Alfonso Ciavoli Cortelli FARMACOLOGIA GENERALE E SPECIALE CRONOLOGIA DELLA FARMACOLOGIA: 1500 a.C. = Gli antichi Egizi possedevano già 1 codice medico: è stato ritrovato infatti il ―Papiro di Ebers‖ che è considerato come il + completo codice medico dell‘ antichità 460-377 a.C. = Ippocrate, primo medico dell‘ umanità scrive il ―Corpus Ippocraticum‖ che contiene le regole x raccogliere e preparare i medicamenti 300 a.C. = Teofrasto allievo di Aristotele scrive il primo trattato di Fitoterapia ―Historia Plantarum‖ 100 d.C. = Dioscoride Pedano scrive il ―De Materia Medica‖ che resterà 1 classico della farmacologia fino al XVIII secolo. Era composto da 5 volumi di 827 capitoli 150 d.C. = Galeno scrive il ―De Simplicium medicamentis et facultatibus‖ che elenca ben 473 medicamenti di origine vegetale. Egli curava con la maxima: ― Contraria contraris curantur‖ Dopo il 476 d.C. = Con la civiltà Araba arriva, anche in Occidente, la medicina di Avicenna e Avenzoar che diffondono l‘ Alchimia in Europa 1000 d.C.= Nasce la Scuola Medica Salernitana di Nicolò Salernitano con i suoi trattati ―Regimen Sanitatis Salernitanum‖ e ―Antidotarium‖ 1100 d.C. = Cofone scrive il trattato ―Ars Medendi‖ 1240 d.C. = L‘ Imperatore di Sicilia Federico II emana le ―Ordinationes‖ che ridisegnano medicina e farmacia nel loro aspetto professionale 1498 = Si scrive il ―Ricettario Fiorentino‖ che è la prima farmacopea (cioè 1 prontuario di droghe e medicamenti) scritta in volgare 1533 = Francesco Bonafede fonda a Padova il primo orto Botanico 1540 = Teofrasto Paracelso contesta in blocco la tradizione medica classica che sapeva di libresco e afferma ―Il vero medico si forma non con i libri ma con l‘esperienza diretta delle malattie e dei rimedi‖. Nasce l‘Omeo1 patia: ―il simile si cura con il simile‖. 1543 = Andrea Vesalio pubblica a Basilea l‘ opera in 7 libri ― De Humani Corporis Fabrica‖ 1628 = W. Harvey descrive nel ―De motu Cordis‖ la meccanica della circolazione sanguigna 1661 = Boyle pubblica il ―The Sceptical Chemist‖ che segna la nascita della chimica come scienza 1680 = Gian Alfonso Borelli descrive la meccanica del movimento muscolare con l‘ opera ―De motu Animalium‖ 1690 = Marcello Malpighi facendo uso dell‘occhialino (microscopio) descrive il glomerulo renale e gli alveoli polmonari 1761 = Gian Battista Morgagni elabora il primo trattato di Anatomia Patologica : il ―De sedibus et causis Morborum per anatomen indagatis‖ 1774 = Lo svedese Karl W. Scheele è l‘ iniziatore della chimica farmaceutica. Egli scopre parecchie sostanze di origine organica(acido Formico, Lattico, Urico, la Glicerina) 1803 = Luis Charles Derosne e F. Serturner isolano la Morfina dall‘ Oppio (papaver Somniferum) 1809 = Louis Nicolas Vauquelin isola la Nicotina dal Tabacco 1820 = Pierre Joseph Pelletier e Joseph B. Caventou isolano la Chinina dalla China; la Stricnina dalla Nux Vomica; la Caffeina dal Caffè 1821 = W. Meissner definisce Alcaloidi tutte le sostanze costituite da 1 comportamento basico, con 1 azoto nella molecola e capaci di formare sali con acidi 1827 = H. E. Merk fonda la prima fabbrica x la produzione di Morfina 1831 = F. Wohler brevetta la sintesi dell‘ Urea 1834 = Roger scopre la Digitalina 1839 = Leroux identifica la Salicilina dal Salice 2 1857 1860 = Locock scopre il Bromuro di potassio come antiepilettico; = Hiemann isola e purifica la Cocaina; Lemaire dimostra le proprietà disinfettanti dell‘acido fenico; Chatin cura il gozzo con le gocce di tintura di iodio 1861 = Semmelweis debella con l‘ ipoclorito le infezioni puerperali. Pasteur segnala il fenomeno dell‘ anaerobiosi. 1863 = Solway realizza il suo procedimento x la produzione della Soda 1864 = Alfred Von Baeyer sintetizza l‘ acido Barbiturico, capostipite della serie di ipnotici 1866 = Richardson propone l‘ anestesia locale spruzzando l‘ etere solforico sulla pelle 1867 = Hoffmann prepara la Formaldeide. Brunton cura gli accessi di angina pectoris facendo inalare Nitrito d‘ Amile 1869 = Liebreich usa il Cloralio Idrato come sonnifero 1871 = Nativelle prepara la Digitalina cristallina 1872 = Bennet studia le proprietà anestetiche della Cocaina, che verrà usata in oculistica soltanto nel 1884 a seguito della tesi di laurea di un certo Keller a Vienna 1873 = Kolbe sintetizza l‘ acido Salicilico, usato come disinfettante e antireumatico nel 1876 1877 = Bergmann propone il ―Sublimato‖ (Cloruro Mercurico) come antisettico 1878 = Morse sintetizza il Paracetamolo 1879 = Murrel scopre il Trinitrato di Glicerile (Nitroglicerina) usato come antianginoso 1881 = Landenburg isola la Scopolamina; Pasteur inventa la vaccinazione anti carbonchio 1882 = Koch annuncia la scoperta del bacillio della Tubercolosi 1883 = Knorr sintetizza l‘ Antipirina; la Fenotiazina è usata come Antielmintico 3 1883 = Baumann sintetizza il Sulfonale 1886 = sono introdotti in terapia l‘ Efedrina, l‘ Ittiolo, la Resorcina, l‘ Acetanilide 1887 = Anton Kast scopre la Fenacetina brevettata e introdotta sul mercato dalla neonata Bayer 1889 = Iniezioni di Sali di Bismuto x la Sifilide 1896 = Stolz sintetizza e utilizza l‘ Amminofenazone (Piramidone) 1898 = Felix Hoffman prepara l‘ Acido acetil salicilico (Aspirina) 1899 = la Bayer commercializza l‘ Aspirina preparata da Felix Hoffman (6 marzo 1899); Kiliani isola la Digitossina Pura; si sintetizza la Norammidopirina (Metamizolo o dipirone cioè la Novalgina) 1900 = Prime anestesie con Etere solforico in sostituzione del cloroformio usato dal 1852. Scoperta dei gruppi sanguigni ABO 1901 = Takamine e Aldrich isolano l‘ Adrenalina Cristallizzata. Identificazione dell‘ ormone antidiuretico. Scoperta dell‘ allergia. Introduzione della radiumterapia = Viene coniato il termine di ormone. Sieroterapia della scarlattina 1902 1903 = Forneau sintetizza l‘ Amilocaina(anestetico). Invenzione dell‘elettrocardiogramma 1905 = Vengono scoperti gli Ormoni; Braun associa l‘ adrenalina agli Anestetici locali; Einhorn sintetizza la Benzocaina(Novocaina) 1908 = la Tintura di Iodio è usata come disinfettante x uso esterno 1909 = Einhorn ed Uhlfelder sintetizzano la Procaina 1910 = la casa tedesca Hoechst commercializza il farmaco Salvarsan o 666 di Hata (Arsenobenzolo) scoperto da Paul Ehrlich che sembrava essere il farmaco attivo su tutte le infezioni. Esso era il risultato dell‘ enorme lavoro di Ehrlich, pioniere nella ricerca farmacologica. Egli è il padre 4 della chemioterapia, e il primo a parlare di ―Recettore‖ (egli diceva ―Corpora non agunt nisi fixata‖). Vengono riconosciute le proprietà del Progesterone 1911 = Vengono scoperte le Vitamine A e B. Preparazione del primo estratto di testosterone attivo 1912 = il Fenobarbital è usato in terapia 1915 = Kendall cristallizza la Tiroxina 1917 = Inizia l‘ uso terapeutico del Luminale (ipnotico) e della Suramina sodica tripanocida; Howell scopre l‘ Eparina, usata come anticoagulante dal 20 1918 = l‘ Etilene è usato in Anestesia; Stoll isola e purifica l‘ Ergotamina 1920 = Scoperta dell‘ Acetilcolina 1921 = Bating e Best scoprono l‘ Insulina; si isola la vitamina D; si purifica la Lobelina 1922 = Fleming propone il Lisozima come Batteriolitico; Forneau sintetizza lo Stovarsolo(acetarsone) 1923 = Schmidt sintetizza il Cardiazolo; Allen e Doisy scoprono la Follicolina 1924 = Invenzione dell‘ Elettroecefalogramma. Vengono fatte le prime feconda zioni artificiali 1927 = Harington sintetizza la Tiroxina; si creano i primi antimalarici sintetici Plasmochina e Atebrina; viene sintetizzata l‘ Amfetamina, usata come decongestionante nasale 1928 = Lucas ed Henderson introducono il Ciclopropano in Anestesia; Szent Gyorgyi isola la vitamina C 1929 = Alexander Fleming scopre la Penicillina, estratta dalla muffa; Corner, Allan e Marian isolano il Progesterone, l‘ Estradiolo e il Pregnandiolo 1930 = Marrian identifica l‘ Estradiolo 1931 = Butenandt isola il primo ormone maschile chimicamente definito: 5 l‘Androsterone 1932 = Gerard Domagk, ricercatore della Bayer sintetizza il Prontosil Rosso, un colorante ad azione antibatterica che aveva azione inspiegabilmente solo in vivo ; Compaiono i primi antimalarici sintetici e si conferma la validità dei derivati antimoniali Tripanocidi 1933 = Karrer svela la costituzione molecolare della Vitamina A; Kuhn isola la Riboflavina(vit b2) e Williams identifica l‘ Ac. Pantotenico 1934 = Butenandt sintetizza e cristallizza il Progesterone; Dam e Doisy scoprono la Vit K 1935 = Daniel Bovet spiega il perché dell‘ azione solo in vivo del Prontosil Rosso: l‘ azione antibatterica è dovuta solo ad 1 parte del composto (il sulfamile) che si ottiene solo dopo la scissione nell‘ organismo: si ha la nascita di una nuova rivoluzionaria classe di farmaci ossia dei Sulfamidici 1936 = Hagedorn propone l‘ insulina ritardo con Zinco-protamina; Kendal e Reichstein sintetizzano il Desossi-corticosterone 1937 1938 = Helvehjem cura la pellagra con l‘ Acido Nicotinico (vitamina PP) = Stoll e Hoffmann sintetizzano la Dietilammide dell‘Ac.Lisergico (LSD) Kendall individua nelle surrenali il ―composto E‖, detto poi Cortisone 1939 = Howard Florey ed Ernest Chain rendono sufficientemente stabile la Penicillina x cristallizzazione; Dubox scopre la Gramicidina; Rist usa il Dapsone (Diaminodifenil-sulfone) x curare la Lebbra; Mùller scopre il DDT come insetticida 1940 = Bernheim dimostra l‘ attività antitubercolare dell‘ac. Para-AmminoSalicilico (PAS); Ersparmer scopre la Serotonina ( Enteramina); Roblin sintetizza la Sulfamerazina; Dogmack dimostra l‘ attività batTericida del Sulfatiazolo 1941 = Mitchell estrae l‘ Acido Folico dalle foglie di Spinaci. Stahlmann sintetizza il Dicumarolo. 1942 = Janbon scopre le proprietà ipoglicemizzanti di un sulfamidico; BlaschKo isola la Noradrenalina; Hitchings fa ricerche sugli Antimetaboliti come antitumorali: scopre la Mercaptopurina e il 5Fluoruracile 6 1943 = Luria e Delbruck dimostrano che l‘ antibiotico-resistenza è dovuta a mutazioni spontanee dei ceppi batterici; scoperta della Cefalosporina 1944 = Selman A. Waskman scopre la Streptomicina dallo Streptomyces Griseus, usata x la tubercolosi; Dodd dimostra l‘ attività batteriostatica del Nitrofurazone, usato x le infezioni renali. Si fa la sintesi del Chinino 1946 = Johnson isola la Bacitracina; gli Ossazolin-dinoni sono usati x curare l‘ Epilessia 1947 = Ehrlich e Burkholder scoprono il Cloramfenicolo; Daniel Bovet fa le ricerche sulla Gallamina e apre la strada ai Curari Sintetici; Ainsworth isola la Polimixina; Duggar isola la Clortetraciclina; si isola la Diidrostreptomicina dallo Streptomyces humidus 1948 = Reichstein e Sarett sintetizzano il Cortisone; il Metotrexato è usato x le leucemie 1949 = Waksmann e le Chevalier scoprono la Neomicina dallo Streptomyces fradiae; entrano in terapia i Sali di Litio (x la mania); si sintetizza dalla tirosina il Cortisone; 1950 = si scopre l‘ antibiotico polienico Nistatina, antimicotico; Finlay isola la Terramicina; si scopre l‘ attività ipoglicemizzante delle Biguanidi con la Fenformina; 1951 = Fox e Steenken sintetizzano l‘Isoniazide (antitubecolare); Sandberg scopre i criteri x l‘ attività ipnotica dei Barbiturici. Si scopre la Metildopa come antipertensivo 1952 = Mc Guire scopre l‘ Eritromicina (nuovo antibiotico);si introduce in terapia l‘ idrocortisone; Jean Delay e Pierre Deniker fanno delle ricerche sulle Fenotiazine e porta all‘ uso clinico della Clorpromazina(Largactil) come sedativo; 1953 = Kuhn scopre l‘ effetto MAO-Inibitore dell‘ Iproniazide (antidepressivo); Mueller isola la Reserpina dalla Rauwolfia Serpentina; Dodd realizza la Nitrofurantoina; 1954 = Sanger chiarisce la costituzione molecolare dell‘ Insulina; si introduce in terapia la Glutetimmide 1955 = Woodward sintetizza la Reserpina; 7 1956 = Pincus prepara e sperimenta i primi contraccettivi orali; Novello sintetizza il primo diuretico di sintesi: la Clorotiazide 1957 = Gli Antidepressivi triciclici entrano in terapia clinica: Kuhn sintetizza l‘ Imipramina; si scopre la Rifampicina; Umezawa scopre la Kanamicina dallo Streptomyces Kanamyceticus ; si scopre la Talidomide (Contergan) come Ipnotico. Scoperta dell‘ Interferone 1958 = Si scopre la Griseofulvina, antimicotico; l‘ Aloperidolo è introdotto in Terapia 1959 = si scopre la Paromomicina dallo Streptomyces rimosus. Sintesi del primo Calcio-Antagonista (Verapamil) 1960 = Leo Sternbach scopre le Benzodiazepine x combattere l‘ ansia: scopre il Diazepossido(Librium) nel 60‘e il Diazepam(Valium) nel 63‘ 1960 = la Levo-Dopa entra in terapia come antiparkinson; entrano in terapia i primi betabloccanti; in Europa sorge il ―caso Talidomide‖(ipnotico): il farmaco assunto in gravidanza determinava la nascita di bimbi affetti da focomelia 1961 = Si scopre l‘ Ampicillina; 1962 = Si scopre l‘ Acido Nalidissico, progenitore dei Chinoloni. 1963 = si scopre la Gentamicina (amminoglicoside) dalla Microspora purpurea 1965 = T.Y. Shenn sintetizza l‘ Indometacina. Vengono isolate le Endorfine 1967 = si scopre la Tobramicina(amminoglicoside)dallo Streptomyces tenebrarius. 1970 = si scopre la Sisomicina dalla microspora inyoensis; si sintetizza il Clotrimazolo, progenitore degli Azoli antimicotici 1971 = viene isolata la Ciclosporina 1972 = si sintetizzano l‘ Amicacina dalla Kanamicina A e il primo anti-H2: la Cimetidina x l‘ ulcera peptica 1974 = si sintetizza l‘ Ibuprofene; 8 1975 = si sintetizza la Netilmicina dalla Sisomicina 1976 = si sintetizza il Naprossene; 1981 = si sintetizza il Gemfibrozil 1982 = si sintetizza il Piroxicam, progenitore degli Oxicami 1984 = si sintetizza l‘ Aciclovir 1985 = si sintetizza l‘ Enalapril, nuovo Ace-inibitore 1986 = si sintetizza il Ketoprofene; 1989 = si scoprono da 1 fungo le Statine (ipocolesterolemizzanti) con la Simvastatina; 1992 = si scoprono la Fluoxetina e gli inibitori selettivi del Reuptake della Serotonina(SSRI) 1993 = si scopre la Finasteride, farmaco antiprostatico 1994 = si sintetizzano l‘ Omeprazolo, inibitore dela Pompa protonica e il Sumatriptan (antiemicranico); nascono i Sartani con il Losartan (antagonisti x il recettore dell‘ AT II) 1995 = si sintetizzano nuovi antipsicotici: Clozapina e Clopentixolo; inibitori della Cox 2 : Celecoxib; antiemetici: Ondasetron 1998 = si sintetizzano il Montelukast, anti asmatico; Orlistat, antiobesità; Zanamivir, antivirale 1999 = si sintetizzano il Raloxifene (x l‘ osteoporosi); Linezolid, nuovo antibiotico; Abacavir, anti AIDS; LESSICO ESSENZIALE e DEFINIZIONI GENERALI DELLA FARMACOLOGIA: FARMACO 9 E‘qualunque sostanza in grado di esercitare 1 effetto sui sistemi viventi, per cui i farmaci sono sia degli strumenti terapeutici in grado di intervenire su processi patologici sia degli strumenti sperimentali x la comprensione di eventi biologici. DROGA Indica 1 miscela di sostanze farmacologicamente attive. Nel linguaggio non farmacologico si intende 1 farmaco dotato di effetti psicotropi, assunto a scopi voluttuari FARMACOLOGIA E‘ la branca delle scienze biomediche che studia i farmaci e le interazioni reciproche che hanno luogo tra questi e gli organismi viventi. FARMACOLOGIA GENERALE E‘ quella branca delle scienze farmacologiche che analizza i meccanismi generali che sottendono all‘azione dei farmaci. Essa è classicamente suddivisa in farmacocinetica (cio‘che il corpo fa al farmaco) e farmacodinamica (cio‘ che il farmaco fa al corpo). FARMACOGNOSIA E‘ quella branca delle scienze farmacologiche che studia i farmaci di origine naturale e il loro impiego in terapia. FARMACOTERAPIA E‘ quella branca delle scienze farmacologiche che studia l‘ impiego dei farmaci in terapia. FARMACOLOGIA MOLECOLARE E‘ la branca della farmacologia che affronta il problema di comprendere la natura\struttura delle molecole dell‘organismo con cui i farmaci interagiscono e\o gli eventi molecolari che sottendono agli effetti cellulari e\o sistemici dei farmaci. FARMACOCINETICA E‘ la branca della farmacologia che identifica e descrive gli eventi a cui è sottoposto 1 farmaco quando viene a contatto con 1 organismo: assorbimento, distribuzione ed eliminazione, metabolismo. FARMACODINAMICA E‘ la branca della farmacologia che studia l‘ interazione farmaco-recettore (o sito d‘azione) e le conseguenze biologiche che ne derivano 10 FARMACOLOGIA CLINICA E‘ la branca della farmacologia che studia e applica la metodologia x 1 corretta valutazione dell‘efficacia terapeutica e della sicurezza dell‘uso di 1 farmaco nell‘uomo FARMACOECONOMIA E‘ la branca della farmacologia che studia i rapporti di costo beneficio di 1 trattamento farmacologico dal punto di vista economico. FARMACOGENETICA Studia le risposte ai farmaci nelle diverse popolazioni e identificai motivi di queste diversita‘. Differenze su base genetica di espressione o di attivita‘ di molecole dell‘organismo rendono conto di risposte abnormi ai farmaci sia in termini farmacodinamici che farmacocinetici. FARMACOGENOMICA E‘ quella parte della farmacologia che sfruttando le conoscenze della genetica ottimizza la scelta e la dose di 1 farmaco in modo che la terapia adottata sia la + adatta x ciascun individuo, suddividendo la popolazione di pazienti sulla base del loro profilo genetico. FARMACOVIGILANZA E‘ la branca della farmacologia che tiene sotto controllo la sicurezza d‘uso di 1 farmaco, monitorando l‘insorgenza di effetti collaterali o tossici x l‘individuo o x la popolazione. CHEMIOTERAPIA Sta ad indicare quelle forme di terapia che mirano alla lesione di cellule viventi dannose x la salute: parassiti o le cellule neoplastiche. TOSSICOLOGIA Studia gli effetti dannosi su uomo, animali e piante di sostanze esogene come farmaci, prodotti naturali, contaminanti, additivi e fitofarmaci. ALCUNE DEFINIZIONI IMPORTANTI: - COMPLIANCE è 1 termine che indica la completa adesione del paziente alla terapia prescritta; - FARMACI GENERICI sono farmaci x i quali è scaduto il brevetto ( termine che si considera ragionevole in 25 anni); - FARMACI MEE-TOO ( anche io) sono quei farmaci aventi la stessa azione farmacologica e struttura chimica analoga; - FARMACI SOFT-DRUG sono farmaci che vengono rapidamente degradati enzimaticamente x dare metaboliti sicuramente inerti; 11 - FARMACI OTC sono farmaci di automedicazione e che il medico puo‘ prescrivere ogni volta che ritiene opportuno; - SOSTANZA D‘ ABUSO è 1 sostanza che promuove 1 comportamento mirato alla riassunzione della stessa sostanza; - DIPENDENZA CROCIATA e‘ la capacita‘ di 1 farmaco di sopprimere manifestazioni di dipendenza fisica addotta da 1 altro farmaco e di mantenere lo stato di dipendenza della prima; - ALLERGIA è la reazione avversa da precedente sensibilizzazione al farmaco; - IDIOSINCRASIA è l‘ alterata risposta al primo contatto con il farmaco: la possono provocare per esempio farmaci quali SUCCINILCOLINA, DEBRISOCHINA, PRIMACHINA, ISONIAZIDE; - TOLLERANZA è la diminuzione progressiva della risposta ad 1 farmaco: la possono provocare per esempio farmaci quali BARBITURICI, MORFINA, AMFETAMINA, BENZODIAZEPINE; - TACHIFILASSI è la tolleranza che si sviluppa rapidamente nei confronti di 1 farmaco o meglio è la diminuzione rapida della risposta ad 1 farmaco; IL VIAGGIO DEL FARMACO NEL NOSTRO ORGANISMO I farmaci sono quasi sempre composti estranei all‘organismo. Come tali, a differenza delle sostanze endogene, essi non vengono prodotti ed eliminati in modo continuo. L‘assorbimento, la biodisponibilità, la distribuzione e l‘eliminazione di un farmaco sono quindi fattori determinanti per l‘inizio, la durata e l‘intensità della sua azione. ASSORBIMENTO Processo di trasferimento dei farmaci dalla sede di somministrazione alla circolazione sistemica. Sommario: Introduzione Trasporto attraverso le membrane cellulari Somministrazione orale Somministrazione parentale Forme a rilascio controllato L‘assorbimento dei farmaci è determinato dalle loro proprietà fisico-chimiche, dalle loro formulazioni e dalle vie di somministrazione. I prodotti farmaceutici, cioè le effettive preparazioni (p. es., compresse, capsule, soluzioni) costituite dal farmaco e dagli eccipienti, sono formulate per essere somministrate per varie vie, tra le quali l‘orale, la buccale, la sub-linguale, la rettale, la parenterale, la topica e l‘inalatoria. Un requisito essenziale per l‘assorbimento è la dissoluzione del farmaco. I prodotti 12 farmaceutici solidi (p. es., le compresse) si disintegrano e si disgregano, ma l‘assorbimento può avvenire solo dopo che i farmaci sono entrati in soluzione. Trasporto attraverso le membrane cellulari La maggior parte delle vie di somministrazione (esclusa quella EV) imp lica la necessità che i farmaci attraversino diverse membrane cellulari semipermeabili prima di raggiungere la circolazione sistemica. Queste membrane sono barriere biologiche che impediscono in maniera selettiva il passaggio delle molecole dei farmaci e sono composte principalmente da una matrice molecolare lipidica bistratificata, contenente soprattutto colesterolo e fosfolipidi. I lipidi conferiscono stabilità alla membrana e sono responsabili delle sue caratteristiche di permeabilità. Nello spessore della matrice lipidica sono inserite proteine globulari di diverse dimensioni e composizione, le quali sono coinvolte nei processi di trasporto e funzionano come recettori per la regolazione delle attività cellulari. I farmaci possono attraversare una barriera biologica mediante i meccanismi della diffusione passiva, della diffusione passiva facilitata, del trasporto attivo o della pinocitosi. Diffusione passiva: in questo processo, il trasporto di un soluto attraverso una membrana cellulare dipende dal suo gradiente di concentrazione. La maggior parte delle molecole dei farmaci attraversa le membrane per diffusione semplice da una regione ad alta concentrazione (p. es., i fluidi GI) a una regione a bassa concentrazione (p. es., il sangue). Poiché le molecole dei farmaci vengono rapidamente rimosse per opera del torrente circolatorio e distribuite in un ampio volume di liquidi e tessuti dell‘organismo, la loro concentrazione nel sangue è inizialmente bassa rispetto a quella presente nella sede di somministrazione, dando luogo a un gradiente elevato. La velocità di diffusione è direttamente proporzionale al gradiente, ma dipende anche dalla liposolubilità, dal grado di ionizzazione e dalle dimensioni della molecola, nonché dall‘area della uperficie di assorbimento. Dal momento che la membrana cellulare è di natura lipidica, i farmaci liposolubili diffondono più velocemente di quelli relativamente non liposolubili. Le molecole di piccole dimensioni tendono a passare attraverso le membrane più rapidamente di quelle voluminose. La maggior parte dei farmaci è rappresentata da basi o acidi organici deboli che in ambiente acquoso si trovano in forma ionizzata e in forma non ionizzata. La forma non ionizzata di solito è liposolubile e diffonde facilmente attraverso le membrane cellulari; la forma ionizzata non è in grado di attraversare con facilità la membrana cellulare a causa della sua bassa liposolubilità e della sua alta resistenza elettrica, derivante dalla carica della molecola e dai gruppi polari presenti sulla superficie della membrana stessa. Di conseguenza, la penetrazione dei farmaci nei compartimenti biologici può essere attribuita per lo più alla loro forma non ionizzata. In condizioni di equilibrio, la distribuzione di un farmaco ionizzabile sui due versanti di una membrana è determinata dal pKa del farmaco (il pH al quale le concentrazioni della sua forma non ionizzata e di quella ionizzata sono uguali) e dal gradiente di pH, qualora sia presente. Per un acido debole, più elevato è il pH, più basso è il rapp orto tra la forma non ionizzata e quella ionizzata. Nel plasma (pH 7,4), il rapporto tra la 13 forma non ionizzata e quella ionizzata di un acido debole (p. es., con pK a di 4,4) è di 1:1000; nel succo gastrico (pH 1,4) il rapporto è invertito (1000:1). Quando l‘acido debole viene somministrato per via orale, il gradiente di concentrazione del farmaco non ionizzato tra lo stomaco e il plasma tende a essere elevato, favorendone la diffusione attraverso la mucosa gastrica. In condizioni di equilibrio, le concentrazioni del farmaco non ionizzato nello stomaco e nel plasma sono uguali, perché solo il farmaco non ionizzato può passare attraverso le membrane; la concentrazione del farmaco ionizzato nel plasma sarebbe quindi circa 1000 volte superiore a quella presente nello stomaco. Per una base debole con un pKa di 4,4 il risultato è opposto. Di conseguenza, in linea teorica, i farmaci debolmente acidi (p. es., l‘aspirina) vengono assorbiti da un ambiente acido (lo stomaco) più facilmente di quanto non facciano le basi deboli (p. es., la chinidina). Tuttavia, indipendentemente dal fatto che un farmaco sia acido o basico, la maggior parte del suo assorbimento si verifica comunque nell‘intestino tenue (v. Somministrazione orale, più avanti). Diffusione passiva facilitata: per determinate molecole (p. es., il glucoso), la velocità di attraversamento delle membrane è superiore a quella prevedibile sulla base della loro bassa liposolubilità. Una delle ipotesi è che un componente di trasporto (carrier) si combini reversibilmente con la molecola del substrato sulla superficie esterna della membrana cellulare e che il complesso carrier-substrato diffonda rapidamente attraverso la membrana liberando il substrato sul versante interno. La diffusione mediata da carrier è caratterizzata dalla selettività e dalla saturabilità: il carrier trasporta soltanto i substrati con una configurazione molecolare relativamente specifica e il processo è limitato dalla disponibilità dei carrier. Questo meccanismo non richiede dispendio di energia e non consente il trasporto contro un gradiente di concentrazione. Trasporto attivo: questo processo è caratterizzato da selettività e saturabilità e richiede dispendio di energia da parte della cellula. I substrati possono accumularsi nel compartimento intracellulare contro un gradiente di concentrazione. Il trasporto attivo sembra essere limitato ai farmaci strutturalmente simili a sostanze endogene; questi farmaci vengono solitamente assorbiti in tratti specifici dell‘intestino tenue. Processi di trasporto attivo sono stati identificati per diversi ioni, vitamine, zuccheri e aminoacidi. Pinocitosi: è il meccanismo con il quale le cellule incorporano materiale liquido o particelle solide. La membrana cellulare si invagina, circonda il fluido o le particelle e quindi si fonde di nuovo formando una vescicola che in seguito si distacca e si muove verso l‘interno della cellula. Anche questo meccanismo richiede dispendio di energia. La pinocitosi riveste probabilmente un ruolo marginale nel trasporto dei farmaci, se si eccettuano quelli di natura proteica. Somministrazione orale Nel caso della somministrazione orale, che è la via di somministrazione più comune, l‘assorbimento si riferisce al trasporto dei farmaci attraverso le membrane delle cellule epiteliali dell‘apparato GI. L‘assorbimento dopo la somministrazione orale è 14 reso incostante da differenze a carico del pH intraluminale lungo il tratto GI, dell‘area della superficie di assorbimento per unità di volume luminale e della perfusione ematica, oltre che dalla presenza di bile e muco e dalla natura delle membrane epiteliali. Gli acidi vengono assorbiti più rapidamente nell‘intestino che nello stomaco, contraddicendo in apparenza l‘ipotesi che un farmaco non ionizzato attraversa le membrane con maggior facilità. In realtà, l‘apparente contraddizione è spiegata dalla più ampia superficie di assorbimento e dalla maggiore permeabilità delle membrane dell‘intestino tenue. La mucosa orale possiede un epitelio sottile e una ricca vascolarizzazione che favoriscono l‘assorbimento, ma il contatto è solitamente troppo breve, anche per i farmaci in soluzione, perché abbia luogo un assorbimento apprezzabile. Un farmaco posto tra le gengive e la guancia (somministrazione buccale) o sotto la lingua (somministrazione sublinguale) viene trattenuto in situ più a lungo, consentendo un assorbimento più completo. Lo stomaco ha una superficie epiteliale relativamente estesa, ma poiché possiede uno strato mucoso piuttosto spesso e il tempo in cui il farmaco vi staziona è di solito relativamente breve, l‘assorbimento è limitato. Praticamente tutti i farmaci vengono assorbiti più velocemente dall‘intestino tenue che dallo stomaco. Di conseguenza, lo svuotamento gastrico è il passaggio limitante la velocità di assorbimento. Il cibo, specialmente gli alimenti grassi, rallenta lo svuotamento gastrico (e la velocità di assorbimento dei farmaci), spiegando perché alcuni farmaci debbano essere assunti a stomaco vuoto quando si desidera un rapido inizio d‘azione. Il cibo può aumentare l‘entità dell‘assorbimento dei farmaci scarsamente solubili (p. es., la griseofulvina), può ridurre quella dei farmaci che vengono degradati nello stomaco (p. es., la penicillina G), oppure avere effetti minimi o nulli. I farmaci che influenzano lo svuotamento gastrico (p. es., i parasimpaticolitici) modificano la velocità di assorbimento di altri farmaci. Fra tutti i segmenti dell‘apparato GI, l‘intestino tenue possiede la più ampia superficie per l‘assorbimento dei farmaci. Il pH intraluminale varia da 4 a 5 nel duodeno, ma diviene via via progressivamente più alcalino, avvicinandosi a 8 nell‘ileo distale. La microflora GI può inattivare taluni farmaci, riducendone l‘assorbimento. La riduzione del flusso ematico (p. es., nello shock) può diminuire il gradiente di concentrazione tra i due versanti della mucosa intestinale e ridurre l‘assorbimento che avviene per diffusione passiva. (Anche la diminuzione del flusso ematico periferico altera la distribuzione e il metabolismo dei farmaci.) Il tempo di transito intestinale può influenzare l‘assorbimento, particolarmente dei farmaci che vengono assorbiti mediante trasporto attivo (p. es., le vitamine del gruppo B), di quelli che si disciolgono lentamente (p. es., la griseofulvina) o di quelli che sono troppo polari (cioè scarsamente liposolubili) per attraversare facilmente le membrane (p. es., molti antibiotici). Per tali farmaci, il transito può risultare troppo rapido perché l‘assorbimento sia completo. L‘assorbimento delle preparazioni a rilascio controllato può avvenire principalmente nell‘intestino crasso, particolarmente quando il rilascio del farmaco si protrae per più di 6 h, il tempo necessario perché il contenuto intestinale giunga nel colon. 15 Assorbimento dei farmaci in soluzione: un farmaco somministrato per via orale in soluzione viene a contatto con numerose secrezioni GI e, per essere assorbito, deve superare indenne l‘esposizione a bassi valori di pH e a enzimi potenzialmente degradanti. Di solito, anche se un farmaco è stabile nell‘ambiente intestinale, ben poco di esso rimane nel lume fino a giungere nell‘intestino crasso. I farmaci poco lipofilici (cioè con scarsa capacità di attraversare le membrane), come gli aminoglicosidi, quando si trovano in soluzione vengono assorbiti lentamente nello stomaco e nell‘intestino tenue; per tali farmaci, l‘assorbimento a livello dell‘intestino crasso è prevedibilmente ancora più lento, perché l‘area della superficie di assorbimento è minore. Di conseguenza, questi farmaci non sono buoni candidati per le preparazioni a rilascio controllato. Assorbimento dei farmaci in forma solida: la maggior parte dei farmaci viene somministrata per via orale sotto forma di compresse o capsule, principalmente per ragioni di praticità, di economia, di stabilità e di accettazione da parte del paziente. Questi prodotti devono disgregarsi e disciogliersi prima che possa avvenirne l‘assorbimento. La disgregazione aumenta notevolmente la quantità di molecole di farmaco che vengono a contatto con i succhi GI, favorendo in questo modo la dissoluzione e l‘assorbimento del farmaco stesso. Agenti disgreganti e altri eccipienti (p. es., diluenti, lubrificanti, surfattanti, leganti, disperdenti) vengono spesso aggiunti al farmaco durante la fabbricazione per facilitare questi processi. I surfattanti aumentano la velocità di dissoluzione incrementando la permeabilità all‘acqua, la solubilità e la capacità di dispersione del farmaco. La disgregazione delle preparazioni solide può essere ritardata dall‘applicazione di una pressione eccessiva durante il confezionamento delle compresse oppure da speciali rivestimenti applicati per proteggere le compresse dai processi digestivi intestinali. I lubrificanti idrofobi (p. es., lo stearato di magnesio) possono legarsi al farmaco attivo e ridurre la sua biodisponibilità. La velocità di dissoluzione determina la maggiore o minore disponibilità del farmaco per l‘assorbimento. Nel caso in cui la dissoluzione sia più lenta dell‘assorbimento, essa diventa la tappa limitante la velocità del processo. L‘assorbimento complessivo può essere regolato tramite modificazioni della formulazione del farmaco. Per esempio, la riduzione delle dimensioni delle particelle aumenta la superficie di contatto della sostanza, aumentando in questo modo la velocità e il grado dell‘assorbimento GI di un farmaco il cui assorbimento è normalmente limitato da una lenta dissoluzione. La velocità di dissoluzione è diversa a seconda che il farmaco sia in forma salina, cristallina o idrata. I sali di Na degli acidi deboli (p. es., barbiturici, salicilati) si dissolvono più rapidamente dei loro corrispondenti acidi liberi, indipendentemente dal pH del mezzo. Alcuni farmaci sono polimorfici, esistendo in forme amorfe o in forme cristalline di vario tipo. Il cloramfenicolo palmitato esiste in due forme, ma soltanto una di esse si dissolve e viene assorbita in grado sufficiente per essere clinicamente utile. Un idrato si forma quando una o più molecole di acqua si combinano con una molecola di un farmaco in forma cristallina. La solubilità di tale solvato può essere molto differente da quella della forma non 16 solvata; p. es., l‘ampicillina anidra ha una velocità di dissoluzione e di assorbimento più elevata rispetto alla sua corrispondente forma triidrata. Somministrazione parenterale L‘introduzione diretta di un farmaco nel torrente circolatorio (solitamente EV) assicura l‘arrivo nella circolazione sistemica dell‘intera dose somministrata. Il trasferimento di tutta la dose non è però garantito se una via di somministrazione richiede il passaggio attraverso una o più membrane biologiche per raggiungere la circolazione sistemica (iniezione IM o SC). Per i farmaci proteici con una massa molecolare > 20000 g/mol, il passaggio attraverso le membrane capillari è così lento, che dopo una somministrazione IM o SC la maggior parte dell‘assorbimento avviene per sottrazione attraverso il sistema linfatico. In questi casi, la velocità di trasporto nella circolazione sistemica è bassa e spesso incompleta a causa del metabolismo di primo passaggio per opera degli enzimi proteolitici presenti nei vasi linfatici. Poiché i capillari tendono a essere altamente permeabili, la perfusione (flusso ematico/grammo di tessuto) influenza notevolmente la velocità di assorbimento delle molecole di piccole dimensioni. Quindi, la sede di iniezione può avere un effetto considerevole sulla velocità di assorbimento di un farmaco; p. es., la velocità di assorbimento del diazepam iniettato IM in una sede con scarso flusso ematico può essere molto inferiore a quella che si osserva dopo somministrazione orale. L‘assorbimento può essere ritardato o irregolare quando vengono iniettati IM i sali di acidi e di basi scarsamente solubili. La forma parenterale della fenitoina è una soluzione al 40% del suo sale sodico in glicole propilenico, con un pH di circa 12. Quando la soluzione viene iniettata IM, il glicole propilenico viene assorbito e i liquidi tissutali, agendo come un tampone, riducono il pH, provocando uno spostamento dell‘equilibrio tra la forma ionizzata e la forma acida libera del farmaco. Quindi l‘acido libero, scarsamente solubile, precipita. Il risultato è che la dissoluzione e l‘assorbimento impiegano da 1 a 2 settimane per completarsi. Forme a rilascio controllato Le preparazioni a rilascio controllato hanno lo scopo di ridurre la frequenza delle somministrazioni e di diminuire le fluttuazioni della concentrazione plasmatica dei farmaci, in modo da garantire un effetto terapeutico più uniforme. Una somministrazione meno frequente è più pratica e può migliorare la compliance del paziente. Queste preparazioni trovano un impiego ideale per i farmaci che altrimenti richiederebbero somministrazioni frequenti a causa della brevità della loro emivita di eliminazione e della durata del loro effetto. Le forme a rilascio controllato destinate alla somministrazione orale sono spesso formulate in modo da mantenere le concentrazioni terapeutiche del farmaco per un periodo pari o superiore a 12 h. La velocità di assorbimento può essere controllata rivestendo le particelle del farmaco con sostanze cerose o con altri materiali non idrosolubili, includendo il farmaco in una matrice dalla quale viene liberato 17 lentamente durante il transito attraverso il tratto GI, oppure complessando il farmaco con resine a scambio ionico. Le preparazioni a rilascio controllato per uso transdermico hanno lo scopo di garantire il rilascio del farmaco per periodi prolungati; p. es., la diffusione della clonidina attraverso una membrana assicura la cessione controllata del farmaco per una settimana, e un polimero impregnato di nitroglicerina adsorbito su un cerotto adesivo consente la cessione controllata del farmaco per 24 h. I farmaci a rilascio transdermico devono possedere appropriate capacità di penetrazione cutanea e notevole potenza, perché il tasso di penetrazione e l‘area di applicazione sono limitati. Molte preparazioni parenterali non endovenose sono formulate in modo da mantenere elevati nel tempo i livelli ematici. Per gli antibiotici, i sali relativamente insolubili (p. es., la penicillina G benzatina) iniettati IM garantiscono il mantenimento di concentrazioni terapeutiche per periodi prolungati. Per altri farmaci, vengono formulate sospensioni o soluzioni in veicoli non acquosi (p. es., le iniezioni di insulina in sospensioni cristalline). L‘insulina amorfa, dotata di un‘elevata superficie di contatto per la dissoluzione, ha un rapido inizio e una breve durata di azione. BIODISPONIBILITA' Grado (e talvolta velocità) nel quale la forma attiva di un farmaco (cioè il farmaco stesso o un suo metabolita) raggiunge la circolazione sistemica, acquisendo così la capacità di accedere al suo sito di azione. Sommario: Introduzione Cause di bassa biodisponibilità Valutazione della biodisponibilità Le proprietà fisico-chimiche di un farmaco sono responsabili del suo potenziale di assorbimento, ma le proprietà della forma farmaceutica (che in parte dipendono dalla sua progettazione e fabbricazione) possono determinare in larga misura la sua biodisponibilità. Le differenze di biodisponibilità tra le formulazioni di un determinato farmaco possono avere un‘importanza clinica non trascurabile. Di conseguenza, il concetto di equivalenza tra le varie preparazioni farmaceutiche è determinante per poter prendere decisioni cliniche avvedute. L‘equivalenza chimica si riferisce alle preparazioni farmaceutiche che contengono lo stesso composto nella medesima quantità e che soddisfano gli standard ufficiali vigenti; tuttavia, i componenti farmacologicamente inattivi presenti nelle preparazioni possono essere diversi. La bioequivalenza si riferisce agli equivalenti chimici che, quando vengono somministrati alla stessa persona con il medesimo regime di dosaggio, danno luogo a concentrazioni equivalenti del farmaco nel sangue e nei tessuti. L‘equivalenza terapeutica si riferisce alle preparazioni farmaceutiche che, quando vengono somministrate alla stessa persona con il medesimo regime di dosaggio, danno origine 18 essenzialmente allo stesso effetto terapeutico o alla stessa tossicità. È logico attendersi che le preparazioni bioequivalenti siano anche terapeuticamente equivalenti. I problemi terapeutici (p. es., tossicità, mancanza di efficacia) si incontrano più frequentemente nel corso dei trattamenti di lunga durata quando a un paziente ormai stabilizzato con l‘impiego di una certa formulazione viene somministrato un farmaco non equivalente in sostituzione del primo (come avviene per la digossina o la fenitoina). Talvolta l‘equivalenza terapeutica può essere ottenuta nonostante le differenze di biodisponibilità. Per esempio, l‘indice terapeutico (rapporto tra la massima dose tollerata e la minima dose efficace) della penicillina è talmente ampio che discrete differenze di concentrazione ematica dovute alle differenze di biodisponibilità tra le varie preparazioni penicilliniche possono non influenzare l‘efficacia o la sicurezza terapeutica. Al contrario, le differenze di biodisponibilità sono importanti per un farmaco con un indice terapeutico relativamente ristretto. La biodisponibilità è influenzata anche dalle caratteristiche fisiologiche del paziente e dalla presenza di patologie concomitanti. La velocità di assorbimento è importante, perché anche quando un farmaco viene assorbito completamente, esso può essere assorbito troppo lentamente per produrre con sufficiente rapidità una concentrazione terapeutica nel sangue, oppure così velocemente da causare tossicità per le elevate concentrazioni raggiunte dopo ogni dose. Cause di bassa biodisponibilità Quando un farmaco si dissolve rapidamente e attraversa facilmente le membrane, l‘assorbimento tende a essere completo, ma l‘assorbimento dei farmaci somministrati per via orale non è sempre completo. Prima di raggiungere la vena cava, un farmaco deve percorrere il canale GI e passare attraverso la parete intestinale e il fegato, sedi comuni di metabolizzazione dei farmaci; pertanto, un farmaco può essere metabolizzato (metabolismo di primo passaggio) prima ancora di poter essere dosato nella circolazione sistemica. Molti farmaci hanno una bassa biodisponibilità per via orale a causa del cospicuo metabolismo di primo passaggio. Per tali farmaci (p. es., l‘isoproterenolo, la noradrenalina, il testosterone), l‘estrazione a livello di questi tessuti è così ampia che la biodisponibilità è praticamente nulla. Per i farmaci che possiedono un metabolita attivo, le conseguenze terapeutiche del metabolismo di primo passaggio dipendono dal contributo relativo del farmaco e del metabolita agli effetti desiderati e indesiderati. Una bassa biodisponibilità si osserva più comunemente con le preparazioni orali dei farmaci poco idrosolubili che vengono assorbiti lentamente. Quando l‘assorbimento è lento o incompleto, la biodisponibilità può essere influenzata da un maggior numero di fattori rispetto a quanto avviene con un assorbimento rapido e completo; in questo modo, un assorbimento incompleto o lento conduce spesso a risposte terapeutiche variabili. 19 La permanenza nel tratto GI per un tempo insufficiente è una causa frequente di bassa biodisponibilità. I farmaci assunti per via orale rimangono a contatto con la parete dell‘intero tratto GI per non più di 1 o 2 gg e con quella dell‘intestino tenue solamente per 2-4 h. Se il farmaco non si dissolve facilmente o non è in grado di attraversare efficacemente la membrana epiteliale (p. es., se è altamente ionizzato e polare), il tempo di permanenza a livello della sede di assorbimento può non essere sufficiente. In queste circostanze la biodisponibilità, oltre a essere bassa, tende a subire variazioni considerevoli. L‘età, il sesso, l‘attività fisica, il fenotipo genetico, lo stress, le malattie (p. es., l‘acloridria, le sindromi da malassorbimento) o precedenti interventi chirurgici sull‘apparato GI possono influenzare la biodisponibilità dei farmaci. Essa inoltre può essere ridotta dalle reazioni chimiche che entrano in competizione con l‘assorbimento. Queste reazioni includono la formazione di complessi (p. es., fra la tetraciclina e gli ioni metallici polivalenti), l‘idrolisi per opera del succo gastrico acido o degli enzimi digestivi (p. es., l‘idrolisi della penicillina e del cloramfenicolo palmitato), la coniugazione a livello della parete intestinale (p. es., la coniugazione con zolfo dell‘isoproterenolo), l‘adsorbimento ad altri farmaci (p. es., la digossina e la colestiramina) e il metabolismo da parte della microflora intestinale. Valutazione della biodisponibilità La valutazione della biodisponibilità effettuata mediante le misurazioni seriate della concentrazione plasmatica comporta solitamente la determinazione della concentrazione plasmatica massima (di picco) del farmaco, quella del tempo necessario per raggiungere la concentrazione plasmatica massima (tempo di picco) e il calcolo dell‘area al di sotto della curva concentrazione plasmatica-tempo (Area Under plasma concentration-time Curve, AUC). La concentrazione plasmatica dei farmaci aumenta con l‘entità dell‘assorbimento; il picco viene raggiunto quando la velocità di eliminazione del farmaco diviene uguale alla velocità di assorbimento. Le determinazioni della biodisponibilità basate sulla sola concentrazione plasmatica di picco possono essere ingannevoli, perché l‘eliminazione dei farmaci ha inizio appena essi entrano in circolo. L‘indice generico della velocità di assorbimento utilizzato più diffusamente è il tempo di picco; più è lento l‘assorbimento, più il tempo di picco è tardivo. Tuttavia spesso il tempo di picco non rappresenta una buona misura statistica, perché è un parametro di tipo discreto che dipende dalla frequenza con cui vengono prelevati i campioni di sangue e, nel caso di curve di concentrazione relativamente piatte in prossimità del picco, dalla riproducibilità dell‘analisi. L‘AUC è la misura più attendibile della biodisponibilità. Essa è direttamente proporzionale alla quantità totale di farmaco immodificato che raggiunge la circolazione sistemica. Per una determinazione accurata, il sangue deve essere prelevato frequentemente per un periodo di tempo abbastanza lungo da osservare l‘eliminazione pressoché completa del farmaco. Le preparazioni farmaceutiche possono essere considerate bioequivalenti per grado e velocità di assorbimento se le loro curve di concentrazione plasmatica sono sostanzialmente sovrapponibili. Le preparazioni che possiedono AUC simili ma le cui curve di concentrazione 20 plasmatica hanno un andamento differente sono equivalenti per il grado di assorbimento, ma differiscono quanto al profilo velocità-tempo di assorbimento. Dose singola o dosi multiple: la biodisponibilità può essere valutata dopo una dose singola oppure dopo dosi ripetute (multiple). Dopo una dose singola si ottengono più informazioni sulla velocità di assorbimento di quanto non avvenga dopo somministrazioni multiple. Tuttavia, queste ultime rappresentano più da vicino le circostanze cliniche abituali e inoltre le concentrazioni plasmatiche sono solitamente più elevate rispetto a quelle che si osservano dopo una dose singola, facilitando l‘analisi dei dati. Dopo più somministrazioni separate da un intervallo di tempo prefissato per un periodo pari a quattro o cinque volte l‘emivita di eliminazione, la concentrazione ematica del farmaco dovrebbe trovarsi allo stato di equilibrio (cioè la quantità assorbita equivale alla quantità eliminata in ogni intervallo di somministrazione). L‘entità dell‘assorbimento può quindi essere analizzata misurando l‘AUC in corrispondenza di un intervallo di somministrazione. La misurazione dell‘AUC nelle 24 h è probabilmente da preferire, a causa delle variazioni circadiane delle funzioni fisiologiche e delle possibili variazioni degli intervalli di somministrazione e delle velocità di assorbimento durante la giornata. Per i farmaci escreti principalmente immodificati con le urine, la biodisponibilità può essere stimata misurando la quantità totale del farmaco escreta dopo una singola somministrazione. Idealmente, le urine vengono raccolte per un periodo pari a 7-10 volte l‘emivita di eliminazione, in modo da ritrovarvi tutto il farmaco assorbito. La biodisponibilità può essere determinata anche dopo somministrazioni multiple mediante la determinazione del farmaco immodificato presente nelle urine delle 24 h in condizioni stazionarie. DISTRIBUZIONE Sommario: Introduzione Volume apparente di distribuzione Legame Barriera emato-encefalica Dopo che un farmaco è entrato in circolo, esso viene distribuito ai tessuti dell‘organismo. La distribuzione di solito non è uniforme, a causa delle differenze di perfusione ematica, legame tissutale, pH distrettuale e permeabilità delle membrane cellulari. La velocità di ingresso di un farmaco in un tessuto dipende dall‘entità del flusso ematico tissutale, dalla massa del tessuto e dalle caratteristiche di ripartizione tra sangue e tessuto. L‘equilibrio di distribuzione (situazione in cui la velocità di ingresso e quella di uscita sono uguali) fra il sangue e i tessuti viene raggiunto più rapidamente nelle aree riccamente vascolarizzate rispetto alle aree scarsamente perfuse, a meno che la diffusione attraverso le barriere di membrana non costituisca 21 la tappa limitante la velocità del processo. Una volta raggiunto l‘equilibrio, le concentrazioni del farmaco (legato e libero, v. oltre) nei tessuti e nei liquidi extracellulari seguono di pari passo la concentrazione plasmatica. Contemporaneamente alla distribuzione avvengono anche il metabolismo e l‘escrezione, rendendo il processo dinamico e complesso Volume apparente di distribuzione Il volume di liquido nel quale un farmaco sembra essere distribuito o diluito viene definito volume apparente di distribuzione (volume di liquido necessario per contenere tutto il farmaco presente nell‘organismo alla stessa concentrazione alla quale esso è presente nel plasma). Questo parametro fornisce un termine di riferimento per la concentrazione plasmatica attesa dopo una determinata dose e per la dose richiesta per ottenere una determinata concentrazione. Tuttavia, esso fornisce scarse informazioni sul pattern specifico di distribuzione. Ogni farmaco viene infatti distribuito nell‘organismo in modo caratteristico; alcuni farmaci si localizzano nel grasso, altri rimangono nel ECF e altri ancora vengono legati avidamente a tessuti specifici, solitamente il fegato o il rene. Molti farmaci acidi (p. es., il warfarin, l‘acido salicilico) vengono legati in misura notevole alle proteine e pertanto hanno un piccolo volume apparente di distribuzione. Molti farmaci basici (p. es., l‘amfetamina, la meperidina) vengono captati avidamente dai tessuti e pertanto hanno un volume apparente di distribuzione superiore al volume dell‘intero organismo. Legame L‘entità della distribuzione dei farmaci nei tessuti dipende dall‘entità del legame con le proteine plasmatiche e con i tessuti stessi. Legame con le proteine plasmatiche: i farmaci vengono trasportati nel torrente circolatorio in parte in soluzione come farmaci liberi (non legati) e in parte legati a componenti del sangue (p. es., le proteine plasmatiche e le cellule ematiche). Il rapporto tra la quota di farmaco legato e quella di farmaco libero nel plasma è determinato principalmente dall‘interazione reversibile tra il farmaco e la proteina plasmatica alla quale esso si lega, interazione regolata dalla legge dell‘azione di massa. Molte proteine plasmatiche sono in grado di interagire con i farmaci. Le più importanti sono l‘albumina, l‘alfa1-glicoproteina acida e le lipoproteine. I farmaci acidi in genere vengono legati prevalentemente all‘albumina e i farmaci basici all‘alfa1-glicoproteina acida e/o alle lipoproteine. Si pensa che solo il farmaco libero sia disponibile per la diffusione passiva verso i siti extravascolari o tissutali all‘interno dei quali si esplicano gli effetti farmacologici. Perciò, la concentrazione del farmaco libero può essere più strettamente correlata alla concentrazione del farmaco a livello del sito di azione e agli effetti farmacologici, rendendo spesso la frazione libera (rapporto tra la concentrazione del farmaco libero e quella del farmaco totale) un parametro più utile di quanto non sia la frazione legata. Il legame alle proteine plasmatiche influenza la distribuzione e il rapporto apparente tra l‘attività 22 farmacologica e la concentrazione plasmatica totale dei farmaci. Alle alte concentrazioni, la quantità di farmaco legato si avvicina a un limite superiore dipendente dal numero di siti di legame disponibili, la cui conseguenza è la saturabilità. La saturabilità è alla base delle interazioni competitive tra i farmaci . Legame con i tessuti: i farmaci si legano a molte sostanze diverse dalle proteine. Il legame può essere altamente specifico, come nel caso della clorochina e degli acidi nucleici. Esso avviene solitamente quando un farmaco si unisce a una macromolecola in ambiente acquoso, ma può avvenire anche quando un farmaco è ripartito nel grasso dell‘organismo. Poiché il tessuto adiposo è scarsamente perfuso, il tempo necessario per raggiungere l‘equilibrio è lungo, specialmente se il farmaco ha un‘alta affinità per il grasso. Accumulo dei farmaci in siti di deposito: l‘accumulo dei farmaci nei tessuti o nei compartimenti corporei può prolungare la permanenza del farmaco nel plasma e la durata della sua azione, in quanto i tessuti rilasciano il farmaco depositato man mano che la concentrazione plasmatica diminuisce. Anche la localizzazione del sito di azione e le differenze relative di distribuzione tissutale possono essere importanti. Per l‘anestetico tiopentale, l‘accumulo in siti di deposito tissutali abbrevia inizialmente l‘effetto del farmaco, ma dopo somministrazioni ripetute lo prolunga. Il tiopentale è altamente liposolubile e dopo una singola somministrazione EV si distribuisce rapidamente al cervello. Dopo una dose singola, la concentrazione di tiopentale nel cervello aumenta per pochi minuti, poi diminuisce parallelamente alla concentrazione plasmatica. L‘anestesia termina rapidamente non appena il farmaco si ridistribuisce in tessuti perfusi più lentamente. Tuttavia, se la concentrazione plasmatica viene seguita sufficientemente a lungo, si può distinguere una terza fase di distribuzione durante la quale il farmaco viene rilasciato lentamente dal tessuto adiposo. Con la somministrazione continua di tiopentale, grandi quantità di farmaco si possono accumulare nel tessuto adiposo, con il risultato di un prolungamento delle concentrazioni plasmatiche dell‘anestetico. Alcuni farmaci si accumulano, producendo concentrazioni intracellulari superiori a quelle del ECF, il più delle volte perché si legano con le proteine, i fosfolipidi o gli acidi nucleici. I farmaci antimalarici (p. es., la clorochina) producono concentrazioni nei GB e nelle cellule epatiche migliaia di volte superiori a quelle plasmatiche. Il farmaco accumulato è in equilibrio con il farmaco presente nel plasma e si sposta nel compartimento intravascolare man mano che procede la sua eliminazione dall‘organismo. Barriera emato-encefalica I farmaci raggiungono il SNC attraverso i capillari cerebrali e il LCR. Nonostante il cervello riceva circa 1/6 della gittata cardiaca, la distribuzione dei farmaci al tessuto cerebrale è limitata. Alcuni farmaci liposolubili (p. es., il tiopentale) penetrano nel cervello e vi esercitano i loro effetti farmacologici rapidamente, ma molti farmaci, particolarmente quelli più idrosolubili, vi penetrano lentamente. Le cellule endoteliali dei capillari cerebrali, le quali sembrano essere più strettamente congiunte le une alle 23 altre di quanto non siano quelle di altri distretti capillari, contribuiscono a rallentare la diffusione dei farmaci idrosolubili. Un‘altra barriera nei confronti dei farmaci idrosolubili è rappresentata dalle cellule del tessuto connettivo gliale (astrociti), che formano uno strato di rivestimento in stretto contatto con la membrana basale dell‘endotelio capillare. L‘endotelio capillare e il rivestimento astrocitario costituiscono la barriera emato-encefalica. Poiché la barriera è costituita dalla parete capillare, più che dalle cellule parenchimali, le caratteristiche della permeabilità cerebrale sono diverse da quelle degli altri tessuti. Così, i composti polari non sono in grado di penetrare nel cervello, nonostante possano entrare nei liquidi interstiziali della maggior parte degli altri tessuti. È stata proprio l‘osservazione che i coloranti polari sono in grado di penetrare nella maggior parte dei tessuti ma non nel SNC, a portare all‘elaborazione del concetto di barriera emato-encefalica. I farmaci possono entrare nel LCR ventricolare direttamente attraverso i plessi corioidei, raggiungendo poi il tessuto cerebrale per diffusione passiva. Anche nei plessi corioidei, gli acidi organici (p. es., la penicillina) vengono trasportati attivamente dal LCR al sangue. La velocità di ingresso di un farmaco nel LCR o nelle cellule di altri tessuti è determinata principalmente dall‘entità del legame con le proteine, dal grado di ionizzazione e dal coefficiente di ripartizione lipidi/acqua del farmaco. La velocità di penetrazione nel cervello è bassa per i farmaci altamente legati alle proteine e può essere talmente bassa per le forme ionizzate degli acidi e delle basi deboli da risultare praticamente nulla. Dal momento che il SNC ha un‘irrorazione di entità considerevole, la permeabilità rappresenta generalmente il principale determinante della velocità di distribuzione dei farmaci. Tuttavia, per i liquidi interstiziali della maggior parte dei tessuti, uno dei fattori principali è la perfusione. Per i tessuti scarsamente perfusi (p. es., il tessuto muscolare o quello adiposo) la distribuzione è molto lenta, specialmente se il tessuto ha un‘alta affinità per il farmaco. ELIMINAZIONE Insieme dei processi di rimozione (metabolismo ed escrezione) dei farmaci dall‘organismo. METABOLISMO Sommario: Introduzione Vie biochimiche del metabolismo Variazioni legate all‘età Variazioni individuali Limite di capacità 24 Il fegato è la sede principale del metabolismo (modificazione chimica) dei farmaci nell‘organismo. Alcuni metaboliti sono farmacologicamente attivi. Una sostanza inattiva che possiede un metabolita attivo è chiamata profarmaco, particolarmente se è stata studiata per distribuire la sua forma attiva in maniera più efficace. Vie biochimiche del metabolismo Il metabolismo dei farmaci coinvolge una vasta gamma di reazioni chimiche, che comprendono l‘ossidazione, la riduzione, l‘idrolisi, l‘idratazione, la coniugazione, la condensazione e l‘isomerizzazione. Gli enzimi che vi intervengono sono presenti in molti tessuti, ma generalmente sono più concentrati nel fegato. Per molti farmaci, il metabolismo avviene in due fasi distinte. Le reazioni di fase I comportano la formazione di un gruppo funzionale nuovo o modificato oppure una scissione (ossidazione, riduzione, idrolisi); esse sono reazioni di tipo non sintetico. Le reazioni di fase II prevedono la coniugazione con un composto endogeno (p. es., l‘acido glucuronico, il solfato, la glicina) e pertanto sono reazioni di tipo sintetico. I metaboliti che si formano durante le reazioni sintetiche sono più polari e vengono escreti più facilmente dai reni (con le urine) e dal fegato (con la bile) rispetto a quelli che si formano nelle reazioni non sintetiche. Alcuni farmaci vengono sottoposti in maniera alternativa alle reazioni di fase I oppure a quelle di fase II; la numerazione delle fasi ha quindi un carattere funzionale piuttosto che sequenziale. Citocromo P-450: il più importante sistema enzimatico del metabolismo di fase I è il citocromo P-450, una superfamiglia di isoenzimi microsomiali che trasferiscono elettroni e di conseguenza catalizzano l‘ossidazione di molti farmaci. Gli elettroni vengono forniti dalla NADPH-citocromo P-450 reduttasi, una flavoproteina che trasferisce elettroni dal NADPH (la forma ridotta del nicotinamide adenin dinucleotide fosfato) al citocromo P-450. Gli enzimi del citocromo P-450 sono raggruppati in 14 famiglie di geni, caratteristiche dei mammiferi, che hanno in comune l‘identità della sequenza del DNA e la presenza di 17 sottofamiglie. Essi vengono contrassegnati dalla sigla comune CYP, seguita da un numero arabo che indica la famiglia, da una lettera che indica la sottofamiglia e da un altro numero arabo che indica il gene specifico. Gli enzimi delle sottofamiglie 1A, 2B, 2C, 2D e 3A sono fondamentali per il metabolismo dei mammiferi; il CYP1A2, il CYP2C9, il CYP2C19, il CYP2D6 e il CYP3A4 sono importanti per il metabolismo dell‘uomo. La specificità degli enzimi contribuisce a spiegare molte delle interazioni tra i farmaci; Differenze genetiche fra un paziente e l‘altro possono modificare queste interazioni. Coniugazione: la glucuronazione, la più comune reazione di fase II, è la sola che avviene nel sistema enzimatico microsomiale del fegato. I glucuronidi vengono secreti nella bile ed eliminati con le urine. Il cloramfenicolo, il meprobamato e la morfina vengono metabolizzati in questo modo. La coniugazione aminoacidica con glutamina o glicina produce composti (p. es., l‘acido salicilurico formato da acido salicilico e glicina) che vengono rapidamente escreti con le urine ma che non vengono estesamente secreti nella bile. L‘acetilazione è la via metabolica principale per i sulfamidici. Anche l‘idralazina, l‘isoniazide e la procainamide vengono 25 acetilate. La sulfoconiugazione è la reazione che avviene tra un gruppo fenolico o alcolico e il solfato inorganico, il quale in parte deriva dagli aminoacidi solforati (p. es., la cisteina). Gli esteri solfati così formati sono composti polari e vengono facilmente escreti con le urine. I farmaci che formano coniugati solfati includono il paracetamolo, l‘estradiolo, la metildopa, il minoxidil e la tiroxina. La metilazione è una delle vie metaboliche più importanti per l‘inattivazione di alcune catecolamine. Vengono metilati anche la niacinamide e il tiouracile. Variazioni legate all‘età Poiché i neonati possiedono sistemi enzimatici microsomiali epatici ancora non completamente sviluppati, essi hanno difficoltà a metabolizzare molti farmaci (p. es., l‘esobarbitale, la fenacetina, l‘amfetamina, la clorpromazina). Nei neonati, la maggiore lentezza della conversione in glucuronidi può avere effetti gravi. Per esempio, dosi equivalenti in mg/kg di cloramfenicolo che vengono ben tollerate dai pazienti più grandi possono portare alla sindrome del neonato grigio e a concentrazioni ematiche di cloramfenicolo persistentemente elevate. I pazienti anziani hanno spesso una ridotta capacità di metabolizzazione dei farmaci. La riduzione varia a seconda del farmaco e non è mai grave come quella che si osserva nei neonati Variazioni individuali A causa della variabilità individuale è difficile prevedere quale sarà la risposta clinica a una determinata dose di un farmaco. Alcuni pazienti metabolizzano un farmaco così rapidamente che le concentrazioni ematiche e tissutali terapeuticamente efficaci non vengono mai raggiunte; in altri, il metabolismo può essere così lento che le dosi abituali producono effetti tossici. Per esempio, le concentrazioni plasmatiche di fenitoina allo stato stazionario variano da 2,5 a più di 40 mg/l (da 10 a più di 160 millimol/l) in pazienti diversi che ne abbiano assunta una dose giornaliera di 300 mg. Una certa variabilità è dovuta alle differenze nella quantità dell‘enzima chiave disponibile nel fegato, il CYP2C9, e alle differenze nell‘affinità dell‘enzima per il farmaco. I fattori genetici svolgono un ruolo di primo piano nel determinare queste differenze, ma possono contribuirvi anche le malattie concomitanti (particolarmente le epatopatie croniche) e le interazioni farmacologiche (specialmente quelle che provocano l‘induzione o l‘inibizione del metabolismo). Limite di capacità Per quasi tutti i farmaci, la velocità di metabolizzazione di ciascun enzima di ogni determinata via metabolica possiede un limite superiore (limite di capacità). Alle concentrazioni terapeutiche, di solito viene occupata soltanto una piccola frazione dei siti enzimatici e la velocità di metabolizzazione aumenta con la concentrazione del farmaco. Occasionalmente, quando la maggior parte dei siti enzimatici è stata occupata, la velocità di metabolizzazione non aumenta in maniera proporzionale alla concentrazione del farmaco. La conseguenza è un metabolismo limitato dalla capacità. La fenitoina e l‘alcol possiedono questo tipo di metabolismo, il quale 26 fornisce una spiegazione della variabilità delle concentrazioni di fenitoina tra un paziente e l‘altro dopo una dose giornaliera fissa di 300 mg. ESCREZIONE Processo mediante il quale un farmaco o un suo metabolita viene eliminato dall‘organismo senza subire ulteriori trasformazioni chimiche. Sommario: Introduzione Escrezione renale Escrezione biliare I reni, che eliminano le sostanze idrosolubili, sono i principali organi deputati all‘escrezione dei farmaci. Il sistema biliare contribuisce all‘escrezione nella misura in cui il farmaco non viene riassorbito dal tratto GI. Generalmente, il contributo escretorio dell‘intestino, della saliva, del sudore, del latte materno e dei polmoni è piccolo, se si eccettua l‘eliminazione respiratoria degli anestetici volatili. Nonostante l‘escrezione attraverso il latte materno possa essere di scarsa importanza per la madre, essa può averne per il lattante Escrezione renale Filtrazione glomerulare e riassorbimento tubulare: circa 1/5 del plasma che raggiunge il glomerulo viene filtrato attraverso i pori dell‘endotelio glomerulare; il rimanente passa attraverso le arteriole efferenti che circondano i tubuli renali. I farmaci legati alle proteine plasmatiche non vengono filtrati; nel filtrato è contenuto soltanto farmaco in forma libera. Il riassorbimento tubulare renale dei farmaci è regolato dai principi del passaggio attraverso le membrane. I composti polari e gli ioni non possono diffondere in direzione retrograda nella circolazione sanguigna e vengono quindi escreti, a meno che non esista un meccanismo di trasporto specifico per il loro riassorbimento (come avviene p. es., per il glucoso, l‘acido ascorbico e le vitamine del gruppo B). Effetti del pH urinario: il filtrato glomerulare che giunge nel tubulo prossimale ha lo stesso pH del plasma, ma il pH delle urine finali varia da 4,5 a 8,0. Questa variabilità del pH può influenzare notevolmente la velocità di escrezione dei farmaci. Dal momento che le forme non ionizzate degli acidi deboli e delle basi deboli non polari tendono a essere riassorbite rapidamente dai liquidi tubulari, l‘acidificazione delle urine aumenta il riassorbimento (cioè riduce l‘escrezione) degli acidi deboli e riduce il riassorbimento (cioè aumenta l‘escrezione) delle basi deboli. L‘alcalinizzazione delle urine produce l‘effetto opposto. In alcuni casi di sovradosaggio, questi principi possono essere applicati per aumentare l‘escrezione degli acidi o delle basi deboli. Per esempio, l‘alcalinizzazione delle urine aumenta l‘escrezione degli acidi deboli fenobarbital e aspirina, e l‘acidificazione può accelerare l‘escrezione delle basi, come la metamfetamina. La 27 misura in cui le variazioni del pH urinario modificano la velocità di eliminazione dei farmaci dipende dal contributo dell‘escrezione renale all‘eliminazione complessiva, nonché dalla polarità delle forme non ionizzate e dal grado di ionizzazione della molecola. Secrezione tubulare: i meccanismi di secrezione tubulare attiva a livello del tubulo prossimale sono importanti per l‘eliminazione di molti farmaci (p. es., la penicillina, la mecamilamina, l‘acido salicilico). Questo processo, che richiede energia, può essere bloccato da inibitori metabolici. Quando la concentrazione di un farmaco è elevata, si può raggiungere un limite superiore per il trasporto secretorio; ogni sostanza possiede una sua caratteristica velocità massima di secrezione (trasporto massimo). Gli anioni e i cationi vengono gestiti da meccanismi di trasporto separati. Normalmente, il sistema di secrezione degli anioni elimina i metaboliti coniugati con glicina, solfato o acido glucuronico e i composti anionici competono tra loro per la secrezione. Questa competizione può essere utilizzata a scopo terapeutico; p. es., il probenecid blocca la secrezione tubulare normalmente rapida della penicillina, causando un innalzamento delle concentrazioni plasmatiche dell‘antibiotico che persiste per un tempo più lungo. I cationi organici competono tra loro, ma di solito non competono con gli anioni. Variazioni legate all‘età: con l‘invecchiamento, l‘escrezione renale dei farmaci diminuisce Escrezione biliare I farmaci e i loro metaboliti che vengono ampiamente escreti con la bile devono essere trasportati attraverso l‘epitelio biliare contro un gradiente di concentrazione, richiedendo un trasporto secretorio attivo. Alle alte concentrazioni plasmatiche di un farmaco, il trasporto secretorio può raggiungere un limite superiore (trasporto massimo) e sostanze che possiedono proprietà fisico-chimiche simili possono competere tra loro per lo stesso sistema di escrezione. I farmaci con un peso molecolare > 300 g/mol (molecole più piccole vengono generalmente escrete soltanto in quantità trascurabili) e con presenza contemporanea sia di gruppi polari sia di gruppi lipofilici hanno una maggiore probabilità di essere escreti con la bile. Anche la coniugazione, specialmente con acido glucuronico, conduce all‘escrezione biliare. Nel circolo entero-epatico, un farmaco secreto con la bile viene riassorbito dall‘intestino. Anche i farmaci coniugati secreti nel lume intestinale vanno incontro al circolo entero-epatico quando vengono idrolizzati e il farmaco viene riassorbito. L‘escrezione biliare elimina le sostanze dall‘organismo soltanto nella misura in cui il circolo entero-epatico è incompleto, cioè quando una parte del farmaco secreto non viene riassorbita dall‘intestino. FARMACOCINETICA 28 Studio dell‘andamento temporale delle modificazioni cui un farmaco e i suoi metaboliti vanno incontro all‘interno dell‘organismo, dopo l‘assunzione attraverso qualunque via di somministrazione. Perché si abbia una risposta appropriata a un farmaco, è necessario che esso sia presente in concentrazione adeguata a livello del sito di azione. Il regime di dosaggio richiesto per raggiungere e mantenere tale concentrazione dipende dalla farmacocinetica. La concentrazione appropriata e il regime posologico dipendono dalle condizioni cliniche del paziente, dalla gravità della patologia, dalla presenza di malattie concomitanti, dall‘uso di altri farmaci e da altri fattori ancora. A causa delle differenze individuali, la somministrazione dei farmaci deve essere basata sulle esigenze di ogni singolo paziente, il che viene da sempre ottenuto modificando empiricamente il dosaggio finché non si raggiunge l‘obiettivo terapeutico desiderato. Questo approccio è spesso inadeguato, perché la risposta ottimale può essere ritardata o possono verificarsi reazioni tossiche gravi. In alternativa, un farmaco può essere somministrato sulla base dell‘assorbimento e della disposizione (distribuzione ed eliminazione), che si prevede esso abbia in un pazziente, e la posologia può essere regolata controllando la concentrazione plasmatica del