La visione spirituale del mondo

annuncio pubblicitario
La visione spirituale del mondo
Intervista a Laura Boggio Gilot
1) Ultimamente si sta sempre di più diffondendo la pratica della meditazione,
sia in ambienti “spirituali” che in contesti di crescita personale. Esiste
secondo lei una connessione tra una visione spirituale del mondo e la
meditazione come pratica e prassi di vita?
La visione del mondo è premessa e contesto del percorso della meditazione. La
meditazione nelle vie religiose è considerata la scienza sacra dell'amore di Dio. Nelle vie
sapienziali e mistiche che fanno capo alla filosofia perenne (ovvero nella tradizione
metafisica occidentale e orientale) la meditazione è considerata come la via della
conoscenza dell'Assoluto, cioè un modo, un approccio alla conoscenza dell'ultima Realtà.
Senza la visione del mondo, che ammetta e riconosca una realtà trascendente, una
dimensione che è al di là delle cose concrete e concettuali manifeste, la meditazione non
avrebbe nessun senso. Anche se a livello profano e grossolano la meditazione può essere
considerata come tecnica psicosomatica di rilasciamento e di modificazione del ritmo
neurofisiologico, il vero spirito della meditazione è la conoscenza dell'essenza della
Realtà. Delineare in cosa consiste la realtà sotto le prospettive metafisiche è di
fondamentale importanza per capire il processo della meditazione. Se noi non sappiamo
quale è la meta della meditazione non possiamo neanche capire il percorso: infatti, per
attraversare una strada noi dobbiamo sapere che alla fine di quella strada c'è un arrivo.
Non avrebbe senso fare una strada se non abbiamo le idee chiare sull'arrivo. Pertanto è
importante che noi comprendiamo la visione del mondo spirituale che è a monte della
meditazione.
2) Dunque, un percorso meditativo privo di una sottostante precisa visione
spirituale del mondo sarebbe pressoché inutile... allora, avere questa visione
spirituale del mondo è un presupposto per poter adire all'essenza della
Realtà, e per questo diventa di primaria importanza; è così?
C'è anche un altro motivo per cui definire la visione del mondo spirituale è importante: il
motivo di porre nella nostra coscienza dei pensieri illuminati e non di tipo materialistico.
Buddha dice: “Tutto quello che è, origina dai nostri pensieri”; nelle Upanishad si legge: “Si
diventa ciò che si pensa, questo è l'eterno mistero”; cioè, il pensiero, il modo di pensare, i
credi che condizionano il nostro pensiero, le credenze, i pregiudizi, in pratica la nostra
visione del mondo è il confine della nostra coscienza. Se noi abbiamo una visione del
mondo limitata, di tipo materialistico, non potremo altro che cercare, seguire, desiderare e
trovare oggetti materiali. Se noi avremo una visione del mondo più dilatata, di tipo
Pagina 1 di 5
spirituale, la nostra ricerca avrà un altro confine, un altro obiettivo, più ampio e più libero.
Allora è importante pensare in maniera non circoscritta da pregiudizi, per non essere
chiusi nella prigione di un particolare credo. A tal fine dobbiamo ristrutturare il nostro
pensiero, considerando che ogni pensiero è un confine che definisce il senso della nostra
identità e determina uno stato corrispondente. Pensieri ottusi e limitati ci imprigionano e
determinano stati limitati e ottusi. Pensieri dilatati determinano stati dilatati.
3) Su quali presupposti e principi si fonda questa visione spirituale del
mondo?
Parlando della visione spirituale della vita che è a monte del percorso della meditazione,
possiamo sottolineare tre elementi fondamentali, o tre fondamentali principi.
Il primo è quello che la Realtà ultima è immanifesta. Non appare, non si vede. È una realtà
indifferenziata, che non ha forme, non ha qualità, non ha confini, non è nel tempo o nello
spazio, non ha limiti. La Realtà primordiale, l'origine, il sostrato del tutto, non è
quantificabile né qualificabile ed è al di là di tutto quello che noi possiamo pensare,
immaginare, toccare, vedere. Questa realtà è l'Assoluto, l'origine, il sostrato del tutto che è
al di là del tutto, eppure è il fondamento del tutto. L'Assoluto è stato descritto con nomi
diversi nelle culture metafisiche, esoteriche, religiose e sapienziali, ma sempre nella
stessa connotazione essenziale: i cinesi lo chiamano il Tao, nell'induismo, nelle
Upanishad è il Brahman-Nirguna, nella filosofia platonica e neo-platonica, è l'Uno, nelle
simbologie alchemiche è rappresentato come l'uovo cosmico che simboleggia il caos
primordiale precedente l'inizio della vita. Quindi l'Assoluto allude a una realtà che è prima
della creazione, cioè prima del Dio creatore. L'ultima Realtà, noi non la conosceremo mai
attraverso concetti e parole. Né la mente, né i sensi riusciranno a coglierla. Esige
un'esperienza spirituale ineffabile e totalmente trascendente i confini del pensiero. Quindi
la meditazione, se vuole arrivare alla realizzazione dell'Assoluto deve ipotizzare un
cammino che varca i limiti della mente. Il nostro obiettivo è, pertanto, conoscere la mente
e trascenderla, come mezzo per l'esperienza ultima ineffabile dell'Assoluto.
