novembre 2011 - Nuova Informazione Cardiologica

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La Nuova Informazione
Cardiologica
Anno 31° - Novembre 2011
Foglio elettronico 3 a generazione - n°43
Indice dei contenuti:
Imaging in cardiologia – prof. Paolo Rossi …………………………………………………....pag. 1
Editoriale: l’ambulatorio cardiologico per la gestione dell’insufficienza cardiaca
cronica – dott. Eraldo Occhetta ……………………………………………………………………….pag. 3
Leading article: riduzione della frequenza cardiaca e livello di qualità di vita in
pazienti affetti da scompenso cardiaco: risultati dello studio SHIFT – dott. Stefano
Maffè …………………………………………………………………………………………………………………pag. 6
Focus on… scompenso cardiaco …………………………………………………………………….pag. 11
Medicina e morale: Dal Logos all’Agape Nascita della Istituzione Ospedaliera, terza
parte – prof. Paolo Rossi ……………………………………………………………………………….pag. 14
Periodico di informazione cardiologica: Editor Prof. Paolo Rossi
Direttore Responsabile
Dott. Eraldo Occhetta
[email protected]
Direttore Scientifico
Dott. Gabriele Dell’Era
[email protected]
Comitato di redazione
Dott.sa Lucia Barbieri
Dott.sa Anna Degiovanni
Dott.sa Virginia Di Ruocco
Dott.sa Emanuela Facchini
Redazione
[email protected]
Archivio
www.foliacardiologica.it
1
Ai Nostri Cari Lettori,
sono molto felice di comunicarvi che con il n. 43 è nata la “terza generazione” della NUOVA
INFORMAZIONE CARDIOLOGICA che perciò vedete nella sua originale veste tipografica.
La prima generazione nacque nel dicembre del 1979 come periodico mensile a stampa
d’informazione cardiologica regolarmente autorizzato (allora non esisteva web su internet),
proprietaria la APC “ASSOCIAZIONE PREVENZIONE CARDIOPATIE”, che svolse per alcuni anni, anche
un buon lavoro di screening negli alunni delle scuole medie di Novara. L’Associazione si sciolse e il
periodico cessò la pubblicazione a stampa per difficoltà economiche.
Da ciò ebbe origine (2007), la pubblicazione della seconda generazione che divenne LA NUOVA
INFORMAZIONE CARDIOLOGICA, come foglio elettronico domiciliare inviato direttamente a 5600
medici via web. Il periodico non ha mai ospitato pubblicità commerciale ed è stato sempre inviato in
forma gratuita.
Dopo tanti anni, ad essere precisi dopo 31 anni, sono lieto di poter trasferire tutto il lavoro
redazionale ai miei carissimi collaboratori il Dr Eraldo Occhetta e il Dr. Gabriele Dell’Era, affiancati da
un attivo comitato di redazione.
Per me riservo il privilegio come “Editor” di sponsorizzare il giornale sostenendolo con le mie
competenze tecniche finché ne sarò capace.
Prof. Paolo Rossi
2
Imaging in cardiologia
DIAGNOSI DIFFERENZIALI TRIDIMENSIONALI DI PROLASSO
MITRALICO
Prof. Paolo Rossi – Primario Cardiologo
I nuovi trasduttori trans-toracici e trans-esofagei di ecocardiografia tridimensionale (3DE) con una
bella risoluzione spaziale dell’immagine in tempo reale costituiscono l’unico mezzo diagnostico che
rende possibile la visualizzazione, con una singola acquisizione volumetrica in tempo reale, delle
caratteristiche anatomiche delle valvole cardiache e dell’apparato sottovalvolare, senza dover
ricorrere a posteriori ricostruzioni offline (1). Le proiezioni di facciata della valvola mitralica (fig. 1)
permettono la visualizzazione del prolasso della cuspide e dei segmenti fluttuanti senza artefatti
rotazionali
Diagnosi differenziale del prolasso mitralico
A, in alto: Proiezione nell’asse lungo di eco trans-esofageo 2D che dimostra prolasso di lembo
anteriore. A, in basso: Un esempio con eco transesofageo a 3D come è visto dall’atrio sinistro. Il
prolasso dovrebbe essere diagnosticato quando il margine libero della cuspide sopravanza il piano
dell’anello mitralico durante la sistole.
B, in alto: Proiezione nell’asse lungo di eco trans-esofageo 2D che dimostra rigonfiamento di due
cuspidi mitraliche con prolasso dovuto ad allungamento delle corde tendinee. B, in basso: Un
esempio con eco transesofageo a 3D come è visto dall’atrio sinistro. Il rigonfiamento della cuspide è
diagnosticato quando si verifica escursione sistolica del corpo del lembo valvolare dentro l’atrio
sinistro dovuto a eccesso di tessuto valvolare, con il margine libero della cuspide che rimane sotto il
piano dell’anello mitralico
C, in alto: Proiezione nell’asse lungo di eco trans-esofageo 2D che dimostra valvola fluttuante
dovuta a rottura di corde. C, in basso: Un esempio con eco transesofageo a 3D come è visto
dall’atrio sinistro di P2 fluttuante.
1
La diagnosi di prolasso mitralico con l’eco convenzionale 2DE è meno accurata a causa della
discrepanza tra la relazione non planare anello-cuspide e le proiezioni 2D che intersecano. Nella
immagini di volume tridimensionali un segmento o una festonatura prolassante è identificata come
una sporgenza nell’atrio sinistro che può essere codificata con una scala di colore per differenziarla
dai segmenti o festonature adiacenti normali. Quando è confrontato con il gold standard
dell’ispezione chirurgica, 3DE risulta essere assai preciso e riproducibile nella localizzazione di
segmenti prolassanti, specialmente coinvolgenti commissure o A1. (2) La diagnosi precisa di questi
segmenti prolassanti e la loro specifica localizzazione e complessità è importante poiché essi
richiedono un accurato confronto della riparabilità della complessità con la capacità del chirurgo. Con
la 3D TTE è possibile distinguere con precisione le lesioni mitraliche semplici dalle complesse ed
eseguire la valutazione morfologica della valvola mitralica riparata dopo l’intervento chirurgico. (3)
L’impiego concomitante di analisi con 3D color Doppler del jet di rigurgito migliora ulteriormente
l’accuratezza dei metodi tridimensionali.
Bibliografia
1. Lang R M, Tsang W, Weinert L, et al. Valvular Heart Disease The Value of 3-Dimensional
Echocardiography J Am Coll Cardiol, 2011; 58:1933-1944.
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objective insight into complexity and planning of mitral valve repair. Circ Cardiovasc Imaging
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3. Tamborini G, Muratori M, Maltagliati A, et al. Pre-operative transthoracic real-time threedimensional echocardiography in patients undergoing mitral valve repair: accuracy in cases
with simple vs. complex prolapse lesions. Eur J Echocardiogr 2010;11:778-785.
2
Editoriale
L’AMBULATORIO CARDIOLOGICO PER LA GESTIONE
DELL’INSUFFICIENZA CARDIACA CRONICA
Dott. Eraldo Occhetta
Struttura Semplice Dipartimentale Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, Dipartimento Cardiologico
Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara
L’insufficienza cardiaca è una sindrome clinica complessa secondaria ad un disordine strutturale o
funzionale cardiaco che danneggia la capacità di pompa del cuore.
Le manifestazioni cliniche principali dell’insufficienza cardiaca sono la dispnea e l’astenia che possono
limitare la tolleranza all’esercizio e portare ad una ritenzione di liquidi, con congestione polmonare
ed edemi periferici.
Questa sindrome è un serio problema di salute con alta prevalenza in Europa e negli Stati Uniti
d’America1.
Nonostante i progressi nel trattamento dell’insufficienza cardiaca (farmacologici e non farmacologici,
come la terapia di resincronizzazione cardiaca: CRT) vi è un sempre maggior aumento della quantità
di ricoveri per scompenso e delle morti per insufficienza cardiaca terminale.
Per questi motivi, negli ultimi anni, è aumentato l’interesse nell’identificazione dei metodi di gestione
dei pazienti con insufficienza cardiaca cronica, così da migliorare la qualità di vita, ridurre il tasso di
re-ospedalizzazione ed i conseguenti costi sanitari.
In particolar modo, è stato dimostrato che uno stretto follow up dei pazienti eseguito da un team
multidisciplinare (cardiologo clinico, elettrofisiologo, infermieri e medico di famiglia) può ridurre le
ospedalizzazioni e la mortalità dei pazienti con scompenso cardiaco. Questo può inoltre essere
possibile implementando gli interventi post dimissione, educando il paziente alla consapevolezza e
alla gestione dei suoi sintomi ed integrando una stretta collaborazione con il medico di famiglia a
visite e telefonate al paziente stesso. Le visite domiciliari e l’educazione del paziente devono essere
ovviamente personalizzate in base alle condizioni sociali dello stesso2.
