INDICE 1. 2. Prima parte – L’estradizione e il diritto di asilo L’estradizione nozione; origini ed evoluzione dell’istituto; fonti: convenzioni bilaterali e multilaterali; la Convenzione di Parigi del 4/5/1910; la Convenzione europea di estradizione del 13/12/1957; Costituzione della Repubblica italiana (articoli 10 e 26); Codice penale italiano (articolo 13); Codice di procedura penale (articoli 696-722). Il diritto d’asilo: nozione fonti normative: Costituzione della Repubblica italiana (articolo 10 comma 3) Convenzione di Ginevra del 1951 articolo 63 del Trattato istitutivo della Comunità europea, ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203 (ratifica ed esecuzione del trattato che istituisce la comunità europea, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 dicembre 1957, n. 317) nel testo modificato per effetto dei Trattati di Amsterdam del 2 ottobre 1997, ratificato e reso esecutivo con legge 16 giugno 1998, n. 209 e di Nizza, reso esecutivo con legge 11 maggio 2002, n. 102. Convenzione di Dublino del 1990 legge 28 febbraio 1990 n. 39 legge 6 marzo 1998 n. 40 Seconda parte – La cittadinanza europea il diritto di petizione; il mediatore europeo; il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento; il diritto di voto e di eleggibilità per le elezioni comunali dello Stato membro di residenza; la tutela da parte delle rappresentanze diplomatiche e consolari; il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo del Consiglio e della Commissione; il diritto di circolazione e soggiorno sul territorio degli Stati membri. Terza parte – La condizione giuridica dello straniero extracomunitario 1. La condizione giuridica dello straniero. 2. Nozione di extracomunitario. 3. Ingresso e soggiorno in Italia: 3.1 carta di soggiorno. 4. Diritti principali dell’extracomunitario: 4.1 assistenza sanitaria; 4.2 libertà di circolazione; 4.3 difesa; 4.4 unità familiare; 4.5 abitazione; 4.6 educazione interculturale; 4.7 tutela dei minori. 5. Obblighi a carico dei datori di lavoro per l’assunzione di extracomunitari. 6. L’ espulsione dello straniero extracomunitario. 7. Divieti di espulsione e respingimento. Indice delle fonti documentali http://www.ildiritto.it/ WWW.EUROPARL.IT http://EUROPA.EU.INT Enciclopedia La Repubblica Novissimo Digesto INDICE DEI RIFERIMENTI LEGISLATIVI 1. Legge 40/1998 (detta anche “Turco-Napolitano”). 2. Dlgs 286/1998 ( Testo Unico delle norme in materia di emigrazione). 3. Dpr 394/1999 (regolamento di attuazione del Testo Unico Dlgs 286/1998). 4. Legge 189/2002 (detta anche “Bossi-Fini”). 5. Decreto legge 14/9/2004 n°241 convertito dalla legge 12/11/2004 n°271 6. Dpr 334/2004 (decreto di modifica del Dpr 31.8/1999 n°394). 2 PRIMA PARTE L’estradizione e il diritto d’asilo 3 1. L’estradizione L’ estradizione è uno strumento di cooperazione nella lotta contro la criminalità, soprattutto per quella con estensioni sopranazionali. Nei tempi più antichi la consegna del delinquente fuggitivo allo Stato del commesso reato da parte dello Stato di rifugio avveniva in via del tutto eccezionale in quanto vi si opponevano le concezioni morali e politiche del tempo e principalmente: il diritto di asilo così diffusamente radicato nella coscienza popolare. In ogni modo la consegna del fuggitivo veniva effettuata non per ragioni di giustizia, non per cooperare alla repressione del diritto, ma o per assicurarsi le grazie del potente sovrano o per timori di rappresaglie. Quindi la consegna era effettuata raramente e in genere per delitti politici. Con il passare del tempo si avvertì la necessità di provvedere alla comune difesa e reciproca assistenza nella lotta contro il delitto e si avvertì la necessità che la punizione di chi ha commesso il delitto interessa non solo lo Stato in cui il delitto è stato commesso ma anche quello in cui l’autore ha trovato rifugio questo perché le parti si possono invertire, sia perché il delinquente è da considerare un’ospite indesiderato e pericoloso. A questa evoluzione contribuirono principalmente l’aumento della popolazione e l’incremento dei mezzi di comunicazione che favorirono la maggiore mobilità e quindi facilitavano l’impunità dei delinquenti. Quindi gli Stati cominciarono a stipulare i primi accordi bilaterali con i quali si prestavano reciproca assistenza contro i delinquenti. Questa evoluzione durò vari secoli al termine dei quali si delineò il vero e proprio istituto dell’estradizione con il carattere, le finalità e l’estensione con cui si presenta la moderna concezione, “secondo la quale è esigenza di giustizia, oltre che interesse comune degli Stati, la punizione del delinquente, ovunque si trovi, quando ha commesso un fatto considerato delitto tanto dalla legge dello Stato nel cui territorio è commesso quanto dalla legge dello Stato di rifugio”. Tutto ciò si afferma nella seconda metà del secolo XIX quando venne usato per la prima volta il nome stesso di estradizione. In alcuni Stati inoltre l’istituto di estradizione riceve disciplina in leggi speciali interne o in disposizioni inserite nei codici penali. Alla fine del secolo scorso una fitta rete di convenzioni allacciava quasi tutti gli Stati. La molteplicità delle convenzioni bilaterali e la loro diversità sono fonti di questioni e di inconvenienti. Perciò si va delineando un nuovo indirizzo di disciplinare l’estradizione in convenzioni multilaterali a largo raggio. A questo indirizzo si è data pratica attuazione sia inserendo in trattati internazionali di vario oggetto talune 4 clausole relative all’estradizione, sia regolando l’estradizione espressamente e totalmente in accordi plurilaterali. Esempio del primo sistema: 1° la convenzione di Parigi del 4-V-1910 per la repressione della tratta delle bianche. Esempio del secondo sistema: la convenzione europea di estradizione del 13-XII1957, sottoscritta da undici Stati tra cui l’Italia. Per estradizione si intende la consegna, da parte dello Stato richiesto allo Stato richiedente, di una persona ricercata o perché oggetto di una sentenza di condanna definitiva ad una pena detentiva o ad una misura di sicurezza privativa della libertà personale (estradizione esecutiva) o perché oggetto di una ordinanza di custodia cautelare in carcere (estradizione processuale). La materia dell’estradizione è disciplinata, nell’ordinamento Italiano, dalla Costituzione (artt. 10 e 26); dalla legge ordinaria (art.13 c.p e artt. 696-722 c.p.p), dalle Convenzioni internazionali e dalle norme del Diritto internazionale generale che, in base al disposto dell’ art. 696 c.p.p e 10 c.I Cost. , laddove esistenti prevalgono sulla norme di legge ordinaria. La definizione dell’istituto è contenuta negli artt. 697 comma 1 c.p.p (estradizione passiva: consegna dall’Italia ad uno Stato estero) e 720 comma 1 c.p.p (estradizione attiva: consegna da uno Stato estero all’Italia). Per esempio la tua estradizione verso un altro Stato può essere concessa solo quando il fatto oggetto della richiesta di estradizione è previsto come reato sia dalla legge italiana che da quella dello Stato richiedente (requisito della “doppia incriminabilità”). L’estradizione non può essere comunque concessa nei seguenti casi: 1. In relazione ai reati politici (escluso il genocidio). 2. Quando la legge dello Stato richiedente prevede la condanna a morte per il reato oggetto della richiesta. 3. Quando l’interessato alla richiesta di estradizione è già condannato a morte nello Stato richiedente, oppure rischia una analoga condanna per fatti che non sono menzionati nella richiesta di estradizione. 1 1 NOTE : Art. 10 Costituzione Italiana comma 4:“(…) non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.” Art. 26 Costituzione Italiana: “L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.” 5 2. Il diritto d’asilo Consiste nel diritto di essere accolti e di permanere nel territorio della Repubblica sulla base di motivazione di ordine politico. La Costituzione garantisce il diritto d’asilo che nel loro paese vedono impedito l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana (art. 10 comma 3); ma la concreta determinazione delle condizioni cui subordinare il diritto stesso è rimessa alla legge. Fino a pochi anni fa era in vigore la sola Convenzione di Ginevra del 1951 (integrata dal Protocollo del 1967), che limitava il diritto d’asilo ai rifugiati provenienti da altri Stati europei soprattutto retti da regimi comunisti. Con la legge 28 febbraio 1990, n. 39, si è data più ampia attuazione al dettato costituzionale, eliminando la limitazione geografica e le riserve prima vigenti, disciplinando la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato e prevedendo ricorso giurisdizionale contro la decisione di respingimento. Con la legge 6 marzo 1998, n. 40, si è poi prescritto che non può disporsi l’espulsione dello straniero o il suo respingimento verso uno Stato in cui lo straniero medesimo possa essere oggetto di persecuzione; parimenti, è prevista la possibilità di misure straordinarie di accoglienza temporanea per rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti, e disastri gravi verificatisi in paesi non appartenenti all’Unione Europea. Vi sono modifiche della disciplina in materia di diritto d’asilo poiché è stata inserita tra le competenze della Comunità europea (cfr. art. 63 Trattato della Comunità europea). Italia rifugiati in cifre (anno 2004): 13.000 circa i rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra, contro i 130.000 della Francia, i 148.000 del Regno Unito e i 900.000 della Germania; 10.000 i titolari di protezione umanitaria; 7.281 le richieste d’asilo presentate nel 2002 contro le 71.000 della Germania e 18.000 del Belgio; 80% la percentuale dei dinieghi da parte della Commissione centrale; 17 € circa per 45 giorni il contributo di prima assistenza per i richiedenti asilo; 15/20 minuti la durata media di un’intervista della Commissione centrale; 15/18 mesi di attesa prima di avere la risposta della Commissione; 15 giorni entro cui si deve lasciare l’Italia dopo la comunicazione del diniego; 10% la percentuale dei richiedenti che trova assistenza all’interno del Programma nazionale asilo; 6 Il luogo dell’Asilo può essere costituito dal territorio dello Stato (Asilo territoriale) oppure da un altro spazio soggetto al controllo dello Stato, quale ad esempio l’ambasciata ( Asilo extraterritoriale o diplomatico). Inoltre per quanto riguarda la posizione giuridica dei rifugiati non vi è solamente la convenzione internazionale di Ginevra, ma anche la convezione di Dublino del 1990, ratificata in Italia con L.n. 523 del 1992, prevede la procedura da seguire per determinare lo stato competente a esaminare una domanda d’Asilo presenta presso uno degli stati membri dell’Unione Europea. 7 SECONDA PARTE La cittadinanza europea 8 Cittadinanza europea La cittadinanza europea è disciplinata dall’articolo 17 del Trattato che istituisce la Comunità europea. Esso afferma che: “ E’ istituita una cittadinanza dell’Unione. E’ cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione costituisce un completamento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima.” Il concetto di cittadinanza europea fu introdotto formalmente dal Trattato di Maastricht del 1992 e mira a rafforzare e a promuovere l’identità europea. Sono ritenuti cittadini europei anche coloro che possiedono una doppia cittadinanza di cui una di uno Stato membro e l’altra di uno Stato terzo. La cittadinanza europea garantisce ad ogni cittadino: Il diritto di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri; Il diritto di votare e di essere eletti alle elezioni comunali e a quelle del Parlamento europeo nello Stato in cui si risiede; Il diritto di beneficiare della tutela diplomatica e consolare di uno Stato membro quando lo Stato di cui è cittadino il soggetto non è rappresentato; Il diritto di petizione al Parlamento europeo e di ricorrere al mediatore europeo per portarlo a conoscenza dei casi di cattiva amministrazione degli organismi e delle istituzioni comunitarie. Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam (1997) il cittadino europeo ha: Il diritto di rivolgersi alle istituzioni europee in una delle lingue dell’Unione e di avere una risposta nella medesima lingua; Il diritto ad accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, a determinate condizioni. Diritto di petizione La petizione è un diritto che offre la possibilità a ogni cittadino dell’Unione, di rivolgersi al Parlamento europeo, sia per incitarlo a prendere posizioni su questioni di interesse pubblico ( protezione ambiente ecc.), sia per presentare richieste derivanti da esigenze generali o da reclami individuali (diritto alla pensione ecc.). Tale diritto spetta anche alle società, alle organizzazioni e alle associazioni residenti o aventi la propria sede sociale in uno Stato dell'Unione europea o ancora ai residenti non comunitari in un paese dell'Unione europea. La petizione deve essere indirizzata direttamente al Presidente del parlamento Europeo che la trasmette alla Commissione per le petizioni. Questa, innanzitutto verifica che l’oggetto della richiesta rientri nell’ambito delle attività dell’Unione 9 europea e, in caso affermativo, la petizione è dichiarata ricevibile e viene sottoposta ad un esame di merito. Al termine di tale esame, la commissione risponde all’autore e lo tiene informato sulle decisioni prese. A seconda dei casi, la petizione può: essere trasmessa alla Commissione europea che fornisce informazioni alla commissione per le petizioni; essere indirizzata alle autorità nazionali competenti dal presidente del Parlamento europeo; formare oggetto di una relazione parlamentare; essere indirizzata al Consiglio dei ministri e/o alla Commissione europea, accompagnata da un parere della commissione per le petizioni; essere trasmessa da quest'ultima ad altre commissioni del parlamento europeo, per informazione, per competenza o per ottenere un parere. Per redigere una petizione, non esistono forme obbligatorie, perciò l’autore la presenta nel modo che più ritiene opportuno e in qualsiasi lingua ufficiale dell’ Unione Europea. Nonostante la forma libera, sussistono però alcune condizioni che devono essere rispettate. Infatti deve essere scritta in maniera chiara e leggibile, deve essere firmata e deve menzionare il nominativo, la cittadinanza, la professione e il domicilio dell’autore. (In caso di petizione collettiva occorrono i dati di almeno uno dei suoi autori). Il mediatore europeo Il mediatore europeo è colui che ha il compito di esaminare le denunce dei cittadini contro i casi di cattiva amministrazione delle istituzioni e degli organi della Comunità Europea. Si parla di “cattiva amministrazione” quando si omette di compiere un atto dovuto, oppure quando si opera in modo irregolare, o ancora, quando si agisce in maniera illegittima. Alcuni esempi possono essere: abuso di potere, ritardo ingiustificato, carenza o rifiuto d’informazione ecc. Le denuncie possono essere presentate da tutti i cittadini dell’Unione o da coloro che risiedono in uno Stato membro. Ci si può rivolgere al Mediatore in una delle ventuno lingue ufficiali ( dopo l’ingresso degli ultimi Stati nel Maggio del 2004) dell’Unione indicando le generalità, l’organo o l’istituzione che vogliamo denunciare e i motivi che ci inducono a farlo. Affinché la denuncia sia valida, essa deve essere presentata (tramite lettera o con un apposito modulo di denuncia) entro due anni dalla data in cui si è venuti a conoscenza del fatto contestato e occorre aver già interpellato l’organo o l’istituzione in questione. 10 Bisogna anche sapere, che il Mediatore non esamina casi attualmente discussi in tribunale o già passati in giudicato e che non è necessario essere stati personalmente vittime del caso segnalato. Dopo aver esaminato la denuncia, il Mediatore informerà sui risultati. Il modulo di denuncia Denuncia di cattiva amministrazione 1. Presentata da: (nome) A nome di: Indirizzo: Tel./fax: 2. Contro quale istituzione o organo comunitario vuole presentare la sua denuncia? Commissione europea Comitato economico e sociale Consiglio dell'Unione europea Comitato delle regioni Parlamento europeo La Banca centrale europea Corte dei conti Banca europea per gli investimenti Corte di giustizia * Altri organi comunitari * salvo nella sua funzione giurisdizionale 3. Qual' è la decisione all'origine della denuncia? Quando è stata presa tale decisione o quando Le è stata notificata? Corredare di allegati se necessario 4. Che risultato spera ottenere attraverso la sua denuncia? 5. Ha già contattato l'istituzione o organo comunitario denunciato al fine di ottenere una riparazione? 6. Se la denuncia è inerente ai rapporti di lavoro con le istituzioni ed organi comunitari: sono state esaurite le possibilità interne di domanda o ricorso amministrativo? (In particolare quelle di cui all'articolo 90 (1) e (2), dello statuto del personale). In tal caso, sono scaduti i termini fissati per la risposta da parte dell'autorità interessata? 7. L'oggetto della Sua denuncia è già stato risolto da un tribunale o è pendente dinanzi a un tribunale? 8. Autorizza l'inoltro della Sua denuncia ad un'altra autorità (europea o nazionale), qualora il mediatore Europeo ritenga di non essere abilitato a trattarla? 9. Data e firma: 2 3 Nota 1. Le denunce dovrebbero essere trattate garantendo la massima trasparenza, tuttavia, un trattamento in via confidenziale può essere espletato su richiesta. 2 3 Nota 2. A sostegno della denuncia, trasmettere solo copie dei documenti necessari ad un esame preliminare. 11 Il diritto di voto e di eleggibilità al parlamento Il Parlamento europeo è eletto direttamente dai cittadini europei dal 1979 in seguito ad una decisione degli Stati membri della Comunità europea di tre anni prima. Con la cittadinanza europea gli Stati si sono quindi limitati a riconoscere ai cittadini comunitari residenti in uno Stato membro diverso da quello di origine la possibilità di esercitare il loro diritto di voto presso tale Stato. Le modalità per l'esercizio di tale diritto, fanno salve le disposizioni di ogni Stato membro in materia di diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini che risiedono fuori del suo territorio elettorale. Ai sensi della legislazione italiana di attuazione i cittadini comunitari residenti in Italia possono esercitare i loro diritti relativamente al Parlamento europeo secondo le seguenti modalità: a) diritto di voto I cittadini comunitari residenti in Italia potranno quindi decidere, nel caso in cui il proprio Stato d'origine abbia adottato disposizioni analoghe a quelle dello Stato italiano, se esercitare il loro diritto di voto in questo modo oppure votare insieme ai cittadini italiani. Nel caso scelgano questa seconda possibilità, essi dovranno, analogamente a quanto previsto per le elezioni comunali, presentare domanda al Sindaco del comune di residenza per l'iscrizione presso la lista aggiunta entro e non oltre il 90° giorno anteriore alla data fissata per le elezioni europee. In tale domanda dovranno essere dichiarati: la volontà di esercitare esclusivamente in Italia il diritto di voto; la cittadinanza; l'indirizzo nel comune di residenza e nello Stato di origine; il possesso della capacità elettorale nello Stato d'origine; L'assenza di un provvedimento giudiziario, penale o civile, a carico, che comporti per lo Stato di origine la perdita dell'elettorato attivo. Unico documento che può essere richiesto a sostegno di tale domanda è la carta d'identità. Anche in questo caso verrà verificata l'assenza di cause ostative e si procederà all'iscrizione nelle liste elettorali, mentre rimane il diritto per coloro la cui domanda è stata rifiutata di presentare ricorso alle autorità competenti. Una volta iscritto in lista, il cittadino comunitario sarà cancellato d'ufficio per i motivi stabiliti dalla legge oppure dietro sua domanda. In caso di trasferimento all'estero è suo compito richiedere la cancellazione dalle liste. Anche per le elezioni europee le disposizioni italiane prevedono l'invio del certificato elettorale all'indirizzo di residenza dell'elettore. 12 b) diritto di eleggibilità La cittadinanza europea riconosce ai cittadini comunitari anche il diritto di eleggibilità presso lo Stato di residenza. Ai sensi della legislazione italiana di attuazione, all'atto di deposito delle candidature presso la Corte d'appello, il candidato dovrà presentare, oltre alla documentazione prevista per i candidati italiani, una dichiarazione formale contenente l'indicazione: della cittadinanza e dell'indirizzo in Italia; del comune o circoscrizione dello Stato di origine nelle cui liste è eventualmente iscritto; che non è candidato e che non presenterà la propria candidatura per la stessa elezione del Parlamento europeo in alcun altro Stato dell'Unione. È inoltre richiesta una certificazione dell'autorità competente dello Stato di origine attestante che l'interessato gode dell'elettorato passivo. Il diritto di voto e di eleggibilità per le elezioni comunali dello stato membro di residenza Ogni cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. I cittadini comunitari che risiedono in Italia possono partecipare alle elezioni per il rinnovo degli organi del comune e delle circoscrizioni secondo le seguenti modalità: a) diritto di voto Per esercitare il diritto di voto i cittadini comunitari interessati devono presentare al Sindaco una domanda di iscrizione alla lista elettorale aggiunta istituita presso il comune di residenza. In tale domanda dovranno essere dichiarati: la cittadinanza; l'attuale residenza nonché l'indirizzo nello Stato di origine; la richiesta di iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente nel comune, in caso di mancata iscrizione; la richiesta di iscrizione alla lista aggiunta. Tale domanda va presentata all'Ufficio elettorale del Comune, organo competente ad acquisire la documentazione per l'istruttoria di verifica dell'assenza di cause ostative all'iscrizione dell'interessato nella lista aggiunta. Tale istruttoria ha carattere simile a quella prevista per i cittadini italiani, essendo chiaramente prescritto dalla direttiva 94/80 che, per l'iscrizione nella lista elettorale, il 13 cittadino comunitario deve fornire le stesse prove dell'elettore cittadino dello Stato in cui si svolge la consultazione elettorale in questione. Unica eccezione è data dalla possibilità per lo Stato di richiedere un documento d'identità o una dichiarazione formale che ne attesti la nazionalità e la residenza nello Stato d'origine. Come visto, tale possibilità è stata sfruttata dal legislatore italiano. È necessario sottolineare che questa è la procedura da seguire in periodo non elettorale. Infatti nell'imminenza delle elezioni comunali, è previsto che la domanda di iscrizione alla lista aggiunta vada presentata entro e non oltre il 5° giorno dall'affissione dei manifesti di convocazione dei