farmaco e i suoi effetti farmacologici. Questo approccio richiede la conoscenza della farmacocinetica del composto in funzione dell‘età e del peso corporeo del paziente, oltre che delle conseguenze farmacocinetiche delle eventuali malattie concomitanti (p. es., malattie renali, epatiche o cardiovascolari o una combinazione di più patologie). PARAMETRI FARMACOCINETICI DI BASE Il comportamento farmacocinetico della maggior parte dei farmaci può essere riassunto dai parametri seguenti. I parametri sono costanti, sebbene i loro valori possano differire da un paziente all‘altro e anche nello stesso paziente in condizioni diverse. La biodisponibilità esprime l‘entità dell‘assorbimento dei farmaci nella circolazione sistemica .La costante della velocità di assorbimento esprime la velocità con cui avviene l‘assorbimento. Questi parametri influenzano la concentrazione massima (di picco), il tempo necessario per raggiungere la concentrazione massima (tempo di picco) e l‘area al di sotto della curva concentrazione-tempo (AUC) dopo una dose orale singola. Durante la terapia farmacologica a lungo termine, la misura più importante è l‘entità dell‘assorbimento, perché da essa dipende la concentrazione media; il grado di fluttuazione della concentrazione è legato alla costante della velocità di assorbimento. Il volume apparente di distribuzione è la quantità di liquido che sarebbe necessaria per contenere il farmaco presente nell‘organismo alla stessa concentrazione alla quale esso si trova nel sangue o nel plasma. Esso può essere utilizzato per calcolare la dose necessaria per ottenere una determinata concentrazione, come pure la concentrazione attesa dopo la somministrazione di una determinata dose. La concentrazione del 29 farmaco non legato è strettamente correlata agli effetti farmacologici, quindi la frazione libera è una misura utile, particolarmente quando il legame alle proteine plasmatiche è alterato, p. es., dall‘ipoalbuminemia, da malattie renali o epatiche oppure dalla presenza di interazioni competitive. Il volume apparente di distribuzione e la frazione libera plasmatica sono i parametri più diffusamente utilizzati per la valutazione della distribuzione dei farmaci. La velocità di eliminazione di un farmaco dall‘organismo varia parallelamente alla concentrazione plasmatica. Il parametro che lega la velocità di eliminazione e la concentrazione plasmatica è la clearance totale, che equivale alla somma della clearance renale e di quella extrarenale (metabolica). La frazione escreta immodificata è utile per la valutazione degli effetti potenziali delle patologie renali ed epatiche sull‘eliminazione dei farmaci. Una frazione bassa indica che il probabile meccanismo di eliminazione è il metabolismo epatico e che una patologia epatica può quindi alterare l‘eliminazione del farmaco. Le patologie renali provocano effetti più consistenti sulla cinetica dei farmaci che possiedono un‘alta frazione escreta immodificata. La velocità di estrazione di un farmaco dal sangue da parte di un organo emuntore, come il fegato, non può essere superiore alla velocità di cessione del farmaco all‘organo stesso. Di conseguenza, la clearance ha un limite superiore, dipendente dalla cessione del farmaco e quindi dal flusso ematico all‘organo in questione. Inoltre, quando l‘organo preposto all‘eliminazione è il fegato o la parete intestinale e il farmaco viene somministrato per via orale, una parte della dose può essere metabolizzata durante il passaggio attraverso i tessuti verso la circolazione sistemica; questo processo è chiamato effetto di primo passaggio. Pertanto, se l‘estrazione (clearance) di un farmaco è elevata nel fegato o nella parete intestinale, la sua biodisponibilità per via orale è bassa, il che talvolta preclude l‘impiego della somministrazione orale o richiede una dose orale molto più elevata rispetto a una dose parenterale equivalente. Tra i farmaci con notevole metabolismo di primo passaggio vi sono l‘alprenololo, l‘idralazina, l‘isoproterenolo, la lidocaina, la meperidina, la morfina, la nifedipina, la nitroglicerina, il propranololo, il testosterone e il verapamil. La costante della velocità di eliminazione è una funzione del modo in cui un farmaco viene estratto dal sangue per opera degli organi emuntori e del modo in cui il farmaco si distribuisce nell‘organismo. L‘emivita (di eliminazione) è il tempo necessario perché la concentrazione plasmatica di un farmaco o la quantità di farmaco presente nell‘organismo si riduca del 50%. Per la maggior parte dei farmaci, l‘emivita rimane costante indipendentemente dalla quantità di farmaco presente nell‘organismo. Le eccezioni comprendono la fenitoina, la teofillina e l‘eparina. Il tempo medio di permanenza (Mean Residence Time, MRT), un‘altra misura dell‘eliminazione dei farmaci, è il tempo medio per il quale la molecola di un farmaco permane nell‘organismo dopo la sua iniezione EV rapida. Analogamente alla clearance, il suo valore è indipendente dalla dose. 30 SOMMINISTRAZIONE DEI FARMACI Sommario: Introduzione Dose singola Infusione a velocità costante Dosi orali multiple Vengono qui descritte le conseguenze farmacocinetiche della somministrazione di un farmaco in una dose singola (EV o per via orale), in infusione continua a velocità costante e in dosi orali multiple, usando la teofillina (somministrata come aminofillina) a titolo di esempio. In alcuni individui, specialmente nei bambini, il metabolismo della teofillina dipende dalla concentrazione. In questo esempio, il farmaco viene somministrato a un paziente di 70 kg (paziente A) il quale ha un metabolismo indipendente dalla concentrazione e presenta i seguenti parametri farmaco-cinetici: biodisponibilità 1,0; costante della velocità di assorbimento 1,0 h; volume apparente di distribuzione 0,5 l/kg; clearance 43 ml/h/kg; emivita 8 h. Dose singola Intravascolare: dopo che al paziente A viene somministrata una singola dose EV di 320 mg di aminofillina (la forma idrata è pari a teofillina 80%), la concentrazione plasmatica iniziale prevista di teofillina è di 7,3 mg/l (41 millimol/l), cioè la dose (256 mg) divisa per il volume apparente di distribuzione (0,5 l/ kg es.70 kg = 35 l). La sua successiva diminuzione viene calcolata in base all‘emivita; ogni 8 h, la concentrazione diminuisce di un fattore 2. La discrepanza tra l‘andamento osservato (linea continua) e quello previsto (linea tratteggiata) della curva concentrazione-tempo nelle prime 2 h si spiega con il tempo necessario per la distribuzione del farmaco in tutto l‘organismo (fase di distribuzione). Poiché la distribuzione dei farmaci richiede tempo, le dosi EV singole di molti farmaci, compresa l‘aminofillina, devono essere somministrate per infusione in bolo lento in un tempo variabile tra i 5 e i 10 min per evitare la comparsa di effetti collaterali. Extravascolare: dopo che al paziente A viene somministrata una singola dose orale di 300 mg di aminofillina (la forma anidra, spesso usata per la somministrazione orale, è pari a teofillina 85%), l‘andamento temporale della curva è diverso da quello di una singola dose EV perché è necessario del tempo per l‘assorbimento del farmaco. Tuttavia, l‘AUC è la stessa, perché questo farmaco viene assorbito in maniera pressoché completa. Più è rapido l‘assorbimento, più la curva si avvicina a quella della somministrazione EV. Il momento in cui viene raggiunta la concentrazione di picco corrisponde al momento in cui la velocità di assorbimento uguaglia la velocità di eliminazione; in questa fase l‘assorbimento non è ancora completo. Infusione a velocità costante 31 Concentrazione di plateau: nel paziente A, in seguito a un‘infusione EV di aminofillina alla velocità costante di 45 mg/h la concentrazione plasmatica e la quantità totale di teofillina nell‘organismo aumentano fino a che la velocità di eliminazione non diventa pari alla velocità di infusione. La concentrazione plasmatica e la quantità totale di farmaco nell‘organismo si trovano a questo punto allo stato stazionario, corrispondente a un plateau. Sulla base delle formule per la clearance e la costante della velocità di eliminazione , la velocità di infusione è uguale alla clearance moltiplicata per la concentrazione plasmatica di plateau del farmaco, oppure è uguale alla costante della velocità di eliminazione moltiplicata per la quantità di farmaco presente nell‘organismo al plateau. Quindi, la concentrazione plasmatica di plateau è determinata unicamente dalla clearance e dalla velocità di infusione e la quantità di farmaco presente nell‘organismo al plateau è determinata soltanto dalla costante della velocità di eliminazione e dalla velocità di infusione. Tempo di raggiungimento del plateau: il tempo necessario perché la teofillina si accumuli nell‘organismo (e poi scompaia) dipende dall‘emivita del farmaco. Un singolo bolo EV di 530 mg di aminofillina determina una concentrazione di teofillina di 12 mg/l (67 millimol/l); il bolo viene fatto seguire immediatamente da un‘infusione continua di 45 mg/h allo scopo di mantenere la concentrazione iniziale. Il farmaco introdotto con la dose di carico scompare gradualmente (curva C), rimanendone 1/2 dopo un tempo pari a un‘emivita, 1/4 dopo un tempo pari a due emivite e così via. Senza la dose di carico, la quantità di farmaco presente nell‘organismo in seguito all‘infusione (curva A) aumenta in modo tale che 1/2 della quantità presente al plateau si raggiunge in un tempo pari a un‘emivita, i 3/4 in un tempo pari a due emivite e così via. Se l‘infusione viene interrotta dopo 48 h, la curva postinfusionale somiglia alla curva C. In assenza di una dose di carico, l‘aminofillina deve essere infusa per almeno 32 h (4 emivite) perché la sua concentrazione si avvicini al plateau nel paziente A. Un dosaggio della concentrazione plasmatica eseguito dopo il raggiungimento del plateau fornisce una stima della clearance della teofillina. I principi validi per l‘infusione EV sono applicabili a qualunque tipo di somministrazione a velocità costante (p. es., ai dispositivi a velocità costante utilizzati per la somministrazione transdermica, intraoculare, orale e intrauterina dei farmaci). La concentrazione plasmatica di plateau e il tempo necessario per raggiungerla dipendono rispettivamente dalla clearance e dall‘emivita, come per le infusioni EV. La biodisponibilità è un fattore aggiuntivo che trova applicazione nel caso di una somministrazione extravascolare. Dosi orali multiple Accumulo dei farmaci: nel paziente A la somministrazione ripetuta di 300 mg di aminofillina PO q 6 h fa aumentare progressivamente la concentrazione di teofillina . Analogamente a quanto avviene con l‘infusione EV, la concentrazione media di plateau dipende dalla clearance e il tempo necessario perché il farmaco si accumuli dipende dall‘emivita. In questo caso, tuttavia, le concentrazioni plasmatiche sono soggette a fluttuazione perché la somministrazione è intermittente. 32 Se la clearance della teofillina è alterata, p. es., da una patologia, la farmacocinetica cambia . Il paziente B ha uno scompenso cardiaco e la sua clearance è di 21,5 ml/h/kg (circa la metà di quella del paziente A). In seguito alla somministrazione di 300 mg di aminofillina q 6 h, nel paziente B la concentrazione del farmaco è il doppio di quella del paziente A e il tempo necessario per raggiungere i livelli di plateau è due volte più lungo, poiché l‘emivita (16 h) è il doppio di quella osservata in un adulto sano. Concentrazioni plasmatiche di teofillina variabili da 10 a 20 mg/l (da 55 a 110 millimol/l) sono solitamente ottimali. Oltre i 20 mg/l, è più probabile che si abbia tossicità. Quindi, il paziente B è a rischio di tossicità (nausea, vomito, stimolazione del SNC, convulsioni) la quale, sapendo che lo scompenso cardiaco riduce il metabolismo, può essere evitata somministrando una dose inferiore. Inoltre, il rallentamento del metabolismo può essere individuato tenendo sotto controllo la concentrazione plasmatica. Regimi posologici: per il paziente B, la dose appropriata è costituita probabilmente da 200 mg di aminofillina q 8 h (25 mg/h). Tuttavia, poiché in questo paziente l‘emivita è prolungata e l‘accumulo avviene lentamente, deve essere somministrata una dose di carico per produrre rapidamente una concentrazione (e quindi una risposta) terapeutica. La dose di carico di aminofillina necessaria è pari al volume apparente di distribuzione moltiplicato per la concentrazione di teofillina desiderata, corretta per la frazione di teofillina presente nell‘aminofillina; essa è di circa 500 mg: In un giovane asmatico forte fumatore, senza altre patologie associate (paziente C), la clearance della teofillina è di 86 ml/h/kg e l‘emivita è di 4 h. La dose di 300 mg di aminofillina q 6 h (50 mg/h) è probabilmente. La necessità di un dosaggio superiore del farmaco può essere prevista in anticipo e può essere confermata dalla misurazione della concentrazione plasmatica effettuata subito prima della dose successiva. Tuttavia, somministrare aminofillina a questo paziente è difficile a causa della brevità dell‘emivita, della notevole entità della clearance e degli alti dosaggi necessari (100 mg/h). Per questo paziente, è indicato l‘impiego di una formulazione a rilascio prolungato. Dal momento che l‘assorbimento è più o meno prolungato, una dose di 600 mg q 6 h eviterà probabilmente che le concentrazioni siano soggette a fluttuazioni troppo ampie. VARIABILITA' DEI VALORI DEI PARAMETRI Al momento di adattare la somministrazione di un farmaco alle esigenze di un determinato paziente, devono essere tenuti in considerazione molti fattori in grado di modificare i parametri farmacocinetici. Tuttavia, anche con l‘adattamento della posologia, di solito rimane comunque un discreto grado di variabilità; di conseguenza la risposta ai farmaci e, in alcuni casi, la loro concentrazione plasmatica, devono essere tenute sotto controllo con grande attenzione. Età e peso: per alcuni farmaci, gli effetti dell‘età e del peso sulla farmacocinetica sono ben documentati. Per gli individui di età compresa fra i 6 mesi e i 20 anni, la funzione renale appare ben correlata con l‘ASC. Pertanto, per i farmaci eliminati 33 prevalentemente per via renale in forma immodificata, la clearance nei bambini si modifica con l‘età parallelamente al variare dell‘ASC. Negli individui di età > 20 anni, la funzionalità renale diminuisce circa dell‘1% ogni anno. Quindi, il dosaggio di questi farmaci può essere modificato in base all‘età. L‘ASC nei bambini è correlata anche alla clearance metabolica, sebbene le eccezioni siano frequenti. Nei neonati e nei lattanti, la funzione renale e quella epatica non sono ancora pienamente sviluppate e le generalizzazioni, al di fuori dell‘evenienza di una modificazione repentina, sono meno accurate. Compromissione della funzionalità renale: la clearance renale della maggior parte dei farmaci sembra variare in funzione diretta della clearance della creatinina, indipendentemente dal tipo di patologia renale presente. La modificazione della clearance totale dipende dal contributo dei reni all‘eliminazione totale del farmaco. Di conseguenza, la clearance totale dovrebbe essere proporzionale alla funzionalità renale (clearance della creatinina) per i farmaci che vengono escreti immodificati e non dovrebbe risultare alterata per i farmaci che vengono eliminati per metabolizzazione. L‘insufficienza renale può alterare il volume apparente di distribuzione, che nel caso della digossina diminuisce a causa della diminuzione del legame tissutale e nel caso della fenitoina, dell‘acido salicilico e di molti altri farmaci aumenta a causa della diminuzione del legame alle proteine plasmatiche. Stress fisiologico: la concentrazione della proteina di fase acuta alfa1- glicoproteina acida aumenta durante lo stress fisiologico (p. es., IMA, interventi chirurgici, colite ulcerosa, morbo di Crohn). Conseguentemente, aumenta il legame di diversi farmaci (p. es., il propranololo, la chinidina, la disopiramide) a questa proteina, e il loro volume apparente di distribuzione diminuisce di pari passo. Malattie epatiche: una disfunzione epatica può alterare la clearance metabolica, ma finora non è stato possibile individuare fattori ben correlati o predittivi di queste modificazioni. La cirrosi epatica può ridurre criticamente il metabolismo dei farmaci e spesso provoca la riduzione del legame alle proteine plasmatiche a causa della diminuzione della albumina nel plasma. L‘epatite acuta, caratterizzata dall‘innalzamento degli enzimi sierici, solitamente non modifica il metabolismo dei farmaci. Altre patologie: lo scompenso cardiaco, la polmonite, l‘ipertiroidismo e molte altre condizioni patologiche possono modificare la cinetica dei farmaci. Interazioni farmacologiche: i valori dei parametri farmacocinetici e, di conseguenza, le risposte ai farmaci possono essere influenzati dalle interazioni farmacologiche. La maggior parte delle interazioni è graduata e la loro entità dipende dalle concentrazioni di entrambi i farmaci. Pertanto, stabilire e adattare il dosaggio dei farmaci è difficile . Dosaggio: in alcune circostanze, le modificazioni della dose, della frequenza di somministrazione o della durata della terapia alterano la cinetica di un farmaco. Per esempio, all‘aumentare della dose, la biodisponibilità della griseofulvina diminuisce a 34 causa della bassa solubilità del farmaco nei fluidi del tratto GI superiore. Per la fenitoina, la concentrazione plasmatica allo stato stazionario aumenta in maniera sproporzionata quando viene aumentata la velocità di somministrazione, dal momento che l‘enzima deputato al suo metabolismo ha una limitata capacità di eliminazione del farmaco e che la velocità di somministrazione abituale si avvicina alla velocità massima di metabolizzazione. La concentrazione plasmatica della carbamazepina diminuisce durante la somministrazione prolungata, perché la carbamazepina è un induttore del suo stesso metabolismo. Altre cause di modificazioni farmacocinetiche dipendenti dal dosaggio sono la saturabilità del legame alle proteine plasmatiche e ai tessuti (p. es., per il fenilbutazone), la saturabilità della secrezione a livello renale (p. es., per la penicillina ad alte dosi) e la saturabilità del metabolismo di primo passaggio attraverso il fegato (p. es., per il propranololo). TOSSICOCINETICA Ricapitolando: FARMACOCINETICA: Studia il divenire dei farmaci in funzione del tempo. TAPPE FONDAMENTALI Assorbimento, fattore importante nelle somministrazioni per via orale, frequenti perché più comode ed economiche Distribuzione, il farmaco per essere assorbito e per distribuirsi deve attraversare barriere biologiche (essenzialmente membrane cellulari) Metabolismo Eliminazione FORME FARMACEUTICHE Un farmaco, per poter esplicare la sua azione, viene introdotto nell' organismo, nella forma farmaceutica e nel dosaggio adatti, attraverso diverse vie di somministrazione: la via orale, la via rettale, la via inalatoria, la via parenterale, etc. Dalle caratteristiche del farmaco e della forma farmaceutica e dal dosaggio impiegato dipendono una serie di parametri che regolano la risposta terapeutica e che sono pertanto indispensabili per valutare la biodisponibilita' del farmaco stesso. Infatti, l' entita' della risposta terapeutica dipende dalla quantita' di farmaco che raggiunge la circolazione sistemica e quindi l' obiettivo terapeutico, ed e' strettamente correlata alla via di somministrazione impiegata che ha, a sua volta, effetti sull'assorbimento e sull' eliminazione del farmaco. Vale la pena ricordare che un farmaco puo' contenere uno o piu' PRINCIPI ATTIVI, vale a dire sostanze chimiche che possiedono proprieta' terapeutiche; oltre a questi ultimi, rientrano nella composizione di un farmaco anche gli ECCIPIENTI, sostanze che non presentano alcuna attivita' terapeutica, sono infatti 35 farmacologicamente inattivi, ma che veicolano i principi attivi favorendone, ad esempio, l' assorbimento all' interno dell' organismo. Analizziamo ora brevemente le diverse vie di somministrazione e le relative forme farmaceutiche: - via ORALE: sono quei farmaci che vengono assunti per bocca: compresse, capsule, soluzioni, sospensioni ed altre forme liquide. L' assorbimento e' regolato dalle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco (solubilita', lipofilia, idrofilia, etc.), dal tipo di forma farmaceutica, da fattori fisiologici, dalla presenza o meno di cibo, etc. Le compresse sono " preparazioni solide contenenti ciascuna dosi singole di una o piu' sostanze attive". Vengono assunte per via orale: alcune devono essere ingoiate intere con un bicchiere d' acqua, altre devono essere prima masticate, altre ancora vengono sciolte nell' acqua ( cpr effervescenti ) altre, infine, si lasciano sciogliere in bocca o sotto la lingua (cpr buccali e sublinguali). Alcuni farmaci, una volta ingeriti, vengono distrutti dai succhi gastrici presenti nello stomaco: in tali casi le compresse vengono ricoperte con rivestimenti gastroresistenti, per evitare che il principio attivo venga inattivato prima di giungere nell'intestino. Un' altra formulazione orale particolare e' rappresentata dalle compresse a "cessione controllata". Le capsule sono "preparazioni solide, costituite da un involucro di consistenza dura o molle, di forma e di capacita' diverse, contenenti una dose di medicamento...". L' involucro e' solitamente a base di gelatina: una volta inghiottita la capsula, il guscio si rompe e rilascia il principio attivo che puo' cosi' essere assorbito. Come per le compresse, esistono capsule gastroresistenti e capsule a rilascio controllato. Gli sciroppi sono "preparazioni liquide, dolci, che normalmente contengono una forte percentuale di zuccheri e che possono presentarsi in forma di soluzioni, di emulsioni o di sospensioni...". Tutti i medicinali liquidi, a meno che non siano confezionati in fiale monodose, contengono piu' dosi di principio attivo: sara' pertanto necessario dosare di volta in volta la quantita' di farmaco da assumere. Gli svantaggi della via orale includono l‘ emesi(come conseguenza di irritazione della mucosa gastrointestinale); distruzione di alcuni farmaci ad opera degli enzimi digestivi o dell‘ acidità gastrica; formazione con il cibo di complessi che non possono essere assorbiti; la necessità di cooperare da parte del paziente. L‘ assorbimento di molti farmaci viene rallentato o ridotto qualora venga prolungato il tempo di svuotamento dello stomaco. La soministrazione contemporanea del farmaco con il cibo può ritardarne l‘ assorbimento, poiché rallenta lo svotamento gastrico. Il farmaco assorbito dal tratto gastrointestinale raggiunge il fegato tramite la vena porta e qui può essere etabolizzato ad opera degli enzimi epatici e quindi essere eliminato, oppure ritornare con la bile nel duodeno per poi essere nuovamente riassorbito. Si realizza così il circolo entero-epatico, che prolunga la permanenza del farmaco nell‘ organismo e di qui la sua durata d‘ azione (esempi sonoDigitossina, Tetracicline e Fenolfaleina) L‘ assorbimento dei farmaci attraverso la via SUBLINGUALE è rapido e tramite tale via si possono raggiungere concentrazioni ematiche + alte rispeto a quelle ottenibilidopo somministrazione 36 orale.per tale via si somministrano infatti farmaci che, se dati per os, verrebbero troppo rapidamente inattivati dal fegato (es. nitroglicerina). Il farmaco applicato sotto la lingua entra, invece, direttamente nella circolazione sistemica senza passare prima attraverso il fegato. Il farmaco così non corre il rischio di inattivazione ad opera di secrezioni o di enzimi gastro-intestinali e non ha luogo la formazine di complessi con il cibo, il che potreberitardarne l‘ assorbimento. Tuttavia sostanze sgradevoli o irritanti non possono essere soministrate per via sublinguale. Tale via permette l‘ uso di farmaci in situazioni di emergenza. - via RETTALE: alcuni farmaci, incorporati in supposte o soluzioni rettali, vengono assorbiti dal retto; questi possono svolgere una azione locale, stimolare la defecazione oppure ottenere una azione sistemica, come conseguenza di una diffusione del farmaco attraverso le cellule epiteliali della mucosa rettale ai vasi sanguigni e linfatici. Le supposte sono formate da dosi singole di uno o piu' principi attivi, miscelati con eccipienti inerti che danno alla preparazione forma e consistenza tale da permetterne l' introduzione nel retto. L' assorbimento dipende dalla natura degli eccipienti, ossia dalla loro lipofilia o idrofilia. La via rettale permette di somministrare farmaci che, assunti per via orale, risultano irritanti per la mucosa gastrica, o farmaci che vengono inattivati dagli enzimi digestivi, infatti il farmaco assorbito non passa attraverso il fegato prima di entrare nella circolazione sistemica(solo la vena emorroidaria superiore è tributaria del sistema portale, mentre quella media ed inferiore si imettono nella cava inferiore tramite la vena ipogastrica senza subire l‘ immediata inattivazione epatica) inoltre, l'utilizzo di forme suppositorie risulta essere assai vantaggioso in caso di vomito o nei pazienti che hanno difficolta' a deglutire. L‘ assorbimento per via rettale è spesso irregolare ed incompleto e molti farmaci causano irritazione della mucosa rettale. - via PARENTERALE: le preparazioni per uso parenterale sono formate da soluzioni, da emulsioni o sospensioni sterili che vengono inoculate nei tessuti; la somministrazione di un farmaco attraverso una iniezione offre diversi vantaggi rispetto alla somministrazione per via orale: l' assorbimento e' infatti piu' rapido, la quantita' di principio attivo assorbito e' piu' costante e l' eliminazione del passaggio attraverso il tubo gastroenterico permette l' uso di farmaci che verrebbero alterati dal contatto con i succhi gastrici. La rapidita' dell' azione farmacologica e' strettamente correlata al tipo di iniezione: se, infatti, l' iniezione viene praticata direttamente in vena, iniezione endovenosa (E.V.), la risposta dell' organismo e' praticamente immediata in quanto il farmaco passa totalmente e molto velocemente in circolo; il farmaco puo' anche essere iniettato per via intramuscolare (I.M.) o sottocute (S.C.) o per via intradermica: naturalmente in questi casi il principio attivo impiega piu' tempo per manifestare il suo effetto ed il suo assorbimento dipende dalla irrorazione sanguigna nel sito di iniezione. Altre vie meno frequenti usate per somministrare le preparazioni parenterali sono la via subaracnoidea, la via epidurale e la via endocardiaca. 37 - via TOPICA: con il termine "uso topico" si fa riferimento all' impiego di preparati che vengono applicati direttamente sulla pelle o sulle membrane mucose ( buccale, nasale, rettale, vaginale,...); questi farmaci vengono solitamente impiegati per esercitare un effetto locale. I preparati usati abitualmente a scopo dermatologico sono le pomate, forme farmaceutiche caratterizzate dalla consistenza semisolida e dalla presenza, nella loro formulazione, di eccipienti che possono avere carattere idrofilo o lipofilo. Una volta applicata, in linea generale, una pomata deve: o rimanere sulla superficie cutanea, senza essere assorbita, o penetrare negli strati piu' profondi della pelle per svolgere comunque una azione locale ( es.: antinfiam-matori, antiistaminici,..). - via INALATORIA : con il termine inalazione si intende l' introduzione di un farmaco nelle vie respiratorie per inspirazione; il farmaco puo' svolgere, una volta giunto a livello polmonare, una azione locale (ad esempio, gli aerosol che vengono utilizzati per il trattamento dell' asma), oppure avere un effetto generale, come nel caso degli anestetici generali. Per quanto riguarda gli aerosol "sono preparazioni confezionate in recipienti speciali ermeticamente chiusi, sotto pressione di un gas, che contengono uno o piu' principi attivi ed il cui contenuto viene liberato, in forma di dispersione di particelle solide o liquide in un gas..... La preparazione puo' essere una soluzione, una emulsione, una sospensione o una polvere...." - via OFTALMICA : per l' applicazione nell' occhio, le forme farmaceutiche utilizzate sono i colliri (sono soluzioni o sospensioni contenenti uno o piu' principi attivi) e le pomate oftalmiche: entrambe le forme devono essere sterili e non devono essere inquinate da particelle estranee contaminanti. - via VAGINALE: gli ovuli vaginali sono preparazioni farmaceutiche di consistenza solida o molle, di grandezza e di forma tali da poter essere introdotti in vagina; contengono dosi singole di uno o piu' principi attivi, miscelati con eccipienti inerti. Sono generalmente utilizzati per svolgere una azione a livello locale. DIFFUSIBILITA' Liposolubilità, un farmaco lipofilo è assorbito meglio con una migliore distribuzione intracellulare Grado di ionizzazione Vascolarizzazione dei tessuti elevata : cuore, cervello, polmone, milza, fegato (la terapia per via sistemica in genere porta il farmaco in misura adeguata) media : pelle, muscoli scheletrici 38 bassa : tessuto adiposo, ossa (la terapia delle osteomieliti è lunga perché arrivano basse concentrazioni di farmaco nella sede d'infezioni), tendini e cartilagini Il SNC e la prostata sono difficili da raggiungere da parte dei farmaci (santuari farmacologici) e in particolare dagli antibiotici Legame farmaco-proteico : esprime la percentuale di fissazione di un antibiotico alle proteine plasmatiche (albumina e più di rado globuline) e alle proteine tessutali; solo la quota libera è responsabile dell'effetto farmacologico e degli effetti collaterali, le proteine costituiscono quindi un deposito di farmaco poiché il legame è di tipo reversibile. Per farmaci con elevata affinità per le proteine si somministrano dosi da carico per saturare e dosi di mantenimento per consentire l'efficacia (es. i farmaci oggi in uso contro l'HIV si legano alle proteine in misura del 99,9%); il legame farmaco-proteico può inoltre condizionare l'emivita di un farmaco ( un farmaco a basso legame in genere va somministrato più spesso). BIODISPONIBILITA' Capacità di un farmaco di raggiungere determinati distretti, in particolare va valutato l'assorbimento in caso di somministrazione per via orale, confrontandola con quella per via parenterale. VOLUME APPARENTE DI DISTRIBUZIONE E' un riferimento ideale per darci una misura di quanto poco o tanto farmaco sia distribuito nell'organismo; è dato dal rapporto tra la quantità totale di farmaco presente nell'organismo e la sua concentrazione sanguigna ed esprime la capacità di diffusione di un antibiotico in sede extravascolare; viene espresso in l/kg di peso corporeo o l/mq di superficie corporea. Il Vd dipende anche dalla funzionalità del sistema di eliminazione del farmaco e dallo stato del soggetto : diminuisce durante processi infiammatori (aumentano le proteine a cui può legarsi il farmaco), febbre (diminuzione della funzionalità epatica e conseguente minore eliminazione per questa via) Esistono delle differenze nella capacità degli antibiotici di distribuirsi che ne condizionano l'utilizzo; per un'infezione da germe intracellulare sarà più indicata l'eritromicina che ha un rapporto di distribuzione intra/extracellulare pari a 31 della penicillina per la quale questo rapporto è di 0,07. VIE DI ELIMINAZIONE Clearance : esprime la completa rimozione dal corpo o da singoli organi di un farmaco; la clearance totale è data dall'insieme di quella renale e di quella extrarenale.Per gli agenti escreti come tali per filtrazione glomerulare la clearance del farmaco è direttamente proporzionale a quella della creatinina, sono pertanto necessari aggiustamenti del dosaggio in pazienti con insufficienza renale. TOSSICOCINETICA 39 Le applicazioni della farmacocinetica hanno avuto un ruolo importante nella terapia in quanto hanno permesso di estendere la valutazione quantitativa dell'attività dei farmaci, di perfezionare i criteri del loro impiego nell'uomo e di istituire il controllo terapeutico individuale attraverso il monitoraggio farmacologico. La tossicocinetica è una disciplina affine che studia i movimenti delle sostanze esogene introdotte nell'organismo in dosi tossiche. Essa si è sviluppata soprattutto nell'ambito delle discipline sperimentali ma nell'ultimo decennio ha ricevuto crescente attenzione anche da parte dei tossicologi clinici. Negli avvelenamenti, i livelli raggiunti dal tossico negli organi bersaglio e il loro andamento nel tempo dipendono dalla dose assunta e dalle caratteristiche dei processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione. L'analisi di questi parametri costituisce pertanto la base per definire gli aspetti quantitativi e temporali della tossicità nel singolo paziente. Essa (a) consente di interpretare i sintomi e di formulare previsioni sul decorso clinico, (b) indica le procedure più adeguate per il "monitoraggio" del tossico nei liquidi biologici, (c) facilita la lettura dei dati chimico tossicologici nel contesto clinico, (d) aiuta nella scelta degli interventi preventivi, della terapia e delle modalità per il controllo dei suoi effetti. I Modelli Farmacocinetici Prima di esaminare gli aspetti applicativi della tossicocinetica, è utile una premessa sui concetti generali della farmacocinetica clinica. Quest'ultima è descritta talora come "farmacologia quantitativa", in quanto si basa su criteri e modelli che servono a valutare quantitativamente i parametri fondamentali della farmacodinamica, cioè la rapidità, l'intensità e la durata dell'azione (Fig.1) Fig.1. Diagramma che illustra i rapporti tra parametri farmacodinamici e concentrazioni tessutali di una sostanza 40 assunta per via orale. Idealmente, il profilo farmacocinetico di una sostanza dovrebbe essere costruito misurando i livelli raggiunti nei distretti dell'organismo che sono sede dell'azione. Tuttavia, poiché l'azione si svolge il più delle volte in sedi non accessibili, si fa ricorso nella pratica alle curve "concentrazione/tempo" ottenute dosando la sostanza in matrici biologiche periferiche quali il sangue o il plasma, l'urina e la saliva. Dall'analisi dei diagrammi semilogaritmici relativi all'andamento delle concentrazioni plasmatiche nel tempo si ricavano dati quantitativi sulla cinetica di assorbimento e sui processi che caratterizzano la "disposizione", cioè la distribuzione intraorganica e l'eliminazione della sostanza (Fig.2). Modelli matematici consentono lo sviluppo di equazioni che descrivono i livelli della sostanza in funzione del tempo. Si possono così valutare parametri scelti in rapporto alla via di assorbimento e alle caratteristiche proprie della sostanza. Naturalmente, la difficoltà di stimare in modo accurato il profilo cinetico di un composto aumenta con il numero dei parametri da esaminare. Occorre qui ricordare che nei modelli farmacocinetici l'organismo viene rappresentato da una serie di compartimenti che non corrispondono a siti anatomici o fisiologici reali ma costituiscono entità matematiche che descrivono distretti organismici con caratteristiche simili. Vari fattori, tra i quali la perfusione sanguigna e l'affinità per i componenti tessutali, determinano la velocità con cui la sostanza e i suoi metaboliti si spostano da un compartimento all'altro. In genere, un modello mono-compartimentale è sufficiente per descrivere la cinetica di sostanze che si distribuiscono rapidamente a tutti i liquidi e tessuti dell'organismo. I modelli multi-compartimentali consentono di interpretare cinetiche più complesse, caratterizzate dalla esistenza di "spazi" differenziati nei quali gli equilibri si instaurano più lentamente. In ogni caso, il modello prescelto deve essere quello più adeguato per misurare la velocità dei singoli processi cinetici ed applicare le equazioni differenziali che descrivono le variazioni dei livelli di sostanza in ciascun compartimento. Parametri Quantitativi I parametri farmacocinetici che assumono maggiore importanza nell'ambito tossicologico sono quelli relativi alla distribuzione e alla eliminazione. Il volume di distribuzione (Vd) è un indice che correla la concentrazione plasmatica o ematica della sostanza alla quantità totale in cui essa è presente nell'organismo. Non corrisponde ad alcuno spazio fisiologico, ma può essere considerato come il volume "apparente" o virtuale in cui si trova disciolta la sostanza assorbita. Nell'uomo adulto può variare da meno di 5 litri (sostanze confinate nel distretto circolatorio) a 40 litri circa (sostanze distribuite in tutta l'acqua corporea), fino a qualche centinaio di litri per le sostanze che si concentrano massivamente nei tessuti. Il volume di distribuzione si calcola mediante l'equazione 41 Vd= D/Co dove D è la dose e Co la concentrazione plasmatica al tempo zero. Quest'ultima rappresenta la concentrazione che si avrebbe nel circolo se la distribuzione del farmaco fosse istantanea; si ottiene estrapolando all'asse delle ordinate la curva di decadimento plasmatico nel diagramma semilogaritmico che rappresenta le concentrazioni in funzione del tempo (Fig.2). Fig. 2. Diagrammi semilogaritmici che rappresentano modelli farmacocinetici ad un compartimento (a) e a due compartimenti (b). Un valore molto piccolo di Co e un Vd elevato sono indici che riflettono la tendenza del composto a diffondere verso un compartimento esterno a quello in cui si è fatto il prelievo (es. sangue), cioè l'attitudine a concentrarsi in organi e tessuti periferici. Fattori che determinano un elevato Vd sono la liposolubilità e la affinità per le proteine plasmatiche e/o tessutali. Conoscendo il volume di distribuzione, è possibile stimare approssimativamente il valore dei livelli ematici raggiungibili con una certa dose di farmaco o, viceversa, stabilire, in base ai livelli ematici misurati, l'entità della dose assunta. L'eliminazione delle sostanze dall'organismo può avvenire attraverso molteplici vie (rene, intestino, bile, apparato respiratorio, sudore ecc.). Tuttavia, nei modelli farmacocinetici questo parametro viene comunemente espresso misurando la velocità con cui la sostanza è rimossa da un compartimento prestabilito, di solito quello intravasale, per effetto del metabolismo e della escrezione. L'eliminazione può seguire una cinetica non lineare, detta anche di "ordine zero" oppure una cinetica di "primo ordine". La cinetica di "primo ordine" riguarda le 42 sostanze che vengono eliminate dall'organismo con velocità proporzionale alla dose e alle concentrazioni ematiche. Per la maggior parte dei farmaci assunti in dosi terapeutiche l'eliminazione segue una cinetica di questo tipo. Un parametro pratico per definire i processi di eliminazione di primo ordine è il tempo di dimezzamento o emivita (T1/2), cioè il tempo necessario perché la quantità o la concentrazione della sostanza assorbita si riduca della metà. Tale parametro è una costante indipendente dalla dose. Nei modelli bicompartimentali può essere calcolato attraverso la formula: T1/2 = 0.693/b dove b è la pendenza del tracciato che nel diagramma semilogaritmico concentrazione/tempo descrive la fase di eliminazione (Fig.2). La cinetica di "ordine zero" descrive invece la rimozione delle sostanze che sono eliminate a velocità costante cioè indipendente dalla dose e dalla loro concentrazione ematica. In questo caso l'emivita è proporzionale alla quantità di sostanza inizialmente presente nell'organismo. Si è già detto che pochi farmaci alle dosi terapeutiche seguono una cinetica di eliminazione di "ordine zero". Questa, invece, è abbastanza comune dopo assorbimento di dosi elevate come conseguenza del fatto che certi processi, in particolare quelli relativi al metabolismo o alla escrezione, sono a capacità limitata e quindi saturabili. La cinetica di saturazione è una caratteristica che accomuna numerose sostanze di interesse tossicologico (Tabella I) le quali, pertanto, presentano le seguenti proprietà: L'emivita nella fase di eliminazione diventa maggiore con l'aumentare della dose A dosi elevate, la curva "livelli plasmatici-tempo" è bifasica, con una fase iniziale di eliminazione lenta seguita da una fase più rapida; a dosi ridotte si osservano invece cinetiche apparenti di "primo ordine" indicanti l'assenza di fenomeni di saturazione (Fig.3) La composizione dei metaboliti può cambiare con la dose Nelle intossicazioni miste, la presenza di altri farmaci che agiscono sullo stesso enzima o sullo stesso sistema di trasporto ha influenze marcate sui processi di saturazione. 43 Fig. 3. Rappresentazione della curva livelli plasmatici/tempo di una sostanza la cui eliminazione viene saturata a 100 µg/ml. Oltre questo livello, la sostanza viene eliminata con una cinetica di "ordine zero"; al di sotto di 100 µg/ml l'eliminazione segue una cinetica di "primo ordine". Tossicocinetica negli avvelenamenti I risultati delle terapie adottate nelle intossicazioni acute non sempre sono valutabili con criteri clinici. Lo studio della farmacocinetica fornisce un criterio di valutazione razionale, specie per quanto concerne le procedure intese a modificare l'assorbimento, la distribuzione o la eliminazione dei tossici. Purtroppo, studi di farmacocinetica applicata alla tossicologia clinica sono stati finora condotti solo per un limitato numero di sostanze. Per quanto concerne i farmaci, si fa spesso riferimento ai parametri cinetici misurati in volontari o pazienti dopo somministrazione di dosi terapeutiche. L'estrapolazione di questi dati alla situazione di sovradosaggio può tuttavia condurre a conclusioni erronee e richiede in ogni caso molta cautela . Un esempio significativo è fornito dalla cinetica del litio. Nell'intossicazione terapeutica conseguente alla assunzione cronica di sali di litio si osserva un profilo farmacocinetico molto diverso da quello degli avvelenamenti per ingestione accidentale o intenzionale di una singola dose. Nel primo caso l'emivita plasmatica è piuttosto lunga e la tossicità si manifesta precocemente in presenza di litiemie relativalmente basse. Nel secondo, pur essendo la litiemia elevata, i sintomi risultano spesso modesti e si presentano dopo un prolungato periodo di latenza. Il litio è un tipico elemento a localizzazione intracellulare che, tuttavia, diffonde con lentezza nei tessuti. Pertanto, dopo una singola ingestione, una frazione considerevole della dose assorbita viene allontanata dall'organismo prima che l'elemento arrivi a concentrarsi negli organi che sono sede della tossicità. Nel soggetto intossicato, l'accertamento 44 farmacocinetico fornisce dati predittivi del decorso clinico e orienta nella scelta della terapia. Anche per altre sostanze, il profilo farmacocinetico nel sovradosaggio può differire da quello tipico delle dosi terapeutiche . Ciò a volte dipende da fenomeni di saturazione dei sistemi preposti al metabolismo o alla escrezione. In altri casi, la cinetica è modificata da fattori quali l'acidosi, l'ipotermia, il danno epatico o renale, l'insufficienza respiratoria o cardiocircolatoria, che spesso sono presenti quali intrinseche espressioni di tossicità della sostanza. (a) Assorbimento L'assorbimento gastro-intestinale dei tossici ha speciale importanza dato che una quota cospicua degli avvelenamenti avviene per ingestione. In certi casi, la cinetica di assorbimento presenta caratteristiche del tutto anomale dopo ingestione di dosi elevate. Ad esempio, negli avvelenamenti da farmaci anticolinergici (antidepressivi triciclici, antiparkinsoniani, ecc.) l'attività propulsiva nel tratto gastro enterico può essere fortemente depressa, cosicché il tempo di transito e il contatto del farmaco con la superficie assorbente dell'intestino vengono prolungati. L'assorbimento dei tossici assunti per via orale può essere rallentato nello shock per effetto della alterata perfusione sanguigna nell'intestino. La formazione di aggregati del materiale ingerito (es. compresse) è un altro fattore che, in ragione della ridotta superficie di contatto, può limitare l'assorbimento del tossico nel tratto digestivo. Varie categorie di sostanze tra cui beta-bloccanti, antidepressivi triciclici, fenotiazine e il metadone, vanno incontro ad un intenso metabolismo pre-sistemico ("first-pass" intestinale e/o epatico) i cui meccanismi vengono saturati ad alte dosi. Dopo ingestione di quantità elevate dei suddetti farmaci, la frazione della dose che giunge in circolo può superare di molto quella attesa in base alla cinetica tipica del dosaggio terapeutico. L'uso del carbone attivato ( Tabella II), l'irrigazione intestinale e il trattamento con purganti, es. sodio solfato, sorbitolo, citrato di magnesio, sono talora raccomandati negli avvelenamenti per ingestione allo scopo di limitare l'accesso dei tossici nel compartimento sistemico. Esiste altresì evidenza che il trattamento ripetuto con carbone blocca il circolo entero-epatico o entero-enterale di certe sostanze e aumenta quindi la loro clearance sistemica. Questo vale, ad esempio, per la digossina, il fenobarbitale, la teofillina, la ciclosporina, il methotrexate, il fenilbutazone, la carbamazepina e il diazepam . (b) Distribuzione In presenza di alte concentrazioni plasmatiche di un tossico, il legame che questo contrae con le proteine può essere saturato con conseguente aumento della frazione che circola libera nel plasma. Da ciò derivano importanti implicazioni tossicologiche poiché il volume di distribuzione, la velocità di eliminazione e l'accesso del tossico nei siti recettoriali vengono modificati. Le variazioni dei livelli ematici totali di una sostanza, quali di solito si verificano nel corso dell'avvelenamento, possono modificare l'entità del legame con le proteine plasmatiche facendolo passare dalla saturazione alla desaturazione o viceversa. Cambiano di conseguenza i rapporti tra quota libera e quota legata nonché il volume 45 di distribuzione. Tale fenomeno è uno dei fattori confondenti che rendono talora difficile correlare l'andamento dei livelli ematici totali di un tossico con lo stato del paziente. Per l'antidepressivo triciclico amitriptilina, la frazione che circola legata con le proteine plasmatiche tende ad aumentare con il pH. E' stato dimostrato che, passando il pH del sangue da 7 a 7.5, il legame proteico aumenta dell'8% e la quantità di farmaco libero presente a livello dei recettori si riduce di 5 volte. Ciò contribuisce a spiegare l'efficacia della alcalinizzazione nella terapia dell'avvelenamento da antidepressivi triciclici. In ragione del pH, cambia anche lo stato di ionizzazione dei tossici che hanno caratteristiche di elettroliti deboli. Poiché le membrane biologiche sono molto permeabili alle sostanze lipofile e non ionizzate, i cambiamenti del pH ematico hanno conseguenze importanti nelle intossicazioni acute in quanto modificano la ripartizione del tossico e la sua capacità di diffondere nelle cellule. Un particolare aspetto di questo fenomeno è il potenziamento della tossicità acuta di certi farmaci (barbiturici, amitriptilina, d-propossifene, clormetiazolo) causato dalla concomitante assunzione di alcool. Esperimenti su animali hanno dimostrato che l'alcool favorisce il passaggio dei barbiturici nel cervello e ne rallenta significativamente la rimozione dal tessuto nervoso . I tessuti poco perfusi (muscoli, tessuto adiposo) fungono spesso da deposito delle sostanze lipofile, le quali vengono concentrate a tale livello per essere poi cedute lentamente nel distretto extracellulare. Il lento equilibrio tra i compartimenti intra- ed extracellulare è all'origine dell'effetto "reservoir" che talora si osserva quando l'eliminazione terapeutica dei tossici viene accelerata con procedure drastiche, quali la emodialisi o la emoperfusione: il trattamento comporta la progressiva diminuzione dei livelli ematici della sostanza i quali, tuttavia, tornano ad innalzarsi allorché il trattamento viene interrotto. Tale situazione è stata spesso riscontrata nella terapia emodialitica dell'intossicazione da sali di litio. (c) Metabolismo Il metabolismo dei composti chimici esogeni ha conseguenze che dipendono dalla attività dei metaboliti: ha significato detossicante se i metaboliti sono inattivi o meno attivi della sostanza di origine. Si assiste invece alla comparsa o alla accentuazione della tossicità quando il composto di origine, di per sé poco attivo o inattivo, subisce un processo di attivazione metabolica. Questo fenomeno ha rilevanza negli avvelenamenti da paracetamolo, metanolo, glicole etilenico, parathion, glutetimide, e dopo esposizione a solventi alogenati quali tricloroetilene, 1,2-dicloropropano e tetracloruro di carbonio. La tossicità per attivazione ha due aspetti caratteristici: (a) la sintomatologia si manifesta con una certa latenza che riflette il tempo necessario perché i metaboliti tossici vengano generati fino a raggiungere concentrazioni critiche nei tessuti bersaglio; (b) mancano di solito correlazioni tra i livelli ematici del farmaco e lo stato del paziente, le cui condizioni possono anzi aggravarsi man mano che diminuiscono i livelli ematici della sostanza assorbita. Il deterioramento funzionale degli organi preposti al metabolismo ha influenze sulla cinetica dei tossici in quanto prolunga la loro permanenza nell'organismo. Particolare importanza ha, nel corso degli 46 avvelenamenti, la depressione dell'attività farmaco-metabolizzante del fegato che può essere causata sia da lesioni parenchimali indotte dal tossico sia da squilibri emodinamici che riducono la perfusione epatica. L'attivazione farmacologica dei processi di detossicazione epatica è stata oggetto di numerosi studi in prospettiva terapeutica. Il corredo degli enzimi farmacometabolizzanti può essere, in effetti, aumentato mediante somministrazione di farmaci induttori, quali il fenobarbitale. Tale procedura, tuttavia, oltre ad essere non priva di effetti secondari, richiede somministrazioni ripetute nell'arco di alcuni giorni, cioè tempi troppo lunghi per essere compatibile con l'intervento d'urgenza nella intossicazione acuta. Esistono induttori meno tossici, quali i flavoni, che agiscono con rapidità in quanto attivano il corredo enzimatico pre-esistente. Non risulta, tuttavia, che tali sostanze siano state oggetto di studio in relazione a possibili impieghi in tossicologia clinica. Il processo opposto, cioè la manipolazione farmacologica intesa ad impedire la generazione di metaboliti tossici è già da tempo in uso nell'uomo. Un noto esempio è l'impiego dell'alcool etilico negli avvelenamenti da metanolo o da glicole etilenico. (d) Eliminazione L'eliminazione ha un ruolo centrale nella tossicocinetica clinica. La terapia di molti avvelenamenti è principalmente diretta a sostenere le funzioni vitali e a proteggere la funzionalità degli organi emuntori onde consentire la eliminazione fisiologica del tossico. Nelle intossicazioni più gravi trovano talora impiego, compatibilmente con le caratteristiche cinetiche del veleno, procedure specifiche intese ad accelerare la rimozione della sostanza o dei suoi metaboliti dall'organismo. Il calcolo della emivita plasmatica rende talora possibile la stima approssimativa dei tempi necessari perché i livelli ematici della sostanza scendano nel paziente a valori sub-tossici. Tuttavia, come già ricordato, molte sostanze presentano ad alte dosi cinetiche di eliminazione non lineari a causa della saturazione del metabolismo e/o della escrezione (Tabella I). In questi casi, il calcolo della emivita non ha alcun valore pratico se non si dispone di dati certi sulla dose totale assorbita. Sul ruolo della diuresi forzata e delle procedure extrarenali (emodialisi, emoperfusione) in tossicologia clinica sono stati condotti numerosi studi . Le biomembrane sono più permeabili alle sostanze non ionizzate che a quelle ionizzate. Pertanto, per le sostanze eliminate dal rene, il riassorbimento nei tubuli diminuisce quanto più il composto si presenta ionizzato nell'urina tubulare. Dato che il grado di ionizzazione degli acidi deboli aumenta se questi si trovano in ambiente alcalino e quello delle sostanze basiche aumenta nelle soluzioni acide, è possibile incrementare l'escrezione renale dei tossici acidi o basici attraverso procedure che determinano opportune variazioni del pH e del flusso urinario. L'ingestione di tossici in quantità potenzialmente letali, la presenza di sintomi gravi, il riscontro di livelli ematici straordinariamente elevati, la evidenza che i processi di eliminazione sono saturati, la comparsa di deficit delle vie escretrici, il progressivo deterioramento dello stato del paziente nonostante la terapia intensiva sono tutte condizioni che, in linea di principio, suggeriscono il ricorso alle misure drastiche di eliminazione terapeutica, quali l'emodialisi e l'emoperfusione. Tuttavia, è spesso 47 difficile prevedere quali pazienti potranno trarre effettivi benefici di queste procedure anche in relazione al loro intrinseco potenziale di morbidità. In ogni caso, il ricorso alla depurazione extracorporea è concettualmente giustificato solo per le sostanze che hanno caratteristiche farmacocinetiche compatibili. Per i tossici con spiccata tendenza alla diffusione nei tessuti, forte affinità per le proteine plasmatiche e ampio volume di distribuzione, è poco probabile che l'aumento della clearance determinato dalla emodialisi o dalla emoperfusione si associ a risultati clinicamente significativi, data la modesta frazione della dose che si trova in forma libera nel circolo. L'eliminazione extra-corporea può invece risultare vantaggiosa negli avvelenamenti gravi da sostanze quali teofillina, paracetamolo, tricloroetanolo, cloralio idrato, e certi barbiturici che, ad alte dosi, presentano una cinetica di eliminazione non lineare. Per queste sostanze, quanto più alti sono i livelli ematici tanto meno efficiente sarà la loro clearance endogena e perciò più consistenti dovrebbero essere i benefici della dialisi e dell'emoperfusione. Nelle iniziali esperienze sulla depurazione extracorporea applicata alla tossicologia clinica, l'efficacia delle singole tecniche è stata valutata quasi esclusivamente sulla base del giudizio clinico, senza alcun reperto analitico che desse supporto alle conclusioni tratte del ricercatore. In tempi più recenti, gli effetti della dialisi e della emoperfusione sono stati spesso valutati con criteri farmacocinetici. Purtroppo, nei lavori su questo tema si trovano spesso due tipi di errori che complicano la lettura dei risultati. Gli effetti vengono valutati tenendo conto delle variazioni della emivita plasmatica piuttosto che in base alla quantità totale di tossico estratta dal plasma in un certo periodo di tempo. Tale criterio è inadeguato in quanto tende ad ignorare sia la caduta dei livelli plasmatici assoluti che caratterizza la fase di distribuzione, sia l'aumento "rebound" delle concentrazioni plasmatiche che, al termine del trattamento, riflette il richiamo della sostanza dai depositi tessutali. Imprecise sono anche le valutazioni basate sul confronto tra le quantità complessive di tossico eliminate in presenza o in assenza del trattamento extracorporeo, dato che la dose presente nell'organismo allorché il trattamento viene istituito risulta quasi sempre sconosciuta. Avvelenamenti da formulazioni farmaceutiche a lento rilascio L'impiego in medicina di preparati a lento rilascio è sempre più diffuso. L'ingestione di dosi tossiche comporta speciali problemi date le peculiari caratteristiche cinetiche dei principi attivi di queste formulazioni. L'assorbimento è di solito più lento e prolungato, e il picco di concentrazione viene raggiunto non prima di 24-36 ore. La tossicità si manifesta dopo un periodo di latenza più o meno lungo e le manifestazioni regrediscono piuttosto lentamente al termine della fase acuta a causa dell'assorbimento protratto della sostanza nel lume intestinale. Esempi di farmaci utilizzati in formulazioni orali a lento rilascio sono la teofillina, la proclorperazina, la fenilpropanolamina, il litio e gli antiaritmici procainamide e disopiramide. Nella terapia dell'avvelenamento hanno importanza la somministrazione ripetuta di carbone e l'irrigazione intestinale, da istituirsi possibilmente già nella fase pre-sintomatica, al fine di limitare la quantità di principio attivo che passa in circolo. 48 Conclusioni L'analisi tossicocinetica quantitativa costituisce una guida per affrontare con criteri scientifici i problemi diagnostici e terapeutici della tossicologia clinica. Attraverso modelli matematici è possibile caratterizzare nel singolo paziente sia il tipo di distribuzione che i movimenti del tossico fino a poter correlare, in certi casi, il profilo farmacocinetico con l'evoluzione dei sintomi ed il decorso clinico. L'andamento delle concentrazioni del veleno fornisce inoltre indicazioni utili per la scelta e il controllo della terapia nel paziente intossicato. Il laboratorio chimico-tossicologico, avvalendosi di apparecchiature e tecniche analitiche sempre più sensibili, precise e selettive, potrà trovare nella tossicocinetica gli spunti per allargare il proprio campo d'azione dalla fase diagnostica allo studio di aspetti quantitativi e temporali degli avvelenamenti la cui conoscenza è importante per un intervento clinico razionale. Nella pratica corrente, solo di rado l'analisi chimico-tossicologica viene effettuata attraverso indagini seriate che comprendano, ove necessario, l'identificazione e il dosaggio dei metaboliti attivi. Una ulteriore limitazione viene dal fatto che solo per pochi composti si conoscono al momento attuale le caratteristiche farmacocinetiche in situazioni di sovradosaggio. Anche per i farmaci più noti, i dati della letteratura sono spesso di difficile interpretazione. La dose o il momento della esposizione al tossico sono molte volte imprecisati; in altri casi, i prelievi per le analisi tossicologiche risultano essere stati effettuati per tempi troppo brevi o, ancora, manca l'adeguata valutazione di patologie pre-esistenti o di altri fattori capaci di modificare la farmacocinetica . Sarebbe auspicabile che, integrando competenze cliniche, farmaco-tossicologiche ed analitiche, le osservazioni farmacocinetiche venissero approfondite ed estese al maggior numero di sostanze che sono causa di avvelenamenti nell'uomo. Tabella I. Esempi di sostanze che presentano cinetiche di saturazione Salicilici Paracetamolo Teofillina Fenitoina Chinidina Amilobarbitone Sulfametazina Prednisolone Diossano Alcool etilico Acido triclorofenossiacetico (2,4,5 T) Cloruro di vinile Cloralio idrato Tricloroetanolo 49 ALLERGIA AI FARMACI La patogenesi delle reazioni allergiche ai farmaci coinvolge tutte e quattro le immunoreazioni patogene di Gell e Coombs, anche se nella stragrande maggioranza dei casi predominano quelle di I tipo (mediate da anticorpi IgE) o quelle di IV tipo (mediate dai linfociti): le reazioni di quest'ultimo tipo stanno ormai diventando le più frequenti in assoluto. In genere il farmaco o un suo derivato metabolico in forma di aptene si lega alle proteine sieriche circolanti o alle membrane cellulari: tali molecole vengono poi presentate dai macrofagi ai linfociti e inducono (nei soggetti predisposti) la produzione di IgE specifiche (immunoreazioni di I tipo) o anticorpi di classe IgG (reazioni di II tipo) o immunocomplessi (reazioni di III tipo) o reazioni di tipo ritardato coinvolgendo i linfociti T. Può inoltre verificarsi, nello stesso soggetto, la contemporanea presenza di immunoreazioni di I e IV tipo. Il meccanismo delle reazioni pseudoallergiche è invece a tutt'oggi controverso. Per quanto riguarda i FANS è stato ipotizzato che, causando essi un'inibizione della cicloossigenasi II (COX II), siano responsabili di un aumentato livello di leucotrieni che causano broncospasmo. Per tutti gli altri farmaci coinvolti in PAR si è ipotizzato che vi possa essere una liberazione diretta dei mediatori chimici contenuti nei mastociti (forse alla base di questo meccanismo vi è un'instabilità della membrana mastocitaria), oppure che vi sia un'attivazione della via alternativa del complemento, o che vi possa essere uno sbilanciamento del sistema ciclo-ossigenasico lipossigenasico. La diagnostica dell'allergia ai farmaci è a tutt'oggi un problema non del tutto risolto a causa delle scarse conoscenze dei meccanismi patogenetici. Un'accurata raccolta dei dati anamnestici del paziente è molto importante perché può consentire di accertare i rapporti cronologici tra l'assunzione di un farmaco e la comparsa delle manifestazioni cliniche; inoltre permette di evidenziare pregresse reazioni, anche di modesta entità, allo stesso farmaco. Questo permette, tenendo conto anche della frequenza di reazioni avverse che ciascun farmaco può provocare, di fissare i propri sospetti su di un farmaco o su un gruppo di farmaci. In seguito si procede con i test in vitro e in vivo. I test cutanei vengono iniziati con i prick test e proseguiti poi con i test intradermici. E' importante ricordare però che tali test possono causare, in soggetti sensibili, reazioni severe e che pertanto devono essere impiegati solo da personale particolarmente esperto. Saranno in seguito eseguiti i patch test (cerottoreazioni) con i farmaci da studiare, patch che verranno letti in seguito a 72 ore. I test sierologici in vitro (RAST) per la ricerca delle IgE specifiche sono disponibili solo per pochi farmaci come: penicillina, ampicillina, amoxicillina. Scarso aiuto fornisce la determinazione delle IgE totali (PRIST) che in questi pazienti dà valori normali. In seguito si può procedere con test di tolleranza orale e/o intramuscolare con farmaci alternativi. 