La cardiologia ambulatoriale, in un contesto multidisciplinare è di grande utilità per lo stretto
monitoraggio dei pazienti con insufficienza cardiaca. Le varie professionalità (cardiologo clinico,
ecocardiografista, aritmologo) hanno oggi a disposizione nuovi metodi di monitoraggio
dell’insufficienza cardiaca cronica.
Fino a pochi anni fa gli unici strumenti di stratificazione a disposizione dell’equipe cardiologica erano:
la classe funzionale NYHA (I-IV); i test di tolleranza all’esercizio (per esempio il test dei 6 minuti di
cammino o il test cardiopolmonare); gli esami ematochimici di funzionalità epato-renale, di crasi
ematica e degli elettroliti sierici. Queste valutazioni sono ancora alla base dei test routinari che il
cardiologo ambulatoriale deve eseguire per un corretto monitoraggio clinico del paziente con
scompenso cardiaco. Negli ultimi anni però sono stati identificati due biomarkers utilizzabili nello
scompenso cardiaco cronico: il Brain Natriuretic Peptide (BNP) ed il suo precursore (pro-BNP).
(entrambi specifici per la disfunzione diastolica e l’insufficienza ventricolare sx). Il BNP è un neuroormone cardiaco secreto dal ventricolo in risposta all’aumento di volume ed all’incremento della
tensione di parete. I livelli di BNP e pro-BNP sono specifici per la disfunzione diastolica e
l’insufficienza ventricolare sinistra: sono elevati nei pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco e
tendono a ridursi con l’avvio di un’adeguata terapia.
L’ecocardiografia è poi fondamentale per la diagnosi dell’insufficienza cardiaca, permettendo la
misurazione dei volumi del ventricolo sinistro (con la valutazione della fuzione sisto-diastolica), delle
dimensioni dell’atrio sinistro e dei valori di pressione polmonare.
L’aritmologo può monitorare l’attività elettrica del paziente attraverso eventuali dispositivi impiantati
(pacemaker, defibrillatori, resincronizzatori)3. Infatti in questi ultimi anni, la terapia di
resincronizzazione cardiaca (CRT), in aggiunta alla sua funzione terapeutica primaria, ci permette di
raccogliere informazioni diagnostiche e di monitorare nel tempo alcune variabili fisiologiche del
paziente. Il risultato della monitorizzazione ci può dare informazioni sull’efficacia del trattamento in
corso e dello stato di scompenso, migliorandone in questo modo la gestione.
3
L’Heart Rate Variability (HRV) è uno strumento indiretto per stimare l’attività del sistema nervoso
autonomo, che è correlato alla progressione dello scompenso cardiaco. Un indice di attività fisica
media giornaliero può riflettere la tolleranza del paziente all’esercizio. Questi due parametri possono
essere misurati da un sensore incorporato all’interno dei device per la CRT. Recentemente è stato
inoltre incorporato nel device per CRT un sistema di sensore per la ventilazione polmonare che
riesce a monitorare la frequenza e l’ampiezza degli atti respiratori. I dati acquisiti da questo sensore
all’interno delle attività quotidiane, provvedono ad un adeguamento della frequenza cardiaca alle
richieste metaboliche dell’organismo molto simili alla fisiologica risposta che si otterrebbe nei
soggetti normali. Analizzando la memoria dei dati è possibile anche analizzare le modificazioni di
questi parametri sia a riposo che durante esercizio.
La stabilità dei parametri nel tempo, si correla con la stabilità dello stato clinico del paziente, mentre
un aumento dell’attività respiratoria a riposo ed una riduzione dell’indice di attività fisica sono
associati con un peggioramento dello stato clinico. Questo dimostra che il monitoraggio
ambulatoriale specialistico continuo dello stato fisiologico attraverso questo sensore può prevenire la
percentuale di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, anticipando la necessità dell’intervento
terapeutico.
Un’altra possibilità di monitoraggio clinico del paziente con insufficienza cardiaca è rappresentata dal
riscontro di congestione polmonare rilevabile attraverso i cambiamenti dell’impedenza toracica4.
Infatti la corrente elettrica attraversa più facilmente l’acqua rispetto all’aria: quando una corrente
elettrica passa attraverso polmoni congesti per un accumulo di liquidi, vi sarà una miglior
conduttanza e quindi una riduzione dell’impedenza toracica. La caduta dell’impedenza toracica può
essere misurata e paragonata con i valori basali del paziente ed utilizzata quindi come misura della
congestione polmonare risultante dall’eventuale peggioramento clinico del paziente: l’impedenza
toracica è infatti inversamente correlata con la pressione capillare polmonare e con la pressione di
riempimento ventricolare.
L’uso dell’impedenza intratoracica per monitorizzare la congestione polmonare ha una lunga storia
che ha avuto inizio da uno studio promosso dalla NASA all’Università del Minnesota negli anni ’60;
recentemente il parametro è stato inserito nei device CRT come algoritmo di monitoraggio che può
dare un’allarme precoce sullo sviluppo dello scompenso cardiaco (OptiVol fluid index®, Medtronic,
Inc.). Nel monitoraggio OptiVol® l’impedenza toracica raggiunge un livello di riferimento dopo 34
giorni dall’impianto, così da avere la stabilizzazione del sistema di monitoraggio dalla media dei
valori degli ultimi 4 giorni. L’indice consiste in due componenti: l’ampiezza della riduzione
dell’impedenza (misurata in Ω) e la persistenza della riduzione nel tempo. Quando l’impedenza
toracica è ridotta e rimane al di sotto del valore di riferimento per alcuni giorni vediamo un aumento
nell’indice di fluido OptiVol. Nel caso in cui l’impedenza di stimolazione sia stabilmente al di sotto del
valore soglia il device attiva l’allarme sottoforma di un suono che informa il paziente sul
peggioramento delle sue condizioni cliniche.
In uno studio di valutazione clinica (FAST)5 la riduzione dell’impedenza intratoracica era rilevabile di
solito 15 giorni prima dell’ospedalizzazione (mentre segni e sintomi erano evidenziabili solo 2 o 3
giorni prima dell’evento acuto). Vi era poi una buona correlazione tra i valori di impedenza toracica e
la perdita di liquidi con terapia diuretica che è stata inoltre confermata da una riduzione della
pressione capillare polmonare.
Numerosi altri sensori di tipo emodinamico sono attualmente in corso di valutazione clinica (sensori
di contrattilità e di pressione atriale sinistra) e potranno ulteriormente affinare il monitoraggio
attraverso i device del paziente con scompenso cardiaco.
In conclusione la cardiologia ambulatoriale è di estrema utilità in una patologia così frequente come
l’insufficienza cardiaca. Il medico di famiglia riveste senza dubbio un ruolo centrale nella gestione del
paziente ed è chiamato ad identificare gli individui a rischio e di indirizzarli verso l’ambulatorio
specialistico. A livello ospedaliero è necessaria un’importante integrazione tra i vari specialisti
coinvolti. La gestione a lungo termine dei pazienti con insufficienza cardiaca cronica guidata da un
ambulatorio che gestisca i parametri emodinamici potrebbe avere un impatto effettivo sulla severità
della morbidità associata a questa sindrome.
Bibliografia
1. Jessup M, Brozena S: Heart failure. N Engl J Med 2003; 348:2007–2018.
2. Holland R, Battersby J, Harvey I, et al. Systematic review of multidisciplinary interventions in
heart failure. Heart 2005; 91:899–906.
4
3. Horowitz JD. Home-based intervention: the next step in treatment of chronic heart failure?
Eur Heart J 2000; 21:1807–1809.
4. Yu CM, Wang L, Chau E, et al. Intrathoracic impedance monitoring in patients with heart
failure: correlation with fluid status and feasibility of early warning preceding hospitalization.
Circulation 2005; 112:841-848.
5. Abraham WT, Compton S, Haas G, et al. Intrathoracic impedance vs daily weight monitoring
for predicting worsening heart failure events: results of the Fluid Accumulation Status Trial
(FAST). Congest Heart Fail 2011; 17:51-55.
