Stereotipi - Università degli Studi di Messina

Emilia Gołębiewska
Stereotipi – un pregiudizio, un’ ignoranza o piuttosto un indispensabile
meccanismo cognitivo?
Durante il progetto Erasmus IP a Messina abbiamo avuto l’opportunita di parlare di
stereotipi nazionali, soprattutto quelli che riguardano i polacchi, i tedeschi e gli italiani.
Abbiamo scambiato informazioni sulle immagini delle nostre nazioni, riferendoci agli
stereotipi che funzionano nei paesi di provenienza. Adesso, dopo lo scambio culturale e con
la coscienza dello stereotipo del polacco in Germania e in Italia, vorrei provare a rispondere
a due domande che mi sembrano particolarmente interessanti: come, dal punto di vista
della psicologia, vengono creati gli stereotipi? Che cosa sono gli stereotipi – un pregiudizio,
una semplice ignoranza o un indispensabile meccanismo cognitivo?
Gli stereotipi sono presenti nella nostra vita quotidiana e fanno parte della nostra
conoscenza del mondo. Le fonti di stereotipi possono essere diverse, ma molti di loro, creati
nel corso della storia, sono fortemente radicati nella coscienza collettiva. Alcuni positivi,
alcuni invece negativi, appaiono in letteratura, film e in tante barzellette, che girano per anni
e divertono diverse generazioni. Oggi il termine dello stereotipo di solito viene collegato con
il termine di pregiudizio, soprattutto nei media. Stereotipi, particolarmente quelli nazionali,
sono presentati come una patologia, un male che dovrebbe essere combattuto. Nella lingua
comune la parola “stereotipo” ha una connotazione negativa. Una persona, che “ha
stereotipi” oppure “pensa in maniera stereotipica” ѐ giudicata male dalla società. Ma è vero,
che lo stereotipo sia un fenomeno interamente negativo?
Nella psicologia sociale lo stereotipo viene definito come “un’insieme di
caratteristiche attribuite a un gruppo sociale”. 1 A questa spiegazione però di solito si
aggiunge una condizione: le caratteristiche devono essere condivise da tutto il gruppo; una
convinzione personale non sarà mai uno stereotipo, ci vuole una collettività. 2 Stereotipi sono
ovviamente una semplificazione e una generalizzazione, ma non devono essere del tutto
1
2
Maison D., Jak powstają stereotypy narodowe, Warszawa 1997, p. 10.
Maison D., Jak powstają stereotypy narodowe, Warszawa 1997, p. 10.
sbagliati. A volte quello che viene chiamato uno stereotipo in realtà ѐ una osservazione che
riflette il nostro sapere sulla cultura di un gruppo sociale o di una nazione. Un buon esempio
può essere l’immagine dell’italiano che ama la pasta, la pizza e il caffè. Tale opinione non
dimostra una profonda conoscenza della cultura italiana, ma ѐ comune a tutta l’Europa
e non possiamo dire, che non sia vera. Naturalmente tante altre convinzioni sono sbagliate,
ma questo è il risultato della mancanza di contatto che può essere facilmente cambiato.
Basterebbe fornire informazioni diverse dallo schema.
Così come uno stereotipo non deve essere sempre sbagliato, non deve anche
riflettere il vero atteggiamento verso un gruppo. Lo stereotipo non è uguale al pregiudizio –
come spiega Dominika Maison3, uno può sapere, che i scozzesi siano avari, ma non deve
crederci. Può anche credere che un’opinione sia vera, ma questo non deve necessariamente
determinare il suo atteggiamento verso il gruppo. Per esempio: secondo i dati statistici i neri
in America sono più poveri dai bianchi. È un fatto con cui possono essere d’accordo tante
persone con atteggiamenti completamente diversi. La domanda che dovrebbe essere fatta
è questa: perché, secondo te, la citata constatazione è vera? In questo caso solo la risposta
rivela, se l’atteggiamento verso i neri è positivo, o negativo. Non si possono paragonare le
persone che credono che i neri siano più poveri perché siano una razza peggiore con le
persone secondo cui i neri sono più poveri perché da secoli la loro situazione sociale è più
difficile dalla situazione sociale dei bianchi. Stereotipi non sono quindi sempre collegati con
l’atteggiamento, che c’è dietro.
