musica 38 - Gruppo Carige

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MUSICA
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Giuseppe Verdi
a Genova
Leonello Sartoris
Genova nella sua lunga storia annovera cittadini illustri
e personaggi di notevole prestigio, in visita alla nostra città,
che seppero apprezzarne le caratteristiche panoramiche
sul nostro mare e la riservatezza dei genovesi.
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Il Palazzo del Principe
in un dipinto
del XIX secolo.
Nella pagina a fronte
Palazzo e giardino
del Principe Doria a Fassolo
in una foto d'epoca.
Busto di Giuseppe Verdi,
opera dello scultore Santo
Saccomanno (1833-1914).
iuseppe Verdi si legò alla nostra città per il clima, per la cultura e per
la natura propria della terra ligure.
“ ‘Voi mi chiedete - così rispondeva Verdi ad una mia indiscreta
domanda - perché io abbia preferito Genova anziché Milano, a mia
dimora abituale? Non è stato certo l’amore del mare e il desiderio
di vederlo dalle mie finestre; lo
sapete - ve lo dissi altra volta - io
non amo il mare, e per questa
mia istintiva avversione non sono
mai stato in America e ricusai anche di andare al Cairo ad assistere alla messa in scena dell’Aida.
Se ho scelto Genova a mio domicilio l’ho fatto per tenermi un po’
lontano dal mondo musicale e da
tutta quella gente che, appartenendo a quel mondo, si crede in
dovere di farvi un po’ troppo da
G
padrone e non lasciare in pace
coloro che, a dritto o a torto, sono
di quel mondo gli individui più in
vista. A Genova mi sento un po’
più padrone in casa mia di quanto non potrei esserlo a Milano.
‘ - E quando è Maestro ch’Ella è
venuto a starvi la prima volta?
‘ - Oh! Il ricordo di quella prima
volta non è molto allegro. Pochi
sanno che nei primi dell’anno
1841 io vi fui a porvi in scena
l’Oberto.
‘ - Ciò vuol dire poco più di un
anno dopo dalla prima rappresentazione alla Scala - il 17 novembre 1839.
‘ - Benissimo. La data è esatta.
Ebbene quelle poche recite
dell’Oberto al Carlo Felice, cinque
o sei, non ricordo bene, ebbero
un’accoglienza ancora più fredda
che a Milano. Si vede proprio che
quel libretto era nato sotto una
cattiva stella’ ”1.
“Un giorno - narra il Resasco eravamo oltre il 1870 - un cameriere mi disse: - Il Maestro si è oggi un po’ indispettito col Maestro
Mariani. - Ma che!, interruppi, è
impossibile! - Ho sentito, riprese il
cameriere, che il Verdi gli diceva:
- Chi manca alla data parola non
è un uomo, ma un ragazzo!” 2 Il
fatto era accaduto al ristorante
Concordia di via Garibaldi.
Il 9 gennaio 1841 al teatro Carlo
Felice di Genova veniva rappresentato il dramma in musica di
Giuseppe Verdi, in due atti, Oberto, Conte di San Bonifacio, libretto
di Antonio Piazza rivisto da Temistocle Solera.
Gli interpreti, tra i più noti dell’epoca, furono: Antonietta Raineri Marini, Carolina Ferlotti, Catone Lo-
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nati, Raffaele Ferlotti.
L’Oberto, la prima delle ventisei
opere liriche di Verdi, era stata
messa in scena in prima assoluta il 17 novembre 1839 al teatro
alla Scala di Milano, diretta dal
primo violino e maestro direttore
Cavallini.
A Genova l’opera fu accolta con
freddezza e, quando l’orchestra
aggiunse alla partitura una parte
bandistica con fragorosi ottoni, il
pubblico divenne più ostile, per
cui la rappresentazione dell’opera venne sospesa e la serata
continuò con l’intervento del famoso violinista genovese Camillo
Sivori (allievo di Paganini) che fu
portato in trionfo.
Una parte dei cantanti che parteciparono all’esecuzione dell’Oberto al Carlo Felice erano gli stessi
che avevano partecipato alla pre-
sentazione di tale opera alla Scala, dove fu replicata per 14 sere.
Comunque le cinque repliche
dell’Oberto al Carlo Felice furono un boccone amaro per l’autore, il quale per tradizione doveva
assistere all’esecuzione seduto
accanto al contrabbasso in orchestra.