5
Leading article
RIDUZIONE DELLA FREQUENZA CARDIACA E LIVELLO DI
QUALITÀ DI VITA IN PAZIENTI AFFETTI DA SCOMPENSO
CARDIACO: RISULTATI DELLO STUDIO SHIFT
Dott. Stefano Maffè
Cardiologia e Terapia intensiva coronarica
Ospedale Ss. Trinità – Borgomanero
Dall’articolo originale:
Ekman I, Chassany O, Komajda M, Böhm M, Borer JS, Ford I, Tavazzi L, Swedberg K. Heart rate
reduction with ivabradine and health related quality of life in patients with chronic heart failure:
results from the SHIFT study. Eur Heart J 2011;32:2395-2404
Introduzione
Lo scompenso cardiaco è una delle patologie con maggior impatto sulla qualità della vita dei
pazienti, e quanto più condiziona la qualità della vita, tanto più si associa ad un aumento di
morbidità e mortalità dei pazienti. Per qualità della vita si intende la percezione soggettiva dello
stato di salute delle persone, in termini di sintomi, benessere soggettivo e capacità nello svolgere le
attività quotidiane.
In letteratura scarse sono le evidenze di un’associazione tra benessere soggettivo e parametri clinici
come ad esempio la frequenza cardiaca. Lo studio SHIFT ha dimostrato che l’inibizione dei canali If
mediante ivabradina e la conseguente riduzione della frequenza cardiaca è significativamente
associata a una riduzione della mortalità e della ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Se le
valutazioni cliniche oggettive servono a definire il grado di una malattia, le valutazioni soggettive
servono a definire la percezione del singolo paziente della malattia stessa e l’impatto che essa ha
sulla qualità di vita; pertanto a parità di livello di malattia può essere diversa la qualità di vita
percepita da due pazienti distinti.
Questo sottostudio dello SHIFT è finalizzato a valutare l’impatto dell’ivabradina sulla qualità di vita
dei pazienti affetti da scompenso cardiaco ed a stabilire se la qualità di vita può impattare sul rischio
di eventi nel follow up.
Metodi
Lo studio SHIFT è uno studio multicentrico, doppio-cieco, randomizzato, con gruppo di controllo, in
parallelo, che ha arruolato 6505 pazienti con scompenso cardiaco cronico sintomatico, FE ≤ 35%, in
ritmo sinusale con FC ≥ 70 bpm, ricoverati negli ultimi 12 mesi prima della randomizzazione per
scompenso cardiaco. I pazienti sono stati randomizzati a trattamento con ivabradina (2,5, 5 o 7,5mg
due volte al dì, a seconda della FC a riposo ed del grado di tollerabilità) o con placebo, on top
rispetto ad un trattamento medico ottimale.
Il livello di qualità di vita è stato misurato con un test specifico, il Kansas City Cardiomyopathy
Questionnaire (KCCQ), eseguito all’arruolamento, a 4,12, 24 mesi dopo la randomizzazione, ed alla
fine dello studio. Si tratta di un test specifico per la valutazione della qualità di vita del paziente
affetto da scompenso cardiaco, per il quale sono stati considerati due specifici “scores”: l’overall
summary score (OSS), cioè la media di una valutazione delle limitazioni fisiche, dei sintomi, della
qualità della vita in termini sociali e di relazione; e il clinical summary score (CSS), che misura
esclusivamente i sintomi del paziente e la sua condizione clinica.
E’ stata analizzata la relazione tra qualità di vita e eventi clinici, dividendo la popolazione in tre
gruppi, secondo i punteggi OSS e CSS basali (basso<50; medio 50-75; alto >75)
6
Figura 1. Profilo dello studio
Risultati
In questo sottostudio sono stati valutati 1944 pazienti (968 assegnati a ivabradina, 976 a placebo)
con un follow up mediano di 24,5 mesi. Il disegno dello studio è illustrato nella figura 1. Il 58% dei
pazienti era in classe NYHA II; il 42% in classe III/IV. L’82% dei pazienti assumeva ACE inibitori e il
90% assumeva beta-bloccanti. La frazione d’eiezione media era 28,3 ± 5,4%. I punteggi medi degli
scores OSS e CSS erano rispettivamente 64,8 (DS 19,9) e 68,4 (DS 20,3). Dopo 12 mesi, l’incidenza
di eventi clinici (morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco) è risultata
inversamente correlata ai punteggi del KCCQ; i pazienti con punteggio OSS e CSS maggiore, e
quindi con una migliore qualità di vita, hanno presentato una minore durata dello scompenso
cardiaco ed una più bassa classe funzionale NYHA (p<0,0001) (figura 2). L’ivabradina riduce la
frequenza cardiaca di 10,1 bpm (p<0,001) e migliora i punteggi KCCQ di 1,8 per CSS e di 2,4 per
OSS (p=0,02 e p<0,01, rispettivamente). L’aspetto importante è che i miglioramenti dei punteggi è
strettamente correlato alla riduzione della frequenza cardiaca, in modo altamente significativo
(p<0,001 per CSS e OSS). Il parametro CSS è risultato più predittivo rispetto all’OSS.
La qualità della vita durante il follow up è meglio preservata nel gruppo trattato con ivabradina
rispetto al gruppo placebo, evidenziando una pessima prognosi nel gruppo placebo con punteggi
KCCQ inferiori a 50
Conclusioni
Gli autori concludono sottolineando che un basso livello di qualità di vita è correlato ad un maggior
numero di eventi come la morte cardiovascolare o le re-ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, ed
evidenziano come la riduzione della frequenza cardiaca ottenuta con l’assunzione di ivabradina sia
associata ad un miglioramento della qualità di vita, miglioramento proporzionale alla entità della
riduzione cronotropa ottenuta.
7
Figura 2. Curve cumulative Kaplan-Meier nel gruppo placebo riguardanti le classi KCCQ CSS e OSS:
valutazione dell’end-point composito (morte cardiovascolare + ospedalizzazione per scompenso
cardiaco) (A e B) e valutazione dell’end-point “ospedalizzazione per scompenso cardiaco” (C e D)
Commento
Nonostante i notevoli progressi nel trattamento medico dello scompenso cardiaco, questa
patologia rimane oggi gravata da una elevata incidenza di eventi nel follow up; l’incidenza
di morte e ospedalizzazione per scompenso cardiaco a 2 anni è del 40% e del 60% a 4
anni1, valori assolutamente troppo elevati.
Uno dei target terapeutici su cui ultimamente si cerca di intervenire con maggiore
aggressività è la frequenza cardiaca elevata, elemento spesso presente nei pazienti con
scompenso cardiaco. Un trend di FC tachicardico è effettivamente legato ad un maggior
numero di eventi cardiovascolari, come evidenziato dallo studio Beautiful in pazienti con
disfunzione ventricolare sinistra postinfartuale2. Il razionale dell’utilizzo dei beta bloccanti
nello scompenso cardiaco è in parte riconducibile proprio alla possibilità di ridurre la FC3,4.
Tuttavia nel mondo reale i dati forniti da diversi registri mostrano che più della metà dei
pazienti con scompenso cardiaco presentano una FC basale > 70 bpm, con un 20-30% con
addirittura una FC > 80 bpm (5). L’ivabradina si è dimostrata un farmaco molto valido
nell’andare a colmare questa lacuna terapeutica, sfruttando delle caratteristiche peculiari
della molecola, che agisce esclusivamente sul nodo del seno, interferendo con i canali If,
senza influire sulla conduzione atrio-ventricolare e senza effetti inotropi6.
Questo è il primo studio che dimostra non solo che la frequenza cardiaca basale è
inversamente proporzionale alla qualità di vita percepita dai pazienti, ma che la riduzione
della FC è associata ad un miglioramento della qualità di vita che si mantiene nel tempo.
8
I risultati presentati dimostrano globalmente che il trattamento con ivabradina riduce la
severità dei sintomi da scompenso cardiaco, riduce le re-ospedalizzazioni e,
conseguentemente, migliora la qualità di vita percepita dai pazienti. I beta bloccanti, che
pure determinano altrettanto una riduzione della FC, non hanno dimostrato di migliorare la
qualità della vita7. Questo lo si deve forse alle differenze tra le molecole, in quanto come
detto l’ivabradina agisce esclusivamente sul nodo del seno, non ha effetti inotropi negativi,
e non è gravata dalla pletora di effetti collaterali che i beta bloccanti hanno, soprattutto
sull’apparato respiratorio.
Lo studio ha dimostrato che anche la mortalità può essere influenzata dalla qualità di vita
dei pazienti; tuttavia come commentano gli stessi autori nella discussione del lavoro, il
grado di mortalità non è un parametro ottimale per riflettere come vivono la malattia i
pazienti scompensati. La qualità della vita per i pazienti affetti da scompenso cardiaco può
essere altrettanto importante rispetto alla lunghezza della vita ed alla semplice
sopravvivenza8.
