LWG Cap. 9: Strategie di prezzo A.Baldini1 1 SOSE, M.Causi2 Dipartimento di studi aziendali Roma Tre 2 Dipartimento di economia Roma Tre April 10, 2017 A.Baldini, M.Causi Cost plus pricing La teoria neoclassica spiega come per l’ipotesi di massimizzazione del profitto il prezzo sia determinato a partire dall’equazione dei ricavi marginali = costi marginali. Ma in pratica funziona realmente così? Hall & Hitch (1939), in uno studio mostrano come una delle principali tecniche sia quella del Cost plus pricing. Cost plus pricing: l’impresa calcola il suo CVMe (costo variabile medio) e stabilisce il prezzo aggiungendo un ricarico (mark-up), percentuale che assicura la copertura dei costi fissi dell’impresa più un margine di profitto. P = CVMe ∗ (1 + m) CVMe =costo variabile medio. m = markup in percentuale. A.Baldini, M.Causi Cost plus pricing Perchè si usa questa regola invece che la massimizzazione del profitto? Per un’impresa conoscere ricavi marginali, costi marginali e ricavi medi (domanda) non è affatto semplice, mentre è molto più semplice conoscere il CVMe. La politica di prezzo determinata da ricavi marginali e costi marginali implica una variazione continua del prezzo dei beni, mentre con il Cost Plus Pricing, con una piccola variazione delle quantità il prezzo potrebbe non cambiare. Prezzi più stabili sono più ricercati dai consumatori perchè riducono i loro costi di ricerca ed escludono variazioni improvvise. Richiama un concetto di equità: non il massimo profitto possibile, ma un certo margine di profitto, con variazioni di prezzo attribuibili solo ai costi e non a variazioni dei margini. A.Baldini, M.Causi Cost plus pricing, difficoltà IL CVMe varia al variare della produzione, se la produzione cambia molto, i costi medi variabili cambieranno ed il prezzo cambierà di conseguenza. Può essere complicato per un’impresa multiprodotto calcolare il CVMe. La scelta del margine di profitto dipende dalle condizioni della domanda: con una domanda favorevole il margine di profitto tenderà ad essere più alto che con una domanda sfavorevole (prociclicità dei markup). A.Baldini, M.Causi Cost plus pricing A quali condizioni il Cost plus Pricing e l’uguglianza tra ricavi e costi marginali coincidono? 1 |ε| − 1 1 RMa = P 1 − =⇒ P = RMa/ 1 − = RMa/ |ε| |ε| |ε| Imponendo in equilibrio l’uguaglianza tra ricavi marginali e costi marginali |ε| − 1 |ε| P = CMa/ = CMa ∗ |ε| |ε| − 1 ∼ Dato che P = CVMe ∗ (1 + m) e con l’ipotesi che CVMe=CMa 1+m = |ε| |ε| 1 =⇒ m = −1 = |ε| − 1 |ε| − 1 |ε| − 1 Se |ε| è infinito allora il markup è zero, se è > di 1 allora il markup è positivo, più è vicina a 1 più il markup è elevato. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo Fino ad ora l’ipotesi che si è fatta è che l’impresa adotti per tutti i consumatori un prezzo identico, mentre l’impresa che gode di potere di mercato potrebbe anche differenziare i prezzi a seconda dei consumatori oppure far variare il prezzo unitario pagato dal consumatore a seconda delle quantità acquistate dagli stessi. La strategia di praticare prezzi differenti per un prodotto offerto che ha una identica struttura di costo indipendente da chi sono i consumatori ai quali è venduto è detta discriminazione dei prezzi. (Esempio politica dei prezzi Free on Board). I costi di trasporto e di transazione sono indicatori della possibilità di discriminare i prezzi. A.Baldini, M.Causi Tre tipi di discriminazione di prezzo 1 2 3 Discriminazione di prezzo di primo grado (prezzo non uniforme). L’impresa conosce perfettamente (discriminazione perfetta) la disponibilità a pagare di ogni singolo consumatore, e fa dipendere il prezzi per unità di prodotto dal tipo di acquirente e dal numero di unità acquistate (raro nella pratica). Discriminazione di prezzo di secondo grado (prezzo non lineare). Il prezzo dipende dal numero di unità acquistate ma non dal tipo di acquirente. L’impresa non distingue i consumatori (assenza di segnali esogeni sulla loro tipologia) ma stabilisce prezzi diversi a seconda di quanto vende (esempio: sconti per gli acquisti in blocco nei settori della telefonia, servizi ecc. o anche merci). Discriminazione di prezzo di terzo grado (prezzo non uniforme). Il prezzo dipende dalla tipologia dell’acquirente e non dal numero di unità acquisite. Esiste un segnale esogeno per differenziare l’elasticità della domanda di diversi segmenti di mercato (sconti a bambini studenti o anziani, Dumping). A.Baldini, M.Causi