Questo materiale permette di studiare relatività e

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fisica dei materiali
Vittorio Pellegrini è dirigente di ricerca del CNR e lavora al National Enterprise
for nanoScience and nanoTechnology (NEST) dell’Istituto nanoscienze del CNR
di Pisa e della Scuola normale superiore di Pisa. I suoi studi riguardano le
nanostrutture a semiconduttore e le applicazioni del grafene in ambito energetico.
Marco Polini è ricercatore del National Enterprise for nanoScience
and nanoTechnology dell’Istituto nanoscienze del CNR di Pisa e
membro del gruppo Quantum Transport and Information della Scuola
normale superiore di Pisa. Le sue ricerche riguardano la fisica a molti
corpi nel grafene e il trasporto di spin in gas atomici ultrafreddi.
Laboratorio
grafene
Questo materiale permette di studiare relatività
e meccanica quantistica in un frammento di carbonio
di Vittorio Pellegrini e Marco Polini
S
enza che ce ne accorgiamo, ogni giorno maneggiamo tanti oggetti che funzionano grazie
a semiconduttori come il silicio o l’arseniuro di gallio. Si tratta di materiali con caratteristiche di conduzione intermedie tra conduttori e isolanti. Le loro proprietà sono determinate
dagli elettroni che occupano gli orbitali più esterni degli atomi che compongono il cristallo e che, a causa della vicinanza degli atomi nella struttura cristallina (minore di un nanometro, cioè un miliardesimo di metro), sono in grado di saltare da un sito atomico all’altro. Questo movimento di cariche è alla base della corrente elettrica che attraversa il semiconduttore.
Grazie a una peculiare struttura
bidimensionale, il grafene permette
lo studio di fenomeni che prima della
sua scoperta, avvenuta nel 2004, si
potevano riprodurre solo in
esperimenti che richiedevano alte
energie, acceleratori di particelle e
costi elevati.
Il comportamento degli elettroni in
un cristallo di grafene, per esempio,
ha permesso di osservare per la
prima volta l’effetto Klein e l’effetto
Hall quantistico anomalo.
Ora si cerca di riprodurre la
struttura del grafene in altri materiali
per ottenere i simulatori quantistici
immaginati da Richard Feynman, in
grado di emulare le più complesse e
affascinanti fasi della materia, con
importanti ricadute tecnologiche.
Esagoni per ricerca di base. Illustrazione artistica della struttura delle bande elettroniche in uno strato di grafene.
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Pasieka/SPL/Contrasto
In breve
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Le Scienze 83
u n a s t r u t t u r a pa r t i c o l a r e
Grafene e bande energetiche
Mattone elementare della grafite e cristallo bidimensionale più sottile mai
ottenuto, il grafene è costituito da atomi di carbonio disposti in una struttura a nido d’ape su un unico piano che ha lo spessore di un solo atomo,
quindi circa un decimo di nanometro (un nanometro equivale a 10–9 metri).
In genere, le energie E(p) che un elettrone può assumere in un cristallo in
funzione del suo impulso p si raggruppano in intervalli ammessi e intervalli proibiti, originando le cosiddette bande del cristallo, e sono con ottima approssimazione una funzione quadratica dell’impulso.
Nel grafene invece E(p) = vDp, dove vD è la velocità di Fermi-Dirac, circa 300 volte più piccola della velocità della luce nel vuoto. Nelle due figure qui accanto è visualizzata la relazione di dispersione energia-impulso per
un elettrone in un frammento di grafene: si noti la linearità delle «bande»,
formate da due coni con l’apice in comune. Il cono con l’apice rivolto verso l’alto rappresenta le soluzioni dell’equazione di Dirac per il grafene con
energia negativa E(p) = – vDp. Il cono con l’apice rivolto verso il basso rappresenta le soluzioni con energia positiva E(p) = vDp. Nella figura a , le
aree colorate al di sopra dell’apice indicano gli stati di energia occupati da
elettroni. Nella figura b , invece, gli stati elettronici vuoti sotto l’apice rappresentano le cosiddette «buche», o lacune, che si comportano a tutti gli effetti come le antiparticelle degli elettroni, cioè i positroni. a
●
b
●
●
Nido d’ape. Sopra, la struttura del grafene; le sfere rappresentano
atomi di carbonio. A fianco, l’immagine di uno strato del materiale
ottenuta con il microscopio elettronico a scansione. In basso, a
fronte, ricercatori del laboratorio NEST.