Un limite dello studio è intrinsecamente legato all’obiettivo che si pone; infatti valutare la
qualità della vita è pur sempre un parametro soggettivo, legato alle esperienze dei singoli
pazienti. Se consideriamo che i due terzi dei pazienti dello studio SHIFT sono stati arruolati
nell’Europa Orientale, in nazioni (come Russia e Romania) con profili di ospedalizzazione
differenti da quelli di Paesi del Nord America o dell’Europa Occidentale, ecco che qualche
perplessità può nascere, anche se il KCCQ è un test ampiamente validato nello scompenso
cardiaco, con una sensibilità superiore ad altri test molto utilizzati, come il Minnesota Living
Heart Failure Questionnaire9.
Sebbene il 90% dei pazienti arruolati nello SHIFT fosse “in trattamento beta bloccante”,
solo poco più della metà riceveva dosi di farmaco > 50% di quelle raccomandate per lo
scompenso cardiaco e meno di un quarto raggiungeva dosi ottimali. Questo rappresenta un
limite importante di uno studio che si poneva come obiettivo di valutare gli effetti
dell’ivabradina in aggiunta alla terapia beta bloccante. E’ lecito chiedersi se i risultati
sarebbero stati gli stessi (soprattutto in termini di efficacia e tollerabilità) nel caso in cui i
beta bloccanti fossero stati titolati meglio, secondo le raccomandazioni delle linee guida.
Solo il 3-4% dei pazienti arruolati tra il 2006 e il 2009 nello SHIFT era protetta da un
defibrillatore10, nonostante una funzione ventricolare sinistra molto depressa. Questo dato,
se da un lato può suscitare perplessità sulla reale rappresentatività del campione dello
studio SHIFT, in merito al sottostudio in oggetto merita un commento, in quanto priva
l’analisi della qualità di vita dei pazienti di un elemento che avrebbe potuto fortemente
condizionare gli scores: l’impatto di eventuali shock (appropriati e non) sulla percezione
soggettiva dei pazienti.
Tra i limiti dello studio includerei il fatto di non poter estrapolare dati sia di efficacia della
terapia, sia di miglioramento della qualità di vita in due popolazioni oggi largamente
rappresentate nel mondo reale: i pazienti in fibrillazione atriale e quelli con scompenso
cardiaco a funzione ventricolare conservata. I primi non beneficiano del farmaco
ivabradina, in quanto agisce selettivamente sul nodo del seno; i secondi sono tra quelli per
cui la riduzione della frequenza cardiaca è un elemento cardine e sarebbe interessante
conoscere gli effetti di ivabradina in questo contesto.
In conclusione va comunque rimarcato che lo studio SHIFT, pur con tutti i limiti, ha dato
dei risultati positivi, interrompendo un lungo periodo buio nella ricerca clinica
cardiovascolare, mettendo a disposizione del cardiologo clinico un’arma terapeutica
supplementare, peculiare nelle sue caratteristiche farmacocinetiche, e soprattutto
rimarcando l’importanza del controllo della frequenza cardiaca nei pazienti con scompenso
cardiaco, sia in termini di eventi clinici, sia in termini di miglioramento della qualità di vita.
Bibliografia
1. Gissi-HF Investigators, Effect of n-3 polyunsaturated fatty acids in patients with chronic heart
failure (the GISSI-HF trial): a randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet
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2. Fox K, Ford I, Steg PG, Tendera M, Robertson M, Ferrari R; BEAUTIFUL investigators. Heart
rate as a prognostic risk factor in patients with coronary artery disease and left-ventricular
systolic dysfunction (BEAUTIFUL): a subgroup analysis of a randomised controlled trial.
Lancet 2008; 372:817
3. Metra M, Torp-Pedersen C, Swedberg K, Cleland JG, Di Lenarda A, Komajda M. Influence of
heart rate, blood pressure, and beta-blocker dose on outcome and the differences in outcome
between carvedilol and metoprolol tartrate in patients with chronic heart failure: results from
the COMET trial.Eur Heart J 2005;26:2259
4. Lechat Lechat P, Hulot JS, Escolano S, Mallet A, Leizorovicz A, Werhlen-Grandjean M Heart
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5. Maggioni AP, Dahlström U, Filippatos G, Chioncel O, Leiro MC, Drozdz J. EURObservational
Research Programme: the Heart Failure Pilot Survey (ESC-HF Pilot). Eur J Heart
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6. Simon L, Ghaleh B, Puybasset L, Giudicelli JF,and A Berdeaux. Coronary and hemodynamic
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7. Dobre D, van Jaarsveld CH, de Jongste MJ, Haaijer Ruskamp FM, Ranchor AV. The effect of
beta-blocker therapy on quality of life in heart failure patients: a systematic review and
mata-analysis. Pharmacoepidemiol Drug Saf 2007;16:152-159
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patients with heart failure: symptoms vs survival. J Card Fail 2000;6:225-232.
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Fail 2005;7:235-242
10. Rapezzi C, Sinagra G. The SHIFT study. G Ital Cardiol 2011;12:10-15
10
FOCUS ON.. SCOMPENSO CARDIACO
A cura di Lucia Barbieri, Anna Degiovanni, Virginia Di Ruocco, Emanuela Facchini
Clinica Cardiologica AOU “Maggiore della Carità” - Novara
L'USO DEL PEPTIDE PRO-B NATRIURETICO AMINO-TERMINALE PER
GUIDARE LA TERAPIA AMBULATORIALE IN PAZIENTI CON DISFUNZIONE
SISTOLICA VENTRICOLARE SINISTRA CRONICA
OBBIETTIVI: L'obbiettivo di questo studio è stato quello di valutare se, nell’ insufficienza cardiaca
cronica (HF), la terapia impostata in base alle concentrazioni del peptide natriuretico di tipo pro-B
amino-terminale (NT-proBNP) sia superiore alla terapia gestita in modo standard (SOC).
CONTESTO: Ad oggi non è chiarito se, nello scompenso cardiaco, i trattamenti che hanno come
obiettivo quello di ridurre le concentrazioni di NT-proBNP migliorino gli otucomes rispetto ai
trattamenti standard.
METODI: Studio prospettico, singolo centro. Vengono arruolati 151 soggetti con HF e disfunzione
sistolica ventricolare sinistra (LV). I due bracci di randomizzazione prevedevano: 1) trattamento
SOC più l'obiettivo di ridurre le concentrazioni di NT-proBNP ≤ 1,000 pg / ml, 2) ricevere un
trattamento SOC. L'endpoint primario consisteva nella percentuale di eventi cardiovascolari nei
gruppi. Gli endpoint secondari comprendevano gli effetti della terapia guidata dai valori di NTproBNP sulla qualità di vita e sul rimodellamento cardiaco.
RISULTATI: Ad un follow-up medio di 10 ± 3 mesi, si è verificata una significativa riduzione nell'endpoint primario (eventi cardiovascolari totali) nel braccio NT-proBNP rispetto al gruppo SOC (58
eventi vs 100 eventi, p = 0,009; odds logistic per eventi 0,44, p = 0,02). Le curve di Kaplan-Meier
hanno dimostrato una differenza statisticamente significativa nel tempo dal primo evento a favore
del braccio NT-proBNP (p = 0,03). Non è stata riscontrata alcuna correlazione con l’ età, ovvero i
pazienti anziani beneficiano nello stesso modo dei giovani di una terapia mirata a ridurre i valori dell’
NT-proBNP. Sono stati inoltre riscontrati dei miglioramenti nel gruppo NT-proBNP, rispetto al gruppo
SOC, in termini di qualità della vita e per quanto concerne il miglioramento di parametri
ecocardiografici (miglioramenti nella frazione di eiezione LV e soprattutto nei volumi tele-sistolici e
tele-diastolici LV).
CONCLUSIONI: nei pazienti ambulatoriali con scompenso cardiaco dovuto a disfunzione sistolica
ventricolare sinistra, una terapia guidata dai valori di NT-proBNP si è dimostrata superiore alla
terapia SOC, con tassi di eventi ridotti, miglioramenti nella qualità di vita ed effetti favorevoli sul
rimodellamento cardiaco.
Januzzi JL Jr, Rehman SU et al. J Am Coll Cardiol. 2011 Ott 25, 58 (18) :1881-9. Use of aminoterminal pro-B-type natriuretic Peptide to guide outpatient therapy of patients with chronic left
ventricular systolic dysfunction.