comizi elettorali. Al termine dell'istruttoria l'Ufficio elettorale provvederà ad inserire l'elettore nelle liste elettorali durante una delle revisioni semestrali e comunicherà l'avvenuto inserimento all'interessato. Nel caso in cui la domanda di iscrizione sia rifiutata, la comunicazione all'elettore conterrà anche l'indicazione dell'autorità competente a verificare la legittimità di tale rifiuto. Una volta iscritto in lista, il cittadino comunitario potrà votare per eleggere il Sindaco, il consiglio comunale ed il consiglio circoscrizionale. Come per i cittadini italiani, anche a lui sarà consegnato a casa il certificato elettorale indicante la circoscrizione elettorale a cui è stato assegnato ed il seggio a cui dovrà recarsi per esercitare il suo diritto di voto. La cancellazione dalla lista elettorale si avrà su richiesta dell'interessato oppure d'ufficio in uno dei casi previsti dalla legge. b) diritto di eleggibilità Utilizzando il potere discrezionale attribuito dalla direttiva allo Stato, il legislatore italiano ha riservato ai cittadini italiani la carica di sindaco, di vice sindaco e di presidente di circoscrizione, riconoscendo ai cittadini comunitari "l'eleggibilità a consigliere e l'eventuale nomina a componente della giunta, con l'esclusione della carica di vice sindaco" . I requisiti per l'eleggibilità e le incompatibilità sono le stesse previste per i cittadini italiani. Il cittadino comunitario che intenda candidarsi dovrà, tuttavia, all'atto di deposito della lista dei candidati, presentare oltre alla documentazione prevista per i cittadini italiani: una dichiarazione contenente l'indicazione della cittadinanza, dell'attuale residenza e dell'indirizzo nello Stato d'origine; un attestato, in data non anteriore a tre mesi, dell'autorità amministrativa competente dello Stato membro d'origine, dal quale risulti che l'interessato non è decaduto dal diritto d'eleggibilità. 14 La tutela da parte delle rappresentanze diplomatiche e consolari Ogni cittadino dell'Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Questa disposizione rappresenta l'elemento che maggiormente caratterizza la cittadinanza europea nei confronti dei Paesi Terzi e appare particolarmente significativa se si pensa che tutti gli Stati europei sono rappresentati solo in 5 Stati terzi e che in ben 17 Stati solo due paesi CE hanno una rappresentanza diplomatica e consolare. In base alla decisione 95/553/CE i cittadini europei, se si trovano in uno Stato terzo nel quale il proprio Stato non dispone di una rappresentanza diplomatica né consolare, possono godere, dietro presentazione di un documento attestante la loro nazionalità, della tutela diplomatica da parte di una ambasciata o di un consolato di un altro Stato membro, in caso di decesso, incidente o malattia grave, arresto o detenzione, per aiuto in caso di difficoltà e di eventuale rimpatrio. La decisione lascia tuttavia la possibilità di estendere la tutela anche a situazioni differenti da quelle elencate. Inoltre, nel 1996 è stata adottata una nuova decisione relativa all'istituzione di un documento di viaggio provvisorio che può essere richiesto in caso di smarrimento o di furto dei documenti di viaggio dai cittadini europei alle ambasciate e ai consolati di un altro Stato CE nel caso si trovino in un Paese terzo dove il loro Stato non è rappresentato. Sia la decisione del 1995 che quella del 1996 devono tuttavia essere sottoposte a provvedimenti nazionali ed entreranno in vigore solo quando tutti gli Stati avranno notificato al Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea l'adozione di tali provvedimenti. Attualmente non tutti gli Stati hanno adottato i provvedimenti necessari e i cittadini europei possono quindi contare solo sulla disponibilità data dai singoli Stati a dare attuazione temporanea alle decisioni in attesa della loro entrata in vigore. Il diritto ad accedere ai documenti del parlamento europeo, del consiglio e della commissione europea Ogni cittadino dell’Unione europea ed ogni persona residente in uno degli Stati membri ha il diritto ad accedere ai documenti del Parlamento europeo, e delle altre istituzioni proprie dell’Unione. In ognuno degli Stati membri è situato un Ufficio d’informazione presso il quale è attivo un servizio di documentazione e archivio aperto al pubblico. Tale servizio 15 offre la possibilità di consultare tutti i documenti ufficiali del Parlamento e delle altre Istituzioni dal 1952. I soggetti che maggiormente sono interessati alla consultazione, che avviene con l’ausilio di un funzionario, sono i giornalisti, i funzionari della Pubblica Amministrazione, gli studenti, i docenti e i cittadini che, per motivi personali o professionali, cercano una documentazione dettagliata. I documenti possono essere richiesti tramite internet o con lettera. Il richiedente deve ricevere una risposta entro 15 giorni lavorativi e se l’accesso è negato, tale rifiuto deve essere motivato da parte dell’Istituzione interpellata. A questo punto, il cittadino può domandarne un riesame e in caso di un’ ulteriore risposta negativa può agire per vie giudiziarie o presentare una denuncia al Mediatore Europeo compilando il relativo modulo. Può esserci un rifiuto solo nel caso in cui la visione dei documenti rischi di mettere in pericolo gli interessi pubblici nei settori della difesa, delle questioni militari, della politica economica e monetaria dell’UE o di uno Stato, oppure se sussista violazione della privacy. Inoltre motivo di accesso negato è la minaccia di interessi commerciali di un singolo o di una società, o una procedura giudiziaria o investigativa, o un controllo finanziario in corso. I documenti più consultati sono: trattati dell'Unione; processi verbali e resoconti delle discussioni in seduta plenaria; testi approvati dal Parlamento europeo; relazioni delle commissioni parlamentari; documenti relativi alle attività dei deputati; documenti delle delegazioni parlamentari; documenti degli altri organi del Parlamento; documenti sulle elezioni europee; relazioni annuali delle Istituzioni, degli organismi e delle Agenzie dell'Unione europea; documenti sul Trattato costituzionale europeo; documentazione sulla moneta unica. Diritto di circolazione e soggiorno La disciplina per il diritto di circolazione e soggiorno è differente a seconda che questo diritto sia fino a sei mesi, superiore a sei mesi o permanente. 16 Diritto di circolazione e soggiorno fino a 6 mesi Qualsiasi cittadino che intenda recarsi in uno Stato membro dell'Unione Europea, deve essere in possesso di passaporto valido o di carta d'identità e non può essergli imposto alcun visto di uscita o di ingresso. Lo Stato ospitante, concede agevolazioni al cittadino non in possesso dei documenti richiesti, facendogli ottenere o pervenire tali carte. Entro quindici giorni, il cittadino segnala la sua presenza sul territorio nazionale allo Stato ospitante. I familiari che non hanno la cittadinanza in uno degli Stati membri, dispongono degli stessi diritti di circolazione e soggiorno del cittadino che accompagnano. Essi devono essere in possesso del visto di breve durata che è considerato equivalente al permesso di soggiorno. Diritto di soggiorno per una durata superiore a sei mesi Il diritto di soggiornare per un periodo superiore a sei mesi resta soggetto ad alcune condizioni: esercitare un'attività in qualità di lavoratore subordinato o autonomo; disporre di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione malattia al fine di non divenire un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno. A questo proposito, gli Stati dell'Unione non possono fissare l'ammontare delle risorse considerate sufficienti; seguire una formazione professionale in qualità di studente; essere un familiare di un cittadino dell'Unione facente parte di una delle categorie sopra menzionate. Entro un periodo non inferiore a sei mesi lo Stato ospitante può richiedere al cittadino l'iscrizione presso le autorità competenti. Tale attestato viene immediatamente rilasciato presentando carta di identità o passaporto valido o qualsiasi altro mezzo che prova che egli è in possesso dei requisiti sopra elencati. I familiari di un cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro devono (chiedere una “carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell' Unione", che ha la validità di almeno cinque anni a partire dal suo rilascio e il decesso, la partenza dal territorio dello Stato membro ospitante del cittadino dell' Unione così come il divorzio o l'annullamento del matrimonio non pregiudicano il loro diritto di soggiorno. Diritto di soggiorno permanente Dopo aver risieduto legalmente per quattro anni all'interno dello Stato membro ospitante qualsiasi cittadino dell'Unione acquisisce il diritto di soggiorno permanente. In tale Stato le stesse disposizioni vengono applicate ai familiari 17 dell'interessato. Questo diritto si perde nel caso in cui non ci sia una permanenza per quattro anni consecutivi nello Stato ospitante. Se prima della scadenza di quattro anni consecutivi di residenza si verificano determinate condizioni il diritto di soggiorno permanente può ugualmente essere riconosciuto. La carta di soggiorno permanente deve essere rilasciata entro tre mesi dalla presentazione della domanda, ha una durata illimitata e può essere rinnovata ogni dieci anni. Restrizioni al diritto di ingresso e soggiorno per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza o di sanità pubblica. In caso di problemi di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o sanità pubblica, il cittadino dell'Unione o un suo familiare possono essere allontanati dallo Stato membro; ciò non è ammesso per ragioni economiche. Nel caso sussistano condanne penali queste non giustificano l'adozione di tale provvedimento, che deve basarsi sul comportamento personale dell'interessato che causa effettive e gravi minacce per lo Stato ospitante. L'allontanamento non può essere giustificato dalla scadenza del documento che ha consentito al cittadino l'ingresso del paese. Gli elementi da valutare prima di adottare un provvedimento di espulsione sono: la durata della residenza dell'interessato nel territorio dello Stato membro; l'età dell'interessato; il suo stato di salute; la sua situazione familiare; i legami con i paesi di origine; il grado di integrazione sociale nel paese che lo ha accolto. Il provvedimento di allontanamento deve essere notificato e motivato all’interessato. Devono essere anche indicati i mezzi di ricorso disponibili e i termini entro cui agire. Il territorio può essere lasciato non prima di quindici giorni. La restrizione ha carattere permanente ma può essere richiesto il riesame dopo due anni. 18 TERZA PARTE La condizione giuridica dello straniero extracomunitario 19 1. Condizione giuridica dello straniero A partire dagli anni Ottanta, le politiche in materia di immigrazione sono divenute sempre più concordi in tutti gli Stati dell’Europa Occidentale. Essa presenta due tendenze principali: da un lato, limitazioni restrittive a nuovi arrivi, secondo caratteristiche comuni: programmazione dei flussi, regole e procedure per l’ingresso, incoraggiamento al rientro volontario nei paesi di origine, ecc. Dall’altro, un orientamento più liberale rispetto alle leggi per la naturalizzazione degli immigrati di lunga permanenza o di seconda generazione; sulla concessione di status di residenza semi-permanenti; sulla concessione dei diritti di