●
Nel tempo, i fisici della materia hanno imparato a costruire cristalli in cui gli elettroni sono costretti a muoversi in due dimensioni in uno spazio delimitato da pochi piani del reticolo cristallino e
non nelle tre dimensioni dello spazio. Questi sistemi bidimensionali sono diventati laboratori eccezionali per studiare il comportamento quantistico degli elettroni esaltato dal confinamento in due
dimensioni. A partire dagli anni settanta, la fisica degli elettroni in
due dimensioni si è sviluppata nei semiconduttori basati in particolare sull’arseniuro di gallio, e ha avuto un impatto enorme sia
dal punto di vista fondamentale, con la scoperta dell’effetto Hall
quantistico intero e frazionario (Nobel per la fisica nel 1985 e nel
1998), sia dal punto di vista tecnologico, con lo sviluppo di transistor ad alta velocità, rivelatori e altri dispositivi del genere, dominando la scena fino agli inizi di questo secolo.
Nel 2004 nasce il grafene, il cristallo bidimensionale più sottile mai ottenuto costituito da un unico piano di atomi di carbonio
(si veda il box in questa pagina). Il grafene aggiunge alla fisica degli elettroni in due dimensioni un ingrediente in più, quello della
relatività, e permette di studiare una serie di fenomeni che «prima
del grafene» potevano essere riprodotti solo in esperimenti che richiedevano alte energie, acceleratori di particelle e costi elevati. La
rivoluzione del grafene non riguarda dunque solo la moltitudine
di applicazioni che le sue speciali proprietà ottiche, di conduzione elettrica e di robustezza fanno prevedere, ma anche la possibilità di impiegare questo materiale come un nuovo laboratorio dove
studiare fenomeni fisici ancora inesplorati.
Sebbene la grafite, il minerale usato per le mine delle matite, sia
formata da tantissimi fogli di grafene impilati uno sopra l’altro,
solo nel 2004 Andre Geim e Kostantin Novoselov, dell’Università
di Manchester, sono riusciti a isolare un foglio di grafene usando
un metodo sorprendente per semplicità e efficacia: strappare sottili strati superficiali da un blocco di grafite con normale nastro adesivo e individuare quando i frammenti così prodotti sono singoli
fogli di grafene. Per questa scoperta e per l’osservazione delle pro-
84 Le Scienze
prietà elettriche del grafene, nel 2010 i due scienziati hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica.
La possibilità di studiare la combinazione di meccanica quantistica e relatività in un fiocco di grafene, estratto con nastro adesivo dalla comune grafite, appare come un nuovo paradigma per la
fisica della materia, e pone sfide che appassionano una vasta parte della comunità scientifica. Infine, gli scenari aperti dal grafene
stanno portando a nuovi materiali e architetture per la nanoelettronica. Con il grafene si è aperto un nuovo capitolo della fisica
della materia.
Andre Geim, Kostya Novoselov/SPL/Contrasto (cristallo grafene); Elisa Botton (coni, pagina a fronte)
Cortesia laboratorio NEST (foto laboratori a fronte, illustrazione struttura grafene in questa pagina)
Il sogno di Dirac sul nastro adesivo
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Quando gli elettroni si muovono in un cristallo risentono delle
forze generate dalla disposizione periodica di minute entità microscopiche quali ioni e atomi. Il loro moto risulta quindi profondamente alterato (rispetto al moto libero) da questo «fondo» cristallino. Le proprietà elettriche e ottiche degli elettroni nei metalli o
nei semiconduttori usati per l’elettronica, come il silicio o l’arseniuro di gallio, sono state comprese alla fine degli anni venti, subito dopo l’avvento della meccanica quantistica. Nel 1928 Felix
Bloch spiegò che le energie che un elettrone può assumere in un
cristallo in funzione del suo impulso, cioè del prodotto tra la massa della particella e la sua velocità, non formano un continuo ma
si raggruppano in intervalli ammessi e intervalli proibiti originando le cosiddette «bande» del cristallo. Tipicamente, negli intervalli di energia interessanti in fisica della materia, la funzione che
descrive le energie ammesse per un elettrone è con ottima approssimazione una funzione quadratica dell’impulso.
