IL PROBLEMA DEI BUOI – ARENARIO – STOMACHION

IL PROBLEMA DEI BUOI – ARENARIO – STOMACHION
“C'era più immaginazione nella testa di Archimede che in quella di Omero.”
Voltaire
IL PROBLEMA DEI BUOI
Partendo da un episodio dell’Odissea - nel quale Omero ci
narra che Ulisse, sbarcato a Tauromedion in Trinacria
(l’odierna Taormina), trova le mandrie del Sole al pascoloArchimede elabora questo problema ordinandolo in due
gradini successivi, che illustra in una lettera al suo amico
Eratostene: "Calcola, o amico, il numero dei buoi del Sole,
operando con cura, tu che possiedi molta scienza; calcola
in quale numero pascolavano un giorno sulle pianure
dell'isola sicula Trinacria, distribuiti in quattro gruppi di vario
colore: uno di aspetto bianco latteo, il secondo splendente
di color nero, il terzo poi di un bruno dorato e il quarto
screziato”.
Si tratta quindi di determinare il numero di buoi di colore
bianco, nero, fulvi e screziati che pascolano nelle pianure della Sicilia. Aggiunge poi le
seguenti condizioni, indicando i relativi numeri con le lettere B, N, F, S, iniziali delle parole
che indicano i diversi colori dei buoi:
(
)
(
)
(
)
Per le vacche inoltre (indicate con le lettere minuscole b, n, f, s) sono poste altre quattro
condizioni:
(
)(
)
(
)(
)
(
)(
)
(
)(
)
Si tratta di 7 equazioni lineari in 8 incognite, il cui risultato è quindi di analisi indeterminata.
Lo scienziato greco afferma che chiunque riesca a superare questo primo gradino non
sarà detto ignorante.
A questo punto Archimede aggiunge il secondo passo, fornendo altre due condizioni:
1. il numero dei tori bianchi più quello dei tori neri deve dare come somma un numero
quadrato (probabilmente inteso nel senso che la figura geometrica da essi formata sia
un quadrato);
2. il numero di tori screziati più quello dei tori fulvi deve dare come somma un numero
triangolare, ovvero della forma ½ n (n + 1).
Archimede afferma che chiunque riesca a superare anche questo secondo gradino sarà
detto sapiente:
“Quando avrai trovato tutto questo e l'avrai esposto sotto forma intelligibile e avrai anche
trovato il numero totale dei buoi, allora, o amico, va superbo per quanto hai fatto come un
vincitore e sta sicuro di venire considerato come ricco di quella scienza”.
ARENARIO
In quest’opera Archimede unisce l’astronomia – nel trattato è presente la più antica
testimonianza del sistema eliocentrico di Aristarco di Samo - all’aritmetica pratica.
L’inventore siracusano tenta infatti di quantificare il numero di granelli di sabbia esistenti,
dimostrando quindi che non è infinito.
A questo scopo, egli elabora un nuovo
sistema di numerazione: il sistema greco si
serviva infatti delle lettere dell’alfabeto,
rendendo quindi impossibile indicare numeri
particolarmente elevati:
1
  1000 , 2   2000 ........
Archimede, partendo dal concetto di miriade (1 miriade = 104), chiama numeri primi quelli
compresi tra 1 e una miriade di miriadi (108), quindi numeri secondi quelli compresi tra una
miriade di miriadi e cento milioni di miriadi di miriadi (108x108=1016); numeri terzi quelli
compresi tra 1016 e 1024; così procedendo arriva a numeri il cui numero d’ordine è una
miriade di miriadi. Denomina i numeri finora considerati numeri del primo periodo. Elabora
quindi numeri primi, secondi, terzi, e così via, del secondo periodo. Quindi considera i
numeri del terzo periodo, del quarto, del quinto…rendendosi conto che questo
procedimento si può ripetere all’infinito: la serie di numeri naturali si presenta quindi come
infinita.
Ora ritorna al problema iniziale: stabilire il numero di granelli di sabbia che compongono
l’universo. Dopo aver stimato le dimensioni di un granello di sabbia, decide che un seme di
papavero non contenga più di diecimila granelli; quindi passa alla sfera avente il diametro
di un dito, che non è più di 64.000 volte un seme di papavero; così procedendo si arriva
sino alla sfera del cosmo (avente centro nel centro della Terra e come raggio la distanza
tra il centro della Terra e quello del Sole) e a quella delle stelle fisse il cui diametro è
ritenuto minore di una miriade di volte il diametro del cosmo. Il numero finale di granelli di
sabbia è sì enorme, tuttavia rientra tra i numeri ottavi del
primo periodo, ovvero 1063.
STOMACHION
Ribattezzato dai latini come la “scatola di Archimede”, lo
Stomachion è un gioco di origine greca, molto simile al
Tangram. Il suo nome deriva dal greco Stomachos
(irritazione) e dal latino Stomachari (irritarsi); tuttavia il vero
nome potrebbe anche essere ostomachion, ovvero "battaglia
degli ossi", poiché inizialmente veniva costruito con degli
ossicini. Lo Stomachion è composto da 14 pezzi: un pentagono, due quadrilateri e undici
triangoli che, opportunamente disposti, formano un quadrato.
“I diversi raggruppamenti di questi pezzi - scrive il poeta latino Ausonio - rappresentano
mille cose: un grande elefante, un cinghiale feroce, un'oca in volo, un mirmillone armato,
un cacciatore appostato, un cane che abbaia, e ancora una torre, un cantaro e una gran
quantità d'altre immagini di questo genere, che variano secondo l'abilità del giocatore".
Molto probabilmente non fu inventato da Archimede, il quale si limitò a studiarne le
proprietà geometriche. È verosimile che Archimede si sia servito di questo “passatempo”
non solo per elaborare molti dei suoi teoremi geometrici, ma anche per analizzare il
calcolo combinatorio - un ramo della matematica che prende in considerazione le
combinazioni e le sistemazioni degli oggetti- tentando di calcolare il numero di quadrati
differenti che si sarebbero potuti creare con i pezzi del puzzle (che recentemente si è
scoperto essere 536).