L’ESERCIZIO FISICO MIGLIORA LA CAPACITÀ FUNZIONALE E LA
FUNZIONE DIASTOLICA NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA CARDIACA
CON FRAZIONE DI EIEZIONE CONSERVATA: RISULTATI DELLO STUDIO
PILOTA EX-DHF (EXERCISE TRAINING IN DIASTOLIC HEART FAILURE)
CONTESTO: Circa la metà dei pazienti con scompenso cardiaco hanno una frazione di eiezione
conservata, ma le strategie terapeutiche efficaci sono ancora scarse.
OBIETTIVI: L’obiettivo è stato di determinare se un allenamento strutturato migliorasse la massima
capacità funzionale, la funzione diastolica ventricolare sinistra e la qualità di vita in pazienti con
scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata (HFpEF).
METODI: Un totale di 64 pazienti (età 65+/-7, 56% donne) con HFpEF sono stati randomizzati
prospetticamente ad eseguire un esercizio fisico di durata/resistenza associato alle cure standard o
alle cure standard sole. L’end point primario utilizzato è stata la variazione nel picco di VO2 dopo 3
mesi. End points secondari includevano effetti sulla struttura cardiaca, sulla funzione diastolica e
sulla qualità della vita.
11
RISULTATI: Il picco di VO2 è aumentato (da 16.1+/-4.9ml/min/kg a 18.7+/-5.4ml/min/kg) nel
gruppo in cui è stato praticato l’allenamento, mentre è rimasto invariato nel gruppo con cure
standard. Il maggiore beneficio è stato di 3.3ml/min/kg. La misura di E/e’ ed il volume atriale
sinistro si sono ridotti nel gruppo dell’allenamento, mentre sono rimasti invariati nell’altro gruppo. La
qualità di vita valutata con il 36-Item Short Form healty Survey era migliorata nel gruppo
dell’allenamento e invariata nell’altro. La riduzione dell’E/e’ indotta dall’esercizio è stata associata
con un aumento del 38% del picco di VO2 ed un aumento del 50%della qualità di vita.
CONCLUSIONI: L’esercizio fisico migliora la capacità funzionale e la qualità di vita nei pazienti con
insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata. Il beneficio è correlato con rimodellamento
atriale ed un miglioramento della funzione diastolica ventricolare sinistra.
Edelmann F, et al. “Exercise Training Improves Exercise Capacity and Diastolic Function in Patients
with Heart failure With Preserved Ejection Fraction Result of the Ex-DHF (Exercise training in
Diastolic Heart Failure) Pilot Study”, J Am Coll Cardiol 2011 Oct 18;58(17):1780-91
IMPATTO DEI BLOCCANTI DEL SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINAALDOSTERONE NELL’OUTCOME DELLO SCOMPENSO CARDIACO E
NELLA MORTALITÀ IN PAZIENTI CON RIGURGITO AORTICO.
OBIETTIVI- Lo scopo di questo studio è stato di valutare l’effetto dei bloccanti del sistema reninaangiotensina-aldosterone nei pazienti con insufficienza aortica (IAo).
CONTESTO- Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) hanno la capacità di
ridurre il postcarico, diminuire lo stress di parte ventricolare sinistro, e limitare la dilatazione e
l’ipertrofia ventricolare sinistra. Tuttavia studi a lungo termine hanno prodotto risultati incosistenti e
molti pochi hanno valutato gli outcome clinici.
METODI- Il centro di informazione sulla salute ha valutato con un database prescrizione e morbidità
e mortalità della popolazione di Tayside in Scozia, e collegato con un unico database
ecocardiografico. Sono stati valutati i pazienti con diagnosi di insufficienza aortica almeno moderata
dal 1993 al 2008. La regressione di Cox è stata utilizzata per stimare le differenze tra la mortalità da
tutte le cause e cardiovascolare e gli eventi legati all’insufficienza aortica (ospedalizzazioni per
scompenso cardiaco, morte per scompenso cardiaco e sostituzione di valvola aortica) tra i pazienti
trattati con o senza ACE inibitori o sartanici (ARBs).
RISULTATI- E’ stato studiato un totale di 2266 soggetti con insufficienza aortica (età media di 74
anni; intervallo interquartili: 64-81 anni) con un follow-up medio di 4.4 ± 3.7 anni. 705 pazienti
(31%) dei pazienti era stato trattato con in terapia un ACE-inibitore o un sartanico. Ci sono state
582 morti da tutte le cause (25.7%). I pazienti che erano stati trattati con ACE inibitori o sartanici
hanno avuto una mortalità da tutte le cause minore e più bassa mortalità cardiovascolare ed eventi
legati all’IAo, con un rischio relativo di 0.56 [intervallo di confidenza 95% (IC95%): 0.64-0.89; p<
0.01) per la mortalità da tutte le cause; 0.77 (IC95%: 0.67-0.89; p< 0.01) per mortalità
cardiovascolare e 0.68 (IC95%: 0.54-0.87; p< 0.01) per gli eventi legati all’IAo.
CONCLUSIONI- Questo largo studio retrospettivo dimostra che la prescrizione di ACE inibitori e
sartanici nei pazienti con IAo da moderata a severa è associata ad una significativa riduzione di
mortalità da tutte le cause e cardiovascolare e di eventi legati all’IAo. Questi dati devronno essere
confermati da un trial prospettico randomizzato controllato.
Elder DH, Wei L et al. The Impact of Renin-Angiotensin-Aldosterone System Blockade on Heart
Failure Outcomes and Mortality in Patients Identified to Have Aortic Regurgitation: A Large
Population Cohort Study. J Am Coll Cardiol 2011;58:2084-2091.
LA GALACTINA-3 IN PAZIENTI AMBULATORIALI CON SCOMPENSO
CARDIACO: RISULTATI DELLO STUDIO HF-ACTION
CONTESTO- La galactina-3 è una lectina solubile legante l’unità beta-galactosidasi rilasciata dai
macrofagi cardiaci attivati. Livelli elevati di galactina-3 sono stati riscontrati in pazienti con
scompenso cardiaco con outcome negativo. Abbiamo valutato l’associazione tra galactina-3 ed
outcome a lungo termine nei pazienti con scompenso cardiaco seguiti ambulatorialmente nello studio
HF-ACTION.
12
METODI e RISULTATI- HF-ACTION è un trial controllato randomizzato di allenamento fisico in
pazienti con scompenso cardiaco dovuto a disfunzione ventricolare sinistra. La galactina-3 è stata
misurata al basale in un gruppo di 895 soggetti dell’ HF-ACTION nei quali era disponibile un
campione di plasma. L’associazione tra galactina-3 ed outcome clinico è stato valutato utilizzando
una serie di modelli di Cox. Elevati livelli di galactina-3 sono state misurate con altri dati di severità
dello scompenso cardiaco, inclusi elevata classe NYHA, bassa pressione sitolica, elevati livelli di
creatininemia, alto NtproBNP e basso consumo di ossigeno. In analisi unadjusted c’era una relazione
significativa tra elevati livelli di galactina-3 e sopravvivenza libera da ospedalizzazione (ORR= 1.14
per 3 ng/mL di incremento di galactina-3, p< 0,0001). Nell’analisi multivariata, l’impatto prognostico
della galactina-3 era significativamente attenuato se si includevano altri predittori e la galactina-3
non risultava più un predittore significativo con l’inclusione del NtproBNP.
CONCLUSIONI- La galactina-3 è aumentata nei pazienti con scompenso cardiaco seguiti in
ambulatorio ed è associato con una scarsa capacità funzionale e altre misure note di severità dello
scompenso cardiaco. Nell’analisi univariata, la gactina-3 era predittiva in modo significativo negli
outcome a lungo termine, ma questa associazione non permaneva dopo l’introduzione di altri
produttori, specialmente con NTproBNP.
Felker GM, Fiuzart M et al. Galectin-3 in Ambulatory Patients with Heart Failure: Results from the
HF-ACTION Study. Circ Heart Fail 2011;Oct 20:[Epub ahead of print].
BENEFICI IN TERMINI DI SOPRAVVIVENZA DELL’EPLERENONE NEI
PAZIENTI CON SCOMPENSO CARDIACO POST INFARTO DEL MIOCARDIO
SONO INDIPENDENTI DAI SUOI EFFETTI DIURETICI E DI RISPARMIATORE
DI POTASSIO: SOTTOSTUDIO EPHESUS
OBIETTIVI- Lo scopo di questo studio è stato determinare se fosse presente un effetto diuretico in
pazienti trattati con eplerinone, un antagonista del recettore dei mineralcorticoidi, rispetto a placebo
durante il primo mese dello studio EPHESUS (studio di sopravvivenza ed efficacia dell’eplerenone nei
pazienti con scompenso cardiaco post infarto miocardico acuto) (n= 6080) e se questo era associato
a benefici negli outcome cardiovascolari.