In una lettera indirizzata da Genova al notaio Luigi Balestra di
Busseto in data 12 gennaio
1841, Verdi così scrive: “Non so
se i Genovesi abbiano sul capo
la maledizione d’Euterpe, ma so
che l’Oberto non ha destato quel
fanatismo che destò a Milano, ad
onta che l’esecuzione fosse in
complesso buona, ed eccellentissima per parte della Marini che
cantò in quella sera divinamente.
[…] Il pezzo che piacque più di
tutti fu l’aria d’introduzione; vi ho
aggiunto la banda e fa un chiasso diabolico”3.
Per Verdi fu davvero un grave affronto, tanto più che pochi giorni
dopo al Carlo Felice fu rappresentata La vestale di Mercadante con
un successo strepitoso, applauditissima per 14 sere.
Sempre al Carlo Felice, il 15 aprile1843, veniva messo in scena il
melodramma verdiano Nabucodonosor (Nabucco), applauditissimo
e replicato 34 volte.
Protagonista fu la famosa Sofia
Loewe, eccellente e capricciosa
soprano, acclamatissima assieme
al Ferlotti e persino ai coristi , interpreti dei vari cori ed in particolare di “Va pensiero…”.
Nel corso di quella prima recita genovese Verdi e Solera si rappacificarono; avrebbero poi continuato a
lavorare insieme con serenità.
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Teresa Stolz,
Giuseppe Verdi
e Giuseppina Strepponi,
seconda moglie
del musicista, interprete
della Saffo di Pacini
nel 1842 al Teatro
Carlo Felice.
L’opera era già stata acclamata
da una folla delirante nel corso
della prima rappresentazione assoluta al teatro della Scala il 9
marzo 1842, con Giuseppina
Strepponi prima Abigaille.
Il 13 gennaio 1844, sempre nel
nostro maggior teatro, vennero
rappresentati I Lombardi alla prima crociata. Autore del libretto,
tratto dal romanzo omonimo di
Tommaso Grossi, fu proprio Temistocle Solera. Fu un successo
incessante per 24 sere.
Anche quest’opera era già stata
trionfalmente rappresentata a
Milano; protagonista la famosa
soprano Erminia Frezzolini.
Senza continuare in una disamina delle rappresentazioni delle
singole opere verdiane a Genova, si ritiene pertanto più interessante mettere in rilievo alcuni
fatti che illuminano in qualche
modo i rapporti fra il sommo musicista e la nostra città.
Occorre tener presente che
Verdi passava da Genova per
andare a Roma, Napoli e Parigi
per assistere alla rappresentazione delle sue opere; durante la
sosta genovese prendeva alloggio all’hotel Croce di Malta, nella
zona di Caricamento. Nel 1859,
passeggiando con Giuseppina
Strepponi, si spinse fino al Mandraccio, zona del porto antico,
dove incontrò l’ing. Giuseppe De
Amicis, cugino di Edmondo De
Amicis, il quale stava costruendo
un edificio in muratura per 50
bagni con vasche di acqua dolce
e 50 bagni con vasche di acqua
salata, con salotti e servizi, che
fu inaugurato nel 1860.
Questa nuova amicizia si
rafforzò col tempo. Tra l’altro,
Verdi depositava i suoi guadagni
presso la Cassa di Sconto attraverso l’opera del De Amicis che
era in po’ un suo consigliere in
campo finanziario.
Ma il desiderio del Maestro di
vivere in una villa a Genova fu
esaudito dal grande direttore
d’orchestra ravennate Angelo
Mariani. Infatti, dopo aver abitato a palazzo Scudi, grazie
all’amicizia con la marchesa
Sauli Pallavicini, andò ad abitare nell’ammezzato di Villa Sauli
e fece prendere in affitto il piano nobile dai coniugi Verdi.
L’onere dell’affitto era così diviso: 400 lire per Mariani e 3000
per Verdi.
A Villa Sauli ricevette fra gli altri
Serafino Amedeo De Ferrari,
l’autore dell’opera Pipelè, lo
scultore G. B. Cevasco, il musicista Leonardo Monleone, lo
scrittore Daniele Morchio, nonché Giuseppe Bossola, commerciante di pianoforti e anche direttore d’orchestra al Carlo Felice.
Nella stessa villa andarono a far
le prove i cantanti che interpretarono per la prima volta l’Aida in
Italia, a Milano. Si può ancora ricordare che Bossola nel 1869
apre la Sala Sivori e ne fa un salotto per l’élite genovese; inoltre
fa riparare senza volere compensi due pianoforti di Verdi, di
marca Erard, quello che teneva
a Genova e quello che teneva a
Sant’Agata.
Tra gli amici genovesi di Verdi è
anche da ricordare Carlo Del Signore, che lascia lo scagno di
piazza Banchi dove trattava di noli marittimi per diventare un appassionato dilettante di musica.