Il secondo principio della visione spirituale del mondo è che il mondo manifesto è
composto da sistemi a diversi livelli di energia, che sono tra di loro interrelati, e
gerarchicamente ordinati: un sistema grossolano-fisico, uno sottile-mentale, uno causaleprincipiale. In altre parole, l'universo è una trama interconnessa di energie a diverso livello
di vibrazione che compongono oggetti grossolani e sottili, tra di loro collegati.
Il terzo principio della visione spirituale del mondo è che il microcosmo è identico al
macrocosmo. La natura essenziale dell'uomo è identica alla natura essenziale della vita.
L'ultima realtà della vita è anche l'ultima realtà dell'uomo, è l'Assoluto, senza forma e
indifferenziato. La conoscenza a cui porta la meditazione, l'esperienza spirituale ultima è
proprio quella della identità tra microcosmo e macrocosmo, tra Sé individuale e Sé
universale.
Pagina 2 di 5
4) Sono principi metafisici molto affascinanti, e anche inafferrabili da parte
della mente...
Questi tre principi cui abbiamo accennato delineano la concezione spirituale della Realtà,
e rappresentano poi delle tipiche esperienze coscienziali che si fanno nel corso della
meditazione: tutto quello che noi andiamo dicendo, non sono nozioni, bensì esperienze
coscienziali. Nel cammino di conoscenza noi sperimentiamo il mondo manifesto nella sua
trama interrelata e sperimentiamo il mondo immanifesto come Assoluto onnipervadente.
Questa ultima esperienza non ha nulla a che vedere con l'esperienza oggettuale: a livello
metafisico, a livello transpersonale, l'esperienza non è più dualistica, è un non dualistico
vissuto soggettivo inclusivo del tutto, un'esperienza interiore unitiva. Il mondo esterno è
abbracciato all'interno, tutto si conosce dentro di noi, non più fuori di noi. Questo è quello
che ci tramanda la tradizione mistica di tutti i tempi.
5) Esistono delle regole per “muoversi” in questa realtà, manifesta e
immanifesta?
Questo mondo che abbiamo ora descritto, immanifesto e manifesto, assoluto e relativo,
fatto di essere indefinito e di divenire definito, ha delle leggi, e la comprensione di queste
leggi per noi è importantissima, perché regola il nostro rapporto con la vita e moltissimo
del nostro rapporto con la salute mentale. Le leggi della vita non appartengono
all'Assoluto, non appartengono all'immanifesto; appartengono al mondo manifesto,
appartengono al divenire che è nello spazio-tempo, non all'Essere che è al di là dello
spazio-tempo. Cosa voglio dire? Che le leggi ed i condizionamenti esistono solo
nell'ambito del tempo e dello spazio, non al di là di questo. Quindi quando noi
raggiungeremo in questa vita o in altre vite l'Assoluto, saremo fuori dal confine di qualsiasi
legge, ma finché siamo identificati con il mondo del divenire, finché siamo nel mondo che
è nello spazio-tempo, siamo sottoposti a leggi universali: se non comprendiamo queste
leggi universali, se come individualità usciamo fuori dalle leggi universali, o semplicemente
non le comprendiamo, andiamo contro e finiremo per alterare il nostro ritmo e soffrire.
Molte malattie mentali o psicosomatiche derivano dalla non armonia tra i ritmi delle leggi
universali e i ritmi delle leggi individuali.
6) È molto bello questo accostamento tra il ritmo, le leggi universali –
principi e regole che riguardano tutti e tutto – e l'armonia, che rimanda
all'eternità. Ci può parlare di queste leggi?
Queste leggi universali ci riguardano nel nostro percorso sia di salute che di conoscenza.
Anche qui possiamo definire tre leggi.