CONTESTO- Il meccanismo di beneficio in termini di sopravvivenza dell’eplerenone nei pazienti con
scompenso cardiaco post infarto miocardico rimane incerto.
METODI- Un effetto diuretico indiretto è stato visto da un cambiamento di peso ad 1 mese superiore
rispetto al cambiamento medio nel gruppo placebo (- 0.005Kg) e in riduzione stimata del volume
plasmatico (+ 1.4%). Un effetto di risparmiatore di potassio è stato definito da un incremento dei
livelli sierici di potassio maggiore della media ottenuto nel gruppo placebo: + 0.11 mmol/l.
RISULTATI- Nel gruppo trattato con eplerenone, c’è stata una riduzione del peso corporeo (p <
0.0001) e del volume plasmatico (p = 0.047), mentre le proteine plasmatiche e il potassio sierico
sono aumentati (entrambi p< 0.0001), se comparati al gruppo placebo, suggerendo un effetto
diuretico diretto dell’eplerenone associato ad un effetto di risparmiatore di potassio. L’effetto
diuretico, definito come una riduzione stimata del volume plasmatico, era indipendentemente
associato con un miglioramento dal 11% al 19% degli outcome (mimor morte da tutte le cause,
morte da causa cardiovascolare, ospedalizzazione, ospedalizzazione da scompenso cardiaco).
L’effetto di risparmiatore di potassio è stato indipendentemente associato con un miglioramenteo dal
12% al 34% negli outcome. Non c’erano interazioni statisticamente significative tra effetti benefici
osservati dell’eplerenone (9 -17%) sugli outcome cardiovascolari e gli effetti diuretici o risparmiatore
di potassio.
CONCLUSIONI- Gli effetti benefici dell’eplerenone sulla sopravvivenza a lungo termine e gli outcome
cardiovascolari sono indipendenti dall’effetto di risparmiatore di potassio o diuretico, suggerendo
che l’antagonismo del recettore mineralcorticoide determina una protezione cardiovascolare al di là
delle sue proprietà diuretiche e risparmiatrici di potassio.
Rossignol P, Ménard J et al. Eplerenone Survival Benefits in Heart Failure Patients Post-Myocardial
Infarction Are Independent From its Diuretic and Potassium-Sparing Effects. Insights From an
EPHESUS (Eplerenone Post-Acute Myocardial Infarction Heart Failure Efficacy and Survival Study)
Substudy. J Am Coll Cardiol 2011;58:1958-1966.
13
Medicina e morale
Dal Logos all’Agape Nascita della Istituzione Ospedaliera
terza parte
1
Il primato dell'amore nel Nuovo Testamento
A cura del prof. Paolo Rossi
Una rivoluzione singolare
Il cristianesimo ha portato nella storia una rivoluzione diversa da tutte le altre. Non è stata rapida,
né imposta dall'alto, non ha scatenato eventi clamorosi come le battaglie, né ha conquistato imperi
con gli eserciti, non ha elaborato le dichiarazioni ufficiali di cui sono pieni i libri di storia. Il
cambiamento è partito dal cuore dell'uomo, dal suo modo di amare, che ha trasformato a poco a
poco l'intera società. A partire dalla gente comune, in tre secoli, ha raggiunto i vertici dell'impero,
con la conversione di Costantino, per poi diffondersi più rapidamente nel quarto secolo con
l'affermazione ufficiale come religione dell'impero, con l'Editto di Tessalonica, dell'imperatore
Teodosio (380 d.C.)
Di fronte ad un mutamento così vasto, ci si interroga ovviamente su come sia stato possibile che un
“ebreo marginale” 2e un piccolo gruppo di suoi discepoli, circa centoventi persone, come ci riferisce il
primo resoconto degli Atti degli apostoli3 siano riusciti letteralmente a cambiare il mondo. Gesù era
infatti un ebreo marginale, vissuto in una zona remota dell'impero, di scarsa risonanza culturale e
senza alcun potere politico ed economico.
Non troviamo neppure nei suoi primi discepoli nessuno dei caratteri tipici dei grandi protagonisti
della storia antica. Nessun potere politico o militare, nessuna ricchezza economica e culturale.
Insomma questa rivoluzione sembra veramente un enigma incomprensibile alla luce delle abituali
categorie degli storici antichi.
E come se non bastasse, la nuova fede è stata addirittura perseguitata per tre secoli. Quando
cerchiamo dunque una spiegazione non possiamo ricorrere agli schemi causali precedenti, perché ci
troviamo di fronte ad una rivoluzione morale e non politica o militare. Ora, senza dubbio, il primo
valore morale che viene cambiato da questa rivoluzione è l'amore è cambiato il peso di questo
sentimento nella vita, il suo scopo. Da quando Gesù ha detto che tutta la Legge e i profeti si
riassumono nel comandamento dell'amore a Dio e al prossimo, è iniziato un cambiamento della vita
personale e dell'intera società. Esamineremo dunque brevemente le novità evangeliche sull'amore,
su Dio e sul prossimo.
Inizieremo la nostra esplorazione sul nuovo primato dell'amore. Certo, il primo annuncio
propriamente riguardava la risurrezione di Cristo il terzo giorno: è questo l'evento che ha cambiato
la storia umana. In ogni caso era chiaro che le apparizioni del risorto comportavano ovviamente, per
chiunque una domanda sulla centralità del suo messaggio. Ed è proprio a questa domanda che
cercheremo di rispondere, prendendo in considerazione le fonti più antiche.
L'eredità d'Israele
Per comprendere il contesto storico dei vangeli si deve risalire all'Antico Testamento, che
rappresentava la fonte religiosa del popolo ebraico. Il nucleo centrale della fede d'Israele era ben
riassunto nella preghiera quotidiana che ogni ebreo ripeteva almeno due volte al giorno, al mattino
ed alla sera: "Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore
tuo Dio con tutto il cuore con tutta l'anima, con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano
fissi nel cuore" (Dt 6.4-5).
Può sembrare strano, sulla base del nostro uso corrente e post-romantico del termine "amore", che
questo venga "comandato come se si potesse comandare un sentimento. Allora è importante
1
Marco Fasol: “Eros greco e amore cristiano. Furono davvero opposti? Fede & Cultura™ Edizioni - La
Buona Stampa, aprile 2011, Verona
2
Uno dei massimi studiosi contemporanei sulla storicità di Gesù, John P. Meier, ha dato questo titolo
alla sua opera monumentale di oltre tremila pagine, in cinque volumi:, Queriniana, Brescia, 20012009, Or. New York, 1991, vol. 1, Yale University Press, 2009, vol. 4.
3
Atti degli Apostoli 1,15.
14
precisare che nell'Antico Testamento l'amore per Dio è anzitutto una questione di volontà, che si
esprime nell'azione, nel fare la volontà di Dio. Amare Dio, per la cultura semitica, significa obbedire
ai suoi comandamenti. Non viene dunque richiesto un sentimentalismo lacrimevole o commosso,
una dichiarazione poetica a fior di labbra, ma una scelta operativa nella vita quotidiana. Infatti nei
trattati di alleanza delle civiltà medio-orientali il vassallo prometteva al suo signore di "amarlo",
spesso dopo esser stato sconfitto in battaglia. Questa promessa richiedeva dunque il rispetto degli
obblighi che il signore imponeva al vassallo all'interno del trattato, e soprattutto richiedeva il dovere
di avere una relazione esclusiva nei confronti del signore. Questo significava "amarlo". E la fede
d'Israele aveva preso la forma proprio di un'alleanza tra Dio e il suo popolo, alleanza che aveva il
suo nucleo centrale nell'osservare tutti i comandamenti. In questa obbedienza si concretizzava
l'amore per Dio.
Questo comandamento di amare Dio con tutto il cuore portava con sé una grande certezza per il
popolo d'Israele: se Dio chiede l'amore, vuol dire che Lui ama per primo. Perché solo chi ama ha il
coraggio e l'audacia di chiedere di essere amato. Con questa consapevolezza la fede dell'antico
Israele si distingueva radicalmente dalla filosofia greca dell'impassibilità e dell'indifferenza divina. Se
il Dio di Aristotele non ama perché si abbasserebbe chinandosi verso esseri inferiori, se gli dèi di
Epicuro vivono nei loro mondi beati, totalmente estranei alla vita degli uomini, il Dio d'Israele invece
si coinvolge attivamente nella storia, al punto da arrivare a chiedere un amore totale. Alcuni
pensatori ebrei contemporanei, come A. Heschel e F. Rosenzweig 4 hanno evidenziato questa
abissale differenza rispetto all'impassibilità greca. Il messaggio degli antichi profeti di Israele, in
particolare di Isaia, Osea ed Ezechiele è ricco di immagini sensibili che esprimono questo amore di
Dio per il suo popolo, attraverso la metafora del fidanzamento e del matrimonio. Un testo
sorprendente al riguardo è costituito dal Cantico dei Cantici che è stato inserito nel canone della
Sacra Scrittura ebraica. Si tratta di una raccolta di canti d'amore, probabilmente dedicati ad una
festa nuziale, che esaltano appunto l'amore coniugale con immagini concrete molto vivaci ed
appassionate. Ritroviamo in queste composizioni quella che potremmo definire la componente
erotica del sentimento umano infatti l'intensità dei sentimenti ha analogie con quella che abbiamo
visto nella poesia greca. Il Cantico era interpretato anche come metafora dell'amore nuziale di Dio
per il suo popolo.