Il fisico canadese Philip Wallace dimostrò che il grafene non rispettava questo paradigma già nel 1947. Vale la pena ricordare che
a quei tempi il grafene era solo la mera astrazione di un fisico teorico, dato che rappresentava l’unità elementare per arrivare a studiare le proprietà della grafite. Wallace mostrò che le interazioni
di un singolo elettrone con le forze cristalline del reticolo esago-
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nale del grafene portavano a una relazione energia-impulso lineare invece che parabolica. Nel grafene, le energie che un elettrone
può assumere in un cristallo in funzione del suo impulso sono proporzionali al prodotto tra l’impulso e la cosiddetta velocità di Fermi-Dirac (che è circa 300 volte più piccola della velocità della luce nel vuoto, c).
Le implicazioni di questo fenomeno sono interessantissime. La
prima è che, almeno dal punto di vista formale, gli elettroni nel
grafene si comportano come particelle con massa pari a zero, che i
fisici chiamano particelle ultrarelativistiche. Per spiegare questa affermazione occorre fare un passo indietro. La teoria speciale della
relatività di Albert Einstein descrive il moto di oggetti, come le particelle elementari, con velocità prossima a quella della luce, e prevede una relazione tra energia e impulso. Nel limite ultrarelativistico di particelle con massa nulla, la relazione di Einstein si riduce a
un’espressione formalmente identica a quella di Wallace che descrive gli elettroni nel grafene, a patto di sostituire la velocità della luce c con quella di Fermi-Dirac. Ciò significa che nel grafene gli elettroni si comportano come altre particelle di massa nulla ben note in
fisica, come fotoni o neutrini (questi ultimi particelle molto difficili da rilevare a causa della loro debolissima interazione con la materia). Il vantaggio degli elettroni nel grafene consiste nel fatto che
hanno una carica elettrica, che consente di manipolarli in maniera
agevole mediante campi elettrici e magnetici. Ma c’è di più.
Elettroni con velocità elevate sono descritti dalla teoria di Paul
Adrien Maurice Dirac, una formulazione del 1928 che combina la
meccanica quantistica con la relatività speciale. L’equazione di Dirac per l’elettrone ammette soluzioni sia con energia positiva (corrispondenti a stati detti di «particella») sia con energia negativa
(corrispondenti a stati detti di «antiparticella», oppure, in fisica della materia, di «buca»). In maniera del tutto analoga, l’equazione
derivata da Wallace per gli elettroni nel grafene gode della stessa
simmetria di Dirac tra elettroni e buche (si veda il box nella pagina a fronte). Questa simmetria è alla base di numerosi effetti ecla-
Le Scienze 85
m e r av i g l i e d i u n m at e r i a l e
Eccitoni e superfluidi
a temperatura ambiente
L’illustrazione mostra un doppio strato di grafene in cui gli elettroni (con
carica negativa) sono ospitati nello strato superiore e le buche (con carica positiva) in quello inferiore. Elettroni e buche interagiscono mediante
la forza attrattiva di Coulomb. Ne nasce un oggetto composto «elettrone-buca» chiamato eccitone, che nel complesso ha spin intero e mostra
i fenomeni tipici delle particelle a spin intero, chiamate bosoni.
Un insieme di bosoni può condensare. La condensazione di BoseEinstein (BEC), predetta da Satyendra Nath Bose e Albert Einstein nel
1924-1925, è uno spettacolare fenomeno cooperativo in cui un insieme di bosoni al di sotto di una certa temperatura critica si comporta
come un unico oggetto macroscopico con proprietà superfluide, cioè
scorre senza nessun attrito. La BEC è stata osservata per la prima volta
nel 1995 in sistemi di atomi ultrafreddi. In questi sistemi, la temperatura critica è estremamente bassa, circa 100 nanogradi kelvin, cioè appena un decimilionesimo di grado sopra lo zero assoluto (–273,15 gradi
Celsius). Il grafene stupisce anche in questo caso: alcuni studi teorici
hanno anticipato che gli eccitoni in un doppio strato di grafene possono
avere una transizione a uno stato superfluido a una temperatura prossima alla temperatura ambiente.
