Esercito Romano

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L’ESERCITO ROMANO
L’ordinamento dell’esercito romano (che rimase
in vita per tutto il periodo repubblicano,
nonostante alcune importanti modificazioni) è
antichissimo: si basa sulla divisione dei cittadini
in centurie (attribuita dalla tradizione a Servio
Tullio) .
Far parte dell’esercito romano era un onore, un
privilegio, prima che un dovere: il soldato
doveva pagare da sé l’equipaggiamento, e il
cavaliere il cavallo; i nullatenenti non facevano
parte dell’esercito.
I cittadini più ricchi (18 centurie della I classe)
formavano la cavalleria (equitatus)
le prime
tre classi
formavano
la fanteria
pesante
(pedites)
pedites:
hastati (soldati di prima linea, i più
giovani)
principes (di seconda linea, di età più
matura)
triarii (di terza linea, veterani di
riserva)
arcieri
equites
velites
hastati
triarii
auxilia
leggero
gladiatori
velites
cane da
guerra
Armi di offesa (tela) di tutta la fanteria pesante
La spada corta a due tagli: gladius (pendeva al fianco
sinistro per gli ufficiali, al lato destro per i soldati, affinché non
fossero impediti dallo scudo che portavano sul braccio sinistro.
Era appesa a un cingolo (balteus) o bandoliera di cuoio.
Due lance da getto: pila (lunghe fino a 2 m.; si lanciavano a
una distanza di 25 m., ma potevano essere lanciate anche per
mezzo di una striscia (amentum) e allora la portata era di 60 m.).
La lancia da urto: hasta (di legno, con punta di ferro a due tagli).
Il verutum, verettone, specie di giavellotto, ma più leggero.
Le glandae, piccole palle di piombo lanciate con la fionda dai
funditores (frombolieri).
La sagitta, freccia di legno che i sagittarii lanciavano con l’arcus.
La tragula, lancia lunga usata dai cavalieri.
Armi di difesa (arma o armaturae)
Lo scudo: scutum (rettangolare, incurvato, di legno e cuoio, di
origine sannitica, II e III classe)
clipeus (rotondo, di bronzo, proprio della I classe).
L’elmo di cuoio: galea (rinforzato di metallo, con due bande di
cuoio (bucculae) annodate sotto il mento).
L’elmo di bronzo: cassis (senza visiera).
La corazza di bronzo: lorica.
Gli schinieri di bronzo: ocreae.
La cavalleria aveva le stesse armi, ma per scudo aveva la parma
leggera e rotonda.
La fanteria leggera (velites, anticamente rorarii)
era composta da cittadini della IV e V classe, che
avevano uno scudo rotondo e leggero; fra i velites
c’erano anche i funditores (frombolieri).
Archi e frecce erano propri delle truppe ausiliarie
(auxilia) formate da truppe extraitaliche.
La cavalleria era divisa in 10 squadroni (turmae)
di 30 uomini ognuno; ogni turma in tre decuriae.
Elmi
Galea
legionario
Galea
centurione
Galea
imperiale
Gladius
vagina
capulus
Gladio (Londra - British
Museum)
Scutum
l’impugnatura
Cingulum
galea
capulus
vagina
balteus
scutum
Humeralia
Lorica
Legio
Romolo, fondando Roma, creò la legione ( da legere =
scegliere, perché i soldati erano scelti nella leva
militare) per difendere la città; egli ne aveva formata
una di 3000 fanti e 300 cavalieri, ma questa crebbe col
crescere dello stato (secondo la tradizione, infatti,
Romolo divise il popolo nelle tre tribù dei Tities, dei
Ramnes e dei Luceres, ognuna delle quali doveva
fornire 1000 fanti divisi in 10 centurie, e 100
cavalieri); inoltre, alle legioni romane si aggiunsero le
cosiddette legioni alleate o socie, composte da alleati
(socii) che occupavano, in genere, le ali dello
schieramento.
Polibio così descrive la legione:
4200 fanti: 2100 principi
1200 astati
600 triarii
1200 veliti
300 cavalieri romani
600 cavalieri alleati
Tale forza aumentò fino ad arrivare a 6000 uomini, in
genere, le ali dello schieramento.
