L’OPERA LIBERA 2014/2015
GIULIO CESARE
Dramma per musica in tre atti
Musica: Georg Friedrich Händel
Libretto: Nicola Francesco Haym
Prima rappresentazione:
Londra, King’s Theatre
20 febbraio 1724
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA LIBERA 2014/2015
GIULIO CESARE
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento che potete trovare presso la Biblioteca del CRAL :
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Alberto Mattioli, Anche stasera. Come l’opera ti cambia la
vita, Milano, A. Mondadori, 2012, pagg. 87-92
nuovo acquisto
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, Varese,
Zecchini, 2011, pagg. 163-165
- Eduardo Rescigno, Una voce poco fa: 550 frasi celebri del
melodramma italiano, Milano, Hoepli, 2007, pagg. 34-35
- Piero Gelli (a cura di), Dizionario dell’opera, Milano, Baldini &
Castoldi, 1996, pagg. 557-558
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica,
Milano, Mondadori, 1991, pagg. 52-53
- Gabriella Mazzola Nangeroni, Invito all’ascolto di Georg
Friedrich Haendel, Milano, Mursia, 1985, pagg. 150-152
nuovo acquisto
- Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica,
Volume I, Casale Monferrato, Sonda, 1994 pagg. 77-98
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol.
III, Torino, UTET, 1986, pagg 385-418
- Gabriella Mazzola Nangeroni, Invito all’ascolto di Georg
Friedrich Haendel, Milano, Mursia, 1985 nuovo acquisto
ALL’INIZIO
L’OPERA LIBERA 2014/2015
GIULIO CESARE
NUOVI ACQUISTI
Gabriella Mazzola Nangeroni, Invito all’ascolto di Georg Friedrich Haendel
La collana propone a tutti coloro che intendono accostarsi alla musica di tutti i tempi un «invito» allo studio e all'analisi dei vari
autori, fornendo gli strumenti necessari per penetrare nel mondo espressivo dei musicisti e coglierne i rapporti con la loro
epoca. Ogni volume, dedicato a un singolo artista, è così articolato: le cronologie parallele, che danno risalto alle
corrispondenze significative tra la biografia dell'artista e i fatti della storia politica, musicale e culturale; il profilo della vita del
musicista e della sua personalità artistica e intellettuale; la produzione musicale, analizzata opera per opera in un panorama
completo e inquadrata criticamente; gli orientamenti della critica; la bibliografia essenziale; il catalogo dell'opera dell'a rtista; la
discografia essenziale; l'indice dei nomi; l'indice delle opere.
Alberto Mattioli, Anche stasera. Come l’opera ti cambia la vita
Questo libro è la storia di una passione, la passione per l'opera lirica, lo spettacolo più elaborato, esagerato, costoso, as surdo quindi affascinante - inventato dall'uomo e, in particolare, dagli italiani. Alberto Mattioli, giornalista specializzato in lirica,
doppiato il capo delle millecento recite d'opera viste, racconta questo mondo bizzarro, fra cantanti divi, grandi direttori, registi
"provocatori", loggionisti scatenati, sfarzosi festival internazionali come Bayreuth o Salisburgo e scalcinati teatri di provincia,
produzioni leggendarie e messe in scena sgangherate, trionfi epocali e fiaschi apocalittici, "prime" della Scala e spettacoli fai-date. Negli ultimi anni l'opera è in difficoltà nel Paese che l'ha inventata, schiacciata dalle ristrettezze economiche, dalla miopia
della politica e dal conservatorismo di chi la fa (e di chi ci va). Ma continua a conquistare il mondo, dove rimane un "made in
Italy" che, da secoli, non conosce crisi. Il melodramma piace sempre di più nei Paesi emergenti, conquista nuovi pubblici e nuovi
mercati, si rinnova nel repertorio e nel modo di metterlo in scena, scopre nuovi protagonisti e rimpiazza quelli vecchi, usa
Internet, i voli low cost, il dvd per allargare la sua platea globalizzata. La passione, però, è sempre quella. All'opera tutto non
può che essere eccessivo, anche l'amore degli appassionati. L'importante è andare all'opera. Anche stasera.
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SPIGOLATURE
1/7
Il padre osteggia le inclinazioni musicali del giovane Georg
“Era un uomo molto rigido e molto geloso del suo prestigio di «cerusico di corte» presso il duca di Sassonia; avversava la
musica, considerandola cosa di poca dignità. Sul figlio aveva il progetto di farne un uomo di legge; e quando s'accorse che aveva
inclinazioni musicali, gli vietò di toccare qualsiasi strumento.