50 TERAPIA DELL‘ALLERGIA AI FARMACI La terapia dell'allergia ai farmaci prevede come primo provvedimento quello di evitare un'ulteriore esposizione del paziente al farmaco interessato. Un iter accurato permetterà, nel caso di un paziente allergico ad un antibiotico betalattamico, di evidenziare il farmaco responsabile con precisione e di sconsigliare quindi non più tutte le betalattamine che comprendono penicilline naturali e semisintetiche, cefalosporine, carbapenemi e monobactami (in pratica rappresentano il 65-70%,degli antibiotici in commercio) come in passato ma solo il farmaco responsabile e quelli strutturalmente simili ad esso. Se però il paziente dovesse per forza assumere un determinato farmaco a cui è sensibile si può procedere in ambiente particolarmente qualificato ad una desensibilizzazione che appare comunque giustificata solo in casi eccezionali come per esempio un diabetico in trattamento con insulina o un paziente HIV positivo con intolleranza al cotrimossazolo o alla sulfadiazina. TRATTAMENTO DEGLI AVVELENAMENTI L‘eliminazione dei veleni può essere accelerata incrementando l‘attività delle vie escretrici normali, oppure con la dialisi o l‘emoperfusione. L‘uso di queste metodiche dipende dalla natura dell‘avvelenamento, dalla disponibilità di attrezzature idonee e dalle condizioni del paziente. Il "wash out" del veleno mediante l‘aumento del volume urinario è efficace di rado, se non mai. Talvolta può essere di aiuto l‘alcalinizzazione o l‘acidificazione delle urine: in generale, gli acidi deboli vengono trattenuti ed escreti nelle urine alcalinizzate e le basi deboli nelle urine acidificate. Per esempio, nell‘ingestione acuta di salicilati, il bicarbonato di sodio 2-3 mEq/kg EV aumenta significativamente l‘escrezione. L‘efficacia dell‘emodialisi e della dialisi peritoneale è stata accresciuta dallo sviluppo della dialisi lipidica, che rimuove dal sangue le sostanze liposolubili, e dell‘emoperfusione, che elimina dal sangue veleni specifici con più rapidità ed efficienza Tuttavia, queste tecniche sono inutili se il veleno ha un grande volume di distribuzione (cioè se viene accumulato nel tessuto adiposo) oppure se viene legato in maniera estensiva alle proteine tissutali. Per esempio, soltanto dal 3 al 5% della digossina totale corporea si trova nel sangue, cosicché l‘emoperfusione risulta inefficace, nonostante assicuri una rapida clearance. Similmente, gli antidepressivi triciclici sono ampiamente confinati ai compartimenti extravascolari. SINTOMATOLOGIA E TRATTAMENTO DI AVVELENAMENTI SPECIFICI Veleno Sintomatologia Trattamento ACE-inibitori Vomito, ipotensione, Emesi, carbone attivo, convulsioni terapia di supporto Acefato: v. Organofosfati 51 Acetaminofene: v. Paracetamolo Acetanilide Cianosi dovuta alla Inchiostri anilinici formazione di (indelebili) metaemoglobina e Olio di anilina sulfaemoglobina, Cloroanilina dispnea, astenia, Fenacetina vertigini, dolore (acetofenetidina) anginoso, eruzioni cutanee e orticaria, vomito, delirio, depressione, insufficienza respiratoria e circolatoria Ingestione: emesi con ipecacuana; se non ha effetto, lavanda gastrica e/o carbone attivo; poi, come per l'inalazione Contatto cutaneo: togliere i vestiti e lavare la zona con abbondante acqua e sapone; poi, come per l'inalazione Inalazione: O2; assistenza respiratoria; emotrasfusione; blu di metilene 1-2mg/kg EV in caso di cianosi grave Acetilene, gas: v. Monossido di carbonio Acetofenetidina: v. Acetanilide Acetone Ingestione: come sotto, Allontanare dall'origine Chetoni salvo per l'effetto del veleno; svuotare lo Collanti per polmonare diretto stomaco, tranne per aeromodellismo, mastici Inalazione: irritazione piccole quantità; Solvente per smalto per bronchiale, congestione assistenza respiratoria; O 2 unghie ed edema polmonare, e liquidi; correggere ipoventilazione, dispnea, l'acidosi metabolica ebbrezza, stupor, chetosi Acetonitrile Convertito in cianuro, V. Cianuri Adesivo cosmetico per con i sin tomi e i segni unghie relativi Acidi e alcali (v. i singoli acidi e alcali ) Acidi Causticazioni per Ingestione: acqua o latte Acetico ingestione, contatto per diluire; non indurre Cloridrico cutaneo e oculare e vomito; eventuale la Fosforico inalazione; dolore locale; vanda gastrica in caso di Nitrico in generale, lesioni GI più ingestione di grandi Solforico (alcuni gravi con gli alcali; quantità di alcali in forma sgorganti per scarichi o possibili lesioni laringee granulare sanitari, al cuni detersivi Contatto cutaneo od per lavastoviglie) oculare: sciacquare abbondantemente con acqua per 15min Alcali Ricovero in ospedale; 52 Alcuni sgorganti per scarichi o sanitari, alcuni detersivi per lavastoviglie Ammoniaca in soluzione acquosa (idrossido di ammonio) Carbonati di ammonio, potassio e sodio Idrossido di sodio (soda caustica, liscivia) Polveri detergenti Idrossido di potassio (potassa) Acido acetico: v. Acidi e alcali Acido acetilsalicilico: v. cap.antinfiamm. Acido borico: v. Borati Acido cianidrico: v. Cianuri Acido cloridrico: v. Acidi e alcali Acido cromico Effetti corrosivi dovuti Bicromati all'ossidazione; ulcere e Cromati perforazioni del setto Triossido di cromo nasale; gastroenterite grave; shock, vertigini, coma; nefrite Acido fenico: v. Fenoli Acido fluoridrico: v. Fluoruri Acido fosforico: v. Acidi e alcali Acido lisergico, dietilamide Confusione mentale, (LSD) allucinazioni, ipereccitabilità, coma, flashback Acido nitrico: v. Acidi e alcali Acido ossalico Dolore urente alla gola, Glicol etilenico vomito, dolore intenso; Ossalati ipotensione, tetania, oppiacei per il dolore; eventuale trattamento dello shock; eventuale tracheostomia; antibiotici e desametasone 1mg/ m2 ASC q 6h o equivalente per 2- 3sett per le causticazioni esofagee dimostrate, solitamente con esofagoscopia non in urgenza (Nota: anche in assenza di lesioni orali, gli alcali forti [pH>10,5- 11,0] possono causticare l'esofago; è raccomandata l'esofagoscopia) Latte o acqua per diluire; dimercaprolo (o penicillamina) in caso di sintomatologia grave; somministrare con cautela liquidi ed elettroliti per sostenere la funzione renale Terapia di supporto; diazepam; clorpromazina (adulti: 50-100mg IM) Latte o lattato di calcio; eseguire lavanda gastrica con cautela o non 53 shock; danno della glottide e renale; ossaluria Acido prussico: v. Cianuri Acido salicilico: v. cap.antinf. Acido solforico: v. Acidi e alcali Acido valproico Depressione progressiva del SNC Acqua di Javelle: v. Ipocloriti Alcali: v. Acidi e alcali Alcaloidi della segale Sete, diarrea, vomito, cornuta capogiri, bruciore alle estremità inferiori; convulsioni, ipotensione, coma, aborto; gangrena dei piedi; cataratta Alcol di legno: v. Alcol metilico Alcol etilico (etanolo) Instabilità emotiva, Brandy incoordinazione, Whiskey arrossamenti, nausea e Altri liquori vomito, stupor fino al coma, depressione respiratoria Alcol isopropilico Alcol per frizioni Vertigini, incoordinazione, stupor fino al coma, gastroenterite, ipotensione eseguirla; calcio gluconato al 10% 10-20ml EV; controllare il dolore; soluzione salina EV per lo shock; emollienti per bocca; osservazione per l'edema e la stenosi della glottide Misure di supporto; utile il naloxone Emesi con ipecacuana; lavanda gastrica; assistenza cardiorespiratoria; benzodiazepine o barbiturici a breve durata d'azione per le convulsioni; papaverina 60mg EV (1- 2mg/kg EV per i bambini) Emesi; lavanda gastrica; assistenza respiratoria; glucoso EV per prevenire l'ipoglicemia, dialisi in caso di livelli ematici >300-350mg/dl (>65-76 mmol/l); generosa somministrazione di liquidi, perché l'alcol aumenta l'osmolarità del siero Emesi; lavanda gastrica; glucoso EV; correggere la disidratazione e gli squilibri elettrolitici; dialisi 54 Alcol metilico (metanolo, alcol di legno) Anticongelanti Combustibili solidi in scatola Solvente per vernici Vernici Elevata tossicità con 60250ml (2-8 oz) negli adulti, 8-10ml (2 cucchiaini) nei bambini; periodo di latenza 1218h; cefalea, astenia, crampi agli arti inferiori, vertigini, convulsioni, abbassamento della vista, ipoventilazione Alcol per frizioni: v. Alcol isopropinico Aldrin: v. Idrocarburi clorurati Amfetamine Iperattività, euforia, Amfetamina solfato, loquacità, insonnia, fosfato irritabilità, iperreflessia, Destroamfetamina anoressia, xerostomia, Fenmetrazina aritmie, dolore toracico Metamfetamina angi noso, blocco cardiaco, stati similpsicotici, incapacità a concentrarsi o a rimanere seduti Amile, nitrito: v. Nitriti Aminofillina Caffeina Teofillina Insonnia, agitazione, anoressia, vomito, disidratazione, convulsioni; in caso di ipersensibilità, possibile collasso vasomotorio immediato; suscettibilità maggiore negli adulti, specialmente dopo sovradosaggio acuto Bicarbonato di sodio EV per combattere l'acidosi; etanolo al 10% in soluzione glucosata al 5% EV; dose di carico iniziale di etanolo di 0,7g/kg infusa in 1h per inibire il metabolismo dell'etanolo, seguita da 0,1-0,2g/kg/h per mantenere un livello ematico di etanolo di 100mg/dl (22 mmol/l); eventuale impiego di fomepizolo (v. Glicol etilenico); emodialisi Emesi, lavanda gastrica o carbone attivo possono essere efficaci molto tempo dopo l'ingestione a causa del ricircolo attraverso la mucosa gastrica; sedazione con clorpromazina 0,5-1mg/kg IM o PO q 30min al bisogno; ridurre gli stimoli esterni; ipotermia; prevenzione dell'edema cerebrale; emodialisi; eventuale utilità dei bloccanti nei non asmatici Ingestione: emesi (evitare se le convulsioni sono imminenti) o carbone attivo; sospendere la somministrazione; dosaggio del livello ematico di teofillina; fenobarbital o diazepam per le convulsioni; liquidi parenterali; sostenere la 55 durante somministrazione PA; eventuale dialisi in cronica massimale caso di livello sierico >50100mg/l (>278555mol/l); eventuali bloccanti (p.es. esmololo) se il paziente non è asmatico Amitriptilina: v. Antidepressivi triciclici Ammoniaca gassosa Irritazione degli occhi e Sciacquare gli occhi per del tratto respiratorio; 15min con acqua corrente tosse, senso di o soluzione salina; non soffocamento; dolore eseguire lavanda gastrica addominale né indurre emesi; in caso di tossicità grave, O 2 a pressione positiva per trattare l'edema polmonare; assistenza respiratoria Ammoniaca in soluzione acquosa (idrossido di ammonio): v. Acidi e alcali Ammonio carbonato: v. Acidi e alcali Ammonio fluoruro: v. Fluoruri Amobarbital: v. Barbiturici Anilide: v. Acetanilide Anticoagulanti Prolungamento del tempo Osservazione in caso di Dicumarolo di protrombina dopo dosi ingestione singola nei Warfarin ripetute bambini; negli adulti, Warfarinici misurazione del tempo di protrombina per eventuale terapia con vitaminaK Anticongelanti: v. Alcol metilico; Glicol etilenico Antidepressivi triciclici Effetti anticolinergici Terapia sintomatica e di Amitriptilina (p.es. offuscamento della supporto; emesi (evitare se Desipramina vista minzione esitante); le convulsioni sono Doxepina effetti sul SNC (p.es. imminenti), carbone Imipramina sonnolenza, stupor, coma, attivo, lavanda gastrica; Nortriptilina atassia, irrequietezza, tenere sotto controllo i Protriptilina agitazione, iperreflessia, parametri vitali e l'ECG; rigidità muscolare, mantenere la pervietà delle convulsioni); effetti vie aeree e l'apporto di cardiovascolari liquidi; bicarbonato di (tachicardia e altre sodio con iniezione EV aritmie, blocchi di branca, rapida (0,5-2mEq/kg), da 56 difetti di conduzione, scompenso cardiaco congestizio); depressione respiratoria, ipotensione, shock, vomito, iperpiressia, midriasi e sudorazione sono anch'essi possibili ripetere periodicamente per mantenere il pH ematico >7,45 e prevenire le aritmie; diazepam per controllare la maggior parte dei problemi a carico del SNC; fisostigmina salicilato (EV lentamente) esclusivamente per far regredire le manifestazioni centrali e cardiache del sovradosaggio (adulti: 2mg più dosi ripetute di 14mg al bisogno q 2060min; bambini: 0,5mg ripetuti al bisogno q 5min fino a un massimo di 2mg) Antimonio: v. Arsenico e antimonio Antineoplastici Effetti sull'ematopoiesi, Metotrexato nausea, vomito; effetti Mercaptopurina acuti e cronici specifici Vincristina dipendenti dai singoli >50 altri farmaci Antipsicotici Aloperidolo Clozapina Risperidone Antistaminici L'emesi è migliore della lavanda gastrica; terapia di supporto; "salvataggio" con leucovorina; osservazione per eventuali problemi postacuti (>2448h) Ampio spettro di sintomi Benzodiazepine e terapia (p.es. eccitazione, coma, di supporto ipotensione) Eccitazione o depressione, sonnolenza, nervosismo, disorientamento, allucinazioni, tachicardia, aritmie, ipotensione, iperpiressia, delirio, convulsioni Emesi con ipecacuana (evitare se le convulsioni sono imminenti), lavanda gastrica, carbone attivo; assistenza respiratoria; sostenere la PA; diazepam per controllare le convulsioni; fisostigmina 0,5-2,0mg (adulti) o 0,02mg/kg (bambini) IM o EV (lentamente) solo in caso di fallimento delle precedenti (Attenzione: v. Fisostigmina per il rischio 57 di convulsioni.) Antitarme (palline, cristalli e tavolette repellenti): v. Naftalene; Paradiclorobenzene Argento, nitrato: v. Argento, sali Argento, sali Colorazione delle labbra Lavanda gastrica con Nitrato di argento (biancastre, brunastre, poi soluzione fisiologica; nerastre); gastroenterite, controllare il dolore; shock, vertigini, diazepam per controllare convulsioni le convulsioni Arsenico e antimonio Faringospasmo, disfagia; Emesi; lavanda gastrica, Arsenico dolore GI urente, vomito, poi un emolliente; Erbicidi diarrea, disidratazione; chelazione con Pesticidi edema polmonare; penicillamina; Soluzione di Donovan insufficienza renale; dimercaprolo se il Soluzione di Fowler insufficienza epatica paziente non può Verde di Parigi assumere terapia orale; Composti dell'antimonio idratazione; trattamento Stibofene dello shock e del dolore; Tartaro emetico sorbitolo o catartico salino (solfato di sodio 15-30g in acqua) Arsina: v. Gas arsina Asfalto: v. Distillati del petrolio Aspirina: v. cap.antinf. Atropina: v. Belladonna Azoto, ossidi: v. Ossidi di azoto Barbiturici Cefalea, confusione Fino a 24h dopo Amobarbital mentale, ptosi, l'ingestione, svuotare lo Fenobarbital eccitazione, delirio, stomaco; se Meprobamato perdita del riflesso immediatamente dopo, Pentobarbital corneale, insufficienza emesi con ipecacuana; se Secobarbital respiratoria, coma il paziente è sedato, lavanda gastrica e carbone attivo mediante tubo endotrache ale cuffiato; offrire una buona assistenza infermieristica; assistenza respiratoria, O2; correggere la disidratazione; dialisi (raramente), specie per i barbiturici a lunga durata 58 Bario, composti solubili Acetato di bario Carbonato di bario Cloruro di bario Idrossido di bario Nitrato di bario Solfuro di bario Fuochi d'artificio Sostanze depilatorie Veleno per topi Belladonna Atropina Iosciamina Iosciamo Scopolamina (ioscina) Stramonio Benzene Benzolo Colla per aeromodellismo Idrocarburi d'azione quando l'alcalinizzazione accelera l'escrezione Vomito, dolore Solfato di sodio o di addominale, di arrea, magnesio 60g PO per far tremori, convulsioni, precipitare il bario nello coliche, ipertensione, stomaco, poi emesi o arresto cardiaco, dispnea lavanda gastrica; e cianosi, fibrillazione diazepam per controllare ventricolare, ipokaliemia le convulsioni; atropina SC, IM o EV 0,5-1,0mg (adulti) o 0,01mg/kg (bambini) per le coliche; nitroglicerina sublinguale 1/100-1/50 per l'ipertensione; O2 per la dispnea e la cianosi; chinidina solfato 100300mg PO (adulti) o 6mg/kg PO (bambini) per prevenire la fibrillazione ventricolare; correggere l'ipokaliemia Secchezza della cute e Emesi o carbone attivo; delle mucose; midriasi; assistenza respiratoria; arrossamenti, eventuale cateterizzazione iperpiressia; tachicardia, vescicale; fisostigmina agitazione; coma; 0,5-2,0mg (adulti) o insufficienza respiratoria; 0,02mg/kg (bambini) IM o convulsioni EV (lentamente) per cercare di far regredire gli effetti periferici e sul SNC, ma usare esclusivamente in caso di problemi gravi (Attenzione: v. Fisostigmina per il rischio di convulsioni) Vertigini, astenia, cefalea, Ingestione di >0,5-1ml/kg: euforia, nausea, vomito, emesi o cauta lavanda aritmie ventricolari, gastrica; O2; assistenza paralisi, convulsioni; in respiratoria; monitoraggio caso di avvelenamento ECG (la fibrillazione 59 Toluene Toluolo Xilene cronico, anemia aplastica, ventricolare può essere leucemia precoce); diazepam per controllare le convulsioni; emotrasfusione in caso di anemia grave; non somministrare adrenalina -Benzene esacloruro Irritabilità, stimolazione Emesi immediatamente Benzene esacloruro del SNC, spasmi dopo l'ingestione; lavanda Esaclorocicloesano muscolari, atonia, gastrica; diazepam per le Lindano convulsioni toniche e convulsioni; evitare cloniche, insufficienza l'ingestione di oli, che respiratoria, edema facilitano l'assorbimento; polmonare emoperfusione con carbone attivo secondo necessità Benzina: v. Distillati del petrolio Benzodiazepine Sedazione fino al coma, Emesi; lavanda gastrica; Clordiazepossido specialmente se associate terapia di supporto; Diazepam ad alcol precauzioni nei confronti Flurazepam del suicidio; antidodi a base di flumazenil per il sovradosaggio. (Attenzione: in caso di utilizzo contemporaneo di triciclici, esiste il rischio di convulsioni.) Benzolo: v. Benzene Bicloruro di mercurio: v. Mercurio Bicromati: v. Acido cromico Bidrin: v. Organofosfati Bifentrin: v. Piretroidi Biscumacetato di etile: v. Warfarin Bisidrossicumarina: v. Warfarin Bismuto, composti Assorbimento scarso; Emesi con ipecacuana; stomatite ulcerativa, lavanda gas trica; anoressia, cefalea, assistenza respiratoria; eruzione cutanea, danno dimercaprolo tubulare renale Bisolfuro di carbonio: v. Disolfuro di carbonio b-Bloccanti Ipotensione, bradicardia, Monitorare attentamente, convulsioni, aritmie svuotare lo stomaco; in cardiache; diversi di essi presenza di sintomi, 60 Borati Acido borico sono anche agonisti 1 o glucagone 3-5mg EV o in 2 soluzione salina; eventuale uso di pacemaker Nausea, vomito, diarrea, Emesi con ipecacuana; gastroenterite emorragica, lavanda gastrica; astenia, letargia, allontanare il veleno dalla depressione del SNC, pelle; prevenire o trattare convulsioni, eruzione gli squilibri elettrolitici e cutanea ad "aragosta lo shock; tenere sotto bollita", shock controllo le convulsioni; dialisi in caso di avvelenamento grave Brandy: v. Alcol etilico Bromati: v. Clorati Bromo: v. Cloro Bromuri Nausea, vomito, eruzione Emesi con ipecacuana, cutanea (talora lavanda gastrica in caso di acneiforme), difficoltà ingestione acuta; dell'eloquio, atassia, sospendere la confusione mentale, somministrazione; comportamento psicotico, idratazione e NaCl EV per coma, paralisi promuovere una moderata diuresi; acido etacrinico (di utilità specifica); emodialisi solo in caso di avvelenamento grave Bulan: v. Idrocarburi clorurati Bupropione HCl Problemi respiratori, Carbone attivo, atassia, convulsioni benzodiazepine, misure di supporto Butile, nitrito: v. Nitriti Cadmio Contrazioni gastriche Emesi con ipecacuana; Solder gravi, vomito, diarrea; lavanda gastrica con latte secchezza della gola, o albumina; assistenza tosse, dispnea; cefalea; respiratoria; idratazione; shock, coma; urine brune, ventilazione assistita a insufficienza renale pressione positiva intermittente per l'edema polmonare; edetato calcico disodico (v. Tab.307-2); non somministrare dimercaprolo 61 Caffeina: v. Aminofillina Calce clorurata: v. Cloro Calcio-antagonisti Diltiazem Nifedipina Verapamil Calomelano: v. Mercurio Candeggina: v. Ipocloriti Canfora Oli canforati Cantaridi Cantaridina Mosca spagnola Captano: v. Idrocarburi clorurati Carbamati Aldicarb Bendiocarb Benomyl Carbarile Carbofuran Fenothiocarb Nausea, vomito, confusione mentale, bradicardia, ipotensione, collasso completo Emesi o carbone attivo appena possibile; atropina per la bradicardia; cloruro di calcio (meglio del calcio gluconato) 1-2g EV subito (nei bambini, 100mg/kg EV), ripetibile al bisogno; sostenere la PA; considerare la possibilità di un pacemaker Alito con odore di canfora, cefalea, confusione mentale, delirio, allucinazioni, convulsioni, coma Emesi con ipecacuana (evitare se le convulsioni sono imminenti), carbone attivo o lavanda gastrica; di azepam per prevenire e trattare le convulsioni; assistenza respiratoria; è in via di sperimentazione la dialisi lipidica Irritazione della cute e Evitare l'ingestione di oli; delle membrane mucose, emesi con ipecacuana; vescicole; nausea, assistenza respiratoria; vomito, diarrea ematica; trattare le convulsioni; dolore urente al dorso e mantenere il bilancio in sede uretrale; idrico; non esiste un depressione respiratoria; antitodo specifico convulsioni, coma; aborto, menorragia Effetti tossici da lievi a V. Organofosfati, tranne gravi; simili a quelli degli per la pralidossima organofosfati 62 Methiocarb Methomyl Oxamyl Propoxur Carbamazepina Depressione progressiva Misure di supporto dopo del SNC, talvolta la decontaminazione; convulsioni; raramente tenere sotto controllo la aritmie cardiache frequenza cardiaca Carbonati (di ammonio, potassio, sodio): v. Acidi e alcali Carbonio, bisolfuro: v. Disolfuro di carbonio Carbonio, diossido: v. Diossido di carbonio Carbonio, disolfuro: v. Disolfuro di carbonio Catrame: v. Distillati del petrolio Cherosene: v. Distillati del petrolio Chetoni: v. Acetone Chlorethoxyfos: v. Organofosfati Chlorothalonil: v. Idrocarburi clorurati Chlorothion: v. Organofosfati Chlorpyrifos: v. Organofosfati Cianuri Tachicardia, cefalea, La rapidità di intervento è Acido cianidrico sonnolenza, ipotensione, essenziale. Allontanare il Acido prussico coma, acidosi grave a paziente dall'origine del Cianuro di potassio rapido sviluppo, veleno, se inalato; emesi o Cianuro di sodio convulsioni; sangue lavanda gastrica Nitroprussiato venoso color rosso immediata, inalazione di Olio di mandorle amare brillante; assai nitrito di amile 0,2ml (1 Sciroppo di ciliege rapidamente letale (1capsula) per 30 s al min, selvatiche 15min) O2 al 100%, assistenza respiratoria; 10ml di nitrito di sodio al 3% EV a 2,5-5ml/min (nei bambini: 10mg/kg), poi 25-50ml di tiosolfato di sodio al 25% EV a 2,5-5ml/ min; ripetere il trattamento se la sintomatologia recidiva; kit Lilly per cianuri Ciliege selvatiche, sciroppo: v. Cianuri Cimetidina; ranitidina Lieve secchezza delle Nessun antidoto specifico mucose e sonnolenza; disponibile; tenere sotto possibile interferenza con controllo il metabolismo 63 Clonidina il metabolismo di altri farmaci somministrati contemporaneamente Sedazione; apnea periodica; ipotensione degli altri farmaci Emesi; lavanda gastrica; terapia di supporto; tolazolina EV e infusione di dopamina; naloxone 5g/ kgfino a un massimo di 2-20mg, ripetibile al bisogno Cloralio idrato Sonnolenza, confusione Emesi con ipecacuana; Cloralio amide mentale, shock, coma; lavanda gastrica; depressione respiratoria; assistenza respiratoria; danno renale, danno valutare l'ingestione epatico contemporanea di altri tossici Clorati Vomito, nausea, diarrea, Emesi con ipecacuana; Bromati cianosi lavanda gastrica; Nitrati (metaemoglobina), nefrite trasfusione in caso di Neutralizzatori delle tossica, shock, cianosi grave; evitare il permanenti per capelli convulsioni, depressione blu di metilene per i del SNC, coma, ittero clorati o i bromati; acido ascorbico; terapia dello shock; O2; eventuale dialisi per i casi complessi Clordano: v. Idrocarburi clorurati Cloro (v. anche Ipocloriti) Ingestione: irritazione, Ingestione: emesi con Bromo corrosione della cavità ipecacuana; lavanda Acqua clorata orale e del tratto GI, gastrica; terapia dello Calce clorurata possibile ulcerazione o shock Gas lacrimogeno perforazione; dolore Inalazione: O2; assistenza addominale, tachicardia, respiratoria; osservazione prostrazione, collasso per l'edema polmonare e circolatorio suo eventuale trattamento Inalazione: grave irritazione oculare e respiratoria, spasmo della glottide, tosse, senso di soffocamento, vomito; edema polmonare; cianosi Cloroanilina: v. Acetanilide Cloroformio Sonnolenza, coma; con Ingestione: emesi con 64 Etere Ossido nitroso Triclorometano l'ossido nitroso, delirio ipecacuana; lavanda gastrica; osservazione per il danno epatico e renale Inalazione: supporto alla funzione respiratoria, cardiaca e circolatoria Clorpromazina: v. Fenotiazina Clorpropamide: v. Ipoglicemizzanti orali Cloruro di cobalto: v. Ossidi di azoto Cloruro di idrogeno: v. Ossidi di azoto Cloruro di mercurio: v. Mercurio Cobalto: v. sotto Cobalto, cloruro: v. Ossidi di azoto Cocaina Stimolazione, poi Emesi precoce; carbone depressione; nausea e attivo o lavanda gastrica; vomito; perdita diazepam per l'eccitazione dell'autocontrollo, ansia, (trattamento primario); O 2, allucinazioni; assistenza respiratoria e sudorazione; difficoltà circolatoria; se necessario, respiratoria progressiva, esmololo EV, con estrema fino all'insufficienza cautela, per le aritmie; respiratoria; cianosi; osservazione per problemi insufficienza circolatoria; miocardici o polmonari convulsioni; IMA (raro); (solitamente prima attenzione agli "stuffer" e dell'arrivo in pronto ai "packer" (cioè coloro soccorso) che contrabbandano cocaina in in volucri di plastica nascosti nel tratto GI o nella vagina) Codeina: v. Narcotici Collanti per aeromodellismo, mastici (per modellismo): v. Acetone; Benzene; Distillati del petrolio Combustibile, olio: v. Distillati del petrolio Combustibili solidi in scatola: v. Alcol metilico Contaminanti atmosferici: v. Ossidi di azoto Coumaphos: v. Organofosfati Creosoto; cresoli: v. Fenoli Cromati: v. Acido cromico Cromo: v. cromati Cyfluthrin: v. Piretroidi 65 Cypermethrin: v. Piretroidi DDD (2-dicloroetano): v. Idrocarburi clorurati DDT (clorofenotano): v. Idrocarburi clorurati Deodoranti domestici: v. Naftalene; Paradiclorobenzene Depilatorie, sostanze: v. Bario, composti Desipramina: v. Antidepressivi triciclici Destroamfetamina: v. Amfetamine Detergenti, polveri: v. Acidi e alcali Detersivi per lavastoviglie: v. Acidi e alcali Diazinon: v. Organofosfati Diclorvos: v. Organofosfati Dicofol: v. Idrocarburi clorurati Dicumarolo: v. Warfarin Dieldrin: v. Idrocarburi clorurati Dietilamide dell'acido lisergico (LSD): v. Acido lisergico, dietilamide Difenossilato con atropina Letargia, nistagmo, Emesi con ipecacuana, pupille puntiformi, lavanda gastrica; carbone tachicardia, coma, de attivo; naloxone; tutti i pressione respiratoria bambini devono essere (Nota: la tossicità può tenuti sotto controllo per essere ritardata fino a 12-18h, se l'ingestione è 12h. accertata Digitale, digitossina, digossina: v. la trattazione della digitale Diidrossicumarina: v. Warfarin Dilan: v. Idrocarburi clorurati Dimethoate: v. Organofosfati Dinitrobenzene: v. Nitrobenzene Dinitro-o-cresolo Stanchezza, sete, Emesi; lavanda gastrica, Erbicidi arrossamenti cutanei; terapia infusionale; O 2; Pesticidi nausea, vomito, dolore prevedere la tossicità addominale; iperpiressia, epatica e renale; non esiste tachicardia, perdita di un antidoto specifico; coscienza; dispnea, sciacquare la cute con arresto respiratorio; detergenti assorbimento attraverso la cute Diossido di carbonio Dispnea, astenia, tinnito, Assistenza respiratoria; O 2 palpitazioni Disossido di zolfo Irritazione delle vie Allontanare il paziente Smog respiratorie; dall'area con taminata; O2; 66 Disolfuro di carbonio Bisolfuro di carbonio Distillati del petrolio Asfalto Benzina Catrame Cherosene Colla per aeromodellismo Etere di petrolio Nafta Oli lubrificanti Olio combustibile Spiritiminerali starnutazione, tosse, respirazione a pressione dispnea, edema positiva, assistenza polmonare respiratoria Alito con odore di aglio, Lavare la cute; emesi; irritabilità, astenia, lavanda gastrica; O 2; depressione maniacale, sedare con diazepam; narcosi, delirio, midriasi, supporto respiratorio e cecità, parkinsonismo, circolatorio convulsioni, coma, paralisi, insufficienza respiratoria Ingestione: bruciore alla I problemi principali sono gola e allo stomaco, conseguenti all'aspirazione vomito, diarrea; (non all'assorbimento GI), polmonite, solo se c'è pertanto lo svuotamento stata aspirazione gastrico non è indicato; Inalazione di vapori: lavanda gastrica solo in euforia; bruciore toracico; caso di depressione a cefalea, nausea, astenia; rapida insorgenza in depressione del SNC, seguito all'ingestione di confusione mentale; grandi quantità; eseguire dispnea, tachipnea, emogasanalisi per rantoli controllare il trattamento; Aspirazione: alterazioni terapia di supporto per polmonari acute precoci l'edema polmonare; O 2, assistenza respiratoria Disulfoton: v. Organofosfati Diuretici mercuriali: v. Mercurio Doxepina: v. Antidepressivi triciclici Endosulfan: v. Idrocarburi clorurati Endrin: v. Idrocarburi clorurati Erbicidi: v. Arsenico e antimonio; Dinitro-o-cresolo Eroina: v. Narcotici Esaclorocicloesano: v. g-Benzene esacloruro Esaetiltetrafosfato: v. Organofosfati Eserina: v. Fisostigmina Esfenvalerato: v. Piretroidi Esplosivi: v. Bario, composti (fuochi d'artificio); Ossidi di azoto Etanolo: v. Alcol etilico Etere: v. Cloroformio Etere di petrolio: v. Distillati del petrolio 67 Ethion: v. Organofosfati Etilico, alcol: v. Alcol etilico Famphur: v. Organofosfati FANS Nausea, vomito (in caso Ibuprofene di sovradosaggi notevoli, v. la trattazione dell'acidosi sotto Fenciclidina (PCP) "Assenza", incoscienza; ipertensione Emesi, lavanda gastrica o carbone attivo nei casi gravi; osservazione clinica e misure di supporto Trasferire in ambiente tranquillo; la vanda gastrica prolungata; propranololo e diazepam Fenacetina: v. Acetanilide Fenilpropanolamina Nervosismo, irritabilità, Terapia di supporto; ipertensione e altri effetti diazepam; fentolamina simpaticomimetici (5mg) o nitroprussiati per l'ipertensione Fenmetrazina: v. Amfetamine Fenobarbital: v. Barbiturici Fenoli Effetti corrosivi; Togliere i vestiti, lavare le Acido carbolico causticazioni delle lesioni esterne con acqua; Creosoto mucose; pallore, astenia, carbone attivo. Non Cresoli shock; convulsioni nei utilizzare alcol od Guaiacolo bambini; edema oliominerale. Emollienti; Naftoli polmonare; urine color alleviare il dolore; O 2; fumo; insufficienza assistenza cardio respiratoria, cardiaca e respiratoria; correggere lo circolatoria squilibrio idrico; osservazione per eventuale stenosi esofagea (rara) Fenotiazina Sintomatologia Emesi con ipecacuana, Clorpromazina extrapiramidale (atassia, carbone attivo o lavanda Proclorperazina spasmi muscolari e gastrica; difenidramina 2Promazina carpopedali, torcicollo), 3mg/kg EV o IM per la Trifluoperazina di solito idiosincrasica; in sintomatologia caso di sovradosaggio: extrapiramidale; diazepam xerostomia, sonnolenza, per le convulsioni; coma, ipotermia, collasso riscaldare il paziente; respiratorio; leucopenia, devono essere evitati il ittero, deficit della levarterenolo e coagulazione, eruzioni l'adrenalina; la dialisi non cutanee è di alcun beneficio 68 (bicarbonato di sodio per le tachiaritmie) Fenthion: v. Organofosfati Ferrici, sali: v. Ferro Ferro Ferro carbonile (v. Monossido di carbonio) Sali ferrici Sali ferrosi Gluconato ferroso Solfato ferroso Vitamine contenenti ferro (Nota: le forme masticabili contenenti ferro per bambini sono notevolmente sicure) Fisostigmina Eserina Neostigmina Pilocarpina Pilocarpus Fluoro: v. Ossidi di azoto Fluoruri Acido fluoridrico Floururi solubili in generale Fuoruro di ammonio Fluoruro di sodio Veleno per scarafaggi Veleno per topi Vomito, dolore ai quadranti ad dominali superiori, pallore, cianosi, diarrea, sonnolenza, shock; è preoccupante l'ingestione di >4070mg/kg di ferro elementare Vertigini, astenia, vomito, dolore crampiforme; midriasi, poi miosi; convulsioni Ingestione: sapore salato o simile a sapone; con dosi notevoli: tremori, convulsioni, depressione del SNC; shock; insufficienza renale Contatto cutaneo e mucoso: ustioni superficiali o profonde Inalazione: intensa Emesi con ipecacuana, lavanda gastrica; se la sideremia è >400500mmg/dl (>7290gmmol/l) a 3-6h dall'ingestione (e sono presenti sintomi GI), deferoxamina 1g EV (velocità massima 15mg/kg/h) o 1-2g IM q 3-12h (le urine diventano rosse entro 2h); per lo shock, deferoxamina 1g EV (velocità massima 15mg/ kg/h); limitare la terapia chelante a 24h; exsanguino-trasfusione Atropina solfato 0,6-1mg (adulti), 0,01mg/kg (bambini) SC o EV, ripetibile al bisogno (Attenzione: l'impiego della fisostigmina per neutralizzare gli anticolinergici è associato a un'incidenza di attacchi convulsivi del 15%); benzodiazepine Ingestione: emesi con ipecacuana; lavanda gastrica (lasciare nello stomaco idrossido di alluminio in gel oppure idrossido o cloruro di calcio o di magnesio); soluzione glucosata e salina EV; calcio gluconato al 10%, 10ml 69 irritazione oculare e nasale; cefalea; dispnea, senso di soffocamento, edema della glottide, edema polmonare, bronchite, polmonite; enfisema mediastinico e sottocutaneo da rottura di bolle polmonari EV (1ml/kg nei bambini); tenere sotto controllo l'ipereccitabilità miocardica; trattare lo shock e la disidratazione Contatto cutaneo e mucoso: sciacquare abbondantemente con acqua fredda; asportare il tessuto divenuto biancastro; talvolta, calcio gluconato al 10% per iniezione locale o, più spesso, intrarteriosa con applicazione di pasta all'ossido di magnesio Inalazione: O2, assistenza respiratoria; prednisone per la polmonite chimica (adulti: 30-80mg/die in dosi frazionate); trattare l'edema polmonare Fluoruro di idrogeno: v. Ossidi di azoto Fluoxetina: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina Fluvalinato: v. Piretroidi Formaldeide Ingestione: dolore orale e Ingestione: acqua o latte Formalina gastrico, nausea, vomito, per diluire; trattare lo (Nota: può contenere ematemesi, shock, shock; bicarbonato di alcol metilico) ematuria, anuria, coma, sodio per correggere insufficienza respiratoria l'acidosi; assistenza Contatto cutaneo: respiratoria; tenere in irritazione, necrosi osservazione per eventuali coagulativa; dermatite, perforazioni ipersensibilità Contatto cutaneo: lavare Inalazione: irritazione abbondantemente con oculare, nasale e acqua e sapone respiratoria; spasmo ed Inalazione: sciacquare gli edema laringeo; disfagia; occhi con soluzione bronchite, polmonite salina; O2; assistenza respiratoria Formalina: v. Formaldeide Fosfina (idrogeno fosforato): v. Solfuro di idrogeno Fosforico, acido: v. Acidi e alcali 70 Fosforo (giallo o bianco) Veleno per scarafaggi Veleno per topi (Nota: il fosforo rosso è non assorbibile e non tossico) 1° stadio: sapore simile Proteggere il paziente e il all'aglio; alito con odore personale dal vomito, dal di aglio; irritazione liquido della lavanda locale, causticazioni gastrica e dalle feci; se il cutanee e faringee, fosforo è penetrato nella nausea, vomito, diarrea cute, immergere il corpo 2° stadio: assenza di del paziente in acqua; sintomi da 8h a diversi lavanda gastrica giorni abbondante: alcuni 3° stadio: nausea, vomito, raccomandano diarrea, epatomegalia, permanganato di potassio ittero, emorragie, danno (1:5000) o solfato di rame renale, convulsioni, coma (250mg in 250ml Tossicità potenziata d'acqua); oliominerale dall'alcol, dai grassi e 100ml (per prevenire dagli oli digeribili l'assorbimento), da ripetere nelle successive 2h; prevenire lo shock; vitamina K1 EV; trasfusione con sangue fresco Fowler, soluzione: v. Arsenico e antimonio Funghi velenosi: Fuochi d'artificio: v. Bario, composti Gas: v. Ammoniaca gassosa; Cloro (gas lacrimogeno); Monossido di carbonio (gas acetilene, gas di carbon fossile, gas di palude, gas di scarico automobilistici, gas illuminante, gas per caldaie); Organofosfati (gas nervini); Solfuro di idrogeno (gas mefitico, idruri volatili) Gas acetilene: v. Monossido di carbonio Gas arsina Anemia emolitica acuta Trasfusioni; diuresi Gas di carbon fossile: v. Monossido di carbonio Gas di scarico automobilistici: v. Monossido di carbonio Gas illuminante: v. Monossido di carbonio Gas lacrimogeno: v. Cloro Gas mefitico: v. Solfuro di idrogeno Gas nervini: v. Organofosfati Gas per caldaie: v. Monossido di carbonio Gaulteria, olio: v. salicilati Glicol dietilenico: v. Glicol etilenico Glicol etilenico Ingestione: ebbrezza, ma Ingestione: emesi; lavanda Glicol dietilenico senza odore di alcol gastrica, assistenza 71 Anticongelanti permanenti all'alito; nausea, vomito; più tardi, spasmo carpopedale, dolore lombare; cristalluria da ossalati; oliguria con progressione fino all'anuria e all'insufficienza renale acuta; difficoltà respiratoria, convulsioni, coma Contatto oculare: iridociclite Glipizide: v. Ipoglicemizzanti orali Gluconato ferroso: v. Ferro Glutetimide Sonnolenza, areflessia, midriasi, ipotensione, depressione respiratoria, coma Guaiacolo: v. Fenoli H2 antagonisti Problemi GI minori; possibili alterazioni della concentrazione di altri farmaci Heptachlor: v. Idrocarburi clorurati Idrocarburi: v. Benzene Idrocarburi alogenati: v. Idrocarburi clorurati Idrocarburi clorurati Effetti tossici da lievi Aldrin (p.es. metossicloro) a Benzene esacloruro gravi (p.es. dieldrin); Bulan vomito (immediato o Captan tardivo); parestesie; Chlorothalonil malessere generale; Clordano tremori grossolani, DDD (2-dicloroetano) convulsioni; edema DDT (clorofenotano) polmonare, fibrillazione respiratoria, correggere lo squilibrio elettrolitico (gap anionico); etanolo (v. la terapia dell'avvelenamento da alcol metilico); fomepizolo 15mg/kg EV subito, 10mg/kg q 12h per 4 volte più dialisi in caso di livelli ematici >50mg/dl (per inibire la conversione del glicol etilenico in metaboliti tossici da parte dell'alcol deidrogenasi) Contatto oculare: sciacquare gli occhi Emesi con ipecacuana; lavanda gas trica, carbone attivo; assistenza respiratoria, mantenere l'equilibrio idroelettrolitico; l'emodialisi può essere di aiuto; trattare lo shock Misure di supporto non specifiche Emesi; lavanda gastrica, in assenza di convulsioni, o carbone attivo; diazepam o fenobarbital per prevenire e controllare i tremori e le convulsioni; evitare l'adrenalina e gli stimoli improvvisi; liquidi parenterali; tenere sotto 72 Dicofol ventricolare, insufficienza controllo la funzionalità Dieldrin respiratoria epatica e renale; assistenza Dienochlor cardiorespiratoria Dilan Endosulfan Endrin Heptachlor Lindano Metossicloro Perclordecone Prolan Toxafene Altri insetticidi organici e composti industriali clorurati Idrogeno, cloruro e fluoruro: v. Ossidi di azoto Idrogeno, solfuro: v. Solfuro di idrogeno Idrogeno fosforato (fosfina): v. Solfuro di idrogeno Idrossido di sodio (soda caustica): v. Acidi e alcali Idruri volatili: v. Solfuro di idrogeno Imipramina: v. Antidepressivi triciclici Inibitori selettivi del Sonnolenza; interazione Emesi, lavanda gastrica o reuptake della serotonina con l'alcol, gli inibitori carbone attivo nei casi Fluoxetina della monoamino ossidasi gravi; misure di supporto Paroxetina e altri farmaci Sertralina Insetticidi: v. Idrocarburi clorurati; Organofosfati; Paradiclorobenzene; Piretroidi Iodio Dolore urente alla bocca Latte, amido o farina PO; e all'esofago; colorazione lavanda gastrica; liquidi brunastra delle mucose; ed elettroliti; trattare lo edema laringeo; vomito; shock; tracheostomia per dolore addominale, l'edema laringeo diarrea; shock, nefrite, collasso circolatorio Iodioformo Dermatite; vomito; Ingestione: emesi o Triiodometano depressione del SNC, lavanda gastrica; eccitazione; coma; assistenza respiratoria difficoltà respiratoria Contatto cutaneo: lavare con bicarbonato di sodio o alcol Iosciamina, iosciamo, ioscina (scopolamina): v. Belladonna Ipocloriti Di solito, lieve dolore e Diluire con latte (gli 73 Candeggina, cloro Acqua di Javelle Ipoglicemizzanti orali Clorpropamide Glipizide infiammazione della mucosa orale e GI; tosse, dispnea, vomito; eruzione cutanea vescicolare abituali preparati domestici al 6% non richiedono molto di più); trattare lo shock; esofagoscopia in caso di ingestione di preparati concentrati La maggior parte dei Emesi, lavanda gastrica o pazienti rimane carbone attivo nei casi asintomatica; in alcuni gravi; alimentazione compare ipoglicemia, più frequente (non negli adulti che nei esclusivamente zucchero) bambini e stretta osservazione del comportamento; in caso di sovradosaggi notevoli, misurazione della glicemia Isofenfos: v. Organofosfati Isoniazide Stimolazione del SNC, convulsioni, ottundimento del sensorio, coma Emesi; lavanda gastrica; sedare con diazepam; piridossina (1mg ognimg di isoniazide ingerito) fino a 200mg EV lentamente per le convulsioni, ripetibile al bisogno; bicarbonato di sodio per l'acidosi (di rado necessario) Isopropilico, alcol: v. Alcol isopropilico Javelle, acqua: v. Ipocloriti Lacrimogeno, gas: v. Cloro Lambda-cyhalothrin: v. Piretroidi Lindano: v.-Benzene esacloruro; Idrocarburi cloridrati Liquore: v. Alcol etilico Liscivia: v. Acidi e alcali (idrossido di sodio) Litio, sali Nausea, vomito, diarrea, Acuto: emesi; diazepam; tremori, sonnolenza, eventuale dialisi insufficienza renale, Cronico: ridurre la dose; diabete insipido terapia di supporto LSD (dietilamide dell'acido lisergico): v. Acido lisergico, dietilamide Malathion: v. Organofosfati Manganese: v. metalli pesanti 74 Mefitico, gas: v. Solfuro di idrogeno Meperidina: v. Narcotici Meprobamato: v. Barbiturici Mercurio Acuto: gastroenterite Bicloruro di mercurio grave, dolore urente alla Calomelano bocca, scialorrea, dolore Cloruro di mercurio addominale, vomito; Diuretici mercuriali colite, nefrosi, anuria, Mercurio ammoniacato uremia; causticazioni Mertiolato cutanee da mercuriali Sublimato corrosivo alchilici e fenilici Tutti i composti Cronico: gengivite, mercuriali disturbi mentali, deficit Vapori di mercurio neurologici Vapori di mercurio: polmonite grave Mercurio ammoniacato: v. Mercurio Mertiolato: v. Mercurio. Di solito non dà problemi Metadone: v. Narcotici Metaldeide Nausea, vomito e conati Veleno per lumache di vomito, dolore addominale, rigidità muscolare, iperventi lazione, convulsioni, coma Metalli V. i singoli metalli Metamfetamina: v. Amfetamine Metanolo: v. Alcol metilico Methidathion: v. Organofosfati Metil parathion: v. Organofosfati Metossicloro: v. Idrocarburi clorurati Metilico, alcol: v. Alcol metilico Metilsalicilato: v. salicilati Monossido di carbonio La tossicità varia con la Ferro carbonile durata dell'esposizione, la Gas acetilene concentrazione inalata, la Gas di carbon fossile frequenza cardiaca e Gas di palude respiratoria; la Gas di scarico sintomatologia varia con automobilistici la % di Gas illuminante carbossiemoglobina nel Lavanda gastrica, carbone attivo; penicillamina (o succimero); mantenere l'equilibrio idroelettrolitico; emodialisi per l'insufficienza renale; osservazi one per eventuali perforazioni GI Contatto cutaneo: lavare con acqua e sapone Polmoni: terapia di supporto Emesi, nel caso in cui non avvenga spontaneamente; terapia di supporto; diazepam O2 al 100% in maschera; assistenza respiratoria se necessario; determinare immediatamente il livello di carbossiemoglobina; evitare tutti gli stimolanti; l'O2 iperbarico è probabilmente efficace se 75 Gas per caldaie sangue; cefalea, vertigini, dispnea, confusione mentale, midriasi, convulsioni, coma Morfina: v. Narcotici Nafta: v. Distillati del petrolio Naftalene (v. anche Ingestione: crampi Paradiclo robenzene) addominali, nausea, Antitarme vomito; cefalea, Naftalina confusione mentale; Tavolette deodoranti disuria; emolisi intravascolare; convulsioni; anemia emolitica nei soggetti con deficit di G6PD Contatto cutaneo: dermatite, ulcerazioni corneali Inalazione: cefalea, confusione mentale, vomito, dispnea Naftalina: v. Naftalene Naftoli: v. Fenoli Naled: v. Organofosfati Narcotici Pupille puntiformi, Alfaprodina sonnolenza, respiro Codeina superficiale, spasticità, Eroina insufficienza respiratoria Meperidina Metadone Morfina Oppio Propossifene la carbossiemoglobina è >25% circa; valore principale probabilmente a livello del citocromo Ingestione: emesi con ipecacuana, lavanda gastrica; emotrasfusione in caso di emolisi grave; alcalinizzare le urine per l'emoglobinuria; controllare le convulsioni Contatto cutaneo: togliere i vestiti se sono stati tenuti in naftalina; sciacquare la cute e gli occhi Non somministrare emetici. Lavanda gastrica, carbone attivo, assistenza respiratoria; naloxone 5g/ kg EV per risvegliare il paziente e migliorare la respirazione; se il paziente non risponde, naloxone 220mg (eventualmente ripetibile fino a 1020volte); liquidi EV per sostenere la circolazione Neostigmina: v. Fisostigmina Nichel: v. metalli Nicotina: v. Tabacco Nitrati: v. Clorati Nitrato di argento: v. Argento, sali 76 Nitrico, acido: v. Acidi e alcali Nitriti Metaemoglobinemia, Nitrito di amile cianosi, anossia, disturbi Nitrito di butile GI, vomito, cefalea, Nitrito di potassio vertigini, ipotensione, Nitrito di sodio insufficienza respiratoria, Nitroglicerina coma Nitrito di amile: v. Nitriti Nitrito di butile: v. Nitriti Nitrito di potassio: v. Nitriti Nitrito di sodio: v. Nitriti Nitrobenzene Dinitrobenzene Olio di mandorle amare artificiale Emesi con ipecacuana, lavanda gastrica; O 2; per la metaemoglobinemia, blu di metilene all'1% 12mg/kg EV lentamente; in caso di metaemoglobina >40%, trasfusione con sangue intero Odore di mandorle amare V. Acetanilide (simile a quello dei cianuri), sonnolenza, cefalea, vomito, atassia, nistagmo, urine marroni, movimenti convulsivi, delirio, cianosi, coma, arresto respiratorio Nitroglicerina: v. Nitriti Nitroso, ossido: v. Cloroformio Nortriptilina: v. Antidepressivi triciclici Octametil pirofosforamide: v. Organofosfati Oli: v. Acetalinide (olio di anilina); Distillati del petrolio (olio combustibile, oli lubrificanti) Oli lubrificanti: v. Distillati del petrolio Olio combustibile: v. Distillati del petrolio Olio di Gaulteria: v. salicilati Olio di mandorle amare artificiale: v. Nitrobenzene Oppio: v. Narcotici Organofosfati Nausea, vomito, crampi Togliere i vestiti, lavare e 77 Acefato addominali, scialorrea; Bidrin aumento delle secrezioni Chlorethoxyfos polmonari, cefalea, Chlorothion rinorrea, offuscamento Chlorpyrifos della vista, miosi; Coumaphos difficoltà dell'eloquio, Demeton confusione mentale; Diazinon difficoltà respiratoria, Diclorvos schiuma alla bocca; Dimetoato coma; assorbimento per Disulfoton contatto cutaneo, Ethion inalazione o ingestione Famphur Fenthion Forato Fosdrin Fosmet Gas nervini Esaetiltetrafosfato Isofenfos Malathion Methidathion Metil parathion Naled Octametil pirofosforamide Ossidemeton-metile Parathion Pirimifos-metile Temefos Terbufos Tetraclorvinfos Triclorfon Oro, sali: v. oro e composti dell'oro Ossalati:v. Acido ossalico Ossalico, acido: v. Acido ossalico Ossidi di azoto (v. anche Sintomatologia ad Cloro, Diossido di zolfo, esordio ritardato, salvo in Solfuro di idrogeno ) caso di concentrazioni Cloruro di cobalto elevate; altri gas irritanti Cloruro di idrogeno danno sintomi di Contaminanti dell'aria avvertimento (bruciore che formano ossidanti locale a livello delle sciacquare la cute; svuotare lo stomaco; atropina 2mg (adulti), 0,01-0,05mg/ kg (bambini) EV o IM q 1560min (in assenza di segni di tossicità da atropina, ripetere al bisogno); pralidossima cloruro 1-2g (adulti), 20-40mg/kg (bambini) EV in 1530min, ripetibile in 1h se necessario; O2; assistenza respiratoria; correggere la disidratazione. Non usare morfina o aminofillina. Il personale deve evitare l'autocontaminazione Riposo a letto: O 2 appena com paiono i sintomi; in caso di eccessiva secrezione schiumosa polmonare: aspirazione, drenaggio posturale, tracheostomia; prednisone 78 atmosferici; liberati dai mucose oculari, nasali e combustibili dei missili, faringee; astenia, tosse, dagli esplosivi e dai dispnea, edema rifiuti agricoli polmonare; più tardi, Fluoro bronchite, polmonite) Fluoruro di idrogeno Ossido nitroso: v. Cloroformio Oxydemeton-methyl: v. Organofosfati Palude, gas: v. Monossido di carbonio Paracetamolo Iniziale: spesso asintomatico; lieve nausea, vomito, sudorazione, pallore; segni iniziali di epatotossicità; oliguria Successiva (dopo 2448h): nau sea e vomito protratto, dolore in ipocondrio destro, ittero, difetti della coagulazione, ip oglicemia, encefalopatia, in sufficienza epatica, insufficienza renale, possibile miocardiopatia Paradiclorobenzene Antitarme Deodoranti per sanitari Insetticidi Paraldeide Paraquat 30-80mg/die (adulti) o desametasone 1mg/m2 ASC (bambini) per prevenire la fibrosi polmonare Emesi; lavanda gastrica e/o carbone attivo; dosaggio dei livelli plas matici del farmaco a 4h a fini prognostici: danno epatico possi bile se >160200g/ml (>1060- 1320 mol/l) e quasi certo se >300mg/ml (1980mol/l); entro 1848h dall'avvelenamento, acetilcisteina (Solmucol) 140mg/ kg PO all'inizio, poi 70mg/kg PO q 4h per 4-18dosi per prevenire un'epatotossicità significativa Dolore addominale, Emesi con ipecacuana, nausea, vomito, diarrea, lavanda gastrica; convulsioni, tetania reintegrare i liquidi; diazepam per controllare le convulsioni Alito con odore di Ingestione: emesi con paraldeide, incoerenza, ipecacuana, lavanda miosi, ipoventilazione, gastrica; O2, assistenza coma respiratoria Immediata: dolore GI e Emesi, terra di Fuller più vomito solfato di sodio; O 2 in Entro 24h: insufficienza quantità limitate; respiratoria (il diquat non consultare un centro provoca alterazioni antiveleni o il fabbricante respiratorie) del prodotto Parathion: v. Organofosfati 79 Paroxetina: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina Pentobarbital: v. Barbiturici Perclordecone: v. Idrocarburi clorurati Permanente per capelli, neutralizzanti: v. Clorati Permanganato di potassio Discromia bruna e Lavanda gastrica, causticazioni della emollienti; mantenere mucosa orale, edema l'equilibrio idrico della glottide; ipotensione; interessamento renale Permethrin: v. Piretroidi Pesticidi: v. Arsenico e antimonio; Bario, composti; Dinitro-o-cresolo; Fluoruri; Fosforo; Idrocarburi clorurati; Organofosfati; Paradiclorobenzene; Piretroidi; Tallio, sali; Warfarin Phorate: v. Organofosfati Phosdrin: v. Organofosfati Phosmet: v. Organofosfati Pilocarpina, Pilocarpus: v. Fisostigmina Piombo Ingestione acuta: sete, Sali di piombo dolore addominale Solder urente, vomito, diarrea, Alcune vernici e sintomatologia a carico superfici verniciate del SNC come per l'inalazione acuta Inalazione acuta: insonnia, cefalea, atassia, mania, convulsioni Encefalopatia da piombo Piombo tetraetile Inalazione di vapori, Terapia di supporto, p.es. assorbimento cutaneo e diazepam, clorpromazina, ingestione: liquidi ed elettroliti; sintomatologia a carico eliminare l'origine del del SNC (insonnia, veleno agitazione, atassia, ideazione monotematica, mania, convulsioni) Piretrina: v. Piretroidi Piretroidi Risposta allergica In caso di ingestione di Bifenthrin (comprese reazioni quantità considerevoli, Cyfluthrin anafilattiche e emesi se il paziente è Cypermethrin ipersensibilità cutanea) vigile; altrimenti, Esfenvalerato nelle persone intubazione endotracheale 80 Fluvalinato ipersensibili; altrimenti, Lambda-cyhalothrin bassa tossicità, a meno Permethrin che il veicolo non sia un Pyrethrin distillato del petrolio Resmethrin Sumithrin Tefluthrin Tetramethrin Pirimifos-metile: v. Organofosfati Potassa: v. Acidi e alcali (idrossido di potassio) Potassio, carbonato: v. Acidi e alcali Potassio, cianuro: v. Cianuri Potassio, idrossido: v. Acidi e alcali Potassio, nitrito: v. Nitriti Potassio, permanganato: v. Permanganato di potassio Proclorperazina: v. Fenotiazina Prolan: v. Idrocarburi clorurati Promazina: v. Fenotiazina Propossifene: v. Narcotici Propranololo Confusione mentale e convulsioni Protriptilina: v. Antidepressivi triciclici Prussico, acido: v. Cianuri Radio: Rame: Rame, sali Vomito, sensazione di Acetato, subacetato e bruciore, sapore solfato rameico metallico, diarrea, dolore, Cloruro e ossido shock, ittero, anuria, rameoso convulsioni Sali di zinco Resmethrin: v. Piretroidi Resorcinolo (resorcina) e lavanda gastrica; lavare accuratamente la cute Emesi; lavanda gastrica; terapia di supporto; sedare con diazepam; pacemaker e glucagone (0,05mg/ kg subito più 2-5mg/h) Emesi; lavanda gastrica; penicillamina o dimercaprolo; mantenere l'equilibrio idroelettrolitico; assistenza respiratoria; controllare il tratto GI; terapia dello shock, controllare le convulsioni; tenere sotto controllo la funzionalità epatica e renale Vomito, vertgini, tinniti, Emesi o lavanda gastrica; 81 brividi, tremore, delirio, assistenza respiratoria convulsioni, depressione respiratoria, coma Sali d'oro: v. oro Sali di litio: v. Litio, sali Sali di piombo: v. Piombo Sali di rame: v. Rame, sali Sali di tallio: v. Tallio, sali Sali ferrici: v. Ferro Salicilati: v. antinfiammatori non steroidei Salicilico, acido: v. salicilati Sciroppo di ciliege selvatiche: v. Cianuri Scopolamina (ioscina): v. Belladonna Secobarbital: v. Barbiturici Segale cornuta, alcaloidi: v. Alcaloidi della segale cornuta Selenio: Serotonina, inibitori selettivi del reuptake: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina Sertralina: v. Inibitori selettivi del reuptake della serotonina Sgorganti per scarichi domestici e sanitari: v. Acidi e alcali Smog: v. Diossido di zolfo Soda caustica: v. Acidi e alcali (idrossido di sodio) Sodio, carbonato: v. Acidi e alcali Sodio, cianuro: v. Cianuri Sodio, fluoruro: v. Fluoruri Sodio, idrossido: v. Acidi e alcali Sodio, nitrito: v. Nitriti Sodio, salicilato: v. salicilati Solder: v. Cadmio; Piombo Solfato ferroso: v. Ferro Solforico, acido: v. Acidi e alcali Solfuri di alcali: v. Solfuro di idrogeno Solfuro di idrogeno "Occhio da gas" O2, assistenza respiratoria; Fosfina (cheratocongiuntivite nitrito di amile e nitrito di Gas mefitico subacuta), lacrimazione e sodio come per i cianuri Idruri volatili bruciore; tosse, dispnea, (non somministrare Solfuri di alcali edema polmonare; tiosolfato) causticazioni cutanee, eritema, dolore; salivazione profusa, 82 nausea, vomito, diarrea; confusione mentale, vertigini; collasso e perdita di coscienza improvvisi Soluzione di Fowler: v. Arsenico e antimonio Solvente per smalto per unghie: v. Acetone Solventi per collanti per aeromodellismo: v. Acetone; Benzene; Distillati del petrolio Solventi per vernici: v. Distillati del petrolio (spiriti minerali); Trementina Spiritiminerali: v. Distillati del petrolio Stibofene: v. Arsenico e antimonio Stramonio: v. Belladonna Stricnina Agitazione, iperacuità Isolare il paziente e uditiva e visiva, altri limitare gli stimoli per problemi; convulsioni prevenire le convulsioni; scatenate da stimoli carbone attivo PO; minimi, completo diazepam e curarici EV rilassamento muscolare per controllare le tra un attacco convulsivo convulsioni; assistenza e l'altro; sudorazione; respiratoria; diuresi acida arresto respiratorio con cloruro di ammonio o acido ascorbico; lavanda gastrica dopo il controllo delle convulsioni Sublimato corrosivo: v. Mercurio Sumithrin: v. Piretroidi Superwarfarin: v. Warfarin Tabacco Eccitazione, confusione Emesi con ipecacuana, Nicotina mentale, contrazioni lavanda gastrica; carbone muscolari, astenia, attivo; assistenza crampi addominali, respiratoria; O2; diazepam convulsioni cloniche, per le convulsioni; lavare depressione, tachipnea, accuratamente la cute, se palpitazioni, collasso, contaminata coma, paralisi del SNC, insufficienza respiratoria Tallio, sali (usati un tempo Dolore addominale Emesi con ipecacuana, nei veleni per formiche, topi (colico), vomito (talvolta lavanda gastrica; trattare e sca rafaggi) ematico), diarrea (talvolta lo shock; diazepam per ematica), stomatite, controllare le convulsioni; scialorrea; tremori, dolori la terapia chelante è allo 83 agli arti inferiori, stadio sperimentale; parestesie, polineuriti, consultare un centro paralisi oculare e facciale; antiveleni per le delirio, convulsioni, informazioni più recenti insufficienza respiratoria; perdita dei capelli circa 3sett dopo l'avvelenamento Tartaro emetico: v. Arsenico e antimonio Tefluthrin: v. Piretroidi Temefos: v. Organofosfati Terbufos: v. Organofosfati Teofillina: v. Aminofillina Tetraclorvinfos: v. Organofosfati Tetracloruro di carbonio Nausea, vomito, dolore Lavare la cute; emesi o Liquidi detergenti (non addominale, cefalea, lavanda gastrica; O 2; infiammabili) confusione mentale, assistenza disturbi visivi, cardiorespiratoria; depressione del SNC, monitorare la funzionalità fibril lazione ventricolare, epatica e renale e trattare danno renale, danno ade guatamente; evitare epatico alcol, adrenalina, efedrina e cimetidina Tetramethrin: v. Piretroidi Tiroxina La maggior parte dei Emesi; osservazione a pazienti è asintomatica; casa; diazepam; eventuali raramente, irritabilità preparati antitiroidei e ingravescente che propranololo, progredisce verso la crisi esclusivamente se tireotossica in 5-7gg compare sintomatologia Toluene, toluolo: v. Benzene Toxafene: v. Idrocarburi clorurati Trementina Odore di trementina; Emesi (nel paziente vigile) Solvente per vernici dolore orale e addominale in caso di ingestione di Vernici urente, tosse, senso di >1-4 oz; lavanda gastrica; soffocamento, assistenza respiratoria; O 2; insufficienza respiratoria; controllare il dolore; nefrite tenere sotto controllo la funzionalità renale Triclorometano: v. Cloroformio Trifluoperazina: v. Fenotiazina 84 Triiodometano: v. Iodoformio Triossido di cromo: v. Acido cromico Tungsteno: Valproico, acido: v. Acido valproico Vanadio: Vapori di mercurio: v. Mercurio Veleno per formiche: v. Idrocarburi clorurati (DDT); Sali di tallio Veleno per lumache: v. Metaldeide Veleno per scarafaggi: v. Fluoruri; Fosforo; Tallio, sali Veleno per topi: v. Bario, composti; Fluoruri; Fosforo; Tallio, sali; Warfarin Verde di Parigi: v. Arsenico e antimonio Vernici: v. Alcol metilico; Piombo; Trementina Warfarin L'ingestione singola non Vitamina K1 per le Biscumacetato di etile è peri colosa; i manifestazioni Bisidrossicumarina sovradosaggi multipli emorragiche, fino a che il Dicumarolo provocano coagulopatia, tempo di protrombina non Superwarfarin ma la maggior parte dei si normalizza; trasfusioni sovradosaggi non ha con sangue fresco, se conseguenze, anche con i necessario super-warfarin Whiskey: v. Alcol etilico Xilene: v. Benzene Zinco: Zinco, sali: v. Rame, sali Zolfo, diossido: v. Diossido di zolfo FARMACODINAMICA e RECETTORI FARMACODINAMICA Studio degli effetti biochimici e fisiologici dei farmaci e dei loro meccanismi di azione. Molti farmaci producono risposte farmacologiche interagendo (legandosi) con macromolecole specifiche, solitamente proteine complesse, sulla superficie o all‘interno delle cellule. Alcune classi di farmaci reagiscono direttamente con sostanze non proteiche endogene o esogene; rientrano in questa categoria alcuni farmaci chemioterapici antitumorali che interagiscono con gli acidi nucleici, i farmaci chelanti dei metalli (p. es., l‘edetato disodico di calcio, il dimercaprolo, la deferoxamina) e gli antiacidi utilizzati per neutralizzare chimicamente l‘acidità gastrica. 85 INTERAZIONI FARMACO-RECETTORE Pochi farmaci, se non nessuno, possiedono specificità assoluta, ma la maggior parte è dotata di relativa selettività; p. es., l‘atropina inibisce le azioni dell‘acetilcolina sulle ghiandole esocrine e sulla muscolatura liscia, ma non quelle sulla muscolatura scheletrica. L‘azione di tali farmaci selettivi è dovuta al loro legame fisico-chimico con componenti cellulari denominati recettori. I recettori fisiologici sono macromolecole implicate nella trasmissione chimica dei segnali tra una cellula e l‘altra e all‘interno delle cellule. Una molecola che si lega a un recettore è definita ligando. Quando un ligando (ormone, neurotrasmettitore, messaggero intracellulare o farmaco esogeno) si combina con un recettore, la funzione cellulare viene modificata ; ciascun ligando può interagire con più sottotipi di recettori. I recettori attivati regolano direttamente o indirettamente i processi biochimici cellulari (p. es., la conduttanza ionica, la fosforilazione proteica, la trascrizione del DNA). In molti casi, i recettori situati all‘interno della membrana cellulare sono accoppiati per mezzo di proteine leganti il guanin nucleotide (proteine G) con vari sistemi effettori cui partecipano molecole intracellulari che funzionano da secondi messaggeri. I recettori sono strutture dinamiche, influenzate sia da fattori esterni sia da meccanismi regolatori intracellulari. La up-regulation e la down-regulation dei recettori riguardano fenomeni di adattamento ai farmaci i quali possiedono importanti implicazioni cliniche (desensibilizzazione, tachifilassi, tolleranza, resistenza acquisita, ipersensibilità da sospensione). Le specifiche regioni molecolari delle macromolecole recettoriali alle quali si lega il ligando vengono dette siti di riconoscimento. Un farmaco può interagire a livello dello stesso sito con il quale interagisce un agonista endogeno (ormone o neurotrasmettitore), oppure a livello di un sito diverso. Gli agonisti che si legano a siti adiacenti o differenti sono talvolta denominati agonisti allosterici. I farmaci vengono legati anche in modo non specifico, cioè a livello di siti molecolari non connotati come recettori (p. es., le proteine plasmatiche). La teoria recettoriale dei farmaci, basata sulla legge dell‘azione di massa, è in qualche modo paragonabile alle analisi cinetiche dell‘interazione e dell‘inibizione tra enzimi e substrati. Molti meccanismi biochimici dei farmaci possono essere studiati nell‘ambito di questo modello di riferimento (p. es., le interazioni tra aspirina e inibitore della prostaglandina sintetasi, tra neostigmina e inibitore della colinesterasi, tra selegilina e inibitore della monoaminossidasi B). La teoria recettoriale dei farmaci include i concetti di affinità (la probabilità che un farmaco occupi un recettore in un determinato momento) e di efficacia intrinseca (attività intrinseca), che esprime le complesse associazioni tra la concentrazione del farmaco o del ligando, gli stati di attivazione dei recettori e la risposta funzionale cellulare o tissutale. Le funzioni fisiologiche (p. es., la contrazione, la secrezione) sono regolate da meccanismi multipli mediati da recettori e di conseguenza possono essere modulate da stimoli molecolari differenti. Tra l‘interazione molecolare iniziale farmacorecettore e la risposta finale tissutale od organica vi può essere l‘interposizione di 86 diverse tappe (che coinvolgono p. es., l‘accoppiamento recettoriale e l‘intervento di secondi messaggeri intracellulari multipli). La densità dei recettori e l‘efficienza dei meccanismi di risposta allo stimolo variano da tessuto a tessuto. La teoria dell‘occupazione precoce dei farmaci assumeva che una risposta farmacologica fosse direttamente proporzionale all‘occupazione dei recettori; si riteneva che quando tutti i recettori fossero stati occupati o attivati si verificasse un effetto massimale. La teoria attuale prevede il coinvolgimento di processi cinetici (velocità di inizio/fine) relativi all‘occupazione del recettore da parte del ligando, di stati di attivazione multipli dei recettori (attivo/inattivo) e della mancanza di un‘evidente proporzionalità tra l‘occupazione del recettore da parte del ligando e la risposta finale tissutale od organica. In questi modelli vengono prese in considerazione le variazioni nell‘efficienza della trasduzione del segnale (meccanismi di amplificazione cellulare) e l‘esistenza dei recettori di riserva, degli agonisti parziali e degli agonisti inversi (v. oltre). I farmaci agonisti interagiscono con i recettori in modo da modificare la proporzione dei recettori attivati, modificando così l‘attività cellulare. Gli agonisti convenzionali aumentano la proporzione dei recettori attivati; gli agonisti inversi la riducono. Molti ormoni e neurotrasmettitori (p. es., l‘acetilcolina, l‘istamina, la norepinefrina) e molti farmaci (p. es., la morfina, la fenilefrina, l‘isoproterenolo) agiscono come agonisti. Gli antagonisti interagiscono selettivamente con i recettori, ma non determinano un effetto osservabile; essi riducono l‘azione di un‘altra sostanza (l‘agonista) a livello del sito recettoriale interessato. Gli antagonisti recettoriali sono quindi dotati di affinità ma sono privi di efficacia intrinseca. Gli analoghi strutturali delle molecole degli agonisti possiedono frequentemente proprietà bivalenti agoniste e antagoniste; tali farmaci sono definiti agonisti parziali (a bassa efficacia). Per esempio, per i recettori b-adrenergici di alcuni tessuti, l‘isoproterenolo è un agonista completo e il prenalterolo è un agonista parziale. Un farmaco che agisce come agonista parziale a livello di un tessuto può agire come agonista completo a livello di un altro tessuto. Gli antagonisti recettoriali possono essere classificati come reversibili o irreversibili. Gli antagonisti reversibili si dissociano facilmente dal loro recettore; gli antagonisti irreversibili formano con esso un legame chimico stabile (come avviene p. es., nell‘alchilazione). Gli antagonisti pseudoirreversibili si dissociano lentamente dal loro recettore. Nell‘antagonismo competitivo, il legame dell‘agonista e dell‘antagonista è reciprocamente esclusivo, probabilmente perché entrambi gli agenti si legano allo stesso sito recettoriale. Nell‘antagonismo non-competitivo, l‘agonista e l‘antagonista possono venire legati contemporaneamente, ma il legame dell‘antagonista riduce o inibisce l‘azione dell‘agonista. Nell‘antagonismo competitivo reversibile, l‘agonista e l‘antagonista formano legami di breve durata con il recettore e tra agonista, antagonista e recettore viene raggiunto uno stato di equilibrio. Tale antagonismo può essere superato aumentando la concentrazione dell‘agonista; in altre parole, l‘antagonismo è sormontabile. Per esempio il naloxone, un antagonista dei recettori per gli oppioidi strutturalmente simile alla morfina, dotato di scarsa o nulla attività morfino-simile, blocca gli effetti della morfina quando viene 87 somministrato prima o dopo di essa. Tuttavia, l‘antagonismo competitivo del naloxone può essere superato somministrando una maggiore quantità di morfina. RELAZIONE DOSE-RISPOSTA Corrispondenza tra la quantità di farmaco somministrata e l‘entità della risposta suscitata. La relazione dose-risposta ha implicazioni molto importanti per le decisioni terapeutiche e la farmacologia sperimentale. Il rapporto dose-risposta viene tipicamente descritto con un grafico nel quale l‘effetto misurato (risposta) viene riportato sull‘asse delle ordinate e la dose o una funzione della dose (p. es., il suo log10) viene riportato sull‘asse delle ascisse. Poiché un effetto farmacologico è una funzione sia della dose (o concentrazione) sia del tempo, un grafico di questo tipo descrive la relazione dose-risposta in maniera indipendente dal tempo. Gli effetti misurati vengono frequentemente registrati come punti di massimo al momento dell‘effetto di picco o allo stato stazionario (p. es., durante l‘infusione EV continua). Gli effetti farmacologici possono essere quantificati a livello molecolare, cellulare, tissutale, organico, di apparato o dell‘intero organismo. Una curva dose-risposta ipotetica possiede caratteristiche variabili : potenza (posizione della curva lungo l‘asse della dose), efficacia massima o effetto massimo (la più intensa risposta raggiungibile) e pendenza (variazione della risposta per unità di dose). Esiste anche una variazione biologica (variazione dell‘intensità della risposta tra individui di controllo appartenenti alla stessa popolazione ai quali è stata somministrata la stessa dose di farmaco). Costruire curve dose-risposta per farmaci che vengono studiati in condizioni sperimentali identiche può essere di aiuto per confrontare i loro profili farmacologici . I RECETTORI DEI FARMACI Il recettore è 1 molecola cellulare con cui 1 farmaco agisce per generare 1 effetto biologico. I recettori sono di natura proteica e si dividono, in base alla localizzazione nella cellula, in 2 classi : - MEMBRANATICI, sono cioè localizzati sulla membrana cellulare di 1 cellula (es. nella membrana post-sinaptica di 1 neurone) e sono attivati da 1 neurotrasmettitore o da 1 sostanza poco lipofila o ionizzata, la quale non puo‘ permeare la membrana citoplasmatica e non puo‘ entrare nella cellula x esplicare i suoi effetti cellulari. Sono membranatici anche i cosiddetti ―autorecettori‖, che sono recettori localizzati nella membrana pre-sinaptica, regolanti il rilascio di neurotrasmettitore (vedremo e capiremo poi perché sono collegati con 1 Gi\Go) - CITOSOLICI, se si trovano all‘ interno del citosol o nel nucleo. Essi sono attivati da molecole lipofile, capaci di permeare la membrana citoplasmatica e di raggiungere il citosol, come Corticosteroidi, i Glucocorticoidi (che interagiscono 88 con recettori nel citoplasma; Ormoni Tiroidei, Estrogeni, Progesterone, Androgeni, Vitamina D, Vitamina A (quest‘ultimi interagiscono direttamente con recettori nucleari) RECETTORI CITOSOLICI Gli ormoni Steroidei, tiroidei, levitamine D e A grazie alla loro struttura altamente lipofila , agiscono tramite recettori localizzati a livello intracellulare. I recettori intracellulari hanno 1 organizzazione molecolare molto simile: sono tutti caratterizzati da 1 unica catena polipeptidica con due domini funzionali particolarmente conservati (zone ad alta conservazione di amminoacidi ) tra i diversi membri della famiglia: a) il dominio legante l‘ormone e di dimerizzazione b) il dominio che si lega al DNA Si dividono in : - Recettori Nucleari: sono i recettori x gli Estrogeni, Progesterone, Androgeni, Vitamina D, Vitamina A, Ormoni Tiroidei. Tali recettori 1 volta sintetizzati a livello del reticolo citoplasmatico, sono trasportati all‘interno del nucleo, per poi interagire con i suddetti attivatori ; - Recettori citoplasmatici: sono i recettori dei Glucocorticoidi e dei Mineralcorticoidi. Essi sono recettori localizzati nel citoplasma, che traslocano nel nucleo solo in seguito ad attivazione da parte del ligando. Ecco come avviene la trasduzione del segnale: a) I legandi permeano la membrana citoplasmatica e legano il recettore attivandolo; b) Il compesso ligando-recettore subisce 1 modificazione conformazionale. Tale modificazione è in parte indotta dall‘ormone legato ed in parte da fosforilazioni del recettore operate da 1 serie di chinasi. c) Tali modificazioni conformazionali inducono la dissociazione delle proteine inibitorie e cosi‘ il recettore è in grado di reagire con 1 seconda molecola recettoriale e formare 1 dimero dotato di elevate affinita‘ nei confronti di specifiche sequenze di DNA, dette HRE (Hormone Responsive Elements) cioè ―Sequenze Ormono-Responsive‖; d) Dopo il legame Ligando-Recettore-Sequenza responsiva, tale complesso richiama delle proteine (Coattivatori) che facilitano la sua interazione con il complesso di inizio trascrizione, x dare inizio alla sintesi del trascritto primario, richiamando la RNA polimerasi II. RECETTORI MEMBRANATICI Si possono raggruppare in 6 Superfamiglie recettoriali: 1) Recettori Canale (o Ionotropici); 2) Recettori accoppiati alle proteine G (o Metabotropici); 89 3) 4) 5) 6) Recettori dotati di attivita‘ Tirosin-chinasica; Recettori con ativita‘ Guanilato-Ciclasica; Recettori per l‘ adesione cellulare; Recettori per le Citochine; Vediamoli uno per uno: 1. RECETTORI CANALE (o Ionotropici) Sono dei canali ionici di natura proteica, attraversabili da ioni (Na+, K+, Ca+2, Cl-), la cui apertura è modulata dall‘interazione con specifici trasmettitori endogeni. I recettori canali sono costituiti, come i canali ionici voltaggio-dipendenti, da 3, 4 o 5 subunita‘ proteiche, ma si differenziano dagli ultimi dal fatto che in essi l‘ NH2 e il COOH terminali sono entrambi rivolti nel lato extracellulare della membrana citoplasmatica( invece nei canali ionici l‘ NH2 e il COOH terminali sono al contrario entrambi rivolti nel lato intracellulare della membrana citoplasmatica). Tali recettori sono a risposta rapida, in quanto provocano nella cellula variazioni di natura elettrica, proprio come nei canali ionici voltaggio-dipendenti, ma qui provocate da 1 neurotrasmettitore con: - depolarizzazione della membrana cellulare (di 1 neurone o di 1 cardiocita) con l‘ entrata di ioni Na+, K+, Ca+2 o con l‘ uscita di ioni Cl- iperpolarizzazione con l‘ uscita di ioni K+ (raramente di Na+, Ca+) o con l‘ entrata di ioni Cl-. Appartengono a tale famiglia di recettori: A. 1) 2) 3) 4) 5) Recettori permeabili a cationi Recettori Nicotinici (N1 ed N2) x l‘ Acetilcolina; Recettori Glutammaergici ionotropici (AMPA, KAINATO, NMDA); Recettore Serotoninergico 5-HT3; Recettore Purinergico P2X: Recettori aperti da Nucleotidi Ciclici (CNG) x l‘AMPc e il GMPc; B. Recettori permeabili ad anioni 1) Recettori GABAergici (GABAa e GABAb); 2) Recettore Glicinergico Gly-R; 2. RECETTORI ACCOPPIATI ALLE PROTEINE G (o Metabotropici) Questa è la famiglia più numerosa di recettori ed il bersaglio della maggior parte dei farmaci usati a scopi terapeutici. I recettori accoppiati alle proteine G sono delle proteine di membrana strutturalmente caratterizzate dalla presenza di 7 domini transmembranari con l‘NH2 terminale rivolto nel lato extracellulare della membrana e invece con il COOH terminale rivolto nel lato intracellulare della membrana. Tali 90 recettori sono detti così perché accoppiati a una proteina G di membrana, capace di legare il GTP e di possedere 1 attività GTPasica intrinseca. Ogni proteina G è costituita da 3 subunita‘ , ma solo la subunita‘ è capace di legare e idrolizzare il GTP. Il ciclo di reazioni a cui va incontro 1 proteina G durante la trasduzione del segnale può essere così schematizzato: 1) in condizioni di riposo la subunita‘ forma 1 eterotrimero -GDP , ossia essa è legata sia alle altre 2 subunita‘ (complesso ), sia al GDP (complesso -GDP); 2) quando il neurotrasmettitore o l‘ormone si lega a 1 molecola recettoriale, quest‘ ultima diventa capace di promuovere la dissociazione del GDP dalla subunita‘ e di sostituirlo con il GTP; 3) Il legame GTP- subunita‘provoca la dissociazione della subunita‘ dal complesso , facendo rimanere 1 complesso ; 4) Ora sia GTP-sia il complesso interagiscono con gli effettori (enzimi o canali ionici specifici), stimolandone o inibendone l‘attivita‘; 5) La regolazione dell‘ effettore termina quando, grazie alla sua attivita‘ GTPasica, la subunita‘ idrolizza il GTP a GDP, e ritorniamo ad avere il complesso -GDP; 6) il complesso -GDP si rilega al complesso e abbiamo di nuovo l‘ eterotrimero -GDP nuovamente disponibile per l‘ attivazione da parte di 1 altra molecola recettoriale; Sulla base della loro omologia complessiva di sequenza e di comuni proprieta‘ funzionali, le subunita‘ delle proteine G si dividono in 3 classi : - s , che stimola il sistema effettore Adenilato Ciclasi. La proteina G che la contiene è perciò detta Gs ; - i , che inibisce il sistema effettore Adenilato Ciclasi. La proteina G che la contiene è perciò detta Gi . Tale subunita‘ è a volte capace anche di fosforilare e quindi aprire dei canali del K+ (con uscita di K+ dalla cellula) e di bloccare, sempre tramite fosforilazione, dei canali del Ca++. Quando è capace di fare ciò la subunità è detta i \ o. La proteina G che la contiene è perciò detta Gi \ Go ; - q , che stimola il sistema effettore della Fosfolipasi C. La proteina G che la contiene è perciò detta Gq ; Ci sono alcune tossine batteriche capaci di alterare il normale funzionamento delle subunita‘ di alcune proteine G : sono le tossine a) del Colera; b) della Pertosse , che sono dotate di attività ADP-ribosil-transferasica. a) Tossina del Colera: è capace di ADP-ribosilare s , inibendo l‘ attività GTPasica della proteina Gs, inducendo 1 stimolazione persistente dell‘ adenilato ciclasi e 1 continua produzione di AMPc; b) Tossina della Pertosse: è capace di ADP-ribosilare i \ o , interrompendo i segnali trasmessi dalle proteine Gi \ Go; 91 Le proteine G stimolano o inibiscono, quindi, 3 tipi di sistemi effettori enzimatici: a) il sistema effettore dell‘ ADENILATO CICLASI: L‘ Adenilato ciclasi è 1 enzima che converte l‘ ATP in AMPciclico e può essere stimolato, tramite la proteina Gs, oppure può essere inibito, tramite la proteina Gi. L‘ AMPc è quindi il ―secondo messaggero‖ di questo sistema effettore, e la sua concentrazione all‘ interno della cellula è capace di regolare l‘attivita‘ di diverse proteine cellulari, tra cui le PROTEIN-CHINASI cAMP-DIPENDENTI o protein chinasi A (PKA), capace a sua volta di fosforilare in Ser o in Tre altre proteine specifiche, regolandone l‘attività. Attraverso tale meccanismo l‘AMPc controlla 1 serie di processi cellulari, come reazioni metaboliche, secrezione, rilassamento delle cellule muscolari lisce, attività di canali ionici e trascrizione di geni specifici. L‘AMPc sintetizzato dall‘ adenilato ciclasi viene continuamente e rapidamente distrutto dalle FOSFODIESTERASI (enzima in diverse isoforme a seconda del tessuto cellulare), che lo idrolizzano in 5‘-AMP. b) il sistema effettore della FOSFOLIPASI C: La Fosfolipasi C idolizza il fosfatidilinositolo 4,5-bisfosfato (PIP2) in 2 ―secondi messaggeri‖: - l‘ inositolo 1,4,5-trisfosfato (IP3), che liberato nel citoplasma, interagisce con 1 suo recettore-canale intracellulare (detto ― recettore della Rianodina‖) e mobilita quindi Ca+2 da depositi intracellulari specifici; l‘ aumento di concentrazione dell‘ IP3 è rapido, ma transitorio, in quanto esso è rapidamente metabolizzato nel citoplasma da 2 enzimi: una Chinasi (specifica x la pos 3 dell‘inositolo); una Fosfatasi (specifica x la pos 5). La prima reazione produce IP4 (inositolo 1,3,4,5tetrakisfosfato) e la seconda produce l‘ inositolo 1,4 bisfosfato. L‘ IP4, x azione poi della Fosfatasi, viene convertito in inositolo 1,3,4-trisfosfato. Per defosforilazioni successive ad opera di fosfatasi specifiche si riforma di nuovo inositolo libero, che chiude il ciclo, andando a risintetizzare i fosfolipidi precursori. - il diacilglicerolo (DAG) che, rimasto legato alla membrana, attiva la proteinchinasi C che, a sua volta , è in grado di fosforilare, in Ser e Tre, numerosi substrati; il DAG viene rapidamente metabolizzato o da 1 lipasi specifica o da 1 chinasi che lo converte in acido fosfatidico, usato x la nuova sintesi di fosfoinositidi. c) i sistemi effettori-canali: Portano a modifiche della concentrazione ionica intracellulare. Tra gli effettori delle proteine G con funzione di canale ionico, i + studiati sono i canali al Ca+2 e i canali al K+. 