Un altro fatto, che viene sottolineato nella psicologia cognitiva, è che stereotipi sono
un risultato del nostro modo di conoscere la realtà. Per il nostro cervello stereotipi non sono
una cosa negativa, ma piuttosto positiva. Lo stereotipo è una semplificazione dell’eccesso di
informazioni che arrivano dal mondo esterno e svolge un ruolo di adattamento. Stereotipi,
come semplici immagini del mondo, ci permettono di decidere in una situazione di eccesso
oppure di insufficienza di informazioni. La base del meccanismo della formazione di
stereotipi è un processo cognitivo chiamato categorizzazione, che ci permette di ragruppare
e selezionare le informazioni che riguardano il mondo in generale, ma anche per esempio
diversi gruppi sociali. Grazie alle categorie create dal cervello l’uomo può facilmente
riconoscere, comprendere e classificare le informazioni. La categorizzazione riguarda diversi
3
Maison D., op. cit., p. 13.
oggetti e fenomeni, ma si attiva anche nel processo di riconoscere altre persone. Quando
incontriamo una nuova persona, non ci concentriamo sulle sue caratteristiche individuali, ma
la guardiamo come un rappresentante di una categoria (i rappresentanti della quale hanno
alcune caratterristiche comuni). 4 La categorizzazione però ha un grande svantaggio – spesso
un gruppo viene percepito in modo sbagliato. Sopravvalutiamo soprattutto la somiglianza tra
i membri del gruppo e non vediamo le differenze tra loro. La percezione tramite stereotipi
(categorie) avviene più velocemente, ѐ più facile e permette di completare i dati che
mancano con le informazioni incluse nella rappresentazione del gruppo. Allo stesso tempo
però ci impedisce di guardare una persona attraverso le sue caratteristiche individuali,
dunque non siamo in grado di giudicarla bene.
Siccome la percezione attraverso le
caratteristiche individuali richiede uno sforzo, quando manca la motivazione, propendono gli
stereotipi, gli schemi cognitivi. 5
Come funzionano gli schemi cognitivi, a cui appartengono gli stereotipi? Il momento
più importante è la prima impressione. Essa dipende dalle caratteristiche esterne di una
persona, riconoscibili a prima vista, come il sesso o l’età, ma anche dalle “etichette orali”,
che indicano l’appartenenza a un gruppo, per esempio a un mestiere o a una nazionalità.
Dopo la prima impressione mettiamo la persona in una categoria (quindi avviene la
categorizzazione), dopo di che il cervello comincia a elaborare le informazioni, influenzate
dallo schema, cioè dallo stereotipo. Uno stereotipo può anche determinare l’interazione tra
due persone.6 Una persona che ha già stereotipi o convinzioni riguardanti un gruppo può
interagire in modo da confermare queste convinzioni. Dominika Maison7 illustra questa tesi
con l’esempio degli svedesi. Qualcuno che pensa che gli svedesi siano molto riservati,
quando incontrerà uno svedese con molta probabilità si comporterà in modo riservato e
cercherà di mantenere la distanza. Lo svedese, in risposta al comportamento del suo
interlocutore, si comporterà nello stesso modo e così lo stereotipo verrà confermato.
Un altro fenomeno collegato con la categorizzazione ѐ la divisione di persone in due
gruppi chiamati “Noi” e “Loro”. Una serie di esperimenti psicologici ha provato che non ci
vuole molto perché l’uomo divida gli altri in gruppo stesso (ingroup), che viene favorito,
4
Cfr. : Maison D., op. cit., pp. 16-19.
Ibidem, p. 77.
6
Ibidem, p. 21.
7
Ibidem.
5
e gruppo esterno (outgroup) – discriminato.