Ma il piccolo Georg aveva scoperto in soffitta un vecchio clavicembalo e andava a suonarlo di nascosto. Un giorno rincorse la
carrozza del padre che si recava alla residenza del duca, riuscì a raggiungerla, commuovendo il padre, e riuscì a farsi portare a
corte […]. Con la complicità del fratellastro riuscì a raggiungere l'organo della chiesa di corte e, approfittando del fatto che la
chiesa era rimasta vuota dopo la fine di una funzione religiosa, si mise a suonare quell'organo. Ma, per singolare e quasi
romanzesca combinazione, nella chiesa vuota c'era in quel momento il duca, il quale rimase colpito dall'abilità di chi suonava e
volle conoscere il giovanissimo organista. Ebbe poi una discussione con il padre e lo invitò a lasciar libero il ragazzo di seguire la
sua naturale inclinazione.” (1)
Ritratto di Händel
“Figura massiccia e corpulenta, i quadri che ci tramandano la sua effigie rivelano un volto largo, solennemente incorniciato da
una lunga parrucca, tipica dell'epoca, e una corporatura imponente.
Era rude e perentorio nel tratto, impetuoso e iracondo, specialmente con le persone capricciose e prepotenti. Si racconta che di
fronte a una cantante, Francesca Cuzzoni, che voleva imporgli di modificare la musica per far risaltare la sua voce, si rifiutò
decisamente e, spazientito per le insistenze, prese per il collo la donna, la sospese fuori dalla finestra, la tenne penzoloni con le
sue braccia robuste e le gridò che l'avrebbe mollata se avesse continuato nei suoi capricci. Non tutte le versioni dell'episodio
coincidono, ma è comunque certo che Händel minacciò la cantante di buttarla giù dalla finestra e fece il gesto di buttarla.
Quel temperamento impetuoso era, peraltro, privo di cattiveria o di malignità. I suoi amici parlavano del suo sorriso largo e
luminoso come di un raggio di sole che sbuca da una nuvola nera: non era, dunque, capace di tenere il broncio. Era pronto
all'arguzia e incline all'umorismo. Era un narratore abile e piacevolissimo. […] Nella sua attività era instancabile, e si ricorda che
una volta suonò ininterrottamente dalle 7 alle 11, senza dar segni di stanchezza.” (1)
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(1) Rodolfo Venditti, Piccola guida alla grande musica, Volume I, Casale Monferrato, Sonda, 1994
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2/7
Viaggio di Händel in Italia
“Dopo una prima giovinezza trascorsa nella città natale di Halle […] e dopo alcuni anni di permanenza ad Amburgo […], Händel,
su invito del principe Ferdinando Medici, si trasferì in Italia dove si trattenne per più di quattro anni, dall'autunno del 1706 alla
primavera del 1710. Il viaggio in Italia fu un'esperienza determinante nella carriera musicale di Händel sia perché gli permise di
venire a contatto diretto con i più importanti esponenti della musica italiana dell'epoca e di assimilarne i tratti stilistici, sia
perché cimentandosi con i principali generi musicali sacri e profani […], il compositore incideva in essi la firma della sua
prepotente personalità creativa […]. La teatralità del gesto italiano rappresentò per Händel un potentissimo stimolo creativo; gli
anni italiani gli fornirono un bagaglio di esperienze e di memorie che egli si portò dietro tutta la vita nonostante le successive
tappe della carriera lo vedessero fuori d'Italia.” (1)
Händel e Bach
Händel nacque ad Halle il 23 febbraio 1685. Bach nacque ad Eisenach (che si trova a circa 150 chilometri da Halle) il 21 marzo
1685.