I fanti dei primi tre ordini costituivano i veri legionarii; ogni
ordine si divideva in 10 manipoli:
i manipoli dei triarii erano di 60 uomini;
i manipoli degli hastati e veliti erano di 120 uomini;
tutti erano disposti su 10 righe, formavano quindi 6 file i
triarii e12 gli altri.
Ogni manipolo si divideva poi in 2 centurie, cosicché
avevano 3 file per centuria i triarii e 6 gli altri; ogni centuria
si divideva in decurie, così ogni decuria formava una fila.
I veliti erano divisi in 30 drappelli di 40 uomini ed erano
addetti ai 30 manipoli dei legionari.
I 300 cavalieri erano ripartiti in 10 torme (plotoni) di 30
cavalieri ognuna; ogni torma era divisa in 3 centurie (file).
VELITES
si occupavano di aprire lo
scontro creando scompiglio
tra le linee nemiche.
Erano armati di scudo
rotondo, lancia e spada.
HASTATI
EQUITES
proteggevano i fianchi della
cavalleria e appoggiavano gli
attacchi della fanteria
erano i soldati alle prime armi
e sostenevano la parte più
grossa dello scontro.
Erano armati con lancia
(hasta), elmo, scudo
rettangolare, cotta di maglia,
schinieri e spada. La lancia
col tempo si accorciò e
diventò un giavellotto (pilum).
PRINCIPES
originariamente erano i primi a
combattere (pincipes=primi),
ora intervenivano quando gli
hastati erano in difficoltà.
Erano armati di elmo, scudo
rettangolare, corazza, cotta di
maglia, schinieri e spada.
TRIARII
erano i veterani ed entravano
in battaglia quando le sorti
della guerra volgevano al
peggio.
Erano armati di elmo, scudo
rettangolare, corazza, cotta di
maglia, schinieri lancia e
spada.
Questa tabella è stata costruita con le
informazioni ricavate da "Lo Specchio
dell'Occidente"
e dalla "Storia di Roma dalla sua
Fondazione" di Tito Livio.
EQUITES
proteggevano i fianchi della
cavalleria e appoggiavano gli
attacchi della fanteria
L’obbligo del servizio militare andava dai 17 ai 60 anni, ma i
Romani prestavano realmente servizio fino a 45 anni
(iuniores); i più anziani (seniores) erano addetti ai servzi
territoriali.
Il servizio non era continuativo ed i Romani erano chiamati
alle armi quando occorreva, per mezzo delle leve (dilectus),
ed in caso di estrema necessità vi era la leva in massa
(tumultus).
Per accedere ai servizi pubblici bisognava assolvere al
servizio militare: 16 anni per la fanteria, 10 in cavalleria;
ma questi tempi furono poi accorciati.
Con Mario, Cesare e Augusto furono ammessi anche i
cittadini dell’ultima classe, poi i barbari e gli schiavi. Con
Augusto l’esercito divenne permanente.
Un esercito in armi non poteva entrare in città, tranne per il
trionfo.
Della legione facevano parte anche i corpi militari che in
battaglia cooperavano con la fanteria, come la cohors
fabrorum, operai militari che sotto la guida di un praefectus
fabrum ( = fabrorum) riparavano le armi, apprestavano
travi, assi e tutto ciò che era necessario alla vita del campo; i
suonatori che per mezzo di trombe davano i segnali militari
(nella fanteria si usava la tuba, lunga e diritta, nella
cavalleria il cornu ricurvo), ed altri corpi specializzati.
A capo di tutto l’esercito era il console o il pretore (dux),
che in caso di vittoria veniva proclamato imperator. La sua
insegna era il paludamentum, di colore bianco o purpureo,
che veniva indossato sopra l’armatura. Aveva alle sue
dipendenze due o tre luogotenenti (legati), il questore, che
aveva funzioni amministrative, il praefectus fabrum, che
comandava il genio militare.