8
Nel 1971 un famoso psicologo sociale Henry
Tajfel elaborò un’esperimento in cui voleva cercare di scoprire come funzionano i processi
del giudizio di un individuo. I ricercatori hanno mostrato ai partecipanti dell’esperimento
diversi quadri. L’autore di una metà dei quadri era Kandinski, l’altra invece erano i dipinti di
Klee. Il compito dei partecipanti era di scegliere i quadri che gli piacevano di più, anche se
non sapevano i nomi degli autori. Dopo, i partecipanti furono divisi in due gruppi – in teoria
a base delle loro preferenze, in realtà in maniera casuale. I partecipanti però non lo
sapevano e in questo modo i ricercatori raggiunsero il loro scopo – i ragazzi cominciarono
a fare la divisione tra “Noi” e “Loro”. Nella seconda parte dell’esperimento, il compito di ogni
persona era di assegnare punti a due altri partecipanti: uno del proprio gruppo e uno
dell’altro. Anche se la divisione dei partecipanti era provvisoria, creata dai ricercatori per
elaborare l’esperimento, ѐ risultato che i ragazzi tendevano ad assegnare più punti al proprio
gruppo che al gruppo opposto. I partecipanti crearono la loro identità sociale a base della
divisione fatta nella prima fase dell’esperimento. 9
Secondo molti psicologi il meccanismo di creare il gruppo di “Noi” ed il gruppo di
“Loro” (come la categorizzazione) ѐ una delle caratteristiche del sistema cognitivo
dell’uomo. Il fenomeno però può provocare negativi comportamenti sociali e rafforzare
pregiudizi. In psicologia si parla dei cosiddetti “errori di attribuzione”. Un esempio
ѐ “l’errore fondamentale di attribuzione”, quando sconfitte o negativi comportamenti di un
gruppo vengono spiegati con le negative caratteristiche dei membri del gruppo. I successi
invece sono considerati il risultato della fortuna o di una coincidenza.10 Inoltre vale la pena
accennare che il proprio gruppo viene trattato in maniera completamente opposta.
I successi sono considerati il risultato delle caratteristiche positive, le sconfitte invece sono
spiegate con malaventure. 11
Riassumendo tutte le caratterstiche del sistema cognitivo umano descritte sopra,
possiamo dire che la maniera in cui il nostro cervello riceve ed elabora le informazioni a volte
favorisce la formazione di stereotipi. Ma lo stereotipo non ѐ uguale al processo cognitivo. La
principale differenza ѐ la complicata struttura dello stereotipo. Alla base c’ѐ un affetto, ma
8
Cfr. : Maison D., op. cit., p. 23.
www.betraining.it, 28.09.2013.
10
Cfr.: Maison D., op.cit., p. 24.
11
Ibidem.
9
circondato dal sapere (che non deve essere giusto). La definizione dello stereotipo (secondo
Dominika Maison12) dovrebbe quindi essere completata: ѐ “un’insieme di caratteristiche
attribuite a un gruppo sociale”, ma un’insieme saturo di un sentimento.
La maggior parte di stereotipi riflette i veri rapporti tra diversi gruppi. In generale
stereotipi creati nella società riguardano soprattutto i gruppi che sono particolarmente
caratteristici o importanti. Molti stereotipi si formano in luoghi in cui due (o più) gruppi
vivono nello stesso territorio, come la Canada o gli Stati Uniti. Il contenuto di alcuni
stereotipi corrisponde alla realtà: riflette il carattere del contatto tra i gruppi, riflette le
caratterestiche del gruppo e la sua diversità. In altri casi però stereotipi sono solo una
categoria vuota, senza nessun significato e valore.
Il risultato del contatto tra gruppi non ѐ solo il contenuto di stereotipi, ma anche
i sentimenti che ci sono dietro. Un fatto interessante ѐ che per far nascere le emozioni non ci
vuole necessariamente un contatto diretto tra due gruppi o tra i suoi rappresentanti. In un
certo senso stereotipi sono una parte dell’eredità culturale – a volte vengono imparati,
“assorbiti” dall’ambiente. Succede così quando l’unico elemento di uno stereotipo che viene
trasmesso (anche tra generezioni) sono le emozioni, l’affetto. Di solito tali emozioni sono
risultato di un vecchio conflitto, ma sono così forti che influenzano anche persone delle
generazioni successive (anche se le loro esperienze personali sono già diverse). In molti libri
che trattano di stereotipi viene sottolineato il fatto che forti emozioni in contatti tra gruppi
nascono soprattutto quando ci sono grandi differenze culturali, religiose e linguistiche,
perché tale situazione rafforza l’insicurezza ed il senso di incertezza.13
Oggi la maggior parte di ricercatori cerca di spiegare il fenomeno di stereotipi non
solo con le particoloarità del sistema cognitivo, ma anche con le emozioni che fanno parte di
tutti gli stereotipi. Le fonti dell’affetto di solito rimangono inconscie, ma é appunto l’affetto
che costituisce il fulcro dello stereotipo e determina il suo contenuto. Gli stereotipi sono così
rigidi e difficili da cambiare perché sono fondati su emozioni.14
12
13
14
Maison D., op.cit., p. 28.
