VASO DEL “PITTORE DI TALOS” Nome desunto dalla scena dipinta. Tra i capolavori in assoluto della ceramica attica del V sec. a.C. il vaso per le raffigurazioni sembra rinviare ai cicli pittorici che ammantavano le pareti dei templi di Atene. Dopo la conquista del vello d’Oro gli Argonauti, guidati da Giasone, sbarcarono a Creta dove uccidono il gigante Talos posto dagli dei a difesa dell’isola. Talos faceva ogni giorno, armato, il giro di Creta e impediva agli stranieri di penetrarvi, ma anche agli abitanti di uscirne senza il permesso di Minosse. Le sue armi preferite erano pietre enormi, ch'egli proiettava a grande distanza. Ma gli "immigrati clandestini" dovevano temere ancora altri pericoli da parte di Talos, anche se riuscivano a sorpassare quel primo sbarramento. Quando li raggiungeva, Talos saltava nel fuoco, portava il suo corpo metallico all'incandescenza e, precipitandosi sui malcapitati, li stringeva e li bruciava. Talos era invulnerabile in tutto il corpo fuorchè nella parte bassa della gamba, dove si trovava una piccola vena, chiusa da un perno. Quando giunsero gli Argonauti, Medea riuscì con i suoi incantesimi a lacerare questa vena, e Talos more. Un'altra versione narrava che l'avesse ucciso uno degli Argonauti, Peante, il padre di Filottete, trafiggendo la vena con una freccia.