Anche i popoli alleati contribuivano a formare l’esercito
romano. I contingenti di truppe alleate (socii), forniti dalle
città federate, erano organizzati in alae, perché
combattevano alle due ali dell’esercito. Ogni ala era formata
da un dato numero di cohortes, composte dai soldati di una
sola città e comandate da un ufficiale di quella città
(praefectus cohortis). Romani erano invece i comandanti
delle alae (praefecti sociorum), come romano era il
comandante della cavalleria alleata (praefectus equitum).
Oltre alle truppe romane e alleate c’erano truppe di popoli
che spontaneamente si univano all’esercito romano e che
prendevano il nome di auxilia. Vi erano anche i volontari
che prendevano il nome di evocati.
Un corpo speciale era la cohors praetoria, costituita da
soldati provati e fedeli, che erano adibiti a guardia personale
del dux.
In età imperiale l’esercito divenne permanente: era un
esercito mercenario arruolato per la durata di 25 anni, che
veniva mantenuto e stipendiato, e partecipava alla divisione
del bottino di guerra. A servizio finito i soldati andavano in
congedo (missio), ma, volendo, potevano ancora rimanere
nelle file dell’esercito (evocati Augusti).
Le legioni sotto Augusto furono 25, sotto Settimio Severo 33;
esse avevano un numero e un nome che indicava per lo più il
paese dove avevano compiuto notevoli fatti d’arme (ad es.:
legio quinta Macedonica).Il comandante della legione si
chiamava legatus Augusti pro praetore. Ogni legione
mandava qua e là dei distaccamenti (vexillationes), o come
guarnigione di qualche città, al comando del praefectus
castrorum, o come distaccamento marciante, al comando del
praepositus.
Durante l’impero si crearono anche corpi speciali:
i praetoriani, guardia imperiale comandata dal praefectus
praetorio (o praetorii);
le cohortes urbanae, guardia civica, comandata dal
praefectus urbi (o urbis);
le cohortes vigilum, guardia alle prigioni e vigili del fuoco, al
comando del praefectus vigilum.
SIGNA
Ogni legione aveva per insegna
un’aquila d’oro ad ali spiegate,
portata sulla cima di una grande
asta dall’aquilifer (alfiere); vi erano
anche insegne particolari per ogni
corpo della legione (coorte,
manipolo o torma); perciò ogni
legione ebbe:
• l’aquila che simboleggiava l’intera
legione;
• bandiere (vexilla) per 10 coorti;
• 60 bandiere minori (signa) per le 60
centuriie,simili a bandiere minori
per le torme.
SIGNA
Tali bandiere erano affidate ai migliori
soldati (signiferi) ed erano sacre; di
fronte ad esse i soldati giuravano;
perderle era un delitto punito con
rigore.
Le turmae di cavalleria avevano uno
stendardo (vexillum) portato dal
vexillifer.
I comandi militari venivano dati a voce
(signa vocalia) o con strumenti a
fiato (tuba, cornu, bucina, lituus);
sempre con la tuba (tromba) ceniva
dato il segnale d’attacco (classicum).
LE NAVI ROMANE
LA FLOTTA ROMANA
Era composta da navi che potevano essere a
due ordini di remi (biremis), a tre (triremis), a
quattro (quadriremis), a cinque (quinqueremis)
e che, a seconda della loro velocità e degli usi ai
quali erano adibite, si dividevano in:
naves longae: di forma allungata e molto veloci, erano le vere
navi da guerra;
naves actuariae: molto leggere, servivano per ricognizione e
trasporto di truppe;
naves liburnicae: velocissime, talvolta anche con 10 ordini di
remi;
naves onerariae: molto ampie, servivano per il trasporto delle
merci ed erano generalmente a vela;
naves speculatoriae: servivano per spiare le mosse della flotta
avversaria;
naves tabellariae: piccole navi che servivano per recare dispacci
da porto a porto.
Capo della flotta era sempre il dux, che in quanto comandante
della flotta prendeva il nome di praefectus classis. Il
comandante di una singola nave era il praefectus o magister
navis, che aveva come subordinati: il gubernator, cioé il
pilota/nocchiero, e i decuriones, cioé i comandanti delle
sezioni dei rematori.