partecipazione politica e sociale, compreso il diritto di voto nelle consultazioni amministrative. Dall’integrazione comunitaria sono stati esclusi sin dal principio i cittadini degli stati terzi. La preferenza accordata all’inizio ai lavoratori comunitari, era giustificata dalla circostanza che solo un quarto dei lavoratori migranti presenti, all’epoca, nel territorio della Comunità proveniva da Stati terzi. Questa situazione si è, col tempo, gradualmente modificata nel senso di una partecipazione sempre più rilevante degli stranieri extra-comunitari allo sviluppo economico e sociale dell’Europa. Per questa ragione, il problema di una regolamentazione comune dell’immigrazione è divenuta una priorità dell’Unione. Oggi, il secondo Trattato sull'Unione Europea, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999, contiene importanti novità nelle materie dell'immigrazione e dell'asilo (titolo IV, articoli 61-69, Trattato CE "Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone" che riguarda: l'attraversamento delle frontiere esterne ed interne dell'Unione; l'asilo, l'immigrazione, la politica nei confronti dei cittadini degli stati terzi; la cooperazione giudiziaria in materia civile). Queste materie entrano a far parte del "primo pilastro" dell'Unione Europea, determinando il passaggio dal metodo intergovernativo all’applicazione del diritto comunitario "sovranazionale". Ne consegue un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e della Corte europea di giustizia. È tuttavia previsto un periodo transitorio di cinque anni prima della integrale applicazione delle procedure comunitarie. Non appena vi sarà il necessario consenso, si stabilirà uno "spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia", senza controlli delle persone alle frontiere interne, indipendentemente dalla loro nazionalità. In sostanza, il Trattato di Amsterdam stabilisce una comunitarizzazione graduale della politica migratoria e un termine (cinque anni), affinché gli Stati membri arrivino ad avere una politica comune in materia di immigrazione. Nel corso di questo periodo, ci si attende che il Consiglio Europeo adotti misure in materia di condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi, fissando requisiti e condizioni in base ai quali cittadini dei paesi terzi, legalmente residenti in uno stato membro, possano eventualmente spostare la residenza in un altro Stato membro. 20 La cittadinanza italiana La legge n° 91 del 5 febbraio 1992 (che ha sostituito la vecchia legge n° 555 del 13 giugno 1912) prevede diverse modalità di acquisto della cittadinanza. Il riconoscimento della cittadinanza può avvenire: per nascita, riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione, adozione, discendenza, acquisto o riacquisto da parte del genitore, matrimonio, nascita e residenza in Italia, naturalizzazione. Alcune possibilità di acquisto della cittadinanza sono automatiche: nascita sul territorio italiano (ius soli o diritto di suolo), genitori ignoti o apolidi, oppure i genitori stranieri che non trasmettono la propria cittadinanza al figlio secondo le disposizioni della legge dello Stato di appartenenza; minore rinvenuto in una condizione di abbandono sul territorio italiano, riconoscimento di paternità o maternità o a seguito di dichiarazione giudiziale di filiazione durante la minore età del soggetto; filiazione; adozione. Altri casi sono subordinati al verificarsi di determinate condizioni, alla dichiarazione di volontà dell’interessato e/o a decisione dell'autorità (per matrimonio e per naturalizzazione). Contro i provvedimenti di rigetto delle istanze di acquisto della cittadinanza italiana, è possibile proporre ricorso al Tar del Lazio. Nei casi in cui l'acquisto o il riconoscimento della cittadinanza italiana può essere configurato come un diritto (ad esempio riconoscimento per nascita o per matrimonio), inoltre, il riconoscimento dello status di cittadino italiano può anche essere richiesto al giudice ordinario, sia direttamente sia dopo aver chiesto e non ottenuto il riconoscimento da parte dell'autorità amministrativa. Lo straniero nel diritto italiano Per quanto riguarda la condizione giuridica dello straniero, l’ordinamento italiano si conforma ai trattati ed alle norme internazionali (art. 10 Cost.). Lo straniero che non può esercitare le libertà democratiche nel suo Paese, ha diritto d'asilo in Italia, secondo le condizioni stabilite dalla legge e non può essere estradato per motivi politici. La normativa italiana è intervenuta recentemente su tutta la condizione dello straniero dopo che il Parlamento aveva ripetutamente richiesto al Governo di abbandonare, il ricorso a provvedimenti parziali (decreto legge n. 489 del 1995 e successive reiterazioni). La legge n° 40 del 6 marzo 1998 sull'immigrazione fissa indirizzi, obiettivi e regole, mentre affida al Governo e all'Amministrazione, l'attuazione. La tipologia di legislazione adottata non esclude la possibilità di correzioni e innovazioni ma, nell’evoluzione delle politiche dell'immigrazione, conserva le norme fondamentali con effetti di certezza sulle procedure amministrative. Per quanto riguarda l'ingresso e il soggiorno per motivi di lavoro subordinato, stagionale, e di lavoro autonomo (art. 19 e ss.), sono previste quote di ingresso che sono stabilite annualmente con uno o più decreti che tengano conto dei dati 21 occupazionali. Stabilendo accordi con i Paesi d'origine, verranno predisposte apposite liste a cui potranno iscriversi i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro. La legge introduce, inoltre, la nuova figura del garante per il cittadino straniero che intenda entrare in Italia per trovare lavoro (articolo 21). Un cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante, oppure le regioni, gli enti locali, le associazioni sindacali e professionali, le associazioni del volontariato operanti da almeno tre anni nel settore dell'immigrazione, in presenza dei requisiti fissati con apposito decreto, potranno farsi garanti assicurando allo straniero l'alloggio e la copertura dei costi di mantenimento e assistenza sanitaria per la durata, annuale, del permesso di soggiorno. Lo straniero regolarmente soggiornante o che abbia chiesto il rinnovo del titolo per lavoro, motivi familiare, asilo politico o umanitario, adozione, affidamento, acquisto della cittadinanza è iscritto di diritto al servizio sanitario nazionale (articolo 32). L'assistenza sanitaria spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Chi non è compreso in queste categorie deve assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità, sottoscrivendo una polizza assicurativa in un istituto italiano o straniero valida sul territorio oppure mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale. Quanto ai profili penali, la scelta più rilevante è quella di non incriminare l’ingresso clandestino in quanto tale sulla base di comprensione e solidarietà verso quanti, preda di indigenza e disperazione giungono in Italia, pur senza autorizzazione. Altrettanto vale per la non punibilità di chi presta a stranieri presenti in Italia e in stato di bisogno soccorso e assistenza umanitaria (comma 2 dell’art. 12, fermo quanto stabilito dall’art. 54 c.p.). Dopo la nuova legge sull'immigrazione (l. n. 40 del 1998), e relativi regolamenti di attuazione, è emersa l'impossibilità di far fronte al fenomeno dell’ immigrazione, in assenza di una sanatoria e di credibili flussi di ingresso legale per ricerca di lavoro. Per quanto concerne il tema delle regolarizzazioni, il decreto legislativo (n°113 del 13 aprile 1999, Disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione, G.U. n. 97 del 27 aprile 1999) introduce disposizioni transitorie alla legge sull'immigrazione, prevedendo la possibilità di regolarizzare la presenza in Italia per gli stranieri già presenti sul territorio alla data del 27 marzo 1998, in possesso dei requisiti previsti per tale situazione. Contro l’ingresso e il soggiorno indesiderato sono previsti due istituti: l'espulsione e il respingimento. Con il respingimento si intende impedire l'ingresso nel territorio dello Stato allo straniero che si presenti alle frontiere senza i requisiti richiesti o che cerchi di introdursi clandestinamente (articolo 8). A tal fine vengono posti a carico del vettore che trasporti uno straniero alcuni obblighi e sanzioni. Nel caso in cui lo straniero sia stato accettato come passeggero senza documenti legittimanti all'ingresso in Italia, il vettore è obbligato a riprenderlo in carico per ricondurlo nello Stato di provenienza. 22 L'espulsione (articolo 11 della legge n. 40 del 1998) viene disposta dal Ministro dell'Interno o dal prefetto per motivi di ordine pubblico, commissione di reati, irregolarità di ingresso, o per contrastare la permanenza abusiva sul territorio dello Stato. Nel caso di procedimento penale in corso o arresto in flagranza è preceduta dal nulla osta del giudice che procede. L'espulsione è eseguita dal questore, con accompagnamento alla frontiera tramite la forza pubblica, quando lo straniero resta in territorio italiano oltre il limite fissato con l'intimazione o quando per circostanze obbiettive vi sia il concreto pericolo che lo straniero si dia alla clandestinità. La materia del diritto di asilo riceverà probabilmente presto una nuova disciplina. È stato approvato al Senato un disegno di legge presentato dal Governo e recante norme in materia di protezione umanitaria e di diritto di asilo. L'articolo 10, terzo comma della Costituzione, prevede che ha diritto di asilo in Italia lo straniero "al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ", a prescindere quindi dal fatto che il richiedente asilo abbia o meno subito una persecuzione individuale. Recentemente, però, la Corte di Cassazione ha stabilito che lo straniero cui sia stato impedito l'esercizio delle libertà garantite dalla Costituzione italiana e non ha tuttavia subito persecuzioni individuali (ad es. proviene da una dittatura), può chiedere direttamente al giudice ordinario il riconoscimento del diritto di asilo garantito dalla Costituzione, al di là quindi del riconoscimento dello status di rifugiato. Lo straniero che intende entrare in Italia per chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato deve presentare, al momento del suo ingresso in Italia, un'istanza all'ufficio della polizia di frontiera. La domanda, esaminata dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, viene accolta solo nel caso in cui, a giudizio della Commissione, il candidato rientri nella definizione di rifugiato di cui all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra. A seguito del riconoscimento dello status viene concesso un permesso di soggiorno. Sono state inoltre introdotte alcune forme di asilo umanitario, nel caso di afflusso di massa di profughi provenienti da paesi coinvolti in conflitti bellici o devastati da guerre civili. Tali forme di asilo riguardano, o hanno riguardato, solo coloro i quali provengono da ben determinate aree geografiche (ex Jugoslavia, Somalia, Albania), e sono destinate generalmente a perdurare solo fino a che non sia tornata nel paese di origine una situazione di normalità, e non sia quindi possibile il rimpatrio dei profughi. 