Non è una questione di forma
L’effetto Hall quantistico fu osservato nel 1979 in un memorabile esperimento effettuato da Klaus Von Klitzing, fisico tedesco poi premiato con il Nobel. Von Klitzing scoprì in un cristallo
di semiconduttore bidimensionale sottoposto a un intenso campo magnetico una curiosa e inaspettata quantizzazione della resistenza elettrica in valori discreti, misurabili con sorprendete accuratezza, e dati da h/ne2 dove n è un numero intero e h è la costante
di Planck. La quantità h/e2 è il quanto di resistenza fondamentale, pari a 25,812 chilo-ohm. Questo fenomeno ha preso il nome di
effetto Hall quantistico intero, e si distingue dal suo parente stretto, l’effetto Hall quantistico frazionario, scoperto tre anni dopo,
che si manifesta quando n assume specifici «magici» valori frazionari come 1/3, 1/5, 2/3 e così via. Anche il grafene mostra l’effetto Hall quantistico.
Ma il grafene, ormai è chiaro, ha qualcosa di più. Contrariamente all’effetto Hall quantistico osservato nei semiconduttori ordinari,
quello del grafene mostra un’eclatante anomalia dovuta proprio alla natura relativistica degli elettroni e alla simmetria buca-elettro-
86 Le Scienze
ne. Nel grafene infatti la quantizzazione della resistenza in presenza
di un campo magnetico è semintera, cioè i valori discreti della resistenza non sono dettati da n ma da n+1/2. Inoltre, mentre nei semiconduttori ordinari questi effetti quantistici si osservano soltanto a temperature prossime allo zero assoluto (–273 gradi Celsius),
il grafene è l’unico materiale conosciuto in cui questo effetto è talmente robusto da persistere anche a temperatura ambiente.
Nel 1982 David Thouless, Mahito Kohmoto, Peter Nightingale e
Marcel den Nijs furono i primi a capire che l’intero n che descrive
la quantizzazione della resistenza di Hall è un invariante topologico, cioè una quantità che non dipende in alcun modo dalla forma
del sistema. Che cosa significa in pratica? Consideriamo l’effetto
Hall quantistico in un cristallo bidimensionale di forma rettangolare. Quello che succede è che la parte interna del cristallo si comporta come un robustissimo isolante, cioè non permette il passaggio di corrente elettrica, mentre gli elettroni possono muoversi solo
ai bordi del rettangolo definendo strettissimi canali di conduzione dello spessore del nanometro in cui passa corrente elettrica. La
presenza di questi canali non dipende dalla geometria del sistema,
e se il nostro campione fosse di forma romboidale sarebbe la stessa cosa. Inoltre la conduzione in questi canali di bordo è perfetta,
cioè esente da dissipazione. Eventuali impurezze lungo i bordi del
cristallo sono aggirate dagli elettroni, che in questo modo riescono
a passare indisturbati.
Sistemi del genere sono chiamati «isolanti topologici». La possibilità di realizzare canali di bordo che conducono senza dissipazione a temperatura ambiente apre la strada a una serie di applicazioni nel campo della nanoelettronica. Tuttavia persistono ancora
alcune difficoltà pratiche, come il fatto che per creare questi canali è necessario applicare intensi campi magnetici, un aspetto di difficile da risolvere su dispositivi destinati al commercio. Il grafene è
stato proposto come primo esempio di isolante topologico che non
necessita di campo magnetico.
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Elisa Botton (illustrazione); cortesia centro NEST Pisa (foto)
tanti: il «paradosso di Klein», cioè la possibilità per un elettrone nel
grafene di attraversare barriere elettrostatiche che sarebbero insormontabili per un elettrone in un semiconduttore ordinario o per un
oggetto classico quale una pallina da tennis (si veda Le meraviglie
del grafene, di Andre Geim e Philip Kim, in «Le Scienze» n. 478,
giugno 2008), e l’effetto Hall quantistico anomalo. Infine, elettroni
e buche nel grafene, quando sono spazialmente separati, per esempio mettendo elettroni in uno strato di grafene e buche in un altro strato di grafene adiacente al primo e separato solo di pochi
nanometri, possono accoppiarsi formando una cosiddetta «quasiparticella», in questo caso stati neutri chiamati eccitoni, e dando
vita a un fenomeno cooperativo notevole: la condensazione di Bose-Einstein di eccitoni (si veda il box nella pagina a fronte).
Cortesia centro NEST Pisa
In punta di matita.
Un dottorando della
Scuola normale superiore di
Pisa ha nella mano sinistra un
campione di grafene, il mattone
elementare della grafite, di cui
è composta la mina delle matite.
Nello schermo a destra sullo sfondo
si nota la struttura del grafene ottenuta
con un microscopio a effetto tunnel.
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Di recente è stata scoperta una nuova classe di isolanti topologici che comprendono il tellururo di mercurio, leghe di antimoniuro di bismuto e anche il grafene, che esibiscono stati di bordo senza che sia richiesta l’applicazione di alcun campo magnetico.
