LA REALTÀ È RAZIONALE? di Cristiana Bullita «Ciò che è razionale è reale; ciò che è reale è razionale». (G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Prefazione) G. W. F. Hegel Tale celebre affermazione è costata a Hegel la critica esplicita e ferma del giovane Marx, il quale ha contestato la “santificazione” dell’esistente che inevitabilmente deriverebbe da questa concezione. Infatti se la realtà presenta una struttura razionale, se cioè la razionalità è la forma costitutiva di ciò che esiste, le cose non potrebbero essere diverse da come sono: affermando la necessità del reale, Hegel starebbe fornendo una copertura ideologica all’ordine borghese esistente. L’identità tra pensiero ed essere, ossia tra ragione e realtà, è affermata da Hegel in quanto il pensiero è sempre pensiero della realtà: ad entrambi si applica la logica dialettica proprio perché essi coincidono, nel modo in cui una stessa chiave apre due serrature identiche. Contro ogni semplificazione equivoca, forse prevedendo le critiche successive, Hegel avverte, nella Prefazione alla Fenomenologia e in molti altri luoghi, che è la qualità della modernità che permette la conciliazione tra il pensiero e l’essere (che dunque non sarebbe possibile a condizioni diverse). Il moderno si offre al pensiero, ossia risulta adeguato a essere tradotto in pensiero, in quanto presenta un equilibrio tra il singolo e la totalità. Il reale razionale non è ciò che immediatamente ci appare; la realtà che si concilia col pensiero non è accidentale ma è una struttura profonda, razionale ed etica. Hegel quindi non sembra mosso dall’intenzione di giustificare lo Stato prussiano o qualunque altra realtà politica. Per il filosofo idealista, la filosofia coglie la razionalità nella struttura immanente del reale che, come si diceva sopra, è dialettica. Il reale è razionale ed etico in quanto la sua trama profonda implica un confronto costante e una relazione reciproca tra gli individui, che non sono monadi irrelate ma hanno sempre bisogno gli uni degli altri. Una struttura razionale è rintracciabile anche nella natura, che non è caos incomprensibile e ingovernabile; tuttavia soltanto l’uomo, guidato dalla filosofia, accede alla comprensione di ciò che è « poiché ciò che è è la ragione». Una lettura più “garantista” di Hegel (contro l’accusa di giustificazionismo) è quella fornita da Marcuse, che interpreta il noto aforisma hegeliano non come coincidenza attuale ma come il destino finale dei due elementi a coincidere. Secondo il filosofo della Scuola di Francoforte la ragione, in Hegel, prende atto del sostanziale squilibrio tra essere e dover-essere, che dunque ancora non si identificano: «Il concetto hegeliano di ragione ha così un carattere chiaramente critico e polemico. Esso si oppone a ogni facile accettazione dello stato di cose presente […] come dimostra Hegel, […] i fatti non rivelano per nulla ciò che la realtà può e dovrebbe essere». (H. Marcuse, Ragione e Rivoluzione. Hegel e il sorgere della teoria sociale) È l’uomo a una dimensione della società tecnologica avanzata che, secondo Marcuse, identifica la realtà (il lavoro, la fatica, le disuguaglianze) con la razionalità: egli è incapace di distinguere ciò che è da ciò che dovrebbe essere e quindi non sa immaginare alternative al sistema in cui vive, quello capitalistico. «Il risultato è l'atrofia degli organi mentali necessari per afferrare contraddizioni e alternative, e nella sola dimensione che rimane, quella della razionalità tecnologica, la "coscienza felice" giunge a prevalere. Essa riflette la credenza che il reale è razionale, e che il sistema stabilito, nonostante tutto, mantiene le promesse». (H. Marcuse, L’uomo a una dimensione) Sulla struttura razionale della natura asserita da Hegel non può evidentemente concordare il geniale ed eclettico Richard Feynman, premio Nobel per la Fisica nel 1965, che così si esprime: «Dal punto di vista del buon senso la dinamica quantistica descrive una natura assurda. Tuttavia è in perfetto accordo con i dati sperimentali. Mi auguro quindi che riusciate ad accettare la natura per quello che è: assurda». (R. P. Feynman, QED, La strana teoria della luce e della materia) La ragionevolezza di una teoria, dice Feynman, non importa affatto: ciò che conta è che essa fornisca previsioni in accordo con gli esperimenti. Se la natura viola ogni aspettativa del senso comune, pazienza. Credo quia absurdum, diceva Tertulliano. Il reale svela il suo carattere irrazionale. Con buona pace di Hegel.