L’equipaggio era composto di rematori (remiges), reclutati tra
gli schiavi, e di marinai (nautae) per lo più proletari o liberti
o forniti dagli alleati (socii). C’erano poi i soldati di marina
(classiarii).
Sotto Augusto la flotta da guerra divenne permanente e fu
divisa in due squadre: la flotta del Mediterraneo, con stanza
a Miseno, e la flotta dell’Adriatico, con stanza a Ravenna.
Altre squadre furono poi costituite quando si fece urgente il
problema della difesa dei confini dell’impero: si ebbero così
la classis Pontica (sul Mar Nero), la classis Britannica (nel
Mare del Nord) e le squadre navali fluviali (sul Reno, sul
Danubio ecc.)
DICTATOR
Era una carica pubblica del tutto straordinaria, affidata dal
senato a persona autorevole in caso di gravi contingenze:
durava 6 mesi.
Si eleggeva il dittatore anche in tempi di pace per compiere atti
particolari politici o religiosi, come, ad esempio, per
presiedere i comizi, per solennità religiose e per piantare il
chiodo nel tempio di Giove Capitolino, il 13 settembre,
cerimonia che serviva per numerare l’anno.
Il titolo del dittatore eletto in tempo di pace era dictator
imminuto iure, mentre quello del vero dittatore era dictator
optimo iure.
IMPERATOR
Era titolo che spettava al capo supremo dell’esercito; solo al
tempo di Augusto il titolo si identificò con princeps e significò
“capo supremo dello stato”.
MAGISTER EQUITUM
Quando un cittadino era eletto dictator, eleggeva un aiutante: il
magister equitum, che non aveva imperium, ma solo potestas
consularis. Comandava la cavalleria ed esercitava le funzioni
che il dittatore gli delegava; aveva diritto alla sella curulis,
alla praetexta, a 6 littori.
(Omissis equis: quando il comandante scendeva da cavallo,
anche i cavalieri dovevano fare altrettanto).
TRIBUNUS MILITUM
A capo di ogni legione vi erano 6 tribuni militari che
esercitavano il potere 2 alla volta per 2 mesi: i comandanti si
alternavano ogni giorno.
Gli ufficiali dell’esercito romano non erano ufficiali di
carriera, ma uomini politici che cominciavano a mettersi in
luce attraverso il servizio militare.
IMPERIUM
L’imperium è l’insieme dei massimi poteri dei magistrati, sia in
campo amministrativo sia militare. In origine era il potere
esclusivo ed illimitato dei re; durante la repubblica ebbero
l’imperium solo i due consoli, i pretori, il dittatore e,
eventualmente, il suo magister equitum, l’interrex ed i
membri di alcune commissioni speciali.
Gli altri magistrati ebbero la potestas, che conferiva il diritto di
pubblicare gli edicta, di convocare il popolo o il senato, di
infliggere multe.
Oltre a questi iura , l’imperium dava il comando degli eserciti, la
facoltà di imprigionare, flagellare e mettere a morte i
cittadini, la facoltà di tutelare gli interessi privati nei
processi.
Simboli dell’imperium erano i littori con i fasci e le scuri.
All’interno della città l’imperium era
limitato dall’intercessio (diritto di
veto di cui ogni magistrato
disponeva), dalla provocatio (diritto
dei cittadini di appellarsi ai comizi
centuriati o tributi) e dal controllo
dei tribuni; tali limiti si
manifestavano con la deposizione dei
fasci con le scuri da parte dei littori.
L’imperium era conferito da una legge
dei comizi curiati e non poteva essere
sottratto a chi lo deteneva; i
magistrati abdicavano all’imperium
allo scadere della carica.
AUCTORITAS
E’ un termine giuridico che assume vari significati (validità,
legittimità, autenticità ...). Riferito a persone, indica una
posizione di superiorità da cui scaturisce una capacità
d’iniziativa, garanzia, tutela verso gli inferiori. Mentre
imperium e potestas designano poteri specifici connessi con
l’esercizio delle magistrature, l’auctoritas deriva dalla
collocazione sociale di un cittadino, dalle sue qualità (il
significato, dunque, si confronta con quello di dignitas).