23 2. Nozione di extracomunitario Letteralmente, l’aggettivo "extracomunitario" indica cose e persone che appartengono a (o provengono da) paesi estranei alla Comunità economica europea. È una parola piuttosto recente, visto che la prima attestazione registrata dai dizionari risale al 1980, e del resto è recente anche l’abitudine mentale di riferirsi alla Cee come alla comunità per antonomasia. Nato nel marzo 1957 con la firma del trattato di Roma, questo organismo internazionale infatti nei primi anni della sua esistenza non interferiva che superficialmente con la vita politica e civile degli stati aderenti (che all’inizio erano solo sei, fra cui l’Italia); più incisivamente esso agiva semmai sul piano dell’economia, cercando di razionalizzare con incentivi o limitazioni la produzione industriale e agro-alimentare dei singoli paesi. Ma i semplici cittadini cominciarono a sentirsi membri della comunità in maniera più consapevole quando furono chiamati per la prima volta a eleggerne direttamente i parlamentari, nel giugno del 1979: da allora è proseguito a ritmo sempre più serrato il processo di integrazione, mentre parallelamente cresceva il numero degli stati membri (attualmente 25, con l’ingresso di nuovi 10 paesi nel 2004). Non passa giorno che sugli organi d’informazione non si parli della comunità, dei sacrifici necessari per allinearsi con i requisiti indicati dal trattato di Maastricht e al trattato di; e non se ne discute solo da un’ottica economico-finanziaria, bensì anche come organismo ispiratore di provvedimenti legislativi e controllore di un’equilibrata e coerente crescita civile. Ma tornando alla parola extracomunitario, c’è da osservare che, a rigore, essa dovrebbe applicarsi a tutti gli abitanti di paesi non-Cee, per esempio anche ai cittadini svizzeri, norvegesi, statunitensi, israeliani e così via; sappiamo invece per esperienza quotidiana che non è così: quando si parla di "extracomunitari" si allude quasi esclusivamente agli immigrati che vengono dall’Africa o dall’Albania o dai territori curdi, spesso malconci e disperati, in gran numero clandestini. Definirli "extracomunitari", con una parola asettica dal sapore geograficoamministrativo, significa censurare altre etichette possibili, più esplicite e referenziali, ma meno "politicamente corrette"; significa in altre parole ricorrere a un eufemismo. "Extracomunitario" dunque si allinea con la serie di definizioni addolcite che presentano il cieco come "non vedente", il sordo come "audioleso", il paraplegico come "non deambulante" o "portatore di handicap", il negro come "uomo di colore" (espressione, quest’ultima, che fra l’altro è sgradita agli interessati). 24 3. Ingresso e soggiorno I documenti necessari per l'ingresso nel territorio dello Stato sono il passaporto valido e il visto di ingresso. Il visto è rilasciato dalle autorità diplomatiche italiane nello stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Ai fini del rilascio del visto, lo straniero deve indicare le proprie generalità complete, gli estremi del passaporto ed essere in possesso di idonea documentazione da cui risulti: - il motivo e le condizioni del soggiorno; - i requisiti necessari per il tipo di soggiorno richiesto; - la disponibilità di mezzi di sussistenza per la durata del viaggio e del soggiorno; - le condizioni di alloggio; - l'indicazione dei mezzi di trasporto utilizzati; - il nulla osta della Questura ; - il non essere considerati una minaccia per l'ordine pubblico e per la sicurezza dello Stato italiano, nonché per gli altri stati con cui l'Italia ha sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere. In ogni caso, l'ostacolo maggiore per la concessione del visto sembra rappresentato dalla previsione di un budget iniziale, senza il quale la domanda non viene presa in esame. Il Ministero dell'interno ha stabilito l'ammontare dei mezzi di sussistenza richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato in relazione alle differenti tipologie di visti. Lo Stato si riserva il diritto di non dare accoglienza a quanti, fra coloro intenzionati ad immigrare, non riescano a dimostrare il possesso di una base economica di partenza che li garantisca almeno nelle prime fasi dell'ambientamento. In questo atteggiamento, comune a tutti gli stati terra di immigrazione, risiede il motivo per cui le maggiori comunità immigrate provengano da paesi le cui economie garantiscano almeno le condizioni di vita essenziali. Il decreto del Ministero degli Affari esteri del 12 Luglio 2000, individua 21 differenti tipologie di visti di ingresso, distinte sia nei requisiti per la concessione sia nella durata. I visti di breve durata sono disposti per affari, gara sportiva, invito, transito, trasporto e turismo. In questi casi non possono superare i 90 giorni e i titolari non hanno diritto ad un permesso di soggiorno. I visti superiori ai 90 giorni sono invece titolo per l'ottenimento di un permesso ma la concessione è ovviamente subordinata anche alle altre condizioni che la legge richiede. In ogni caso tipologia dei visti e quella dei permessi corrispondono e la durata del soggiorno è sempre quella impressa nel visto. Il documento di soggiorno non ha più una valenza biennale generale come nella precedente normativa, ma diversificata a seconda dei motivi che ne hanno legittimato il rilascio. La durata del permesso non può essere superiore a tre mesi 25 per affari, turismo, visite; superiore a 6 mesi per lavoro stagionale; superiore ad un anno per studio; superiore a due anni per lavoro subordinato, autonomo, ricongiungimento familiare. Trenta giorni prima della scadenza, su richiesta dello straniero, il permesso di soggiorno viene rinnovato. Il rifiuto del rinnovo è comunicato con provvedimento motivato. Il mancato rinnovo, come la revoca, sono previsti nel caso in cui vengano a mancare le condizioni per l'ingresso; a tal fine le autorità di pubblica sicurezza sono autorizzate a richiedere informazioni o atti comprovanti la disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al mantenimento proprio e dei familiari conviventi. Fra le norme in tema di soggiorno, trova spazio lo speciale permesso di soggiorno che il questore concede alla persona immigrata che si trovi in situazione di grave sfruttamento o pericolo. La disposizione è pensata per allontanare la persona dal controllo dell'organizzazione criminale e indirizzarla verso un programma di assistenza e di protezione sociale. Si tratta quindi di una disposizione a carattere umanitario volta a proteggere le persone clandestine, la cui situazione precaria le rende spesso vittime di reati quali riduzione in schiavitù e sfruttamento. 3.1 CARTA DI SOGGIORNO Nel Parlamento italiano, la concessione del voto che scaturiva dalla carta di soggiorno fu ampiamente discussa in sede di approvazione, ma la rigidità e l'ostruzionismo delle forze di opposizione, riuscirono a farla eliminare dal progetto iniziale. La carta di soggiorno risultò essere così un istituto ibrido, mancante di quel presupposto essenziale per la quale era stata ideata,il voto amministrativo. Il documento viene rilasciato quando lo straniero soddisfi i seguenti requisiti: - regolarmente soggiornante in Italia da almeno 5 anni; - titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero illimitato di rinnovi ; - titolare di un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei propri familiari; - esente da procedimento giudiziario per taluno dei delitti di cui all'art. 380 del Codice di Procedura Penale. La carta è rilasciata dopo 90 giorni e non è soggetta a rinnovo. In caso di condanna, anche solo in primo grado, per uno dei reati dell'art. 380, del T.U. dell’immigrazione, la carta è ritirata con possibilità di procedere ad espulsione. Il titolare, oltre ad accedere nel territorio senza bisogno del visto, può svolgere ogni attività lecita che la legge non riservi espressamente al cittadino ed ha facoltà di accedere ai servizi e alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione; non può essere espulso che per gravi motivi di ordine pubblico. 26 4. Diritti principali dell’extracomunitario 4.1 ASSISTENZA SANITARIA Il Testo Unico sull’immigrazione disciplina la materia dell’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri soggiornanti sul territorio nazionale, identificando tre distinte categorie di beneficiari: gli stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale; gli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale; gli stranieri che entrano in Italia per motivi di cura. Il Ministero della Sanità, ha fornito le indicazioni utili per la tutela della salute del cittadino straniero seguendo la stessa ripartizione in tre categorie degli stranieri beneficiari dell’assistenza sanitaria: 1) stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale L’iscrizione può essere obbligatoria oppure volontaria. L’iscrizione è obbligatoria per tutti gli stranieri, e per i loro familiari a carico regolarmente soggiornanti (ad esclusione dei familiari a carico di studenti e di stranieri collocati alla pari), titolari di permesso di soggiorno per motivo di: a) lavoro subordinato o autonomo; b) iscrizione nelle liste di collocamento; c) famiglia; d) asilo politico; e) asilo umanitario; f) richiesta di asilo (che non partecipa alla spesa delle prestazioni sanitarie fornite); g) attesa adozione e affidamento; h) acquisto di cittadinanza. I cittadini stranieri iscritti obbligatoriamente al servizio sanitario nazionale hanno parità di diritti e di doveri rispetto ai cittadini italiani riguardo l’obbligo contributivo, l’assistenza sanitaria erogata in Italia dal S.S.N. e la sua validità temporale. L’iscrizione si effettua presso la ASL di residenza o di dimora (quella indicata sul permesso di soggiorno) e vale fino allo scadere del permesso. Per iscriversi sono sufficienti il permesso di soggiorno, il codice fiscale ed il certificato di residenza (sostituibile, se lo straniero non è residente, con una sua dichiarazione scritta di dimora abituale). Se uno straniero non ha ancora formalizzato la sua iscrizione, ciò non comporta in alcun modo l’impossibilità di beneficiare dell’assistenza: anzi l’iscrizione sarà fatta d’ufficio. Infatti, l’iscrizione al servizio sanitario nazionale consegue direttamente 27 al rilascio del permesso di soggiorno ed, in tal caso, il diritto all’assistenza sanitaria retroagisce a partire dalla data di ingresso dello straniero in Italia. Per mantenere l’iscrizione al servizio sanitario nazionale allo scadere del permesso di soggiorno è sufficiente che lo straniero esibisca all’anagrafe sanitaria il cedolino della richiesta di rinnovo rilasciato dalla Questura ovvero il titolo rinnovato. L’iscrizione cessa in caso di mancato rinnovo, revoca o annullamento del permesso di soggiorno ovvero per espulsione, comunicati alla A.S.L. dalla Questura, salvo che lo straniero esibisca la documentazione comprovante la pendenza di un ricorso gerarchico o giurisdizionale avverso i suddetti provvedimenti. L’iscrizione volontaria è prevista per gli stranieri, e per i loro familiari a carico (ad esclusione dei familiari a carico di studenti e di stranieri collocati alla pari), regolarmente soggiornanti in Italia che pur non rientrando nell’ipotesi di iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale sono, comunque, tenuti a stipulare o una polizza assicurativa privata ovvero ad iscriversi facoltativamente al S.S.N.. L’iscrizione volontaria non è consentita ai cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno di durata inferiore ai tre mesi, ad eccezione degli studenti o delle persone alla pari che possono richiedere l’iscrizione anche per periodi inferiori. Il Testo unico sull’immigrazione ed il regolamento di attuazione prevedono, per quanto concerne le categorie di stranieri interessate all’iscrizione volontaria, che gli stessi soggetti al momento del ritiro del permesso di soggiorno debbano esibire alla Questura la documentazione attestante l’assolvimento degli obblighi in materia sanitaria. In tal caso, l’azienda sanitaria locale, dietro presentazione del “cedolino” e della ricevuta di versamento del contributo, procederà ad iscrivere lo straniero, ma, diversamente dall’ipotesi dell’iscrizione obbligatoria, l’efficacia delle prestazioni sanitarie è operante solo a seguito della presentazione alla A.S.L. del permesso di soggiorno. 2) stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale. Si deve distinguere tra gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia non tenuti all’iscrizione né obbligatoria né volontaria al S.S.N. e gli stranieri sprovvisti del permesso di soggiorno. Agli stranieri titolari del permesso di soggiorno sono assicurate le prestazioni ospedaliere urgenti e le prestazioni sanitarie di elezione previo pagamento delle relative tariffe, determinate dalle Regioni e dalle Province autonome. Agli stranieri sprovvisti di titolo di soggiorno sono riconosciute le seguenti prestazioni sanitarie: cure ambulatoriali ed ospedaliere, urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio; interventi di medicina preventiva e di prestazioni di cura ad essa correlate (tutela della gravidanza e della maternità, tutela della salute del minore, vaccinazioni, interventi di profilassi, cura e diagnosi delle malattie infettive). Le prestazioni sono erogate senza oneri per gli stranieri, se privi di risorse economiche, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità di condizioni 28 con il cittadino italiano. Lo stato di indigenza può essere attestato con una autodichiarazione presentata all’ente sanitario erogante. Il cittadino straniero non in regola con le norme del soggiorno deve richiedere alle competenti strutture della ASL il rilascio del codice identificativo “STP”, valido su tutto il territorio nazionale, con durata di sei mesi, scaduti i quali dovrà esserne richiesto il rinnovo alla ASL di effettiva dimora. L’attestato su cui è riportato il codice deve essere esibito ad ogni richiesta di prestazione ai servizi sanitari della ASL; in caso di smarrimento ne potrà essere richiesto un duplicato presso un qualsiasi presidio della ASL abilitato al rilascio di questo tipo di documento. L’accesso alle strutture sanitarie non comporta alcun obbligo di segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto medico, a parità di condizioni con il cittadino italiano. Nella parte relativa al trattamento degli stranieri non iscritti al SSN, il Testo Unico sull’immigrazione precisa che restano salve le norme che disciplinano l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati ed accordi internazionali di reciprocità sottoscritti dall’Italia. Si tratta di soggetti che hanno diritto all’erogazione in Italia di prestazioni di assistenza sanitaria: i cittadini comunitari, in base ai trattati ed ai regolamenti della Comunità europea, e i cittadini di altri Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi bilaterali o multilaterali in questo senso. 3) stranieri che entrano in Italia per motivo di cura Sono previste tre diverse fattispecie: a) lo straniero che chiede all’Ambasciata italiana il rilascio del visto di ingresso per motivo di cure mediche. A tal fine lo straniero deve produrre una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio e la durata presumibile della cura; un’attestazione dell’avvenuto deposito, a favore della struttura sanitaria prescelta, di una somma a titolo di deposito cauzionale pari al 30% del costo complessivo presumibile delle prestazioni richieste e documentazione comprovante, anche attraverso un garante, la disponibilità di risorse economiche sufficienti per le spese di mantenimento in Italia; b) lo straniero che venga trasferito per cure in Italia nell’ambito di interventi umanitari; c) lo straniero che venga trasferito in Italia nell’ambito di programmi di intervento umanitario delle regioni. Nella circolare degli Interni si precisa che nel caso di stranieri che hanno diritto all’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale (rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per iscrizione nelle liste di collocamento, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per motivi umanitari, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza) non deve essere richiesta la preventiva iscrizione al S.S.N. dal 29 momento che la stessa verrà formalizzata a seguito del rilascio del permesso di soggiorno. L’assolvimento degli obblighi in materia sanitaria deve essere richiesto solo a coloro che si iscrivono volontariamente al S.S.N., i quali possono chiedere provvisoriamente l’iscrizione sulla base della ricevuta di richiesta del permesso di soggiorno, iscrizione che perfezioneranno a seguito della presentazione alla A.S.L. del permesso di soggiorno. La circolare prevede, inoltre, che l’iscrizione al S.S.N. sia preclusa agli stranieri in possesso del permesso di soggiorno di durata inferiore a tre mesi, i quali hanno comunque l’obbligo di stipulare apposita polizza assicurativa con un istituto italiano o straniero 4.2 LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE Un cittadino extracomunitario con regolare permesso di soggiorno per lavoro in Italia può utilizzare quel permesso di soggiorno solo per lavorare in Italia e la circostanza del soggiorno regolare non costituisce al momento una condizione in preferenza o di agevolazione per poter andare a lavorare in altri paesi dell’UE. Attualmente il permesso di soggiorno italiano per motivi di lavoro, di tipo rinnovabile, può essere utilizzato come se fosse una sorta di visto d’ingresso per turismo, nel senso che lo straniero autorizzato al soggiorno di tipo rinnovabile per motivi di lavoro in uno dei Paesi che aderiscono al Trattato di Schengen (comprendente tutti i paesi UE, tranne Inghilterra, Irlanda, Islanda e Norvegia), può spostarsi negli altri Paesi senza che vi sia la necessità di richiedere preventivamente il visto d’ingresso per turismo. In altre parole, il possesso del permesso di soggiorno di uno dei paesi dello spazio Schengen, equivale all’autorizzazione a spostarsi per motivi di breve soggiorno essenzialmente di tipo turistico, senza poter svolgere attività lavorativa. Ciò non esclude che la persona sia obbligata a rispettare le norme in materia d’ingresso e soggiorno vigenti nei diversi Paesi UE e, quindi, a dichiarare la propria presenza non appena arrivata. È comunque prevista la possibilità futura di una soluzione per la situazione sopra prospettata, una sorta di libertà di circolazione all’interno dell’UE degli stranieri legalmente soggiornanti. Gli stati membri devono conferire lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini dei paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio immediatamente prima della presentazione della pertinente domanda. Devono inoltre rilasciare al soggiornante di lungo periodo un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, valido per almeno cinque anni e automaticamente rinnovabile alla scadenza previa domanda. Secondo questa direttiva il soggiornante di lungo periodo acquisisce il diritto di soggiornare, per un periodo superiore a tre mesi, nel territorio di qualsiasi Stato membro sulle seguenti basi: 30 - esercizio di un’attività economica in qualità di lavoratore autonomo o dipendente; - frequentazione di corsi di studio o di formazione professionale; - altri scopi. Ciò sarà possibile senza che vi sia la necessità di avviare una nuova pratica di immigrazione (come se partissero per la prima volta dal loro Paese). La direttiva dedicata ai soggiornanti di lungo periodo è comunque attualmente, come sopra precisato, una norma a contenuto di programma che obbliga il legislatore italiano (e i legislatori di tutti gli altri paesi dell’UE) a recepire questa nuova forma di libertà di circolazione nel termine dalla stessa prefissato. 4.3 DIRITTO DI DIFESA Lo straniero sottoposto a procedimento penale e' autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali e' necessaria la sua presenza. L'autorizzazione e' rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'imputato o del difensore. 4.4 DIRITTO ALL’UNITA’ FAMILIARE Il diritto all'unità familiare trova realizzazione nella legge, con l'istituto del ricongiungimento familiare e la previsione di uno speciale visto di ingresso per i parenti del soggiornante. La politica familiare attuata cerca di reprimere il fenomeno dei ricongiungimenti di fatto nella clandestinità, estendendone il diritto a tutti i possessori di permesso di soggiorno di durata almeno annuale. Per ottenere il ricongiungimento con la propria famiglia la legge richiede comunque che vengano soddisfatte alcune condizioni, senza le quali i permessi non sono concessi. Lo straniero che intenda richiedere il ricongiungimento deve poter dimostrare: - la disponibilità di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalle leggi regionali per gli alloggi di edilizia residenziale; - la disponibilità di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'mporto annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'assegno annuo se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Lo straniero, per ottenere il nulla osta al ricongiungimento, deve presentare la domanda alla questura del luogo di residenza, corredata della prescritta documentazione. La domanda può essere relativa ai seguenti familiari: 31 - coniuge non legalmente separato; - figli minori a carico anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati a condizione che l'altro genitore qualora esistente abbia dato il consenso; - genitori a carico; - parenti entro il terzo grado a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana. I parenti dello straniero, una volta nel territorio italiano, diventano titolari di uno specifico permesso di soggiorno per motivi familiari. La legge dispone che questo permesso sia soggetto agli stessi limiti temporali di quello del congiunto, prevedendone anche il rinnovo insieme a quest'ultimo in modo da assicurare l'unità del nucleo familiare. 4.5 DIRITTO ALL’ABITAZIONE Lo straniero, regolarmente soggiornante, può accedere agli alloggi sociali, collettivi o singoli messi a disposizione dai comuni, dalle associazioni di volontariato o da altri enti pubblici o privati. Gli alloggi, organizzati in forma di pensionato, devono garantire una sistemazione dignitosa, ma con prezzi ridotti, in attesa di trovare una sistemazione definitiva. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o del permesso di soggiorno, che esercitano un lavoro subordinato o autonomo o siano almeno iscritti nelle liste di collocamento, hanno diritto ad accedere, a parità di condizioni con i cittadini italiani, ai sevizi di intermediazione offerti dalle agenzie sociali di Regioni ed enti locali, che si propongono di facilitare l'accesso agli alloggi ed al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione. 4.6 EDUCAZIONE INTERCULTURALE Il legislatore ha considerato prioritario fin dall'inizio del fenomeno, sia il diritto all'istruzione che la tutela delle identità culturali. L'obbligo scolastico per ogni minore straniero presente nel territorio italiano, fu introdotto già nel 1989. In quel periodo, nonostante indirizzi legislativi tendenti ad una marcata distinzione tra immigrati irregolari e regolari, furono emesse numerose circolari ministeriali dirette ad accogliere nelle scuole ogni minore straniero indipendentemente dal suo status 4. Nel 1995, sempre grazie all'intervento ministeriale, venne superata anche la contraddittoria formula dell'ammissione con riserva per i figli di immigrati irregolari. In considerazione della norma costituzionale secondo la quale “la scuola è aperta a tutti”. (art.34 Cost. e art. 45 Dpr 31/8/1999 n°394). 