3. RECETTORI CON ATTIVITA‘ TIROSIN-CHINASICA 92 Sono costituiti da 1 catena polipeptidica che attraversa 1 sola volta la membrana cellulare e sono caratterizzati dal fatto di possedere 1 attivita‘ Tirosin-chinasica intrinseca : essi sono quindi capaci di fosforilare substrati proteici in corrispondenza di residui tirosinici. L‘ interazione Ligando-recettore provoca la dimerizzazione del recettore, che è la tappa responsabile dell‘ attivazione della Tirosin Chinasi intrinseca. L‘autofosforilazione di residui tirosinici presenti nella porzione citoplasmatica del recettore provoca gli eventi che inducono la cellula a differenziarsi o a proliferare. Appatengono a tale gruppo di recettori: a) i recettori x molti fattori di crescita (IGF-1, NGF, EGF, FGF); b) i recettori x l‘ insulina; c) i recettori x molte citochine; 4. RECETTORI CON ATTIVITA‘ GUANILATO-CICLASICA Il recettore è costituito da 1 singola catena amminoacidica che attraversa la membrana plasmatica 1 sola volta; in esso si riconoscono 1 dominio extracellulare, che lega l‘ ormone, e 1 dominio intracellulare che ha attività Guanilato-Ciclasica. Inoltre è poi presente 1 dominio citoplasmatico con attività protein-chinasica, la cui funzione nonè nota. Quando il recettore è attivato, esso sintetizza il II° messaggero che è il GMPc, che da origine ad 1 cascata di eventi con modalita‘ analoghe a quelle proprie dell‘ AMPc. Appatengono a tale gruppo di recettori: a) i recettori x i peptidi natriuretici A, B, C b) i recettori x 1 tossina stabile al calore di E. Coli 5. RECETTORI PER L‘ ADESIONE CELLULARE Sono responsabili dell‘interazione tra le cellule e il microambiente della matrice cellulare. Essi trasducono i segnali che provengono dalla matrice per regolare la crescita, la motilità cellulare, la forma e il differenziamento delle cellule. Questi recettori non hanno 1 particolare via di trasduzione del segnale , ma attivano vie già conosciute, come quelle attivate dai recettori a tirosin-chinasi o dai recettori accoppiati a proteine G. 6. RECETTORI PER LE CITOCHINE Le Citochine sono dei fattori di regolazione che controllano nel sistema immune e ematopoietico molte funzioni cellulari, tra cui la proliferazione e il differenziamento cellulare. Sono costituiti da 2 o + subunità ed hanno meccanismi di trasduzione differenti in base al tipo di citochina: di solito abbiamo 1 dimerizzazione del recettore e 1 attivazione di tirosinchinasi della famiglia delle JAK 2. NEUROMEDIATORI I mediatori chimici che vengono rilasciati nelle cellule, oltre ad agire sulle strutture postsinaptiche agiscono anche sulle terminazioni presinaptiche, modulando così il 93 rilascio del neurotrasmettitore. LA NEUROMODULAZIONE Un esempio di neuromodulazione è rappresentato dagli effetti presinaptici dei mediatori chimici: il mediatore può agire anche a livello presinaptico potenziando o riducendo l‘efficacia della trasmissione sinaptica, senza partecipare direttamente in qualità di neurotrasmettitore. Le terminazioni PRESINAPTICHE possono essere influenzate da neurotrasmettitori o da altre sostanze che vengono prodotte localmente. Questa influenza può determinare un aumento o una riduzione del rilascio del neurotrasmettitore. Ad esempio le terminazioni nervose dei sistemi simpatico e parasimpatico sono in grado di interagire fra di loro, ad esempio a livello intestinale, in quanto il neurotrasmettitore di un sistema può inibire il rilascio del neurotrasmettitore da parte dell‘altro sistema. È quindi possibile che gli effetti opposti dei due sistemi a livello intestinale siano dovuti, oltre che all‘effetto opposto dei due neurotrasmettitori sulla muscolatura liscia, all‘inibizione della liberazione di Ach da parte della nora che agisce presinapticamente sulle terminazioni parasimpatiche. È stato dimostrato che anche a livello cardiaco esiste un sistema di inibizopne presinaptico reciproco: la noradrenalina inibisce la liberazione di Ach e l‘Ach inibisce il rilascio della noradrenalina. Oltre a questo tipo di interazione "eterotropica" esiste anche una modulazione "omotropica" dove lo stesso neurotrasmettitore legandosi alle terminazioni presinaptiche modula la terminazione dalla quale è stato liberato. Questi autorecettori presinaptici sono farmacologicamente distinguibili da quelli postsinaptici: questo consente la produzione di agonisti o antagonisti dei recettori pre o postsinaptici. FASI DELLA NEUROTRASMISSIONE Tutte le fasi del processo di sintesi, di liberazione e di ricaptazione dei neurotrasmettitori possono essere farmacologicamente modificate. Queste fasi rappresentano quindi i siti d‘azione dei farmaci, e sono: 1. Captazione dei precursori; 2. Sintesi del trasmettitore; 3. Accumulo intravescicolare del trasmettitore; 4. Degradazione del trasmettitore in eccesso; 5. Depolarizzazione indotta da un potenziale d‘azione prolungato; 6. Flusso di Ca++ verso l‘interno; 7. Liberazione del trasmettitore tramite esocitosi; 8. Diffusione sulla membrana postsinaptica (questo è l‘unico processo che non può essere farmacologicamente modificato). 9. Interazione con i recettori postsinaptici; 10. Inattivazione del trasmettitore; 11. Ricaptazione del trasmettitore o dei prodotti di degradazione; 12. Interazione con i recettori presinaptici. 94 TRASMISSIONI NEURONALI 1. TRASMISSIONE CATECOLAMINERGICA La sintesi delle Catecolamine parte dagli amminoacidi essenziali Fenilalanina e Tirosina: la FENILALANINA viene trasformata in TIROSINA dall‘ enzima Fenilalanina Idrossilasi (enzima assente nella malattia congenita Fenilchetonuria). La TIROSINA viene poi convertita in DOPA (Diidr-Ossi-Phenil-Alanina) dall‘ enzima Tirosina beta-idrossilasi (inibito dalla Metil-para-Tirosina). La DOPA viene trasformata in DOPAMINA dall‘ enzima Dopa-beta- Carbossilasi (inibito da: Alfametil-dopa, Carbidopa, Benserazide) Successivamente solo nei neuroni noradrenergici e nella midollare del surrene la DOPAMINA viene convertita in NORADRENALINA dall‘ enzima Dopamina-beta-idrossilasi (inibito da: Disulfiram, Acido Fusarico). Infine la NORADRENALINA è convertita in ADRENALINA dall‘ enzima Fenil-etanolamina N-metil-transferasi. Alternativamente 1 altra via di sintesi della Noradrenalina è quella in cui la TIROSINA viene convertita, attraverso l‘ enzima L-amminoacido-aromaticodecarbossilasi, in TIRAMINA (composto presente in molti cibi conservati come nel Vino Rosso, nei Formaggi stagionati, nel Salmone affumicato, i quali provocano perciò aumento pressorio e altri effetti di 1 iperstimolazione noradrenergica, incrementando la sintesi di Noradrenalina ). La TIRAMINA viene convertita prima in OCTAPAMINA attraverso l‘enzima Tiramina-idrossilasi, poi l‘ OCTAPAMINA attraverso l‘enzima Octapamina- idrossilasi è convertita infine in NORADRENALINA. La DOPA in eccesso è conservata in granuli di Melanina nel SNC a livello NigroStriatale attaverso 1 serie di reazioni di ossidazione (DOPA- Ortochinone- composto indolico- indolo Ossidrilato) e 1 Polimerizzazione; i granuli di Melanina costituiscono 1 marker per evidenziare il Morbo di Parkinson, malattia dovuta a 1 riduzione dell‘ attivita‘ dei neuroni dopaminergici nella Substanzia Nigra e nel Corpo Striato ( in 1 soggetto affetto da Morbo di Parkinson si evidenzia meno Melanina in tale area). Le catecolamine sono 3: - NORADRENALINA: neurotrasmettitore che agisce sui rec alfa1, alfa2, beta1 ( non sui beta2 e beta3) - ADRENALINA: è principalmente 1 ormone prodotto nella midollare del surrene che agisce sui rec alfa1, alfa2, beta1, beta2, beta3 - DOPAMINA: neurotrasmettitore che agisce prevalentemente sui rec D1, D2, D3, D4, D5 (è un agonista D1+D2+D3+D4+D5 + Esse costituiscono il cosiddetto sistema nervoso simpatico. I neuroni pre-gangliari del sistema simpatico sintetizzano Ach ed emergono dal midollo spinale e proiettano ai gangli paravertebrali e prevertebrali , dove formano sinapsi nicotiniche (rec N1)con i 95 neuroni simpatici post-gangliari. Quest‘ultimi sintetizzano e liberano noradrenalina, innervano e regolano l‘ attivita‘ degli organi effettori come: mucolo radiale dell‘iride, muscolo ciliare, ghiandole lacrimali, cuore, muscolatura liscia bronchiale, muscolatura liscia vascolare, stomaco-intestino, rene, vescica, organi sessuali. Effetti delle catecolamine: 1) Le catecolamine sul cuore (effetto beta1) danno: effetto cronotropo positivo (aumento della frequenza cardiaca), effetto dromotropo positivo (aumento della velocita‘ di conduzione atrio ventricolare), effetto batmotropo positivo (aumento del ritmo cardiaco), effetto inotropo positivo (aumento di forza di contrazione e della gittata). 2) Le catecolamine rilasciano la muscolatura gastro-intestinale (effetto beta2) 3) Le catecolamine rilassano il muscolo detrursore della vescica (effetto beta2), mentre aumentano il tono del trigone, dello sfintere e degli ureteri (effetto alfa1) 4) Le catecolamine rilassano la muscolatura liscia bronchiale (effetto beta2) 5) Le catecolamine aumentano la glicemia con inibizione della sintesi e del rilascio di insulina, e invece aumento di sintesi e liberazione di glucagone(effetto beta2) 6) Le catecolamine aumentano la lipolisi (effetto beta2 e beta3) 7) Le catecolamine provocano vasocostrizione dei vasi di cute, mucose, rene, con aumento della pressione arteriosa(effetto alfa1) 8) Le catecolamine attivano il sistema Renina-Angiotensina, con aumento della pressione arteriosa(effetto beta2) Funzioni del sistema noradrenergico: 1) controllo dell‘ attivita‘ del sistema nervoso autonomo 2) controllo dela depressione: l‘ abbassamento del tono noradrenergico si pensa sia alla base della depressione 3) controllo dello stato di veglia e attenzione 4) la stimolazione noradrenergica induce aumento dell‘ ingestione di cibo 5) vari effetti endocrini : stimolazione della secrezione di TSH, TRH, LH RECETTORI NORADRENERGICI ………..Gq………stimola IP-3\DAG ……..Gi\Go….. inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++ Gs……… stimola AC Gs……… stimola AC Gs……… stimola AC Ecco la localizzazione dei recettori e i loro effetti : Muscolo dell‘iride (contrazione,midriasi), Muscolatura liscia vasale (contrazione), Fegato (glicogenolisi), SNC (stato di veglia); 96 …………Terminali nervosi (inibizione della liberazione di NA), Muscolatura liscia vasale (contrazione); …………Cuore (aumento frequenza, contrattilità, automatismo), Rene (aumento di secrezione renina); ……… Muscolatura liscia vasale (rilassamento), Muscolatura liscia organi(rilassamento), Fegato (glicogenolisi,gluconeogenesi); ………..Tessuto Adiposo (lipolisi) Funzioni del sistema dopaminegico: 1) minore tono dopaminergico a livello nigrostriatale provoca il morbo di Parkinson (rec D2) 2) maggiore tono dopaminergico crea schizofrenia (rec D4) 3) attivazione dei rec D2 periferici crea vomito e inibizione della motilita‘ gastrica 4) attivazione dei rec D2 nel nucleo perifornicale produce 1 diminuzione dell‘assunzione di cibo (infatti i farmaci antipsicotici essendo antagonisti D2 danno 1 aumento ponderale) 5) la dopamina agendo come agonista D2 inibisce la secrezione di prolattina RECETTORI DOPAMINERGICI D1, D5…….…………………Gq…………………………stimola IP-3\DAG D2, D3, D4………………….Gi\Go.…..inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++ 2. TRASMISSIONE COLINERGICA L‘ Ach è sintetizzata a partire dalla SERINA (amminoacido della dieta) che viene decarbossilata a COLINA e poi quest‘ ultima viene acetilata dall‘ACETIL CoA in una reazione catalizzata dall‘ enzima COLINA-ACETIL-TRANSFERASI. L‘ Ach liberata nello spazio post-sinaptico è poi degradata dall‘ enzima ACETILCOLINESTERASI. Ricordiamo che la Tossina Botulinica interferisce con la trasmissione colinergica in quanto essa inibisce la liberazione di Ach bloccando il processo di fusione delle vescicole nel neurone presinaptico. La Tossina Botulinica si può impiegare localmente a bassi dosaggi in campo oculare per risolvere lo strabismo o raramente in caso di paralisi flaccida. La trasmissione colinergica nel SNP: a) l‘Ach si trova nelle giunzioni tra parasimpatico e organi b) l‘Ach si trova tra le fibre pregangliari e i neuroni postgangliari del simpatico (rec nicotinici N1) c) l‘Ach si trova sulle placche neuro-muscolari(rec nicotinici N2) La trasmissione colinergica nel SNC : 97 a) b) c) - neuroni magno-cellulari del cervello anteriore interneuroni colinergici del Nucleo Caudato e Putamen neuroni colinergici nel: Nucleo Tegmentale Peduncolo Pontino Nucleo Tegmentale Laterodorsale Nucleo Mediale Abenulare Nucleo Parabigeminale Una iperattivazione colinergica (tramite Agonisti Colinergici o Agenti Anticolinesterasici) provoca: a) Miosi b) Salivazione abbondante c) Broncocostrizione d) Ipersecrezione Bronchiale e) Bradicardia f) Diarrea, Vomito g) Scosse muscolari seguite da paralisi della muscolatura respiratoria h) Confusione mentale i) Coma x paralisi respiratoria RECETTORI COLINERGICI MUSCARINICI METABOTROPI (recettori accoppiati a proteine G di membrana) M1(nervoso)………………………Gq……………………………stimola IP-3\DAG M3(ghiandole, bronchi).………..…Gq……………………………stimola IP-3\DAG M5(SNC)………..…………………Gq……………………….…..stimola IP-3\DAG M2(cardiaco)……………….Gi\Go…...inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++ M4…………………………..Gi\Go….inibisce AC \ aum perm K+\ dim perm Ca++ RECETTORI COLINERGICI NICOTINICI IONOTROPI (recettori canali-ionici) N1 (neuronali,gangliari)…………………….aumemta conduttanza Na+ (N+-C6-N+) N2 (placca muscolare)….….……………….aumenta conduttanza Na+ (N+-C10-N+) 3. TRASMISSIONE SEROTONINERGICA La sintesi della Serotonina o 5 Idrossi- Triptamina (5-HT) avviene a partire dall‘ amminoacido L-triptofano che viene idrossilato dall‘ enzima Triptofano idrossilasi (inibito dalla para-Cloro-Fenilalanina) per ottenere il L-5-Idrossi-Triptofano. Quest‘ ultimo viene poi decarbossilato dalla Decarbossilasi degli L-amminoacidi aromatici a Serotonina (5-HT). Quest‘ ultima puo‘ subire poi varie vie metaboliche: 98 a) Viene degradata dalle MAO (Mono-Ammino-Ossidasi) a 5-Idrossindolo Acetaldeide che puo‘ poi essere o deidrogenata a Acido 5-Idrossi-Indolacetico (5HIAA) dall‘enzima Aldeide deidrogenasi o ridotta a 5-Idrossi-Triptofolo dall‘ enzima Aldeide reduttasi b) Viene biotrasformata : è acetilata dall‘enzima 5HT N-acetilasi a N-Acetil-5HT e poi quest‘ ultimo composto viene metilato dall‘enzima Idrossi-Indolo-O-MetilTransferasi per dare la Melatonina nei Nuclei del Rafe. La Melatonina si pensa sia in grado di sincronizzare i cicli fisiologici del corpo e pure il sonno (vedi pag 332). Funzioni del sistema serotoninergico: a) Gli alti livelli di serotonina sopprimono i comportamenti aggressivi b) Gli alti livelli di serotonina inibiscono il comportamento sessuale e l‘ appetito (ciproeptadina) c) Gli alti livelli di serotonina migliorano l‘ umore e migliorano il sonno (antidepressivi ) d) La serotonina controlla il vomito (antagonisti 5-HT3 sono antiemetici) e) Le piastrine secernono 5-HT per l‘aggregazione piatrinica e posseggono recettori 5-HT2 (antagonisti 5-HT2, come la Ketanserina, sono antiaggreganti piastrinici) f) La serotonina controlla la pressione arteriosa (la Ketanserina è anche 1 antipertensivo) g) La serotonina potenzia la liberazione di ACTH e OSSITOCINA RECETTORI SEROTONINERGICI: 5-HT1(a, b, c, d, e)……………Gi\Go……..inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca 5-HT2(a, b, c)………………... Gq……………….……………..stimola IP-3\DAG 5-HT3……………………………………….…………………….Canale cationico 5-HT4………………………… Gs…………………………………… stimola AC 5-HT5…………………. ……...Gs…………………………………… stimola AC 5-HT6……………………...…. Gs…………………………………… stimola AC 5-HT7………………………… Gs………………….………………... stimola AC 4. TRASMISSIONE GABAERGICA Funzioni del sistema gabaergico: 1) Controllo inibitorio sulle cellule nervose 2) Controllo dell‘ eccitabilita‘ neuronale e delle emozioni RECETTORI DEL GABA GABAa………………………………………..canale anionico permeabile al ClGABAb……Gi\Go…… …………….inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2 GABAc………………………………………..canale anionico permeabile al Cl99 5. TRASMISSIONE GLUTAMMAERGICA Ruolo del glutammato: 1) L‘ attivazione dei recettori NMDA provoca il potenziamento o l‘ inibizione della neurotrasmissione 2) Gli agonisti dei recettori x il glutammato provocano tossicita‘ neuronale provocando demenza 3) La liberazione di glutammato promuove molte funzioni proprie del cervello (percezione del dolore, delle sensazioni, controllo delle funzioni motorie e della memoria) 4) Le alterazioni della trasmissione glutammaergica sono alla base di molte patologie (epilessia, demenza senile, morte ischemica e ipoglicemica) RECETTORI DEL GLUTAMMATO A) Recettori Metabotropi (recettori accopiati a proteine I°………………………….. Gq……………………………stimola IP-3\DAG II°…………………..…. Gi\Go…… inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2 III°……… ……………..Gi\Go…… inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2 B) Recettori ionotropi (recettori canali) AMPA……………………………..……..aumento permeabilità di Na+ e Ca+2 KAINATO…………………………….…aumento permeabilità di Na+ e Ca+2 NMDA………………………………………… aumento permeabilità di Ca+2 Ischemia cerebrale e necrosi cellulare: il ruolo del glutammato Il glutammato è uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale dei mammiferi. I dati clinici e sperimentali disponibili dimostrano chiaramente che nell'ischemia cerebrale i fenomeni di necrosi cellulare a carico dei neuroni, della glia e delle cellule endoteliali non sono determinati esclusivamente dagli effetti diretti dell'ipossia e della carenza di glucosio sul metabolismo cellulare (necrosi ischemica), ma anche e soprattutto da una serie di eventi biochimici e fisiologici correlati a un sensibile aumento del livello di glutammato libero nei tessuti del focolaio ischemico e delle zone adiacenti. In seguito all'ischemia i neuroni della zona direttamente interessata dall'interruzione del flusso ematico vanno incontro a squilibri metabolici, liberando quantità eccessive di glutammato negli spazi intercellulari; la liberazione del neurotrasmettitore è è determinata essenzialmente da una depolarizzazione di membrana indotta dall'inattivazione dei sistemi di trasporto di ioni preposti al mantenimento del potenziale elettrico di riposo (- 90 mV c.a). L'eccesso di glutammato libero propaga rapidamente i processi di degenerazione cellulare verso la periferia del focolaio ischemico, coinvolgendo cellule nervose ancora integre. Questo processo, noto come eccitotossictà glutammato -dipendente , si svolge attraverso 100 una sequenza di eventi nota come "cascata del glutammato"; questa comprende tre stati fondamentali, detti di induzione, di amplificazione e di espressione. Stadio 1: induzione Comprende eventi precoci legati alla sovrastimolazione dei recettori glutamatergici neuronali e alla trasduzione dei segnali dai recettori attivati all'ambiente intracellulare Il glutammato rilasciato negli spazi intercellulari diffonde rapidamente e si lega a vari tipi di recettori localizzati sulle mebrane dei neuroni, classificabili come recettori NMDA e non-NMDA; questi ultimi comprendono i recettori AMPA-kainato e i recettori metabotropici. Recettore NMDA. Controlla una canale ionico a conduttanza elevata (50 pS) permeabile agli ioni calcio (Ca++), sodio (Na+) e potassio (K+). E' attivato selettivamente dall' N-metil-D-aspartato (NMDA) e inibito selettivamente dal D-2ammino-5-fosfon-valerianato (APV): possiede inoltre siti di legame per glicina, Zn++, Mg++, fenciclidina (PCP) e MK801 (dilzocipina) e siti regolatori sensibili al pH, alla fosforilazione e all'ossidazione. Il legame del glutammato o di altri agonisti al recettore determina un influsso passivo di Ca++ e Na+ nella cellula e un efflusso passivo di K+. Al potenziale di riposo del neurone (- 90 mV c.a) il canale ionico annesso al recettore NMDA è bloccato da ioni Mg++ extracellulari e anche a recettore attivato la conduttanza risulta molto ridotta; man mano che la membrana cellulare si depolarizza la conduttanza aumenta fino a raggiungere il valore massimo per variazioni di potenziale dell'ordine di 20-30 mV. Infine, il canale NMDA funziona efficientemente solo in presenza di glicina. Recettori AMPA-kainato. Sono attivati selettivamente dall'acido alfa-ammino-3idrossi-5-metil-4-isoxazol-propionico (AMPA) e dall'acido kainico. Controllano canali a bassa conduttanza (20 pS c.a) permeabili a K+ e Na+, ma non a Ca++ Recettori metabotropici. Attivano la via degli inositoli fosfati, con conseguente aumento dei livelli intracellulari di inositolo 1,4,5-trisfosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG) e release di ioni Ca++ dal reticolo endoplasmatico (ER) e da altri compartimenti cellulari. L'attivazione della via degli inositoli è mediata da una proteina G attivata dal recettore, che interagisce con la fosfolipasi C (PLC) di membrana. La struttura dei recettori metabotropici, caratteristica dei recettori che attivano proteine G, consiste in un dominio amminoterminale (-NH2) extracellulare, in una regione a 7 alfa-eliche interna alla membrana cellulare e in un dominio carbossiterminale (-COOH) intracellulare. L'ingresso di ioni Ca++ e Na+ nei neuroni è seguito da ingresso di ioni cloro (Cl-) e acqua, con conseguente aumento del volume cellulare e possibili danni da shock osmotico. Le alterazioni citologiche associate al primo stadio, sebbene potenzialmente letali per le cellule nervose, sono tuttavia reversibili: colture di neuroni corticali sovraesposti al glutammato sono rivitalizzabili mediante incubazione in soluzioni adatte al ripsristino dell'equilibrio ionico - osmotico. Stadio 2: amplificazione. Comprende una serie di reazioni enzimatiche intracellulari attivate da secondi messaggeri (Ca++, IP3, DAG) . La sensibilità dei neuroni al glutammato aumenta e i 101 relativi effetti citotossici si propagano a regioni cerebrali non direttamente interessate dall'ischemia. Il fattore-chiave è costituito da un aumento rapido della concentrazione di Ca++ citoplasmatico, causato dall'apertura dei canali NMDA e dall'attivazione di almeno tre diversi sistemi di trasporto di ioni: Controtrasporto Na+/Ca++: gli ioni Na+ intracellulari in eccesso, entrati nei neuroni attraverso canali controllati dai recettori NMDA e AMPA-kainato, vengono espulsi in controtrasporto con ioni Ca++ extracellulari attraverso uno specifico scambiatore di membrana: - Canali Ca++ voltaggio-attivati: sono attivati dalla depolarizzazione di membrana indotta dallo squilibrio ionico provocato dall'apertura dei canali NMDA e AMPAkainato; - releasedi Ca++ dai compartimenti intracellulari: l'aumento di IP3 provoca la liberazione degli ioni calcio segregati nel reticolo endoplasmatico (ER) e in altre strutture cellulari, probabilmente attraverso l'attivazione di recettori-canale specifici situati sulle membrane interne alle cellule. L'effetto combinato degli alti livelli intracellulari di Ca++ e DAG provoca l'attivazione di una serie di enzimi cellulari che aumentano la sensibilità dei neuroni al glutammato e ad altri segnali eccitatori. Inoltre l'accumulo di Ca++ nei neuroni incrementa la liberazione di glutammato dalle terminazioni nervose, estendendo ai neuroni adiacenti la cascata di reazioni citotossiche. I principali enzimi cellulari coinvolti in questo stadio sono indicati nella seguente tabella: Tab.1: enzimi attivi al 2° stadio AttivaEnzima Effetti tori Proteina aumento rilascio di glutammato; aumento risposta al Ca++, chinasi C glutammato; regolazione canali Ca++ voltaggio-dipendenti; DAG (PKC) diminuzione permeabilità a ClCAM Ca++, aumento risposta al glutammato; aumento rilascio di chinasi II DAG glutammato Ca++, Calcicalmo- diminuzione dellla risposta mediata dai recettori GABA-A neurina dulina Fosfolipasi aumento rilascio di glutammato; aumento risposta al Ca++ A2 glutammato; diminuzione reuptake di glutammato libero Stadio 3: espressione In questo stadio si verificano danni cellulari irreversibili. L'eccesso di Ca++ intracellulare provoca l'attivazione di una serie di enzimi che degradano proteine cellulari, fosfolipidi di membrana e acidi nucleici. Tab.2: enzimi attivi al 3° stadio Effetti Enzima Calpa- Frammentazione del citoscheletro (degradazione della spettrina e della 102 ina I proteina MAP2 dei microtubuli); rimodellamento delle terminazioni post-sinaptiche; incremento della trasmissione sinaptica eccitatoria Fosfoli- Degradazione dei fosfolipidi di membrana, con produzione di acido pasiA2 arachidonico e altri metaboliti Endonucleasi Frammentazione del DNA (apoptosi) (varie) Uno dei prodotti più dannosi derivati dalla degradazione dei fosfolipidi e l' acido arachidonico, il cui metabolismo porta alla produzione di radicali liberi dell'ossigeno (OH* e O2-) di eicosanoidi che inducono vasocostrizione e facilitano la formazione di edemi e trombi (leucotrieni, prostaglandine E1, F2 e H2, trombossano A2) e di un fattore di attivazione del plasminogeno (PAF). Il danno provocato dai radicali liberi (perossidazione dei fosfolipidi di membrana) potrebbe essere il fattore-chiave della neurotossicità indotta dal glutammato La "penombra ischemica" Come già accennato nell'introduzione, l'ischemia focale è caratterizzata dall'esistenza di una zona periferica in espansione, situata ai margini del centro di necrosi ischemica, nella quale le cellule nervose si trovano in uno stato di deficit funzionale reversibile che diviene sempre più grave e irrecuperabile con il passare del tempo. I dati sperimentali suggeriscono che l'evento chiave nel processo di espansione delle lesioni cerebrali possa consistere nella sovrastimolazione dei recettori glutamatergici di tipo NMDA dei neuroni situati in questa zona di "penombra ischemica". Il confronto tra la zona necrotica centrale e la penombra ha infatti evidenziato che in quest'ultima vi è un livello più elevato di glutammato libero, una maggiore fosforilazione dei recettori NMDA (quindi uno stato di maggiore attivazione recettoriale) e un pH extracellulare significativamente meno acido (6.7 contro 6.4). Questi dati, nel complesso, sembrano indicare una maggiore attività dei recettori NMDA nella penombra. §L'alcalinizzazione dell'ambiente extracellulare è inoltre correlata a una sensibile riduzione della velocità di ripristino della concentrazione di Ca++ intracellulare al valore basale, causata da un aumento dell'attività dello scambiatore Na+/Ca++ mitocondriale. E' inoltre probabile che la maggiore disponibilità di O2 nella penombra, in combinazione con la sovrastimolazione dei recettori NMDA, contribuisca ad aggravare gli effetti citotossici del glutammato attraverso la formazione di radicali liberi e superossidi. Il fenomeno della penombra non si osserva nell'ischemia cerebrale globale, nella quale le lesioni cellulari sembrano determinate soprattutto dall' azione diretta dell'ipossia e della carenza di glucosio e, in via secondaria, dal coinvolgimento di recettori glutamatergici di tipo non-NMDA come i recettori AMPA-kainato. 103 Degenerazione delle cellule gliali I dati sperimentali evidenziano che il processo di necrosi cellulare, tanto nell'ischemia focale quanto nell'ischemia totale, non si limita ai neuroni ma coinvolge anche le cellule gliali e endoteliali. Sebbene queste cellule siano prive di recettori NMDA, i dati indicano che il trattamento dell'ischemia focale sperimentale con antagonisti dei recettori NMDA può ridurre significativamente la degenerazione di tutte le cellule nervose dell'area colpita. La spiegazione più probabile di questo enomeno è che le alterazioni dell'ambiente extracellulare, determinate dalla sovrastimolazione dei recettori NMDA neuronali (alterazioni degli equilibri ionici, comparsa di radicali liberi, enzimi cellulari e metaboliti tossici), possano in qualche modo indurre la necrosi delle cellule gliali e endoteliali. Particolarmente importante in questo senso sembra essere l'acidosi extracellulare deteminata dall'acido lattico rilasciato dai neuroni nel corso del processo degenerativo: alcuni esperimenti hanno infatti evidenziato una particolare sensibilità delle cellule gliali all'azione citotossica dell'acidosi lattica. 6. TRASMISSIONE PURINERGICA RUOLO DELL‘ ATP L‘ ATP produce inotropismo positivo a livello cardiaco L‘ ATP è 1 vasodilatatore a livello vasale L‘ ATP è usato come antitumorale perché riduce la massa di molti tumori solidi metastatizzati con l‘ ingresso di ioni Ca+2 all‘ interno delle cellule maligne 4) L‘ ATP rilascia la muscolatura liscia e striata, tranne che nei bronchi, dove provoca broncocostrizione 5) L‘ ATP regola la secrezione di HCl dalle cellule epiteliali gastriche 6) L‘ ATP contrattura il muscolo della vescica urinaria A. 1) 2) 3) B. RUOLO DELL‘ ADENOSINA 1) L‘ Adenosina a livello cardiaco provoca inotropismo negativo e cronotropismo negativo 2) L‘ Adenosina è 1 vasodilatatore a livello vasale (rec A2). Si pensa che l‘ Adenosina insieme all‘ ATP possano avere 1 ruolo protettivo x l‘ ischemia : entrambi sono 2 vasodilatatori (xchè incrementano l‘ apporto di O2 nell‘ area ischemica) e 2 antiaggreganti 3) L‘ Adenosina ha attività sedativo-ipnotiche e anticonvulsivanti (rec A1) 4) Antagonisti A2a selettivi si possono usare contro il morbo di Parkinson 5) L‘ antagonismo dei recettori A2a è alla base del meccanismo d‘azione delle Metil-Xantine (caffeina, teofillina, teobromina) 6) L‘ Adenosina rilascia la muscolatura liscia e striata, tranne che nei bronchi, dove provoca broncocostrizione 7) L‘ Adenosina rilascia il muscolo della vescica urinaria 104 RECETTORI PER LE PURINE 1. P1 (sensibili all‘ adenosina) A1 ……….Gi\Go…….inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2 A2a, A2b………..Gs………………stimola AC A3……………….Gi……………… inibisce AC 2. P2 (attivati dall‘ ATP) P2X(recettori canali ionotropi) x, z…………..canale ionico x Na+, K+,Ca+2 P2Y(recettori metabotropi)y, u, t, d ...…Gq……stimola IP-3\DAG 7. TRASMISIONE ISTAMINERGICA L‘ Istamina viene sintetizzata a partire dall‘ amminoacido l-istidina che subisce un processo di decarbossilazione da parte dell‘ enzima Istidino-decarbossilasi. L‘ Istamina viene poi catabolizzata e uno dei suoi metaboliti è l‘ Acido-tele-metilImidazolacetico. Ruolo dell‘istamina nel SNC: 1) L‘istamina regola i meccanismi del sonno-veglia(rec H1). Se si abbassa il tono istaminergico si ha 1 alterazione dello stato di veglia(sonnolenza- effetto collaterale degli anti-H1) 2) L‘istamina controlla i processi cognitivi e delle emozioni(rec H3). L‘ istamina modula l‘ attivita‘ colinergica attraverso i rec H3. 3) L‘istamina regola la temperatura corporea, il sistema simpatico neuroendocrino e la liberazione di prolattina, vasopressina, corticotropina 4) L‘istamina regola l‘ apporto di cibo e il peso corporeo. Se si abbassa il livello di istamina si ha + fame e si stimola l‘ appetito (vedi Ciproeptadina) Ruolo a livello periferico dell‘istamina: 1) L‘istamina provoca eritema, edema locale dovuti all‘azione vasodilatatrice sui vasi del microcircolo 2) L‘istamina provoca dilatazione arteriolare, ipotensione sistemica, aumento della frequenza cardiaca 3) L‘istamina provoca al cuore aumento di frequenza e contrazione 4) L‘istamina causa broncocostrizione(rec H1 bronchiali) 5) Si suppone 1 ruolo dell‘ istamina nello stimolo dell‘ aggregazione piastrinica e nei processi di crescita e riparazione cellulare 105 6) L‘istamina stimola la secrezione acida gastrica (rec H2 con attivazione dell‘ AC, aumento della [AMPc], attivazione della pompa acida H+\K+ ATP dipendente 7) L‘istamina causa contrazione della muscolatura liscia intestinale (diarrea, rec H1 intestinali) RECETTORI PER L‘ ISTAMINA: H1………………….………… Gq……………………..stimola IP-3\DAG H2……………………………. Gs……………………..stimola AC H3……… …………………….Gi\Go…….inibisce AC\aum perm K\dim perm Ca+2 PROPRIETA‘ BIOFARMACEUTICHE DEI FARMACI La conoscenza delle proprieta‘ biofarmaceutiche è essenziale nella discussione degli effetti dei farmaci, perché spesso la diversita‘ di risposta clinica potrebbe derivare da differenze nella biodisponi-bilita‘ fisiologica. La biofarmaceutica si puo‘ definire la scienza che studia l‘ influenza dei fattori di formulazione sull‘ attivita‘ terapeutica di un farmaco o di 1 sua forma farmaceutica. I farmaci vengono spesso somministrati x via orale, notevolmente + complessa rispetto alle atre vie di somministrazione, in relazione alle condizioni chimico-fisiche presenti nell‘ area di assorbimento. Lo stomaco puo‘ essere diviso in 2 parti principali: il corpo (e fondo) dello stomaco e il piloro, dove si producono rispettiva-mente pepsina + HCl e la secrezione mucosa. Nell‘ uomo il contenuto dello stomaco ha 1 pH compreso tra 1 e 2,5. L‘ intestino tenue è suddiviso anatomicamente in 3 sezioni: duodeno, digiuno e ileo, tutte coinvolte nella digestione e nell‘ assorbimento del cibo. A livello del duodeno il pH oscilla tra 5 e 7 , fino a raggiungere valori tra 7 e 8 nell‘ ileo inferiore. Quando una forma farmaceutica si trasferisce dallo stomaco al duodeno attraverso il piloro, trova 1 ambiente diverso non solo rispetto al pH, ma anche alla presenza di succhi digestivi (secreti nel tenue). L‘ assorbi-mento di una forma farmaceutica nel tratto gastrointestinale richiede 1 disaggregazione della f.f. e passaggio del farmaco in forma molecolare, per poter poi attraversare le membrane cellulari (che fungono da barriera) ed andare nel sangue. MECCANISMI DI ASSORBIMENTO DEI FARMACI L‘assorbimento dei farmaci puo‘ avvenire essenzialmente in 4 modalita‘: 1. DIFFUSIONE PASSIVA Le molecole si muovono spontaneamente da 1 area di alta concentrazione ad 1 di concentrazione inferiore, con 1 velocita‘ che dipende dal valore del gradiente di concentrazione (dC) attraverso la membrana: 106 - dC\dt = K*dC = K(Cabs – Cb) in cui - dC\dt è la velocita‘ di diffusione attraverso la membrana, K è 1 costante di proporzionalita‘ che comprende l‘ area della membrana , lo spessore , il coefficiente di partizione tra la membrana lipofila e la fase aquosa da ciascun lato della membrana e il coefficiente di diffusione del farmaco. 2. TRASPORTO ATTIVO Un certo numero di farmaci utilizzano tale sistema di trasporto, detto attivo. Esso si differenzia dal trasporto precedente xchè: a) si verifica contro gradiente di concentrazione; b) ha 1 limite di carico; c) la specificita‘ x certe strutture puo‘ causare fenomeni di competizione (specie x composti simili strutturalmente) che possono ridurre l‘ assorbimento; d) usufruisce dell‘ intervento di trasportatori di membrana (carrier) con andamento a navetta; 3. ASSORBIMENTO CONVETTIVO E‘ l‘ assorbimento di piccole molecole con raggio molecolare di circa 4 angstroms attraverso i pori riempiti di H2O delle membrane biologiche . 4. ASSORBIMENTO CON COPPIA IONICA Un anione organico relativamente grande puo‘ combinarsi con 1 catione relativamente grande x formare 1 coppia ionica che supera l‘ interfaccia acqua \ solvente organico e si trasferisce nella fase organica( è il caso dei sali ammonici quaternari usati come spasmolitici x via orale( sono pure dei disinfettanti)). FATTORI CHIMICO- FISICI ED ASSORBIMENTO DEI FARMACI A. RIPARTIZIONE IN FUNZIONE DEL PH L‘ assorbimento di 1 farmaco oltre ad essere condizionato da fattori fisiologici è anche dipendente dalle proprieta‘ chimico-fisiche. In particolare la costante di dissociazione , la lipofilia ed il pH del mezzo controllano l‘ entita‘ dell‘ assorbimento. Questi 3 parametri sono tra loro correlati nella cosiddetta ―ipotesi della ripartizione in funzione del pH‖. Gli aspetti salienti di tale ipotesi si possono cosi‘ riassumere: a) il tratto gastrointestinale come altre membrane biologiche si comporta come 1 barriera lipofila b) gli acidi e le basi sono assorbiti di preferenza in forma indissociata (senza cariche nella molecola) c) la maggior parte dei farmaci è assorbita x diffusione passiva d) la velocita‘ di assorbimento e la quantita‘ di farmaco assorbita sono correlate al coefficiente di ripartizione olio\acqua ; + 1 sostanza è liposolubile, + rapidamente viene assorbita. 107 e) Gli acidi deboli e i farmaci neutri possono essere assorbiti nello stomaco, ma non le basi B. IONIZZAZIONE E PH La frazione di farmaco in forma non ionizzata presente in soluzione dipende dalla costante di dissociazione e dal pH del mezzo. La costante di dissociazione degli acidi e delle basi deboli è spesso espressa dal pKa (log negativo della costante di dissociazione). L‘equazione di Henderson-Hasselbalch x la ionizzazione di 1 acido debole HA, puo‘ essere cosi‘ derivata : HA + H2O A- + H3O+ Da cui si ricava la costante di equilibrio: Ka = H3O+ * A- \ HA Dove Ka è la costante di equilibrio. Prendendo dai logaritmi e ricordandosi che : pKa = - log Ka la precedente espressione diventa: -log Ka = - log [H3O] – log [A-] \ [HA] dove A- è la forma ionizzata dell‘ acido debole ed HA la forma non ionizzata. Se indichiamo con la frazione della specie ionizzata (non assorbibile) e con 1 - la frazione rimanente non ionizzata (assorbibile) , l‘ equazione si puo‘ riscrivere cosi‘ : \ 1 - = - log (pH – pKa) Da quest‘ ultima è possibile calcolare la frazione o la percentuale delle forme assorbibile e non assorbibile di 1 acido debole a condizione di conoscere il pH del mezzo in cui il farmaco si trova!!! Per una base debole il discorso è identico: B + H2O BH+ + OHDa cui la costante di diss. Kb: Kb = [OH-] [BH] \ [B] considerando pKb = - log Kb allora : - log Kb = - log [OH-] – log [BH+] \ [B] (eq. X) I valori di pKa e pKb sono 1 indice della forza degli acidi e delle basi deboli : + basso è il valore di Ka, + è forte l‘ acido; + basso è il valore di Kb , + forte è la base . pKa e pKb sono legati dall‘ espressione: pKa + pKb = pKw Dove pKw è il logaritmo negativo della costante di dissociazione dell‘ H2O. Per cui possiamo riarrangiare l‘ eq. X in : PH = pKw - log [BH] \ [B-] . 108 E ancora , se indichiamo con la frazione della specie ionizzata (non assorbibile) e con 1 - la frazione rimanente non ionizzata (assorbibile) , l‘ equazione si puo‘ riscrivere cosi‘ : \ 1 - = - log (pKa – pH) Da quest‘ ultima è possibile calcolare la frazione o la percentuale delle forme assorbibile e non assorbibile di 1 base debole a condizione di conoscere il pH del mezzo in cui il farmaco si trova!!! Per cui i farmaci con carattere di ACIDI DEBOLI si trovano prevalentemente in forma non ionizzata(assorbibile) a bassi valori di pH e nello stomaco vengono quindi assorbiti. Al contrario la maggior parte delle BASI DEBOLI è x nulla assorbita nello stomaco xchè a pH bassi son in forma ionizzata (non assorbibile). C. SOLUBILITA‘ NEI LIPIDI Alcuni farmaci somministrati x via orale possono essere assorbiti in maniera insoddisfacente nel tratto G.I. anche se presenti in forma non ionizzata. iN tali casi è la ridotta lipofilia dei prodotti che ne ostacola l‘ assorbimento. La lipofilia di 1 farmaco è espressa dal coefficiente di ripartizione. Il movimento delle molecole da 1 fase all‘ altra è chiamata ripartizione che si esprime come : P = Co \ Cw Dove Co è la concentrazione del farmaco nella fase oleosa e Cw è la concentrazione del farmaco nella fase acquosa. Piu‘ è grande il valore di P, + grande è la solubilita‘ del farmaco nei lipidi. TOSSICOLOGIA REAZIONI AVVERSE DA FARMACI I farmaci sono sostanze tossiche e assumendone una quantità sufficientemente alta possono innescare fenomeni di tossicità talora gravi. E‘ ciò che succede negli avvelenamenti acuti dei bambini o delle persone adulte che x errore assumono x più volte il farmaco oppure, a ragion dovuta, quando commettono suicidio. Questi sono fenomeni che si riferiscono al quadro degli avvelenamenti acuti. Quello che invece vorremmo discutere oggi è un fenomeno diverso, molto più diffuso e di importanza pratica molto più grande: l‘insorgenza di reazioni avverse (le cosiddette reazioni collaterali) che si verificano dopo la somministrazione di farmaci a dosi terapeutiche e che rappresentano un corredo sintomatologico che disturba la terapia (a partire da reazioni gravi e mortali, fino ad arrivare ad una specie di ―disturbo di sottofondo‖ che non aiuta il fenomeno farmacologico, ma crea semplicemente un disagio). Una volta che una molecola di interesse farmacologico è stata individuata nella industria farmaceutica si mettono in atto delle prove, o negli animali, oppure in sistemi in vitro, che consentono di monitorare il suo potenziale farmacodinamico e farmacocinetico e la sua potenziale tossicità; sulla base di queste prove preliminari il 90% delle molecole sono scartate, perché si rivelano non adatte alla terapia umana di solito per fenomeni di tossicità, mentre solo il 10% rimanente delle molecole è sottoposto a 109 studi più attenti prima di poter essere immesse nel prontuario farmaceutico e quindi approvate per il consumo come farmaci x uso umano. SPERIMENTAZIONE CLINICA DI UNA MOLECOLA PRESUMIBILMENTE UTILE AI FINI TERAPEUTICI: La sperimentazione preliminare consiste nella osservazione degli effetti sia terapeutici che tossici nell‘animale da esperimento. Un tempo si usavano un gran numero di animali, ma oggi la società guarda questi studi con un certo disagio: ci sono fattori etici coinvolti anche per gli animali, quindi la sperimentazione animale si è ridotta al minimo, invece di procedere come una volta (con la cosiddetta dose letale 50: un certo numero di animali era saggiato con dosi crescenti del farmaco, e si stabiliva la tossicità in modo grossolano dal numero degli animali che moriva; c‘erano delle tabelle che consentivano di definire una dose tossica, che poi si paragonava alla dose terapeutica, per stabilire l‘indice terapeutico, ossia la finestra di sicurezza che si poteva utilizzare nella gestione del farmaco nell‘uomo). Oggigiorno tutto questo si è ridotto alla osservazione di pochi animali in modo da ridurre la sofferenza degli animali e anche da trarre da quei pochi animali che sono utilizzati un massimo dell‘informazione. Ci sono però due aree di sperimentazione animale dove purtroppo l‘uso di un certo numero di animali è ancora necessario: questi sono dei test per escludere il potenziale cancerogeno e per escludere proprietà teratogeniche dei farmaci. Per i test di cancerogenesi si impiegano animali che sono sottoposti al farmaco in sperimentazione a dosi crescenti per tutta la loro vita (un anno per il topo, due per il ratto). Per il test della teratogenenesi si somministra il farmaco ad animali gravidi a diversi stadi gestazione, con lo scopo di dimostrare, o meglio per escludere che il farmaco sia in grado di produrre malformazioni congenite nel feto. Ci sono due limiti fondamentali nella sperimentazione animale: il primo è che i dati ottenuti nell‘animale vanno rapportati all‘uomo e questo salto è talvolta difficile da fare, perché le specie variano in modo significativo nei loro parametri farmacodinamici e farmacocinetici e quindi i risultati ottenuti nell‘animale sono di prima approssimazione. Il secondo limite è che le popolazioni animali su cui si fanno questi test, per definizione, sono dei ceppi geneticamente omogenei, invece la popolazione umana è estremamente eterogenea (gli individui sono diversi fra loro con diversità negli enzimi che hanno importanza per l‘azione dinamica e per il metabolismo dei farmaci). Ci sono dei fattori genetici che condizionano delle reazioni avverse idiosincratiche: per scoprire quest‘ ultime occorre sperimentarle in una popolazione vasta perché rare. Dunque è necessaria una sperimentazione clinica: un ufficio competente dà il nulla osta alla sperimentazione clinica, solo dopo aver esaminato il dossier relativo al farmaco. Comitati etici autorizzano questa sperimentazione. La sperimentazione si articola in diverse fasi: PRIMA FASE di solito sono studenti che partecipano alla sperimentazione, invogliati per il congruo guadagno, facendo da cavie. Si somministra il farmaco con cautela in un ambiente protetto (così se dovessero insorgere delle reazioni avverse a queste si 110 possa rimediare tempestivamente) Nella fase 1 si utilizzano quindi dei volontari sani che hanno però aderito alla sperimentazione con il consenso informato. Nella sperimentazione clinica vanno rispettati due principi: il primo è la dichiarazione di Helsinki che è volta a salvaguardare l‘interesse del paziente (l‘interesse del paziente è sovrano, viene prima degli interessi della scienza, cioè delle acquisizioni di conoscenza e degli interessi della società. Secondo principio fondamentale è che se si procede alla sperimentazione clinica occorre che i risultati siano interpretati in modo obbiettivo: per rendere questa sperimentazione clinica obbiettiva bisogna sottrarre tali risultati alla interpretazione soggettiva dei medici - degli sperimentatori – dei pazienti stessi. Due pietre miliari nella affermazione del principio della obbiettività della sperimentazione clinica: a)Johannes Fibiger, 1898 –siero antidifterico ai pazienti ospedalizzati a giorni alterni (il giorno intermedio serviva da controllo). b)trattamento con streptomicina della tubercolosi polmonare – Trial del Medical Reserch Council inglese, 1948: pazienti divisi a caso in due gruppi , assegnazione non palesata ai medici coinvolti nella terapia. FASE DUE: si utilizzano i malati, per esempio un farmaco antiipertensivo lo si saggia su pazienti che hanno bisogno di quella determinata terapia e lo si fa in gruppi piuttosto piccoli di pazienti, saggiando di nuovo l‘ efficacia, la tollerabilità. Si passa poi alla FASE TRE, dove più centri cooperano procedendo con il principio del doppio cieco: nè il paziente, nè lo sperimentatore conoscono il trattamento che viene somministrato. Di solito si distinguono tre gruppi: il farmaco che viene saggiato, confronto con il miglior farmaco usato per quella patologia e confronto con il placebo( eccipiente che sembra identico ai due preparati ma non contiene nessun principio attivo) e si procede con il doppio cieco. C‘è un codice che si rompe alla fine della sperimentazione, quando i risultati sono stati ottenuti in modo da consentire la obbiettività dei dati ottenuti. Sorge 1 problema etico: durante la sperimentazione clinica di fase tre un paziente che ha una determinata patologia che richiede un trattamento terapeutico potrebbe ricevere un placebo, questo problema etico si affronta con il consenso informato: lo sperimentatore spiega al paziente che durante il trial il paziente potrebbe non ricevere il principio attivo, ma soltanto il placebo; il paziente deve giungere alla decisione di sottoporsi al trial in modo libero, senza pressioni. Ciò non basta: c‘ è bisogno che la sperimentazione sia guidata da dei criteri che siano oltre che obbiettivi, anche eticamente validi, ossia non basta che il paziente sia disposto ad accettare un eventuale placebo, ci deve essere un comitato che valuti un bilanciamento corretto fra i vantaggi che ne derivano con i rischi per il paziente. Un comitato etico vaglia il protocollo di sperimentazione e ha sempre il potere di intervenire nel trial e sospenderlo o modificarlo, nel caso dovesse insorgere da un altro gruppo di ricercatori l'informazione che il farmaco che si sta sperimentando è dannoso o che è decisamente superiore. Il Comitato etico interviene, sospende il trial e salvaguarda così gli interessi del paziente, nonostante il suo precedente consenso. Altro problema è quello delle reazioni rare, si calcola che per ogni farmaco che è autorizzato nell‘impiego terapeutico nella popolazione quando l‘autorizzazione 111 richiesta è concessa non si sono passati più di 1500-2000 pazienti, il farmaco può in individui predisposti scatenare reazioni avverse ma queste sono così rare che un campione così ristretto di popolazione saggiata non consente di individuare tale reazione. Allora entra in gioco la FASE QUATTRO che interessa il medico direttamente: una volta che è approvata la commercializzazione del farmaco per utilizzo terapeutico il medico deve segnalare le reazioni avverse allo scopo di accumulare osservazioni su una popolazione sufficientemente larga da consentire la scoperta di reazioni rare. Non c‘è obbligo legale, ma c‘è un obbligo di etica professionale e di etica deontologica. Il medico deve segnalare tutte le reazioni gravi, e con farmaci di recente introduzione quali che siano anche quelli che sembrano banali. Si consiglia che la segnalazione sia fatta alla ASL di appartenenza ed alla casa farmaceutica produttrice del farmaco. In media. Solo 1500 pazienti sono stati esposti ad un farmaco, prima che il farmaco sia introdotto in commercio. Con semplici calcoli si può stabilire che se abbiamo una lesione genetica rara, che è responsabile di una reazione avversa grave a quel determinato farmaco soltanto in un paziente su 10000 occorre un campione di pazienti esposti di almeno 30000 perché se ne scopra uno solo con un potere del 95%. Non è concepibile chiaramente arrivare a una sperimentazione clinica preliminare su questa scala. Il compito è già del medico quando il farmaco è stato messo in commercio e la popolazione generale è sottoposta a trattamento con questo farmaco. Reazioni avverse. 2 tipi: 1° tipo – Reazioni che possono succedere a qualunque persona. Queste sono le reazion prevedibili o frequenti o di tipo A ; A sta per "Augmented": si basano fondamentalmente sulla farmacologia del farmaco e nella grande maggioranza dei casi sono dovute a esagerazione dell‘azione farmacologica. Quindi se io prendo una sostanza antiipertensiva una reazione aumentata sarà la comparsa di una ipotensione. Non è un effetto desiderabile, quindi è una reazione avversa. 2° tipo – In gioco predisposizioni genetiche di tipo idiosincratico sono rare, ma sono preoccupanti perché una volta innescate sono gravi e minacciano la vita del paziente. Si fa riferimento in questo caso a reazioni di tipo B dalla parola Bizzarre, Non prevedibili, strane su base idiosincratica. Le reazioni di tipo A sono la grande maggioranza che si riscontra nella pratica clinica: circa l‘80% delle reazioni sono dosi dipendenti, prevedibili, per fortuna a bassa mortalità e a bassa morbilità. Tipo A: a) reazioni esagerate, le più comuni la farmacologia del farmaco è più accentuata di quanto dovrebbe essere, quindi da una azione terapeutica si passa ad una azione tossica. Non occorre necessariamente rimuovere il farmaco se si riduce la dose nella grande maggioranza dei casi queste reazioni spiacevoli sono controllate e la terapia può essere continuata. Reazioni di tipo B : risposte bizzarre idiosincrasiche non dose dipendenti, una dose piccola può essere in un soggetto predisposto in grado di scatenare questa risposta preoccupante, generalmente rare tendono ad essere gravi fino a mortali, la componente genetica domina sia il quadro sia il meccanismo, di solito si tratta di reazioni immunoallergiche ma vi sono anche reazioni idiosincratiche 112 su base tossica su tessuti od organi, la cute è il tessuto più affetto da reazioni idiosincratiche da farmaci. E poi c‘è tutta una classe di tossicità associate a difetti enzimatici. Esempio: crisi di attacco acuto di porfiria che è scatenata da un farmaco come un antidepressivo - un barbiturico che è perfettamente tollerato dalla maggioranza delle persone però in alcuni soggetti portatori di un difetto enzimatico questo farmaco anche in piccola dose è capace di scatenare una reazione grave. Nelle reazioni di tipo A la farmacologia del farmaco è esasperata, si risolvono riducendo la dose; nelle reazioni di tipo B la riduzione della dose non basta bisogna sospendere il farmaco. Questa è la differenza fondamentale della strategia di controllo da parte del medico. Esempio di reazione tipo A: medico che somministra sedativi deve tenere conto delle risposta esagerata che il paziente può avere, particolarmente pericolosa se guida la automobile o manovra macchinari pericolosi che richiedono attenzione da parte dell‘operatore. Reazioni collaterali, reazioni che sono provocate da un farmaco che non si spiegano strettamente parlando con la sua farmacologia, sono reazioni che coinvolgono un altro sistema recettoriale, ciò può succedere perché i farmaci non sono assolutamente specifici ed in alcune condizioni per esempio nell‘età avanzata ci può essere una aumentata sensibilità del sistema recettoriale accessorio che rende il paziente suscettibile all‘azione farmacologica di un farmaco che non è assolutamente specifico. Un esempio nella popolazione generale sono gli antidepressivi i quali provocano dei sintomi antimuscarinici nelle prime settimane della terapia, secchezza delle fauci ed altri sintomi di questo genere che sono spiacevoli e possono indurre il paziente a sospendere la terapia prima che l‘azione antidepressivo del farmaco si sia rivelata. Altro esempio di reazione collaterale è data dai sintomi simil-parkinsioniani indotti dall‘uso di neurolettici, sintomi collaterali che non si spiegano con la farmacologia fondamentale. Reazioni secondarie invece sono dovute all‘estensione dell‘azione farmacologica ad un sistema per il quale (farmaco, n.d.r) non è mirato, per esempio se si somministrano antibiotici si può avere una depressione della flora intestinale, ciò può dare origine a super infezioni da muffe come Candida o da miceti. Reazioni avverse più comuni da farmaci si hanno a carico della cute: sintomi piuttosto banali come insorgenza di prurito - orticaria - manifestazioni edematose, tipicamente appartengono al quadro di una reazione allergica ai farmaci con eruzioni cutanee maculo papulari e qui la maggior parte dei farmaci è in grado di innescare reazioni di questo genere oppure dermatiti da contatto dove gli antibiotici sono stati incriminati, alcuni farmaci hanno la propietà di agire da fotosensibilizzanti : interagiscono nelle parti esposte della cute con la luce solare dando origine a reazioni cutanee che dipendono dalla luce, queste sono fotodermatiti reazioni cutanee fisse insolite, fisse nel senso che tendono a permanere nella stessa sede. Si sospende il farmaco migliorano le lesioni ma se viene risomministrato queste ricompaiono nella stessa posizione, pennicillina e barbiturici sono coinvolti. Per dermatite grave si intendono le forme bollose od esfoliative e nei casi più gravi necrosi epidermica su base tossica, sulfamidici coinvolti e il CO-TRIMOSSAZOLO: 113 Associazione sinergica del TRIMETOPRIM con un sulfamidico, il SULFAMETOSSAZOLO, entrambi agenti batteriostatici che interferiscono con la sintesi dei folati. Indicati per l‘infezione delle vie urinarie e respiratorie. Nome commerciale è il SEPTRIM o BACTRIM. Oggigiorno per via della tossicità della associazione, si preferisce dare solo uno principio attivo: il trimetoprim. Indicazione specifica dell‘ associazione sono le polmoniti da Pneumocystis Carinii in pazienti con AIDS (sono richieste dosi elevate). In questa popolazione vi è una altissima incidenza di reazioni cutanee gravi di tipo esfoliativo talvolta necrotico epidermico, frequenza elevatissima nel 50% dei pazienti trattati con dosi terapeutiche elevate di co-trimossazolo per polmonite da p.c., aids potenzia questa reazione attraverso un meccanismo non chiaro (forse a causa di una disregolazione immunitaria). FARMACOVIGILANZA 1. Introduzione Per tradizione la farmacovigilanza si interessa principalmente degli effetti avversi dei farmaci. Gli effetti avversi sono di norma raggruppati tutti insieme, in elenchi, formulari o libri come se essi fossero un gruppo più o meno uniforme di malattie correlate, come le infezioni virali o le malattie reumatiche. Al contrario, le malattie iatrogene costituiscono un gruppo estremamente ampio ed eterogeneo di lamentele, sintomi, disordini e sindromi, tutti accomunati da un solo fatto, e cioè che ad un dato momento un farmaco ha svolto un ruolo, diretto o indiretto, nella loro genesi. Trenta anni or sono l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha definito una reazione avversa da farmaco come "un evento che è nocivo e non intenzionale che insorge a dosi normalmente usate nell'uomo" . In questa definizione la "dose normale" distingue le reazioni avverse dagli avvelenamenti, mentre il farmaco che causa la reazione è scartato. La colite durante una terapia con antibiotico può ben essere una reazione avversa al farmaco, anche se è causata da una tossina batterica identificata. Un effetto collaterale è "un effetto farmacologico diverso da quello voluto" e un evento avverso da farmaco è "un evento nocivo non voluto che occorre durante una terapia farmacologica" che può o non essere connesso al farmaco . La tabella I riporta la definizione internazionalmente accettata della suddetta terminologia . In molti pazienti tuttavia la relazione fra una reazione avversa ed il farmaco resta incerta e in farmacovigilanza il caso segnalato viene di solito e caratteristicamente definito come sospetta reazione avversa da farmaco. In questo lavoro reazione avversa ed effetto avverso vengono usati come sinonimi. In accordo con la definizione e la tradizione legislativa regolatoria, gli eventi avversi e gli avvelenamenti sono stati tenuti separati per molti anni. Tuttavia, una "dose normalmente usata nell'uomo" è una nozione meno chiara di quanto sembra. In molti pazienti, andati incontro a reazione avversa, la quantità di farmaco assunta, sebbene al di sotto di quella massima raccomandata, era troppo alta, a causa di una ridotta escrezione o per altre ragioni. Risposte inaspettate possono avvenire quando un medicinale non è assunto secondo le istruzioni per l'uso o in base ad una aspettativa sbagliata (per esempio a causa di una informazione non realistica). Effetti avversi, 114 uso inappropriato ed avvelenamento sono tutti esempi di problemi connessi ai farmaci, dove l'interazione fra un paziente ed un farmaco ha portato, per una ragione o per un'altra, ad un risultato svantaggioso per il paziente o per la comunità. Oltre ad effetti avversi, i farmaci possono determinare una grande varietà di problemi, che variano dalla efficacia all'avvelenamento, dalla contraffazione all'errore di somministrazione. Una recente ricerca ha confermato che tali problemi sono una causa importante di morbilità, ospedalizzazione e addirittura di mortalità . Studi per determinare ciò possono essere difficili da confrontare o estrapolare a causa delle differenze nelle definizioni o nel disegno. Sulla base di criteri farmacologici, patologici ed epidemiologici possono essere individuati un certo numero di categorie di problemi farmaco-correlati. Queste categorie possono essere elencate in uno schema integrato di classificazione, come mostrato nella Figura I. In questa tabella i problemi connessi alla dose sono posti in alto e quelli indipendenti dalla dose in basso. Gli effetti avversi che possono insorgere durante un uso appropriato di un farmaco sono posti a destra e quelli da un uso non appropriato a sinistra. La distinzione fra queste categorie non è sempre così netta, tuttavia, e nella pratica i problemi farmaco-correlati possono avere aspetti di più di una di queste categorie. 2. Effetti avversi Una varietà di meccanismi farmacologici, immunologici, metabolici o genetici possono essere alla base dello sviluppo di effetti avversi dei medicamenti e, similmente, le loro manifestazioni cliniche sono estremamente diverse e variabili. Nonostante siano svariate per forma, si possono raggruppare 3 principali gruppi di reazioni avverse, che spesso sono definite come tipo A, B e C . 2.1. Effetti avversi di tipo A. Azione del farmaco. Gli effetti di tipo A sono effetti avversi nel vero termine della parola. Essi sono però anche azioni farmacologiche. La differenza essenziale è che non sono voluti. Esempi sono rappresentati dalla costipazione durante l'uso della morfina come analgesico o dalla sedazione prodotta da un ipnotico. Senza dubbio, le reazioni di tipo A sono quelle più frequenti. Esse sono dose-dipendenti: ciò significa che sono più frequenti e più gravi quando vengono assunte dosi più elevate (Tabella II). Esiste spesso una precisa relazione temporale fra esposizione al farmaco ed effetto, in accordo alle proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche della molecola. A causa della loro natura farmacologica, gli effetti di tipo A sono facili da studiare in maniera comparativa (Tabella III). I trial clinici danno informazioni sulla efficacia e tollerabilità; quest'ultima è largamente influenzata dagli effetti avversi di tipo A. Inoltre, gli effetti di tipo A possono facilmente essere riprodotti e studiati in una varietà di tests sperimentali (es. esperimenti animali o studi in vitro). Nonostante ciò esistono molte ragioni per cui un effetto farmacologico frequente possa essere non facilmente dimostrabile e possa non essere messo in evidenza in un trial clinico. Un esempio di ciò è rappresentato dal ritardo con cui fu identificata la tosse, dopo l'introduzione in commercio degli ACE-inibitori. Un'alta frequenza di fondo o una aspecificità dell'evento possono oscurare la relazione con il farmaco; il meccanismo può non essere correlato alla azione terapeutica; l'effetto può comparire solo dopo una prolungata assunzione del farmaco. Nell'esempio della tosse e degli 115 ACE-inibitori non poté essere dimostrata una chiara relazione dose risposta, suggerendo l'esistenza di una sottopopolazione sensibile. Come è riportato oltre, una varietà di effetti di tipo A avvengono principalmente in situazioni speciali o in pazienti con aumentata suscettibilità, con disturbi metabolici dell'organismo che alterano la durata del farmaco nell'organismo, con stati fisiologici speciali o con concomitante uso di altre medicine o farmaci (interazioni) (Tabella IV). 2.1.1. Lesioni organo-selettive Esistono molti farmaci che sono generalmente ben tollerati, ma che esercitano effetti tossici selettivi su un particolare organo, tessuto o struttura, alcune volte a causa dell'accumulo o della produzione di metaboliti intermedi tossici in alcuni tessuti. Sono esempi di ciò l'ototossicità da aminoglicosidi o la retinopatia da clorochina. 2.1.2. Effetti tardivi. Esistono molti esempi di effetti di tipo A che richiedono mesi o addirittura anni di uso del farmaco per svilupparsi (es. la discinesia tardiva da antipsicotici). La loro individuazione può essere difficile a causa della mancanza di una chiara relazione temporale. La carcinogenicità è una speciale forma di effetto tardivo. Per fortuna, molti farmaci potenzialmente carcinogeni o mutageni sono eliminati durante i test preclinici. Nonostante ciò, esistono alcuni esempi di farmaci associati ad un aumentato rischio di sviluppo di malattie maligne, come ad esempio il dietilstilbestrolo (carcinoma vaginale dopo esposizione materna), i contraccettivi orali (carcinoma epatico), la fenacetina (carcinoma del tratto urinario), gli immunosoppressori come la ciclosporina e l'azatioprina (linfoma maligno) ed il colorante di contrasto biossido di torio (ampiamente usato nel passato ed associato con il carcinoma renale e la leucemia) . 2.1.3. Gruppi a rischio. Esistono molti differenti stati fisiologici e patologici che predispongono allo sviluppo di effetti farmacologici. Gravidanza, allattamento, infanzia, ridotta funzione renale o emodialisi sono tutte condizioni che possono permettere ai farmaci di causare effetti, che, in altre circostanze, potrebbero essere rari o assenti. L'effetto teratogeno della talidomide è un chiaro esempio di ciò. Poiché i pazienti dei trial sono selezionati, è improbabile che i trial clinici abbiano informazioni riguardo a queste popolazioni speciali. Possono essere necessari altri metodi di rilevazione, quali quelli, per esempio, usati per gli effetti aversi di tipo B. 2.1.4. Interazioni. Poiché molti farmaci possono interagire in molte differenti maniere, le interazioni farmaco-farmaco, farmaco-cibo o farmaco-alcool esplicano un ruolo importante in farmacovigilanza. Per il loro meccanismo farmacologico queste interazioni possono spesso essere classificate come effetti di tipo A. Talvolta i farmaci interagiscono in maniera fisico-chimica quando esposti fuori dal corpo umano, ad esempio quando iniettati in vena. Sebbene non si tratti di un vero e proprio effetto farmacologico, questo fenomeno di incompatibilità farmaceutica è incluso in questa sezione. 2.2. Effetti avversi di tipo B (reazione del paziente). Il secondo gruppo principale, gli effetti avversi di tipo B, rappresenta un fenomeno 116 che in medicina è ben tollerato dalla maggioranza dei consumatori dei farmaci, ma che occasionalmente determina una reazione "allergica" (Tabelle V e VI). Spesso, ed in maniera caratteristica, gli effetti di tipo B sono acuti, inaspettati e gravi. Spesso è caratteristico un periodo di sensibilizzazione di circa 10 giorni, ma il periodo di latenza alla sensibilizzazione può essere molto più lungo. Tali reazioni possono essere molto rare; 1 su 5000 o anche su 10000 pazienti e possono essere molto importanti sia per quel che riguarda il farmaco che per la salute della popolazione. Gli effetti avversi di tipo B sono la principale causa del ritiro dei farmaci dal mercato. Caratteristico è il fatto che non è presente, o è poco presente, una relazione con la dose: la reazione non è più frequente o più grave in pazienti che usano dosi più elevate. Pertanto, nella Figura I, gli effetti di tipo B sono inseriti in posizione opposta a quelli di tipo A. Gli effetti di tipo B sono forme di ipersensibilità sia di tipo immunologico che non immunologico ed insorgono in pazienti con una condizione predisponente, spesso ignota o non riconosciuta. Le reazioni immunologiche possono avere una patologia complessa ed assumere molte forme, variando da rashes non specifici a reazioni specifiche come l'epatite colestatica, l'agranulocitosi o le sindromi autoimmuni (Tabella VII). E' noto che molti farmaci, senza il coinvolgimento di una reazione antigene-anticorpo, liberano mediatori dell'infiammazione (in particolare l'istamina) e determinano reazioni pseudoallergiche, come ad esempio l'orticaria indotta dalla morfina o il broncospasmo mediato dalla aspirina. Il concetto di "intolleranza" di norma indica dei pazienti con una risposta eccessiva ad una dose normale di farmaco, per esempio a causa di un metabolismo lento. La risposta è qualitativamente uguale, ma quantitativamente eccessiva. Nel caso dell'idiosincrasia (termine che indica che la reazione è determinata dalla costituzione del paziente), d'altra parte, la risposta è anche qualitativamente differente. Fra i molti esempi ci sono l'anemia emolitica in pazienti con deficit di glucosio-6-fosfatasi e, probabilmente, l'anemia aplastica da fenilbutazone. Gli effetti avversi di tipo B sono difficili da studiare sperimentalmente, spesso il meccanismo non è noto o non completamente chiarito. Sono raramente disponibili test diagnostici e, in un singolo paziente, spesso resta non provata la connessione fra farmaco e risposta. Esistono molti esempi di farmaci ritirati dal commercio a causa di una reazione idiosincrasica, mentre il meccanismo responsabile della reazione non è mai stato chiarito (un esempio importante è la peritonite sclerosante da practololo). Gli effetti avversi di tipo B, nonostante la grande difficoltà, sono spesso identificati rapidamente. Ciò perché questi effetti insorgono con relazione temporale compatibile con l'esposizione al farmaco, sono caratteristici ed hanno una bassa incidenza nella popolazione. Alla luce di quanto detto, si comprende facilmente perché la segnalazione spontanea, il principale sistema usato dai centri nazionali di farmacovigilanza, si sia dimostrata particolarmente efficace per individuare gli effetti avversi di tipo B (Tabella VI) . Altri metodi per studiare gli effetti avversi di tipo B sono il monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni, gli studi caso-controllo ed il record/linkage (usando grandi database automatizzati) 117 2.3. Effetti avversi di tipo C (effetti statistici) Dal giorno in cui è scoppiata la polemica circa l'aumentata mortalità cardiovascolare, rilevata dal rapporto dell'University Diabetes Group Diabetes Program, all'inizio degli anni settanta, in pazienti affetti da diabete mellito che utilizzavano ipoglicemizzanti orali, sono state fatte numerose connessioni fra esposizione ai farmaci e frequenza delle malattie . Un altro esempio è l'aumentata incidenza totale di malattie maligne osservate in utilizzatori di clofibrato in un grande studio multinazionale di prevenzione dell'ischemia miocardica . Tali effetti avversi di tipo C possono essere definiti come l'aumentata incidenza di una data malattia in pazienti che usano un particolare farmaco, in confronto con la frequenza (rischio relativo) nei pazienti non esposti (Tabella VIII). L'associazione è essenzialmente una sproporzione statistica. E' noto che esiste la possibilità di elementi di confusione. Confrontati con quelli di tipo B, gli effetti avversi di tipo C hanno una maggiore frequenza di fondo ed una relazione temporale meno ovvia. Inoltre, come quelli di tipo B, anche gli effetti avversi di tipo C sono spesso difficili da studiare in modelli sperimentali e, almeno all'inizio, il meccanismo è spesso sconosciuto. Successivamente il meccanismo può cominciare ad essere capito, come è accaduto, per esempio, nel caso dell'aumentato rischio di calcoli biliari o di malattia tromboembolica in donne che usavano i contraccettivi orali. In questi pazienti il coinvolgimento del farmaco spesso rimane incerto o dubbio, a causa della probabilità che sia un fatto coincidente e della mancanza di una relazione temporale indicativa. Quindi, la segnalazione spontanea è di limitata utilità per individuare e studiare gli effetti di tipo C (Tabella IX). Il monitoraggio prescrizioni/evento, d'altra parte, può essere di una certa importanza, purché la raccolta dell'evento avverso avvenga dopo il periodo di latenza e che il campione studiato sia sufficientemente grande. Sebbene gli studi di follow-up (coorte) siano in teoria il metodo di scelta per studiare un farmaco, la dimensione del campione di popolazione richiesto e la durata dello studio sollevano spesso problemi scientifici, logistici, etici e finanziari. Inoltre l'acquisizione di una popolazione di controllo idonea può essere di ostacolo. Sebbene le esperienze con studi di sorveglianza caso-controllo e casi-controllo, che impiegano database collegati, siano promettenti, gli studi degli effetti avversi di tipo C restano una delle maggiori sfide della farmacovigilanza e della farmacoepidemiologia. 3. Inefficacia terapeutica Il potere di guarigione delle medicine è limitato e spesso si trova che esse hanno efficacia insufficiente nelle malattie croniche e gravi. Spesso, ma non sempre, l'inefficacia è dose-correlata. L'inefficacia è ovviamente una risposta non intenzionale e potenzialmente dannosa, anche se forse non è un effetto avverso nel senso stretto della parola. Circa la metà delle ospedalizzazioni connesse ai medicamenti sono dovuti alla loro inefficacia . La valutazione dell'effetto, specie per i farmaci di uso cronico, è quindi senza dubbio uno dei compiti della farmacovigilanza. L'inefficacia, specie quando inaspettata, può essere secondaria ad un uso inappropriato (es. dose sbagliata, durata sbagliata o indicazione sbagliata) (Tabella X). Inoltre, l'inefficacia inaspettata può essere un importante segnale di allarme in 118 farmacovigilanza, per esempio, riguardante una interazione, un difetto di formulazione farmaceutica, un prodotto di contraffazione, lo sviluppo di tolleranza o resistenza (Tabella XI). L'importanza di una attenzione per i prodotti contraffatti può essere illustrata da un recente rapporto del WHO Database sui Counterfeit Pharmaceuticals, in cui 751 casi di contraffazioni sono state osservate sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo . In rari casi l'inefficacia è provocata dalla intensità del metabolismo del paziente (es. l'opposto della intolleranza), per esempio nel caso della resistenza ereditaria alla cumarina (una rara malattia autosomica dominante). 4. Mancanza di compliance ed uso inappropriato Come indicato dalla definizione del WHO, qualunque effetto di tipo A, B e C può accadere durante l'uso medico appropriato di un farmaco. Ciò può essere considerato come una condizione di sfortuna o come un rischio calcolato. La distinzione fra uso appropriato ed inappropriato di un farmaco può essere meno ovvia, tuttavia, di quanto si pensi. E' nostra esperienza, per esempio, che nella storia di un paziente con una grave reazione avversa, con un po' di attenzione si riesce a trovare un momento in cui è stata presa una decisione sfortunata, non è stata seguita una indicazione o è stato sopravvalutato un segnale di allarme. Quando un farmaco non è assunto in maniera appropriata, è probabile che aumenti, sia in frequenza che in gravità, il rischio di effetti avversi, in particolare di quelli di tipo A. L'uso non appropriato del farmaco (in totale o parziale disaccordo con le istruzioni approvate per l'uso) può avere forme e cause molto diverse, che vanno da un'attesa non realistica o una brutta abitudine del paziente, all'uso fuori dalle indicazioni (frequente nei bambini) o all'errore medico . Quando un farmaco è usato in maniera diversa dalle istruzioni per l'uso, l'effetto avverso può avere, dal punto di vista legale, una posizione diversa e, pertanto, essere difficile da considerare nell'ambito delle regole farmacologiche. Le raccomandazioni, da parte delle autorità, della nefropatia da analgesici, per esempio, è stata ritardata in molti paesi poiché essa insorge solo dopo un uso inappropriato di analgesici (dosi eccessive per periodi eccessivi di tempo). Negli anni recenti si è cominciato a capire che la vasta area grigia di uso sub ottimale dei farmaci è di grande importanza in farmacovigilanza. Poiché si è trovato che è evitabile circa il 50% delle ospedalizzazioni causate da problemi connessi ai farmaci , vi è molto da guadagnare da misure preventive in questo campo. L'uso inappropriato dei medicamenti, tuttavia, è spesso difficile da studiare (Tabella XII). Molto spesso l'informazione presente nelle segnalazioni spontanee inviate ai sistemi di segnalazione nazionali già suggerisce che c'è qualcosa di sbagliato, per esempio, che la dose è alta o che l'indicazione è sbagliata. Spesso è necessario uno studio ad hoc (es. una indagine o uno studio in ospedale) che smascheri che la causa del problema è l'uso inappropriato. 