CASTRA
P O R T A D E C U M A N A (L A T O PO S T E R I O R E )
FO SSATO
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• LEGENDA
C - praetorium
t - tribuni militari
p - prefetti alleati
a - cavalieri romani
b - triari romani
c - principi romani
d - astati romani
e - cavalieri alleati
f - fanti alleati
h - cavalieri
extraordinarii
i - fanti extraordinarii
l - volontari
m - fanti scelti alleati
n - cavalieri scelti
alleati
1 piede = 0,2955 m.
1 passo = 5 piedi
Dimensioni campo:
Larghezza:
2.150 piedi (635.33 m.);
Lunghezza:
2.150 piedi (635.33 m.);
Area: 403.644,2 mq.
Perimetro: 2.541,3 m.
CASTRA
Quando l’esercito si fermava, anche per una sola notte, si
costruiva l’accampamento. Il dux mandava avanti un
distaccamento di exploratores, con un augure, un tribuno e
due centurioni. L’augure aveva il compito di trarre gli
auspici in modo che il campo fosse tracciato secondo le
prescrizioni del rito religioso.
Gli agrimensori (gromatici) effettuavano i rilievi, tracciavano il
perimetro che veniva fortificato da un terrapieno (agger),
alto più di due metri, intorno al quale correva un fossato
(fossa), largo poco meno di quattro metri e profondo circa
tre metri. Sull’agger si ergeva il vallum, la palizzata.
L’accampamento aveva forma quadrangolare, diviso in 4 parti
uguali da due vie che si incrociavano perpendicolarmente al
centro. La via che segnava la larghezza dell’accampamento
(direzione sud-nord) si chiamava cardo; quella che ne
segnava la lunghezza (direzione est-ovest) si chiamava
decumanus. Tutte le altre vie erano parallele o al cardo o al
decumanus. La via principale di tutto l’accampamento si
chiamava decumanus maximus.
Ognuno dei quattro lati dell’accampamento aveva una porta:
porta praetoria, di fronte al nemico;
porta decumana, quella opposta;
porta principalis sinistra;
porta principalis dextra.
L’interno dell’accampamento era diviso in 7 strade:
via principalis che congiungeva le due porte laterali;
via quintana, perché larga 5 piedi, parallela alla principale;
cinque vie che intersecavano ad angolo retto la via quintana.
Davanti alle quattro porte c’erano i posti di guardia (stationes o
procubitores, di notte) e lungo il trinceramento le sentinelle
(excubiae, di giorno) che di notte (vigiles o vigiliae) si
cambiavano ogni 3 ore (perciò si chiamavano: primae,
secundae, tertiae, quartae vigiliae); altre sentinelle erano
poste: sui terrapieni (custodiae), presso la tenda del
comandante dei tribuni, presso i bagagli ...
Vicino alla porta praetoria c’era la tenda del comandante e il
suo quartier generale (praetorium), fiancheggiata dal forum,
tenda dei due legati, e dal quaestorium, tenda del questore.
Subito dopo la via praetoria erano accampati gli equites, poi i
triarii, i principes, gli hastati, la cavalleria alleata, la fanteria
alleata. Viuzze, dette strigae, correvano fra le varie specie di
truppe.
Gli accampamenti potevano essere temporanei o permanenti
(castra stativa): questi ultimi potevano essere aestiva, fatti di
sole tende, o hiberna, per l’inverno, con baraccamenti di
legno. Le tende erano di pelle o di tela: tabernacula erano
quelle per gli ufficiali, tentoria quelle per i soldati.
Aquila imperiale romana
TRIUMPHUS
Il trionfo era il maggiore onore che si attribuiva al
vincitore. Per ottenerlo era necessario avere ucciso
almeno 5000 nemici o aver riportato una vittoria decisiva
sul nemico. Il trionfo era decretato dal senato che ne
stabiliva il giorno. Il vincitore, che indossava vesti di
porpora, entrava in Roma dalla Porta Triumphalis su un
cocchio dorato, tirato da quattro cavalli bianchi; portava
in capo una corona d’alloro; un servus publicus stava alle
sue spalle, protendendone sulla testa un’altra d’oro.