Il mondo del dopo-grafene
Come già detto, negli ultimi anni sono stati scoperti sistemi fisici in cui è possibile osservare fenomeni di conduzione ai bordi e
invarianza topologica in assenza di un campo magnetico quantizzante. Tra questi sistemi ce ne sono alcuni, come per esempio cristalli composti da due strati di tellururo di mercurio e di tellururo
di cadmio e mercurio, che esibiscono il cosiddetto effetto spin-Hall
quantistico (quantum spin Hall effect, QSHE) in assenza di campo
magnetico. In un sistema che esibisce uno stato QSHE, a ogni bordo del campione ci sono due canali con velocità di propagazione
opposte e che hanno natura «elicale». Ciò significa che in uno dei
due stati di bordo, che definiamo «stato di bordo su» e indichiamo
con SB↑, gli elettroni si propagano diciamo da sinistra verso destra
e hanno spin (lo spin di una particella elementare è all’origine del
suo momento magnetico intrinseco e può essere visualizzato come
una rotazione della particella attorno a un asse arbitrario passante
per il suo baricentro) rivolto in una direzione precisa, diciamo verso l’alto. Affiancato a SB↑, c’è un altro stato di bordo, definito «stato di bordo giù» e indicato con SB↓, in cui gli elettroni hanno spin
rivolto verso il basso e si propagano da destra verso sinistra, in direzione opposta a quelli nello stato SB↑.
Immaginiamo ora che un elettrone nel canale SB↑ incontri un
ostacolo (un’impurezza, un difetto cristallino). Possono succedere due cose: l’elettrone aggira l’ostacolo oppure rimbalza
indietro. Nel secondo caso, deve per forza passare dallo stato
SB↑ allo stato SB↓ perché solo nel canale SB↓ può avere una
direzione di propagazione opposta
a quella che aveva prima di incontrare
l’ostacolo. Questo pone un problema: per
passare da SB↑ a SB↓ l’elettrone deve anche
ruotare il suo spin di 180 gradi! Ma questo può
avvenire in presenza di impurezze speciali che sono
molto rare nei materiali ordinari. Quindi l’elettrone che
seguivamo durante il moto in un canale di bordo non può
fare altro che aggirare l’impurezza e continuare il suo moto indisturbato. Questi canali con proprietà di spin peculiari trasportano
corrente in maniera non dissipativa, e il loro impiego in dispositivi
pratici potrebbe rivoluzionare l’elettronica del futuro.
Cosa ancora più interessante, è stata scoperta una classe di isolanti topologici tridimensionali, basati soprattutto su elementi come bismuto, antimonio, selenio e tellurio, nei quali la conduzione
di corrente senza dissipazione avviene sull’intera superficie bidimensionale esterna. Gli elettroni all’interno di queste zone superficiali a carattere metallico si muovono come fermioni di Dirac (un
fermione è qualunque particella il cui spin ha un valore multiplo
dispari di 1/2) a massa nulla, esattamente come nel grafene.
Le stesse classificazioni ormai usate per stabilire se un isolante è banale, nel senso topologico del termine, oppure no (e quindi
ha canali di bordo), sono state applicate anche ai superconduttori.
Una delle cose notevoli evidenziate da un punto di vista teorico è
Le Scienze 87
i m i ta r e l a n at u r a
Reticoli artificiali
materiali e ottici
A fianco, l’immagine di un reticolo a geometria esagonale in
un semiconduttore di arseniuro di gallio creato al NEST di
Pisa. Il reticolo è visto dagli elettroni come un «fondo» cristallino molto simile a quello che gli atomi di carbonio generano per gli elettroni nel
grafene, con la differenza che la distanza tra siti
vicini è 100 nanometri e non 0,14 nanometri (come nel
grafene). Questi reticoli artificiali in semiconduttori ordinari potrebbero esibire fermioni di Dirac più «versatili» rispetto al grafene
(per esempio con velocità controllabili dall’esterno) e fermioni di Majorana,
se fossero interfacciati con superconduttori come niobio o alluminio.
A fronte, esempio di un reticolo ottico creato dall’interferenza di due o più
fasci laser che generano buche di potenziale (a distanza di alcune centinaia
di nanometri) in cui sono intrappolati atomi ultrafreddi (sfere) che a loro volta formano, per esempio, un condensato di Bose-Einstein. Sistemi di questo
tipo sono realizzati in Italia a Pisa e al LENS di Firenze.