5. Dipendenza e abuso; tolleranza e rebound La dipendenza, nelle sue varie forme, può essere vista come una assenza estrema di compliance. L'indicazione è spesso (o non più) valida ed esiste una forte tendenza, al di là del massimo, ad aumentare la dose o a prolungare la durata dell'uso. La potenzialità di indurre dipendenza è in molti casi un aspetto intrinseco alle 119 caratteristiche del farmaco, che dovrebbe essere incluso nella farmacovigilanza. La triade dipendenza, sviluppo della tolleranza e sindrome di astinenza è di particolare interesse dal punto di vista farmacologico. Una sindrome di astinenza o una reazione rebound possono essere visti come un effetto farmacologico virtuale. Il farmaco stimola l'organismo ad assumere concentrazioni che, durante il riadattamento dopo l'interruzione della esposizione, possono a loro volta avere effetti negativi. Da un punto di vista meccanicistico, c'è una similitudine con il fenomeno della induzione enzimatica, che avviene dopo che l'assunzione del farmaco viene interrotta. Come è noto, gli oppioidi ed i farmaci sedativi causano dipendenza. Il fatto che per molto tempo ci sia stata ignoranza circa le proprietà additive dei derivati benzodiazepinici, a fronte delle sue conseguenze, illustra l'importanza della dipendenza come argomento della farmacovigilanza. Un altro esempio: è ancora da risolvere la questione del se il deterioramento della condizione di un paziente, dopo aver interrotto l'assunzione di un farmaco antidepressivo, è una ricaduta della depressione o è una reazione di astinenza . La dipendenza non è limitata ai farmaci psicotropi, ma può, spesso inaspettatamente, avvenire con una varietà di altri medicamenti come i decongestionanti nasali, i lassativi o gli analgesici minori. La nefropatia da analgesici, una conseguenza dell'abuso prolungato di questi ultimi farmaci, è ancora una delle maggiori preoccupazioni della farmacovigilanza . E' noto che la dipendenza è difficile da studiare. Fino a che il paziente assume il farmaco, il medico lo prescrive ed il farmacista lo dispensa tutti sembrano contenti, fino a quando la dipendenza sfugge al controllo. Nel monitoraggio routinario della dipendenza da farmaci, la segnalazione spontanea riveste un ruolo importante. Affinchè sia disponibile un'informazione migliore, è necessario che ci sia una attiva raccolta dei dati, la qual cosa può essere difficile poiché questi pazienti attuano una strategia di diniego. 6. Overdose ed avvelenamento Dalla dipendenza, che come è noto è associata alla tendenza del paziente ad assumere dosi sempre maggiori, c'è un piccolo scalino da salire per raggiungere l'overdose o l'avvelenamento. L'avvelenamento può essere relativo od assoluto, può essere ricreazionale, iatrogeno, intenzionale o accidentale. Può essere acuto o cronico. L'avvelenamento, che rappresenta un eccessivo effetto farmacologico, è solo una tappa degli effetti avversi di tipo A dove noi partiamo ed alla fine, come in un cerchio, noi torniamo. In molti Stati, c'è un sistema nazionale di controllo degli avvelenamenti, che assicura contemporaneamente un appropriato trattamento dell'avvelenamento e una osservazione permanente sul potenziale tossico dei nuovi medicamenti. L'avvelenamento acuto può essere visto come un esperimento umano non voluto, che può essere molto interessante dal punto di vista del farmacologo. Esistono molti farmaci che esercitano un effetto tossico in overdose, effetto che poteva essere previsto durante l'uso cronico del farmaco. In molti Stati, l'avvelenamento è stato originariamente considerato come separato dall'uso terapeutico del farmaco e, anche per ragioni legali, al di fuori degli scopi della regolamentazione dei farmaci. In accordo alla legge tedesca, per esempio, un medicamento deve essere sicuro "quando 120 usato come raccomandato". Nel mondo intero c'è ora una nuova tendenza verso una collaborazione più stretta o addirittura una fusione del centro di controllo degli avvelenamenti e la farmacovigilanza. 7. Effetti avversi "indiretti" Al di fuori della somministrazione a scopi terapeutici, i medicamenti possono essere causa di pericolo per la salute in una varietà di altri modi, attraverso i processi di produzione, distribuzione e distruzione. Un errore di produzione può portare alla contaminazione dell'ambiente mediante un intermedio tossico o mediante i prodotti di scarico. Farmaci ampiamente usati che vengono escreti immodificati o sotto forma di metaboliti attivi possono essere presenti in tracce nelle acque di superficie. Antibatterici usati per esempio nelle bioindustrie possono portare allo sviluppo di resistenza batterica. Questi tipi di effetti dannosi indiretti dei farmaci non sono stati inclusi nella classificazione della Figura I. 8. Implicazioni I problemi correlati ai medicamenti hanno una varietà di cause differenti, che vanno dagli effetti avversi e dalle interazioni alla inefficacia, all'uso inappropriato, alla contraffazione, alla dipendenza e all'avvelenamento. Fra l'uso appropriato e l'uso sbagliato o eccessivo dei medicamenti esiste una vasta area grigia di uso subottimale, che può ridurre la sicurezza. La farmacovigilanza si preoccupa di tutti gli aspetti dell'uso delle medicine che hanno conseguenze riguardo la sicurezza, l'efficacia e l'uso appropriato. Non esiste un metodo che può essere utilizzato per studiare tutti gli aspetti di tutti i medicamenti e probabilmente non ci sarà mai. Per tradizione esistono 2 sistemi maggiori per affrontare la "questione aperta" della vigilanza: la segnalazione spontanea (specie per l'identificazione degli effetti di tipo B) ed il controllo dell'avvelenamento (che si occupa principalmente dell'avvelenamento acuto). Problemi differenti necessitano spesso di metodi differenti di studio. Come è normale tali studi hanno bisogno di essere specificatamente programmati per la questione o la proposta che si vuole affrontare e sono limitati nel loro scopo, grandezza e durata. Esiste un numero limitato di metodi disponibili per studiare le medicine messe in commercio, ciascuno ha specifici vantaggi e limitazioni come illustrato dalle Tabelle II, VI, VIII e XI. Si stanno sviluppando nuovi approcci, che combinano gli aspetti del monitoraggio e degli studi formali, per esempio, la sorveglianza caso controllo o la ricerca dei dati o gli studi caso controllo incrociati che usano grandi banche dati automatizzate. La classificazione proposta in questo lavoro (Tabella I) copre l'intera scala dei problemi connessi ai medicamenti, tenendo in conto le loro caratteristiche e distinzioni di base, ed è applicabile in senso generale. Può servire come una struttura educazionale per una buona comprensione, da parte dei medici di medicina generale e degli specialisti (es. clinici, farmacisti, farmacologi ed epidemiologi), dei complessi problemi connessi al trattamento farmacologico. Inoltre può essere utile per l'appropriata scelta di un metodo di studio e per il disegno di strategie razionali ed efficienti per lo studio scientifico dei medicamenti dopo la loro approvazione. 9. Tabelle 121 Tabella I. Definizioni Effetto Qualsiasi effetto non intenzionale di un medicamento che collate- insorga a dosi normalmente impiegate nell'uomo e che sia rale correlato alle proprietà farmacologiche del medicamento. Evento Qualsiasi evenienza medica non voluta che può comparire avver- durante un trattamento con un farmaco, ma che non so necessariamente abbia una relazione di causalità con il trattamento stesso. ReaUna risposta ad un farmaco che sia nociva e non intenzionale e zione che avviene a dosi che normalmente sono usate nell'uomo per la avver- profilassi, la diagnosi o la terapia di una malattia o che insorga a sa seguito di modificazioni dello stato fisiologico. Reazio Una reazione avversa, la cui natura o gravità non è riportata ne avnella scheda tecnica o nella autorizzazione rilasciata per la versa commercializzazione o che sia inaspettata in base alle inaspet caratteristiche del farmaco. tata Figura 1. Lo zodiaco dei problemi farmaco-correlati. Tabella II. Effetti avversi di tipo A (azione del farmaco): effetti avversi farmacologici Comuni (>1%) Dose-dipendenti Relazione temporale evidente Riproducibile Tabella III. Effetti avversi di tipo A (azione del farmaco): metodi di studio Trial clinico Segnalazione spontanea Esperimenti Studi ospedalieri Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni Studi di follow-up Tabella IV. Eventi avversi di tipo A, che insorgono in speciali situazioni o in pazienti con aumentata suscettibilità Lesioni selettive di organi Effetti tardivi Carcinogenicità/mutagenicità 122 Interazioni Situazioni a rischio Bambini Anziani Insufficienza renale Emodialisi Gravidanza Allattamento Tabella V. Effetti avversi di tipo B (reazioni del paziente) Reazioni immunologiche Intolleranza metabolica Idiosincrasia Rara (<1%) Inaspettata Causalità incerta Meccanismo incerto Assenza di relazione con la dose Non riproducibile sperimentalmente Con caratteristiche di gravità Relazione temporale suggestiva Bassa frequenza di fondo Tabella VI. Effetti avversi di tipo B (reazioni del paziente): metodi di studio Segnalazione spontanea Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni Sorveglianza caso-controllo Database/record linkage Tabella VII. Esempi di reazioni avverse a farmaci su base immunologica Cute Orticaria Rush maculopapulare Eritema nodoso Eczema Eruzione lichenoide Vasculite Sindrome di Stevens-Johnson Necrolisi epidermica tossica 123 Sangue Trombocitopenia Agranulocitosi Anemia emolitica Anemia aplastica Fegato Epatite colestatica Epatite epatocellulare Rene Nefrite interstiziale Glomerulonefrite Polmone Polmonite (eosinofila, alveolare,interstiziale) Sistemiche Anafilassi Vasculiti Malattia da siero Lupus eritematoso sistemico Tabella VIII. Eventi avversi di tipo C (effetti statistici) Aumentata frequenza di malattia "spontanea" Elevata frequenza di fondo Meno tipica per una reazione da farmaco Senza una congrua relazione temporale Spesso con lunga latenza Meccanismo ignoto Difficile da riprodurre sperimentalmente Tabella IX. Effetti avversi di tipo C (effetti statistici): metodi di studio Studi di follow-up (coorte) Studi caso-controllo Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni Grandi database/collegamenti di record La segnalazione spontanea è di uso limitato Tabella X. Inefficacia terapeutica Difetti farmaceutici e contraffazioni Uso inappropriato (assenza di compliance) Interazioni Resistenza Tolleranza 124 Tabella XI. Uso inappropriato del farmaco Dose errata Durata errata Via di assunzione errata Indicazione errata Aspettativa errata Uso "non indicato" e assenza di compliance Insufficienza di informazione e di monitoraggio Precauzioni non ottemperate Errore medico di somministrazione Tabella XII. Uso inappropriato del farmaco: metodi di studio Segnalazione spontanea Monitoraggio di eventi connessi alle prescrizioni Questionario Studi crociati Studi di follow-up FARMACI e FEGATO I farmaci interagiscono con il fegato in vari modi differenti: Estrazione e metabolismo del farmaco: il fegato è protagonista nella modulazione del ruolo dei farmaci; in caso di patologie epatiche si avrà quindi una minore durata dell‘azione farmacologica. Il fegato è anche l‘obiettivo elettivo dell‘azione tossica di molti farmaci. Considerazioni anatomo-fisiologiche sul fegato: la massa del fegato è sproporzionata al flusso ematico. Il flusso ematico è composto da: Flusso arterioso: arteria epatica Flusso venoso: sistema portale. Il 75% del sangue portale proviene dall‘intestino, sede nella quale avviene l‘assorbimento di molti farmaci; per questo motivo il fegato ha un ruolo fondamentale nell‘estrazione e nel metabolismo di molti farmaci (è il cosiddetto EFFETTO DI PRIMO PASSAGGIO) Considerazioni sulla struttura istologica del fegato: l‘epatocita ha una doppia polarità funzionale: dal lato che poggia sulla lamina basale l‘epatocita si affaccia sullo spazio di His e quindi sul capillare ematico; l‘altro polo si affaccia invece sul canalicolo biliare. Questa disposizione fa sì che i farmaci passino dal circolo sanguigno (dopo essere stati assorbiti a livello enterico) all‘interno dell‘epatocita passando attraverso la membrana citoplasmatica del lato basale, per poi essere metabolizzati all‘interno 125 della cellula e quindi secreti in forma coniugata nel lume del canalicolo biliare. In tale modo il fegato svolge un ruolo importante quale via di perdita dei farmaci. Il passaggio attraverso la membrana citoplasmatica luminale è favorito dalla presenza di trasportatori della famiglia ABC (ATP Binding Cassette) tra i quali è importante la glicoproteina P: tutti utilizzano ATP come fonte di energia. Metabolismo epatico dei farmaci: Il metabolismo si attua in due fasi distinte: Reazioni di fase 1 (reazioni di funzionalizzazione): viene inserito un gruppo funzionale sulla molecola del farmaco. Reazioni di fase 2 (reazioni di conigazione): viene coniugata una molecola sul gruppo funzionale inserito nella fase 1. A seguito del metabolismo epatico solitamente i farmaci sono resi più idrosolubili e quindi più facilmente pronti ad essere escreti dall‘organismo; il metabolismo in questi casi, quindi, è atto a scoraggiare l‘azione farmacologica in quanto contribuisce a diminuire l‘emivita del farmaco stesso. L‘azione di un farmaco si esplica legandosi ad uno specifico recettore presente sulla superficie cellulare degli elementi che compongono il tessuto bersaglio. Il metabolismo epatico può creare metaboliti senza attività farmacologica, e quindi incapaci di legarsi ai recettori specific i per il farmaco. Un‘ultima evenienza è che il metabolismo epatico sia ridotto: in tal caso l‘azione farmacologica risulterà aumentata poiché in circolo sarà presente una concentrazione maggiore di farmaco attivo. Quest‘ultima evenienza (metabolismo epatico ridotto) può essere presente principalmente in corso di due classi di patologie: Ipertensione portale Malformazioni congenite a livello dei vasi epatici Entrambi queste situazioni determinano una compromissione della circolazione portale epatica: il cosiddetto shunt porta-cava. Tossicità epatica dei farmaci: Un farmaco dopo essere stato metabolizzato a livello epatico (soprattutto dal sistema del Citocromo P450) può anche dare metaboliti reattivi e quindi tossici. Questi metaboliti sono in grado di formare legami stabili con molecole bersaglio sull‘epatocita determinando così una lesione molecolare primaria . Si può quindi dire che il fegato catabolizza la propria lesione (processo autolesivo). Alcuni farmaci possono quindi innescare patologie epatiche. Categorie di danni epatici da farmaci: Lesioni prevedibili: possono comparire in tutti gli individui se il farmaco è somministrato ad alte dosi. Lesioni idiosincratiche: con alla base una predisposizione di tipo genetico. Lesioni colestatiche: interferiscono con la normale escrezione di bile; il sintomo caratteristico sarà quindi un ittero ostruttivo. 126 Farmaco Latenza Tipo di danno Compromissione Immunologica Lesione prevedibile 1. Paraceta molo (Tachipirina) breve Steatosi epatica assente Lesione Lesione idiosincrasica Colestatica 1. Alotano 1. Clorpromazi 2. Isoniazi na de 2. Contraccettiv i orali variabile Variabile Epatite massiva fulminante 1. Presente 2. Assente (*) Colestasi con (1) o senza (2) infiammazioni periportali 1. Presente 2. Assente (*): raramente accade e non è una reazione dose dipendente: è per questo che si è pensato ad una reazione di tipo idiosincratico individuale. La patogenesi può essere ricercata nel metabolismo dell‘Isoniazide che produce normalmente metaboliti tossici; se l‘individuo ha una predisposizione genetica a metabolizzare in modo abnorme il farmaco, si avrà un‘alta concentrazione di metaboliti tossici che daranno il danno epatico (Epatite massiva fulminante). Esempio di lesione prevedibile: Paracetamolo (Tachipirina): da una reazione lesiva dose dipendente, questo vuol dire che non serve una predisposizione genetica per avere lesioni da overdose di paracetamolo. Per questo motivo in Inghilterra non è infrequente trovare pazienti che usano alte dosi di paracetamolo a scopo suicidiario; tuttavia utilizzato a tale scopo è alquanto inefficace perché vi è un lungo intervallo tra l‘assunzione del farmaco e la morte dell‘individuo. Meccanismo molecolare della produzione di specie reattive del paracetamolo: a livello del Cit. P450 si genera un atomo di Ossigeno legato ad un atomo di Ferro; questo composto sottrae un atomo di H al paracetamolo si viene così a formare un gruppo idrossilico (OH) sul Cit. P450 più una specie radicalica del paracetamolo; questa riacquista il radicale OH dal Cit. P450 acquisendo così una funzione idrossilica (reazione di funzionalizzazione). Questo composto idrossilato viene quindi deidrogenato a N-acetil-benzoquinoninina; quest‘ultima tende a ridursi per formare nuovamente paracetamolo: si viene quindi ad instaurare un ciclo futile di ossido/riduzione a spese dei composti sulfidrilici cellulari (soprattutto il Glutatione = GSH). (vd lucido con ciclo ossido-riduttivo) A dosi normali di farmaco, il GSH non viene consumato completamente , mentre una dose eccessiva è in grado di ridurre le riserve cellulari di GSH in modo significativo 127 (fino all‘80%), rendendo così la cellula non più in grado di fronteggiare lo stress ossidativo danno cellulare. Quando il GSH viene consumato è possibile rigenerarlo non riducendo la forma ossidata GSSG, ma piuttosto stimolandone la neo-sintesi; essendo la Cisteina (Cys) il precursore del GSH, l‘antidoto ideale contro alte dosi di paracetamolo è la N-acetilCys (in quanto la forma acetilata è meno tossica). Se si prendono più di 20 compresse si ha un danno epatico grave che può anche portare ad esiti letali. L‘antidoto cisteinico va somministrato entro 12-16 h dall‘avvelenamento da paracetamolo. Esempio di lesione idiosincratica : Una donna di 37 anni evidenzia in anamnesi casi sporadici di asma bronchiale soprattutto nella stagione primaverile (e quindi di sospetta origine allergica); inoltre riferisce di essere allergica alla penicillina. Le allergie sono fattori che possono far presupporre probabili reazioni idiosincratiche ai farmaci. Altri fattori di rischio sono il sesso femminile (è maggiore la frequenza di idiosincrasie nel sesso femminile) e l‘obesità. Questa donna ha subìto negli ultimi tempi parecchi interventi chirurgici sotto anestesia generale con Alotano; 5 giorni dopo l‘ultimo intervento chirurgico la paziente ha accusato malessere generalizzato, dolore sordo in sede epatica e ittero. Le condizioni di salute si sono inoltre rapidamente aggravate e i test di funzionalità epatica (transaminasi) erano alterati. L‘alotano può dare due tipi di reazioni lesive: Epatite di tipo I : sono abbastanza frequenti (nel 20% dei casi), il danno epatico è modesto e accompagnato da un aumento transitorio delle transaminasi in circolo (soprattutto è aumentata la Glutation-S-Tranferasi (GST) che è concentrata soprattutto negli epatociti centrolobulari) Epatite massiva fulminante (di tipo II) : è una epatite che interessa massivamente il fegato e spesso è accompagnata da encefalopatia; Fattori di rischio per l‘epatite massiva fulminante causata da idiosincrasia all‘alotano: Rapporto donna/uomo = 1,6/1 Esposizione più volte all‘alotano Storia familiare di allergia ai farmaci Segni allergici in epatite: eosinofilia allergica. Di tutte le epatiti fulminanti in Inghilterra il 50% è causata da alotano (il 45% è causato dal paracetamolo). Il Meccanismo patogenetico si fonda su una predisposizione su base immuno-allergica: sono stati trovati i seguenti elementi: Anticorpo (Ab) contro l’alotano: trovato nei pazienti con epatite massiva fulminante; Antigene (Ag): dopo aver somministrato l‘alotano a conigli e dopo aver isolato gli epatociti del coniglio, si è visto che sulla superficie di tali cellule è presente un Ag riconosciuto dagli Ab presenti nel siero di pazienti con epatite massiva fulminante; 128 Reazione Ag/Ab, evidenziata con: Immunofluorescenza indiretta : l‘Ab si lega all‘Ag; si usa quindi la fluorescina come Ab IIario, ovvero Ab-antiAb Induzione dell‘attività citotossica dei linfociti Killer ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay) L‘alotano è in grado di produrre un radicale trifluoracetico (TFA); questo si lega ad aminoacidi presenti sull‘epatocita formando così un addotto (proteine-TFA) che viene espresso sulla superficie cellulare (questo succede in tutti gli individui). I soggetti predisposti invece: hanno una concentrazione di addotto talmente alta da far scattare la reazione di tipo allergico; l‘addotto è riconosciuto come non-self; ciò perché si instaura una situazione di mimetismo molecolare con un componente normale del mitocondrio epatico (forse la subunità E2 della Piruvato-DH). Si ha quindi una situazione di tolleranza per il farmaco. I soggetti predisposti sono carenti di questo enzima viene quindi riconosciuto come non-self: questa è la base della predisposizione genetica alla reazione idiosincrasica da alotano. CITOCROMO P450 E INTERAZIONI TRA FARMACI 1. Introduzione 2. Citocromo P450 3. Polimorfismo genetico 4. Interazioni tra farmaci 5. Conclusioni 6. Esempi di polimorfismo genetico 7. Esempi di interazioni tra farmaci 8. Citocromo P450 2D6 (CYP2D6) 9. Citocromo P450 3A4 (CYP3A4) 10. Citocromo P450 1A2 (CYP1A2) 11. Citocromo P450 2C9 (CYP2C9) 12. Citocromo P450 2C19 (CYP2C19) 13. Citocromo P450 2E1 (CYP2E1) 1. Introduzione Assumere un farmaco, per le più diverse esigenze e nelle più varie circostanze, è un‘azione che milioni di persone compiono quotidianamente. La ricerca scientifica mette continuamente a disposizione del malato nuovi e "miracolosi" rimedi per i problemi più disparati, dall‘ultimo e più efficace farmaco per la terapia dell‘ipertensione fino al più moderno "pillolo" anticoncezionale. Spesso però, il 129 prezzo da pagare per tutto questo è molto alto. I morti da Viagra sono solo l‘ultimo eclatante esempio di una storia, quella della farmacologia, segnata da episodi spesso drammatici. Negli ultimi anni l‘interesse del mondo scientifico verso gli isoenzimi del citocromo P450 é aumentato notevolmente, mentre si veniva progressivamente chiarendo il loro ruolo nelle interazioni farmacologiche, nella tossicità dei farmaci e nella formazione di metaboliti carcinogeni. In particolare, l‘attenzione nei confronti delle interazioni farmacologiche che coinvolgono gli isoenzimi del CYP450 è stata notevolmente rafforzata dalle direttive della Food and Drug Administration (FDA), che qualche anno fa per questa ragione ha sospeso la terfenadina (Seldane®) dal mercato farmaceutico. Il metabolismo della terfenadina é catalizzato da un isoenzima, il CYP3A4, che può essere inibito da farmaci di comune impiego quali eritromicina o ketoconazolo. L‘inibizione del metabolismo della terfenadina determina un aumento delle concentrazioni plasmatiche del farmaco che può provocare aritmie. Secondo i dati pubblicati dalla FDA, fino ad oggi la tossicità da terfenadina può essere correlata a 396 decessi. In particolare sono stati segnalati 39 casi di torsades de pointes, 145 casi di allungamento dell‘intervallo QTc e 207 casi di arresto cardiaco. Ancora più attuale è l‘annuncio con il quale l‘8 Giugno 1998 la Roche ha stabilito il ritiro dal mercato farmaceutico del mibefradil (Posicor®), nuovo farmaco calcioantagonista, in seguito alle crescenti evidenze riguardanti l‘ampio spettro di interazioni (molte delle quali con farmaci comunemente utilizzati per il trattamento di patologie cardiovascolari), e dopo solo un anno dalla sua introduzione in Europa e negli USA. E‘ stato chiarito che il mibefradil inibiva l‘attività del CYP3A4, una delle più rappresentate isoforme del citocromo P450 ( ~ 30%) determinando quindi un pericoloso aumento delle concentrazioni plasmatiche di tutti quei farmaci che vengono metabolizzati da questo enzima. Le conseguenze sono state ancora più gravi con quei composti caratterizzati da un ristretto indice terapeutico, quali ciclosporina e tacrolimus. I due esempi riportati, sicuramente rappresentativi di un problema più vasto, testimoniano e rafforzano l‘importanza e la necessità non solo di effettuare specifici studi di interazioni farmacocinetiche prima di immettere un nuovo farmaco nel già "affollato" mercato farmaceutico, ma di rivedere, alla luce di questo nuovo segnale di allerta, i farmaci già in uso. 2. Citocromo P450 Per cercare di ridurre il rischio di comparsa di effetti indesiderati la cui gravità può arrivare fino al verificarsi di danni irreversibili (es. l‘embriotossicità da talidomide, che causò una vera e propria epidemia di nati deformi negli Anni Sessanta, o la comparsa di discinesia tardiva da antipsicotici) o addirittura all‘esito letale, con costi sociali ed umani enormi, la ricerca scientifica si è impegnata negli ultimi anni nell‘individuazione di quei fattori che possono rappresentare un rischio o che determinano una predisposizione allo sviluppo di tali effetti, onde individuare e quindi proteggere i soggetti più a rischio. 130 Molti effetti indesiderati trovano la loro causa prima in alterazioni di quei processi metabolici a cui quasi tutti gli xenobiotici vanno incontro, principalmente a livello epatico, ed il cui fine ultimo é quello di modificarne le proprietà chimico fisiche, facilitandone l‘escrezione. Durante il processo di biotrasformazione epatica, principale meccanismo con il quale viene regolata la concentrazione del farmaco nell‘organismo e quindi nel sito d‘azione, il farmaco progenitore viene convertito in uno o più metaboliti (farmacologicamente attivi o inattivi) dotati di maggiore polarità, quindi più idrosolubili e facilmente eliminabili con l‘urina o con la bile. Tale processo avviene attraverso la trasformazione dei gruppi funzionali della molecola (reazioni di fase I quali ossidazioni, riduzioni ed idrolisi) e la successiva coniugazione con sostanze endogene per la formazione di composti inattivi (reazioni di fase II quali glucuronidazione, solfatazione). Il principale responsabile delle reazioni di fase I di un‘ampia varietà di composti endogeni ed esogeni, chimicamente e biologicamente non correlati, è il sistema epatico del citocromo P450, costituito da una serie di isoenzimi localizzati sulle membrane microsomiali del reticolo endoplasmatico liscio principalmente a livello epatico e/o in tessuti extraepatici, quali il tratto gastrointestinale, i reni, i polmoni, la cute ed il sistema nervoso centrale. Tutte le isoforme enzimatiche del citocromo P450 sono proteine contenenti un gruppo eme, inizialmente identificate come pigmenti rossi (P) che producevano una caratteristica banda di assorbimento spettrofotometrico a 450 nM. Gli isoenzimi del citocromo P450 sono stati suddivisi in famiglie e sottofamiglie, in base alla somiglianza strutturale nella sequenza aminoacidica, ed indicati con il prefisso CYP seguito da un primo numero indicante la famiglia, una lettera indicante la sottofamiglia ed un secondo numero indicante il singolo isoenzima 12. Negli ultimi anni sono stati identificati circa 30 CYPs, 7 dei quali svolgono un ruolo determinante nel metabolismo dei farmaci (CYP 1A2, 2C8, 2C9, 2C19, 2D6, 3A4, 2E1). 3. Polimorfismo genetico Esiste una marcata variabilità, sia interindividuale che interetnica nella capacità di metabolizzare i farmaci. Tale variabilità rende parzialmente conto delle differenti risposte (il cui range può variare dalla mancanza di effetti clinici alla comparsa di gravi effetti tossici) alla stessa dose di farmaco quotidianamente osservate nella pratica clinica. A determinare tale variabilità concorrono fattori di natura diversa: fisiologici (età, sesso), patologici (es. malattie epatiche o renali), ambientali (es. interazioni tra farmaci o altri composti chimici), genetici. Proprio l‘individuazione e la caratterizzazione delle variazioni nella risposta ai farmaci dovute a fattori ereditari è oggi oggetto di studio di una branca della genetica nota appunto come farmacogenetica. La maggior parte delle modificazioni farmacocinetiche di natura genetica attualmente conosciute riguarda la variabilità interindividuale nell‘attività degli enzimi responsabili del metabolismo di alcuni farmaci: una riduzione geneticamente 131 determinata nella velocità dei processi metabolici può provocare l‘accumulo di un farmaco nell‘organismo con un aumentato rischio di effetti collaterali, mentre un incremento di tale velocità può condurre ad un fallimento terapeutico, causa il mancato raggiungimento di livelli plasmatici efficaci. E‘ stato osservato che esiste una certa variabilità interindividuale nel contenuto e nell‘attività di diversi enzimi del citocromo P450. Tra i molteplici fattori responsabili di tale fenomeno, il polimorfismo genetico è sicuramente il più importante. Il termine polimorfismo genetico definisce un carattere monogenico presente nella popolazione in almeno due diversi fenotipi (e verosimilmente in almeno due genotipi), di cui il più raro con frequenza di almeno 1-2 %. Il polimorfismo genetico relativo agli enzimi metabolizzanti i farmaci determina nella popolazione l‘esistenza di almeno due distinti sottogruppi o fenotipi con differente capacità metabolica: metabolizzatori lenti (PM) e metabolizzatori rapidi (EM). Ovviamente, la presenza di varianti enzimatiche ad attività ridotta o nulla o, al contrario, ad attività molto elevata, ha importanti risvolti clinici e tossicologici. I PM sono esposti al rischio di raggiungere elevate concentrazioni plasmatiche di farmaco, e di sviluppare quindi effetti collaterali concentrazione-dipendenti. Al contrario i soggetti EM (e ancora più alcuni soggetti identificati come metabolizzatori ultra rapidi, UR) rischiano di non beneficiare degli effetti terapeutici attesi. La capacità metabolica individuale può essere determinata mediante test di fenotipizzazione, basati sulla somministrazione di una singola dose orale di un marker enzimatico, quali ad esempio, debrisochina, sparteina o destrometorfano (CYP2D6), oppure mediante tipizzazione genetica con tecniche di biologia molecolare. L‘identificazione delle principali varianti alleliche degli enzimi polimorfici ci consente infatti di genotipizzare gli individui, e quindi di predire quali soggetti sono più esposti al rischio di sviluppare effetti indesiderati, con una tecnica di minima invasività (un unico prelievo di 10 ml di sangue è tutto ciò che viene richiesto al paziente) e completamente scevra dai rischi connessi con altre tecniche quali ad esempio la fenotipizzazione (possibili interferenze con altre terapie in atto, reazione abnorme al probe-drug). Determinare quale sia il genotipo di un individuo può essere di notevole importanza non solo nel breve, ma anche nel lungo termine, in quanto il genotipo, come tutti i caratteri genetici, non è soggetto a cambiare nel corso dell‘esistenza. 4. Interazioni tra farmaci L‘uso contemporaneo di più farmaci è spesso essenziale per il raggiungimento del risultato terapeutico desiderato o per il trattamento di patologie concomitanti. La polifarmacoterapia è una pratica ormai accettata e necessaria in situazioni quali ad esempio l‘ipertensione, l‘insufficienza cardiaca, la chemioterapia antitumorale, molte malattie psichiatriche, nelle quali l‘uso di un farmaco risulta efficace solo in una piccola percentuale di pazienti. E‘ ormai noto che la contemporanea assunzione di più farmaci può condurre ad interazioni di diversa natura, tutte comunque risultanti in una alterata azione dei 132 farmaci stessi che può portare sia al fallimento terapeutico che alla comparsa di effetti collaterali. In particolare, nel caso di interazioni a livello metabolico, e più precisamente a livello delle isoforme del citocromo P450, si possono verificare i fenomeni di inibizione e induzione enzimatica. La prima eventualità si verifica quando due o più farmaci vengono metabolizzati dallo stesso enzima. Si viene in tal caso a determinare una competizione di legame per la stesso sito enzimatico con conseguente diminuzione del grado di metabolismo del farmaco con minore affinità. I meccanismi di inibizione degli enzimi CYP450 possono essere suddivisi in tre categorie: reversibili, quasiirreversibili ed irreversibili, in dipendenza del tipo di interazione che si instaura tra enzima e substrato (farmaco o suoi metaboliti). Alcuni farmaci e xenobiotici (es. fenobarbitale, carbamazepina, fenitoina, etanolo, fumo di sigaretta) sono invece in grado di indurre, sia a livello epatico che extraepatico, diversi CYPs, tra cui il CYP 1A1, 1A2, 2C9, 2E1, 3A4. A differenza dell‘inibizione, che rappresenta una risposta quasi immediata, l‘induzione è un processo regolatorio lento, che può ridurre la concentrazione plasmatica di un farmaco, e di conseguenza comprometterne l‘efficacia, in maniera tempo dipendente. L‘induzione enzimatica prevede infatti un aumento della trascrizione genica, e quindi della sintesi della proteina enzimatica, come risposta adattativa che protegge le cellule da xenobiotici tossici aumentandone l‘attività detossificante. É in un certo senso difficile predire i tempi richiesti affinché si verifichi l‘induzione di un enzima. Diversi fattori, inclusi l‘emivita del farmaco ed il turn-over dell‘enzima, possono infatti concorrere nel suo determinismo. Le conseguenze più importanti della induzione dei CYPs nella terapia farmacologica sono: a) una riduzione degli effetti farmacologici in seguito ad un incremento del metabolismo del farmaco; b) una diminuzione della tossicità, attraverso una detossificazione più rapida, o un aumento della tossicità, in seguito alla maggiore produzione di metaboliti reattivi. La rilevanza clinica attribuibile ad una eventuale interazione farmacologica deve però essere valutata anche alla luce di alcune importanti caratteristiche sia del farmaco il cui metabolismo viene inibito, quale ad esempio l‘indice terapeutico, e sia del farmaco inibitore o induttore, quali ad esempio la potenza e la selettività. In seguito ai numerosi studi effettuati allo scopo di caratterizzare le diverse isoforme del CYP450 e di definire l‘esistenza di substrati, inibitori o induttori più o meno selettivi, è oggi possibile, utilizzando diversi approcci, in vitro ed in vivo, identificare quali isoforme siano responsabili del metabolismo di un nuovo farmaco e prevedere la possibilità che esso sia soggetto ad interazioni con altri farmaci, specialmente se comunemente utilizzato in polifarmacoterapia. Non dobbiamo ancora dimenticare che anche sostanze presenti negli alimenti possono influenzare l‘attività degli isoenzimi P450, che anche il fumo di sigaretta può indurre il metabolismo di substrati del CYP1A2 quali la clozapina, la fluvoxamina, teofillina o la caffeina, o ancora che pazienti con dipendenza da alcohol sono soggetti ad un elevato rischio di epatotossicità da acetaminofene a causa della capacità di indurre gli enzimi (CYP1A2 e CYP2E1) coinvolti nella formazione dei metaboliti tossici del farmaco. 133 5. Conclusioni Un elevato numero di farmaci comunemente impiegati nella pratica clinica é metabolizzato da uno o più isoenzimi del citocromo P450. A causa di ciò, il metabolismo di tali farmaci può risultare alterato in presenza di particolari condizioni (ad es. l‘esistenza di un polimorfismo del gene che codifica per un determinato enzima) o dalla contemporanea assunzione di altre sostanze capaci di agire come induttori o inibitori degli enzimi in questione. In particolare, le interazioni farmacologiche dei farmaci caratterizzati da uno stretto indice terapeutico, possono causare conseguenze molto serie, con la comparsa di gravi effetti collaterali o addirittura con il decesso del pazienti. Coloro che sono trattati con uno o più farmaci (in particolare le fasce più a rischio, cioè soggetti in età pediatrica o anziani in politerapia) dovrebbero essere a conoscenza dei potenziali rischi di interazioni farmacologiche e della necessità che il medico si aggiorni sulla loro storia clinica e sulle terapie in atto praticate prima di associarvi nuovi rimedi. In diversi case-reports é infatti emerso che le interazioni farmacologiche sono spesso provocate da farmaci prescritti in momenti diversi e da medici diversi, spesso a causa dell‘aggiunta di un induttore o un inibitore ad un paziente in terapia cronica di mantenimento con un farmaco ben conosciuto come substrato di un determinato isoenzima. La ricerca farmaceutica attualmente si sta indirizzando verso l‘individuazione degli enzimi responsabili del metabolismo di un farmaco prima che questo venga commercializzato, e ancora meglio nelle prime fasi dello screening del farmaco stesso. Questo potrebbe permettere l‘individuazione di possibili interazioni tra farmaci o ancora aiutare a chiarire se fattori genetici possano avere un ruolo più o meno importante nel suo metabolismo. Grazie alla possibilità di disporre di avanzati sistemi per la studio del metabolismo in vitro (microsomi epatici umani, enzimi espressi), e al continuo perfezionamento delle tecniche di biologia molecolare, è ormai possibile evitare che un farmaco introdotto nel mercato farmaceutico debba essere dopo breve ritirato a causa degli effetti indesiderati associati al suo metabolismo, come nel caso eclatante del mibefradil. 6. Esempi di polimorfismo genetico Esempio n.1 Gli antidepressivi triciclici correlati strutturalmente all‘amitriptilina, come ad es imipramina e nortriptilina, vengono tutti idrossilati in posizione 2 dall‘enzima CYP2D6 con formazione di metaboliti inattivi. Differenze geneticamente determinate nella capacità metabolica determinano l‘ampia variabilità dell‘emivita di questi composti (ad es. da 18 fino a 93 ore per la nortriptilina negli adulti) e possono in parte spiegare la variabilità nella risposta clinica e nella comparsa di effetti collaterali tra i diversi pazienti. Esempio n.2 Il polimorfismo genetico può spiegare la variabilità nella risposta clinica di soggetti diversi alla stessa dose di codeina. L‘enzima CYP2D6 converte la 134 codeina in morfina. Alcuni di quei pazienti che non riescono ad ottenere un miglioramento della sintomatologia algica con la codeina sono metabolizzatori lenti per il CYP2D6, incapaci di trasformare il farmaco nel suo più potente metabolita. Esempio n.3 L‘isoforma 2C9 del CYP, di cui si conoscono due varianti alleliche associate ad una ridotta attività metabolica, é responsabile del metabolismo dell‘Swarfarina. I soggetti portatori di tali varianti alleliche costituiscono un sottogruppo di pazienti che presentano difficoltà nell‘induzione della terapia warfarinica, richiedono dosi più basse del farmaco e sono potenzialmente esposti ad un maggiore rischio di complicazioni emorragiche dei soggetti con attività metabolica normale. 7. Esempi di interazioni tra farmaci Esempio n.1 L‘inibizione del metabolismo della carbamazepina da parte dell‘eritromicina é stata segnalata per la prima volta nei primi anni ‗80. L‘eritromicina agisce come potente inibitore del CYP3A4, il più importante enzima coinvolto nel metabolismo della carbamazepina, e può determinare un aumento dei livelli plasmatici di carbamazepina fino al raggiungimento di concentrazioni tossiche. Sono stati segnalati numerosi casi di questo tipo di interazione nei bambini, verificatisi per lo più quando a bambini stabilizzati in terapia con carbamazepina per un disordine di tipo epilettico veniva somministrata eritromicina a causa di un‘otite media od una faringite. I sintomi segnalati quale risultato dell‘interazione di tali farmaci potevano variare dal nistagmo di media intensità associato ad atassia fino ad un innalzamento della vasopressina (che poteva causare ritenzione idrica), necrosi renale acuta e blocco atrioventricolare con arresto cardiaco. Recentemente é stata descritta l‘inibizione del metabolismo della carbamazepina da parte della claritromicina, un antibiotico della famiglia dei macrolidi simile all‘eritromicina, che sembra a sua volta inibire l‘attività del CYP3A4. Esempio n.2 La cisapride é diventata un‘alternativa popolare alla metoclopramide nel trattamento del reflusso gastrointestinale nei bambini 38. Alle dosi terapeutiche, la cisapride é relativamente priva di effetti collaterali; tuttavia, a concentrazioni più elevate, può causare gravi alterazioni della conduzione cardiaca. La cisapride é metabolizzata principalmente dal CYP3A4. Gli inibitori di questa isoforma, come ad es il fluconazolo, ne inibiscono il metabolismo e determinano un innalzamento delle concentrazioni seriche fino a livelli tossici. I soggetti affetti da leucemia sono spesso a rischio di quest‘interazione, quando ad un paziente a cui é stata prescritta la cisapride per stimolare la motilità 135 intestinale a seguito dell‘uso di oppioidi, viene aggiunto in terapia il fluconazolo per prevenire o trattare infezioni micotiche. Nel corso dei primi tre anni dall‘introduzione nel mercato americano del farmaco, la FDA ha ricevuto 34 segnalazioni di torsade de points e 23 di prolungamento dell‘intervallo QT c verificatisi in pazienti trattati con cisapride. Quattro di questi casi riguardavano pazienti in età pediatrica. In oltre la metà dei casi segnalati, i pazienti assumevano anche un farmaco di cui era nota la capacità di inibire il metabolismo della cisapride. Esempio n. 3 Ad una donna di 63 anni in terapia di mantenimento con imipramina (100 mg/die) fu somministrato un altro antidepressivo, la fluvoxamina (100 mg/die), nel tentativo di potenziare la risposta. Dopo alcuni giorni comparvero tremore, secchezza delle fauci, costipazione e confusione, tipici effetti indesiderati da triciclici. L‘interruzione del trattamento con fluvoxamina determinò la scomparsa di tali effetti. L‘analisi delle concentrazioni plasmatiche di imipramina durante il trattamento con fluvoxamina evidenziarono che quest‘ultima provocava un drammatico aumento delle concentrazioni plasmatiche di imipramina. Questo effetto era dovuto alla inibizione da parte della fluvoxamina della reazione di demetilazione della imipramina mediata dal CYP1A2, come dimostrato da studi in vitro. Esempio n.4 L‘induzione del metabolismo dell‘acido valproico da parte della fenitoina può determinare una significativa riduzione nelle concentrazioni plasmatiche dell‘acido valproico o non determinare alcuna alterazione. Forse più interessante é il fatto che la fenitoina ha il potenziale di aumentare significativamente la produzione di 4-ene-valproato, una tappa intermedia del processo metabolico. Un incremento delle concentrazioni di questo metabolita sono state messe in relazione con l‘epatotossicità associata all‘uso di acido valproico. Pertanto questa associazione, in particolare in soggetti sotto i due anni di età, dovrebbe essere evitata. Esempio n.5 Il fenobarbitale e la rifampicina, potenti induttori del CYP3A4, possono interferire con il metabolismo di farmaci quali la warfarina, la ciclosporina o i contraccettivi orali, la cui eliminazione verrà quindi accelerata. Il primo esempio di induzione metabolica, riportato nel 1967, concerneva proprio l‘interazione tra fenobarbitale ed anticoagulanti orali. In pazienti trattati con bisidrossicumarina, che ricevevano anche barbiturici a scopo ipnotico, si è reso necessario aumentare considerevolmente la dose di cumarinico allo scopo di poter avere un buon controllo del tempo di protrombina. Quando i pazienti cessarono l‘assunzione di barbiturico, e dopo 2-3 settimane scomparve il suo 136 effetto inducente, si osservarono numerosi e gravi episodi emorragici dovuti alle elevate dosi di bisidrossicumarina il cui metabolismo non era più indotto dall‘ipnotico. ISOFORME DEL CITOCROMO P450 8. Citocromo P450 2D6 (CYP2D6) Il CYP2D6 è uno dei più importanti isoenzimi coinvolti nel metabolismo ossidativo dei farmaci e sebbene sia quantitativamente uno dei meno rappresentati (< 5 % del totale), catalizza l‘ossidazione di più di 30 farmaci (antidepressivi triciclici, neurolettici, antiaritmici, beta-bloccanti, antitussivi). Il CYP2D6 è presente in concentrazioni minori, oltre che a livello epatico, anche nel cervello. Questo sembra rivestire particolare importanza per l‘elevata affinità dimostrata verso composti quali la cocaina ed altri stimolanti centrali. Inoltre la conversione della codeina in morfina potrebbe rivestire maggiore importanza nel cervello che nel fegato. Il CYP2D6 è stato ampiamente studiato non solo per l‘importante ruolo svolto nel metabolismo di numerosi farmaci, ma soprattutto perché la sua attività è soggetta a polimorfismo genetico, per cui è possibile distinguere nella popolazione almeno due fenotipi: metabolizzatori lenti (PM) e metabolizzatori rapidi (EM). La capacità di metabolizzare i farmaci varia non soltanto tra i singoli individui ma anche tra i differenti gruppi etnici. Ad esempio tra i Caucasici circa il 7% è rappresentato da PM per la debrisochina (probe drug utlilizzata per caratterizzare il fenetipo per questo enzima), mentre lo stesso gruppo è rappresentato in percentuale minore all‘1% negli Orientali. Il dosaggio di un farmaco metabolizzato dal CYP2D6 (come per gli altri enzimi polimorfici), dovrà quindi essere adattato alla capacità metabolica del singolo individuo, soprattutto per gli antidepressivi triciclici (amitriptilina, desipramina, clomipramina, nortriptilina) o gli antipsicotici (aloperidolo, risperidone, tioridazina), ampiamente metabolizzati da tale enzima e caratterizzati da uno stretto indice terapeutico. E‘ inoltre utile riuscire a prevedere eventuali interazioni farmacocinetiche le quali, soprattutto per un enzima come il CYP2D6 coinvolto nel metabolismo di numerosi farmaci, rivestono una notevole importanza. Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni interazioni è presentato nelle tabelle 1 e 2. Tabella 1 Substrati ed inibitori del CYP2D6 SUBSTRATI INIBITORI Antidepressivi Antidepressivi Amitriptilina Paroxetina Clomipramina Fluoxetina Desipramina Sertralina Doxepina Fluvoxamina Fluoxetina Nefazodone Imipramina Venlafaxina 137 Nortriptilina Paroxetina Venlafaxina Clomipramina Amitriptilina Flufenazina Antipsicotici Aloperidolo Perfenazina Risperidone Tioridazina Antipsicotici Aloperidolo Perfenazina Tioridazina Beta-bloccanti Metoprololo Penbutolo Propranololo Timololo Beta-bloccanti - Narcotici Codeina Narcotici Metadone Altri Destrometorfano Altri Quinidine Cimetidina Tabella 2 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP2D6 Conseguenze Farmaci interferenti Meccanismo dell‘interazione cliniche Vertigini, La fluoxetina è un potente inibitore del perdita di CYP2D6 e provoca quindi un aumento coscienza, Fluoxetina-Propranololo delle concentrazioni plasmatiche di alterazioni propranololo. elettrocardiog rafiche Dispnea, La paroxetina è un potente inibitore del nausea, ParoxetinaCYP2D6 e provoca quindi un aumento tachicardia, destrometorfano delle concentrazioni plasmatiche di ipertensione, destrometorfano sudorazione e confusione. La fluoxetina è un potente inibitore del CYP2D6. Essa provoca l‘aumento delle concentrazioni plasmatiche del Fluoxetina-nefazodone Ansietà, metabolita attivo del nefazodone (o o trazodone anoressia. trazodone) che è substrato dello stesso enzima e che non viene quindi ulteriormente metabolizzato. 9. Citocromo P450 3A4 (CYP3A4) 138 Nell‘uomo, la sottofamiglia del CYP3A è composta da almeno 4 geni ed il CYP3A4 sembra essere il più importante espresso sia nel fegato che nell‘intestino. La variabilità interindividuale nell‘attività catalitica è accentuata, tuttavia finora non è stata dimostrata l‘esistenza di alcun polimorfismo genetico. I CYP3A rappresentano circa il 30 % di tutti gli isoenzimi del CYP450 presenti a livello epatico ed essendo caratterizzati una ampia specificità di substrato, contribuiscono al metabolismo di circa il 50 % dei farmaci utilizzati. Numerosi composti sono stati identificati come substrati del CYP3A4, tra cui antidepressivi triciclici (amitriptilina, clomipramina, imipramina), benzodiazepine (alprazolam, midazolam, triazolam), calcio-antagonisti (nifedipina, felodipina, diltiazem, verapamil), antibiotici (eritromicina, claritromicina, dapsone), antistaminici (terfenadina, astemizolo), e molti altri tra cui la ciclosporina, l‘alfentanil e il lovastatin. Il CYP3A3/4 è anche responsabile del metabolismo di alcuni ormoni endogeni come ad esempio della 6b-idrossilazione di cortisolo, testosterone e desametasone. Farmaci quali gli antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo, fluconazolo), antibiotici macrolidi (eritromicina claritromicina troleandromicina) e la cimetidina, sono potenti inibitori di questa isoforma. E‘ interessante ricordare inoltre che anche alcuni flavonoidi naturali presenti nel succo di pompelmo (narigenina, quercitina) sono in grado di inibire il CYP3A4, e possono quindi determinare significative interazioni (midazolam, nifedipina, felodipina). Il CYP3A4 è anche soggetto all‘effetto induttore di farmaci quali alcuni antiepilettici (carbamazepina, fenitoina), barbiturici, rifampicina e glucocorticoidi (desametasone). Esempi relativi al fenomeno dell‘induzione del CYP3A4 sono la riduzione dell‘efficacia dei contraccettivi orali in seguito ad una diminuzione dei livelli di estradiolo o l‘effetto induttivo della carbamazepina sul suo stesso metabolismo (autoinduzione) che si evidenzia in poco più di una settimana di terapia. Riveste un certo interesse il fatto che l‘attività del CYP3A4 sembra essere più elevata nelle donne che negli uomini come dimostrato con il metilprednisolone. Si deve infine ricordare che il CYP3A4 è l‘enzima maggiormente rappresentato a livello del tratto gastrointestinale, dove può essere responsabile del metabolismo di molti farmaci (terfenadina, astemizolo, triazolam). Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni interazioni è presentato nelle tabelle 3 e 4. Tabella 3 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP3A4 SUBSTRATI INIBITORI Antidepressivi (Imipramina, Antidepressivi (Nefazodone > amitriptilina, sertralina, fluvoxamina > fluoxetina > venlafaxina, nefazodone) sertralina, paroxetina, Benzodiazepine (alprazolam, venlafaxina) triazolam, midazolam) Antifungini azolici Antifungini (ketoconazolo, (Ketoconazolo, itraconazolo, astemizolo) fluconazolo) Inibitori delle proteasi (ritanovir, indinavir, nelfinavir, INDUTTORI Carbamazepina Desametasone Fenobarbitale Fenitoina Rifampicina 139 saquinavir) Altri Terfenadina Verapamil Testosterone Teofillina Carbamazepina Cisapride Desametasone Eritromicina Etinilestradiolo Gliburide Ciclosporina Lovastatina Altri Cimetidina Claritromicina Diltiazem Eritromocina Inibitori delle proteasi Tabella 4 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP3A4 Conseguenze Farmaci interferenti Meccanismo dell‘interazione cliniche La fluoxetina, attraverso la formazione Nausea, Fluoxetina-calcio del metabolita norfluoxetina, inibisce vampate, antagonisti l‘attività del CYP3A4, enzima che edema, mal di metabolizza molti calcio antagonisti. testa. La fluoxetina, attraverso la formazione del metabolita, norfluoxetina, inibisce l‘ Diminuzione attività del CYP3A4, enzima che delle capacità metabolizza l‘alprazolam. L‘interazione Fluoxetina-alprazolam cognitive e non è stata evidenziata con il triazolam, dell‘attività il quale viene metabolizzato psicomotoria. principalmente a livello gastrointestinale. Il ketoconazolo è un potente e selettivo inibitore del CYP3A4, utilizzato a tale Astemizoloscopo anche negli studi in vitro, e può Cardiotossicità ketoconazolo inibire quasi completamente il metabolismo dell‘astemizolo. 10. Citocromo P450 1A2 (CYP1A2) Il CYP1A2 rappresenta circa il 10-15 % degli isoenzimi del CYP450 a livello epatico. Tra i farmaci da esso metabolizzati ricordiamo gli antidepressivi triciclici, il paracetamolo, la fenacetina, le metilxantine, quali caffeina (che viene utilizzata quale marker nei test di fenotipizzazione) e teofillina, ed ancora clozapina, tacrina, ecc. Sebbene per questo enzima non sia stata evidenziata l‘esistenza di polimorfismo genetico, la sua attività varia notevolmente da individuo ad individuo. In particolare è stato dimostrato che l‘attività del CYP1A2 è più elevata nelle donne e nei soggetti di 140 razza nera rispetto agli uomini ed ai soggetti di razza bianca. Il fumo di sigaretta, alcuni alimenti quali broccoli e cavoletti di Brussel, o ancora i cibi cotti alla brace, possono indurre l‘attività del CYP1A2. L‘effetto induttore del fumo spiega anche perché i soggetti fumatori richiedono dosi maggiori di teofillina, substrato di tale enzima. E‘ stato dimostrato ancora che le concentrazioni plasmatiche di fluvoxamina, dopo una singola dose orale, sono circa il doppio in soggetti non fumatori rispetto a quelle riscontrate in soggetti fumatori. L‘enzima può essere inoltre inibito da farmaci quali la fluvoxamina, furafillina e i chinoloni (ciprofloxacina, norfloxacina, ofloxacina). Una importante interazione che coinvolge l‘attività di questo isoenzima riguarda l‘inibizione del metabolismo della teofillina, farmaco che in Inghilterra risulta essere prescritto a più di 3.5 milioni di persone ogni anno. La terapia concomitante con farmaci inibitori del CYP1A2 (fluvoxamina, chinoloni) potrebbe portare a severi effetti tossici da teofillina, caratterizzata da uno stretto indice terapeutico, e anche alla morte per concentrazioni plasmatiche molto elevate. Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni interazioni è presentato nelle tabelle 5 e 6. Tabella 5 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP1A2 SUBSTRATI INIBITORI INDUTTORI Amitriptilina Fluvoxamina Omeprazolo Clomipramina Succo di pompelmo Fenobarbitale Clozapina Chinoloni Fenitoina Inipramina Rifampicina Propranololo Fumo di sigaretta R-warfarina Cibi cotti alla brace Teofillina Broccoli Tacrina Cavoletti di Brussel Tabella 6 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP1A2 Farmaci interferenti Meccanismo dell‘interazione Conseguenze cliniche Fluvoxamina-antidepressivi La fluvoxamina è un potente Tremore, secchezza triciclici inibitore del CYP1A2 e delle fauci, (ammine terziarie) blocca quindi la reazione di costipazione e demetilazione delle ammine confusione (tipici terziarie (imipramina e effetti indesiderati da amitriptilina) ad ammine triciclici) secondarie (desipramina e nortriptilina), le quali verrebbero successivamente metabolizzate dal CYP2D6. Fluvoxamina-teofillina La fluvoxamina è un potente Tachicardia, inibitore del CYP1A2 e palpitazioni, aritmie, determina quindi l‘inibizione anoressia, vomito, del metabolismo della nausea, diarrea, 141 teofillina con conseguente pericoloso aumento delle sue concentrazioni plasmatiche Fluvoxamine-clozapina La fluvoxamina è un potente inibitore del CYP1A2 e determina quindi l‘inibizione del metabolismo della clozapina, la quale è metabolizzata principalmente dal CYP1A2 ma anche dal CYP3A4. disidratazione, albuminuria, febbre, insonnia, irritabilità, delirio, convulsioni. Sedazione eccessiva, ipotensione ortostatica, scialorrea. 11. Citocromo P450 2C9 (CYP2C9) Il CYP2C9 è l‘isoenzima più rappresentato della sottofamiglia del CYP2C ed in particolare costituisce circa il 18 % degli isoenzimi del CYP450 a livello epatico. Esso catalizza l‘idrossilazione dell‘S-enantiomero del farmaco anticoagulante warfarina, farmacologicamente più potente dell‘enantiomero R, con formazione di metaboliti inattivi. L‘inibizione di tale isoforma può pertanto portare a conseguenze clinicamente importanti. Il fluconazolo, il metronidazolo, il miconazolo e l‘amiodarone sono alcuni esempi di farmaci che possono provocare un marcato aumento del tempo di protrombina in seguito all‘inibizione del metabolismo della Swarfarina. Il CYP2C9 è coinvolto inoltre nelle reazioni di idrossilazione di numerosi FANS, quali diclofenac, ibuprofene, acido mefenamico, piroxicam e tenoxicam, nonché di altri farmaci di una certa importanza, quali ad esempio tolbutamide e fenitoina. Per il CYP2C9 è stata dimostrata l‘esistenza di polimorfismo genetico. Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori dell‘enzima, e di alcune comuni interazioni è presentato nelle tabelle 7 e 8. Tabella 7 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP2C9 SUBSTRATI INIBITORI FANS Fluconazolo Fenitoina Ketoconazolo S-warfarina Metronidazolo Torsemide Itraconazolo Ritanovir INDUTTORI Rifampicina Tabella 8 Esempi di interazioni tra farmaci metabolizzati dal CYP2C9 Farmaci interferenti S-warfarin-fluconazolo Meccanismo dell‘interazione Il fluconazolo è un inibitore del CYP2C9 e può quindi inibire il metabolismo della warfarina. Conseguenz e cliniche Aumento del tempo di protrombina (emorragie) 142 Fenitoina-fluconazolo S-warfarin-fluvoxamina Il fluconazolo è un inibitore del CYP2C9 ed può inibire quindi il metabolismo della fenitoina La fluvoxamina tra tutti gli l‘SSRI è quello che inibisce maggiormente il CYP2C9 e può quindi avere un effetto inibitore anche sul metabolismo della warfarina. Tossicità da fenitoina Aumento del tempo di protrombina (emorragie) 12. Citocromo P450 2C19 (CYP2C19) L‘enzima polimorfico CYP2C19 costituisce circa il 4 % degli isoenzimi del CYP450 a livello epatico. E‘ stato evidenziato che circa il 3-5 % dei Caucasici e l‘8 %-23 % degli Orientali è privo di tale isoenzima in seguito ad una mutazione genetica. Il CYP2C19 catalizza il metabolismo degli antidepressivi imipramina, amitriptilina, clomipramina, citalopram e moclobemide, così come quello del diazepam, del desmetildiazepam, dell‘omeprazolo, del proguanil, e della mefenitoina (che viene utilizzata quale marker nei test di fenotipizzazione insieme all‘omeprazolo). L‘attività dell‘enzima sembra essere sensibile all‘età. Questo potrebbe spiegare l‘aumento delle concentrazioni plasmatiche di citalopram, metabolizzato appunto dal CYP2C19, nei soggetti anziani rispetto ai più giovani. Un esempio invece delle conseguenze del polimorfismo genetico di tale enzima è quello relativo al farmaco antimalarico proguanile. Il profarmaco inattivo viene biotrasformato a cicloguanile attivo dal CYP2C19. Nei soggetti PM per tale enzima, l‘azione antimalarica del farmaco può essere quindi notevolmente diminuita o assente. Nonostante la presenza di polimorfismo genetico e gli importanti farmaci che vengono metabolizzati da questa isoforma del citocromo P450, non sono stati evidenziati importanti esempi sia di interazioni che di effetti avversi da farmaci in soggetti PM o privi dell‘enzima. Un elenco dei substrati ed inibitori di questa isoforma e presentato in tabella 9. Tabella 9 Substrati ed inibitori del CYP2C19 SUBSTRATI Clomipramina Diazepam Imipramina Omeprazolo Propranololo INIBITORI Fluoxetina Sertralina Omeprazolo Ritanovir 13. Citocromo P450 2E1 (CYP2E1) Il CYP2E1 costituisce circa il 9 % degli isoenzimi del citocromo P450 a livello epatico. Esso rappresenta l‘unica isoforma soggetta ad un potente effetto induttore da parte dell‘etanolo. Il CYP2E1 metabolizza un‘ampia gamma di composti con strutture differenti, in particolare molecole piccole ed idrofobiche, compresi alcuni potenziali agenti carcinogeni ed epatotossici, dei quali sembra mediare gli effetti in seguito all‘attivazione metabolica. L‘espressione di questo enzima è regolata da 143 diversi xenobiotici, molti dei quali sono anche substrati, che sono quindi capaci di indurre il loro stesso metabolismo (acetone, etanolo, piridina, pirazolo, isoniazide). Alcune eccezioni a tale comportamento, cioè substrati che non inducono l‘enzima, sono l‘acetaminofene (paracetamolo), il butadiene, il clorzoxazone ed il tetracloruro di carbonio. L‘imidazolo al contrario, sembra indurre il CYP2E1 senza essere un substrato. A tal proposito ricordiamo che l‘effetto induttore di un farmaco che non è substrato dell‘enzima indotto, può anche essere mediato da un effetto fisiologico quale ad esempio il digiuno, e ciò sembra essere particolarmente vero per il CYP2E1. La quantità di grassi nella dieta e la loro composizione, sembra infatti di particolare importanza nel determinare l‘attività di questa isoforma. Un elenco dei substrati, inibitori ed induttori di questa isoforma e presentato in tabella 10. Tabella 10 Substrati, inibitori, ed induttori del CYP2E1 SUBSTRATI INIBITORI INDUTTORI Acetaminofene Disulfiram Etanolo Etanolo Isoniazide Isoniazide Imidazolo Etanolo Ketoconazolo Metanolo Acetaldeide Benzene Dietiletere Dietiletere Benzene Cloroformio Tetracloruro di carbonio Acidi grassi (linoleico, linolenico, arachidonico) FARMACI E RENE Il rene elimina i metaboliti dei farmaci ed è bersaglio comune della tossicità di molte sostanze. Premesse anatomo-funzionali: il rene è costituito da una corteccia e da una midollare. La corteccia è molto aerobica(cioè ben vascolarizzata) e la midollare è invece piuttosto anaerobica ed è perciò la prima a manifestare problemi in caso di ipossia. Queste sono le funzioni del rene: abilità di filtrazione del plasma nel glomerulo; i segmenti S1,S2,S3 del tubulo renale prossimale servono per gestire il metabolismodei farmaci, soprattutto S3 che contiene il citp450 , e per concentrare sostanze con la diffusione retrograda; secrezione attiva da parte di trasportatori. A livello dei tubuli si può ottenere una concentrazione di farmaci molto alta. I farmaci ionizzati,raggiunto il lume del nefrone, hanno minor tendenza a subire un riassorbimento retrogrado. Il pH dell‘urina e il pk(costante di ionizzazione tipica di ognisostanza-valore di pH al quale la molecola è per metà ionizzata)sono molto 144 importanti. Per favorire la ionizzazione, basta alzare il pH delle urine con la somministrazione di agenti alcalinizzanti(bicarbonato).Il cloruro di ammonio invece, acidifica le urine. Farmaci che si comportano da acidi o basi deboli sono ad esempio i barbiturici, le cefalosporine, le penicilline. Questi fattori che facilitano l‘eliminazione dei farmaci, rendono il rene predisposto alla tossicità. 1) FATTORI TOSSICOCINETICI - eliminazione renale di farmaci e metaboliti - apporto ematico - alta concentrazione nelle cellule tubulari - alta concentrazione nella midollare I farmaci sono la causa più frequente di tossicità renale. Cause di insuff. renale in Europa: - farmaci e sostanze chimiche:20% - malattie: 30% Bicarbonato e cloruro di ammonio hanno una parte alcalina e una acida rispettivamente che viene eliminata nelle urine. Nel bicarbonato c‘è un potenziale che predilige la parte alcalina che viene poi eliminata. Farmaci che sono ben tollerati da soli, sono più tossici se dati in associazione con altri. E‘ difficile riconoscere le reazioni nefrotossiche perché la patologia di base spesso causa una patologia nefrotossica. La Ciclosporina A è nefrotossica e quando compare nefrotossicità è difficile distinguere i danni da farmaci o da rigetto renale. Bisogna sospendere per alcuni giorni la Ciclosporina A e poi riesaminare la terapia. Farmaci nefrotossici: - agenti antimicotici - analgesici - antineoplastici - agenti usati nell‘Artrite Reumatoide 2) FATTORI TOSSICO-DINAMICI I farmaci danno anche sofferenza epatica (Tachipirina: nefro ed epatotossica) Nella midollare del rene ci sono gli enzimi che hanno a che fare con la produzione di prostaglandine (cicloossigenasi). Questi farmaci possono indurre necrosi papillare. Chi usa molti antidolorifici, ha molti danni renali. Sono usati soprattutto da donne depresse che sviluppano , a distanza di molti anni, una nefrite interstiziale con lesione a livello della midollare. Gli orologiai di una volta prendevano questi farmaci per combattere le cefalee muscolotensive e persone con malattie che danno dolori cronici prendono questi farmaci per molto tempo. LA FENACIDINA era una sostanza contenuta in questi farmaci, ora eliminata. AGENTI ANTIMICROBICI:- Aminoglicosidi, anfotericina, cefalosporine, penicilline, tetracicline, sulfonamidi. 145 Queste sostanze producono alterazioni della funzione renale che si documentano con una Proteinuria di solito reversibile. La penicillina G può dare fenomeni di ipersensibilità e allergia. Quattro sono i tipi di reazioni allergiche: - anafilassi - citotossico: il riconoscimento cellulare avviene a livello delle superfici delle cellule che sono il bersaglio della reazione. - da immunocomplessi: originano da una interazione Ag - Anticorpo in circolo e tendono a depositarsi nel mesangio. Il rene soffre. Le penicilline agiscono con questo meccanismo. I sulfamidici producono precipitati solidi del farmaco e danno fisico a livello del tubulo renale. - da farmaci TERAPIA DELL’INSUFFICIENZA RENALE 1) Questi pazienti hanno una diminuita eliminazione renale e così accumulano farmaci durante la terapia (digossina, allopurinolo, morfina, sulfonamidi). La digossina agisce a concentrazione molto bassa e un piccolo aumento può già essere tossico. 2) C‘è una competizione a livello delle molecole plasmatiche (albumina) tra farmaci e componenti endogeni che si accumulano nell‘uremia. I farmaci sono meno legati all‘albumina. Aumenta la frazione libera del farmaco e si ha l‘effetto tossico (fenitoina, prednisone). Inoltre questi pazienti hanno anche meno albumina che è saturata da composti endogeni. 3) Farmaci: poiché il paziente è uremico, aumenta l‘intervallo tra le dosi e queste diminuiscono a intervalli prestabiliti. In caso di insufficienza eliminatoria, il farmaco non riesce ad essere eliminato e si accumula. In condizioni normali la concentrazione plasmatica ha delle oscillazioni. Occorrono circa 4 emivite per ottenere una concentrazione plasmatica costante. In un paziente con uremia, l‘emivita è raddoppiata. anche ora però occorre attendere 4 emivite perché la concentrazione plasmatica si stabilizzi. Bisogna attendere un intervallo più lungo per raggiungere un regime stabile e questo è raggiunto a concentrazioni tossiche. Bisogna ridurre la frequenza delle somministrazioni. Se l‘emivita è doppia, la dose somministrata è la stessa, ma gli intervalli sono doppi. Però dando il farmaco a intervalli più ampi, ci saranno periodi più considerevoli in cui la concentrazione è alta o bassa. Ciò non è un bene se il paziente ha bisogno di una copertura totale. Allora si mantiene l‘intervallo tra le dosi come nel paziente normale, ma si riduce la dose a metà. C‘è meno divergenza tra le oscillazioni del primo approccio e così questa strategia è preferibile a quella precedente. Poiché l‘emivita del farmaco è aumentata nell‘uremia e bisogna aspettare 4 emivite per raggiungere la concentrazione plasmatica costante bisogna attendere più tempo. Si dà una DOSE D‘URTO. La prima dose normale e poi le altre sono dimezzate. Questo però non viene fatto per la digossina. 146 FARMACI NELLE DONNE IN ALLATTAMENTO Indice 1. Farmaci più comunemente prescritti durante l'allattamento 2. Farmaci da evitare durante l'allattamento 3. Suggerimenti per minimizzare il rischio durante l'allattamento 1. FARMACI PIÙ COMUNEMENTE PRESCRITTI DURANTE L'ALLATTAMENTO La seguente tabella elenca i farmaci più comunemente prescritti per patologie materne durante l'allattamento . Farmaci Farmaci Farmaci da utilizzare Patologia raccomandati alternativi con cautela Cromoglicato di Fluticasone Asma sodio Beclometason Nedocromile e Farmaci Contraccettivi Contraccezione Metodi di barriera progestinici estrogenici Sertralina Nortriptilina Depressione Fluoxetina Paroxetina Desipramina Insulina Gliburide Metformina Diabete Acarbose Glipizide Tiazolindioni Tolbutamide Ibuprofene Naproxene Dolore Morfina Meperidina Acetaminofene Etosuccimide Fenitoina Epilessia Sodio Fenobarbital Carbamazepina valproato Penicilline Metronidazolo Cefalosporine Infezioni Tetracicline Trimethoprim/sulf Chinolonici ametossazolo Idroclorotiazide Nifedipina Atenololo Metoprololo Verapamil Patologie Nadololo Tartarato Idralazina cardiovascolari Sotalolo Propanololo Captopril Diltiazem Labetololo Enalapril Beclometasone Cetirizina Fluticasone Loratidina Rinite allergica Cromoglicato di Sedativi sodio antistaminici 147 Decongestion anti ASMA Gli steroidi per via inalatoria per il trattamento dell'asma raggiungono livelli molto bassi nel plasma materno e non sono rischiosi durante l'allattamento. Il fluticasone ha, tra gli steroidi per via inalatoria, i più bassi livelli serici. Gli steroidi per via orale come il prednisone ed il prednisolone, penetrano scarsamente nel latte materno e sono sicuri per un uso a breve termine. Quando i dosaggi giornalieri superano i 20 mg, il prednisolone può essere preferito al prednisone poiché ha solo un picco nell'attività mentre il prednisone ha due picchi nell'attività - uno per il pro -farmaco (prednisone) e l'altro per il farmaco (prednisolone) . L'esposizione del bambino può essere minimizzata allattandolo 4 ore dopo avere assunto il farmaco . CONTRACCEZIONE Gli ormoni presenti nelle combinazioni contenute nelle pillole contraccettive orali (OCPs) non sono dannosi per i bambini ma, poiché gli estrogeni diminuiscono le scorte di latte materno, questi prodotti dovrebbero essere evitati quando possibile, specialmente durante i primi due mesi di allattamento. Sono permessi come contraccettivi solo i progestinici, benché anche questi possano diminuire la quantità di latte. Ritardando l'uso degli OCPs, inclusa la mini pillola, fino a 6 settimane dopo l'inizio dell'allattamento ed usando solo una mini-pillola, è possibile valutare l'effetto del contraccettivo sulla quantità di latte prodotto. Se il farmaco è ben tollerato, può essere usato il medrossiprogesterone depot. Quando appropriato, è ideale l'uso di un dispositivo intrauterino o di un altro metodo contraccettivo di primo controllo. DEPRESSIONE Gli antidepressivi triciclici hanno pochi o nessun effetto sul lattante, benché l'AAP (American Accademy of Pediatrics) ritenga che la maggior parte di essi sia causa di preoccupazione. L'assunzione di una singola dose giornaliera al momento di andare a letto limiterà l'esposizione del bambino al farmaco. Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs) sono di norma i farmaci di prima scelta per la depressione, fra essi la sertralina è probabilmente la scelta più sicura poiché è stata estesamente studiata e raggiunge livelli minimi nei lattanti . L'uso della fluoxetina durante l'allattamento è controverso a causa della lunga emivita e del possibile accumulo nel latte materno. Ad essa sono state attribuite colica e confusione nei lattanti di madri che avevano assunto tale farmaco. Al momento, sembra prudente scegliere un SSRI con più bassi livelli plasmatici nei neonati, come sertralina o paroxetina . DIABETE L'insulina non è escreta nel latte materno ed è considerata sicura per l'uso in allattamento. In base agli studi di distribuzione dei sulfamidici di prima generazione nel latte materno, l'AAP considera la tolbutamide compatibile con l'allattamento , 148 mentre le informazioni sulle altre sulfoniluree è abbastanza carente. Le sulfaniluree di seconda generazione (gliburide e glipizide) sono molto legate alle proteine plasmatiche (dal 92 al 99%), il legame è di natura non ionica e, pertanto, dovrebbero passare difficilmente nel latte materno . Gli inibitori dell'alfa glicosidasi (es.acarbose) hanno minore biodisponibilità, alto peso molecolare e solubilità in acqua, per cui è improbabile che siano escreti nel latte materno in quantità clinicamente significative . A causa della possibilità di effetti collaterali seri (es. acidosi lattica, ipertensione) negli adulti, può essere consigliabile evitare l'uso di metformina e tiazolidindioni (es. rosiglitazone, pioglitazone) finché non sono disponibili maggiori informazioni sul loro uso in allattamento. DOLORE Fra i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), l'ibuprofene è la scelta preferita poiché ha uno scarso trasferimento nel latte ed è stato ben studiato nei bambini. I FANS a lunga emivita, come naprossene, sulindac e piroxicam, a seguito di uso prolungato nella madre si possono accumulare nei neonati . L'uso per via epidurale di bupivacaina, lidocaina, morfina, fentanyl e sufentanil è generalmente sicuro in madri che allattano . Morfina, codeina e idrocodone sono considerati dall'AAP compatibili con l'allattamento. La meperidina, al contrario, non è raccomandabile, poiché, avendo i suoi metaboliti una lunga emivita, può accumularsi nel lattante e determinare effetti tossici . Quando possibile, le madri dovrebbero allattare i loro bambini prima di prendere il farmaco e dovrebbero essere usati dosaggi da bassi a moderati . Benché sia disponibile un'informazione limitata riguardo gli agenti anestetici e la loro compatibilità con l'allattamento, propofol, tiopentale ed enflurano dovrebbe risultare in quantità irrilevanti nei lattanti . In genere, il bambino sano può essere allattato con sicurezza subito dopo un intervento chirurgico, condotto con questi farmaci anestetici, quando la madre è sveglia e vigile . EPILESSIA Benché gli anticonvulsivanti siano escreti nel latte materno, la maggior parte delle madri che richiedono l'uso di questi farmaci possono con sicurezza allattare i loro bambini . La determinazione dei livelli del farmaco nel siero materno può essere una utile aggiunta al monitoraggio clinico per il bambino quando si valuta l'esposizione dei farmaci del bambino. Fenitoina e carbamazepina sono compatibili con l'allattamento. Benché l'AAP consideri l'acido valproico ed i suoi derivati compatibili con l'allattamento, alcuni esperti ne sconsigliano l'uso durante l'allattamento a causa di possibile epatotossicità . Durante l'allattamento, sono da utilizzare anticonvulsivanti diversi da fenobarbital e primidone poiché il loro lento tasso di metabolizzazione da parte del bambino può causare sedazione . 149 INFEZIONI BATTERICHE E FUNGINE BETA-LATTAMINE. Le penicilline e le cefalosporine, che sono escrete nel latte in tracce, sono compatibili con l'allattamento . Esiste una possibilità remota che il bambino sperimenti una reazione allergica all'antibiotico o sviluppi diarrea causata da cambiamenti nella flora intestinale. TRIMETOPRIM - SULFAMETOSSAZOLO. E' compatibile con l'allattamento , ma il suo uso dovrebbe essere evitato in lattanti di età inferiore a due mesi poiché può aumentare la bilirubinemia . TETRACICLINE. Sono escrete in piccole quantità nel latte, ma il calcio nel latte materno limita il suo assorbimento. Benché le tetracicline siano compatibili con l'allattamento, vengono preferiti altri antibiotici, specialmente per l'uso a lungo termine . Le tetracicline più nuove (es. doxiciclina o minociclina) dovrebbero essere evitate a causa del loro più alto assorbimento da parte dei neonati e della tossicità nei bambini (es. denti macchiati, ridotta crescita delle ossa) . CHINOLONI. Non sono stati ben studiati nel latte materno e non sono valutati dall'AAP. Essi dovrebbero essere usati nelle madri che allattano solo quando altre alternative meglio studiate non possano essere usate e dopo che siano stati valutati i rischi e i benefici . METRONIDAZOLO. L'AAP afferma che il suo uso nei neonati non è noto, ma studi più vecchi hanno indicato che il suo uso in gravidanza è associato a mutagenicità . Nonostante ciò, la quantità trasferita al bambino attraverso il latte materno è più bassa del dosaggio terapeutico per i neonati, e non sono stati segnalati effetti avversi da esposizione attraverso il latte materno . Quando si assumono 2 g, l'AAP raccomanda di interrompere l'allattamento per 12-24 ore . Preparazioni topiche di metronidazolo producono concentrazioni molto basse nel siero materno ed il loro uso dovrebbe risultare poco rischioso per il neonato . PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI Beta bloccanti. I beta-bloccanti propanololo, metoprololo e labetalolo sono escreti in piccole quantità nel latte materno e sono compatibili con l'allattamento perfino in bambini compromessi . Al contrario, atenololo, nadololo e sotalolo sono escreti in elevate quantità e possono causare ipertensione, bradicardia e tachipnea. Diuretici. Basse dosi di diuretici tiazidici (es. 25 mg/die o meno di idroclorotiazide) sono escreti in piccole quantità nel latte materno, ma non sopprimono la lattazione e, conseguentemente, sono compatibili con l'allattamento. Calcio-antagonisti. La nifedipina a rilascio controllato e il verapamil sono escreti nel latte materno in quantità che sono minori rispetto al dosaggio terapeutico per bambini. Benché il diltiazem sia considerato compatibile con l'allattamento da parte dell'AAP, i livelli trovati nel latte materno sono più alti che per altri bloccanti dei canali del calcio, per cui sono consigliate alternative più sicure . ACE-inibitori. Captopril ed enalapril sono escreti nel latte materno in piccole quantità. Questi farmaci sono considerati compatibili con l'allattamento da parte dell'AAP, benché essi siano stati studiati meno di altre alternative . Poiché i neonati sono maggiormente sensibili agli effetti degli ACE-inibitori, può essere causa di 150 preoccupazione il loro uso da parte di madri che allattano bambini nel primo mese di vita . Vasodilatatori. L'idralazina è escreta in quantità molto minori del dosaggio pediatrico ed è sicura, specialmente per un uso a breve termine dopo il parto. RINITE ALLERGICA La pseudoefedrina e la difenidramina sono escrete in piccole quantità nel latte materno. In accordo all'AAP, il loro uso è compatibile con l'allattamento sebbene siano in grado di ridurre la produzione di latte , nonché causare letargia o irritabilità nei bambini. Per ridurre il rischio nel bambino, la madre può prendere questi farmaci immediatamente dopo l'allattamento. I nuovi antistaminici non sedativi non sono stati ben studiati nell'allattamento e non sono stati valutati dall'AAP. Poiché essi hanno pochi effetti sul sistema nervoso centrale e sono sicuri per l'uso nei bambini, questi antistaminici sono preferiti per un uso a breve termine nelle donne che allattano. Per il trattamento a lungo termine, gli steroidi nasali o il cromoglicato sono alternative più sicure. 2. FARMACI DA EVITARE DURANTE L'ALLATTAMENTO La sottostante tabella elenca i farmaci da evitare nelle madri che allattano : Farmaci da non usare in madri che allattano Farmaci antineoplastici Bromocriptina Ciclofosfamide Ciclosporina Ergotamina tartarato Litio Metotrexato Radiofarmaci* *Dopo consultazione con un radiologo nucleare, la madre può avere la possibilità di tirare il latte in anticipo ed evitare l'allattamento durante il periodo della radioattività del latte. Nelle strutture di medicina nucleare, i campioni di latte possono essere testati per la radioattività prima di riprendere l'allattamento. 3. SUGGERIMENTI PER MINIMIZZARE IL RISCHIO DURANTE L'ALLATTAMENTO I seguenti suggerimenti minimizzano il rischio di tossicità da farmaci materni nei neonati. Norme generali Evitare una terapia con farmaci, quando possibile Usare una terapia topica quando possibile 151 I farmaci che sono sicuri per l'uso direttamente in un bambino in età da allattamento sono generalmente sicuri per le madri che allattano I farmaci che sono sicuri in gravidanza non sono sempre sicuri in madri che allattano Usare riferimenti affidabili per avere informazioni sui farmaci nel latte materno Scelta dei farmaci Scegliere farmaci con la più breve emivita e la più alta capacità di legame con le proteine Scegliere farmaci che sono ben studiati nei neonati Scegliere farmaci con il più scarso assorbimento orale Scegliere farmaci con la più bassa solubilità nei lipidi Dosaggio dei farmaci Somministrare i farmaci a singole dosi giornaliere appena prima del più lungo intervallo di sonno del neonato, di solito dopo l'allattamento Allattare il neonato prima della dose di farmaco quando sono necessarie più dosi giornaliere. FARMACOLOGIA SPECIALE 1. DISINFETTANTI e ANTIBATTERICI GENERALITA‘ SUI BATTERI Il carattere morfologico più rilevante della cellula batterica è dato dalle piccole dimensioni (1 , dal citoplasma privo di organuli e da un nucleo primitivo, privo di membrana nucleare, costituito da un unico filamento di DNA. La membrana cellulare è simile a quella degli eucarioti fatta eccezione per la mancanza di colesterolo e dalla presenza di proteine di superficie non glicosilate. Un‘altra caratteristica peculiare dei batteri è la presenza di una parete cellulare, struttura rigida che condiziona la forma del microrganismo. La componente caratteristica e fondamentale della parete cellulare è il PEPTDOGLICANO (NAcetilglucosamina, Acido Muramico, tetrapeptide). Il Peptidoglicano viene sintetizzato a partire dall‘N-Acetilglucosamina alla quale vengono aggiunte una molecola di UTP ed una di piruvato. Con la perdita di lattato si forma l‘acido muramico al quale vengono aggiunti i peptidi. A questo punto la reazione prosegue sulla membrana citoplasmatica e all‘acido muramico viene aggiunta una molecola di N-acetilglucosamina. Nei batteri GRAM-POSITIVI la parete cellulare è molto spessa (200-800 ngstrom) ed è costituita da Peptidoglicano frammisto ad Acidi Tecoici altamente antigenici. La parete cellulare è una struttura altamente polare che impedisce l‘accesso a molecole idrofobe dannose e lasciano invece passare le molecole idrosolubili (nutrimento). La 152 polarità della membrana permette al cristalvioletto di entrare e colorare il batterio di blu che risulta così positivo alla colorazione di Gram. Nei batteri GRAM NEGATIVI la parete è 10-25 volte più sottile e priva di Acidi Tecoici. E‘ a sua volta rivestita da una membrana esterna costituita dal LIPOPOLISACCARIDE (LPS). L‘LPS è costituito da tre componenti (dall‘interno all‘esterno) : 1. LIPIDE A (endotossina) 2. CORE 3. ANTIGENE O (spiccata attività antigenica) L‘antigene O è un polisaccaride altamente polare, ciò impedisce il passaggio di molecole idrofobe dannose. L‘LPS invece impedisce il passaggio di molecole idrosolubili che raggiungono il batterio attraverso le porine per diffusione passiva oppure per trasporto attivo. Tra le due membrane è presente uno spazio periplasmatico in cui è presente un gel ad azione difensiva. Molti batteri si rivestono di uno strato cristallino o STRATO S che costituisce un ulteriore meccanismo di difesa ; è inoltre implicato nei processi di adesività. Infine come involucro più esterno alcuni batteri presentano una CAPSULA con attività antifagocitaria. La presenza è influenzata dall‘ambiente esterno. È costituita da polisaccaridi. Alcune cellule batteriche hanno la capacità di muoversi nell‘ambiente grazie alla presenza di organi di propulsione detti flagelli. Questi sono costituiti da un filamento ancorato alla membrana dal gancio tubulare e dal corpo basale. Quest‘ultimo è costituito da diversi anelli che ancorano il filamento e fungono da motore. Il flagello costituisce l’antigene H. Le fimbrie (o pili) non sono invece organi di propulsione bensì organi di ancoraggio. I batteri del ceppo dei bacilli sono in grado di produrre delle spore. Queste appaiono al mo come vescicole incolori comprese nel perimetro dello sporangio nei Bacillus ed eccedente nei Clostridium. La spora è costituita internamente da citoplasma che risulta rivestito dall‘interno verso l‘esterno da : membrana citoplasmatica parete cellulare rivestimento interno rivestimento esterno esosporio Un componente peculiare della spora è l’Acido Dipicolinico che non trova riscontro nella vita vegetativa. La spora è una forma vivente che necessita pochissimi nutrienti per la sopravvivenza e non accetta sostanze dall‘esterno dato lo spesso rivestimento. L‘attività enzimatica è ridotta e sono del tutto assenti le sintesi macromolecolari. La spora può resistere all‘essiccamento, alle radiazioni ed al calore (~100 C) ed è in grado di rimanere in letargo metabolico per un periodo di circa 10 anni. La sporogenesi può essere considerata come espressione della capacità di adattamento cellulare alla disponibilità saltuaria di alimenti nell‘ambiente, infatti se ci sono alimenti nell‘ambiente non c‘è sporulazione. AZIONE PATOGENA DEI BATTERI 153 Un batterio è definito patogeno per l‘uomo quando è in grado di attecchire e moltiplicarsi in seno all‘organismo umano, danneggiandolo con la produzione di sostanze tossiche dette tossine. I due meccanismi principali d‘azione patogena sono pertanto la moltiplicazione in vivo e la produzione di tossine. La maggior parte delle infezioni si verifica attraverso le mucosa alle quali i batteri si ancorano grazie alla presenza di adesine (fimbrie). Una volta ancoratosi il batterio inizia a produrre localmente le tossine aprendosi un varco. A questo punto il batterio ha tre possibilità : 1. rimanere a livello superficiale ; 2. diffondere nell‘organismo ; 3. passare in circolo . Una volta penetrato la sopravvivenza dipende dalla capacità antifagocitaria del batterio e dalla qtà di nutrienti presente. Il batterio si difende dal sistema immunitario producendo due tipi di sostanze : 1. AGGRESSINE : sono sostanze non tossiche che promuovono la moltiplicazione batterica inibendo le difese dell‘ospite in diversi modi : a. inibendo la migrazione macrofagica ; b. producendo la capsula antifagocitaria ; c. producendo leucocidine in grado di danneggiare i leucociti ; d. producendo coagulasi. Alcuni batteri sono in grado di resistere all‘azione battericida dei macrofagi producendo catalasi e superossido-dismutasi. Un‘ultima categoria di aggressine è costituita da enzimi che favoriscono la diffusione nei tessuti (ialuronidasi, cinasi, collagenasi). 2. TOSSINE : Si suddividono in Esotossine ed Endotossine a seconda che siano sostanze prodotte dal batterio e secrete o che facciano parte della costituzione batterica. A. ESOTOSSINE Sono sostanze di natura proteica prodotte sia dai Gram+ che dai Gram - . Sono, tranne poche eccezioni, termolabili, sensibili ai succhi gastrici, e neutralizzate dall‘anticorpo corrispondente. La maggior parte delle tossine sono dimeri costituiti da un peptide B, responsabile dell‘ancoraggio alla cellula ospite, ed un peptide A, che rappresenta la tossina vera e propria. I due peptidi sono legati da ponti disolfurici che vengono scissi dalle proteasi dell‘ospite. Il peptide B è responsabile della penetrazione intracellulare del peptide A attivato. I due peptidi inoculati singolarmente sono del tutto innocui . Le esotossine sono caratterizzate da specificità d’azione e da un‘elevata tossicità. Possono essere classificate in base al loro organo bersaglio in : 1) Tossine che agiscono a livello extracellulare : la principale tossina che agisce a livello epidermico è la tossina epidermolitica prodotta da Staphylococcus Aureus. 154 2) Tossine che agiscono sulle membrane cellulari : sono le tossine citolitiche e le emolisine che portano alla lisi cellulare attraverso diversi meccanismi : a. formazione di pori o canali transmembrana b. azione enzimatica sui fosfolipidi di membrana (Fosfolipasi C, emolisina termolabile di Pseudomonas Aeruginosa). 3) Leucocidine : Sono tossine prodotte da Staphylococcus Aureus e Pseudomonas Aeruginosa ed hanno azione citotossica esclusivamente nei confronti dei macrofagi e dei leucociti polimorfonucleati. Il meccanismo d‘azione consiste in una stimolazione irreversibile della Fosfolipasi C che provoca una massiva mobilitazione di Ca ++. A sua volta questo provoca la fosforilazione di una proteina della membrana lisosomiale che perde la sua struttura e libera gli enzimi nel citosol, con conseguente morte cellulare. 4)Tossine ADP ribosilanti : il processo della ribosilazione consiste nell‘aggiunta di un riboso sulla proteina bersaglio attraverso una molecola di NAD. È una modificazione post-traduttiva. Le principali tossine ADP-ribosilanti sono le seguenti : - Tossina difterica e tossina A di Pseudomonas Aeruginosa : la tossina difterica provoca l‘inibizione della sintesi proteica. È costituita da una catena polipeptidica di 62.000 dalton con due ponti disulfurici. La tripsina taglia la catena in due segmenti che vengono in seguito separati da agenti riduttivi. Vengono così a costituirsi un frammento B che ha il compito di ancorarsi alla membrana e creare un poro d‘immissione ed un frammento A che rappresenta la tossina vera e propria ed una volta internalizzata reagisce con l‘EF-2 bloccando la sintesi proteica. La Tossina A di Pseudomonas ha una struttura simile ed identico meccanismo d‘azione. - Enterotossina colerica ed enterotossine correlate : La tossina colerica è il prototipo di un gruppo di tossine funzionalmente correlate dette enterotossine. L‘azione si esplica nel tenue dove l‘enterotossina provoca un richiamo di liquidi con conseguente diarrea secretoria. Tutte le enterotossine risultano positive alla prova dell’ansa ileale nel coniglio. La tossina colerica è un oligomero costituito da una subunità A (pm 29000) circondata da 5 o 6 subunità B (pm 10600). La tossina in toto pesa 80000 dalton e prende il nome di coleragene mentre la molecola formata dalle sole subunità B prende il nome di anatossina. La subunità A è costituita da una catena polipeptidica A1 tossica ed una A2 responsabile del legame con le subunità B. Il frammento A1 è dotato di attività ribosilante ed esplica quest‘azione sulla proteina G attivatrice dell‘adenilato ciclasi. Viene così a prodursi una notevole qtà di AMPc che provoca la fuoriuscita di ioni con conseguente perdita di liquidi. - Tossina pertossica : È prodotta dal batterio Bordetella Pertussis e risulta costituita da 5 diverse subunità (S1-S5). La subunità A è quella enzimaticamente attiva e ribosila la proteina G inibitrice dell‘adenilato ciclasi con conseguente inibizione della stessa. La tossina in realtà inibisce i recettori 1 delle catecolamine (anche il recettore della Gi è uno di questi) con conseguente attivazione dei recettori adrenergici che risultano iperstimolati. Ne consegue una maggior stimolazione 155 - - - - delle insule pancreatiche ed una maggior sensibilità all‘istamina con conseguente ipoglicemia e vasodilatazione. La tossina pertossica esplica anche un‘azione ciliostatica responsabile della sintomatologia clinica caratteristica. Tossina botulinica e tossina tetanica : Sono tossine neurotrope che interferiscono con il meccanismo di trasmissione degli impulsi a livello periferico (t. botulinica) o centrale (t. tetanica). L‘attività della tossina botulinica si estrinseca attraverso il blocco della trasmissione colinergica presinaptica mediata dall‘Acetilcolina (Ach). Agisce pertanto su : terminazioni pregangliari ; terminazioni postgangliari parasimpatiche ; terminazioni dei motoneuroni. Viene inibita la liberazione di Ach con conseguente paralisi flaccida dei muscoli viscerali e striati. La morte interviene per arresto cardio-respiratorio.La tossina tetanica invece agisce a livello del SNC bloccando l‘impulso nervoso inibitore del riflesso da stiramento muscolare per cui ad ogni contrazione muscolare segue la contrazione simultanea del muscolo antagonista. Ne consegue una paralisi di tipo spastico. Tossina carbonchiosa e adenilatociclasi batteriche : La tossina carbonchiosa è una tossina multifattoriale costituita da tre diverse proteine che individualmente sono prive di potere patogeno. Esse sono : fattore edematogeno (EF) : è un‘adenilatociclasi che provoca l‘accumulo intracellulare di AMPc con conseguente raccolta di liquidi negli spazi interstiziali. fattore letale (LF) : agisce a livello del citosol uccidendo la cellula con meccanismo sconosciuto. componente PA (Protective Antigen) :è responsabile dell‘internalizzazione dei soprascritti fattori. I due principali fattori che condizionano la patogenicità del Bacillus Antracis sono codificati da due plasmidi denominati pX01 (codifica la tossina) e pX02 (codifica la capsula). Perché il batterio si virulento è necessaria la presenza del pX01, mentre per avere una stimolazione antigenica è sufficiente la presenza del plasmide pX02. Queste scoperte furono sfruttate da Pasteur che sintetizzò il vaccino. Tossina di Shiga e tossine assimilabili (Shiga like toxins) : Il batterio Shigella Dissenteriae di tipo I produce una neurotossina denominata tossina di Shiga. Questa è un oligomero formato da un peptide A (costituito a sua volta da un frammento A1 attivo ed uno A2) unito a 4-5 peptidi B. Una volta penetrato nella cellula il peptide A viene scisso ed il frammento A1 rimuove alcune adenine del rRNA 28S rendendo così impossibile la formazione della subunità 60S. In questo modo viene impedita la sintesi proteica. E.coli produce delle tossine che utilizzano lo stesso meccanismo d‘azione e vengono perciò denominate Shiga like toxins I e II (SLT-1, SLT-2). Tossine che agiscono come Shiga like toxins : Si tratta di un gruppo di tossine monomeriche che hanno in comune una serie di proprietà e comprendono : 156 tossina eritrogenica prodotta da Streptococcus Pyogenes, tossina stafilococcica pirogena e t. dello shock tossico prodotte da Staphylococcus Aureus, tossine stafilococciche impropriamente denominate enterotossine, danno vomito anziché diarrea e no provocano accumulo di liquidi ; enterotossina prodotta da Clostridium Perfrigens . Il meccanismo d‘azione che accomuna tutte queste tossine è la capacità di attivare i linfociti T in virtù della loro capacità superantigene. Le tossine non legano specificamente l‘MHC II ma impegnano il recettore in via aspecifica. In questo modo attivano un gran numero di linfociti Th diversi provocando il rilascio di un gran numero di interleuchine, INF e TNF e che sono responsabili della sintomatologia clinica. B. ENDOTOSSINE Il lipopolisaccaride batterico è detto endotossina ed è un componente della membrana cellulare esterna dei batteri Gram -. Risulta costituito dal lipide A, dal core e dall‘antigene O. Il lipide A è costituito da una molecola di Glucosamina esterificata e fosforilata e costituisce l‘esotossina vera e propria. Il core è invece costituito dall‘acido chetodeossioctonico e da un eptoso. Il core mantiene invariata la sua struttura in tutti i batteri. L‘antigene O invece è costituito da una lunga catena polisaccaridica e varia in ogni batterio. Il meccanismo d‘azione dell‘endotossina consiste in una massiva attivazione dei macrofagi che producono grandi qtà di mediatori responsabili della sintomatologia. L‘LPS svolge anche un‘azione facilitante la coagulazione poiché stimola la produzione del fattore tissutale ; nei casi più gravi si può avere la comparsa di CID. In genere ciò si verifica solo in seguito a setticemia severa. CLASSI DI DISINFETTANTI 1. BIGUANIDI ED AMMIDINE Esplicano la loro azione battericida concentrandosi alla superficie cellulare della membrana alterandone le proprieta‘ chimico fisiche ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la rottura della membrana plasmatica della cellula batterica. Sono attivi su Gram+, su alcuni eumiceti, meno sui Gram- ; hanno azone germicida prolungata e buona capacità di permeazione nella cute. - DIBROMOPROPAMIDINA - CLOREXIDINA si usa in concentrazioni diverse a seconda dell‘applicazione: a) sol. acquosa 0,02 % x lavaggi vescicali; b) sol. acquosa 4% x la disinfezione delle mani del chirurgo; c) sol. alcoolica a 70° allo 0,5% x la disinfezione prechirurgica della cute e dei ferri già sterilizzati E‘ inattivata a pH inferiori a 5. - PROPAMIDINA - ESAMIDINA - ESAMIDINA 157 - POLIESAMIDINA 2. FENOLO E DERIVATI L‘ uso del fenolo in campo umano è stato abbandonato x l‘azione irritante (esso si usa ora x la disinfezione dei pavimenti, in soluz. al 3-5%); ma si usano i polifenoli, con azione disinfettante, detergente e deodorante. Questi ultimi sono dei buoni antisettici locali. I Fenoli distruggono la membrana cellulare batterica alterandone la permeabilita‘ , riducendo la tensione superficiale tra il mezzo acquoso e la membrana lipidica , attraverso un bilancio (lipofilia-idrofilia) delle proprieta‘ fisiche del farmaco. Non sono sporicidi. - ESACLOROFENE - POLICRESULENE - FENOLO - TIMOLO - ALCOOL BENZILICO - TRICLOSANO - ACIDO USMICO (da un lichene) - CLOROXILENOLO - CREOLINA(miscela saponosa di fenoli) disinfettante x ambiente - CRESOLI(o, m, p metilfenolo) - RESORCINA - CLOROXILENOLO 3. ALDEIDI Agiscono mediante l‘ alchilazione di gruppi chimici presenti in proteine ed acidi nucleici dei microrganismi(batteri, funghi, virus) Sono irritanti x le mucose e quindi si usano x imbalsamare e come disinfettanti x ambienti - FORMALDEIDE (soluzione di formalina= H2O + formaldeide all‘ 8% ) è sporicida - GLUTARALDEIDE per la sua attivazione le soluzioni vanno rese alcaline con bicarbonato di Na+ (pH tra 7 e 9) solo subito prima del loro uso (tendono a degradarsi in 15 giorni); è usata x sterilizzare strumenti che non possono essere sterilizzati col calore. Si usa in soluzioni al 2% - IMIDAZOLIDINIL-UREA è un cessore di formaldeide e si usa spesso come conservante x uso alimentare o farmaceutico - DIAZOLIDINIL-UREA cessore di formaldeide - BROMO-PROPAN-DIOLO cessore di formaldeide 4. DERIVATI FURANICI - NITROFURAZONE si trasforma in 1 forma ridotta che danneggia il DNA batterico 158 5. DERIVATI DELLO IODIO Attivi verso batteri solo in forma vegetativa (lo iodio non è sporicida). Lo iodio puo‘ essere anche rilasciato dai dei polimeri ―carrier‖ (iodofori) che permettono la solubilizzazione dello iodio in H2O. Lo iodio svolge 1 azione antisettica topica, provocando l‘ inattivazione e la denaturazione della componente proteica cellulare, con azione oxidante e deidrogenante a carico dei gruppi sulfidrilici liberi e iodurazione a carico dei residui di Tyr . - IODIO: si usa sottoforma di: a) soluzione idroalcolica (tintura di iodio) x la disinfezione della cute all‘1-2% di I2; b) soluzione acquosa (soluzione di Lugol) è meno irritante; c) soluzione al 2% in glicerina, x applicazione su mucose; d) soluzione idroalcolica concentrata all‘ 8% (tintura di iodio conc.) x la disinfezione di oggetti non metallici; e) Derivati organici dello iodio \ polimeri ―carrier‖ (iodofori): - DI-IODO-IDROXI-PROPANO - CADEXOMERO IODICO - IODIO \ OTTIL-FENOXI-POLIETILEN-GLICOLE - IODIO \ POVIDONE (PVP- Betadine) Le soluzioni di iodofori hano 1 attività di durata limitata nel tempo, xchè lo I2 tende a ridursi: l‘inattivazione è resa evidente dalla diminuzione progressiva della colorazione ambrata delle soluzioni 6. DERIVATI DEL CLORO Il cloro è 1 potente agente oxidante grazie alla formazione di acido ipocloroso HClO indissociato che agisce soprattutto a pH acidi ; se il pH aumenta verso l‘ alcalinita‘ si formano ioni ipoclorito ClO-, meno attivi. Forse è capace di clorurare alcuni amminoacidi costituenti proteine. Il cloro è pero‘ inattivato da siero, feci, e materiale contenente proteine; se associato a formaldeide da vita a 1 composto cancerogeno (il bis-clorometile) - CLORAMINA T - BIOSSIDO DI CLORO - SODIO IPOCLORITO (soluzione di Daikin Carrel o candeggina ) - TOSICLORAMIDE - ALAZONE - TRICLORO-TRIAZIN-TRIONE - CLORAZODINA(libera 2 moli di acido ipocloroso) - TRI-CLORO-CARBANILINA (CARBANILIDE) 7. PEROSSIDI Sono degli acidi deboli usati x la pulizia meccanica delle ferite. La loro azione battericida è dovuta alla liberazione di ossigeno O2 (e H2O) in presenza di 1 enzima comune nei tessuti, la catalasi. L‘ effervescenza causata dall‘ ossigeno rimuove il materiale estraneo dalle ferite e ossida i componenti dei microbi. 159 - PEROSSIDO D‘ IDROGENO(acqua ossigenata 10 vol) ha azione germcida debole, limitata nel tempo, con scarso potere di penetrazione. Per colluttori e gargarismi la soluzioneva diluita in H2O - ACIDO PERACETICO 8. DERIVATI CHINOLINICI Sono dei tensioattivi con struttura chinolinica ed esplicano la loro azione battericida concentrandosi sulla superficie cellulare della membrana microbica, alterandone le proprieta‘ chimico fisiche (abbassamento della tensione superficiale e squilibri nel bilancio osmotico) ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la rottura della membrana plasmatica della cellula batterica. - DEQUALINIO - CLORCHINALDOLO - OXICHINOLINA - CLIOCHINOLO 9. DERIVATI AMMONICI QUATERNARI Sono dei tensioattivi ed esplicano la loro azione battericida concentrandosi sulla superficie cellulare della membrana microbica, alterandone le proprieta‘ chimico fisiche (abbassa-mento della tensione superficiale e squilibri nel bilancio osmotico) ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la rottura della membrana plasmatica della cellula batterica. Sono battericidi x molti Gram+; spore e miceti sono insensibili alla loro azione. Hanno effetto rapido, buon potere di penetrazione e tossicita‘ limitata (azione irritante x gli occhi) - BENZALCONIO CLORURO tensioattivo cationico usato in soluzione alcolica all‘ 1 %o x la cute intatta; in soluzione acquosa all‘ 1 %o x la cute abrasa; - CETRIMONIO - CETIL-PIRIDINIO CLORURO tensioattivo cationico - CETRIMIDE - BENZOXONIO CLORURO tensioattivo cationico - DIDECIL-DIMETIL-AMMONIO tensioattivo cationico - BENZETONIO CLORURO tensioattivo cationico - TOLOCONIO tensioattivo cationico - DOMIFENE BROMURO - CETIL-TRIMETIL AMMONIO CLORURO 10. AGENTI SURFACTANTI NON IONICI Agiscono come i composti ammonici quaternari. Sono dei tensioattivi ed esplicano la loro azione battericida concentrandosi sulla superficie cellulare della membrana microbica, alterandone le proprieta‘ chimico fisiche (abbassa-mento della tensione superficiale e squilibri nel bilancio osmotico) ed ostacolandone il normale funzionamento. Cosi determinano la rottura della membrana plasmatica della cellula batterica. 160 - NONOXINOLO - OCTOXINOLO 11. DERIVATI DEL MERCURIO Il Hg ha 1 grande affinita‘ x lo zolfo , x cui i composti mercuriali reagiscono in maniera reversibile con i gruppi sulfidrilici presenti nelle proteine e negli enzimi con 1 azione solo batteriostatica - MERCURIO AMIDOCLORURO - FENIL-MERCURIO-BORATO - MERCURICO CLORURO - MERCUROCROMO(MERBROMINA) - TIOMERSAL - MERCURICO IODURO 12. DERIVATI DELL‘ ARGENTO Lo ione Ag+ precipita facilmente dando 1 precipitato nero di argento metallico in 1 reazione catalizzata dalla luce. L‘ attivita‘ biologica dei sali d‘ argento deriva dallo ione libero Ag+ e dalla sua reattivita‘ con numerosi anioni: sulfidrile, carbossile, fosfato, gruppo amminico e cloruro. Si formeranno dei pricipitati di proteinato di Ag+, che inattivano la proteina e che hanno azione protettiva nei confronti dei tessuti lesi. - ARGENTO NITRATO - ARGENTO METALLICO COLLOIDALE 13. ALCOLI Si ritiene che gli alcoli producano la loro azione antimicrobica denaturando le proteine della parete cellulare , provocando la distruzione della parete stessa con morte del microrganismo. Gli alcoli inoltre inattivano i virus ―sciogliendo‖ il capside: la distruzione di quest‘ultimo impedisce al virus di attaccarsi alla superficie della cellula ospite e di infettarla. - ALCOOL ETILICO alla concentrazione ottimale del 70% in peso è 1 buon agente battericida x le forme vegetative di molti germi patogeni, ma è inefficace sulle spore. Non dovrebbe mai essere usato su ferite o abrasioni perché risulta irritante x azione disidratante e denaturante delle proteine. - ALCOOL DENATURATO è trattato con 1 processo di denaturazione che lo rende inadatto come bevanda. Per la presenza del denaturante (alcool metilico, benzolo greggio, FeCl3, coloranti, ecc.) non deve essere mai usato x disinfettare ferite o strumenti chirurgici. - ISOPROPANOLO - CLORBUTANOLO - ALCOOL BENZILICO - FENOSSI-ETANOLO - GLICOLI (Propilenico, Pentilenico) 161 14. COLORANTI Si dividono in 2 classi : A. COLORANTI TRIFENIL METILICI agiscono formando 1 complesso non ionizzato quasi irreversibile con i componenti acidi delle cellule come i gruppi carbossilici o i fosfati degli acidi nucleici - VIOLETTO DI GENZIANA - FUCSINA (tintura rubra di Castellani) B. DERIVATI DELLA 3,6 DIAMMINOACRIDINA e 9-AMMINO ACRIDINA Anch‘ essi agiscono formando 1 complesso con i componenti acidi delle cellule, ma possono pure intercalarsi nel DNA impedendone la duplicazione - 3,6 DIAMMINOACRIDINA - 9-AMMINO ACRIDINA - ETACRIDINA LATTATO - AMMINOACRIDINA - EUFLAVINA 15. ALTRI DISINFETTANTI - ACIDO BORICO - ACIDO SORBICO - ACIDO BENZOICO - ACIDO UNDECILENICO - ACIDO PARA IDROSSI BENZOICO (SUOI ESTERI E SALI [PARABENI]) - ACIDO SALICILICO - COMPOSTI DELL‘ ALLUMINIO - EOSINA colorante rosso - EUGENOLO (dai chiodi di garofano ad attività batteriostatica) - GERANIOLO - TRI-ETIL-CITRATO inibitore enzimatico che blocca competitivamente le Esterasi batteriche - MONOESTERE DELL‘ ACIDO LATTICO inibitore enzimatico che blocca competitivamente le Esterasi batteriche - DIETIL-ESTERE TARTARICO inibitore enzimatico che blocca competitivamente le Esterasi batteriche - ACIDO CITRICO inibitore di crescita batterica (abbassa il pH) - CITRICIDAL (estratto di pompelmo in soluz. glicerica al 50%) 2 ANTIBIOTICI TERAPIA ANTIBIOTICA 162 Nella scelta di una adeguata terapia contro qualsiasi tipo di infezione è molto importante considerare le caratteristiche dei vari antibiotici che si ritiene opportuno utilizzare nella pratica clinica; l'analisi dei vari farmaci permette la scelta di una terapia più efficace, mirata ed adeguata alla patologia in causa. Questa scelta terapeutica deve sempre essere guidata dal buon senso e dal libero pensiero, è importante cioè non lasciarsi influenzare da abitudini di reparto, da mode del periodo o da allettanti proposte delle varie case farmaceutiche. CARATTERISTICHE DI UN ANTIBIOTICO DA CONSIDERARE NELL'USO CLINICO : a. Spettro antibatterico b. Farmacocinetica c. Efficacia clinica d. Effetti collaterali e tossici e. Costo COSTO Con l'aumento della vita media e lo svilufppo della medicina sono tenuti in vita più a lungo individui con una maggiore suscettibilità alle infezioni (nefropatici, diabetici, neoplastici, sieropositivi); in realtà i farmaci in termini di costo ospedaliero influiscono solo per il 5%, mentre il 73% delle uscite è imputabile agli stipendi. SPETTRO ANTIBATTERICO E' la pretesa di funzionamento ed efficacia di un antibiotico contro determinati batteri; per valutare la sensibilità del germe occorre definire la concentrazione minima inibente (CMI o MIC) di un antibiotico verso il microrganismo mediante opportuni test : Metodo di diluizione Metodo di diffusione Metodo automatizzato In questo modo si ottiene la MIC 90 di ogni antibiotico, mediante la quale si può dare un giudizio riguardante la sensibilità o la resistenza del ceppo patogeno nei confronti di tali farmaci, tenendo sempre conto della concentrazione raggiungibile nell'organismo umano con particolare attenzione al sito di infezione. Infatti il giudizio di sensibilità è basato sul fatto di poter raggiungere concentrazioni utili nell'organismo umano (cioè superiori alla MIC riportata) CEPPO SENSIBILE (S) : microrganismi che possono essere inibiti con un normale dosaggio di antibiotico per quell'infezione e quella specie; nella pratica clinica i batteri vengono di solito considerati sensibili ad un farmaco se la concentrazione sierica massima raggiungibile supera la MIC di almeno 4 volte. CEPPO A SENSIBILITA' INTERMEDIA (I) : microrganismi inibiti solo con dosaggi particolarmente elevati o in quelle sedi dove il farmaco raggiunge concentrazioni elevate. 163 CEPPO RESISTENTE (R) : stipiti che non vengono inibiti da concentrazioni antibiotiche ottenibili con dosaggi terapeutici EFFICACIA CLINICA E' il riscontro clinico dei risultati ottenuti in vitro, infatti gli studi in vivo possono evidenziare fenomeni di inattivazione da parte dell'organismo. L'EFFICACIA CLINICA DIPENDE DA : Attività intrinseca del farmaco Capacità di raggiungere il distretto di infezione e di permanervi a concentrazioni e per durata di tempo sufficienti per poter esplicare l'effetto batteriostatico e battericida Lo spartiacque quantitativo tra azione BATTERIOSTATICA o BATTERICIDA è definito dalla diminuzione del numero di particelle presenti in coltura di almeno tre unità logaritmiche nelle 24h; se non ottengo tale diminuzione il farmaco può essere batteriostatico o indifferente. Esistono ospiti suscettibili in cui l'uso di un batteriostatico può non essere indicato, per esempio una polmonite da pneumococco in un anziano non va curata con un macrolide (batteriostatico verso lo pneumococco) ma con una blattamina o un fluorchinolone (battericidi). L'efficacia clinica di un farmaco può essere TEMPO DIPENDENTE o CONCENTRAZIONE DIPENDENTE : Le PENICILLINE hanno una azione tempo dipendente, per essere efficaci devono mantenere concentrazioni superiori alla MIC per la maggior parte del tempo di somministrazione. Gli AMINOGLICOSIDI e i FLUOROCHINOLONI hanno invece azione concentrazione dipendente; per il 40-50% (o anche di più) del tempo fra un dosaggio e l'altro possono essere a concentrazioni inferiori alla MIC, ma devono raggiungere alti livelli anche solo per un breve intervallo di tempo;. FATTORI CHE INFLUENZANO L'ATTIVITA' DI UN ANTIBIOTICO "IN VIVO" Diffusibilità nel sito di infezione Penetrazione intracellulare (nelle infezioni da germi intracellulari : Clamidiae, Mycoplasmi, Legionelle…) Metabolismo del farmaco (es. il CLORAMFENICOLO viene usato nelle colecistiti in quanto eliminato attraverso le vie biliari) Concentrazioni locali in cationi bivalenti (Ca,Mg); la TETRACICLINA si pensava somministrabile per os nella cura delle osteomieliti perché si concentra nell'osso, in realtà si lega al Ca++, precipita venendo inattivata. Effetto dell'ambiente : pH acido o ambiente anaerobico (es. gli AMINOGLICOSIDI funzionano male in ambiente acido, la PIRAZINAMIDE funziona solo in ambiente acido) Stato fisiologico dei batteri (es. le bLATTAMINE funzionano bene contro batteri in attiva replicazione intervenendo nella costituzione della parete, 164 mentre invece contro batteri a lenta replicazione o quiescenti uso farmaci che interferiscono con il metabolismo, come la RIFAMPICINA usata nella profilassi dei portatori di Neisseria Meningitidis). Effetti a concentrazioni sub-MIC sulla patogenicità RESISTENZE AGLI ANTIBIOTICI L'ANTIBIOGRAMMA è predittivo unicamente per quanto riguarda la resistenza, se dà indicazione di sensibilità questa non deve essere accettata come tale senza un' ulteriore conferma pratica.La resistenza ai farmaci può essere NATURALE (il farmaco non agisce su determinati microrganismi perché manca strutturalmente il bersaglio) o ACQUISITA. RESISTENZA CROMOSOMICA : Acquisita per mutazione genetica, non indotta da antibiotici Stabile (trasmissione verticale) Specifica (interessa un solo carattere) In clinica è di raro riscontro, solo il 10% delle resistenze osservate, tipica quella del Mycobatterium Tubercolosis RESISTENZA NON CROMOSOMICA : Dovuta all'acquisizione di nuovi geni per diffusione da cellula a cellula attraverso il passaggio di elementi genetici mobili come plasmidi, trasposoni e batteriofagi E' indotta da antibiotici; popolazioni batteriche resistenti prosperano in caso di elevato uso di antimicrobici per vantaggio selettivo rispetto a popolazioni suscettibili E' il tipo di resistenza più frequente in clinica (infezioni nosocomiali). PRINCIPALI MECCANISMI DI RESISTENZA : Distruzione del farmaco (es. produzione di blattamasi nella resistenza a blattamici) Alterazione o sovraproduzione delle strutture bersaglio Diminuzione della permeabilità dell'involucro cellulare al farmaco Eliminazione attiva del farmaco dall'interno della cellula LA RESISTENZA BATTERICA AI CHEMIOTERAPICI. Il fenomeno della resistenza batterica ai chemioterapici è un evento sempre più frequente e allarmante e rappresenta oggi il maggior pericolo connesso con la chemioterapia. Quando si parla di resistenza batterica si fa riferimento alla resistenza acquisita, cioè alla comparsa di ceppi batterici che, pur appartenendo ad una specie microbica originariamente sensibile a un certo chemioterapico, hanno perduto la sensibilità verso concentrazioni del farmaco terapeuticamente raggiungibili in vivo. È opportuno quindi enucleare dal concetto di antibioticoresistenza il fenomeno della cosiddetta resistenza naturale o primaria. Si tratta in questo caso dell‘insensibilità costituzionale di un microrganismo verso un determinato antibiotico, dipendente o dal meccanismo d‘azione del farmaco e dal 165 tipo di strutture possedute dal microrganismo (si veda, ad esempio, l‘insensibilità del Mycoplasma pneumoniae, privo di parete cellulare, ai betalattamici), o dalla mancata penetrazione dell‘antibiotico nella cellula procariota (è il caso, ad esempio, dell‘insensibilità di Escherichia coli alla penicillina G, che non supera la membrana esterna dei Gram-negativi), o ancora dalla mancanza di legame del farmaco con il sito bersaglio (è il caso, questo, della resistenza naturale di alcuni microrganismi ai betalattamici). Ovviamente questo tipo di resistenza naturale è geneticamente determinato, appare immutabile nel tempo e si manifesta in tutti i ceppi di una stessa specie batterica. Origine dell‘antibiotico-resistenza. Fino a pochi anni fa vi erano sostanzialmente due teorie che si contrapponevano nel tentativo di spiegare l‘origine dell‘antibiotico-resistenza dei microrganismi: quella dell‘ induzione diretta del fenomeno da parte dell‘antibiotico sul microrganismo, cioè di un adattamento fenotipico del germe attraverso l‘attivazione di enzimi prima repressi; e quella delle mutazioni spontanee, selezionate dall‘antibiotico, che verrebbe così ad esercitare una pressione selettiva su un fenomeno naturale. Per quanto la prima ipotesi possa trovare conferma in esperimenti di laboratorio, non vi è alcun dubbio che sia la seconda teoria quella che può spiegare la maggior parte dei fenomeni di antibiotico-resistenza osservati in natura. A questo fenomeno della resistenza cromosomica da mutazioni si è aggiunto, il fenomeno del genetic exchange, del trasporto cioè di materiale genetico da un microrganismo all‘altro, anche da una specie batterica all‘altra. Tale trasporto si può attuare con diversi meccanismi: trasformazione, transduzione, coniugazione, transposizione e può riguardare sia materiale genetico cromosomico sia limitatamente in genere ai penultimi due meccanismi citati, materiale genetico extracromosomico. La trasformazione batterica è un processo di trasferimento genetico che si realizza attraverso l‘assunzione da parte di una cellula batterica di DNA libero nell‘ambiente, proveniente dalla lisi di un altro batterio. Questo fenomeno comporta quindi l‘acquisizione di caratteri ereditari nuovi da parte di una cellula batterica trattata con DNA estratto da una cellula con diverso genotipo. Per quanto l‘estrazione del DNA dal corpo batterico risulti in frammenti equivalenti a 1/100 circa del cromosoma batterico (e perciò di regola solo un gene del donatore possa venire assunto dal ricevente), tuttavia per caratteri strettamente vicini nella mappa cromosomica è possibile ottenere anche una doppia trasformazione. La frequenza della trasformazione batterica spontanea è piuttosto rara in natura e sembrano scarse le implicazioni pratiche di questo processo di trasferimento genetico nella trasmissione della resistenza batterica. La transduzione è un meccanismo di trasferimento genetico con il quale un determinato carattere passa da un microrganismo all‘altro veicolato da un batteriofago. I fagi sembrano svolgere un ruolo importante non solo nel trasporto di materiale genetico cromosomico ma anche di materiale extracromosomico; la transduzione è stata descritta come fenomeno interspecifico nell‘ambito delle Enterobacteriaceae e si è visto che scambi genetici a livello plasmidico, realizzati 166 probabilmente con il meccanismo della transduzione, possono avvenire occasionalmente anche tra microrganismi Gram-positivi e Gram-negativi. La frequenza della transduzione in natura è piuttosto bassa: tale fenomeno si verifica con una frequenza di 10-6.La coniugazione consiste nel passaggio di un frammento di DNA da una cellula batterica ad un‘altra e quindi nella modificazione del genotipo batterico realizzata con il contatto fisico tra due organismi diversi; il passaggio di materiale genetico da una cellula all‘altra può riguardare materiale cromosomico o extracromosomico. La coniugazione è abbastanza frequente in natura, con una frequenza di 10-2. Essa si realizza solo tra cellule parentali con genotipo diverso, dove la cellula donatrice è una cellula maschio e la cellula ricevente è una cellula femmina. Perché una cellula batterica possa comportarsi da donatrice, cioè da cellula maschile, deve possedere un particolare elemento chiamato fattore F o del sesso. Tali cellule sono chiamate F +, mentre le cellule riceventi, prive del fattore del sesso, sono chiamate F -. Il fattore F è costituito da una molecola circolare di DNA e può essere extra-cromosomico, comportandosi come un parassita; esso è uno di quei fattori a struttura similcromosomica, contenenti l‘informazione genetica sufficiente per la propria replicazione, trasmessi da una cellula all‘altra e dotati di elevata capacità di riproduzione e per questo chiamati anche plasmidi. Il fattore F può avere nella cellula batterica donatrice anche una localizzazione cromosomica, cioè essere integrato nel cromosomo batterico, ed è allora chiamato episoma: in questo caso durante la coniugazione si realizza, insieme al trasferimento del fattore del sesso, anche quello di buona parte del materiale cromosomico batterico, con elevata frequenza di ricombinazione genetica. Le cellule in cui il fattore F è cromosomico sono chiamate Hfr (high frequency of recombination) per la frequenza di ricombinazione. La trasmissione del fattore F, isolato o legato ad una parte del cromosoma batterico nei ceppi di Hfr, si realizza con il passaggio di questo fattore da una cellula F + ad una cellula F - attraverso una particolare struttura posseduta solo dalle cellule F + e chiamata pilo F. Si tratta di una appendice filamentosa, costituita da due catene proteiche parallele (ogni cellula F + possiede uno o due pili F). Il pilo F funziona da ponte tra due cellule coniuganti; il fattore F, dopo aver dotato la cellula ospite del pilo F, necessario per produrre un contatto con la cellula ricevente, inizia il proprio trasferimento con la rottura della sua struttura circolare e la sua trasformazione in una forma lineare. Lo stesso processo di trasformazione dalla forma circolare a quella lineare avviene nelle cellule Hfr a carico del cromosoma. La coniugazione rappresenta il meccanismo con il quale più frequentemente oggi si realizzano scambi genetici riguardanti la resistenza. La transposizione. Recentemente è stato identificato un nuovo sistema di trasporto e diffusione dei geni che codificano la resistenza da un replicone all‘altro, cioè tra singole unità che sono in grado di replicarsi: questo è il sistema dei trasposoni, unità genetiche molto semplici che trasportano resistenze multiple. I trasposoni, che sono determinanti di resistenza localizzati in frammenti di DNA, delimitati alle 167 estremità da particolari se-quenze di inserzione che permettono l‘inserimento del segmento di DNA in corrispondenza di omologhe sequenze localizzate in repliconi indipendenti, possono migrare o saltare da un plasmide all‘altro o da un plasmide ad un cromosoma. Di recente sono stati anche identificati trasposoni coniugativi, specie in batteri Gram-positivi, che si trasmettono per coniugazione ma senza il plasmide come vettore. Le multiresistenze contagiose sono la causa di vere e proprie epidemie di antibiotico-resistenza trasmessa da un microrganismo all‘altro, e da una specie batterica ad altra specie vicina, mediante il trasporto di materiale genetico extracromosomico, i cosiddetti fattori R o fattori di resistenza; è questo il pericolo più importante nel campo dell‘antibiotico-resistenza. I fattori F sono costituiti da una molecola circolare di DNA e nel batterio possono essere sia a localizzazione extracromosomica, e quindi liberi nel citoplasma, sia incorporati nel cromosoma: per tale ragione sono chiamati rispettivamente, plasmidi o episomi. Il fattore R, analogo al fattore F, ha in comune con questo la capacità di replicarsi rapidamente e di trasmettere quindi il proprio materiale ad altre cellule batteriche; ha inoltre la proprietà di conferire alla cellula batterica una resistenza a numerosi chemioterapici (tetracicline, cloramfenicolo, aminoglicosidi, ecc.) e di trasmetterla quindi alle cellule "contagiate". Esso è trasferito spesso dalla cellula ricevente mediante un pilo simile al pilo F; tuttavia i fattori F sono trasferiti normalmente con una velocità molto superiore a quella con qui vengono trasferiti i fattori R. Nell‘ambito del fattore R, possiamo distinguere una parte nota come RTF (Resistance Transfer Factor), fattore trasmis-sibile o sessuale di resistenza, in grado di trasferirsi anche da solo da una cellula all‘altra ed una parte definita Rdeterminant, o fattore determinante la multiresistenza specifica, che non è in grado di autotrasmettersi finché non si unisce ad un RTF. Pertanto, mentre RTF può trasferirsi da una cellula batterica all‘altra senza però dare resistenza, l'Rdeterminant isolato non è in grado di trasmettere ad altre cellule la multiresistenza specifica che può determinare. Normalmente, in natura, il fattore sessuale RFT è represso. È il caso però di ricordare che la concomitante presenza di un fattore F permette il passaggio del'R-determinant anche in assenza di RFT. L'R-determinant è costituito da una serie di geni ciascuno dei quali è in grado di conferire resistenza ad un chemioterapico: sono stati individuati geni che codificano la resistenza a penicilline e cefalosporine, aminoglicosidi, cloramfenicolo, tetracicline, sulfamidici, trimetoprim e acido fusidico. Quando il fattore R è completo e possiede sia RTF che R-determinant, viene chiamato plasmide coniugativo. Lo studio della biologia dei fattori R ha permesso di chiarire che tali fattori possono scomparire. La perdita dei fattori R può essere spontanea (soppressione spontanea): tale processo si realizza con diversa frequenza nei vari microrganismi; esiste poi la possibilità di provocare artificialmente la perdita dei fattori R, e ciò si ottiene con l‘acridina ed i suoi derivati: tale effetto degli acridinici può essere esaltato mediante il pretrattamento con raggi ultravioletti. Vi sono anche altre sostanze in grado di eliminare il fattore R o i plasmidi stafilococcici (chinoloni, flavomicina, rifampicina, ecc.) oppure di inibire il 168 trasferimento da una cellula batterica all‘altra (mitomicina C, distamicina, lincosamidi, ecc.). Caratteristiche dell‘antibiotico-resistenza. Esistono due tipi di resistenza batterica agli antibiotici, nettamente distinti tra loro: la resistenza da mutazioni cromosomiche e la resistenza legata a fattori extracromosomici. Caratteristiche della resistenza batterica di tipo cromosomico. Questo tipo di resistenza si realizza spontaneamente con una frequenza estremamente bassa (essendo legata all‘insorgenza di mutazioni naturali o spontanee che si verificano nell‘ordine di 10-7-10-10 e che portano a modificazioni del DNA del cromosoma batterico) e riguarda sempre un solo antibiotico con possibilità però di resistenze crociate con altri antibiotici della stessa famiglia. La resistenza di tipo cromosomico costituisce il 10-15 % di tutte le resistenze acquisite e raramente è responsabile di infezioni diffuse. La trasmissione di questa resistenza avviene di regola in occasione del processo di divisione cellulare e tra microrganismi della stessa specie. Il livello iniziale di resistenza appare spesso discretamente basso e quindi facilmente superabile con un aumento di dosaggio del farmaco antibatterico, dove è possibile. Questa resistenza viene definita di tipo penicillinico, è legata a più mutazioni ed è caratteristica delle betalattamine, tetracicline, cloramfenicolo, macrolidi e degli aminoglicosidi, fatta eccezione per la streptomicina, che presenta invece una resistenza mutazionale con livelli iniziali di resistenza decisamente elevati, in dipendenza di un‘unica mutazione in grado di determinare la comparsa di ceppi totalmente resistenti. I microrganismi resistenti presentano spesso carenze metaboliche che ne riducono la patogenicità ed a volte la sopravvivenza. Si è visto che una politerapia ben condotta è in grado di impedire o ritardare la comparsa di ceppi resistenti; la resistenza cromosomica ha scarsa importanza nelle infezioni batteriche, salvo forse nel caso di infezioni da pneumococchi penicillino-resistenti. Caratteristiche della resistenza batterica di tipo extracromosomico. La frequenza con cui insorgono e si tra-sferiscono le resistenze extracromosomiche è estremamente elevata; questo tipo di resistenza non si trasmette solo tra microrganismi della stessa specie ma anche tra batteri di specie diverse (soprattutto Gram-negativi), ed il trasferimento della resistenza non riguarda un solo antibiotico, come nel caso delle mutazioni, ma più antibiotici simultaneamente (resistenze multiple). Esistono infatti fattori R che trasmettono la resistenza batterica a più chemioterapici. Il livello di queste resistenze è decisamente elevato sin all‘inizio, per cui non è superabile con un aumento di dosaggio del farmaco, ed i microrganismi resistenti non presentano in genere carenze metaboliche, per cui la loro patogenicità resta invariata. Va ricordato infine che la polichemioterapia non serve a prevenire questo tipo di resistenze e 169 che, essendo tali fenomeni legati spesso ad attività enzimatiche, la resistenza è direttamente proporzionale alla crescita della popolazione batterica. Resistenza crociata (Cross-resistance). Microrganismi resistenti a un certo farmaco possono anche essere resistenti ad altri farmaci che condividono lo stesso meccanismo d‘azione. Simile relazione esiste principalmente tra agenti che sono chimicamente affini (es. differenti aminoglicosidi) o che hanno un meccanismo d‘azione o di legame simile (es. macrolidi, lincomicina). In certe classi di farmaci, la parte attiva del farmaco è così simile alla maggior parte dei congeneri (es. tetracicline) che un‘ampia resistenza crociata è attesa. Meccanismi fisiopatologici dell‘antibiotico-resistenza. Esistono sette meccanismi fisiopatologici di resistenza agli antibiotici. 1. Inattivazione extracellulare dell‘antibiotico: questo meccanismo è stato il primo ad essere identificato grazie alla messa in evidenza di un enzima in grado di distruggere irreversibilmente con meccanismo idrolitico il legame amidico e quindi aprire l‘anello betalattamico della penicillina G, formando penicilloati stabili e facendo perdere all‘antibiotico la sua attività antibatterica. Questo enzima fu chiamato penicillinasi. Successivamente furono identificati altri enzimi in grado di esplicare la medesima attività, sempre a livello dell‘anello betalattamico, nei confronti sia delle penicilline che delle cefalosporine, enzimi che perciò vennero chiamati betalattamasi. Vi sono betalattamasi che vengono escrete all‘esterno della cellula batterica, sono da questa sintetizzate perlopiù solo in presenza dell‘antibiotico induttore ed estrinsecano la loro attività attraverso un processo di inattivazione extracellulare dell‘antibiotico: questi enzimi sono chiamati esobetalattamasi. Vi sono poi altri enzimi dotati anch‘essi di attività betalattamasica ma che manifestano l‘azione inattivante l‘antibiotico all‘interno della cellula procariota: essi sono noti come endobetalattamasi. Le esobetalattamasi sono l‘esempio più tipico di inattivatori extracellulari di un antibiotico; sono prodotte da microrganismi Gram-positivi; sono codificate da geni a localiz-zazione plasmatica, ma anche cromosomica, ed esplicano la loro azione in genere nei confronti delle penicilline. 2. Inattivazione o trasformazione intracellulare dell‘antibiotico: si realizza anch‘essa con un meccanismo enzimatico, in questo caso però l‘enzima resta localizzato all‘interno della cellula batterica ed agisce dopo la penetrazione dell‘antibiotico nella cellula stessa. Questo meccanismo è ammesso per la resistenza ad aminoglicosidi, betalattamine, cloramfenicolo, tiamfenicolo, macrolidi e sinergistine. Per quanto riguarda gli aminoglicosidi, si conoscono una ventina di enzimi suddivisi in tre classi prodotti da batteri resistenti che sono in grado di inattivare questi 170 antibiotici, oppure di modificarli in modo che il loro trasporto al sito bersaglio risulti molto più problematico: acetiltransferasi (AAC), fosforiltransferasi (APH) e adenililtransferasi (AAD). Si ritiene che questi enzimi inattivanti risiedano nello spazio periplasmico della parete cellulare dei Gram-negativi. Essi sono in genere enzimi costitutivi, hanno perlopiù origine plasmidica e si evidenziano sia nei cocchi Gram-positivi, sia soprattutto nei bacilli Gram-negativi. Gli enzimi che inattivano gli aminoglicosidi possono essere codificati anche su trasposoni. Gli enzimi fosfo-rilanti utilizzano ATP come donatore di fosforo e sono gli unici in grado di determinare nei batteri elevati livelli di resistenza agli aminoglicosidi; anche gli enzimi adenililanti utilizzano ATP come donatore del gruppo adenilico, mentre gli enzimi acetilanti traggono il gruppo acetilico dall‘acetil-coenzima A. La resistenza alle betalattamine, legata all‘inattivazione intracellulare di questi farmaci, è dovuta alla produzione nelle cellule resistenti di endo-betalattamasi: questi enzimi, prodotti da microrganismi Gram-negativi, sono il più delle volte enzimi costitutivi (quelli di origine plasmidica), ma a volte anche enzimi inducibili (quelli di origine cromosomica), esplicano la loro azione nei confronti delle penicilline e cefalosporine. Le endobetalattamasi sono spesso confinate nello spazio periplasmatico della parete cellulare dei Gram-negativi, venendo così a creare una barriera idrolitica a protezione delle PBP (penicilin binding protein). Il cloramfenicolo ed il tiamfenicolo vengono invece inattivati da specifiche acetiltransferasi costitutive negli enterobatteri o inducibili nei cocchi Gram-positivi. Questi enzimi acetilano uno o entrambi i gruppi idrossilici e metabolizzano i farmaci utilizzando l‘acetilcoenzima A come donatore del gruppo acetilico. I macrolidi vengono inattivati ad opera di esterasi che idrolizzano l‘anello lattonico. Questi enzimi vengono prodotti special-mente da Gram-positivi ma anche da Gram-negativi. Anche le sinergistine vengono inattivate mediante l‘intervento di acetiltransferasi prodotte da cocchi Gram-positivi. 3. Diminuita penetrazione dell‘antibiotico nella cellula batterica: si realizza mediante alterazioni del sistema di trasporto dei farmaci dall‘esterno all‘interno della cellula batterica, o attraverso alterazioni nella composizione polisaccaridica della parete cellulare batterica,ma soprattutto per modificazioni della membrana esterna. I chemioterapici verso i quali si può realizzare questo meccanismo di resistenza sono gli aminoglicosidi, le tetracicline, alcune penicilline e cefalosporine, il cloramfenicolo, i macrolidi ecc. 4. Modificazione delle strutture-bersaglio o diminuita affinità per l‘antibiotico di strutture inizialmente recettive: questi meccanismi di resistenza, che si realizzano con modificazioni del sito d‘azione del far-maco, cioè del bersaglio dell‘antibiotico, sono spesso la conseguenza di un‘alterazione mutazionale cromosomica. Alcuni esempi di questo tipo di resistenza sono 171 rappresentati da modificazioni - a livello della subunità 30 S dei ribosomi dei siti dove si legano gli aminoglicosidi, oppure - a livello della sub-unità 50 S - dei siti dove si legano i macrolidi. Altri esempi sono rappresentati dalle modificazioni della subunità beta della RNA-polimerasi nella resistenza alle rifamicine, da quelle della subunità A della DNA-girasi nella resistenza ai chinoloni e da quelle della diidrofolatoreduttasi in caso di resistenza al trimetropim. 5. Aumentata produzione di enzimi inibiti dall‘antibiotico: esempi di questo meccanismo sono l‘aumentata sintesi di D-L-alanina-racemasi e di dipeptidosintetasi negli streptococchi resistenti alla cicloserina e di diidrofolatoreduttasi in quelli resistenti al trimetoprim. Tuttavia la condizione più importante ed interessante, nell‘ambito di questo gruppo, è la resistenza ai betalattamici per iperproduzione di PBP, specie ad affinità diminuita. 6. Superamento del blocco metabolico con diretta assunzione del prodotto inibito: questo meccanismo fisiopatologico di resistenza è molto frequente nei confronti dei sulfamidici. In caso di resistenza a questi chemioterapici i microrganismi sono infatti in grado di utilizzare direttamente l‘acido folico preformato, vanificando l‘azione dei sulfamidici, che normalmente impediscono la sintesi di acido folico da parte della cellula procariota. 7. Iperproduzione di enzimi inattivanti che si legano all‘antibiotico formando una barriera non idrolitica: si tratta di un meccanismo identificato di recente. Il fenomeno, denominato "trapping" o "effetto spugna", sarebbe legato all‘iperproduzione di betalattamasi indotta dalle più recenti cefalosporine, dall‘imipenem e dai monobattamici, che non costituiscono peraltro un substrato per le betalattamasi stesse. Questi enzimi, pur non essendo in grado di inattivare gli anzidetti antibiotici, possono legarsi irreversibilmente ad essi formando complessi macromolecolari che precipitano nello spazio periplasmico, intasando ed impedendo a nuove molecole di antibiotico di raggiungere il bersaglio. Si formerebbe così una barriera betalattamasica non idrolitica in grado di proteggere le PBP dalle betalattamine non legate alle betattamasi. Limitazioni alla resistenza dei farmaci. L‘emergenza della resistenza ai farmaci nelle infezioni può essere minimizzata nei seguenti modi: Mantenendo sufficientemente elevati i livelli del farmaco nei tessuti, per inibire sia la popolazione originale che quella mutante. Somministrando simultaneamente due farmaci che non danno resistenza crociata, ciascuno dei quali ritarda l‘emergenza di mutanti resistenti 172 all‘altro farmaco (es. rifampicina e isoniazide nel trattamento della tubercolosi). Evitando l‘esposizione di microrganismi a un farmaco particolarmente utile limitando il suo uso, specialmente negli ospedali. I BIOFILM BATTERICI I batteri patogeni raramente agiscono in forma isolata, il più delle volte aderiscono a superfici e si organizzano in associazioni batteriche , inglobate in una matrice esopolisaccaridica , dando vita alla produzione di biofilm. Sotto forma di biofilm , i batteri sono in grado di colonizzare non solo le mucose , causando infezioni quali l'endocardite , l'otite media acuta , la sinusite , le riacutizzazioni infettive delle broncopneumopatie croniche ostruttive , ma anche numerosi dispositivi medici , quali i cateteri vascolari ed uretrali , le valvole cardiache , le cannule tracheali , le artroprotesi, i cateteri per la dialisi peritoneale continua ed i pacemaker. Infatti i farmaci difficilmente riescono a penetrare in queste strutture complesse e ramificate.Gli antibiotici nella maggioranza dei casi agisce limitatamente sui microrganismi circolanti o costituenti gli strati più superficiali dei biofilm. In considerazione della rilevante importanza dei biofilm in numerose e diffuse patologie infettive , diversi studi clinici hanno cercato di valutare l'efficacia dei farmaci sulla sintesi della sostanza amorfa e sulla vitalità dei microrganismi contenuti nei biofilm. I biofilm sono quindi una struttura complessa e organizzata, consistente in microcolonie circondate da una matrice esopolisaccaridica ( slime ) nella quale sono scavati minuscoli canali d'acqua che si anastomizzano fra loro, formando una sorta di sistema circolatorio primitivo. I biofilm possono organizzarsi sulla superficie di differenti mucose o sulla superficie di dispositivi medici impiantati o inseriti nel corpo. Molecole-segnale prodotte dai microrganismi stessi, condizionano la formazione, lo sviluppo dei biofilm e l'interazione tra i microrganismi. A causa della presenza dell'involucro polisaccaridico, che agisce come un sistema di protezione che si oppone alla penetrazione dei farmaci, i microrganismi presenti nel biofilm mostrano un'aumentata resistenza alle difese immunitarie dell'ospite e alla terapia antibiotica rispetto alle forme planctoniche. Conseguentemente, i biofilm rivestono un'importanza rilevante per la salute, dato il loro ruolo in molte infezioni croniche e la loro importanza in un numero elevato di infezioni da impianti biomedici; queste infezioni, a carattere recidivante, sembrano intrattabili con antibiotico-terapia. Una sostanza mucolitica, l'Acetilcisteina ( NAC , Fluimucil ) ha dimostrato una buona attività nell'inibire l'adesione batterica e nel dissolvere la matrice del biofilm. Recenti risultati sperimentali hanno confermato l'efficacia dell'Acetilcisteina nella disgregazione e nella riduzione del numero di forme vitali di batteri presenti nei biofilm, rispettivamente di Staphylococcus aureus ed Escherichia coli. In questi studi è stata messa in evidenza l'efficacia di due noti antibiotici, Tiamfenicolo e Fosfomicina Trometamolo, utilizzati rispettivamente nelle infezioni respiratorie e nelle infezioni urinarie non complicate. Particolarmente interessante la nuova 173 osservazione circa l'attività in associazione all'Acetilcisteina ed i singoli antibiotici , che è risultata sinergica, aprendo nuove importanti prospettive terapeutiche in patologie infettive croniche delle vie respiratorie e delle vie urinarie determinate da microrganismi formanti biofilms che, come è noto, è quasi impossibile eradicare con le comuni terapie antibiotiche. L'Acetilcisteina è una molecola antiossidante , che trova indicazione nel trattamento delle malattie respiratorie croniche , come antidoto nell'avvelenamento acuto da Paracetamolo, e nella prevenzione del danno renale da mezzi di contrasto. Uno studio ha dimostrato che la capacità di disgregazione dell'Acetilcisteina sui biofilm in fase iniziale di formazione , prodotti dallo Staphylococcus aureus , è compresa tra il 30% ed il 60%, mentre sui biofilm consolidati la capacità è del 5865%. Seppur in misura minore rispetto all'Acetilcisteina , anche un antibiotico , il Tiamfenicolo ha dimostrato di ridurre la quantità di sostanza mucopolisaccaridica presente nei biofilm. L'associazione Tiamfenicolo + Acetilcisteina ( Fluimucil Antibiotico ) ha prodotto una disgregazione dei biofilm iniziali tra il 64% ed il 78,5% , e di quelli consolidati tra il 63,1% ed il 69,7%. E' stato dimostrato che anche l'Acido Salicilico è in grado di esercitare un effetto disgregante sui biofilm ed un'azione inibitoria sulla loro formazione. 174 SCHEDE TECNICHE DI ALCUNE CLASSI DI ANTIBIOTICI: 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 Classificazione dei batteri patogeni e scelta dell‘ antibiotico adatto: A- COCCHI GRAM + - Staphylococcus aureus epidermidis (Provoca varie infezioni) ..………………………………penicillina penicillinasi resistente ………………………………………vancomicina, teicoplanina - Steptococcus pyogenes (Provoca varie infezioni) ………………………………………..ampicillina, amoxicillina - Steptococcus viridans (Provoca endocardite) ……………………………………………………..penicillina G - Steptococcus bovis (Provoca endocardite) ……………………………………………………. penicillina G - Steptococcus pneumoniae (pneumococco) 191 (Provoca polmonite ) …………………………… penicillina penicillinasi resistente ……………………………………………………..vancomicina - Peptosteptococcus(streptococco anaerobico) (Provoca polmonite) …………………………………………………. penicillina G - Enterococcus spp (e. faecium , e. faecalis) (Provoca varie infezioni) ……………………………………………………….ampicillina B- COCCHI GRAM – - Moraxella catarrhalis (Provoca otite, sinusite) ……………………………………………………...cotrimoxazolo - Neisseria gonorrea (Provoca infezioni genitali) ………………………………………cefotriaxone, ciprofloxacina - Neisseria meningitidis (Provoca meningite) ………………………………… penicillina G, cefotriaxone, CAF C- BACILLI GRAM + - Bacillus antracis (Provoca l‘ antrace) ……………………… penicillina G, eritromicina, ciprofloxacina - Clostridium botulinum (Provoca botulismo) ………………………………………solo l‘ antitossina polivalente - Clostridium difficile (Provoca infezioni intestinali) ………………...……………………..metronidazolo, vancomicina - Clostridium perfringens (Provoca gangrena gassosa) ……………………………………… penicillina G, metronidazolo - Clostridium tetani (Provoca il tetano) …………………………………………. penicillina G, tetraciclina - Corynebacterium diphteriae (Provoca difterite) ………….…………………………….. penicillina G, eritromicina - Corynebacterium gruppo JK (Provoca endocardite) ………………………………………. Vancomicina, eritromicina - Listeria monocytogenes 192 (Provoca setticemia, meningite) …………………………ampicillina+gentamicina, cotrimoxazolo D- ENTEROBACILLI GRAM – - Bacteroides (Provoca varie infezioni) ……………………………………..metronidazolo, clindamicina - Campylobacter fetus (Provoca infezioni intestinali e sistemiche) ……………………………………………imipenem, meropenem - Campylobacter jejuni (Provoca gastroenteriti) ……………………………………………eritroicina, azitromicina - Enterobacter (Provoca infezioni delle vie urinarie) ……………………………………………. imipenem, meropenem - Escherichia coli (Provoca infezioni delle vie urinarie) …………………cefotaxima, cefotriaxone, cefepime, tobramicina - Helicobacter pylori (Provoca ulcera peptica) ……………..tetraciclina+metronidazolo+bismuto sottosalicilato ……………………………………….amoxicillina+claritromcina - Klebsiella pneumoniae (Provoca polmonite) ………………….. cefotaxima, cefotriaxone, cefepime, imipenem - Proteus mirabilis (Provoca infezioni delle vie urinarie) ………………………..ampicillina, 1 cefalosporina, tobramicina - Proteus spp (Provoca infezioni delle vie urinarie) ………………….. cefotaxima, cefotriaxone, cefepime, imipenem - Salmonella typhi (Provoca tifo) …………………………..fluorochinolonico, CAF, cotrimoxazolo - Salmonella altre specie (Provoca gastroenteriti) ……………… cefotaxima, cefotriaxone , fluorochinolonico, CAF - Serratia (Provoca varie infezioni) ………………..imipenem, meropenem, cefotaxima, cefotriaxone - Shigella (Provoca gastroenterite acuta) ………………….. fluorochinolonico, azitromicina, cotrimoxazolo 193 - Yersinia enterocolitica (Provoca infezioni intestinali) ……………………………….. cotrimoxazolo, fluorochinolonico E- BACILLI GRAM – NON ENTERICI - Acinetobacter (Provoca uretrite) ………………imipenem, amikacina, tobramicina, ciprofloxacina - Bartonella henselae (Provoca angiomatosi)……………………………eritromicina, azitromicina (Provoca malattia del graffio di gatto)………….ciprofloxacina, azitromicina - Bordetella pertussis (Provoca pertosse) ………………………………………..eritromicina, cotrimoxazolo - Brucella (Provoca brucellosi) ……………………………………………tetraciclina+rifampicina - Calymmatobacterium granulomatis (Provoca granuloma inguinale) ……………………………………….. cotrimoxazolo, dossiciclina - Francisella tularensis (Provoca tularemia) ……………………………………….streptomicina, gentamicina - Fusobacterium (Provoca polmoniti) ……………………………………..penicillina G, metronidazolo - Gardnerella vaginalis (Provoca infezioni vaginali) ……………………………………. Metronidazolo, clindamicina - Haemofilus ducreyi (Provoca ulcera venerea) …………………………………………azitromicina, ceftriaxone - Haemofilus influenzae (Provoca varie infezioni) …………………………………………..cefuroxima, ceftriaxone - Legionella pneumofila (Provoca polmonite) ……………………………………..