“Il parallelo con Bach è [quindi] inevitabile, e viene comunemente sintetizzato nella nota formula: Bach guarda dentro di sé, e
Händel intorno a sé. E veramente parlando in generale e senza voler dare a queste definizioni valore di giudizi, si può dire che
Händel possiede in superficie, varietà e vastità quanto gli manca di profondità rispetto a Bach. […]
Bach riassunse nella sua opera monumentale tutta la musica che lo aveva preceduto: i contemporanei lo giudicarono un
dottissimo e oscuro pedante; e i posteri oggi non si stancano di ritrovare in lui miracolosi germi dell'avvenire musicale. Händel,
invece, fu esattamente figlio del suo tempo, eroe dell'età barocca, conobbe il successo immediato e fu, senza volgari
concessioni, artista alla moda. Conobbe la musica europea del suo tempo, viaggiò, allargò i limiti delle sue esperienze artis tiche
quanto era allora possibile: tutto ciò in contrasto con la chiusa, concentrata e modesta vita di Bach. Naturalmente Händel
sconta, con la minore attualità presente, la perfetta attualità ch'egli ebbe nel suo tempo. Ma è musicista di alta e ricchiss ima
ispirazione: plastico e persuasivo nei temi, perspicuo e versatile nell'espressione, multiforme negli atteggiamenti. Oggi anche il
suo teatro gode di un rinnovato favore.” (2)
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(1) Mario Baroni, Enrico Fubini, Paolo Petazzi, Piero Santi, Gianfranco Vinay, Storia della musica, Torino, Einaudi, 1988
(2) Massimo Mila, Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1977
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3/7
Gli operisti e i libretti barocchi
“Forse la differenza più notevole tra i musicisti barocchi e i musicisti-drammaturghi romantici e postromantici consiste nel fatto
che questi ultimi intensificano o dinamizzano gli elementi dei conflitti, mentre i primi, al contrario, tendevano a ridurne il
pathos. L'operista barocco non è psicologo; egli non ritrae gli uomini in base ad osservazioni analitiche, non ricostruisce un
personaggio in base a stati d'animo osservati realmente. La sua caratterizzazione è piuttosto deduttiva e formale. Il tessuto
connettivo è formato non tanto dagli avvenimenti quanto piuttosto dallo slancio e dal trasporto lirico. Tuttavia, egli capiva
perfettamente che quel che voleva non era ritrarre i personaggi in azione, ma solo interpretarne le reazioni agli avvenimenti.“
I libretti barocchi non sono “drammi in piena regola, ma […] testi letterari che dovevano offrire al compositore l'occasione di
effusioni liriche. Erano ’letterari’ solo in quanto di solito scritti in modo impeccabile, pur essendo apparentemente freddi e
spesso stereotipati; il librettista però sapeva perfettamente che cosa sarebbe accaduto alle parole una volta che fossero state
rivestite di musica. Queste opere erano fondamentalmente non drammatiche; assecondando i gusti del pubblico che amava
l'asciuttezza classica, accentuavano i toni e gli atteggiamenti nobili; si spiega così che diversi musicisti adoperassero lo stesso
argomento, a volte persino lo stesso libretto, allo scopo di vedere come un argomento familiare sarebbe stato trattato da mani
diverse. In realtà le arie avevano spesso un carattere talmente generico che potevano essere trasportate da un'opera all'altra,
purché presentassero situazioni simili.” (1)
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(1) Paul Henry Lang, Händel, Milano, Rusconi, 1985
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4/7
I personaggi del «Giulio Cesare»
“Giulio Cesare ha un buon libretto di Haym ed è una delle più significative opere händeliane..In quest'occasione Händel aveva
creato un autentico personaggio eroico, affidato però all'interpretazione di un castrato. Cesare è contemplativo, come nel
meraviglioso arioso […] davanti alla tomba di Pompeo; o temerario, come nella vigorosa aria «Al lampo dell'armi», o amoroso,
come quando sveglia Cleopatra addormentata. Cleopatra è un'incantatrice, la sua parte virtuosistica le conferisce una
fisionomia smagliante. La caratterizzazione händeliana di questa focosa donna è un miracolo della letteratura operistica.
Cleopatra vuoI servirsi di Cesare contro Tolomeo; perciò, pur essendo fermamente convinta del suo innato potere sugli uomini,
supplica Venere di darle fascino sufficiente a sedurre il romano […]. Quando poi Cleopatra si innamora veramente di Cesare,
Händel muta la donna intrigante e vendicativa in amante disperata […]. Poi quando l'affascinante creatura è catturata da
Tolomeo e portata in catene davanti a lui, i suoi fremiti di rabbia e i propositi di vendetta hanno la stessa violenza del suo
temporaneo padrone. Alla fine, sconfitta, disperata e smarrita, monologa con se stessa nella meravigliosa aria «Piangerò la
sorte mia». Anche gli altri personaggi sono altrettanto ben caratterizzati: Cornelia è nobile e riservata, Sesto ardente e giovane,
Tolomeo brutale ed egoista, Achilla freddo e calcolatore. […]
Giulio Cesare è pieno di scene drammatiche intense; alcune ricordano il grand-opéra e potrebbero quindi render gradito questo
capolavoro ad un pubblico moderno.” (1)
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(1) Paul Henry Lang, Händel, Milano, Rusconi, 1985
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5/7
Le voci nel melodramma di Händel
“Le voci fondamentali, nel melodramma di Händel, sono il contraltista evirato e il soprano donna: vale a dire l'eroe e l'eroina.