Verso il grafene artificiale
Spesso la ricerca tende a riprodurre in laboratorio le invenzioni
più spettacolari della natura. Questo vale anche per il grafene. Il nostro gruppo di ricerca del laboratorio National Enterprise for nanoScience and nanoTechnology (NEST) dell’Istituto nanoscienze del
CNR di Pisa e della Scuola normale superiore di Pisa ha cercato, per
esempio, di ottenere grafene artificiale replicando la caratteristica
struttura esagonale degli atomi di carbonio in un altro materiale,
un cristallo di arseniuro di gallio, semiconduttore facilmente disponibile e usato correntemente dall’industria elettronica. Il risultato è
88 Le Scienze
un materiale ibrido che alle proprietà di un semiconduttore associa
quelle straordinarie del grafene. Come è stato realizzato?
Il procedimento è concettualmente semplice e, caratteristica importante, facilmente riproducibile, dato che sfrutta apparecchiature
usate nella nanofabbricazione industriale. La superficie del cristallo
è stata scavata con un fascio di ioni che agisce come uno scalpello a scala nanometrica, fino a ottenere una nanoscultura in bassorilievo che per forma è indistinguibile dal grafene originale (si veda
il box in alto). L’arseniuro di gallio così lavorato si comporta come
il materiale che imita. Ma a che serve? Se il grafene, quello vero,
funziona bene, perché crearne una copia artificiale? Per capire in
profondità il valore di queste ricerche occorre scomodare Richard
Feynman, fisico statunitense tra i più grandi scienziati del XX secolo, che, in un lavoro del 1982, formalizzò l’impossibilità di descrivere un fenomeno quantistico con computer classici. La natura
non è classica, diceva Feynman, e per simularla è meglio usare un
simulatore quantistico. Che significa?
Consideriamo, per esempio, un fenomeno pervasivo nei cristalli:
la transizione di fase da uno stato isolante a uno stato conduttivo
che può avvenire, ipoteticamente, modificando la spaziatura tra gli
atomi del cristallo. Immaginiamo un cristallo in cui gli atomi siano
molto distanti tra loro: difficilmente gli elettroni potranno saltare
da un atomo all’altro e contribuire alla conduzione elettrica; rimarranno quindi fortemente localizzati su ogni sito atomico. In questo
stato, il cristallo è un isolante. Ora facciamo un esperimento impossibile: modifichiamo la spaziatura degli atomi nel cristallo in modo da ridurre le loro distanze. Gli elettroni diventeranno più mobili a causa delle complesse interazioni con atomi vicini ed elettroni
circostanti. A una certa spaziatura critica si osserverà una transizione allo stato conduttivo, nota come transizione di Mott, dal fisico britannico premio Nobel Nevil Mott che per primo studiò questo
fenomeno. Il punto è che nessun computer classico è abbastanza
potente da descrivere questa transizione e calcolare, date certe condizioni iniziali, il risultato (isolante o conduttore).
Il suggerimento di Feynman è che invece si può realizzare in la-
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Attività di punta. Le ricerche sul grafene
sono tra le attività di punta nei vari laboratori
dell’Istituto nanoscienze del CNR.
Nelle nostre case
L’avvento di un materiale singolare come il grafene non ha solo
aperto la possibilità di studiare la fisica dei fermioni di Dirac a condizioni sperimentali facilmente realizzabili, ha innescato una serie
di progressi concettuali e tecnologici che stanno rivoluzionando la
fisica della materia. Delle applicazioni pratiche del grafene abbiamo
parlato poco. Al riguardo si trova ormai molto materiale, e presto i
primi prodotti al grafene entreranno nelle nostre case.
Il grafene è trasparente alla radiazione visibile, robusto e un ottimo conduttore, quindi c’è da scommettere che i suoi primi impieghi
saranno nel campo dei touch screen e in quello delle celle fotovoltaiche di prossima generazione. Ma c’è anche da scommettere che
il cristallo più sottile esistente in natura ispirerà ancora la ricerca di
base e la verifica degli insoliti fenomeni del mondo quantistico. È
per questa rivoluzione pervasiva che l’Accademia reale svedese delle scienze ha deciso di premiare nel 2010 Novoselov e Geim con il
Nobel e indicare il grafene come una delle scoperte, avvenuta solo
sei anni prima, più importanti dei nostri tempi.
n
per approfondire
Majorana Returns. Wilczek F., in «Nature Physics» Vol. 5, pp. 614-618, 2009.