Condizioni per la discriminazione dei prezzi 1 2 3 L’impresa che discrimina il prezzo deve godere di potere di mercato in misura sufficiente da poter determinare il prezzo di vendita (price maker). Il mercato del prodotto deve essere segmentabile dal lato della domanda, e l’impresa deve saper distinguere le diverse elasticità al prezzo della domanda. In altre parole l’impresa deve saper individuare la diversa disponibiltà a pagare da parte dei consumatori, e di conseguenza imporre prezzi differenti. In questi segmenti di mercato non deve essere possibile nessuna forma di commercio secondario o di rivendita. I consumatori che pagano un prezzo più basso non devono poter rivendere ai consumatori con maggiore disponibilità a pagare. Se questo fosse, l’impresa non potrebbe costringere i consumatori più abbienti ad acquistare ad un prezzo più alto se gli stessi possono acquistare da rivenditori terzi. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di primo grado. Ipotesi: Domanda composta da un elevato numero di consumatori, che a seconda del prezzo compra il bene o si astiene dall’acquisto. Prezzo di riserva del consumatore: prezzo massimo al quale il consumatore è disposto a comprare. Si può vedere la discriminazione del prezzo sia guardando l’asse x come un insieme di consumatori schierati secondo la loro disponibilità a pagare, sia guardandolo come un consumatore disponibile ad acquistare più o meno quantità di un bene a prezzi superiori o inferiori. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di primo grado. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di primo grado. Se pensiamo all’asse x come un insieme di consumatori ordinato a seconda della loro disponibilità a pagare, otteniamo l’equilibrio che si avrebbe nel caso di assenza di discriminazione dei prezzi (Qm , Pm ) e quello che si avrebbe nel caso di discriminazione: il primo consumatore più ricco verrà servito al prezzo P1 mentre l’ultimo al prezzo PC , con una produzione totale uguale a QC . Se pensiamo all’asse x come la disponibilità di un consumatore a pagare a seconda del prezzo, otteniamo l’equilibrio che si avrebbe nel caso di assenza di discriminazione dei prezzi (Qm , Pm ) e quello che si avrebbe nel caso di discriminazione: ad un prezzo P1 il consumatore sarà disponibile a comprare 1 unità di bene, fino all’ultimo al prezzo PC , in cui sarà disponibile a comprare una quantità uguale a QC . A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di primo grado. Nei casi precedenti avevamo identificato mercati con prezzi omogenei, in cui prezzo e quantità definivano i surplus del consumatore e del produttore. La discriminazione di prezzo cambia la distribuzione del surplus. Senza discriminazione di prezzo di primo grado. Il suplus del produttore in monopolio è PC PM BD e il surplus del consumatore era PM AB. Rispetto al benessere in caso di concorrenza si perdeva DBE Con discriminazione di prezzo di primo grado. Il surplus del produttore è APC E . Il produttore è uno solo, e produce a prezzi diversi, sfruttando tutta la possibile disponibilità a pagare dei singoli consumatori. Il surplus del consumatore è uguale a zero: ogni consumatore paga un prezzo uguale alla sua massima disponibilità a pagare per ogni unità. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di primo grado. Conclusioni paradossali: Rispetto al caso di monopolio aumentano sia i profitti dell’impresa, sia l’efficienza allocativa, in misura pari a quella della concorrenza. Rispetto alla concorrenza, in cui il surplus è tutto del consumatore, ora il suprlus è tutto del produttore, con un equilibrio che fornisce la medesima efficienza allocativa. Questo perchè le imprese conoscono perfettamente la disponibilità a pagare dei singoli individui ed eliminano forme di inefficienza derivanti dalla scelta di un unico prezzo, che crea vantaggi per alcuni consumatori mentre per altri crea perdite. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di secondo grado. E’ difficile che le singole imprese conoscano le preferenze di tutti i consumatori, e i consumatori saranno alquanto reticenti a comunicarle per non cedere alle imprese tutto il loro surplus. In questi casi per l’impresa può essere ottimale fissare un listino dei prezzi e lasciare che i consumatori si autoselezionino. I cosumatori sceglieranno la combinazione prezzo-quantità migliore per loro. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di secondo grado. Ipotesi: Due consumatori con preferenze differenti (leggere il grafico dal punto di vista del singolo consumatore, che compra quantità diverse a prezzi diversi). Il consumatore 2 ha una elasticità della domanda più pronunciata. Prezzo massimo che i consumatori sono disposti a pagare è lo stesso. Il monopolista deve scegliere la “tariffa” ossia una componente da aggiungere ad un prezzo uniforme per il pagamento del servizio. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di secondo grado. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di secondo grado. L’impresa può scegliere due tipi di tariffe mantenendo il prezzo di base PC . Tariffa A: PC AG = Ossia il potenziale surplus del secondo consumatore, determinando l’uscita dal mercato del primo consumatore (per il quale è troppo alta). Il surplus che rimane è PC AG . Tariffa B: PC AF = Ossia il potenziale surplus del primo consumatore, alla quale al secondo consumatore rimane AFG. Il surplus dell’impresa è 2PC AF . L’impresa può scegliere la prima o la seconda strategia a seconda del fatto che 2PC AF sia più o meno grande di PC AG . Supponiamo scelga la seconda, il surplus totale è uguale a 2*(W+X+Y). A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di secondo grado. Strategia alternativa dell’impresa: Vendere ad un prezzo base più alto (P + ∆P) due quantità diverse, Q1 al consumatore 1 e Q2 al consumatore 2. Questo determina due surplus diversi per l’azienda: X+W dal consumatore 1 X+W+Y+Z dal consumatore 2 Il precedente equilibrio era uguale a 2*(W+X+Y), e la differenza tra questi due equilibri copre l’area Z-Y. Dato che Z è maggiore di Y per la maggiore elasticità di sostituzione del secondo consumatore, il surplus della strategia alternativa dell’azienda è maggiore. Abbiamo visto come fissando un unico prezzo base ma discriminando per le quantità si arrivi comunque ad un equilibrio più efficiente. I consumatori si autoselezionano nel senso che ad un determinato prezzo acquistano quantità differenti. Questa forma di discriminazione comporta che il sistema sia più orientato verso l’efficienza di quello che si avrebbe da un’unica scelta orientata A.Baldini, M.Causi dall’impresa. Discriminazione di prezzo di terzo grado. Mentre nel caso precedente l’impresa non riesce a segmentare il mercato e deve offrire un prezzo uguale per tutti, anche se il prezzo unitario cambia a seguito delle diverse quantità acquistate, nella discriminazione di terzo grado l’impresa segmenta parzialmente il mercato fissando prezzi diversi. Ipotesi: L’impresa non ha perfetta informazione, ma riesce a differenziarei consumatori per gruppi, sulla base di caratteristiche facilmente verificabili (gruppi consumatore 1 e 2). Dentro ogni gruppo il prezzo unitario pagato dal consumatore è sempre lo stesso, ma i prezzi sono diversi tra gruppi diversi. La natura della domanda individuale deve essere correlata alla cratteristica di identificazione (ad esempio la domanda di viaggi in autobus di uno studente più elastica di altri ecc.). Il consumatore 2 ha una domanda più elastica. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di terzo grado. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di terzo grado. L’impresa monopolista agisce come fornitore monopolistico dentro ogni singolo gruppo. Dall’incrocio di costi marginali e ricavi marginali si ottengono i rapporti prezzo-quantità (Q1 , P1 ) per il primo gruppo con una domanda più anelastica, (Q2 , P2 ) per il secondo con una domanda più elastica. L’equilibrio di mercato si ottiene sommando orizzontalmente le funzioni di domanda individuali e si ottiene il prezzo del monopolista quando applica un prezzo uniforme a tutti. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo di terzo grado. Conclusioni. Non è possibile trarre conclusioni a prescindere in termini di benessere: potrebbe essere più alta o più bassa in confronto al caso del monopolista. L’extraprofitto del monopolista che discrimina i prezzi è sicuramente più alto di quella che non discrimina. Se ci sono due gruppi, un prezzo è più elevato e uno è più basso in confronto a quello individuato dal monopolista. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo intertemporale. E’ la discriminazione dei prezzi che avviene quando il fornitore segmenta il mercato a seconda del momento in cui il prodotto è acquistato da differenti gruppi di consumatori (i cellulari, i videogame ecc). Ipotesi Esistono due gruppi di consumatori, quelli che comprano al tempo 1 e quelli che comprano al tempo 2. Si ipotizza che ogni consumatore possa acquistare il bene in 1 o in 2, e che non possa rivenderlo (dal tempo 1 al tempo 2). Costi marginali costanti del produttore monopolistico e stessa elasticità nei due tempi. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo intertemporale. A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo intertemporale. Un primo equilibrio è determinato tradizionalmente, dall’incrocio di costi marginali e ricavi marginali. Questo crea una domanda residuale che deve essere soddisfatta, per tutti i consumatori il cui prezzo di riserva è al di sotto di P1 . Il secondo equilibrio è proprio determinato dall’incrocio della domanda residuale RMa2 e dei costi marginali. Questo provoca una diminuzione del prezzo ora (P2 ) per una categoria di consumatori che decide di acquistare in un secondo tempo la quantità Q2 − Q1 . A.Baldini, M.Causi Discriminazione di prezzo intertemporale. Se il modello fosse esteso per altri periodi di tempo i consumatori potrebbero essere indotti a fare acquisti dopo ulteriori riduzioni di tempo. Coase (1972) osserva che il comportamento strategico dei consumatori potrebbe limitare la capacità del monopolista di praticare la discriminazione di prezzo: i consumatori potrebbero aspettare ad effettuare l’acquisto se sanno che il monopolista abbasserà il prezzo. Questo dipende dalle caratteristiche del bene. A.Baldini, M.Causi Esempi di discriminazione di prezzo. Marchio commerciale: prezzi differenti a seconda della “qualità” del marchio anche a prodotti molto simili. Sconti fedeltà (secondo grado): si offrono prezzi diversi ai consumatori che hanno già acquistato molti beni e servizi in passato. Coupon: tagliandi che offrono sconti di prezzo. Discriminazione di prezzo verso i consumatori con più tempo libero per raccoglierli ed usufruirne. Smaltimento delle giacenze: prezzo via via ridotto fino ad esaurimento scorte. Discriminazione di prezzo intertemporale. Metering: si impone un prezzo relativamente basso ad un bene, ed uno relativamente alto ad un bene collegato. Discriminazione sulle categorie di consumatori che preferiscono il primo bene o il secondo. Prezzi free on board: quando i produttori eliminano i costi di trasporto dal prezzo dei beni (discriminazione in favore dei contribuenti più lontani). A.Baldini, M.Causi Peak-load pricing In alcuni mercati la domanda varia a seconda delle ore del giorno o dei giorni dell’anno (gas ed elettricità, trasporto pubblico, palestre ecc.). Il fornitore deve fissare un prezzo in base al “carico di punta” data la relativa capacità produttiva di ogni esercizio e che ogni bene non è immagazzinabile. In piena capacità produttiva, i consumatori del periodo di punta devono pagare di più di quelli fuori dal picco di punta, e questo dipende dalla disponibilità a pagare dei singoli consumatori. Questa modalità di fissazione del prezzo è detta Peak load pricing. A.Baldini, M.Causi Dispersione dei prezzi. In concorrenza perfetta le imprese sono price taker. Se si praticano prezzi diversi per lo stesso tipo di bene o servizio, questo potrebbe essere un indice della distanza di quel mercato da quello di concorrenza perfetta: studiare la dispersione dei prezzi e la loro persistenza nel tempo può dare un’indicazione di questo genere. La dispersione dei prezzi può sorgere per diverse cause: Dall’eterogeneità dei venditori rispetto a costi di produzione, qualità dei prodotti, tecnologia. In questo caso l’influenza dei consumatori dovrebbe diminuire la dispersione, eliminando le imprese che fissano prezzi alti e tenendo nel mercato quelle che fissano prezzi bassi. A.Baldini, M.Causi Dispersione dei prezzi. Dall’eterogeneità tra i compratori rispetto ai costi di ricerca, la fedeltà di marca, l’accesso all’informazione. I costi di ricerca derivano dalla difficoltà di scegliere il miglior prezzo per il consumatore; per alcuni individui e in alcuni mercati, questi possono essere molto elevati, determinando la presenza di dispersione dei prezzi anche in situazioni di equilibrio. Con i mercati online questi sono notevolmente diminuiti, anche se il consumatore è costretto a ricercare da sé quelle informazioni non di prezzo relative al bene o al servizio che prima erano offerte dall’intermediario. Questa ricerca può essere a sua volt molto costosa. A.Baldini, M.Causi