Notiamo dunque come sia possibile rintracciare nei testi dell'Antico Testamento sia la valorizzazione
dell'amore inteso come eros, sia la valorizzazione dell'amore donativo o agape che vedremo come
qualificante il messaggio dei vangeli. Infatti nel Cantico ricorre proprio questo termine, agape (nella
traduzione greca 5 quasi a preannunciare il messaggio innovativo del cristianesimo. Si deve
precisare comunque che il termine agape che ricorre nel Cantico non aveva certamente le
caratteristiche proprie dell’agape cristiana.
A questo punto abbiamo gli elementi essenziali per affrontare la novità evangelica.
Il primo comandamento
Tutte le fonti concordano nell’attribuire al Maestro stesso la dichiarazione esplicita del primato
dell'amore. Ed è importante osservare come tutti e tre i vangeli sinottici, che sono le fonti più
antiche sull'insegnamento di Gesù, riportino questa dichiarazione che evidentemente era rimasta
molto impressa nei discepoli. La esaminiamo nel testo richiamato dell'evangelista Marco, che
probabilmente ci ha lasciato la versione più antica. Alla celebre domanda su quale fosse il primo
comandamento della Legge Gesù ha risposto: "Il primo comandamento è... amerai il Signore Dio tuo
con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai
il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi”6
Gesù elenca due comandamenti che si trovano nella Legge, ma in modo profondamente innovatore.
Esaminiamo attentamente i passaggi del brano:
4
Franz Rosenzweig, La stella della redenzione, Marietti, Casale Monferrato, 1985. "Il comandamento
dell'amore può venire soltanto dalla bocca di colui che ama. Solo colui che ama può dire: ‘Amami’.
L'amore di colui che ama non ha altra parola per esprimersi se non il comandamento" (p. 188-189).
Abraham Heschel, Il messaggio dei profeti, Boria, Roma, 1981. "Le divinità della mitologia sono
egocentriche ed egoiste... hanno passioni riflessive... nella mentalità profetica d'Israele invece il
pathos o sentimento divino esprime sempre una relazione con l'uomo” (p. 11).
5
Il testo originale ebraico dell'Antico Testamento è stato tradotto in greco nella versione cosiddetta
dei Settanta, nel III secolo a.C. Questa versione viene utilizzata sistematicamente nel Nuovo
Testamento per le citazioni profetiche. È in questa versione greca del Cantico dei Cantici che ricorre
frequentemente il termine agape.
6
Mc 12,28-31. I brani paralleli negli altri due sinottici sono: Mt 22,35-40 e Lc 10,25-28.
15
a) Gesù cita i primi due comandamenti parola per parola;
b) li lega insieme, mentre questo non era mai accaduto;
c) li gerarchizza, chiamandoli primo e secondo;
d) conclude dichiarando che nessun comandamento è più grande di questi due.
“Questa quadruplice configurazione del comandamento dell'amore non si trova in nessun altro
passo dell'Antico Testamento, nella letteratura del giudaismo del secondo Tempio, nel resto del
Nuovo Testamento, nei più antichi scritti patristici. Tutto ciò costituisce una vistosa discontinuità
dottrinale che passa spesso inosservata"7 .
La “discontinuità dottrinale" cui allude lo studioso americano costituisce uno dei criteri più importanti
di autenticità storica, in quanto evidenzia appunto la novità del primato dell'amore rispetto a tutti i
documenti storici precedenti. Di fronte a questa discontinuità la logica conseguenza consiste
nell'attribuire proprio a Gesù l'origine di questo pensiero. Infatti non troviamo traccia di qualcosa del
genere né nei rotoli del Mar Morto, né nei testi apocrifi dell'Antico Testamento (ad esempio nel Libro
dei Giubilei) né in Filone o in Giuseppe Flavio o nella letteratura rabbinica dell'epoca.
Si deve aggiungere anche un altro importante criterio di autenticità storica soddisfatto ampiamente
da questo passo evangelico: quello della molteplice attestazione. È ovvio che per qualsiasi storico un
detto o un evento risulta tanto più autentico quanto più viene confermato da fonti diverse. Ora il
testo sul primato dell'amore si ritrova in numerosi altri testi antichi: è presente nei vangeli di
Matteo, di Luca, di Giovanni e ripetutamente negli altri scritti del Nuovo Testamento.
Ritornando al celebre passo di Mc 12,28-34, osserviamo che Gesù risponde alla domanda dello
scriba richiamando forse il passo più celebre di tutta la Scrittura per ogni israelita, lo Shemà, la ben
nota professione di fede e di amore per Dio, tratta da Dt 6,4-5, che abbiamo visto nel paragrafo
precedente.
Dopo questa risposta del Maestro, con la citazione della Legge, il discorso potrebbe chiudersi. Così
avrebbe fatto uno "scriba" o un "rabbino" delle scuole dell'epoca. Ma Gesù aggiunge di propria
iniziativa, senza esservi tenuto dalla domanda, che c'è un secondo comandamento da associare al
primo, poiché si tratta di "comandamenti simili" (così viene precisato in Mt 22,39). Gesù dimostra
con questa iniziativa la propria autorità e la propria intelligenza della Legge, inserendo un secondo
precetto ricavato dal Levitico, che è una raccolta di leggi riguardanti i sacerdoti e le cerimonie
liturgiche.
Il testo antico completo dice: "Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo,
ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore" (Lev 19,18). Gesù scavalca dunque
tutte le norme rituali per concentrarsi sul precetto di amare il prossimo come se stessi. Anche in
questo caso non si tratta di un imperativo sui sentimenti, ma di un concreto volere il bene del
prossimo. Dal contesto storico risulta che il "prossimo" nel Levitico si riferisce a "un tuo fratello, un
membro del tuo popolo, i figli del tuo popolo". Il precetto del Levitico non ha dunque quel carattere
universale e indiscriminato che costituisce invece la novità del cristianesimo e che verrà subito
esplicitata nel vangelo di Luca con il racconto della parabola del buon Samaritano (Lc 10,30-37). Qui
il prossimo viene esteso a chiunque si trovi in condizione di bisogno, a prescindere dal credo
religioso o dall'etnia.
Ritorniamo ora all'accostamento di due comandamenti provenienti da libri diversi delle Scritture. Era
un procedimento rabbinico (gezerà sawa) in cui il maestro dimostrava la propria conoscenza delle
Scritture accostando testi diversi sulla base della ricorrenza di parole identiche. Qui la parola di
raccordo era "amerai", che si trova solo in quattro passi dell'Antico Testamento, tutti con riferimento
a questo. Gesù dimostra pertanto una profonda conoscenza delle Scritture.
Ritorniamo ora alla domanda dello scriba: essa si inserisce nel contesto storico-culturale dell'epoca,
perché concerneva una questione dibattuta dalle scuole rabbiniche, infatti la tradizione ebraica
riteneva che vi fossero 613 comandamenti nella Legge, di cui 248 erano positivi e 365 erano
proibizioni. Abbiamo alcune testimonianze storiche, ad esempio di Filone alessandrino o di rabbi
Hillel che si erano cimentati nell'impresa di riassumere la Legge in pochi precetti. È interessante
notare che ad esempio Hillel aveva trovato una formula che richiama la "regola aurea" ben nota ai
greci: "Ciò che ti è odioso, non farlo al tuo simile. Questa è tutta la Legge nella sua interezza". Una
formula che non contiene il concetto di amore. Osserviamo dunque come venga soddisfatto un altro
criterio di autenticità storica: la continuità con il contesto culturale dell'epoca, infatti la domanda si
inserisce con coerenza nel dibattito delle scuole rabbiniche del primo secolo.
7
J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 4, Legge e amore, Queriniana, Brescia, 2009, p. 31.