Two-Dimensional Mott-Hubbard Electrons in an Artificial Honeycomb Lattice.
Singha A. e altri, in «Science», Vol. 332, pp. 10451-10453, 2005.
Electric Field Effect in Atomically Thin Carbon Films. Novoselov K.S. e altri, in
«Science», Vol. 306, n. 5696, pp. 1176-1179, 2011.
Simulating physics with computers. Feynman R.P., in «International Journal of
Theoretical Physics», Vol. 21, pp. 467-488, 1982.
Teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone. Majorana E., in «Nuovo Cimento»,
Vol. 14, pp. 171-184, 1937.
Cortesia Istituto nanoscienze del CNR
che, in opportune condizioni, un superconduttore può essere topologico, cioè un materiale le cui proprietà sono insensibili a dettagli
peculiari, e può ospitare, sotto forma di eccitazioni, quasiparticelle di tipo fermionico introdotte teoricamente dal fisico catanese Ettore Majorana. Come scritto dal fisico premio Nobel Frank Wilczek,
Majorana cercava di capire se fosse possibile derivare un’equazione
con soluzioni reali, compatibile con le leggi della meccanica quantistica e della relatività speciale, per descrivere una particella fermionica. Il significato fisico di una soluzione reale di un’equazione
del genere è una particella che coincide con la propria antiparticella. Il punto di partenza di Majorana fu l’equazione di Dirac, che però ammette soluzioni complesse: questo corrisponde fisicamente a
due particelle distinte, elettrone e positrone.
Nel famoso articolo del 1937, Majorana scrisse un’equazione per
fermioni compatibile con le leggi citate prima le cui soluzioni sono
reali. Le particelle descritte da questa equazione esotica sono note
come «fermioni di Majorana», e sono in gran voga in svariati campi della fisica moderna, in particolare nella fisica delle alte energie
(non è da escludere che i neutrini siano fermioni di Majorana). Nonostante la stimolante previsione del fisico catanese, i fermioni di
Majorana restano oggetti elusivi, e non sono ancora stati osservati.
Ma recenti sviluppi nella fisica dello stato solido ottenuti con l’introduzione dei superconduttori topologici offrono nuove speranze
affinché il mistero dei fermioni di Majorana si possa risolvere.
boratorio un sistema adatto a riprodurre simili fenomeni governati da leggi quantistiche: per esempio si può costruire un reticolo artificiale in cui sia possibile modificare il passo reticolare e leggere in
tempo reale lo stato del sistema, se cioè il sistema è isolante o conduttore. Sistemi di questo tipo sono detti simulatori quantistici. Dopo la proposta di Feynman del 1982, il campo dei simulatori quantistici è rimasto per lungo tempo relegato alla ricerca teorica, e solo
in questi ultimi anni la simulazione quantistica è diventata un filone di ricerca concreto e sperimentale. Sono stati i fisici atomici a introdurre all’inizio del XXI secolo i primi reticoli artificiali, grazie a
una tecnica basata sull’intrappolamento di singoli atomi in posizioni precise, definite da minimi di un potenziale generato con fasci di
luce. Grazie a fasci laser di differente lunghezza d’onda e intensità, i fisici atomici hanno creato reticoli di natura ottica con geo­
metrie e passo reticolare ben definiti, una sorta di maschera in
cui gli atomi sono intrappolati in corrispondenza dei minimi di
potenziale del reticolo, e compongono così un cristallo.
Con questi sistemi è stato possibile simulare fenomeni quali la
transizione tra isolante e conduttore e altre transizioni più complesse. Anche il cristallo di «grafene artificiale» da noi realizzato
nell’arseniuro di gallio è un reticolo artificiale: si tratta però di un
reticolo artificiale a stato solido e con geometria esagonale. E dato
che il reticolo è nano-scolpito in laboratorio, sia il suo passo reticolare sia altre proprietà quali la concentrazione di elettroni si possono variare a piacere permettendo di simulare problemi quantistici nuovi, come bizzarri stati liquidi della materia formati dallo
spin degli elettroni o isolanti topologici. L’epopea della simulazione quantistica anticipata dal genio di Feynman è appena iniziata,
e forse potrà svelare i meccanismi più intimi della meravigliosa essenza quantistica della natura.
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