Nel 1866 Verdi va ad abitare in
via San Giacomo di Carignano.
In una lettera indirizzata al conte
Opprandino Arrivabene, datata
16 marzo 1867, così scrive: “Ricevo ora la tua lettera e ti ringrazio. Parto per S. Agata, ma ritornerò qui per allestire un appartamento che ho non comprato ma
affittato in Carignano, Palazzo
Sauli Pallavicino. L’appartamento è magnifico e la vista stupenda e conto passarvi una cinquantina d’inverni”.
Il giorno 11 marzo 1867 a Parigi
viene rappresentato il Don Carlos e l’eco del suo successo
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giunge anche a Genova, così
che a Verdi viene conferita la cittadinanza genovese con delibera della giunta comunale in data
24 aprile 1867.
Dall’album della sedicesima
esposizione della Promotrice di
Belle Arti del 1867 risulta che il
Maestro acquistò i seguenti
quattro quadri: Malamocco e
Chioggia di Ercole Calvi da Verona, Motivo di campagna romana e Capraio napoletano di Andrea Maschiò. Sappiamo pure
che in altre occasioni acquistò
altri tre dipinti ad olio. Era solito
frequentare le mostre tenute
nel ridotto del Carlo Felice e
nella sala dell’Accademia delle
Belle Arti, della quale il De Amicis era consigliere. D’altra parte
già nel 1859 si era soffermato a
lungo davanti ai dipinti Consolatrix adflictorum e Colombo a Salamanca di Nicolò Barabino, ed
in tale occasione fu proposto a
Verdi di musicare un’opera su
Colombo ma egli rispose che
non riteneva il soggetto adatto
per un’opera lirica.
Alcune lettere da Genova indirizzate al librettista Antonio Ghislanzoni documentano la viva
preoccupazione di Verdi di rendere sempre più armonico il rapporto fra parole e musica in riferimento all’Aida, che sarà rappresentata in prima assoluta al
Cairo in data 24 dicembre 1871.
In una di esse (datata 31 dicembre 1870) si trova scritto: “Non si
spaventi! Si tratta di cosa dappoco. Ho rifatto sei volte i due versi
nel recitativo nel finale secondo,
quando Aida riconosce il padre”.
Sempre da Genova Verdi scrive
al maestro Bottesini, che stava
dirigendo l’Aida al Cairo, in data
24 dicembre 1871, proprio pochi giorni prima della rappresentazione dell’opera: “Aspetto
sempre risposta all’ultima mia.
Mi interessava e mi interessa
ancora avere notizie esatte,
particolari dell’effetto dell’ultimo
pezzo. Bada bene che io non ti
parlo del valore, ma unicamente
dell’effetto”.
Da una lettera del 26 novembre
1874 diretta al conte Opprandino
Arrivabene si apprende che il
Maestro in tale data aveva già
lasciato l’appartamento in Cari-
gnano: “non so se tu sappia, che
io non sto più in Carignano, ma
nel Palazzo del Principe Doria,
per cui manda in avvenire a questo indirizzo la tue lettere”. In
realtà occupò l’ammezzato in alto, ma nel 1877 i coniugi Verdi
scesero ad occupare il piano no-
Il Teatro Carlo Felice
in una cartolina
di un secolo fa.
Villa Sauli in Carignano,
che fu una delle dimore
di Verdi a Genova.
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Scenografie di Michele
Canzio (1787-1868)
per l'Aida e costumi
di scena di vari autori
per opere verdiane.
bile, con i suoi saloni ed il terrazzo rivolto al piano, lasciato libero
dall’impresario teatrale Chiarella.
Anton Hiulio Barrili, male informato, dettò per la targa marmorea una data errata.
Si può ricordare a questo punto
una lettera del giornalista Giuseppe Perosio del 18 ottobre
1882, nella quale tra l’altro è
scritto: “Se l’Aida piace e riempie
la cassetta, l’Opera è buona e gli
esecutori bravissimi, Verdi vuol
essere ricordato”.
Mentre abita a Palazzo Doria,
Verdi esce di casa ogni giorno
per acquistare cose necessarie
al fabbisogno quotidiano. Non
mancano gli aneddoti in proposito. Un giorno va a comprare dei
pesci in “Chiappa”, il noto mercato del pesce che era situato
nei pressi di piazza Cavour, e si
sente dire dal pescivendolo:
“Maestro, questa sera nell’Aida
farò il comprimario nella parte
del re”. Verdi gli risponde: “Però
guadagna molto di più qui che
sul trono del Carlo Felice”.
