima della partenza e fino a 4 settimane dopo il rientro a dosaggio di 300mg 1 volta a settimana. La clorochina può essere impiegata in donne gravide e in bambini (5mg/kg settimanalmente). Tra gli effetti collaterali ci sono: retinopatia, psoriasi, neuropatie perfieriche. Il deficit della G6PD è una controindicazione. o Meflochina: indicata per profilassi in viaggi in zone con diffusa clorochinoresistenza al dosaggio di 250mg 1 volta a settimana da 1 settimana prima a 4 settimane dopo. Controindicata in gravidanza e in bambini sotto i 15kg di peso. Altre controindicazioni: uso di Ca++-antagonisti, di β-bloccanti, disturbi psichiatrici o neurologici. Effetti collaterali: disturbi neurologici, allucinazioni. o Proguanil: può essere usato in associazione alla clorochina in zone con segnalata resistenza. Può essere usato in gravidanza e in bambini. La dose è di 200mg/die (3mg/kg/die per bambini) e la profilassi va cominciata 1 settimana prima e protratta fino a 4 settimane dopo. Controindicazioni: insufficienza renale o epatica, ulcera gastroduodenale. o Doxiciclina: è un'alternativa alla meflochina in zone con una segnalata resistenza alla meflochina stessa. La profilassi con 100mg/die deve iniziare 1-2 giorni prima della partenza e continuata fino a 4 settimane dopo il rientro. La doxiciclina essendo una tetraciclina è controindicata in bambini al di sotto di 8 anni di età, in gravidanza e in terapia ormonale. Il principale effetto avverso è la fotosensibilizzazione. o Malarone: associazione di atovaquone (250mg) e proguanil (100mg). Non ci sono ancora resistenze segnalate a questa combinazione. La profilassi deve essere assunta giornalmente a partire da 1-2 giorni prima fino a 8 giorni dopo il ritorno dalla zona a rischio. Il malarone è controindicato in gravidanza, in bambini piccoli (<15kg) e in insufficienza renale. I criteri per iniziare l'automedicazione (standby treatment, o emergency self treatment) sono: febbre con sintomi non specifici, presenza in area endemica per più di 7 giorni e assenza di terapia medica in atto. I farmaci per la terapia sono diversi in base alla profilassi attuata: o Nessuna profilassi: o Zona A: clorochina - 37 - o Zona B o C: meflochina o chinino o Profilassi con clorochina: meflochina, chinino o sulfadiazina/pirimetamina. o Profilassi con meflochina: chinino eventualmente associato a doxiciclina. Un nuovo farmaco in commercio degno di segnalazione è l'associazione artemether/lumefantrin. - 38 -