4 32 4.7 TUTELA DEI MINORI La seconda parte del IV titolo è occupata dalle disposizioni dedicate alla tutela dei minori, considerate uno degli elementi più innovativi del Testo Unico sull’immigrazione. Le disposizioni del testo riferiscono la posizione giuridica del minore a tre distinti periodi di età. Fino ai 14 anni, il ragazzo non è in possesso di un autonomo permesso di soggiorno ma risulta iscritto in quello di uno o di entrambi i genitori seguendo la condizione giuridica di questi (fra i due, la più favorevole). Al compimento del quattordicesimo anno di età, se in precedenza regolarmente iscritto nel permesso del genitore, il minore diviene titolare di un permesso per motivi familiari o, nel caso in cui il genitore convivente ne possieda una, di una carta di soggiorno. Infine, al compimento della maggiore età, come conseguenza dell'iter descritto, il ragazzo può richiedere un permesso per motivi di studio o di lavoro, la cui concessione è subordinata però alla soddisfazione dei requisiti e degli adempimenti richiesti per la prestazione di garanzia 5. Obblighi del datore di lavoro per l’assunzione di extracomunitari Il datore di lavoro che intenda instaurare un rapporto di lavoro con un cittadino non appartenente all'Unione europea o apolide può assumere sia uno straniero già regolarmente soggiornante in Italia e che quindi è già in possesso di un permesso di soggiorno a titolo di lavoro autonomo, ricongiungimento familiare o studio, sia un soggetto che ancora si trova nel proprio paese d'origine. In questo caso il datore di lavoro deve preliminarmente concludere con il lavoratore straniero un accordo di lavoro e presentare alla Direzione provinciale del lavoro la richiesta di autorizzazione. Nel primo caso, come già detto, si applicano le procedure normali. Nel secondo caso occorre procedere ad una serie di atti e formalità, che di seguito vengono elencate: Il datore di lavoro richiede alla Direzione provinciale del lavoro competente l'autorizzazione al lavoro dello straniero residente all'estero. La richiesta deve contenere: - generalità del titolare o legale rappresentante dell'impresa, denominazione e sede - generalità del/dei lavoratore/i straniero/i da assumere -impegno ad assicurare il trattamento retributivo e assicurativo a norma di legge o in relazione ai contratti collettivi di lavoro applicabili - sede dell'impresa o dello stabilimento in cui verrà svolto il lavoro - indicazione delle modalità di alloggio del lavoratore straniero 33 Inoltre dovranno essere allegati: - certificato di iscrizione alla Camera di commercio - copia del contratto di lavoro stipulato con il lavoratore straniero; - copia della documentazione fiscale del datore di lavoro atta a dimostrare la sua capacità economica. Ottenuta l'autorizzazione, che deve essere rilasciata entro venti giorni dalla domanda, il datore di lavoro la presenta alla Questura competente per territorio per l'apposizione del nulla osta provvisorio ai fini dell'ingresso. Tale nulla osta viene rilasciato dopo che sia stato verificato che: - nei confronti del lavoratore straniero non sussistano motivi ostativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia - nei confronti del datore di lavoro (o rappresentante legale o componenti dell'organo di amministrazione della società) non sussistano denunce per violazione delle norme penali relative all'immigrazione. L'autorizzazione ed il relativo nulla osta debbono essere inviate al lavoratore straniero interessato, il quale, entro sei mesi dalla data dell'autorizzazione, presenterà la documentazione alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per il rilascio del visto. Il visto d'ingresso è rilasciato entro trenta giorni dalla domanda. Entro otto giorni dal regolare ingresso in Italia, lo straniero dovrà richiedere alla Questura competente il permesso di soggiorno per motivi di lavoro che verrà rilasciato per una durata comunque non superiore a due anni. L'iter sopra delineato è la condizione irrinunciabile per l'instaurazione di una rapporto di lavoro con uno straniero non regolarmente soggiornante nel nostro paese. L'avvio al lavoro avviene con le procedure normali, ma entro 48 ore il datore di lavoro deve darne notizia all'Autorità di pubblica sicurezza e entro otto giorni alla Direzione provinciale del lavoro. La legge non richiede espressamente la comunicazione all'ufficio di collocamento dell'avvenuta assunzione da parte del datore di lavoro, tuttavia è consigliabile che questa venga effettuata. 6. L’espulsione dello straniero extracomunitario La disciplina organica in tema di immigrazione è contenuta attualmente nel “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero”; questo decreto (D. Lgs 286/1998) regolamenta 34 anche la materia dell’espulsione degli stranieri illegalmente presenti nel territorio italiano. Occorre inizialmente sottolineare che è consentito l’ingresso nel territorio italiano dello straniero che sia in possesso: - di valido passaporto o di documento equivalente; - del visto di ingresso rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine dello straniero; - di permesso di soggiorno o carta di soggiorno in corso di validità, richiesto al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato, con una validità non superiore a: - tre mesi per visite, affari, turismo; - un anno per frequenza a corsi di studio o per formazione debitamente certificata; - nove mesi per contratti di lavoro stagionale; - un anno per contratti di lavoro subordinato a tempo determinato; - due anni per contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Inoltre gli stranieri sono tenuti a dichiarare la loro presenza al Questore che rilascia idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno, lo straniero che non sia in possesso di tali documenti è irregolare e può essere espulso. Il T.U. sull’immigrazione prevede diversi tipi di espulsione, per presupposti e per natura: espulsione espulsione espulsione espulsione espulsione amministrativa (art. 13 T.U.); a seguito di procedimento penale; a titolo di misura di sicurezza (art.15 T.U.); a titolo di sanzione sostitutiva (art.16 T.U.); a titolo di misura alternativa alla detenzione (art.16 T.U.). Modalità di esecuzione del provvedimento di espulsione L’espulsione è sempre eseguita dal Questore. L’espulsione avviene con intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni solo nel caso in cui il permesso di soggiorno sia scaduto da più di sessanta giorni e non ne sia stato richiesto il rinnovo, sempre che non vi sia concreto pericolo che lo straniero si sottragga all’esecuzione del provvedimento perché, altrimenti, l’esecuzione va eseguita mediante accompagnamento alla frontiera. Lo straniero nei cui confronti viene eseguita l’espulsione non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale 35 autorizzazione del Ministro dell’Interno. In caso di trasgressione è prevista la pena della reclusione da sei mesi ad un anno alla quale consegue una nuova espulsione del trasgressore con immediato accompagnamento alla frontiera. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni e se sorpreso in flagranza è arrestato. In ogni caso, l'esecuzione del provvedimento di espulsione non può provocare ingiuste sofferenze o maltrattamenti, non può recare ingiusta offesa alla dignità o reputazione dello straniero, sottoporlo a privazioni non giustificate, o a un trattamento vessatorio ed inumano. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione per varie ragioni, indicate nell’art. 14 T.U., al fine di assicurarne l’effettività, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’Interno, di accordo con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (attualmente definito Ministro dell’Economia e delle Finanze) . Il provvedimento, di competenza del Questore del luogo in cui si trova il centro, è trasmesso senza ritardo e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione al Giudice di pace competente per territorio per l’eventuale convalida, in conformità a quanto disposto nell’art. 13 della Cost. La mancata convalida entro le quarantotto ore determina la perdita di efficacia del provvedimento. Compete infine al Questore adottare efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro. La convalida del trattenimento comporta la permanenza nel centro per un periodo di trenta giorni, eventualmente prorogabili per altri trenta, qualora l’accertamento dell’identità o della nazionalità, ovvero l’acquisizione di documenti necessari per il viaggio presenti gravi difficoltà. La violazione, senza giustificato motivo, dell’obbligo di lasciare il territorio dello Stato è punita con l’arresto da sei mesi ad un anno, precedendosi in tal caso ad una nuova espulsione, mentre in caso di recidiva (cioè quando lo straniero è stato già espulso e viene ritrovato nel territorio dello Stato) è irrogata una pena compresa tra uno e quattro anni di reclusione. L’espulsione è disposta con decreto motivato, immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato. La motivazione dovrà contenere tanto gli elementi che giustificano l’adozione dell’una, piuttosto che dell’altra tipologia di provvedimento (con il riferimento dei presupposti che l’autorità competente ritiene sussistenti per la relativa emanazione), quanto gli elementi che legittimano l’eventuale trattenimento in centri di permanenza. Più in generale, il provvedimento deve essere motivato anche qualora non sussistano dubbi apparenti sulla evidenza dei presupposti previsti dalla legge per l’emanazione. 36 L’espulsione amministrativa L’espulsione amministrativa dello straniero è ordinata dal Ministro dell’Interno, per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri. Questa espulsione può essere adottata in diversi casi: quando lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera; una situazione equiparata è quella della presentazione di documenti contraffatti o alterati idonei a trarre in inganno gli agenti di frontiera. quando lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto di otto giorni dall’ingresso, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero ricorrano eventuali cause ostative; - quando lo straniero si è trattenuto nel territorio dello stato quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato.Il semplice ritardo nella presentazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno non determina automaticamente l’espulsione dello straniero, dovendosi procedere ad una disamina dell’istanza per accertare se siano venuti meno i presupposti, originariamente esistenti per il rinnovo del permesso e della cui mancanza il ritardo può solo costituire indice rilevatore. In sostanza, se lo straniero è in regola, non è sufficiente un ritardo burocratico a farlo espellere. Questa impostazione è condivisa anche dal Consiglio di Stato, secondo cui è illegittimo procedere all’allontanamento dello straniero per il solo motivo della mancata richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno nel termine previsto dalla legge, quando risulti che il soggetto ha mantenuto una vita di relazione , sotto l’aspetto familiare ed economico, assolutamente normale e la sua condotta è stata sempre dignitosa, oltre che rispettosa della legge; - quando lo straniero appartiene a talune delle categorie indicate nell’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, (si tratta di coloro che, sulla base di elementi di fatto, vengono abitualmente ritenuti dediti a traffici illegali; di coloro che, per la condotta ed il tenore di vita, si presume vivano abitualmente con i proventi delle attività delittuose; di coloro che, che per il comportamento tenuto, si ritiene, sulla base di elementi di fatto, essere dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica) o nell’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, (si tratta degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso). 