Precedevano il cocchio i tibicines che suonavano marce
militari, soldati che recavano carri col bottino di guerra,
cartelli indicanti il nome dei popoli vinti e dei prigionieri
più importanti; faceva ala il popolo esultante che gridava
verso il vincitore “Io triumphe!”.
Giunto il corteo nel Foro, i prigionieri venivano
di solito gettati in carcere e talvolta alcuni erano
uccisi; il corteo si dirigeva quindi verso il
Campidoglio, dove il trionfatore era atteso dai
senatori in veste candida; qui depositava la
corona d’oro, una parte del bottino e rendeva
grazie a Giove Capitolino.
L’esercito riceveva la preda
spettantegli e veniva congedato.
Se non c’erano tutte le condizioni richieste per il trionfo, al
comandante vittorioso era accordata l’ovatio: egli, che indossava
la toga praetexta ed aveva in capo una corona di mirto, avanzava
a piedi ed offriva a Giove una pecora (ovis).
MACCHINE MILITARI
Le macchine militari servivano principalmente durante gli assedi
(obsidiones) , sia per respingere le sortite (eruptiones) degli assediati,
sia per prendere d’assalto (oppugnatio) la città assediata.
Le macchine erano le seguenti:
le catapultae, per lanciare grossi dardi o pietre o palle di piombo
contro le mura di una città o sul nemico;
le ballistae, che erano simili alle catapultae, ma avevano tiro ad arco,
mentre le catapultae avevano tiro diritto;
gli onagri o carroballistae, catapulte e balliste più leggere e
trasportabili.
Le macchine finora elencate si chiamavano tormenta, dal verbo
torqueo, perché l’impulso al proiettile veniva dato da corde elastiche.
L’aries, l’ariete, lunga e grossa trave, munita all’estremità di un
grosso pezzo di ferro a forma di testa d’ariete (da cui il nome),
sospesa con catene a una impalcatura (vinea, testudo, arietaria), in
modo da poter oscillare per percuotere e sbrecciare le mura o le
porte di una città assediata;
le falaricae, macchine per lanciare proiettili costituiti di materiale
incendiario;
il tolleno, gru con la quale si calava nella città assediata un cesto
pieno di soldati;
le turres, torri di legno trasportabili, dell’altezza delle mura della
città assediata, utilizzate per lo spionaggio e l’osservazione, per
combattere gli assediati o per far penetrare nella città assediata i
soldati lanciando ponti (exostra) che venivano agganciati alle mura
della città;
i plutei, parapetti mobili che proteggevano i soldati durante
l’avanzata o servivano per nasconderli quando tiravano d’arco o di
frombola.
Catapulta del I secolo a.C.
Una ballista è
fondamentalmente una
grossa balestra
Lo scorpione.
Uno scorpione romano è un'arma
tendine-alimentata che
assomiglia ad un grande arco
posto obliquamente su una
struttura. Ha una raggio
tremendo e può infilzare un
uomo con un singolo colpo!
Onagro
L'onagro è una catapulta
scherzosamente chiamata così
per la scossa tremenda che ha
quando spara al nemico (un
onagro è un asino selvaggio).
I maiali incendiari sono armi
“ad un colpo” progettate per
spargere il panico ed il terrore
fra i nemici, specialmente
truppe a cavallo o su elefanti. I
maiali sono ricoperti di pece,
catrame ed olio e raggruppati
verso il nemico. Al giusto
momento, ai maiali viene dato
fuoco ed essi fuggono via,
verso il nemico.
Oltre ad cozzare contro chiunque si metta sulla loro strada, i maiali
sono immensamente disgregativi per le formazioni nemiche.
Incutono inoltre spavento agli elefanti; in particolare questo è il loro
impiego principale nella guerra. I maiali possono naturalmente
essere utilizzati soltanto una volta durante la battaglia e pochi
sopravvivono.