La prima è la legge del cambiamento. È la legge del flusso. Tutto diviene. Tutto nasce,
cresce e muore. È l'impermanenza delineata nel buddhismo, niente è stabile: l'esperienza,
Pagina 3 di 5
nell'attimo che la facciamo è già pronta a morire. Non esiste nessuna dimensione della
vita manifesta che possa essere afferrata e fissata, muore nell'istante stesso che nasce.
Quindi l'attaccamento al mondo delle forme, e cioè l'attaccamento psicologico,
l'attaccamento oggettuale, l'attaccamento affettivo, l'attaccamento ai ruoli della vita o
l'attaccamento ai compiti della vita, qualsiasi attaccamento, non può altro che produrre
dolore, che produce lacerazione, perché non dura. Non c'è niente a cui possiamo
rimanere attaccati: se noi vogliamo cambiare questa legge e fermare qualcosa,
imprigionare un oggetto, noi possiamo anche frantumarci, uscire dall'armonia della vita,
entrare nel mondo delle grandi illusioni, che non possono altro che ferirci e dissociarci.
La seconda legge universale è la legge della causalità. Tutto quello che accade, tutto
quello che è, che si muove nello spazio-tempo è sottoposto alla legge della causa e
dell'effetto. Non c'è assolutamente nulla che noi facciamo o pensiamo che non produca un
effetto, e tutto quello che accade è il prodotto di una causa precedente. Nell'universo
grossolano-fisico e nell'universo sottile-mentale, ogni oggetto, ogni fatto, ogni esperienza
è sottoposta a questa causalità: pensare allora che qualche nostra azione rimanga
impunita, o rimanga inutilizzata o non abbia senso, è un'altra grande illusione della
coscienza ordinaria e ignorante, perché tutto quello che noi facciamo, si imprime nella
vita, ed ha una conseguenza nella vita. Ogni nostro pensiero è una forma vibrante nello
spazio. Troppe forme vibranti negative creano la patologia dello spazio, inquinano
l'ecologia dello spazio. Molti dei mali della vita che attribuiamo alle forze occulte o alla
volontà demoniaca della vita, sono la somma di innumerevoli pensieri cattivi, che
precipitano nella vita e la inquinano.
Il terzo principio universale è quello della polarità: nell'universo manifesto tutto è duale. Lo
vediamo nella natura: le stagioni, il giorno e la notte; nei sessi: il maschile e il femminile;
nelle esperienze individuali: il nascere ed il morire, il bene ed il male. Non c'è nessun bene
che non sia seguito da male, nessuna nascita che non precluda alla morte. Qualsiasi
esperienza positiva è preceduta da una negativa, e viceversa. Il flusso universale è un
flusso dualistico di bene e di male, di nascita e di morte, di piacere e di dolore. Non
riusciremo mai ad uscire da questa ruota polare del divenire, dalla dualità della vita, finché
restiamo identificati con il mondo manifesto.
7) Disidentificarsi dal mondo manifesto e comprendere le tre leggi universali:
questo porta dunque a una certa e progressiva trasformazione?
Se noi comprenderemo bene queste leggi, non potrà altro che avvenire una rivoluzione
radicale del nostro modo di sentire, di pensare, e di amare il mondo intorno a noi.
L'accordo con queste leggi ci rende sani, ci rende consapevoli, ci rende unitari. Il
disaccordo ci rende deboli, malati, ciechi. Prima, parlavo del microcosmo uguale al
macrocosmo, dell'identità tra il mondo universale e il mondo individuale. Gli stessi livelli
che compongono l'individualità appartengono all'universale. Il livello della materia è il
livello fisico, il mondo fisico; la vita biologica è la vita vegetale e animale; la mente è
l'intelligenza dei sistemi esistenti della vita, è l'auto-organizzazione, l'auto-conservazione
che è stata segnalata dalle teorie sistemiche della scienza moderna. L'anima dell'universo
è il principio creatore: nelle religioni è il Dio. Lo spirito dell'universo è l'Assoluto. Nella
Pagina 4 di 5
misura in cui noi integriamo i diversi livelli di cui è composta l'umana unità, cioè ci
risvegliamo alla coscienza della mente, dell'anima e dello spirito, riconosciamo gli
equivalenti livelli cosmici. Questi livelli individuali sono occhi o finestre sulla Realtà:
l'universo nelle sue molte forme, nelle sue molte dimensioni è riconosciuto nella misura in
cui la nostra coscienza si risveglia, o potremo dire si sviluppa integrando le strutture della
psiche, più complesse di quelle del corpo e della mente concreta.
Pagina 5 di 5
Scarica