Dal […] 1720 […] al […] 1733, quasi tutte le parti di contraltista furono scritte da Händel per Francesco Bernardi, detto il
Senesino [fu il primo Giulio Cesare, ndr]. Così come è stato descritto dai contemporanei, il Bernardi, oltre che una notevole
presenza scenica, aveva voce limpida, potente, agile ed una singolare nobiltà d'accento. […]
A quanto ci è dato sapere, il Bernardi eccelleva nelle parti nobili ed epicheggianti […], ma Händel, come del resto allora s'usava,
lo impegnò nei generi di canto più svariati: dall'agilità di forza (l'allegro «Quel torrente che cade dal monte», del Giulio Cesare) a
quella di grazia […].
[Dal 1723] Händel poté disporre di Francesca Cuzzoni [fu la prima Cleopatra nel Giulio Cesare, ndr], uno dei maggiori soprani
dell'intero Settecento. La Cuzzoni possedeva una voce dal timbro puro e toccante, ed eccelleva nel canto patetico sia come
espressione che come stile. […]
Con la Cuzzoni entra in modo definitivo, nell'opera italiana, quello che oggi potremmo chiamare il soprano puro […]. Händel
sfruttò magnificamente le caratteristiche di questa voce, con melodie accorate e nobili che facevano risaltare lo stile patetico
della Cuzzoni, ma contenevano anche slanci vocali ampi e arditi nel settore acuto oppure languidi e maliosi incisi ornamentali.
[…] Anche il largo di Cleopatra, nel Giulio Cesare, «Piangerò la sorte mia», rientra in questo tipo di arie, così come vi rientrano
certe pagine di canto affettuoso-sentimentale ora di stile tendenzialmente spianato (il largo «V'adoro pupille», del Giulio
Cesare), ora languidamente fiorite, come l'allegro «Tu la mia stella sei», pure del Giulio Cesare.” (1)
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(1) Rodolfo Celletti, La vocalità in Storia dell’opera (ideata da Guglielmo Barblan, diretta da Alberto Basso), Volume terzo, Tomo primo,
Torino, Utet, 1977
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6/7
I castrati e i loro favolosi compensi
“La stampa settecentesca fornisce ampie notizie sui cantanti: parla della loro tecnica, del loro fisico, dei loro compensi e delle
loro debolezze. In genere si conveniva sul fatto che i cantanti italiani avevano più talento ed erano meglio preparati di quelli
locali […]. Ebbe così inizio la costosa importazione dei castrati, ciò che a detta di North comportava «oneri immensi a causa di
generosi compensi, pensioni, sottoscrizioni e per giunta adulazioni e corteggiamenti indiscriminati. Questi signori ricercati e
pagati cari fanno ritorno in patria ricchi, comprano case e giardini raffinati e vivono nell'ammirazione della ricchezza e
dell'abbondanza inglesi» (Roger North on Music, a cura di John Wilson). Ma questi «semiuomini», queste «ambiguità vocali»,
queste «ombre d'uomini urlanti», ad onta di tutto il disprezzo con cui venivano descritti, erano essenziali per l'opera seria e per
l'aria col da capo; coi castrati hanno fine i compromessi linguistici che avevano cercato di sostenere i cantanti inglesi
considerandoli uguali a quelli stranieri.” (1)
Il successo del «Giulio Cesare»
“Agli inizi degli Anni Venti […] la Royal Academy of Music, desiderosa di contrapporre al compositore tedesco ormai all'apice
della sua fama, un altro nome su cui puntare per una più redditizia gestione degli affari, aveva deciso di lanciare nell'agone un
italiano, Giovanni Bononcini, il quale fu affiancato a Händel nella direzione artistica. Fra i due non esistevano invidie o r ivalità
personali, sì che il caso Händel-Bononcini fu creato piuttosto da partigianerie altrui e diventò presto un caso politico: Händel
era tedesco e protetto dagli impopolari sovrani della dinastia Hannover, onde i conservatori sposarono la causa di Bononcini
appoggiati anche dal principe di Galles, mentre i Whigs si schierarono con Händel. Non restava a quest'ultimo che vincere la sua
partita nel nome della musica; e il Giulio Cesare, a dispetto dei grandi consensi che Bononcini stava riscuotendo nella capitale
con opere come l'Astarto e il Farnace, chiuse in via definitiva i giochi confermando Händel l'indiscusso leader della produzione