16
A questo punto possiamo dimostrare l'attendibilità storica del discorso di Gesù sul primato
dell'amore ricorrendo anche al criterio di molteplice attestazione. Vediamo dunque anche altri passi
neotestamentari sull'argomento.
Il comandamento dell’amore ai nemici nella Fonte Q
Il primato dell'amore viene riaffermato anche nel celebre comandamento dell'amore ai propri nemici.
Troviamo questa richiesta nella cosiddetta Fonte Q, contenente secondo molti studiosi una serie di
circa 200 versetti comuni a Luca e Matteo. Si tratterebbe di una fonte antichissima, probabilmente
anteriore alla stesura dei tre vangeli sinottici, che sono le fonti storiche più antiche.
Restringiamo la nostra analisi al laconico “amate i vostri nemici” solo quattro parole! Che troviamo
in Mt 5,43-44: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi
dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” e in Lc 6,27-28: "Amate i vostri
nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro
che vi maltrattano”. Qui il Maestro non cita alcun passo della Scrittura ma si basa unicamente sulla
sua autorità.
Matteo ci riporta il precetto nella forma di un parallelismo antitetico, tipicamente semitico, accolto e
trasformato da Gesù che in più di cento esempi usa appunto questo tipo di parallelismo. 8 L'analogia
antitetica dell'Antico Testamento anticipava il messaggio positivo, posponendo l'antitesi; ad
esempio: “Il Signore è mio pastore // io non manco di nulla". Gesù, invece, generalmente posticipa
il messaggio decisivo: "Non sono venuto per essere servito // ma per servire". Abbiamo dunque una
garanzia in più dell'antichità del testo che ricalca appunto uno stilema tipico di Gesù e tipico della
lingua ebraica.
Un criterio importante per stabilire l'autenticità storica di questo discorso di Gesù è dato dalla
"discontinuità" rispetto all'Antico Testamento. In effetti questo comandamento non ha precedenti
nella Scrittura, dove si possono trovare invece addirittura imperativi in senso contrario, con la
richiesta di distruggere i nemici. Si pensi ad esempio al Salmo 139,21-22: "Non odio forse o Signore
quelli che ti odiano? […] li odio con odio implacabile, per me sono nemici". Negli scritti di Qumran, di
Giuseppe Flavio e di Filone alessandrino, negli pseudoepigrafi dell'Antico Testamento non troviamo
niente del genere. Seneca ed Epitteto sono i due filosofi stoici che più si avvicinano al comando
evangelico. Il primo dice che dobbiamo imitare gli dèi quando incontriamo l'ingratitudine di coloro
che abbiamo aiutato, ma precisa che un uomo buono non deve fare il bene agli ingrati, perché
sarebbe un'azione sprecata; aggiunge, inoltre, che il filosofo non si degna neppure di abbassarsi al
livello di chi lo insulta. Non ricambia dunque un'offesa con un'altra offesa. Siamo nell'orizzonte
dell'autodominio delle passioni, tipico dell'apatia stoica. Non ritroviamo di certo l'apertura alla
paternità di Dio e alla fratellanza attiva e costruttiva dei vangeli. Come abbiamo visto, l'apatia stoica
tende a svalutare i sentimenti. Anche in Epitteto troviamo un atteggiamento di autocontrollo dei
sentimenti, ma non si parla certo di amore per i nemici.
Il comandamento dell'amore nel Vangelo di Giovanni
Anche nel quarto vangelo, scritto a circa sessant'anni dalla morte del Maestro, l'autore riafferma
ripetutamente il precetto dell'amore: "Come io ho amato voi, anche voi amatevi gli uni gli altri" (Gv
13,34.15,12.17). Questo comandamento deve essere contestualizzato all'interno della prospettiva
teologica giovannea: quest'ultima si caratterizza per un netto dualismo, per una lotta costante tra
luce e tenebre, tra vita e morte, tra coloro che hanno accolto Gesù e coloro che lo hanno rifiutato.
Nella sera dell'ultima cena, solo dopo che Giuda, il traditore, si immerse nelle tenebre (ricordiamo le
parole simboliche "ed era notte") Gesù corona il suo discorso terreno con il linguaggio dell'amore. Il
contesto del comandamento dell'amore è dunque quello solenne di un testamento spirituale che il
Maestro affida ai suoi discepoli come il messaggio definitivo, il più importante per la nuova
comunità. Il verbo "agapao", che annuncia l'amore cristiano, ricorre ben ventisette volte nell'arco dei
capitoli 13-17. Questa insistenza dimostra quanto fosse importante il "comandamento nuovo". È da
questo infatti che dipende la grande realtà della partecipazione dei fedeli alla comunione d'amore
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Il parallelismo è una forma espressiva tipica dell'ebraico. Consiste nella ripetizione della stessa
idea con due o tre frasi che hanno lo stesso significato, espresso tuttavia in forme diverse. È una
tecnica comunicativa molto utilizzata nelle culture orali, per facilitare la memoria e l'apprendimento.
I grammatici distinguono un parallelismo sinonimico o sintetico quando le due frasi sono in forma
affermativa (ad esempio "benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano”
e un parallelismo antitetico quando le due frasi parallele sono una in forma positiva e l'altra in forma
negativa (ad esempio “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati").
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che sussiste tra il Padre e il Figlio: è grazie all'amore che l'uomo viene elevato a partecipare alla
natura divina (Gv 14,23). Approfondiremo comunque nelle prossime pagine la concezione dell'amore
nel quarto vangelo.
In ogni caso risulta importante precisare da subito che la teologia dell'amore prosegue anche nella
prima lettera di San Giovanni, dove troviamo la straordinaria rivelazione: Dio è Amore (O Theos
agape estin) "Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato
da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore" (1Gv 4,7-8).
Possiamo concludere questa breve analisi affermando che anche il computo numerico dei termini ci è
di aiuto nel riconoscere il primato dell'amore in Giovanni. Il verbo “agapao”, amare, ricorre almeno
trentasette volte negli scritti di Giovanni e il sostantivo "agape" ricorre sette volte nel quarto vangelo
e diciotto volte nella prima lettera.
L'inno all'amore in Paolo
A conclusione di questo capitolo non può mancare il riferimento all'inno all'amore che Paolo ha
composto nella sua prima lettera alla chiesa di Corinto. Si tratta forse del testo più antico tra quelli
finora riportati, perché risale probabilmente ai primi anni cinquanta del primo secolo, quindi prima
della redazione definitiva dei vangeli sinottici.
Paolo, nella parte conclusiva della sua lettera, esorta la comunità a superare le divisioni interne e a
realizzare l'amore nella sua pienezza, dal momento che è proprio l'amore il vertice della vita
cristiana. Il testo originale, per indicare l'amore, usa il termine "agape" che ricorre almeno otto volte
nel brano, ad indicare anche con la ripetizione semitica il suo valore primario. L'inno esprime con un
linguaggio molto efficace la piena consapevolezza della novità cristiana. Nella traduzione ufficiale
della Conferenza Episcopale Italiana il termine agape viene reso con "carità". Allora il lettore deve
fare attenzione, perché forse questo termine ha assunto nel linguaggio corrente un significato
diverso rispetto a quello originario: il lettore tenga presente dunque che quando legge "carità" può
benissimo sostituirla con "amore". Del resto questa è la traduzione adottata dalla CEI per l'identico
termine agape nei testi di Giovanni. Leggiamo dunque 1Cor 13: "Se anche parlassi le lingue degli
uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che
tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi
la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se
anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la
carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si
vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto
del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine […]. Queste dunque le tre cose che
rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”
Questo inno antichissimo, come è dimostrato dai semitismi quali le ripetizioni, le assonanze, la
costruzione paratattica, costituisce un testo emblematico della rivoluzione etica portata dal
cristianesimo. La parte iniziale rovescia i criteri di giudizio tipici della filosofia ellenistica che
attribuiva alla scienza il primato su tutte le virtù. La parte centrale elenca le qualità dell'amore
cristiano che sono molto diverse dall'eros greco. Viene evidenziato che l'amore cristiano non è più
egocentrico, ma è orientato al bene dell'altro: "Non cerca il suo interesse". Paolo ha espresso
quest'idea, attribuendola direttamente a Gesù, anche in Atti 20,35: “Il Signore Gesù disse: :Vi è più
gioia nel dare che nel ricevere”. Nella conclusione vengono ricordate da Paolo le tre virtù essenziali
del cristiano, che verranno poi chiamate "teologali", e viene riconosciuto il primato perenne
dell'amore.
I testi che abbiamo visto in questo capitolo non ci lasciano dubbi su questa preminenza che ci farà
capire meglio il messaggio centrale del Nuovo Testamento.
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