Nel 1889 le autorità ed il popolo
di Genova volevano costituire
un comitato per festeggiare il
giubileo artistico di Verdi, dato
che la sua prima opera, l’Oberto
conte di San Bonifacio, come
già ricordato, era stata rappresentata nel 1839. Il maggior animatore della proposta era il già
ricordato Giuseppe Bossola.
Verdi, quando venne a saperlo
bocciò decisamente l’idea e il
De Amicis, che aveva aderito al
progetto, dovette faticare parecchio per convincere le autorità a
rinunciare ad esso.
Il 19 settembre 1889 con delibera comunale fu decretato di far
coniare una medaglia con l’effigie del Maestro; di intitolare
l’istituto civico musicale a Giuseppe Verdi; di organizzare un
grande concerto musicale in
piazza De Ferrari seguito da
una fiaccolata fino a Palazzo
Doria; di presentare a Verdi un
album contenente autografi di
circostanza dei più illustri letterati italiani dell’epoca. Poi tutto
venne annullato e Verdi accettò
la sola medaglia d’oro con la
sua effigie.
Nel Lunario genovese del Signor Regina, stampato dai fratelli Pagano di Genova, nell’elenco dei compositori genovesi,
con residenza in piazza Principe
4, è ricordato il senatore Giuseppe Verdi.
Tra gli amici genovesi di Verdi è
da ricordare anche lo scultore G.
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B. Cevasco, autore tra l’altro del
bassorilievo del monumento a
Colombo in piazza Acquaverde
che rappresenta Colombo dinanzi ai reali di Spagna.
Possiamo ancora ricordare che
Verdi fu invitato alla prima rappresentazione del Falstaff a
Genova, ed egli accettò con lettera del 6 aprile 1893, specificando però che non voleva andare nel “palco reale”, perché
non voleva essere considerato
come ospite d’onore ma come
artista fra gli artisti.
Il grande affetto che unì l’illustre
Maestro alla nostra città traspare
anche nelle sue disposizioni testamentarie. Il testamento olografo, datato 20 maggio 1900
contiene un legato in cui sono
lasciate 50000 lire ad enti genovesi, così suddivisi: 20000 agli
Asili Infantili di Genova; 10000 a
favore dell’Istituto dei ciechi;
10000 a favore dell’Istituto Liberti per rachitici; 10000 a favore
dell’Istituto di via Fassicomo.
Bibliografia essenziale
Celle Mario, Ricordi di Verdi a Genova, in
“Genova” (rivista edita dal Comune di Genova), 1941.
Costantino Teodoro, Sei lettere inedite di
Verdi a Giovanni Bottesini, Trieste, Schmidl, 1908.
De Amicis Giuseppe, Pensando a Verdi.
Note e ricordi personali, Genova, Fratelli
Pagano, 1901.
Monaldi Gino, Verdi nella vita e nell’arte.
Conversazioni verdiane, Milano, Ricordi,
s. a.
Monleone Giovanni, I cent’anni del C. Felice 1828 - 1898, Genova, s. e., 1928.
Monleone Giovanni, Le dimore genovesi
di Giuseppe Verdi e la creazione dell’Aida,
in “Genova” (rivista edita dal Comune di
Genova), 1941.
Perosio Giuseppe, Ricordi verdiani. Giuseppe Verdi nella vita intima, Pinerolo, Casa editrice sociale, 1928.
Perosio Giuseppe, Cenni biografici su G.
Verdi, con analisi dell’Aida e della Messa
da requiem, Milano, Ricordi, s. a. .
Perosio Giuseppe, Verdi a Genova, in
“Genova” (rivista edita dal Comune di Genova), 1941.
Resasco Ferdinando, Giuseppe Verdi cittadino genovese, in “Nuova Antologia”,
1918.
Rinaldi Mario, Verdi critico. I suoi giudizi.
La sua estetica, Roma, Ergo, 1951.
Sartoris Leonello, Verdi a Genova (1841 1901), Genova, Tolozzi, 1983.
Sartoris Leonello, Nuovi inediti verdiani
(1861 - 1901), Genova Lo Sprint, 1991.
Note
Gino Monaldi, Verdi nella vita e nell’arte.
Conversazioni verdiane, Milano, Ricordi,
s. a., pp. 9 - 10
2
Op. cit., pp. 12 - 13.
3
In Leonello Sartoris, Nuovi inediti verdiani
(1861 - 1891), Genova, Lo Sprint, 1991, p.
269.
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Ringrazio l’amico Prof. Luigi Peirone
per i consigli e la preziosa collaborazione.
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