L’ESERCITO
IN MARCIA E
IN COMBATTIMENTO
L’esercito in marcia
(agmen) era preceduto da
exploratores e da
speculatores (spie); si
divideva in avanguardia
(primum agmen), grosso
(agmen), retroguardia
(novissimum agmen).
Il primum agmen procedeva con le salmerie (impedimenta) sue
proprie e scortato da cavalieri; l’agmen era composto dalle legioni
col grosso delle salmerie; il novissimum agmen era seguito da
reparti di cavalleria.
La marcia ordinaria era di 25 km (iter iustum) e in genere prevedeva
una sosta ogni ora; poi vi era una marcia più rapida (iter magnum o
maius) di circa 40 km e infine la marcia forzata (iter maximum) che
poteva raggiungere anche 50 km, con proseguimento notturno della
marcia stessa.
I bagagli personali (sarcina) erano portati a
spalla per mezzo di pali a cima forcuta
(furca) e pesavano circa 30 kg. Vi erano
contenuti i viveri per 15 giorni e gli attrezzi
per la costruzione dell’accampamento. Gli
altri impedimenta che costituivano il
bagaglio più pesante erano portati a mezzo
di carriaggi o caricati su bestie da soma
(iumenta sarcinaria). Addetti ai bagagli
erano i calones.
L’esercito in ordine di battaglia (acies) poteva essere disposto o su
di una sola linea (acies simplex) o su tre linee (acies triplex); in
quest’ultimo caso le truppe erano così disposte: al centro i dieci
manipoli degli hastati, sulla prima fila; ai lati la cavalleria romana,
le truppe alleate, quelle ausiliarie; in seconda fila, tra gli intervalli
della prima linea, c’erano i principes; dietro i manipoli dei
principes stavano i triarii che intervenivano in caso estremo.
Prima che si iniziasse il
combattimento, si
molestava il nemico con
truppe leggere, i velites,
che si ritiravano appena il
combattimento aveva
inizio.
Questa era la formazionetipo, ma naturalmente
spettava al dux, quando il
caso lo richiedesse,
modificarla secondo i suoi
intendimenti tattici.
Gli schieramenti dell’esercito romano
moenia
testudo
orbiter
cuneum
I LUDI GLADIATORII
I ludi circenses erano di diverso tipo: c'erano le gare
di cocchi, predilette dalle signore; c'erano le cacce
(venationes), in cui uomini variamente armati
affrontavano belve di diverso tipo: tigri, pantere, leoni,
orsi, tori; c'erano le esecuzioni ad bestias dei
delinquenti, in cui i condannati venivano gettati in pasto
alle belve o fatti morire di una morte atroce, di solito
con il pretesto della rievocazione di qualche mito o
episodio storico. Ma i preferiti erano i ludi gladiatori: il
combattimento uomo contro uomo.
• I gladiatori, addestrati fino a divenire vere
e proprie macchine da combattimento,
gareggiavano uno contro l'altro con
armamento uguale o differenziato,
cercando di ferirsi o uccidersi a vicenda. In
caso di sconfitta la sorte del vinto
dipendeva dall'umore del pubblico: se tutti
agitavano il fazzoletto, aveva salva la vita,
se protendevano il pugno con il pollice
all'ingiù (nel segno di "pollice verso") era la
morte nell'arena.
• Gli atleti impiegati in queste gare erano, in
genere schiavi.
• Nella Roma imperiale, le corse dei carri, i LUDI CIRCENSES,
avvengono nel circo, le rappresentazioni sceniche, LUDI
SCAENICI, nel teatro, i combattimenti dei gladiatori, i
MUNERA, nell'anfiteatro, gli spettacoli e le gare di atletica nello
stadio. Nelle ultime file sta il popolo, mentre le autorità e le
persone importanti occupano i posti migliori. Gli spettacoli sono
molto costosi e le spese gravano sulle finanze dei magistrati.
L'organizzazione dei giochi dei gladiatori si diffonde in tutte le
città romane, perché sono per i politici strumento di popolarità.
• Fino a Cesare i combattimenti dei gladiatori vengono effettuati
nei Fori, in seguito i romani creano l'anfiteatro. i gladiatori
dormono in celle nelle caserme e sono sorvegliati da guardie.