operistica londinese e determinando la decisione del rivale di dimettersi dall'incarico offertogli dalla Academy.” (2)
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(1) Christopher Hogwood, Georg Friedrich Händel, Pordenone, Studio Tesi, 1991
(2) Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, Varese, Zecchini, 2011
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7/7
Quando non c’erano i sottotitoli…
“Il pubblico dell'epoca si dotava di libretto bilingue, contenente spesso un commento ed un sommario che poteva essere
seguito durante la rappresentazione. Con tutto ciò, un librettista del XVII secolo si sentì addirittura in dovere di porre in
appendice a Veremonda di Cavalli un «Sommario dell'opera per coloro che non sono in grado di capirla dopo avere ascoltato e
letto la medesima cosa».” (1)
“Georg Friedrich [Händel,] il [cui] […] unico e solo scopo fu quello di fare gradire le sue composizioni al pubblico, non si pose
altro problema o intento che non fosse quello di descrivere vicende o immagini di vita poetica ed eroica ricorrendo a effetti
visivi sorprendenti e nello stesso tempo a un linguaggio facile, immediato e semplice. […]
Le azioni, spesso drammatiche e avventurose, frequentemente mettevano in imbarazzo lo spettatore. Addirittura a Londra,
dove la complicazione della lingua non avvantaggiava certo l'intreccio della trama complessiva, tutti i lampadari e i candelabri
dovevano essere lasciati sempre accesi perché ognuno potesse cercare di seguire I'indecifrabile testo e non disgiungere le
parole dalla musica e da quello che vedeva sulla scena. […]
Ma la tradizione vuole che proprio con Giulio Cesare sia stato ripreso l’uso di lasciarla al buio. Poiché nell’opera la vicenda è
assai complicata e ricca di episodi e di colpi di scena, a partire da quella sera all’ingresso del teatro vennero però distri buite a
tutti assieme al testo anche delle robuste candele.” (2)
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(1) Christopher Hogwood, Georg Friedrich Händel, Pordenone, Studio Tesi, 1991
(2) Gabriella Mazzola Nangeroni, Invito all’ascolto di Georg Friedrich Haendel, Milano, Mursia, 1985
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TRAMA
1/1
Atto I
Giulio Cesare è arrivato in Egitto all'inseguimento del nemico Pompeo, sconfitto a Farsalo.
Invocano clemenza in favore di quest'ultimo la moglie Cornelia e il figlio Sesto, e il condottiero impietosito, consente a una
riappacificazione. Ma essi ignorano che, per conquistarsi le grazie di Cesare, il re egiziano Tolomeo ha incaricato Achill a di
uccidere Pompeo; e quando costui reca a Cesare la testa recisa del nemico, il romano sdegnato lo respinge per l'inumano
comportamento.
Atto II
Achilla ha riferito a Tolomeo la reazione di Cesare e si impegna a ucciderlo per ottenere dal re la mano di Cornelia, moglie di
Pompeo, di cui è innamorato. Frattanto la sorella di Tolomeo, Cleopatra medita di conquistare il trono d'Egitto, cui aspira i n
quanto primogenita, e perciò tenta un'alleanza col condottiero romano per carpirne gli autorevoli favori; ella gli si presenta in
veste di Lidia, fanciulla del suo seguito, e fa mostra di nutrire amore per lui, ma finisce coll'infiammarsi davvero per il romano e
dunque gli rivela la propria vera identità.
Atto III
Il conflitto bellico tra egizi e romani vede una iniziale prevalenza delle truppe del re Tolomeo; il giovane Sesto, figlio del defunto
Pompeo, ha tentato senza esito di uccidere il re nemico e viene pertanto imprigionato con la madre Cornelia.
Identica sorte subisce Cleopatra e corre la notizia che lo stesso Cesare sia morto in mare, ma le cose stanno altrimenti: il
condottiero è vivo e finisce col piegare la resistenza armata di Tolomeo con il concorso di Sesto, al quale infine spetta di
compiere l'agognata vendetta uccidendo il re egizio. Cesare affida a Cleopatra il regno d'Egitto e si festeggia il ritorno alla pace.
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da: Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, Varese, Zecchini, 2011
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