37 L’espulsione dello straniero sottoposto a procedimento penale Si è detto come il decreto di espulsione è immediatamente esecutivo. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, che coincide con il momento dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, e non si trova in stato di custodia cautelare, il decreto ministeriale o prefettizio di espulsione perde il carattere di immediata esecutività e l’esecuzione dell’espulsione è subordinata al rilascio, su richiesta dell’autorità amministrativa, di nulla osta da parte dell’autorità giudiziaria. Qualora lo straniero sia sottoposto a più procedimenti penali, in ognuno di essi dovrà essere richiesto il nulla osta. Il nulla osta costituisce quindi una condizione integrativa dell’efficacia dell’ espulsione, e al suo rilascio è equiparato il silenzioassenso dell’autorità giudiziaria, ossia l’autorizzazione si considera rilasciata se l’autorità giudiziaria non si pronuncia nel termine di 15 giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Il nulla osta può essere negato solo se sussistono inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all’accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e nell’interesse della persona offesa. Si tratta di esigenze processuali che, più che riguardare gli interessi dello straniero sottoposto a procedimento penale, riguardano l’interesse della persona offesa dal reato, che il più delle volte avrà natura patrimoniale (ad es. nel caso di espulsione del convivente, se la persona offesa rimane priva di adeguati mezzi di sostentamento). Nei casi in cui è concedibile il nulla osta da parte dell’autorità giudiziaria, il Questore, in attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo dello straniero, il rilascio del nulla osta è di competenza del giudice all’atto della convalida del fermo o dell’arresto. Vi sono dei casi previsti espressamente dalla legge nei quali non è consentito il rilascio di nulla osta, con conseguente impossibilità di espulsione: - se lo straniero è sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere; - se lo straniero è sottoposto a procedimento penale per un grave delitto (fra questi ricordiamo i delitti commessi per finalità di terrorismo o eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione nel minimo di cinque anni o nel massimo a dieci anni, di strage, di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, di omicidio tentato o consumato, di sequestro di persona a scopo di estorsione, di rapina aggravata, di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, vendita di armi, tratta e commercio di schiavi, violenza sessuale aggravata e su minori) o per uno dei delitti previsti dall’art 12 del T.U. (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, favoreggiamento con finalità di profitto, 38 favoreggiamento della permanenza illegale del clandestino nel territorio dello Stato). L’espulsione a titolo di misura di sicurezza Il codice penale detta delle precise disposizioni in materia di espulsione degli stranieri a titolo di misura di sicurezza nel caso di condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a dieci anni e nel caso di condanna a pena restrittiva della libertà personale per un delitto contro la personalità dello Stato, anche se si tratta di un cittadino comunitario. Il giudice può ordinare a titolo di misura di sicurezza, previo il necessario controllo della pericolosità sociale, l’espulsione dello straniero extracomunitario che sia stato condannato per taluno dei reati per i quali è previsto l’arresto, obbligatorio o facoltativo, in flagranza. L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva è prevista come prerogativa, nel senso che il giudice può sostituire la pena detentiva con l’espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni. La pena è priva di un limite massimo, sicché apparirebbe illegittima a meno di non voler ritenere, che il limite massimo di durata della sanzione sostitutiva sia uguale a quello previsto per l’espulsione amministrativa (dieci anni). La sanzione sostitutiva dell’espulsione può essere irrogata dal giudice che pronunci sentenza di condanna, anche in giudizio abbreviato, per un reato non colposo. Questo tipo di espulsione presuppone alcune condizioni: lo straniero si deve trovare in taluna delle situazioni indicate nell’art. 13 comma 2 a proposito dell’espulsione prefettizia. Potrà quindi essere espulso sia lo straniero detenuto, sia quello in libertà o sottoposto a misure cautelari diverse dalla custodia cautelare in carcere; non potrà essere, invece, espulso, a titolo di sanzione sostitutiva, lo straniero legittimamente presente sul territorio dello Stato; lo straniero deve aver commesso un reato non colposo per il quale il giudice può ritenere di irrogare una pena detentiva contenuta entro il limite di due anni. Competente a disporre questa espulsione è il Magistrato di Sorveglianza, che decide con decreto motivato le opportune informazioni sull’identità e sulla nazionalità dello straniero. Qualora la pena detentiva sia maggiore di due anni oppure non ricorrono le condizioni per concedere la sospensione condizionale della pena, il giudice in ogni caso è tenuto a dare tempestiva comunicazione della sentenza definitiva di condanna al Questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in 39 presenza dei requisiti di legge, l’esecuzione dell’espulsione in via amministrativa subito dopo la cessazione del periodo di detenzione; non devono sussistere cause ostative. Questo significa che l’espulsione deve essere immediatamente eseguibile, in quanto non deve essere necessario procedere al soccorso dello straniero, o procedere ad effettuare accertamenti supplementari in ordine alla identità o alla nazionalità dello straniero, o all’acquisizione dei documenti di viaggio o non si registra l’indisponibilità di vettore o di altro idoneo mezzo di trasporto; lo straniero non deve aver riportato una condanna per uno o più delitti previsti dal T.U. puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni (contraffazione o alterazione del visto d’ingresso, del permesso di soggiorno, del contratto o della carta di soggiorno, o documenti al fine di ottenere il rilascio di un visto d’ingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto o di una carta di soggiorno, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, favoreggiamento con finalità di profitto e favoreggiamento della permanenza del clandestino nel territorio dello Stato, rientro illegale dopo l’espulsione). Anche l’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva è eseguita dal Questore, anche se la sentenza non è revocabile. Infine, se lo straniero che ha subito la sanzione sostitutiva dell’espulsione rientra illegalmente in Italia prima del termine di dieci anni (o del termine più breve indicato nel decreto di espulsione, in ogni caso non inferiore a cinque anni) la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente. L’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione Anche l’espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione richiede delle condizioni, ma vi sono alcune differenze rispetto a quelle previste dall’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva. In primo luogo, a differenza della misura alternativa, si tratta di un atto dovuto, inoltre: il destinatario della misura alternativa è sempre e solo lo straniero che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni. Questo significa che l’esecuzione della pena deve essere in corso; solo lo straniero detenuto può vedersi applicare la misura alternativa. come per la misura sostitutiva dell’espulsione, la misura alternativa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dal T.U., con la differenza che, in questo caso, non è necessario che i delitti siano puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni. conformemente alla misura sostitutiva dell’espulsione, non devono sussistere i divieti di espulsione. 40 Particolari sono le modalità del procedimento di espulsione a titolo di misura alternativa. A decidere in ordine alla suddetta espulsione è il Magistrato di Sorveglianza, il quale deve decidere con decreto motivato, senza formalità, le informazioni degli organi di polizia sull’identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione deve essere comunicato allo straniero il quale, nel termine di dieci giorni, può dichiarare opposizione al Tribunale di Sorveglianza, che decide nei successivi venti giorni. In questo tempo l’esecuzione del decreto di espulsione è sospesa. In ogni caso lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. Anche l’espulsione a titolo di sanzione alternativa è eseguita dal Questore, secondo le modalità dell’espulsione amministrativa. Infine, lo straniero espulso che rientra illegalmente in Italia commette delitto e può essere fermato e arrestato in flagranza. In tal caso, viene ripristinato lo stato di detenzione, ovviamente in base ad un nuovo ordine di esecuzione emesso dal pubblico ministero, e riprende l’esecuzione della pena. La durata del divieto di reingresso è di dieci anni e la pena si estingue solo col decorso di dieci anni dalla esecuzione dell’espulsione. Occorre che nel decreto il Magistrato di Sorveglianza indichi detto termine. 8. Divieti di espulsione e respingimento In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Non è consentita l'espulsione nei confronti: - degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi; - degli stranieri in possesso della carta di soggiorno; - degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge; - delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono. Respingimento La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal “Testo unico delle disposizioni concernenti la 41 disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” per l'ingresso nel territorio dello Stato. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è disposto dal questore nei confronti degli stranieri: - che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo; - che sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti che deve essere comunque respinto a norma dell’ articolo 10 (del predetto Testo Univo) è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero. Queste disposizioni non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari. Per lo straniero respinto è prevista l'assistenza necessaria presso i valichi di frontiera. I respingimenti sono registrati dall'autorità di pubblica sicurezza. 42