Si dedica particolare attenzione alla loro efficienza fisica ed alla
loro alimentazione, tanto che Seneca scrive: "Mangiano e
bevono ciò che dovranno poi restituire con il sangue". Dopo il
corteo e il saluto rivolto alle personalità più importanti: "AVE
IMPERATOR, MORITURI TE SALUTANT", ha inizio il
combattimento al suono di strumenti musicali. Il gladiatore
sconfitto cede le armi e chiede la grazia all'organizzazione
sollevando la mano sinistra o un dito.
• Se la grazia viene accordata, gli spettatori
gridano "MISSUM", cioè libero, in caso contrario
con il pollice verso dicono morte e il gladiatore
porge la gola alla spada del vincitore. Non
minore entusiasmo dello spettacolo dei
MUNERA suscita nei romani quello delle
VENATIONES, prima nel circo e poi
nell'anfiteatro. I combattimenti avvengono o fra
animali, leoni contro tigri, elefanti contro tori, o
fra uomini e animali. Anche le NAUMACHIE,
finte battaglie navali, sono molto apprezzate, ma
costano molto e sono poco igieniche per i
miasmi delle acque stagnanti.
• Lo spettacolo gladiatorio è sovente anticipato da
prolusioni, ossia combattimenti incruenti con
armi di legno, o addirittura dai pegnarii, sorta di
funamboli (come i globetrotter nel basket) che
mettono in scena parodie divertentissime dei
combattimenti gladiatori, col fine di sciogliere il
ghiaccio tra gli spettatori. Altri combattimenti
pseudo gladiatori sono quelli di carattere
militare. Gli equites ad esempio (cavalieri), i
sagittari (arcieri) o i velites (giavellottisti
scudati), non sono morituri destinati al sacrificio
religioso, ma cittadini che amano cimentarsi
davanti al pubblico (e assai disprezzati dai
romani). Questi sono sempre riconoscibili dai
morituri poichè indossano sempre una tunica,
mentre i veri gladiatori, le voluptatis hostiae
publicae (Tertulliano: le gradite vittime
pubbliche) sono a petto nudo.
PROVOCATORES
I Provocatores si
specializzano in una
lotta basata sulla
collisione violenta
dello scudo, usato
come una
ghigliottina o
un'ascia-mannaia,
Marcus affonda
di potenza il suo
scudo sulla
Galea di Leo,
per riuscire a
fermarne
l'impeto
Parmulati vs. Scutati
Lucius affonda la sica supina nella
spalla di Kratos
I sec. d.C - Sica supina
(rudis in legno da
allenamento)
Retiarii vs. Secutores
Lo scissor
Antrax strappa
il tridente dalle
mani del
retiarius
Hyrpus
Pugilatus Caestis
Antrax apre in
guardia probolè
aperta, mentre
Caius la tiene a
pugni serrati
Il pugilato
• Le prime tracce generiche della pratica pugilistica
risalgono al III millenio a.C. in Mesopotamia, e sono di
natura rituale. I personaggi della mitologia combattono
contro umanoidi con teste di animali, adottando sia
tecniche di colpo proprie del pugilato, che di
lotta. Dunque il pugilato nascerebbe come
specializzazione preliminare di un feroce scontro di
carattere rituale, di tipo totale.
• Come accadde molte volte nella storia, un esercizio
propedeutico può diventare sport fine a se stesso e
diffondersi nella società (vedi le discipline oplitiche e le
olimpiadi antiche).
• Le tracce del pugilato passano poi alla civiltà minoica,
attorno al II millennio a.C, la quale rappresenta sempre i
duelli pugilistici tra uomini. Il I millennio a.C, a partire dal
VIII secolo con le descrizioni di Omero, e poi con la
nascita dei grandi agoni panellenici, è l'era dei greci. Di
conseguenza a questi degli etruschi, e infine dei romani,
sino al V secolo d.C.
Pugili assirobabilonesi
British Museum - II
millennio a.C.
Pugili minoici
Thera - 1500 a.C.
fine
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