Maison D., op.cit., p. 36.
Cfr. : Maison D., op. cit., p. 42.
Le emozioni senza dubbio hanno un grande influsso sul modo in cui elaboriamo le
informazioni dal mondo esterno. Probabilmente ognuno potrebbe facilmente ricordarsi una
situazione dalla vita quotidiana in cui qualcosa non gli piaceva solo per causa di cattivo
umore. A volte, quando per esempio abbiamo fame, neanche il film più interessante del
mondo non ci sembrerà abbastanza buono: sarà noioso e troppo lungo. Il fenomeno del
cambiamento del nostro approccio al mondo sotto l’influsso di emozioni si riflette anche
nella lingua comune. Si dice “vedere la vita in rosa” (quando qualcuno è influenzato da
emozioni positive e vede il mondo in maniera ottimistica) o “vedere tutto nero” (quando
qualcuno è pessimista a causa di emozioni negative).15 In questo caso osservazioni ed
esperimenti psicologici confermano il sapere comune. L’uomo, quando sente emozioni (sia
quelle positive, sia negative), è disposto a usare tante euristiche, cioè scorciatoie cognitive.
Lo stesso riguarda gli stereotipi, che sono una sorte di schema, di semplificazione.
Informazioni vengono elaborate in maniera automatica, quindi inconscia, anche in altre
situazioni, non solo quelle emozionali: di mancanza di informazioni (si usano gli schemi creati
e codificati prima), di pressione del tempo oppure di sovraccarico cognitivo. 16 La
conseguenza dell’elaborazione più veloce e dell’usata euristica sono possibili sbagli in una
decisione o un giudizio.
Se stereotipi sono sempre collegati con un’emozione, sono anche ( o almeno possono
essere) avviati in maniera automatica, prima di processi consci e controllati. Siccome il
sistema cognitivo dell’uomo non è in grado di controllare l’affetto, stereotipi funzionano
sempre secondo lo stesso schema e per questo diventano rigidi, difficili da cambiare. Questo
provoca problemi anche per il soggetto stesso. Oggi, grazie alle idee democratiche, molto
spesso si osserva la tendenza di combattere gli stereotipi nazionali, che può creare una certa
ambivalenza. Per esempio quando una persona che ha un approccio negativo a una razza
o una nazionalità allo stesso è tempo convinta dell’ugualianza della gente, le sue emozioni
verso l’oggetto dello stereotipo possono essere contradittorie.
Concludendo possiamo dire, che stereotipi sono un fenomeno molto complicato ed
è difficile rispondere alla domanda fatta nel titolo dell’articolo. Lo stereotipo sicuramente
non è solo una semplice ignoranza della gente che non ha mai viaggiato oppure non ha letto
15
16
Maison D., op. cit., p. 38.
Maison D., op. cit., p. 42.
abbastanza libri, come a volte suggeriscono i media. La loro base è l’affetto e per questo
a volte vengono usati automaticamente, senza l’intervento consapevole della persona. Lo
stereotipo non è anche uguale al pregiudizio, perché il nostro atteggiamento a un gruppo
sociale può essere positivo, anche se uno stereotipo che consideriamo vero è negativo. Alla
fine, lo stereotipo è una specie di meccanismo cognitivo. Per questo a volte ci aiuta
a elaborare le informazioni dal mondo esterno, a volte invece è la causa di sbagli di giudizio
e di sbagli in decisioni che prendiamo troppo velocemente.
Bibliografia:
Dominika Maison, Jak powstają stereotypy narodowe, Warszawa 1977.
www.betraining.it