… azitromicina, eritromicina - Leptotrichia buccalis (Provoca angina di Plaut-Vincent) ………………………………………… penicillina G, tetraciclina - Pasteurella multocida (Provoca setticemia) ………………………………………… penicillina G, tetraciclina 194 - Pseudomonas aeruginosa (Infezioni vie urinarie……………….ciprofloxacina, carbenicillina (Altre infezioni………………………….…ticarcillina, ceftazidima - Pseudomonas mallei (Provoca morva) ………………………………………….streptomicina+tetraciclina - Pseudomonas pseudomallei (Provoca melioidosi) ………………………………………… ….ceftazidima, imipenem - Spirillum minus (Provoca febbre da morso di ratto) ………………………………….…….. penicillina G, tetraciclina - Streptobacillus moniliformis (Provoca febbre da morso di ratto) ………………………………………… penicillina G, tetraciclina - Vibrio cholerae (Provoca colera) …………..………………………. Tetraciclina, fluorochinolonico - Yersinia pestis (Provoca peste bubbonica) ………………………………….streptomicina+ tetraciclina, CAF F- BACILLI GRAM + ACIDO RESISTENTI (MICOBATTERI) - Mycobacterium tubercolosis, bovis, africanum (Provoca tubercolosi) ……………………………………………isoniazide, rifampicina - Mycobacterium kansasii (Provoca infezioni tipo tubercolosi) …………………………………………… isoniazide, rifampicina - Mycobacterium avium complex (Provoca infezioni tipo tubercolosi) ..……………………………………claritromicina+ciprofloxacina - Mycobacterium fortuitum complex (Provoca infezioni tipo tubercolosi) ……………………………………….…amikacina+claritromicina - Mycobacterium marinum (Provoca infezioni tipo tubercolosi) ………………………………………...minociclina, cotrimoxazolo - Mycobacterium leprae (Provoca lebbra) …………………………………dapsone+rifampicina+clofazimina G- ACTINOMICETI - Actinomyces israelii 195 (Provoca actinomicosi) …………………………………………. penicillina G, tetraciclina - Nocardia (Provoca nocardiosi) ………...…………………………….cotrimoxazolo, sulfisoxazolo H- CLAMIDIE - Chlamydia psittaci (Provoca psitaccosi) ………………………………………………….. tetraciclina, CAF - Chlamydia trachomatis (Provoca tracoma) …………………………………………azitromicina, tetraciclina - Chlamydia pneumoniae (Provoca polmonite) …………………………………………..eritromicina, tetraciclina I- MICOPLASMI - Mycoplasma pneumoniae (Provoca polmonite) ………………………………………… eritromicina, tetraciclina - Ureaplasma urealyticum (Provoca infezioni delle vie urinarie) ………………………………………… eritromicina, tetraciclina J- SPIEROCHETE - Borrelia burgdorferi (Provoca malattia di Lyme) ……………………………..doxicillina, amoxicillina, ceftriaxone - Borrelia recurrentis (Provoca febbre ricorrente) ……………………………………….. penicillina G, tetraciclina - Leptospira (Provoca leptospirosi) ……………………………………….. penicillina G, tetraciclina - Treponema pallidum (Provoca sifilide) ……………………………………….. penicillina G, tetraciclina - Treponema pertenue (Provoca framboesia) ……………………………………….. penicillina G, tetraciclina K- RICKETTSIE - Rickettsia prowazeki Provoca tifo esantematico 196 - Rickettsia typhi Rickettsia rickettsii Rickettsia conorii, sibirica, australis Rickettsia akari Rickettsia burnetii Provoca tifo murino Provoca febbre maculata Provoca tifo africano Provoca rickettsial pox Provoca febbre Q Contro tutte le Rickettsie …………………………doxiciclina, CAF, fluorochinolone CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTIBIOTICI PER MECCANISMO D‘ AZIONE : 1) ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI DELLA PARETE BATTERICA A) BETA LATTAMICI (Penicilline, Cefalosporine, Carbapenemi, Monobattami, Inibitori beta-lattamasi) B) GLICOPEPTIDICI C) FOSFOMICINA D) CICLOSERINA 2) ANTIBIOTICI INIBITORI DELLA SINTESI PROTEICA A) INIBITORI SUBUNITA‘ 50 S (Macrolidi, Amfenicoli, Lincosammidi, Fusidani, Streptogramine, Oxazolidinoni) B) INIBITORI SUBUNITA‘ 30 S (Aminoglicosidi, Tetracicline) C) INIBITORI DELL‘ ISOLEUCINA t-RNA (Acido pseudomonico) 3) ANTIBIOTICI ATTIVI SULLA SINTESI DEGLI ACIDI NUCLEICI A) INIBITORI DELLA DNA-GIRASI (Chinoloni \ Fluorochinoloni, Cumarine, Ciclotialidina) B) INIBITORI DELLA DIIDROPTEROATO SINTETASI (Sulfamidici) C) INIBITORI DELLA DIIDROFOLATO REDUTTASI (Trimetoprim e analoghi) D) INIBITORI DLLA TRASCRIZIONE DEL DNA (Ansamicine \ Rifamicine) 4) ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI A LIVELLO MACROMOLECOLARE A) ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI A PROTEINE E ACIDI NUCLEICI (Nitrofurani, Nitroimidazoli) B) ANTIBIOTICI CHE PROVOCANO MODIFICAZIONI DELLA PERMEABILITA‘ CELLULARE (Antibiotici Polipeptidici, Altri) 1. ANTIBIOTICI CHE AGISCONO SULLA SINTESI DELLA PARETE BATTERICA (PEPTIDOGLICANO) A. ANTIBIOTICI BETA-LATTAMICI 197 Sono capaci di bloccare le transpeptidasi batteriche (PBP) enzimi coinvolti nella sintesi della parete batterica, deputati all‘ assemblamento dei polimeri lineari di peptidoglicano. La resistenza è data dalle beta lattamasi che aprono l‘ anello beta lattamico, da mutazioni della PBP, da perdita o diminuita espres-sione delle porine o variazioni dei componenti polisaccaridici del-la parete. Si dividono in 5 classi: a. PENICILLINE STORIA DELLE PENICILLINE Nel periodo che va dalla sua scoperta (1928) fino ai primi anni dopo la seconda guerra mondiale si condussero moltissime ricerche sulla Penicillina G. Questo grande interesse per la penicillina G fu determinato dal fatto che ci si rese sempre più conto dell'importanza che poteva assumere in medicina e dal fatto che bisognasse trovare nuove cure per le infezioni dei soldati in guerra. La sua scoperta, più che mai fortuita, si può inserire bene, però, in quel filone di studi che, già a partire dalla fine del XIX secolo, aveva interessato gli scienziati: la cura di malattie per mezzo di prodotti chimici. Tali prodotti devono essere capaci di distruggere i batteri nocivi, che si sono introdotti nell'organismo, senza danneggiare i tessuti colpiti da essi. Tra questi possono venire inclusi gli antibiotici, ossia delle sostanze prodotte da muffe o funghi, che sono in grado di impedire lo sviluppo di numerosi germi patogeni. Già nel 1887 lo stesso Pasteur aveva notato che lo sviluppo di batteri che provocavano l'antrace, una malattia mortale che poteva colpire sia i bovini che gli ovini e trasmettersi anche all'uomo, veniva impedito da altri batteri. Egli pensò che questo fatto potesse essere sfruttato nella cura delle malattie. Si deve a Ernst Chayn e Howard Walter Florey la scoperta del metodo di purificazione della penicillina dal brodo di coltura e la scoperta del suo grande potere antibiotico e, quindi, della possibilità di poterla usare come farmaco sull'uomo. Caratteristiche e proprietà chimico-fisiche Vanno sotto il nome di Penicilline tutti quegli antibiotici considerabili come Nacilderivati dell'acido 6-ammino-penicillico, 6-APA. Esistono, quindi, vari tipi di penicilline che possiedono tutti proprietà biologiche e chimiche simili ma differiscono per la composizione della catena laterale. Si parla, infatti, di penicillina G, ad esempio, nel caso in cui ci sia un gruppo benzile oppure di penicillina N nel caso si abbia come catena laterale il resto dell'acido D--amminoadipico. Se presenti sotto forma di acido tutti i tipi di penicillina sono solubili in alcoli, chetoni, eteri e esteri; sono, invece, poco solubili negli idrocarburi aromatici e sono insolubili in quelli alifatici. In tale forma sono, inoltre, moderatamente solubili in acqua dove perdono facilmente la loro attività biologica. Le penicilline, infatti, si presentano generalmente come dei composti relativamente instabili dal punto di vista chimico. Per azione blanda di reagenti alcalini o per effetto dell'enzima penicillinasi, si trasformano nell'acido penicilloico per dare poi luogo, per decarbossilazione, all'acido penilloico. In soluzioni acide diluite subiscono delle reazioni intramolecolari 198 e si trasformano in acidi penillici. Attualmente sono disponibili numerosi tipi di penicillina utili dal punto di vista terapeutico. Essi, in base alla loro origine, possono essere distinti in penicilline biosintetiche e penicilline semisintetiche. Le prime si ottengono per fermentazione aerobica di appropriati ceppi di Penicillum chrysogenum in presenza degli acidi precursori della catena laterale. L'antibiotico ottenuto si estrae dalla coltura con solventi come l'acetato di amile o di butile a pH acido e si riporta in soluzione acquosa tamponata e poi di nuovo come acido libero nel solvente organico. Il prodotto ottenuto, in forma di sale di sodio, di potassio o di una base organica, come la procaina, prima di essere utilizzato a scopo farmaceutico, è sterilizzato e liofilizzato. Si parla, invece, di penicillina semisintetica nel caso in cui, per produrla, si parta dall'acido 6-amminopenicillanico, ottenuto per scissione enzimatica o chimica della benzilpenicillina. L'acido è poi acetilato per ottenere la penicillina desiderata. Le penicilline agiscono come antibiotici inibendo la sintesi della parete cellulare delle cellule batteriche in fase di crescita. Infatti, essi interagiscono con l'enzima transpeptidasi, responsabile della reticolazione del peptidoglicano, un costituente della parete cellulare. Le cellule, prive così di parete, non sono più protette rispetto alla differenza di pressione osmotica fra il loro interno e il mezzo esterno e, quindi, si rompono. L'antibiotico non presenta, invece, nessun effetto sulle cellule quiescenti. La storia della penicillina costituisce un passaggio fondamentale nella comprensione del cambiamento di approccio che scienziati e studiosi hanno tenuto nell'affrontare il problema delle malattie infettive e del loro controllo. La scoperta che la causa di molte malattie infettive era da attribuirsi a diversi microrganismi aveva spostato l'attenzione di molti scienziati sull'immunità acquisita e sulla prevenzione come mezzo migliore di protezione da queste. L'interesse si incentrò, quindi, sul controllo di tali malattie attraverso lo sviluppo e l'utilizzo di vaccini e antisieri. Il primo a dare un approccio molto diverso alla ricerca sulle malattie infettive fu Paul Ehrlich (18541915). Egli propose che si potesse usare la chemioterapia (termine coniato dallo stesso scienziato) per combattere queste malattie, ossia che si potessero curare con l'utilizzo di un farmaco preciso, tossico per il microrganismo patogeno. La necessità di incrementare gli studi in campo immunologico e batteriologico fu resa sempre più forte dallo scoppio del primo conflitto mondiale e, quindi, dalla necessità di curare le infezioni diffuse tra i soldati in guerra. Tra gli scienziati che parteciparono attivamente a queste ricerche vi fu anche Alexander Fleming (1881-1955).Egli, infatti, negli anni antecedenti il conflitto mondiale, aveva lavorato nei laboratori batteriologici del St.Mary a Londra e quando lo staff si trasferì in Francia e istituì laboratori in ospedali da campo, per curare le infezioni dei soldati ,anche lui prese parte all'iniziativa. In tali circostanze venne a contatto con infezioni così gravi che lo spinsero a cercare dei composti chimici, seguendo la strada degli studi di Ehrlich, che permettessero di curarle. Ritornato dalla guerra, continuò i suoi studi alla ricerca di un antisettico. Nel 1921 scoprì il lisozima, un enzima presente in molti liquidi corporei che presenta forti effetti antibatterici ma che non funziona in modo efficace contro le infezioni più gravi: La scoperta, che avvalorava però l'idea che le infezioni 199 potessero essere curate attraverso sostanze endogene prodotte dal corpo e, quindi, attraverso una risposta immunitaria del corpo stesso, aumentò il suo interesse verso gli agenti antimicrobici. Fu durante tali studi che, casualmente, scoprì nel 1928 una sostanza che presentava effetti antibatterici e che arrivò più tardi a chiamare penicillina. Egli, infatti, mentre era intento a pulire nel suo laboratorio, fu incuriosito da una piastra di petri con Stafilococchi che era stata inquinata da una muffa. Le colonie di questa muffa, che egli stabilì essere di Penicillium notatum, avevano causato una zona di inibizione della crescita degli Stafilococchi che stavano nelle vicinanze delle stesse. Fleming ipotizzò che la muffa avesse prodotto una sostanza letale per gli Stafilococchi, che era, appunto, la penicillina. Egli presentò il suo lavoro su questa scoperta nel 1929, pubblicando anche un articolo sul British Journal of Experimental Pathology ma le sue ricerche riscossero scarso successo. Tuttavia egli continuò a lavorare su questo particolare tipo di muffa per alcuni anni ma non sviluppò mai quello che poteva essere l'uso clinico della penicillina anche perché non era un chimico ma un batteriologo e, quindi, non fu in grado di arrivare alla sua purificazione. Il suo contributo alla scienza con la scoperta, seppur frutto del caso, di quello che sarebbe diventato un antibiotico di enorme utilità e i suoi studi successivi a riguardo trovarono riconoscimento nel 1945 quando fu insignito del premio Nobel insieme con Ernst Chain e Howard Florey. A trasformare, infatti, quella che per Fleming era rimasta una semplice curiosità batteriologica in uno strumento clinico di importanza immensa e ad aprire la strada per la produzione industriale della penicillina furono due ricercatori che lavoravano all'Università di Oxford. Qui gli studi sulla penicillina ripresero casualmente nei laboratori di patologia pochi anni dopo la sua scoperta. I due ricercatori erano l'australiano Howard Florey (1898-1968) e il tedesco Ernst Chain (1906-1979) che si interessarono di portare avanti, a partire da metà degli anni trenta, delle ricerche sull'importanza dei meccanismi di difesa dell'organismo contro particolari tipi di infiammazioni batteriche. Nel corso di questi studi si puntò di nuovo l'attenzione sul lisozima e si arrivò a purificarlo e a determinarne la natura del substrato. Proseguendo su questa strada Florey iniziò una ricerca sistematica sulle proprietà biologiche e chimiche di alcune sostanze antibatteriche, prodotte dai batteri e dalle muffe. Scoprì che alcune sostanze naturali funzionavano come efficaci antidoti contro i batteri, portando avanti il concetto di antibiosi, già sviluppato da altri ricercatori come Pasteur. Egli insieme ai suoi collaboratori scelse così di lavorare su questi prodotti nelle ricerche che doveva iniziare nel 1938. Durante tali ricerche, Chain, uno dei suoi collaboratori, ritrovò su vecchi articoli la sorprendente scoperta di Fleming e convinse Florey a permettergli di fare ulteriori studi sulla penicillina. I lavori dei laboratori di Oxford si concentrarono, quindi, su questo antibiotico e divennero famosi. Infatti i ricercatori riuscirono, per la prima volta, a produrre e a estrarre abbastanza sostanza, anche se ancora grezza ma già abbastanza concentrata, dal brodo di coltura della muffa. Questo permise di fare degli esperimenti di tipo farmacologico e tossicologico su topi e animali da laboratorio, nei quali era stata iniettata una dose letale di batteri. Si scoprì così il grande potere antibatterico della penicillina. Più tardi si arrivò a definire che la penicillina aveva una "tossicità differenziale" ossia, che, se somministrata in 200 concentrazioni non dannose per l'organismo, era in grado di distruggere i batteri che infettavano quest'ultimo senza che esso subisse dei danni. Si apriva così la strada agli studi per l'applicazione di tale sostanza nell'ambito clinico e, quindi sull'uomo. Ma l'utilizzo di tale antibiotico sull'organismo umano richiedeva di avere a disposizione notevoli quantitativi di sostanza attiva che fosse anche sufficientemente pura. Per questo, dopo la scoperta dell'enorme potere chemioterapico della penicillina, in molti laboratori della Gran Bretagna e degli Stati Uniti si intensificarono le ricerche. L'impulso a incrementare le ricerche su questo farmaco venne anche dallo scoppio di un altro conflitto mondiale. Infatti, nel 1942, vista l'immediata utilità che la penicillina poteva avere per la cura delle infezioni in guerra, due gruppi di ricercatori, uno, quello di Oxford, in cui vi erano, appunto, H.Florey, R. Robimson, W Baker e E.Chain, e uno all'Imperial College di Londra, rappresentato da I. Heilbron e A. H. Cook, ripresero le ricerche sui metodi di purificazione dell'antibiotico. A tali ricerche si interessarono anche industrie chimiche e case farmaceutiche. Tali lavori permisero, nel giro di un anno, di arrivare alla prima formula di struttura che fu proposta nel 1943, di scoprire che, sebbene sia presente una porzione centrale comune, tuttavia sono numerose le varianti di penicillina dovute alla presenza di catene laterali attaccate al nucleo comune e di precisare la struttura con la diffrazione ai raggi X. Chain e Florey, infatti, provarono che la penicillina era un composto chimico con una ben determinata struttura, la quale fu poi dimostrata attraverso le analisi cristallografiche di Dorothy Hodgkin (1910-1994). Ella, dopo quattro anni di duro lavoro riuscì, a determinare la struttura precisa della molecola di penicillina nel 1946. Questa grande scoperta aprì la strada alle successive ricerche sulla sintesi delle penicilline. Vanno ricordati, di questa originale ricercatrice, anche la risoluzione della struttura della vitamina B 12 e la determinazione, nel 1969, della struttura dell'insulina. Furono poi Florey e Chain i primi ad ottenere la penicillina in forma pura. I loro lavori sull'antibiotico vennero pubblicati per la prima volta nel 1940 e poi in un libro Antibiotics nel 1949. Il metodo adottato per ottenere il composto chimico puro consistette nel coltivare la muffa in uno speciale liquido nutritivo ed estrarre la penicillina, sotto forma di acido, con dei solventi organici anziché con acqua, dove essa, come già accennato, sembrava perdere i suoi poteri antibatterici. Quindi la penicillina si purificò attraverso un processo di ripartizione tra solventi organici diversi, all'inizio associata a diverse forme di cromatografia, scoperte alcuni anni prima da A.J. Martin e Synge. La purificazione fu, quindi, dal punto di vista chimico un processo decisamente delicato dato che la sostanza perdeva la sua attività in soluzioni estremamente acide o alcaline ed era facilmente alterabile dai metalli pesanti .Infatti, le cause dell'insuccesso di precedenti tentativi di pur ificazione da parte di altri scienziati erano proprio state la forte instabilità delle sue molecole in molti solventi e soprattutto la facilità della sostanza a perdere la sua attività antibatterica. Da un articolo, dello stesso Chain, uscito sul Ann. Rev. Biochem al termine del conflitto mondiale, che raccoglie tutte le scoperte sulla chimica della penicillina fino 201 a quel tempo, risulta, infatti, che i metodi di purificazione conosciuti e utilizzati per ottenere la penicillina come composto puro erano: Distribuzione tra acqua e solventi organici. Questo processo sarà la base dei metodi di purificazione usati per al produzione commerciale della penicillina. Si basa sul fatto che, essendo la penicillina un acido, è più solubile se presente in tale forma in solventi organici mentre se si trova come sale è più solubile in acqua ed è così possibile estrarre l'antibiotico da una soluzione acquosa acidificata in una soluzione di solventi organici. I solventi più usati per l'estrazione della penicillina dalla soluzione acquosa sono l'amilacetato, il butilacetato e il cloroformio. Quest'ultimo che non può essere usato però per l'estrazione della p-idrossibenzilpenicillina perché essa ha un coefficiente di ripartizione tra il cloroformio e l'acqua troppo piccolo. La penicillina può anche essere estratta da una soluzione acquosa neutra con l'n-butanolo e, in tale caso, la sua solubilità in acqua viene diminuita saturando la soluzione con solfato di ammonio. Cromatografia su colonna di allumina. Cromatografia di ripartizione su gel di silice Precipitazione della penicillina come sale attraverso l'aggiunta di basi organiche e ammoniaca ad una soluzione del suo acido in solventi organici. Il fatto di essere riusciti a purificare la penicillina rappresentò un grande passo avanti per i suoi utilizzi terapeutici, reso ancora più importante dal momento che la guerra in corso richiedeva grandi quantitativi di antibiotici per curare molteplici infezioni. Il suo uso iniziale sui pazienti fu accompagnato da numerosi effetti secondari tanto da suscitare dei dubbi sui suoi utilizzi come antibiotico. In realtà si scoprì che tali effetti non erano altro che la conseguenza di alcune impurità, ancora presenti nella sostanza, che scomparivano con una sufficiente purificazione. Molti risultati dei lavori compiuti negli anni trenta e quaranta in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, furono pubblicati solo al termine della guerra, a causa delle restrizioni date dai governi dei due Paesi. Gli scienziati inglesi, infatti, avevano formato un comitato, consistente di rappresentanti di diversi gruppi di ricerca, e datarono progressivamente gli scritti sulle varie scoperte circa la penicillina, definiti come serie "PEN". Questi invece di essere normalmente pubblicati furono spediti alla segreteria del comitato stesso. Verso la fine del 1943 il Medical Research Council prese il controllo dei lavori sull'antibiotico e diede origine al Comitato per la sintesi della penicillina che rimpiazzò quello precedente. Gli scienziati americani comunicavano, invece, i loro risultati al Committee on Medical Research of the Office of Scientific Research and Developement. A mano a mano che le ricerche procedevano diventava però sempre più evidente che sarebbe stata necessaria una collaborazione tra Stati Uniti e Gran Bretagna dato che una conclusione favorevole delle ricerche avrebbe avuto esiti positivi anche sul piano bellico. Iniziò, quindi, un periodo di intensa collaborazione tra i comitati di ricerca dei due paesi che durò dal 1943 al 1945. Florey, visto la difficoltà finanziaria della Gran Bretagna per continuare a sovvenzionare gli studi e cercare di aumentare la produzione di penicillina, fu 202 mandato nei laboratori del Dipartimento dell'Agricoltura a Peoria nell'Illinois, presso il Centro di Ricerca Regionale del Nord, per continuare le sue ricerche. In questo periodo i laboratori americani avevano già cominciato ad investigare la produzione di penicillina in colture in superficie e a Peonia la produzione industriale dell'antibiotico divenne un progetto governativo di alta priorità. Le industrie furono fornite di ceppi e sistemi di fermentazione e come terreno di coltura si utilizzò sempre di più un insieme di amido idrolizzato, lattosio e acqua di macerazione del mais; Kluyver e Perquin dimostrarono che era possibile coltivare muffe in colture sommerse e i laboratori di Peonia adottarono questo metodo per la crescita del Penicillium. In questi laboratori si riuscì a isolare anche un nuovo ceppo di Penicillium (Penicillium chrysogenum) che si rivelò più adatto in seguito per la produzione industriale riguardo alla quale si cercarono di ottimizzare i metodi di produzione in modo da incrementare i quantitativi prodotti. In stretta collaborazione università e laboratori privati risolsero i maggiori problemi legati alla fermentazione a al disegno dei fermentatori. La collaborazione tra Stati Uniti e Gran Bretagna incrementò anche le loro potenzialità mediche e portò verso ricerche ancora attuali su nuovi tipi di antibiotici. Nel periodo postbellico le industrie del campo (Merck, Lederle, Hoffmann-La Roche, Glaxo) ebbero notevoli vantaggi dagli sforzi e dalle ricerche fatte durante il secondo conflitto mondiale. Un caso particolare fu rappresentato dalla Koninklinke Nederlandsche Gisten Spriritusfabriek (industria olandese) che prima della guerra produceva solo alcool, lieviti, vitamine e che durante il conflitto vide la sua attività di ricerca ridotta al minimo anche perché molti dei suoi ricercatori si dedicarono alla pianificazione di attività postbelliche. Nel 1943 questi scienziati vennero a conoscenza che una "medicina" di nome penicillina era stata scoperta; dopo aver capito che essa aveva a che fare con la muffa Penicillium cominciarono subito ad interessarsi e a cercare le pubblicazioni di Fleming. Avendo accesso ai ceppi della muffa, che erano stati depositati da Fleming in precedenza al Central Bureau Voor Schimmelcultures a Baarn in Olanda, cominciarono immediatamente ricerche segrete sulla penicillina, senza avere alcun beneficio dalle ricerche che stavano circolando all'estero e riuscirono presto a isolare l'antibiotico in forma pura. La quantità ottenuta fu sufficiente a curare molti pazienti con successo. Nell'inverno del 1944 acquistarono una fiala di penicillina dagli alleati, con il contenuto della quale i ricercatori olandesi provarono che avevano effettivamente isolato la penicillina e non un altro antibiotico. Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale ulteriori sforzi furono fatti per quanto riguardava la produzione di nuovi tipi di penicillina operando sul tipo di ceppo batterico, studiando il ruolo degli enzimi che intervengono nel processo di sintesi dell'antibiotico e intervenendo sul processo biosintetico vero e proprio. Tox: Reaz. allergiche, anemia emolitica, nefriti ,convulsioni ( x dosi alte in pazienti con insufficienza renale) , disturbi gatrointestinali (uccidono la flora gastrointestinale) con nausea, vomito,diarrea, colite pseudomembranosa, sovraccarico di sodio e ipokaliemia x le penicill. sali sodici ( Carbenicillina ,ticarcillina) 203 Le reaz allergiche posson essere di 3 tipi: a) Immediate: 30‘ eritema, rossore cute, orticarie, angioedema b) Precoci: 1-72 ore dopo : eritema, prurito, orticaria, rinite, edema della glottide, broncospasmo, ipotensione c) Tardive: dopo 72 ore : eritema morbilliforme, anemia emolitica, trombopenia , nefrite interstiziale CLASSIFICAZIONE CHIMICA DELLE PENICILLINE 0. PENICILLINA G 1. - PENICILLINE RITARDO PENICILLINA G -PROCAINA BENZATINA BENZIL- PENICILLINA CLEMIZOLO BENZIL- PENICILLINA 2. BENZIL- e FENOXIALCHIL- PENICILLINE (Acido stabili e quindi somministrabili x via orale , emivita 30\40 min) con spettro d‘azione simile a quello della Penicillina G nei confronti dei gram+, ma + limitato: streptococchi, pneumococchi, stafilococchi, clostridi - CLOMETOCILLINA - AZIDOCILLINA 1,5 gr pro die\ 3 somm. giornaliere - FENOXI-METIL-PENICILLINA (PENICILLINA Va) dal P. Notatum - FENETICILLINA 3 gr pro die - PROPICILLINA 2-4 milioni UO pro die 3. AMINO- PENICILLINE (Acido stabili e quindi somministrabili x via orale, a largo spettro rispetto alla Penicillina G, ma sensibili all‘ azione delle betalattamasi : Enterococco, Listeria monocytogenes; H.influenzae, Proteus mirabilis, E.coli, Salmonella spp., Shigella spp.) - AMPICILLINA emivita 40 min x os - AMOXICILLINA emivita 1,2 h - PIV-AMPICILLINA (estere dell‘ ampicillina = profarmaco) - BAC-AMPICILLINA (estere dell‘ ampicillina = profarmaco) - TAL-AMPICILLINA (estere dell‘ ampicillina = profarmaco) - EPICILLINA emivita 1 h - CICLACILLINA emivita 0,5 h 4. PENICILLINE A SPETTRO MOLTO LARGO (PENICILLINE ANTIPSEUDOMONAS) hanno uno spettro + ampio e particolarmente orientato sui gram negativi in particolare su Pseudomonas aeruginosa, Proteus indolo + e -, Enterobacter spp, Bacteroides fragilis 204 a. CARBOSSI-PENICILLINE Hanno uno spettro orientato + sui gram negativi - CARBENICILLINA emivita 1 h ben assorbito x i.m. - CARINDACILLINA (attivo x os) è un profarmaco della carbenicillina (estere indanilico) - CARFECILLINA (attivo x os) è un profarmaco della carbenicillina (estere fenilico) - TICARCILLINA emivita 1,2 h ben assorbito x i.m - METOSSI-TICARCILLINA o TEMOCILLINA ben assorbito x i.m attivo anche su Neisseria spp., Moraxella spp., Klebsiella pneumoniae, Providecia spp b. SULFOSSI-PENICILLINE - SULBENICILLINA emivita 1,5 h ben assorbito x i.m. c. UREIDO-PENICILLINE - AZLOCILLINA emivita 1,3 h attiva solo x i.m. - MEZLOCILLINA emivita 1 h ben assorbito x i.m. - PIPERACILLINA (1g x 2 volte al dì) emivita 1,4 h ben assorbito x i.m. - FORMIDACILLINA - APALCILLINA (emivita 1,3 h) x i.m. 5. PENICILLINE PENICILLINASI RESISTENTI a. ISOSSAZOLIL-PENICILLINE (attive x os) hanno uno spettro limitato ai gram + e in particolare sono attive sui stafilocochi produttori di beta-lattamasi - OXACILLINA emivita 0,5 h - CLOXACILLINA emivita 0,6 h 1-2 g/die - FLUCLOXACILLINA 1 g (6-8 h) emivita 0,7 h b. AROIL-PENICILLINE hanno uno spettro limitato ai gram + e in particolare sono attive sui stafilocochi produttori di beta-lattamasi - METICILLINA ben assorbito x i.m. e x e.v. emivita 0,8 h - NAFCILLINA c. ALTRI - SULBENICILLINA è un profarmaco in cui sono uniti da un legame stearico nella stessa molecola Ampicillina+ Penicillina semisintetica+ sulbactam (inibitore delle beta lattamasi) x os 205 6. AMMIDINO PENICILLINE attive nei riguardi dei batteri gram negativi, anche ampicillino-resistenti, specie E.coli, Salmonella spp., Shigella spp., Klebsiella spp., Yersinia spp., Enterobacter spp., Citrobacter spp. - MECILLINAM emivita 0,9 h ottimo assorbimento x i.m. - PIV-MECILLINAM (profarmaco) - BAC-MECILLINAM (profarmaco) b. CEFALOSPORINE Danno tromboflebiti x e.v. , diarrea x os , reaz. allergiche, anemia emolitica, nefrotoxicita‘ (cala dalla Ia alla IV gen.) Si differenziano in parenterali e orali ognuna in 4 generazioni. Dalla I° alla IV° generazione aumenta l‘ attivita‘ antibatterica dai gram+ ai gram + e - , mentre diminuisce la nefrotoxicita‘. 1. CEFALOSPORINE PARENTERALI Ia GENERAZIONE Attivi su cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) ed alcuni cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli) - CEFALOTINA emivita 0,5h - CEFALORIDINA emivita 1h - CEFAPIRINA emivita 0,7 h - CEFAZOLINA emivita 2h - CEFACETRILE emivita 0,9h - CEFTEZOLO emivita 1h IIa GENERAZIONE Spettro ampio, comprendente cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) e molti cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli, K.pneumoniae, H.Influenzae, Enterobacter spp., Proteus indolo + e -) - CEFAMANDOLO emivita 1h - CEFONICID emivita 4,5h - CEFUROSSIMA emivita 1,5h - CEFAZEDONE emivita 1h - CEFOSSITINA emivita 0,8h - CEFOTETAN 3,5h - CEFMETAZOLO emivita 1,5h IIIa GENERAZIONE Spettro molto ampio, comprendente cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) e cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli, K.pneumoniae, H.Influenzae, Enterobacter spp., Proteus indolo + e -, 206 Providencia spp, serratia marcescens). Discreta attività su alcuni ceppi di Pseudomonas aeruginosa; scarsamente attivi su Bacteroides fragilis - CEFOTAXIMA emivita 1h - CEFTIZOXIMA emivita 1,5h - CEFMENOXIMA emivita 1,4h - CEFTRIAXONE emivita 8h - CEFTAZIDIMA emivita 1,8h - CEFOPERAZONE emivita 2h - CEFOTIAM emivita 1,1h - CEFSULODIN emivita 1,7h - MOXALACTAM emivita 2.3h - LATAMOXEF (ha 1 nucleo Oxacefemico ) emivita 2.5h IVa GENERAZIONE Spettro molto ampio, comprendente cocchi gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) e cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli, K.pneumoniae, H.Influenzae, Enterobacter spp., Proteus indolo + e -, Providencia spp, Serratia marcescens e soprattutto su Pseudomonas aeruginosa, stutzeri, fluorescens). Moderata attività anche nei riguardi di batteri anaerobi sia Gram+ che Gram- CEFEPIMA emivita 2h - CEFPIROME emivita 2h 2. CEFALOSPORINE ORALI Ia GENERAZIONE Spettro d‘azione discretamente ampio cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) ed alcuni cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli) - CEFALOGLICINA emivita 2h - CEFALESSINA emivita 0,7 h - CEFRADINA emivita 0,7h - CEFADROXIL emivita 1,4h IIa GENERAZIONE Spettro d‘azione discretamente ampio cocchi e bacilli gram+ (inclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) ed alcuni cocchi e bacilli gram- (P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli, Klebsiella pneumoniae, soprattutto H.influenzae e M. catarrhalis, Proteus indolo + e -) - CEFACLOR emivita 0,7 h - CEFATRIZINA emivita 1,5 h - CEFROXADINA emivita 1,5 h - CEFUROXIMA AXETIL emivita 1,1 h 207 IIIa GENERAZIONE Spettro d‘azione ampio comprendente cocchi e bacilli gram+ (esclusi stafilococchi produttori di beta lattamasi) e soprattutto gram- ( P.Mirabilis, Neisseria spp., E.Coli, Klebsiella pneumoniae, soprattutto H. influenzae e M. catarrhalis, Proteus indolo + e -) - CEFIXIMA emivita 2,3h - CEFPODOXIMA PROXETIL emivita 3h - CEFETAMET PIVOXIL emivita 2,3h - CEFOTIAM HEXETIL emivita 2h - CEFPROZIL emivita 1,5 h - CEFTIBUTEN emivita 1,9 h - LORACARBEF emivita 1,2h c. CARBAPENEMI Il primo carbapeneme è stata la TIENAMICINA che era pero‘ instabile in vivo e non attiva. Per renderla attiva si è bloccato il suo gruppo –NH2 terminale con 1 gruppo iminico e si è ottenuto l‘ IMIPENEM che era comunque inattivato dall‘ enzima DIPEPTIDASI RENALE I UMANA (DRIU) . Allora l‘ IMIPENEM si è associato ad 1 inibitore dell‘ enzima DRIU : la CILASTATINA cosi‘ il farmaco è attivo (associazione 1\1). - IMIPENEM + CILASTATINA Poi si è sintetizzato il MEROPENEM che non va associato alla cilastatina, perche‘ non viene inattivato dall‘ enzima DRIU L‘imipenem e il meropenem sono antibiotici ad uso parenterale estremamente attivi con uno spettro esteso praticamente a tutti i germi gram + e gram –, sia aerobi che anaerobi. Enterococchi, B. fragilis, e P. aeruginosa sono suscettibili. Tuttavia, la maggior parte degli stafilococchi meticillino-resistenti è resistente anche all‘imipenem e al meropenem. L‘imipenem ha una formulazione che associa il cilastatin sodico, sostanza messa a punto per inibire il metabolismo renale dell‘imipenem e per assicurare livelli antibatterici adeguati. L‘imipenem-cilastatina si somministra EV a dosaggi di 0,5-1 g q 6 h in adulti e di 40-60 mg/kg/die q 6 h nei bambini. Il meropenem negli adulti si somministra alla dose di 1 g EV q 8 h e nei bambini alla dose di 20 mg/kg/die somministrata q 8 h (dose massima 2 g q 8 h). Gli effetti collaterali che si possono avere con l‘imipenem sono un‘ipotensione transitoria durante la somministrazione e convulsioni. Le convulsioni sono meno comuni con il meropenem rispetto all‘imipenem. - MEROPENEM - SANFETRINEM d. MONOBATTAMI Si dividono in : a. NATURALI - NOCARDICINA A 208 - FORMACIDINA C b. DERIVATI SINTETICI - AZTREONAM L‘aztreonam è un antibiotico ad uso parenterale con eccellente attività nei confronti dei bacilli aerobi gram –, compreso lo P. aeruginosa; l‘attività contro lo P. aeruginosa è equivalente a quella di imipenem, meropenem, ceftazidine, piperacillina e azlocillina. I germi gram + e gli anaerobi sono invece resistenti all‘aztreonam. Il dosaggio negli adulti è di 1-2 g q 6-12 h IM o EV (nei bambini, 90-120 mg/kg/die in dosi frazionate ogni 6-8 ore). I prodotti metabolici dell‘aztreonam sono diversi da quelli di altri antibiotici b-lattamici, perciò è poco probabile che l‘aztreonam dimostri sensibilità crociata. - CARUMONAM e. INIBITORI DELLE BETA LATTAMASI Proteggono i beta lattamici dall‘ azione delle beta lattamasi (penicillinasi), che idrolizzano il legame betalattamico\PBP (transpeptidasi) L‘acido clavulanico, il sulbactam e il tazobactam hanno una scarsa attività antibiotica, ma inibiscono le betalattamasi prodotte da molti batteri. In associazione all‘ampicillina, all‘amoxicillina, alla ticarcillina o alla piperacillina, questi farmaci divengono efficaci contro germi altrimenti resistenti; p. es., amoxicillina e acido clavulanico sono efficaci nei confronti degli stafilococchi produttori di b-lattamasi e dell‘Haemophilus influenzae - ACIDO CLAVULANICO + amoxicillina(1:2) // // // + ticarcillina(1:15) - SULBACTAM + ampicillina(1:2) - TAZOBACTAM + piperacillina B. ANTIBIOTICI GLICOPEPTIDICI Inibiscono la sintesi del peptidoglicano andandosi a legare irreversibilmente al nucleotide di Park I (NPI) con 5 ponti a H. Si è verificata resistenza da parte di alcuni batteri che hanno sostituito nel NPI una alanina con una molecola di acido lattico , impedendo il 5° legame a H, con un blocco non + irreversibile dell‘ NPI. Tox a livello dell‘orecchio(ipoacusia e Sordita‘),nefrotox.(revers), Liberano istamina nella sede di somm ,se l‘e.v. e‘veloce sindrome dell‘uomo rosso (tachicardia,prurito,vampate) - VANCOMICINA - TEICOPLANINA - RAMOPLANINA C. FOSFOMICINA : Inibisce in modo irreversibile la fosfoenol-piruvasi (enzima che interviene nella sintesi del peptidoglicano batterico)(-parete batterica) la resistenza è data da alterazioni del sistema di trasporto x la D-Ala 209 Tox: disturbi g.i., nefrotox. D. CICLOSERINA Inibisce la sintesi della parete batterica inibendo 2 enzimi della sintesi che racemizzano 2 L-ALA in D-ALA e le legano insieme x dare il nucleotide di Park II. Sono : - RACEMASI - SINTETASI la resistenza è data da alterazioni del sistema di trasporto di glicerofosfato o glucosio 6 fosfato Tox: neurotox(sonnolenza, psicosi, stato confusionale) 2. INIBITORI DELLA SINTESI PROTEICA A. INIBITORI DELLA SUBUNITA‘ 50 S a. MACROLIDI Si vanno a legare alla sub 50 s e precisamente all‘ rRNA 23s(nella zona dal nucleotide adenina 2058 al nucleotide 2062) e bloccano la traslocazione dei peptidilt-RNA provocandone il distacco. I batteri hanno creato resistenza andando a metilare l‘ adenina 2058, bloccandola e rendendo cosi‘ impossibile il legame macrolidesubunita‘50s. La resistenza è data anche da sistemi di trasporto di efflusso e da variazioni nella subunita‘ 50 s. Tox: Nausea, vomito, reaz allergiche , il sale estolato ( che ha il maximo assorbimento) provoca epatite colestatica (nausea, vomito, crampi addominali(mima la Motilina, ormone della peristalsi intestinale), ittero, febbre), provocano ittero colestatico x trattamenti lunghi I macrolidi sono responsabili di un certo numero di interazioni farmacologiche che possono in alcuni casi portare a reazioni anche gravi. Tali interazioni sono dovute principalmente all'inibizione del sistema enzimatico citocrocromo P450 (CYP), costituito da circa 100 differenti isoenzimi. Di recente è stato messo in evidenza il probabile ruolo svolto dalla glicoproteina P, sia a livello renale che intestinale, nei meccanismi di interferenza farmacologica . Numerosi farmaci che sono substrato del CYP450 sono anche substrato della glicoproteina P, riuscendo quindi ad indurne o ad inibirne l'attività , come nel caso dei macrolidi. Ciò potrebbe giustificare il fatto che, per esempio, l'azitromicina, la cui attività a livello del CYP450 non sembra essere rilevante, possa tuttavia indurre aumento delle concentrazioni seriche di digossina, probabilmente per inibizione della secrezione tubulare mediata dalla glicoproteina P. Infine, alterazioni della flora batterica intestinale rappresentano un ulteriore meccanismo mediante cui i macrolidi possono interferire con la cinetica di altri farmaci. Per esempio, l'eliminazione dell'Eubacterium lentum dal tratto intestinale può determinare una riduzione del metabolismo presistemico della digossina e della 210 digitossina, con conseguente aumento della biodisponibilità e delle concentrazioni seriche . - ERITROMICINA è agonista x i recettori x la motilina, x cui stimola la motilita‘ intestinale; è prodotta da un ceppo di Streptomyces erythreus. Ben assorbito per via orale, diffonde bene nei tessuti ma non passa attraverso la membrana ematoencefalica. Viene metabolizzato ed escreto a livello epatico. Gli effetti collaterali sono rari, prevalentemente disturbi gastro-intestinali (per questo se ne consiglia l'assunzione preferibilmente a stomaco pieno). È attivo soprattutto sui microrganismi gram-positivi (in particolare su vari ceppi di stafilococchi resistenti alle penicilline) e su alcuni gram-negativi (tra i quali l'Helicobacter pylori). Potenzia l'effetto dei dicumarolici e della teofillina, i cui dosaggi andranno pertanto rivalutati in caso di somministrazione contemporanea. Consentito il suo uso in gravidanza (sempre sotto controllo medico!). L'eritromicina viene metabolizzata a livello epatico principalmente dalle isoforme CYP3A e CYP1A, inizialmente determinando induzione di tali enzimi, alla quale rapidamente segue tuttavia una significativa inibizione, che porta alla formazione di complessi inattivi enzima metabolita . Interazioni dell'Eritromicina FARMACO INTERAZIONE EFFETTI CLINICI SUGGERIMENTI Aumento del 60% Non è necessario Alprazolam dell‘AUC modificare il dosaggio dell‘alprazolam dell'alprazolam Aumento della Cmax e dell'AUCinfinito Monitorare il paziente per Atorvastatina dell‘atorvastatina eventuale comparsa di rispettivamente miopatia e rabdomiolisi del 37.7% e del 32.5% Aumento Monitorare il paziente ed dell‘AUC e della eventualmente aggiustare Bromocriptina Nausea e vomito Cmax della il dosaggio della bromocriptina bromocriptina Sonnolenza, Aumento della vertigini, parestesie Cmax e dell'AUC dolorose alle Riduzione del 50% del Buspirone del buspirone estremità che si dosaggio del buspirone rispettivamente di risolvono in genere 5 e 6 volte entro 2 ore Inibizione della Disfunzioni Riduzione del dosaggio conversione della vestibolari, della carbamazepina del Carbamazepina carbamazepina sonnolenza, 25% entro 24h dall‘inizio nel metabolita confusione, nausea, della terapia combinata e 10,11-epossido e vomito, alterazioni monitoraggio delle sue 211 Cerivastatina Cisapride Ciclosporina Clozapina Digossina Disopiramide conseguente aumento della sua concentrazione ematica Aumento della Cmax e dell'AUC della cerivastatina rispettivamente del 13% e del 21%. Aumento dei livelli plasmatici di cisapride per inibizione della sua metabolizzazione Aumento dell'assorbimento gastrointestinale, dell'AUC e della Cmax , con riduzione del T max e della clearance della ciclosporina della conduzione cardiaca concentrazioni ematiche Monitorare il paziente per eventuale comparsa di miopatia e rabdomiolisi Allungamento Si consiglia , ove dell‘intervallo QT e possibile, l‘impiego di un rischio di torsione di diverso antibiotico punta Sonnolenza, disorientamento, Aumento dei difficoltà di livelli plasmatici pronunzia, di clozapina nistagmo, incontinenza vescicale e rettale, Aumento significativo della concentrazione ematica di digossina Nausea, vomito, secondario aritmie cardiache all'azione dell'eritromicina sull'Eubacterium lentum Aumento della Prolungamento concentrazione dell‘intervallo QT, Considerare una riduzione del dosaggio di Ciclosporina fino al 50% Cautela Controllo dei livelli ematici di digossina 212 ematica di fibrillazione disopiramide ventricolare Raddoppio della Cmax e della AUC Ipotensione, Felodipina della felodipina tachicardia, edema e per inibizione del vampate di calore suo metabolismo Aumento della Cmax e dell'AUC Fexofenadina della fexofenadina Riduzione della Metilprednisol clearance del one metilprednisolone Aumento dell'AUC superiore a 4 volte con Midazolam riduzione della clearance del midazolam del 54% Aumento della Cmax e dell'AUC24 della simvastatina rispettivamente di Simvastatina 3.4 e di 3.9 volte ed aumento della Cmax della simvastatina acida di 5 volte Aumento significativo della Segni di Tacrolimus concentrazione insufficienza renale ematica del cronica tacrolimus Aumento del 2025% dei livelli plasmatici di Fibrillazione Teofillina teofillina per ventricolare inibizione del suo metabolismo e riduzione della Non è necessario aggiustare il dosaggio della fexofenadina Ridurre del 50% il dosaggio del midazolam Ridurre del 50-80 % il dosaggio della simvastatina Controllo della concentrazione ematica del tacrolimus, di azotemia, creatininemia e funzionalità renale E' consigliabile evitare la co-somministrazione per trattamenti di più giorni 213 Terfenadina Triazolam Vinblastina Warfarina clearance Aumento della concentrazione plasmatica di terfenadina per inibizione del suo metabolismo Aumento dell'AUC per inibizione del metabolismo e riduzione della clearance del triazolam Allungamento dell‘intervallo QT e Evitare la comaggiore rischio di somministrazione torsioni di punta Alterazioni psicomotorie ed amnesia Ridurre del 50% il dosaggio del triazolam Grave neutropenia, mialgia e costipazione Potenziamento dello Riduzione della effetto clearance del anticoagulante e Tenere sotto controllo i warfarin ed comparsa di parametri della aumento della sua ecchimosi, ematuria coagulazione concentrazione e prolungamento del plasmatica tempo di protrombina - CLARITROMICINA Anche la claritromicina, così come l'eritromicina viene principalmente metabolizzata dall'isoenzima CYP3A, per cui è prevedibile che la claritromicina possa interagire con i farmaci che sono substrato dello stesso sistema enzimatico. Interazioni della Claritromicina EFFETTI FARMACO INTERAZIONE SUGGERIMENTI CLINICI Aumento della AUC della Se non è possibile evitare la cocarbamazepina e Sonnolenza, somministrazione è consigliabile Carbamazepina riduzione della vertigini, atassia ridurre il dosaggio della AUC e Cmax della carbamazepina carbamazepina 10,11-epossido Aumento Particolare prudenza andrebbe Ciclosporina dell‘AUC, del osservata nei pazienti sottoposti a 214 Cimetidina Cisapride Didanosina Digossina Tmax e della Cmax della ciclosporina Riduzione della Cmax sia della claritromicina che del suo metabolita 14-OHclaritromicina Aumento del T max della 14-OHclaritromicina Aumento (3 volte) dell‘AUC e della Cmax della cisapride Non risulta alcuna interazione significativa Aumento dei livelli serici di digossina dovuto all‘aumentata biodisponibilità secondaria all'effetto della claritromicina sull'Eubacterium lentum Inibizione della secrezione tubulare di digossina mediata dalla glicoproteina P Fluoxetina Accumulo di fluoxetina Indinavir Aumento dell‘AUC di entrambi i farmaci co-somministrazione Prolungamento La co-somministrazione è dell'intervallo controindicata QT Nessun rischio Debolezza, astenia, nausea e vomito Alterazioni dello stato mentale, possibile comparsa di delirio e psicosi Non è necessario apportare alcuna modifica al dosaggio di entrambi i farmaci 215 Loratadina Midazolam Pimozide Rifabutina Ritonavir Saquinavir Aumento significativo della Cmax e dell'AUC24 della loratadina e del suo metabolita attivo. L'intervallo QT si mantiene nel range di normalità Riduzione dello Aumento stato di dell‘AUC e della vigilanza del Cmax del paziente ed midazolam ipersonnia Aumento della Cmax, dell'emivita Non sono state e dell'AUC della segnalate pimozide, e reazioni avverse prolungamento dell'intervallo QT Aumento della concentrazione Reazioni ematica della avverse rifabutina e del gastrointestinali suo metabolita Aumento dell‘AUC, della Cmax e della Cmin della claritromicina Aumento dell‘emivita media della claritromicina da 5 a 14 ore Aumento medio dell‘AUC e del Cmax del ritonavir Aumento dell‘emivita media del ritonavir da 3.5 a 3.9 ore Aumento L‘apparente mancanza di cardiotossicità fa pensare ad un'interazione clinicamente non significativa La co-somministrazione è sconsigliabile specie in quei pazienti più sensibili all'azione delle benzodiazepine e negli anziani Evitare, se possibile, la cosomministrazione per l‘aumentato rischio di aritmie Evitare la co-somministrazione; ove ciò non sia possibile monitorare attentamente il paziente Non sono necessari aggiustamenti nel dosaggio di entrambi i farmaci. 216 Teofillina Terfenadina Verapamil Warfarin Zidovudina Cibo dell‘AUC e della Cmax della claritromicina e riduzione dell‘AUC e della Cmax del metabolita attivo 14-OHclaritromicina Aumento dell‘AUC e della Cmax del saquinavir Aumento dell'AUC, della Cmax e della Cmin della teofillina Aumento dell'intervallo QT statisticamente ma non clinicamente significativo Aumentata biodisponibilità e Severa ridotta ipotensione e eliminazione del bradicardia verapamil Aumento della ipoprotrombinemi a Riduzione del 12% dell‘AUC della zidovudina, in quanto la claritromicina potrebbe ridurne l'assorbimento La zidovudina non interferisce con la cinetica della claritromicina La contemporanea assunzione di cibo Attento monitoraggio del paziente per segni e sintomi di tossicità da teofillina La co-somministrazione potrebbe risultare fatale in soggetti con preesistenti disturbi cardiaci o disordini elettrolitici Cautela Cautela La somministrazione di claritromicina può essere 217 aumenta lievemente la biodisponibilità (entro il 24%) della claritromicina effettuata indipendentemente dall‘assunzione o meno di cibo - ROXITROMICINA A differenza della eritromicina, la roxitromicina non inibisce in misura rilevante il citocromo P450 .Ciò, pertanto, fa sì che la roxitromicina con scarsa probabilità sia responsabile di interazioni a livello metabolico con altri farmaci. Interazioni della Roxitromicina EFFETTI FARMACO INTERAZIONE SUGGERIMENTI CLINICI I livelli di ciclosporina Non è necessario modificare risultano aumentati di Nulla di Ciclosporina il dosaggio della poco e la creatininemia rilevante ciclosporina rimane nella norma Maggiore biodisponibilità della Nausea , Benchè tale interazione sia digossina , dovuta vomito ed stata evidenziata solo in probabilmente alterazioni pochi pazienti è opportuno Digossina all'azione della del un attento controllo delle roxitromicina tracciato concentrazioni ematiche di sull'Eubacterium ECG digossina lentum intestinale Riduzione della clearance della teofillina di circa il 16 %. Attento controllo delle Teofillina Lievi variazioni della concentrazioni ematiche di Cmax e dell‘AUC con teofillina modesto aumento della concentrazione ematica Il cibo non modifica la Si può somministrare prima Cibo biodisponibilità della o dopo i pasti roxitromicina indifferentemente - MIDECAMICINA - SPIRAMICINA - JOSAMICINA - MIOCAMICINA 218 - KITASAMICINA (LEUCOMICINA) - ROKITAMICINA - FLURITROMICINA (non in commercio in italia) - AZITROMICINA 40 H (gram + e -) L' Azitromicina è l'unico esponente di rilievo delle azalidi, sottoclasse dei macrolidi. Le modifiche strutturali (15 atomi di carbonio) le conferiscono un profilo farmacocinetico diverso dagli altri macrolidi. Poiché l'azitromicina non sembra legarsi al citocromo P450, essa è responsabile di un minor numero di interazioni con altri farmaci . Interazioni dell'Azitromicina EFFETTI FARMACO INTERAZIONE SUGGERIMENTI CLINICI Riduzione del 24% della C max E' consigliabile Alluminio/Magnesio della azitromicina; nessuna distanziare idrossido modifica significativa dell‘ l'assunzione dei AUC48 farmaci di 1- 2 ore E‘ stato riportato un singolo caso di una paziente trapiantata in trattamento con ciclosporina i cui livelli ematici in seguito ad assunzione di azitromicina Ciclosporina sono risultati pari a 149ng/ml. Sospesa l'azitromicina le concentrazioni di ciclosporina sono scese a valori di 28ng/ml solo dopo un mese Aumento della Cmax e dell‘AUC della didanosina Considerata rispettivamente del 44% e del l'esiguità dei dati, 14%. Nello stesso studio non si ritiene necesDidanosina (solo 6 pz.) analogo risultato sario modificare il si è ottenuto nel gruppo dosag-gio della trattato con placebo + didanosina didanosina Aumento delle concentrazioni seriche della Nausea, digitossina, dovuto Attento vomito e Digitossina probabilmente all'effetto monitoraggio del bradicardi dell‘azitromicina paziente a sull'Eubacterium lentum. Inibizione della secrezione 219 tubulare mediata dalla glicoproteina P Non è stata dimostrata alcuna Rischio di Utilizzare con Rifabutina interazione di tipo neutropeni cautela farmacocinetico a Tenere sotto Aumento della Warfarin controllo i parametri ipoprotrombinemia della coagulazione - OLEANDROMICINA - TELITROMICINA (è 1 Ketolide, con caratteristiche simili ai macrolidi) L'antibiotico Ketolide Telitromicina, è efficace nel trattamento della polmonite acquisita nella comunità, causata da Streptococcus pneumoniae. E' stato anche dimostrato che la Telitromicina(Ketek) è attivo anche nel trattamento della batteriemia da pneumococco.Un totale di 432 pazienti del Nord America, del Sud America e del Sud Africa con documentati casi di polmonite acquisita in comunità, hanno ricevuto 800 mg di Telitromicina, una volta al giorno per 7 giorni. La Telitromicina è risultata utile nel 100% dei 57 pazienti in cui la polmonite è stata identificata prima dello studio causata dallo Streptococcus pneumoniae. Si utilizza nel trattamento di soggetti con età superiore di 18 anni della polmonite acquisita nella comunità, lieve-moderata, nell'esacerbazione acuta della bronchite cronica, nella sinusite acuta e nella tonsillite / faringite causate da streptococchi beta gruppo A, come alternativa agli antibiotici beta-lattamici. I più comuni effetti indesiderati del Ketek sono: diarrea, nausea, vertigini e vomito. b. AMFENICOLI ( CLORAMFENICOLO \ TIAMFENICOLO ) Si fissa a livello della subunita‘ 50s bloccando l‘azione dell‘ enzima peptidil transferasi, legandosi sia al sitoA che al sito P del ribosoma . La resistenza è data da acilazione da parte di 1 enzima non inducibile e da alterazione della subunita‘ 50s. E‘ attivo su gram+ e -, è il farmaco da scegliere contro tifo e paratifo, colera, meningite (attraversa la BEE e la barriera placentare) Tox: a livello del sangue (2 tipi): - meno grave : anemia ipocromica dopo 10 gg - piu‘ grave : anemia aplastica ( o aplasia midollare) irreversibile l‘ effetto è dose dipendente : si ha anemia-leucopenia-trombocitopenia con mielosoppressione a causa di 1 diminuzione della captazione di ioni Fe++ nei normoblasti e diminuzione dell‘ incorporazione di ioni Fe++ nell‘eme. Provoca la sindrome del bambino grigio dopo 2-9 gg di terapia, specie in bambini che hanno difetti di glucuronazione. Provoca anche eruzioni cutanee, angioedema. Non si superano le 2 settimane di trattamento. Chimica: Il caf ha 2 atomi di C chirali ; l‘ isomero ad attivita‘ maxima è il D(-)treo (1R;2R) - cloramfenicolo palmitato (non solubile in H2O- in uso x evitare il sapore amaro) 220 - cloramfenicolo emisuccinato sodico (solubile in H2O) - tiamfenicolo (migliore assorbimento) Forma farmaceutica del cloramfenicolo: Fiale 1 g / Cps 250 mg Nome commerciale Chemicetina OS/EV Note farmacologiche e/o farmacocinetiche · metabolizzazione epatica 90% · può essere impiegato in pazienti con insufficienza renale non grave Indicazioni · Meningiti purulente da cocchi e bacilli Gram(N.meningitidis, E.coli, pneumoniae, H.influenzae); ascessi cerebrali, salmonellosi, infezioni disseminate, anaerobi ed infezioni miste, pertosse grave; .Anemia aplastica mortale, esantemi,neuriti ottiche. Posologia/die 2-3 g/die in 4 somm. T1/2 (emivita) 2,5 h Dose giornaliera 2-3 g c. LINCOSAMMIDI Agiscono come i macrolidi ed hanno gli stessi mecc di resistenza Tox: Diarrea,Colite pseudomembranosa ( provocata dalla tossina liberata dal microrganismo clostridium difficile e curata con Vancomicina). La colite puo‘ essere aggravata dall‘ uso di alcuni farmaci quali oppioidi o altri che aumentano la peristalsi intestinale. - LINCOMICINA (PARENTERALE) - CLINDAMICINA (X OS, x e.v. puo‘ provocare tromboflebite) d. FUSIDANI - Acido Fusidico Inibisce 1 traslocasi specifica a livello ribosomiale della sub. 50 s, è solo batteriostatico e il suo spettro d‘ azione si limita ai soli gram-positivi e qualche gram negativo. Emivita di 5,5 h Tox: diarrea, vomito, nefrotox. e. STREPTOGRAMINE (o SINERGISTINE) - QUINUPRISTIN + DALFOPRISTIN - (SYNERCID) Antibiotici streptograminici in combinazione a dose fissa (30:70). Agendo sinergicamente sul ribosoma batterico, interrompono la sintesi proteica con effetto battericida. L'associazione è attiva contro i cocchi Gram-positivi, in particolare contro l'Enterococcus faecium vancomicino-resistente, lo Staphylococcus aureus, lo Streptococcus pneumoniae e lo Streptococcus pyogenes, meticillino- e penicillinoresistenti. Il suo impiego dovrebbe essere rigorosamente riservato alle infezioni gravi da E. faecium con resistenza documentata sia nei confronti della vancomicina (es. Vancocina A.P.) che della teicoplanina (Targocid) (due terzi dei ceppi di E.faecium resistenti alla vancomicina sono sensibili alla teicoplanina). Gli enterococchi sono patogeni opportunisti responsabili di batteriemie, meningiti e altre infezioni invasive nei pazienti immunocompromessi. Lo schema terapeutico sinora utilizzato (aminoglicoside + beta-lattamico o vancomicina) risulta sempre meno efficace per lo sviluppo crescente di ceppi batterici multiresistenti. L' E.faecium è la specie che presenta il maggior grado di resistenza antibiotica. La comparsa di resistenza, preoccupante in particolare quella nei confronti della vancomicina, si abbina alla capacità di trasferire la resistenza non solo agli altri 221 enterococchi, ma anche agli stafilococchi. Per scongiurare il rischio di un allargamento delle resistenze, l'associazione quinupristin+dalfopristin andrebbe utilizzata nelle infezioni da streptococchi e stafilococchi meticillino-resistenti, solo nel caso in cui nessun altro antibiotico si sia dimostrato attivo.La dose raccomandata è di 7,5mg/kg da infondere ogni 8 ore (ogni 12 nelle infezioni complicate della pelle e dei tessuti molli) tramite una linea venosa centrale; la somministrazione per via endovenosa periferica comporta una elevata incidenza (75% dei pazienti) di effetti indesiderati nella sede di infusione (infiammazione, dolore, edema e tromboflebite). L'associazione interagisce con numerosi altri farmaci (es. ciclosporina, disopiramide, chinidina). - PRISTINAMICINA Dallo streptomices pristinae spiralis ; blocca la sintesi proteica legandosi alla sub 50 s. E‘ attiva verso gram+ e gram-. Provoca nausea, vomito, diarrea rush cutanei. È assorbita discretamente x via orale con emivita di 6 h. Si usa x infezioni stafilococciche e gonococciche - VIRGINIAMICINA (STAFILOMICINA) Dallo streptomices virginiae blocca la sintesi proteica legandosi alla sub 50 s. E‘ attiva verso gram+ e pochi gram-. Provoca nausea, vomito, diarrea rush cutanei. È assorbita discretamente x via orale f. OXAZOLIDINONI - LINEZOLID è un nuovo potente antibiotico, appartenente alla classe degli oxazolidinoni. Questi composti hanno un peculiare meccanismo d‘azione, mai sfruttato prima, e bloccano infatti una tappa precoce della sintesi proteica batterica legandosi alle 2 subunità ribosomali. In particolare essi inibiscono il legame del tRNA fMET al ribosoma 70S che avviene mediante interazione codon-anti-codon sia sulla subunità 30S che con la regione della peptidiltransferasi, localizzata sulla subumità 50S Il farmaco trova indicazione nel trattamento delle infezioni causate da Enterococcus Faecium resistente alla Vancomicina, da Staphylococcus Aureus resistente alla Meticillina e da Streptococcus Pneumoniae. Poiché la potenza di un farmaco può variare in base alla realtà epidemiologica lo-cale, l‘attività di linezolid é stata valutata nei confronti di ceppi di enteroccocchi e stafilococchi isolati da differenti materiali patologici provenienti da soggetti rico-verati in reparti ad alto rischio e raccolti da 29 laboratori italiani di microbiologia clinica durante il 1999. Tali ceppi erano principalmente rappresentati da patogeni multiresistenti ed epidemiologicamente non correlati. L‘attività antibatterica di linezolid è stata paragonata a penicillina, imi-penem,amoxicillina / acido clavulanico, vancomicina, teicoplanina, gentamicina, eritromicina, clindamicina, ciprofloxacina, cloramfenicolo, rifampicina, oxacillina e cotrimossazolo. Complessivamente, linezolid mostra valori di MIC90 (2-4 mg/l) paragonabili a quelli di vancomicina, in MRSA (4 mg/l), in MRSE (2 mg/l) e instafilococchi meticillino-sensibili (2-4mg/l). In particolare, solo i glicopeptidi e il linezolid si sono dimostrati attivi sui ceppi generalmente multiresistenti di stafilococchi refrattari alla meticillina. Enterococcus faecalis risultava sensibile a linezolid 222 (MIC90 2-4 mg/l), ai glicopeptidi e ai beta-lattamici; resistente a cloramfenicolo e a rifampicina e in più del 50% dei casi con alti livelli di resistenza a streptomicina e a gentamicina. Enterococcus faecium era sensibile soltanto ai glicopeptidi (MIC90 2 mg/l) e linezolid (MIC90 2 mg/l) mentre più del 50% dei ceppi erano resistenti ai beta-lattamici, al cloramfenicolo e mostravano alti livelli di resistenza alla streptomicina.Linezolid infine era l‘ unico antibiotico attivo verso alcuni ceppi di Enterococcus con fenotipo Van A. Gli Autori concludono che Linezolid mostra buona attività in vitro nei confronti di stafilococchi ed enterococchi multiresistenti. - BENZOXAZOLONE - OXAZOLIDINONE B. INIBITORI DELLA SUBUNITA‘ 30 S a. AMMINOGLICOSIDI Si fissano alla sub 30s causando 1 errata lettura dell‘ mRNA- sono battericidi ad alte concentrazioni. La resistenza è data da acetilazione dei gruppi –NH2 da parte dell‘ Acetil-CoA , da fosforilazione da parte dell‘ ATP dei gruppi –OH (specie in pos. 6). L‘ assorbimento x os è scarso , la neomicina è l‘ unica che si da x os, gli altri si danno x via ev. Toxicita‘: - Toxicita‘ otovestibolare irreversibile all‘ 8° paio di nervi cranici ( dopo diverse somm. o se presi ad alte dosi gli amminoglicosi-di entrano nella perlinfa e non riescono piu‘ad uscire con accumulo e danni )( l‘effetto vestibolare si avverte prima). L‘accumulo causa ipoacusia, mal di testa intenso, nausea, vomito, vertigini - Toxicita‘ renale reversibile x accumulo a livello tubulare (le cellule tubulari si rigenerano) con lesioni precoci (1-6 gg di trattam. con accumulo di fosfolipidi x inib della fosfolipasi) e lesioni tardive ( dopo 6 gg con aumento di ritensione di N2 e nefrotoxicita‘). Fattori che incrementano la nefrotoxicita‘ sono eta‘, dose. La + nefrotoxica è la neomicina( non somministrabi-le x via sistemica, ma intramuscolo ), la meno nefrotoxica è la streptomicina - Blocco neuromuscolare (inibiscono la liberazione e il rilascio di Ach): infatti potenziano gli effetti dei curarici (aumenta la loro emivita da 2 h a 4h). Il Ca++ annulla l‘ effetto degli amminoglicosidi a livello delle giunzioni neuromuscolari. - STREPTOMICINA TOBRAMICINA GENTAMICINA SPECTINOMICINA KANAMICINA NEOMICINA MICRONOMICINA (x uso oftalmico) AMIKACINA emivita 2,5 h dalla Kanamicina A 223 - NETILMICINA SISOMICINA DIBEKACINA LIVIDOMICINA FRAMICETINA KASUGAMICINA unica tra gli amminoglucosidi con discreto assorbimento x via orale BEKANAMICINA AMINOSIDINA o PAROMOMICINA ISEPAMICINA RIBOSTAMICINA b. TETRACICLINE Si fissano a livello della subunita‘ 30s impedendo l‘ ancoraggio al sito A(accettore) del compesso ammino acil-t RNA. La resistenza è data da 1 ridotta efficienza di trasporto e da 1 ridotta affinita‘ al bersaglio molecolare. Sono batteristatici , poi battericidi Tox: Alterazione flora batterica intestinale con disturbi g. i. ( bruciore, sofferenza epigastrica, nausea, vomito, colite pseudomembranosa pseudoemorragica), colorazione irreversibile dei denti (legame al Ca++), tox vestibolare, aumento azotemia e uricemia con insuff. renale , epatotox. , foto-sensibilizzazione e reazioni di ipersensibilita‘(orticaria, eruzioni cutanee, angioedema e schok anafilattico). Le tetracicl. scadute si trasformano in epitetracicline e danno, se somministrate, sindrome di Faunconi con nausea-vomito-glicosuria. Se somministrate x via e.v. provocano tromboflebiti. Se somm. per lunghi periodi le tetracicline provocano alterazioni ematiche con leucocitosi. Le tetracicline non si bambini di eta‘ inferiore agli 8 anni, xche si puo‘ avere aumento della pressione intracranica e difetti di crescita delle ossa. Non si somministrano in gravidanza. a. TETRACICLINE NATURALI (x os) - CLORTETRACICLINA 5h (t 1\2) - OSSITETRACICLINA 9h (meno epatotoxica) - TETRACICLINA 8h (meno epatotoxica) - DEMECLOCICLINA 12h ( + fototoxica, provoca aumento della glicemia, è percio‘ usata x trattare le sindromi croniche da alterata secrezione di ADH) b. TETRACICLINE SEMISINTETICHE( x os, con emivita + lunga) - METACICLINA 14 h - DOXICICLINA ( Nome commerciale Bassado) Note farmacologiche e/o farmacocinetiche: Emivita prolungata (12-24)· Biodisponibilità 90%· Eccellente penetrazione tessutale· Può essere impiegato in pazienti con 224 insufficienza renale perché viene eliminato per via extrarenale Spettro d‘azione molto ampio e profilo- Indicazioni: · Infezioni da microrganismi sensibili inclusi M pneumoniae e C. trachomatis ·Indicata nella brucellosi, rickettsiosi,colera e polmoniti interstiziale ·Non utilizzare in gravidanza ed in bambini sotto gli 8 anni Posologia/die 100 mg ogni 12-24 h. T1/2 (emivita) 20h Dose giornaliera 100 mg - 200 mg) - MINOCICLINA 21 h - MECLOCICLINA c. TETRACICLINE SEMISINTETICHE( x ev o x os) - MEPICICLINA - LIMECICLINA 8h - GUAMECICLINA - ROLITETRACICLINA ( solo x ev) 6h C. INIBITORI DELLA ISOLEUCINA t RNA a. ACIDO PSEUDOMONICO 3. ANTIBIOTICI ATTIVI SULLA SINTESI DEGLI ACIDI NUCLEICI A. INIBITORI DELLA DNA GIRASI BATTERICA (TOPOISOMERASI II) a. CHINOLONICI E FLUOROCHINOLONICI Le 2 classi si differenziano xche‘ l‘ introduzione di 1 atomo di F (capace di formare 1 legame a idrogeno con l‘ enzima bersaglio) in posizione R6 al nucleo chinolonico e un nucleo piperazinico in posizione R7 spostano l‘ attivita‘ anche verso GRAM+, con 1 + ampio spettro d‘ azione ed 1 elevata potenza battericida(elevata biodisponibilita‘ e lunga emivita). Tali molecole sono capaci di inibire la subunita‘ A della DNA-GIRASI batterica. Toxicita‘: Disturbi metabolici asintomatici (aumento delle transaminasi),disturbi del SNC con cefalea, vertigini, agitazione, depressione, convulsioni (effetti legati ad 1 azione antagonista verso il GABA), fotosensibilita‘, controindicati negli sportivi x legame alle cartilagini e ai tendini(predisposizione alla rottura) e in gravidanza (interferiscono nella formazione della cartilagine di accrescimento) Abbiamo suddiviso i chinoloni in 3 generazioni: A. Ia GENERAZIONE (antisettici urinari a spettro selettivo x i Gram(-) discretamente assorbiti x via orale, con distribuzione tissutale scadente, x l‘ 80% metabolizzati. Eliminati prevalentemente x via renale 225 - ACIDO NALIDISSICO - ACIDO OXOLINICO - ACIDO PIROMIDICO - B. IIa GENERAZIONE(antisettici urinari ad ampio spettro) ACIDO PIPEMIDICO ACROSOXACINA CINOXACINA FLUMECHINA ROSOXACINA C. IIIa GENERAZIONE: in 3 gruppi: a. Ad azione sistemica ed ampio spettro - ENOXACINA - NORFLOXACINA b. Ad azione sistemica ed amplissimo spettro - CIPROFLOXACINA - OFLOXACINA - LEVOFLOXACINA c. Long-acting ad azione sistemica ed ampio spettro - FLEROXACINA - LOMEFLOXACINA - PEFLOXACINA - RUFLOXACINA - SPARFLOXACINA - MOXIFLOXACINA Dal punto di vista invece chimico abbiamo: CLASSIFICAZIONE CHIMICA DEI CHINOLONI N.B. I farmaci segnati con l‘asterisco (*) sono solo antisettici urinari con spettro d‘ azione limitato solo ad alcuni Enterobatteri. A. GRUPPO I°- DERIVATI BICICLICI I°a. 1, 8 NAFTIRIDINE a. NON FLORURATI - ACIDO NALIDISSICO* b. FLORURATI 226 - ENOXACINA - TOSUFLOXACINA I°b. PIRIDO 2, 3 DIPIRIMIDINE - ACIDO PIPEMIDICO* - ACIDO PIROMIDICO* I°c. CHINOLINE a. NON FLORURATI - ROSOXACINA - ACROXACINA - PIROXACINA b. FLORURATI b.a. 7-PIPERAZINICI - NORFLOXACINA - CIPROFLOXACINA - PEFLOXACINA - FLEROXACINA - LOMEFLOXACINA - TEMAFLOXACINA - AMIFLOXACINA - DIFLOXACINA - SPARFLOXACINA b.b. 7-PIRROLIDINICI - MERAFLOXACINA - CLINAFLOXACINA b.c. ALTRI - PIRFLOXACINA - BINFLOXACINA - BALAFLOXACINA B. GRUPPO II°- DERIVATI TRICICLICI a. NON FLORURATI - ACIDO OXOLINICO* - MILOXACINA* - CINOXACINA* b. FLORURATI 227 - FLUMECHINA* - OFLOXACINA - LEVOFLOXACINA - RUFLOXACINA - ABUFLOXACINA - MOXIFLOXACINA - VERBAFLOXACINA - PULFLOXACINA - GREPAFLOXACINA - ROSOXACINA - CLINAFLXACINA - SITAFLOXACINA - GATIFLOXACINA ----------------------------------------b. CUMARINE(novobiocina) Si legano alla subunita‘ B della DNA GIRASI, bloccandola ----------------------------------------c. CICLOTIALIDINA Si lega anch‘essa alla subunita‘ B della DNA GIRASI, bloccandola B. INIBITORI REVERSIBILI DELLA DIIDROPTEROATO SINTETETASI BATTERICA ( analoghi del PABA) a. SULFAMIDICI Sono analoghi del PABA(acido para ammino benzoico) e sono antagonisti competitivi (reversibili) dell‘ enzima di sintesi dell‘ acido diidropteroico (diidropteroato-sintetasi) x la via di sintesi dell‘ acido tetraidro-folico(necessario x la sintesi delle purine) nei batteri, i quali a differenza di noi umani non possono usufruire x la sintesi delle purine di acido folico direttamente , ma lo devono biosintetizzare dall‘ amminopterina tramite la diidropteroato-sintetasi. La resistenza è data da 1 aumento di sintesi del PABA o di acido folico da parte dei batteri Tox: Reazioni allergiche, eruzioni cutanee(tipo morbillo), reaz. di Steeven-Jonson, reaz. da disenzimopatie (anemia emolitica con carenza della glucosio 6 fosfodeidrogenasi, specie a uomini di colore), cristalluria (precipitano in urine) con occlusione dei tubuli renali, chernittero nel neonato( competono con la bilirubina), accumulo nel feto in gravidanza Si possono classificare in 4 classi principali: a. A BREVE EMIVITA x os - SULFATIAZOLO 4H - SULFAFURAZOLO 5H - SULFACETAMIDE 7H 228 - SULFADIMIDINA 7H SULFISOMIDINA 7,5H SULFACLOROPIRIDAZINA 8H SULFAPIRIDINA 9H SULFANILAMIDE 9H b. A MEDIA EMIVITA - SULFAMETOSSAZOLO 11H - SULFADIAZINA 17H - SULFAMOXOLO - c. A LUNGA EMIVITA SULFAMETOSSIPIRIDAZINA 37H SULFADIMETOSSINA 40H SULFALENE 65H SULFADOSSINA 150H SULFAMAZONE SULFAFENAZOLO SULFAMERAZINA SULFAPERINA d. SULFAMIDICI INTESTINALI (ANTI-COLITE PSEUDOMEMBRANOSA o morbo di Crohn) Il morbo di Crohn o ileite segmentaria è 1 malattia dovuta all‘ infiammazione dell‘ intestino ilèo, del colon e dello stomaco, caratterizzata dalla formazione di granulomi e fistole interne). Tali sulfamidici rilasciando 5-ASA o un suo analogo, che sono inibitori reversibili della cox (ciclossigenasi), sono capaci di lenire il fenomeno infiammatorio e di permettere in alcuni casi la guarigione. - SULFAGUANIDINA - SUCCINIL-SULFATIAZOLO - FTALIL-SULFATIAZOLO - FTALIL-SULFACETAMIDE - ACIDO SULFALOSSICO - SULFASALAZINA(PROFARMACO DELLA MESALAZINA o 5-ASA e della SUFAPIRIDINA) - OLSALAZINA - BALSALAZIDE C. INIBITORI DELLA DIIDROFOLATO REDUTTASI BATTERICA Inibiscono l‘ enzima diidrofolato reduttasi specifica del batterio, senza intaccare la nostra a. TRIMETOPRIM b. BRODIMOPRIM 229 c. d. e. f. PIRIMETAMINA(antimalaria) PROGUANIL(profarmaco del CICLOGUANIL-antimalarici) PIRITREXIN(antiprotozoario) TRIMETOPRIM +SULFAMETOSSAZOLO= COTRIMOSSAZOLO (antisettico urinario\ antibatterico x infezioni dell‘ app. digerente, delle vie respiratorie (polmonite)) E‘ un associazione di 2 farmaci che agiscono entrambi inibendo la stessa via metabolica di sintesi del tetraidrofolato nei batteri: - trimetoprim: inibitore della diidrofolato reduttasi batterica + - sulfametoxazolo: inibitore della diidropteroato sintetasi batterica Tox :reaz. allergiche, nefrotox. ,ematologiche D. INIBITORI DELLA TRASCRIZIONE DEL DNA a. ANSAMICINE-RIFAMICINE Le RIFAMICINE sono delle ansamicine naftaleniche con ansa con Ossigeno(O) Inibiscono la sintesi dell‘ RNA batterico inibendo l‘ attivita‘ della RNA-polimerasi DNA-dipendente. La resistenza è data da variazioni della subunita‘ beta della RNA polimerasi da parte dei batteri Tox: Induttori enzimatici, danno 1 colorazione rosso-arancio di tutti i liquidi (urine), febbre, nausea, diarrea, vomito, rash cutaneo, epatotoxicita‘(specie in soggetti a rischio: anziani, alcolisti) perche‘ l‘enzima bersaglio è la trascrittasi batterica molto simile alla nostra umana - RIFAMICINA B - RIFAMICINA SV - RIFAMIDE - RIFAMPICINA - RIFAPENTINA - RIFAXIMINA - RIFABUTINA 4. ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI A LIVELLO MACROMOLECOLARE A. ANTIBIOTICI CHE CAUSANO DANNI ALLE PROTEINE E AGLI ACIDI NUCLEICI CON LA PRODUZIONE DI RADICALI IDROSSIDO E FORMAZIONE DI ADDOTTI AL DNA a. NITROFURANI Hanno attività antimicrobica selettiva; la selettivitàè determinata dalla differenza del corredo enzimatico tra cellule di mammiferi e batteri in quanto solo questi ultimi sono dotati di enzimi in grado di ridurre il nitrofurano in composti intermedi altamente reattivi che danneggiano il DNA. - NITROFURANTOINA (usato x le infezioni urinarie) 230 - NIFURTIMOX - NIFURATEL (usato x le infezioni urinarie) - NIFUROXAZIDE (Antimicrobico x le diarree acute di tipo infettivo) b. NITROIMIDAZOLI Accettano elettroni dalle proteine trasportatrici sottraendoli alle normali vie metaboliche di produzione dell‘ energia. Le forme ridotte reattive reagiscono e portano alla morte cellulare - METRONIDAZOLO - TINIDAZOLO - ORNIDAZOLO B. ANTIBIOTICI CHE PROVOCANO MODIFICAZIONI DELLA PERMEABILITA‘ CELLULARE a. ANTIBIOTICI POLIPEPTIDICI - POLIMIXINE Agiscono alterando la struttura e la funzionalita‘ della parete batterica legandosi ad essa ,disponendosi tra gli strati lipidici Tox: neurotox., febbre, rash cutaneo - TIROCIDINAè prodotta dal bacillus brevis; altera la funzionalità della membrana cellulare esterna. È attiva verso gram + e pochi gram -. È notevolmente emolizzante x via orale, per cui si usa x uso topico soprattutto x soluzioni vaginali o nasali. - TIROTRICINA è una miscela di antibiotici polipeptidici formati da TIROCIDINA A e C e da GRAMICIDINA S; svolge un‘azione battericida interferendo sia con la permeabilità della cellula batterica e sia con i meccanismi energetici intracellulari. - VIOMICINA è usato x trattare i micobatteri come 2a scelta. È di origine naturale dallo streptomices puniceus. Inibisce la sintesi proteica a livello ribosomiale. Crea neuriti dell‘ 8° paio e nefrotossicità e ha uno scarso assorbimento x via orale - ANTIBIOTICI POLIPEPTIDICI CICLICI – BACITRACINA (contro le infezioni intestinali \ Bimixin) Agisce sulla divisione cellulare e inibisce anche la sintesi della parete cellulare batterica impedendo l‘ incorporazione di un fosfolipide nella struttura uridin-difosfo-acetilmuramil-pentapeptidica. Tox: nefrotox, diarrea b. ALTRI - CLOFOCTOLO (Octofene) Causa 1 diminuzione della quota intracellulare di ATP cosi il gradiente protonico e il potenziale d‘ azione della membrana collassano con modificazioni della permeabilita‘ cellulare del batterio 231 SCHEMI TERAPEUTICI DELLE PIU‘ IMPORTANTI INFEZIONI: 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 PROFILASSI ANTIBIOTICA IN CHIRURGIA PER GLI INTERVENTI PULITI E PULITI CONTAMINATI La profilassi antibiotica non deve mirare ad una mitica―sterilizzazione‖ del paziente, che è stata sempre irrealizzabile,ma deve avere invece obiettivi precisi e ben delimitati (ricordando che sia una profilassi non efficace sia una profilassi inutile possono essere dannose!). Si possono distinguere due tipi di profilassi antibiotica: A) la prevenzione di infezioni dovute ad una sola specie batterica (es. meningite meningococcica, malattia reumatica, endocardite batterica ecc. ) B) la prevenzione di infezioni potenzialmente legate a microrganismi diversissimi: (es. infezioni chirurgiche ed infezioni nei reparti di rianimazione). PROFILASSI INFEZIONI CHIRURGICHE La somministrazione di farmaci antibatterici, al fine di prevenire le infezioni che conseguono ad un intervento chirurgico, rappresenta un esempio di profilassi efficace, intendendo, con questo termine, non la soppressione delle infezioni post – chirurgiche ma una significativa diminuzione della loro frequenza ottenuta mediante la riduzione più rilevante possibile della carica batterica presente nel campo operatorio. Errori del passato: • uso di un antibiotico scelto sulla base più di consuetudini che di cognizioni scientifiche; SCHEMI DI PROFILASSI • somministrazione dello stesso dopo l‘intervento chirurgico ed a posologie variabili (arbitrarie) comunque non codificate. • prosecuzione di tale trattamento farmacologico per periodi di tempo troppo prolungati (talora anche settimane). Il chirurgo applicava non una profilassi ma una indiscriminata terapia empirica con le seguenti conseguenze negative: 250 1) effettuare una terapia laddove non vi era un‘infezione da curare o curare per tempi troppo brevi una infezione che invece esisteva; 2) insorgenza di effetti collaterali anche gravi per l‘uso protratto di antibiotici (colite da Clostridium difficile, nefro ed ototossicità) 3) facile insorgenza di ceppi batterici resistenti ( che possono poi rappresentare un gravissimo problema sia per lo stesso malato che per la situazione epidemiologica ospedaliera). RAZIONALE DELLA PROFILASSI ANTIBIOTICA IN CHIRURGIA Parte dal presupposto che la più alta percentuale di rischio di infezione è localizzata in un periodo di tempo molto limitato,compreso tra l‘inizio dell‘intervento e 3-4 ore dopo il suo termine. Classificazione degli interventi chirurgici in rapporto al rischio crescente di contaminazione batterica e di infezione: Puliti • Senza difetti di tecnica chirurgica • Senza accesso alle vie respiratorie, gastroenteriche, orofaringee ed urogenitali • Non traumatici • Senza infiammazione in atto • Senza drenaggi Puliti contaminati • Con accesso alle vie respiratorie, gastroenteriche orofaringee ed urogenitali, ma senza significativa contaminazione • Appendicectomia • Con accesso alle vie biliari ma in assenza di infezione biliare • Con difetto lieve di tecnica chirurgica • Con drenaggi meccanici Contaminati • Ferite traumatiche recenti • Con ampia fuoriuscita di contenuto del tratto gastroenterico • Con accesso alle vie urinarie o biliari, in presenza, rispettivamente di infezione urinaria o biliare • Con difetto grave di tecnica chirurgica • Con incisione chirurgica in regione sede di flogosi acuta non purulenta Sporchi o infetti 251 • Ferita traumatica con ritenzione di tessuto devitalizzato, corpi estranei, contaminazione fecale o trattamento ritardato • Con perforazione di viscere • Con presenza di raccolta purulenta in sede di intervento Antibiotico profilassi in chirurgia : principi generali 1) Effettuare la profilassi solo negli interventi per cui ne è stata dimostrata la effettiva utilità: chirurgia pulito contaminata, ed in quelli per cui un‘eventuale infezione postoperatoria è, per definizione,particolarmente impegnativa (chirurgia pulita con impiantodi protesi e materiale estraneo in genere e pochi altri) 2) Impiegare antibiotici attivi nei confronti dei principali patogeni causa di infezione post – operatoria in quel particolare intervento, di minore tossicità possibile e, a parità di efficacia, di costo inferiore. 3) Somministrare l‘antibiotico solo immediatamente prima dell‘intervento (all‘induzione dell‘anestesia o della preanestesia), per via endovenosa, a bolo o in piccola fleboclisi, da infondere in 10 –15‘ per eventuali eccezioni. 4) Assicurare tassi sierici e tessutali (= nel campo operatorio ) adeguati, cioè superiori alla MIC (concentrazione minima inibente) dei batteri verso cui si intende effettuare la profilassi, dall‘inizio al termine dell‘intervento, eventualmente somministrando una dose intraoperatoria nei casi in cui, al termine di un periodo pari al doppio dell‘emivita dell‘ antibiotico, l‘intervento è ancora in corso. 5) Nella maggior parte degli interventi la dose pre – operatoria cioè quella somministrata all‘induzione dell‘anestesia e, se nel caso, la dose intra – operatoria, sono sufficienti, non essendo in grado, le eventuali dosi post -operatorie di conferire una maggiore protezione. PRINCIPALI AGENTI EZIOLOGICI DI INFEZIONE POST OPERATORIA (da tenere presenti nella scelta dell’antibiotico) • Chirurgia pulita (protesica e non): Staphylococcus aureus, Stafilicochi coagulasi negativi, Enterobacteriacee (soprattutto nel by- pass aorto coronarico e nella chirurgia vascolare protesica con interessamento della regione inguinale e degli arti inferiori. • Chirurgia della testa e del collo: anaerobi del cavo orale, Gram negativi aerobi (Enterobacteriacee ed altri) • Chirurgia gastroduodenale: Enterobacteriacee, Bacteroides spp. • Chirurgia biliare: Enterobacteriacee, Enterococcus spp. • Chirurgia urologica: Enterobacteriacee • Chirurgia retto colica, appendicectomia: Enterobacteriacee, Bacteroides fragilis. • Chirurgia ostetrico ginecologica: Enterobacteriacee, Bacteroides spp. (anche Bacteroides fragilis), Enterococcus spp. 252 Solo per gli interventi di chirurgia pulita e pulito contaminata si può parlare di profilassi antibiotica, mentre per gli interventi di chirurgia contaminata e sporca, ovviamente la somministrazione di antibiotico costituisce un intervento terapeutico e non profilattico. TEMPI DI SOMMINISTRAZIONE DELL’EVENTUALE DOSE INTRAOPERATORIA DELL’ANTIBIOTICO Durante l‘intervento si somministrerà ( per via e.v.) una ulteriore dose profilattica dell ‗ antibiotico nei casi in cui l‘intervento sia ancora in corso dopo che dalla somministrazione della dose preoperatoria (= all‘induzione della anestesia) siano trascorsi: • 2,5 ore se l‘antibiotico usato è Ceftriaxone, Piperacillina/ tazobactam, Amoxicillina /clavulanato • 3,5 ore se l‘antibiotico usato è cefazolina, Gentamicina, Clindamicina. • 6 ore se l‘antibiotico usato è il cefotetan • 8 ore se l‘antibiotico usato è la Vancomicina N.B. per la Teicoplanina, data la particolare lunghezza dell‘emivita (oltre le 70 ore) non esiste, in pratica, l‘eventualità di dover somministrare una dose intra – operatoria. L‘antibiotico profilassi è ancora oggetto di discussione: Argomenti a sfavore di una antibiotico profilassi • Bassa incidenza globale delle infezioni post-operatorie (percentuali inferiori al 3% che si innalza di alcuni punti negli interventi che prevedono l‘impianto di protesi o di altri materiali sintetici). • Infezioni dovute a contaminazioni esogene per evitare le quali sarebbe fondamentale l‘osservanza di semplici norme di asepsi siano esse pre, intra o post operatorie. • Svantaggi legati all‘uso di antibiotici quali tossicità, sviluppo di resistenze batteriche e aumento dei costi. Recentemente è stato proposto di estendere la profilassi antibiotica in chirurgia pulita ai seguenti casi: 1) Interventi in cui è previsto l‘impianto di materiale protesico 2) Pazienti ad alto rischio: interventi puliti non protesici ma che riguardano soggetti con due o più dei seguenti fattori di rischio (prolungata durata delle procedure chirurgiche, età avanzata, diabete, obesità, terapia cortisonica, chemioterapia, radioterapia, lunga degenza pre - operatoria). 3) In chirurgia ortopedica nelle revisioni di anca e ginocchio e nelle riduzioni di fratture aperte e trocanteriche 4) In chirurgia vascolare negli interventi ricostruttivi addominali e degli arti inferiori ed in quelli di resezione aortica. 5) In cardiochirurgia in quegli interventi che prevedono sternotomia e/o by-pass cardiopolmonare (rischio di mediastiniti da circolazione extra-corporea prolungata, durata prolungata e complessità dell‘intervento). 253 6) In chirurgia mammaria ed ernioraffia dove è stato dimostrato statisticamente che la profilassi antimicrobica riduce significativamente l‘incidenza di infezioni postoperatorie. TRATTAMENTO DELLA SEPSI: NUOVI FARMACI La sepsi è una condizione clinica che può comportare l'alterazione funzionale degli organi e può condurre anche a morte. Xigris è la PROTEINA C ATTIVATA, GENETICAMENTE INGEGNERIZZATA. L'FDA ha approvato il farmaco Xigris (Drotrecogin alfa attivato) di Eli Lilly per il trattamento della sepsi nella forma grave.La proteina C attivata è presente fisiologicamente nell'organismo umano dove svolge un importante ruolo nel processo coagulativo. Negli Usa ogni anno ci sono 750.000 casi di sepsi, con una mortalità di circa il 30%. La percentuale di mortalità è stata del 25% tra i pazienti trattati con Xigris rispetto al 31% dei pazienti trattati con placebo ( p = 0,005). L'emorragia è stato il principale effetto indesiderato della terapia con Xigris. L'incidenza di grave emorragia con Xigris è stata del 3,5% contro il 2% con il placebo. Un precedente studio di fase II ha mostrato che una singola dose di Lenercept, PROTEINA DI FUSIONE TRA L'IMMUNOGLOBULINA G1 ED IL TNF(Fattore di necrosi tumorale), ha ridotto la mortalità nei pazienti con forma grave di sepsi o shock settico precoce. In uno studio di fase III, 1.342 pazienti sono stati randomizzati a ricevere Lenercept per via endovenosa (0.125 mg/kg) (n= 662) o placebo (n= 680). I pazienti sono stati monitorati per 28 gironi. L'end-point primario era rappresentato dalla mortalità a 28 giorni. L'età media dei pazienti era di 60,5 anni (17-96), il 39% dei pazienti era femmina, il 73% di questi pazienti presentava una grave forma di sepsi, mentre il 27% era affetto da sepsi con shock settico precoce, In questo studio ci sono stati 369 morti, 177 con Lenercept (mortalità 27%) e 192 con placebo (mortalità 28%). Pertanto il trattamento con Lenercept non ha mostrato alcun effetto sulla mortalità oltre a nessun effetto sull'incidenza o risoluzione della disfunzione d'organo . 3 FARMACI ANTIVIRALI I VIRUS sono agenti infettanti di piccole dimensioni e semplice composizione, che si possono moltiplicare solo in cellule viventi di animali piante o batteri.Sono microscopici, vanno dai 20 nm ai 400 nm di diametro (il batterio più piccolo misura 400 nm).Consistono di un acido nucleico, che può essere RNA o DNA a singolo o a doppio filamento, circondato da un capside proteico.Alcuni virus contengono anche proteine e lipidi.Il capside virale può avere diverse forme e diversa composizione in proteine e, oltre ad avere funzione di protezione, contiene proteine che servono al virus per entrare nella cellula ospite.I virus possono essere classificati in base alle 254 dimensioni, al tipo di capside, alla presenza di proteine, ma la divisione fondamentale viene fatta tra virus a RNA e virus a DNA. Al di fuori di cellule viventi, un virus è una particella ―dormiente‖, ma nella cellula ospite esso diventa un‘entità attiva capace di sovvertire il macchinario metabolico della cellula, per la produzione di nuove cellule virali. Il ciclo di duplicazione dei virus comincia con l‘entrata dell‘acido nucleico della particella in una cellula ospite.I virus batterici si legano saldamente alla superficie del batterio e penetrano il rigido muro della cellula, trasmettendo l‘acido nucleico virale nella cellula ospite.I virus animali entrano nella cellula ospite attraverso un processo chiamato endocitosi.I virus delle piante, di contro, entrano attraverso abrasioni dovute al vento e attraverso punture fatte da insetti. Una volta nella cellula ospite, vengono sintetizzate nuove proteine virali e il nuovo acido nucleico. Questi componenti sono poi assemblati in un virione.In alcuni virus batterici, la formazione del virione è accompagnata dalla lisi della cellula ospite. Questo tipo di infezione è chiamato ciclo litico.I batteriofagi, a volte, svolgono un diverso tipo di infezione, chiamato ciclo lisogenico; questi fagi vengono chiamati fagi temperati.In un‘infezione lisogenica, il genoma virale si integra nel cromosoma della cellula ospite, sottoforma di profago e si replica insieme al cromosoma della cellula ospite.In alcuni casi la progenie del genoma non viene prodotta e la cellula ospite resta intatta.In altri casi il profago può uscire dal genoma della cellula ospite. Il genoma virale, ora, è capace di replicarsi, con la conseguente lisi della cellula ospite e la formazione di un nuovo virione.I retrovirus sono particelle infettanti con un genoma ad RNA protetto da un capside proteico, a sua volta circondato da una membrana lipidica.Questa membrana lipidica contiene catene polipeptidiche, contenenti proteine che legano i recettori della membrana cellula ospite iniziando, così, il processo di infezione.Oltre all‘RNA, i retrovirus contengono particolari enzimi, le trascrittasi inverse, che sintetizzano frammenti di DNA da stampi di RNA.Quando un retrovirus infetta una cellula, inietta il suo RNA nel citoplasma della cellula insieme alla trascrittasi inversa.Il cDNA prodotto contiene le istruzioni genetiche virali e permette il proseguimento dell‘infezione. Il virus che causa l‘AIDS è un retrovirus. È chiamato HIV (human immunodeficiency virus), virus dell‘immunodeficienza umana. Origine Esistono tre teorie per spiegare in che modo i virus sono diventati entità genetiche indipendenti: 1. teoria regressiva: i virus sono forme degenerate di parassiti intracellulari; 2. teoria progressiva: i virus a DNA derivano dal genoma di cellule normali che ha acquisito la capacità di replicarsi autonomamente. Quelli a RNA derivano invece da retrotransposoni o RNA messaggeri. Questi acidi nucleici hanno acquisito un involucro proteico; 255 3. teoria coevolutiva: i virus si sono coevoluti con la vita. Classificazione Una corretta ed esaustiva classificazione consente di inquadrare eventuali nuovi virus e pertanto di predirne nei dettagli la replicazione, la patogenesi e la trasmissione. Tali informazioni permettono di adottare le corrette norme precauzionali al fine di evitare contagi tra gli operatori sanitari e l‘instaurarsi di epidemie. La classificazione gerarchica dei virus prevede: Ordine Famiglia (indicata dal suffisso viridae) Sottofamiglia Genere ( indicato dal suffisso virus) Specie * Ceppo/Tipo *La definizione di specie é la più importante ma anche la più complessa, in quanto molto spesso vengono accomunati nella stessa specie virus con proprietà differenti. Basi della classificazione tassonomica Vengono prese in considerazione le seguenti caratteristiche: morfologiche (misura, forma, presenza o assenza di pericapside), fisico-chimiche (peso, densità, pH, stabilità termica e ionica) genomiche (RNA, DNA, mappa di restrizione e sequenze) macromolecolari (funzioni e composizione delle proteine) proprietà antigeniche proprietà biologiche (tropismo d‘ospite, di specie, d‘organo e di tessuto). La produzione dell‘RNA messaggero è la fase fondamentale dell‘espressione dell‘informazione genetica virale e per sottolineare questo fatto alcuni autori hanno proposto di chiamarlo RNA a filamento (polarità) positivo (+). Di conseguenza i filamenti genomici complementari all‘mRNA vengono considerati negativi (-). Per quanto riguarda il DNA, il filamento 5‘-3‘ è considerato filamento positivo (+). GENERALITA‘: I virus si distinguono in due grandi categorie: Virus a DNA e Virus a RNA. 256 La caratteristica del materiale genetico può influire sul target del farmaco; infatti sono determinanti i meccanismi di replicazione virale su cui i farmaci possono agire. I farmaci che agiscono sui DNA-virus agiscono prevalentemente inibendo direttamente la DNA-polimerasi o indirettamente in quanto agiscono come terminatori della catena di DNA neo-sintetizzata.I farmaci anti- RNA-virus, invece, possono agire anche ad altri livelli; infatti questi virus dapprima aderiscono alla superficie cellulare grazie a particolari proteine chiamate emoagglutinine ; a seguito di ciò si ha un processo di endocitosi. Sulla superficie dell‘endosoma ci sono proteine dette M2 che essendo canali ionici permeabili ai protoni determinano una riduzione del pH endosomico tale da permettere l‘usicita del virus dall‘endosoma; a questo punto il materiale genomico virale è in grado di andare a livello nucleare dove determina la produzione di proteine e materiale genetico neosintetizzato. Da questo materiale genetico virale si avrà la sintesi di proteine strutturali e proteine nonstrutturali. I virus è anche in grado di essere liberato all‘esterno della cellula grazie a proteine quali le neuroaminidasi e le stesse emoagglutinine. I farmaci antivirali agiscono praticamente a tutti questi livelli: Farmaci che inibiscono le proteine M2, determinando così una chiusura del canale e una inibizione della liberazione del virus dall‘endosoma. (Amantadina, Rimantadina). Questi farmaci sono spesso usati contri i virus influenzali di tipo A e sono efficaci per prevenire la diffusione del virus ad altre cellule. Farmaci che inibiscono la neuroaminidasi, impedendo così l‘uscita del virione verso l‘esterno della cellula. Farmaci che agiscono inbendo la trascrittasi inversa, l‘enzima che permette la replicazione dei retrovirus che si integrano nel genoma cellulare. I farmaci antivirali sono tutti simila a nucleotidi, con la sola eccezione del Foscarnet che ha una struttura più simile ai farmaci difosfonati che inibiscono gli osteoclasti. Alcuni farmaci quali il Valacyclovir e il Famcyclovir sono in realtà pro-farmaci: il Valacyclovir è il profarmaco dell‘ Acyclovir e il Famcyclovir è il precursore del Pancyclovir.Molti farmaci anti-Herpes hanno una buona disponibilità per via os e scarsa per via parenterale (ad esclusione del Varacyclovir che ha solo disponibilità orale). Alcuni anti-retrovirus: Zidovudine (AZT) (nome commerciale: Retrovir) Stavudine (d4T) (nome commerciale: Zerit) Zalcitabine (ddC) (nome commerciale : Hivid) Questi farmaci hanno una buona disponibilità per via os, il che è importante perché spesso la terapia delle patologie causate da retrovirus è una terapia di tipo cronico, ed è quindi fondamentale che i farmaci siano di facile somministrazione. Alcuni farmaci anti-retrovirus di nuova generazione sono gli inibitori delle proteasi che come i precedenti hanno una buona disponibilità per via orale. Un farmaco quale l‘interferone invece, non è disponibile per via os ed è quindi somministrato per via parenterale (soprattutto per via sottocutanea). 257 Gli Herpes Virus sono di tipo 1 (che da prevalentemente infezioni alle mucose della cute) e di tipo 2 (con localizzazione prevalentemente a livello genitale) , anche se in realtà della famiglia Herpes fanno parte anche altri virus minori quali il CMV.Uno dei farmaci più utilizzati nella cura delle infezioni da Herpes Virus è l‘ Acyclovir che ha un triplo Meccanismo d‘azione: 1. Inibizione diretta della DNA-polimerasi; 2. È un analogo aciclico della guanidina; questo fa sì che esso si leghi alla catena di DNA-virale in duplicazione funzionando da teminatore della catena; 3. La catena virale precocemente terminata va ad inibire ulteriormente la DNApolimerasi. Una caratteristica fondamentale dell‘ Acyclovir è che per essere attivato deve essere fosforilato dapprima da una Timidina Chinasi virale (e ciò determina una alta specificità d‘azione del farmaco) e poi da kinasi cellulari; queste reazioni portano alla formazione di un composto trifosfato in grado di essere incorporato nella catena del DNA virale neo-sintetizzata.L‘Acyclovir può determinare fenomeni di resistenza che hanno alla base mutazioni puntiformi: della Timidina Kinasi: ciò fa perdere la funzione di tale enzima. (è la mutazione più frequente); della DNA-polimerasi. L‘Acyclovir è usato sia localmente che per via sistemica (in base alla gravità della patologia) ed ha dosaggi di 1-2 g/die in più somminstrazioni giornaliere. E‘ importante che la terapia sia tempestiva.L‘effetto antivirale dell‘ Acyclovir si ha anche nei confronti del CMV anche se con minore efficacia.Nei soggetti immunocompromessi è preferibile la somministrazione per via venosa poiché in tal modo si può aumentare la concentrazione plasmatica del farmaco e quindi la sua efficacia.L‘Acyclovir inoltre ha un‘azione nefrotossica dose correlata; è quindi importante non superare mai la concentrazione plasmatica di 25 g/ml. Gancyclovir: Caratteristiche terapeutiche : blocca la sintesi del DNA-virale terminando la catena che si sta sintetizzando; è usato prevalentemente contro il CMV (in particolare per le retiniti da CMV, ma anche per le complicanze polmonari da CMV); è anche usato per la profilassi nei pazienti trapiantati, in quanto il CMV è un virus opportunista che si sviluppa facilmente in caso di immunocompromissione Caratteristiche comuni ai farmaci anti-virali: Sia Acyclovir che Gancyclovir hanno scarsa disponibilità per via os, mentre i loro profarmaci sono facilmente somministrabili per via orale. L‘Acyclovir diminuisce i suoi effetti dopo i pasti, mentre il Gancyclovir ha reazioni opposte; per questi motivi questi farmaci vanno somministrati lontano dai pasti. 258 L‘emivita di questi farmaci è spesso breve, e ciò giustifica la necessità di più somministrazioni/die; inoltre l‘emivita plasmatica è spesso differente dall‘emivita cellulare (che è poi quella che conta dal punto di vista terapeutico). Per ciò che riguarda la cinetica di eliminazione cellulare, è rapida quella dell‘ Acyclovir mentre è lenta quella del Gancyclovir (questo giustifica la maggior efficacia di quest‘ultimo quale farmaco anti-CMV). Il legame proteico è basso ad eccezione del Sorivudine. Il metabolismo epatico è scarso e ciò spiega il perché della grande eliminazione del farmaco per via renale (ciò comporta rischi di nefrotossicità ed inoltre bisogna stare attenti a dosare il farmaco in funzione della clearence di ciascun individuo) Spesso possono essere tossici anche a livello meningeo, cerebrale e retinico, in quanto sono in grado di passare la barriera ematoencefalica con una relativa facilità; questo significa che in generale per la sommistrazione parenterale bisogna preferire i farmaci e non i pro-farmaci, perché questi sono maggiormente in grado di superare la barriera ematoencefalica. Il Foscarnet oltre ad inibire la DNA-polimerasi ha anche una azione inibitrice sulla trascrittasi inversa. ------------------------------CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI: 1. FARMACI ANTI-HERPES A. DESOSSI RIBONUCLEOTIDI Sono antimetaboliti della timina; 1 volta fosforilati si vanno a sostituire alla timina nella sintesi del DNA - IDOXURIDINA: x le infezioni oftalmiche da virus dell‘ Herpes simplex. Tox locale, dermatiti, dolore, prurito, infiamazione, edema; tox elevata x via sistemica - TRIFLURIDINA: x le infezioni oftalmiche da virus dell‘ Herpes simplex ; è molto toxica x via sistemica - CLORODESOSSIURIDINA - FLOSSURIDINA - BROMODESOSSIURIDINA B. ARABINOSIDI Vengono trifosforilati all‘ interno delle cellule dalla timidina chinasi e vanno ad inibire la DNA polimerasi del virus - VIDARABINA: uso topico x infezioni oftalmiche da Herpes simplex tox turbe g.i., manifestazioni neurologiche (confusione, svenimenti), mielosoppressione 259 - SORIVUDINA - CITARABINA C. ACICLONUCLEOSIDI Vengono trifosforilati all‘ interno delle cellule dalla timidina chinasi e vanno ad inibire la DNA polimerasi del virus - ACICLOVIR- uso topico: infezioni cutanee ed oftalmiche da Herpes simplex; uso orale: x trattamento e profilassi di infezioni da virus Varicella-zoster e Herpes simplex della pelle e delle mucose; uso parenterale: x infezioni gravi da virus Varicella-zoster e Herpes simplex - VALACICLOVIR (1g) (profarmaco dell‘Aciclovir) - x il trattamento dell‘infezione erpetica (Herpes Zoster e Simplex) - FAMCICLOVIR (profarmaco del PENCICLOVIR) x il trattamento dell‘infezione erpetica tox: nausea diarrea,mal di testa, x e.v. puo‘ dare insuff. renale e neurotox - GANCICLOVIR x il trattamento di infezioni severe da citomegalovirus tox: mielosoppressione(neutropenia) , rara tox al SNC, nell‘ animale è carcinogenico - CIDOFOVIR tox: nefrotox (si previene con probenecid) D. FOSFONATI Inibiscono la DNA POLIMERASI legandosi : - ad 1 sito allosterico x il foscarnet - al sito catalitico x il fosfonoacetato disodico - FOSCARNET: x il trattamento di infezioni severe da citomegalovirus in pazienti immunocompromessi. Tox: Insufficienza renale, ipo o iper- calcemia, tox al SNC (mal di testa, allucinazioni e svenimenti) - FOSFONOACETATO DISODICO E. ALTRI ANTIVIRALI - METISOPRINOLO (INOSINA PRANOBEX): inibisce la replicazione del virus interferendo con la lettura dell‘ mRNA virale a livello dei ribosomi della cellula infettata; aumenta la risposta anticorpale (ha azione immunomodulante con aumento della proliferazione di linfociti T attivati); si usa x le infezioni herpetiche; - IMIQUIMOD è 1 modificatore della risposta immunitaria con 1 attività antivirale non diretta. È usato x via topica x il trattamento dei condilomi acuminati genitali e perianali nei pazienti adulti; - LISOZIMA è 1 enzima dell‘ organismo; come antivirale agisce durante la fase esocellulare del virus attivando i fattori difensivi (attivazione del sistema immunitario) e\o attraverso una interazione con i recettori cellulari di superficie (inibizione dell‘ attività sinciziogena); - NEURAMIDE è un enzima proteolitico che inibisce la replicazione virale; si usa x l‘ Herpes simplex, zoster, cheratiti erpetiche; 260 BOX di Approfondimento: Infezioni da virus varicella-zoster La varicella è una malattia virale molto contagiosa, che colpisce prevalentemente i bambini d‘età compresa tra i 5 ed i 9 anni. L‘agente casuale è il virus varicella-zoster , che viene trasmesso per via respiratoria.L‘infezione colpisce generalmente verso la fine dell‘inverno e l‘inizio della primavera. Il periodo di incubazione è in media di 14-16 giorni.I soggetti colpiti sono contagiosi da 2 giorni prima della comparsa dell‘esantema vescicoloso , durante il formarsi delle vescicole ( 4-5 giorni ) e fino alla formazione della crosta.La varicella si manifesta con la comparsa di un esantema eritematoso-vescicoloso, che provoca prurito , e che insorge a partire dal tronco e dal viso per poi estendersi a tutto il corpo.La malattia si accompagna a febbre per 3-5 giorni.Generalmente la varicella è una malattia benigna. Tuttavia in alcuni casi possono insorgere complicanze.Un‘infezione batterica secondaria delle vescicole , dovuta spesso al grattamento , può causare la formazione di cicatrici deturpanti . Le infezioni batteriche sono in genere causate da Streptococcus pyogenes o da Staphylococcus aureus. Complicanze gravi della varicella sono : encefalite , polmonite varicellosa.La polmonite varicellosa si presenta più frequentemente negli adulti anzichè nei bambini.Altre manifestazioni della varicella sono: sindrome da varicella congenita , varicella perinatale.La sindrome da varicella congenita è rara ; colpisce i nati da madri infettate dal virus della varicella-zoster durante la gravidanza. I bambini possono nascere con ipoplasia degli arti , e presentare lesioni cutanee cicatriziali e microcefalia.La varicella perinatale si presenta nei neonati , la cui madre è stata infettata dal virus della varicella-zoster 5 giorni prima del parto , o nei due giorni successivi. La mortalità della varicella perinatale è elevata , raggiungendo anche il 30%.La varicella si manifesta in modo grave nei bambini che assumono corticosteroidi sistemici per l‘asma, o sono affetti da malattie ematologiche come la leucemia.In circa il 10-20% dei casi , la varicella è seguita dopo diversi anni dall‘herpes zoster.Il virus della varicella , infatti , permane nei gangli delle radici nervose dorsali , ed in età adulta può riattivarsi. I più colpiti sono le persone anziane , soprattutto di 60 anni o più , ed i soggetti immunocompromessi. L‘herpes zoster si manifesta con un‘eruzione di tipo vescicoloso , che interessa i dermatomeri , molto dolorosa.La durata della malattia è in media di circa 7-10 giorni.Circa il 50% delle persone colpite da herpes zoster presenta dolore ( nevralgia posterpetica ) anche mesi dopo la risoluzione delle lesioni cutanee. Lo zoster può provocare lesioni neurologiche irreversibili ( paralisi dei nervi cranici , emiplagia controlaterale ).Se viene ad essere coinvolta la branca oftalmica del nervo trigemino , si manifesta lo zoster oftalmico.La varicella può essere prevenuta mediante la vaccinazione.Prima dell‘introduzione del vaccino , negli Usa venivano registrati , ogni anno , circa 4 milioni di casi di persone infettate , con 10.000 ospedalizzazioni e circa 100 morti.Il vaccino contro la varicella , realizzato a partire dal ceppo denominato Oka del virus varicella-zoster , è un vaccino vivo attenuato.In Italia il vaccino Oka/Merck ( Varivax ) è l‘unico ad avere l‘indicazione ― prevenzione primaria della varicella in soggetti di età superiore ad un anno‖. 261 Virus varicella-zoster , presentazioni atipiche e complicanze inusuali Il virus varicella-zoster è quindi l'agente eziologico della varicella ( infezione primaria ) e dell'herpes zoster ( riattivazione dell'infezione latente ). Di norma la varicella è una malattia benigna dell'infanzia , tuttavia può avere esiti letali nelle persone immunocompetenti o immunodepresse. Una complicanza , la cui frequenza è in costante aumento , è la comparsa di gravi infezioni batteriche dei tessuti molli , causate dagli Streptococchi A. L'herpes zoster può risultare associato a diverse complicanze neurologiche , tra cui la sindrome dell'emiparesi controlaterale ritardata. Le complicanze neurologiche dell'herpes zoster , compresa l'encefalite cronica , hanno una maggiore incidenza nei pazienti affetti da AIDS. La retinite da virus varicella-zoster è una complicanza che può condurre a perdita della vista, e si presenta nei soggetti immunocompromessi o immunocompetenti. L'incidenza della varicella in Italia I Ricercatori dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano hanno calcolato l'incidenza della varicella in Italia su un campione di 33.343 bambini , d'età compresa tra 0 e 14 anni , in osservazione presso 35 pediatri tra il 1° ottobre 1997 ed il 30 settembre 1998. Il numero dei bambini suscettibili alla varicella è stato calcolato attraverso la lifetable. Sono stati identificati 1.749 casi tra i 21.783 bambini suscettibili , con un'incidenza dell'8% ( CI: 7,7-8,4 ). La percentuale standardizzata per l'età rispetto alla popolazione italiana d'età compresa tra 0 e 14 anni è risultata 6,8% ( CI : 6,5-7,2 ). L'incidenza è stata superiore del 16% nei bambini di 3-4 anni d'età e superiore del 4% per i bambini d'età compresa tra 1 e 10 anni. Il confronto tra il metodo adottato dai Ricercatori del CNR ed il metodo usuale ha mostrato che la metodica usuale sottostima l'incidenza annuale ( 5,2% contro 8%) , sposta il picco d'incidenza ai primi anni di vita, e sottostima l'incidenza cumulativa ( a 14 anni ; 49% contro 67% ). 2. ANTI-AIDS (ANTI-HIV) L‘ AIDS è sostenuto (causato) dall‘ virus HIV che è un retrovirus (cioè un virus che retrotrascrive il suo patrimonio genetico all‘ interno della cellula ospite).Appartiene ad una famiglia di retrovirus alla quale fanno parte anche altri virus ,noti che causano delle patologie umane, come il HTLV1 (leucemia a cellule T) e HTLV 2 (leucemia a cellule capellute) , ed altri che sono stati caratterizzati ma sul piano della patologia umana non contano ancora moltissimo fino a che non si trovi una malattia ad essere associata a loro.L‘ infezione da HIV è causata allora da questo virus che entra nella cellula legandosi a un recettore (gd4) e a dei corecettori per le chimochine (altri fattori solubili che partecipano alla fisiopatologia della cellula).Quindi approfitta di 262 strutture già esistenti della cellula per penetrare ,si internalizza ,si libera dal mantello e retrotrascrive il loro patrimonio genetico da RNA a DNA in coppie complementari.E questo DNA può integrarsi nei nostri cromosomi (purtroppo in qualsiasi posizione perché se il suo genoma si integrasse sempre nella stessa posizione sarebbe bastato prendere un retrovirus murino o qualcosa d‘ altro e integrarlo prima di lui,come un vaccino,per inattivarlo).Questo virus però anche se ha delle regioni preferenziali ,si posiziona un po‘ ovunque e una volta che la cellula mette in moto i suoi meccanismi replicativi ,attraverso la sintesi di DNA messaggero si arriva alla produzione di nuove particelle virali.Poi con la fase di completamento si ha la formazione del rivestimento proteico (del nucleocapside),tappa importante perchè è oggetto all‘ azione di farmaci .Ci sono dei farmaci che possono agire in tre momenti particolari e quindi : 1. D‘ ingresso 2. Di retrotrascrizione 3. Di perfezionamento della struttura del virus L’ AIDS si può contrarre attraverso: 1.Trasfusioni (in Italia e nei paesi occidentali ormai è raro) 2.Rapporto sessuale 3.Tossicodipendenza per via venosa soprattutto in Italia,Spagna,sud di Francia 4.Trasmissione madre figlio (25% dei casi ma con l‘ uso di farmaci si può ridurre a meno di 5%.In Africa può arrivare vicino al 50% a causa dell‘ allattamento materno). La saliva in linea teorica può essere perché contiene piccole quantità di virus e inoltre perché vi possono essere delle lesioni nelle gengive del ricevente.Però la percentuale è molto bassa e in letteratura manca un caso sicuramente dimostrato di persona che abbia incontrato l‘ infezione in questo modo. L‘ epidemiologia è una disciplina che non ci spiega il perché,ci dice che cosa è successo,in che misura e ci dà una stima del rischio.In realtà la modalità di trasmissione che ci rende il maggior numero di infezioni al mondo è il rapporto eterossessuale .Questo perché prendendo il pianeta per intero, il grosso problema dei paesi in via di sviluppo (Africa,sud-est Asia) dove l‘ infezione sta aumentando, è legato soprattutto al rapporto eterosessuale (e anche alle trasfusioni di sangue).Invece nei paesi occidentali affiorano il rapporto omosessuale e la tossicodipendenza per via venosa.Nel rapporto etero e omossessuale il rischio è aumentato dalla preesistenza di altre infezioni a trasmissione sessuale , per esempio la presenza di lesioni infiammatorio-flogistiche più o meno croniche a livello dei genitali. DECORSO DELL’ INFEZIONE DALL’ HIV Può esserci una fase iniziale la cosidetta sindrome da sieroconversione in cui l‘ infetto manista una qualchealterazione che può essere: 1. un attacco febbrile di qualche giorno.Si chiama sindrome mononucleosica perché assomiglia alla mononucleosi. 2. Meningite ascettica con quadro clinico tipo meningite ma non si trovano poi nel liquido cefalorachidiano alterazioni suggestive di un‘ infezione in atto. 263 Allora un certo numero di pazienti sviluppa questa manifestazione acuta e poi inizia un periodo clinicamente silente,cioè la persona si sente sostanzialmente bene e per molti anni svolge una vita normale sia in termini di lavoro che in termini di potenziale trasmettitore dell‘ infezione.Il barsaglio principale del virus HIV è rappresentato da questi linfociti a fenotipo CD4+ cosidetti Helper, che hanno una serie di funzioni importantissime e cioè di coordinamento-organizzazione e mantenimento della risposta immunitaria,in particollare dell‘ immunità cellulare ma hanno anche un‘ azione cooperante sull‘ immunità umorale. Quindi il virus entra attraverso il recettore CD4 e colpisce in maggior misura queste cellule e nel tempo si assiste a un calo numerico di questa sottopopolazione,per cui si parte da livelli fisiologici oscillanti fra 600-1000 in una persona normale e si arrivanel tempo a valori prossimi all‘ esaurimento.Infatti non esiste alcuna malattia (salvo il diabete) in cui c‘è un marcatore cosi preciso e cosi informativo sullo stato di salute del soggetto.In funzione alla misurazione del numero di questi linfociti CD4 noi possiamo stabilire il rischio che quel soggetto ha inanzittutto di morire nei prossimi 6 mesi ma anche di andar incontro a quelle manifestazioni che chiamiamo infezioni opportunistiche che tipicamente stanno a rapresentare il quadro clinico dell‘ AIDS e che ci rendono conto della sua perdita di controllo immunitario.Più diminuisce il numero di CD4 più aumenta il numero di manifestazioni di infezioni opportunistiche che il soggetto va incontro. PATOLOGIE OPPORTUNISTICHE Dal 1993 al 1996 ,gli ultimi anni in cui nei paesi occidentali non esisteva ancora una terapia valida,l‘ unica cosa che potevamo fare per gli infetti da HIV era di farli sopravvivere il più a lungo possibile ,prevenendo le infezioni ,curandole tempestivamente usando anche strumenti particolari del ricovero medico come l‘‘ alimentazione parenterale o le trasfusioni quando si sviluppava anemia ecc.Infatti loro sopravvivevano più a lungo rispetto alle aspettative inbase alla loro immunità e diventavano ricettacoli di infezioni estremamente strane, per esempio la polmonite da rodococcus equi (coccobacillo che dà polmonite nel cavallo),la criptosporidiosi (diarrea tipica di alcune specie bovine). Nell‘ infezione da HIV si ha una progressiva discesa dei CD4 in numero assoluto per microlitro o milimetro cubo di sangue, la cui conoscenza ci permette di stimare più o meno quello che sta accandendo o sta per accadere in quel soggetto.Il numero dei CD4 è un segnale istruttivo,per esempio se ho 260-270 CD4 posso escludere tutto una serie di ipotesi estreme caratteristiche appunto dell‘ ultimo stadio.Da qualche anno disponiamo anche di un altro indicatore dell‘ infezione da HIV che è una sorta di quantizzazione delle coppie virali circolanti .Questo ci dà una misura dell‘ attività replicativa del virus, mentre la conta dei CD4 ci dà una indicazione circa lo stato dell‘ immunità del soggetto.Quindi posso avere 600 CD4 ma con 2000000 di coppie virali per ml e questo mi indica che quel soggetto avrà un‘ abbassamento della sua immunità nei prossimi mesi perché la sua infezione è in attiva replicazione.Oggi l‘ uso di farmaci permette addirittura l‘ azzeramento della carica virale o comunque l‘ abbassamento a un valore al di sotto della capacità dell‘individuazione dei sistemi che usiamo,per cui se io ho un soggetto che ha alcune centinaia di migliaia di coppie 264 virali per ml e lo metto in terapia e dopo vado a misurare il valore delle coppie virali e lo trovo al di sotto della soglia di rilavazione posso essere contento perché è segno che la mia terapia sta funzionando.In tempi un po piu lunghi ci sara anche una risalita dei CD4 perché come indicatori sono un po‘ piu lenti a muoversi.Le infezioni opportunistiche maggiori (quadri piu gravi) sono le patologie opportunistiche (perché ci sono anche un certo numero di neoplasie) che sono tipicamente insorgenti in malatti con AIDS.Le manifestazioni piu frequenti e piu gravi sono tipiche delle fasi tardive,cioè questo processo di discesa immunitaria che è misurabile attraverso la conta dei linfociti CD4 per microlitro identifica una fase terminale, all‘ interno della quale si accumulano tutte le possibilità di sviluppo di infezioni opportunistiche.Vi sono alcune infezioni che si presentano già al di sotto dei 50 linfociti CD4 e questo ci identifica un certo numero di classificazione dei pazienti.Per esempio se c‘è un paziente con candidiasi esofagea posso pensare che non necessariamente abbia un‘ immunità quasi a 0.Ma se faccio diagnosi di retinite da CMV so che tale individuo ha un numero di CD4 al di sotto di 50 ed è in una fase molto avanzata.Questo tipo di classificazione è molto utile quando si curano questi pazienti, perché quando in ambulatorio arriva un paziente con HIV con uno stato febbrile io prendo la sua cartella e vado a verificare gli ultimi esami,i farmaci che sta prendendo,i valori di viremia e di CD4 e in poco tempo posso avere un‘ idea di quelle che sono le possibilità circa la dignosi della malattia febbrile.I linfociti. Cio‘ non è sempre vero! La polmonite da pneumocistis carini per esempio si manifesta in soggetti che hanno CD4 al di sotto di 60,però c‘è un 20% di persone che sviluppano questa malattia con valori un po‘ piu alti. MANIFASTAZIONI PRECOCI - Linfoadenopatia :ingrossamento dei linfonodi di solito laterocervicali (piu di uno).Si deve fare una diagnosi differenziale con la mononucleosi o sindrome mononucleosica,una faringite febbrile,un ascesso al dente. L‘ adenopatia come reperto clinico non deve far pensare all‘ HIV subito.Sara l‘ anamnesi clinica che ci darà le indicazioni.Nell‘ infezione dall‘ HIV vi può essere questo problema in forma subacuta clinica che dura alcuni mesi oppure in forma acuta nel quadro della cosiddetta sindrome da sieroconversione. - Dermatite seborroica :pelle che si arrossa, si desquama soprattutto vicino alle ali del naso.(Si può trovare anche per stress,mancanza di sonno,pelle grassa,sindrome neurologica complessa) - Mollusco contagioso :lesioni rilevate con ombelicature(anche in soggetti senza HIV). - Candida (fungo patogeno):a livello urinario e nel cavo orale.In soggetti anziani che hanno fatto uso di ATB e hanno favorito la crescita del fungo a discapito dei batteri usando degli antibatterici.Negli immunodepressi comunque la candida è molto estesa.Può localizzarsi nel cavo orofaringeo e nell‘esofago.Se si trova anche nell‘esofago la vecchia classificazione dei Center for desease di Atlanta del 1993 ci autorizza a formulare la diagnosi dell‘ AIDS. - Esofagite: importante nei bambini (provoca seri problemi alimentari).Clinicamente si manifesta con bruciore retrosternale. 265 - Polmoniti da pneumocistis carini :per come si comporta sembra un protozoo, ma dal punto di vista dell‘ analisi del DNA sembrerebbe un fungo.Il soggetto è in insufficienza respiratoria , cala la perfusione e la ventilazione ,gli spazi sono zaffati di materiale infiammatorio proteico , cisti di pneumocistis carini ,leucociti ecc. , per questo gli scambi sono scarsi. La radiografia autorizza l‘ inizio della terapia con farmaci (cotrimossazolo- BACTRIM), impiego di antiinfiamatori cortisonici, farmaci che riducono l‘ infiammazione e che diminuiscono la permeabilità capillare a quel livello e quindi il passaggio di sostanze che ingombrano gli alveoli. Il paziente avrà comunque febbre ed insufficienza respiratoria. - Neurotoxoplasmosi : massa occupante spazio nel cervello.A seconda della sede abbiamo manifestazioni neurologiche varie come epilessia , emiplegia ecc. E‘ comunque un‘ infezione curabile. - Criptococcus neoformal : è un fungo.Infezione opportunistica in senso stretto negli immunodepressi.Lesione disseminata che può dare in AIDS invasione del SNC.Pazienti con un po di febbre 36,7 , con mal di testa , liquor pieno di funghi che in pochi giorni lo possono portare in decesso se non si instaurasse una terapia antifunghina. - Infezione da virus CMV (citomegalovirus) : virus della famiglia degli Herpes.L‘ infezione è a carico del fundus oculare , importante in AIDS e trapianto d‘ organo. - Retinite :infezione che può portare alla cecità (numero di CD4 al di sotto di 50).Bisogna trattarla con farmaci. - Ulcera duodenale : più spesso ulcera esofagea e colite da CMV. - HSV-1 e HSV-2 :lesioni a grappolo a livello labiale e genitale - Varicella Zoster : (fuoco di Sant‘ Antonio) è un virus che rimane silente nei gangli nervosi e in un momento di immunodepressione ( transitoria o definitiva) si ha la sua riattivazione e distribuzione delle vescicole nell‘ area dermatomerica che corrisponde al ganglio nervoso (ridistribuzione topografica) - Infezioni gastrointestinali :soprattutto nei paesi poveri da :Criptosporidiosi o microsporidiosi. - Gay Baner simdrom :sindrome dell‘ intestino dell‘ omosessuale che preesisteva l‘ AIDS:Giardiasi , Entamebiasi ecc.Nel proseguire del tempo , l‘ HIV determina dei danni di per se ,senza l‘ ausilio di agenti opportunistici ,tipo atrofia cerebrale cioè cervello che perde via via la sua consistenza,aumentano gli spazi ventricolari ,i solchi e si assiste ad un impoverimento strutturale e funzionale.Oppure atrofia intestinale nel tempo e quindi un intestino che assorbe di meno. - . TBC : tubercolosi - Neoplasie : linfoma primario cerebrale (che nasce all‘ interno dell‘ cervello) , linfoma , sarcoma di Kaposi( nasce da gettoni vascolari endoteliali per cui è tanto vascolarizzato. Può essere multiorgano e cioè visibile non solo sulla cute ma anche internamente a livello viscerale,respiratorio). Con la ricrescita dell‘ immunità grazie alla terapia farmacologica talvolta tumori del genere scompaiono automaticamente. Dal 1996 con l‘ inizio della terapia farmacologica con Inibitori delle proteasi si è assistito a un calo della mortalità importante. 266 Farmaci: TERAPIA DELLE INFEZIONI DA HIV-1 (AIDS): I target terapeutici possono essere molti perché ci sono molte fasi dopo che il virus è entrato nella cellula. Livelli di azione dei farmaci anti-HIV: Inibizione della trascrittasi inversa : essendo un enzima non presente nelle cellule umane si pensava potesse essere un target specifico; si è invece visto che in realtà che gli inibitori della trascrittasi inversa sono anche in grado di inibire la DNA-polimerasi cellulare. Tali farmaci hanno struttura nucleosidica e sono Ziduvudina, Zalcitabina, Stavudina … Inibitori della trascrittasi inversa con struttura non-nucleosidica; Inibitori delle proteasi : bloccano la maturazione proteica impedendo così al virione di riassemblarsi; Farmaci in grado di agire agire a livello della penetrazione e del coating del virus sulla superficie cellulare; questa terapia è detta CD4-Based Therapy, in quanto si utilizzano analoghi dei recettori CD4 in grado di legarsi alle gp120, responsabili della penetrazione del virus nella cellula; Farmaci in grado di agire a livello delle proteine regolatorie prodotte dal virus integrato nel genoma cellulare. I farmaci inibitori del legame tra HIV e recettore CD4 possono essere: Recettori CD4 solubili Anticorpi monoclonali anti-gp120 Anticorpi anti-idiotipo I farmaci inibitori della perdita dell‘involucro proteico del virus HIV: Ipericina (un derivato dell‘iperico) Anticorpi anti-gp41, proteina ritenuta indispensabile per la fusione del virus alla cellula e per la perdita dell‘involucro proteico I farmaci inibitori della trascrittasi inversa: Farmaci con struttura nucleosidica: Zidovudina (AZT) Didanosina (ddI) Zalcitabina (ddC) ddA Lamivudina Stavudina Fluorotimidina Azidouridina Farmaci con struttura non-nucleosidica (spesso con struttura simile alle BZ) Foscarnet 267 FARMACI INIBITORI DELLE TRANSCRITTASI INVERSE 1. INIBITORI NUCLEOSIDICI ZIDOVUDINA (AZT) L‘AZT è stato inizialmente usato quale farmaco anti-tumorale, ma poi è stato eliminato dalla terapia perché creava troppi effetti collaterali. Venne quindi rimesso in commercio dopo la comparsa dell‘AIDS e fu inizialmente utilizzato a dosaggi elevati (1-2 g/die), ma poi si è capito che si potevano ridurre gli effetti collaterali senza diminuire l‘efficacia del farmaco anche a dosaggi di 500-600 mg/die).Inizialmente era utilizzato solo per i casi di AIDS conclamato e solo più tardi si iniziò ad usarlo anche per i solo siero positivi; il criterio per determinare i soggetti più idonei alla terapia con AZT era fino a qualche anno fa la concentrazione dei linfociti CD4+ < 500/mm3 , ora invece si utilizza una concentrazione di CD4+ < 200/mm3 oltre alla conta dell‘ RNA-virale. - meccanismo d‘azione dell‘ AZT:Prima di agire viene fosforilato alla forma 5trifosfato; Quindi inibisce direttamente la trascrittasi inversa e inibisce anche la DNA-polimerasi indirettamente agendo da terminatore della catena nascente - meccanismo di resistenza :le mutazioni puntiformi modificano la sua affinità sul recettore - caratteristiche farmacologiche : viene assorbita rapidamente dal tratto gastrointestinale. La concentrazione nel CSF (liquor cefalorachidiano) è del 50% di quella plasmatica.Ha un‘emivita di 1 ora e deve quindi essere somministrata almeno 2 volte al giorno. - Effetti collaterali: L‘AZT ha una tossicità dose-dipendente. Mielotossicità: la maggiore tossicità è l‘anemia, la granulocitopenia che aumenta con la diminuzione del valore dei CD4, con il rischio di infezioni. Cefalea grave Per la valutazione dell‘efficacia in passato venivano presi degli end-points (numero CD4+, livelli ematici di 2 microglobulina, ecc) oggi non più usati perché non molto chiari. Oggi viene usata la PCR per il genoma virale, che è un indice molto più valido. I pazienti che devono essere trattati con l‘ AZT sono: I pazienti con AIDS o ARC, cioè soggetti con immunodeficienze Pazienti asintomatici con indici prognostici sfavorevoli Attualmente i protocolli richiedono che debbano essere trattati pazienti con CD4<300 in siero, anche se non siano presenti sintomi di malattia; 300<CD4<500 se nel siero ci sono segni di replicazione virale e con CD4>500 sempre se le copie di RNA virale sono >30.000; infatti se CD4 è <500 ma le copie di RNA virale sono <10.000 non si tratta perché il numero è di scarsa importanza. L‘efficacia si misura con: diminuzione delle infezioni l‘aumento del peso corporeo ridotto deterioramento dell‘indice Kornofsky diminuzione p24 aumento CD4 miglioramento neurologico e trombocitopenico 268 TOSSICITA‘ depressione del midollo con conseguenti neutropenia ed anemia nausea sintomatologia gastrointestinale mialgie insonnia cefalee Il Paracetamolo ne potenzia l‘attività tossica ematica. Quando contro l‘HIV c‘era solo AZT vennero fatti degli studi, come CONCORDE, per verificarne la reale efficacia; essi stabilirono un concetto fondamentale: la terapia con zidovudine iniziata presto non dava miglioramenti riguardo la durata della vita dei pazienti; veniva quindi somministrata solo alla presenza dei sintomi della malattia. Viene inoltre utilizzato pe ridurre il rischio di trasmissione madrefiglio durante il parto. Si danno 500 mg/die tra la 14° e la 34° settimana di gravidanza più infusione i.v. 1 mg/Kg/h dall‘inizio del travaglio, inoltre viene somministrato al neonato uno sciroppo per 6 settimane.La resistenza insorge dopo almeno 6 mesi e non necessariamente è crociata. Il costo del trattamento è notevole; 15 gg costano £ 300.000, e solo per questo farmaco. DIDANOSINA (ddI) Ha una ridotta mielotossicità, ma una notevole tossicità pancreatica e polineuriti. Somministrabile ogni 12 h Acidolabile (somministrata con alcali) ZALCITABINA (ddC) Tossicità simile al ddI 2. INIBITORI NON NUCLEOSIDICI NEVIRAPINA È 1 buon inibitore, ma da rapida insorgenza di resistenze, anche crociate, ovvero per più sostanze contemporaneamente.A volte successive resistenze possono rendere un ceppo virale sensibile all‘azione d i determinati farmaci antivirali verso i quali prima il ceppo non era sensibile; così anche può accadere che interrompendo per qualche mese la somministrazione di un determinato farmaco un ceppo ormai insensibile ad esso possa tornare ad essere sensibile. Dopo la transcriptasi inversa il DNA virale viene condotto nel nucleo e si inserisce. C‘è una certa latenza che è determinata da geni virali (tat). Possiamo quindi cercare di inibire la proteina tat, codificata dal gene omonimo, che porta alla formazione dei virioni.Ci sono dei farmaci allo studio che funzionano anche su ceppi con resistenza alla ZDV, hanno però una tossicità cutanea. 3. INIBITORI DELL’ HIV PROTEASI Hanno dimostrato di far aumentare la vita dei pazienti malati. Inibiscono la proteasi che spezza le poliproteine codificate da gag e pol, proteine strutturali e funzionali del virus. In commercio si trovano 3 inibitori delle proteasi: 269 NOME NOME COMMERCIALE EFFETTI COLLATERALI INDINAVIR CRIXIVAN RITONAVIR NORVIR SAQUINAVIR INVIRASI Iperbilirubinemia, nefrolitiasi Nausea, diarrea, nefropatia periferica e centrale Disturbi gastrointestinali Sono metabolizzati dai citocromi e quindi interagiscono con altri farmaci: Analgesici Neurolettici Sedativi ipnotici Antistaminici Antidepressivi Farmaci antiinfettivi Hanno quindi interazione col METADONE. BISOGNA FARE QUINDI MOLTA ATTENZIONE ALLE INTERAZIONI. Attualmente le indicazioni per i malati di HIV prevedono l‘utilizzo di un mix di almeno 3 farmaci comprendenti 2 antiproteasi ed 1 anti trascriptasi inversa. CLASSIFICAZIONE: INIB NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA Funzionano sia come inibitori della timidilato chinasi cellulare dopo essere stati mono fosforilati , sia come inibitori del sito catalitico della trasrittasi inversa dell‘ HIV ( dopo essere stati trifosforilati) - ZIDOVUDINA o AZT Per trattare infezioni da HIV con CD4 minore di 500\ml x la prevenzione della trasmissione dalla madre al feto tox: mielosoppressione, disturbi g.i., mal di testa e insonnia, trombocitopenia, epatite acuta - DIDANOSINA (IIa scelta) anche x il trattamento dell‘ epatite di tipo B tox: pancreatite dose-dipendenti, neuropatie periferiche, diarrea, epatotox, ematotox - LAMIVUDINA anche x il trattamento dell‘ epatite di tipo B - ZALCITABINA (IIa scelta) - STAVUDINA (IIa scelta) - ADEFOVIR DIPIVOXIL Adefovir Dipivoxil (Hepsera) si usa anche per il trattamento dell'epatite B cronica negli adulti con evidenza di replicazione virale attiva ed elevati valori di ALT(alanin amino-transferasi)o AST(aspartato aminotransferasi)o malattia istologicamente attiva. Il virus dell'epatite B può causare un'infezione che perdura per tutta la vita , cirrosi epatica, epatocarcinoma, 270 insufficienza epatica ed anche morte. L'Adefovir Dipivoxil rallenta la progressione dell'epatite B cronica , interferendo con la replicazione virale. L'approvazione di Hepsera è avvenuta grazie ai risultati di due studi clinici. Alla 48^ settimana, il 53% dei pazienti che aveva ricevuto Adefovir Dipivoxil in uno studio, ed il 64% dei pazienti nell'altro studio hanno mostrato un significativo miglioramento dello stato infiammatorio epatico causato dal virus dell'epatite B rispetto al 25% e al 35% dei pazienti che invece hanno ricevuto il placebo. Un miglioramento statisticamente significativo della fibrosi epatica è stato osservato nei pazienti che hanno ricevuto l'Adefovir Dipivoxil. Inoltre il farmaco ha dimostrato di essere efficace nei pazienti che non rispondevano al trattamento con Lamivudina. L'Adefovir Dipivoxil è nefrotossico , soprattutto nei pazienti a rischio di disfunzione renale o con malattia renale sottostante. Inoltre , in più del 25% dei pazienti che hanno partecipato agli studi clinici , dopo sospensione del farmaco si è assistito ad un'esacerbazione(acuta)dell'epatite B. Pertanto i pazienti trattati con Adefovir Dipivoxil dovrebbero essere sottoposti a ripetuti controlli per la valutazione della funzionalità epatica. - ABACAVIR: come la didanosina INIB NON NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRITTASI INVERSA Agiscono legandosi sd 1 sito allosterico della trasrittasi inversa A. NEVIRAPINA B. DELAVIRDINA C. EFAVIRENZ INIBITORI DELLE PROTEASI ASPARTICHE Le proteasi sono enzimi che tagliano le sequenze amminoacidiche appena sintetizzate in frammenti + piccoli ( proteine attive) x ultimare la sintesi proteica . Inibendo tali proteasi aspartiche dell‘ HIV la sintesi proteica non si puo‘ completare e l‘HIV non puo‘ riprodursi nell‘ ospite - INDINAVIR tox:iperbilirubinemia, nefrotox, trombocitopenia, nausea, diarrea, irritabilita‘,induttore e inibitore metabolico - RITONAVIR - SAQUINAVIR- NELFINAVIR tox:disturbi g.i,aumento del gusto,ipertrigliceridemia nefrotox,induzione metabolica NUOVI FARMACI ANTI-HIV Sono suddivisi in 6 classi perincipali: - Nuovi analoghi nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa (NRTI) Coviracil (Emtricitabina, FTC, Triangle Pharmaceuticals) dAPD (Triangle Pharmaceuticals) d-d4FC (Emory University) 271 MB-PFA e EB-PFA (analoghi del Foscarnet) Lodenoside (F-ddA; U.S. Bioscience) dOTC (BCH-10652; BioChem Pharma) Tenofovir (Gilead Sciences) - Nuovi inibitori di proteasi Atazanavir (Bristoll-Myers Squibb) Tipranavir (Boehringer Ingelheim) Mozenavir (DMP-450) (Triangle Pharmaceuticals) TMC126 (Tibotec) AG-1776 (Agouron) DMP-681 e DMP-684 - Inibitori della fusione e dell'integrasi T20 e T1249 (Trimeris e Roche) - Nuovi farmaci non nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa(NNRTI) TMC 120 e TMC 125 TMC114 e 126 Capravirina (AG-1549) (Agouron Pharmaceuticals) Coactinon (Emivirina, EMV; Triangle Pharmaceuticals) DPC-083 (DuPont Pharmaceuticals) TMC125 (Tibotec-Virco) PNU-142721 (Pharmacia & Upjohn) GW420867X (GlaxoWellcome) - Nuove formulazioni di farmaci esistenti - Vaccini A causa della complessità di molti schemi di trattamento, delle scarse qualità di farmacocinetica di alcuni agenti, dei profili di tossicità elevati nel breve e nel lungo termine di tutti gli attuali farmaci, e non ultimo della insufficiente aderenza dei pazienti ai vari regimi terapeutici, un fallimento terapeutico- definito come ripresa virologica e/o clinica della malattia, avviene in più del 50% dei pazienti osservati in varie casistiche. La probabilità di successo è ancora minore nei trattamenti di seconda linea. Il fallimento è legato spesso anche alla presenza di resistenze crociate all‘interno di una stessa classe di farmaci e alla difficoltà di costruire un nuovo schema terapeutico efficace con farmaci tollerabili. Gli obbiettivi dello sviluppo di nuovi farmaci antiretrovirali includono l‘individuazione di molecole con un migliore livello di tollerabilità e sicurezza,migliori proprietà farmacocinetiche, che non abbiano cross-resistenza all‘interno della stessa classe, infine farmaci che abbiano meccanismi di azione interamente nuovi. Attualmente numerose sono le molecole in fase di studio di cui 272 alcune potrebbero essere già disponibili sul mercato dal prossimo anno. Alcune sembrano offrire vantaggi veramente unici rispetto ai farmaci esistenti sia per la terapia di prima linea sia per le successive. Nella rassegna che segue sono elencati alcuni dei nuovi farmaci con le loro caratteristiche e le evidenze scientifiche già pubblicate riguardanti il loro impiego. C‘è da sperare che con queste nuove molecole possano venire vantaggi significativi sia per i pazienti che iniziano una terapia sia per i fallimenti terapeutici. - Nuovi analoghi nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa (NRTI): Coviracil (Emtricitabina, FTC, Triangle Pharmaceuticals): E' un nuovo NRTI con analogie con la lamivudina e come questo, attivo sia contro HIV 1 che contro HBV. Ha una potente attività antiretrovirale in vivo, e il profilo farmacocinetico consente la monosomministrazione, che ne facilita l'utilizzo in regime HAART. Uno studio di confronto con la lamivudina, in associazione con stavudina e un NNRTI, su 468 soggetti naive, ha mostrato tossicità come anche attività comparabili alla lamivudina stessa. In uno studio pilota in associazione con didanosina ed efavirenz ha dato risultati notevoli in termini di efficacia. Per questo farmaco manca ancora un profilo di tossicità nel lungo termine. Inoltre, la mutazione M184V, comunemente osservata nei pazienti con fallimento di un regime contenente lamivudina, conferisce cross-resistenza e quindi sembra poco promettente per il trattamento di pazienti experienced. Farmaco strutturalmente simile alla Lamivudina, ma con una attività in vitro contro l'HIV di circa 4-10 volte maggiore. Ha una buona biodisponibilità dopo somministrazione orale ed ha una lunga emivita, per cui può essere somministrato in monodose. I primi studi hanno dimostrato una buona tollerabilità; gli effetti collaterali più comunemente osservati sono stati cefalea e disturbi gastrointestinali (nausea, vomito e diarrea). Come per la Lamivudina, la resistenza è provocata dalla mutazione M184V, per cui non è attivo verso ceppi già resistenti al 3TC. In uno studio francese (lo Studio "Montana") presentato al 40° ICAAC (settembre 2000), un regime terapeutico interamente monodose con Videx, Sustiva e Coviracil ha ottenuto un successo virologico nel 93% dei pazienti dopo 24 settimane Il farmaco ha dimostrato attività anche nei confronti dell'HBV. dAPD (Triangle Pharmaceuticals): Questa molecola viene rapidamente assorbita e quindi metabolizzata in vivo a formare D-dioxolan-guanina (DXG), un analogo della guanina dotato di una potente Attività contro l'HIV. Studi di tossicologia negli animali da esperimento non hanno evidenziato particolari tossicità. Il farmaco richiede una o due somministrazioni al giorno, avendo una emivita di circa 7 ore. Di particolare interesse è il fatto che in vitro ceppi virali con mutazioni multiple, ottenuti da pazienti che avevano fallito regimi terapeutici con altri RTI (in particolare AZT e 3TC), rimanevano sensibili al DXG, indicando quindi uno spettro di resistenze diverso rispetto a quello degli altri farmaci; inoltre, la presenza delle mutazioni M184V e K103N (spesso osservate in 273 pazienti trattati con RTI e con NNRTI), sembrerebbe addirittura incrementare la potenza antivirale del dAPD. Resistenza al farmaco sarebbe invece indotta dalle mutazioni 65R e 74V (che inducono resistenza anche al ddI) e 151M (che induce resistenza a tutta la classe). Il farmaco sembra avere una buona attività anche nei confronti del virus dell'epatite B. Sono attualmente in corso studi di fase II. d-d4FC (Emory University): Fasi di studio preliminari. Farmaco simile alla Lamivudina, ma con minore attività antiretrovirale verso il virus wild type, sembra avere attività verso ceppi resistenti ad AZT/3TC. MB-PFA e EB-PFA (analoghi del Foscarnet): Farmaci derivati dal Foscarnet, antivirale attualmente impiegato nella terapia dell'infezione da Citomegalovirus. Studi preliminari mostrano una attività anti-HIV anche verso ceppi con mutazioni ad altri analoghi nucleosidici e non nucleosidici, quali 184V, 74V, 151M, e 103N. Sembra inoltre esserci un effetto sinergico con l'AZT. Lodenoside (F-ddA; U.S. Bioscience): E' un analogo della adenosina (simile al ddI), caratterizzato da una lunga emivita intracellulare che ne consente la monosomministrazione, e dal fatto di essere sensibile verso molti ceppi resistenti alla Didanosina ed altri RTI.Tuttavia, nell'ottobre '99 la ditta che sviluppa il farmaco ha annunciato che tutti i test clinici sono stati sospesi, in seguito alla morte di un paziente ed al riscontro di "possibili segni di danni al fegato ed ai reni" in vari altri pazienti. La compagnia ha affermato che non è stato stabilito nessun chiaro legame fra la morte riportata e l'F-ddA, ma che ulteriori indagini sono in corso. dOTC (BCH-10652; BioChem Pharma): E' un derivato della tiacitidina, strutturalmente simile alla Lamivudina, sensibile in circa il 50% dei casi di ceppi resistenti al 3TC e all'AZT. Ha una biodisponibilità dell'80% dopo somministrazione orale, e l'assorbimento non è influenzato dal cibo; l'emivita è di 14 ore; possiede una buona penetrazione nel liquor. Al 39° ICAAC (settembre '99) è stato presentato uno studio di fase II, nel quale il dOTC è stato utilizzato in monoterapia a dosaggi differenti, una o due volte al giorno. E' risultato ben tollerato, con cefalea, sonnolenza e febbricola di lieve entità; in un caso si è osservato un marcato incremento delle CPK, poi normalizzatosi spontaneamente. Il suo sviluppo è attualmente sospeso in attesa di più approfonditi accertamenti sulla sua sicurezza. Tenofovir (Gilead Sciences) Tenofovir (in sigla PMPA) è un analogo nucleotidico aciclico inibitore della transcriptasi inversa con attività dimostrata in vitro contro HIV 1 e HIV2. Contiene un gruppo fosfato che consente una efficiente fosforilazione nella sua forma attiva 274 (tenofovir di fosfato) da parte della kinasi delle cellule T linfocitarie (a riposo ed attivate) dei macrofagi e dei monociti. Dato che la molecola non ha biodisponibilità per os, si è sviluppato un profarmaco (tenofovir DF=disoproxil fumarato) che, una volta assorbito, viene rapidamente convertito a tenofovir. Viene somministrato alla dose di una compressa al giorno (300mg). Il farmaco è stato valutato in pazienti naive ed experienced e in varie combinazioni con tutti gli antiretrovirali attualmente disponibili in commercio. I primi studi hanno identificato in 300 mg in unica somministrazione la dose ottimale. A tale dosaggio il farmaco ha dimostrato attività statisticamente significativa e durevole in due studi controllati vs placebo (studio 902 e 907), attività misurata come decremento nel tempo dei livelli plasmatici di HIVRNA di 10 log, e, nello studio 907, come maggiore proporzione di pazienti che hanno raggiunto livelli di HIV-RNA sotto i limiti quantificabili rispetto al placebo. Il farmaco ha un profilo di resistenza favorevole, essendo attivo sia su ceppi virali wild type sia su molti ceppi farmaco-resistenti. In particolare, studi sperimentali hanno evidenziato attività su ceppi che esprimono resistenza alla zidovudina (D67N+K70R+T215Y) resistenza alla lamivudina (M184V) alla didanosina (L74V) zalcitabina (T69D) ed a multipli agenti nucleosidici (Q151M). Una attivita' ridotta è stata invece riscontrata con la mutazione K65R RT e T69S, ma si tratta di mutazioni di raro riscontro in vivo. Studi clinici hanno dimostrato che tenofovir è dotato di attività nei confronti di ceppi di HIV resistenti e non resistenti ad analoghi nucleosidici, e resistenti a inibitori di proteasi, hanno evidenziato inoltre una bassa incidenza di resistenze genotipiche (3%) o fenotipiche al tenofovir dopo 48 settimane di trattamento. Di conseguenza, il tenofovir appare efficace in pazienti in progressione di malattia sia immunologica che virologica anche se estesamente pretrattati. Non sembra vi siano differenze dell'efficacia legate a sesso, razza, età, valori di HIV-RNA e valori di CD4 al baseline . La somministrazione con il cibo aumenta la biodisponibilità del farmaco. Da sottolineare i vantaggi della monosomministrazione - resa possibile da una lunga emivita, alternativa a gran parte delle terapie antiretrovirali attuali che presentano un numero elevato di compresse o di restrizioni per l'assunzione. Non si sono rilevate interazioni clinicamente significative con altri farmaci. Il trattamento è generalmente ben tollerato, tant'è che il numero di eventi avversi, di alterazioni di laboratorio e di abbandoni della terapia negli studi sono stati sovrapponibili a quelli del placebo, solo con una incidenza lievemente maggiore di sintomatologia gastroenterica di modesta o media entità. Gli studi in vitro per valutare il legame del tenofovir con la DNA polimerasi gamma, il rapporto tra DNA mitocondriale e cellulare e la produzione di acido lattico hanno dimostrato un potenziale basso in rapporto al possibile sviluppo di tossicità mitocondriale. Vi è grande necessità, per il trattamento dell'HIV nel lungo periodo, di avere nuovi farmaci che possano essere assunti con facilità e siano in grado di mantenere nel tempo la loro attività selezionando resistenze il meno possibile, mantenendo una durevole soppressione virale e preservando future opzioni terapeutiche. Il tenofovir viene proposto con questi scopi, per il trattamento sia di pazienti naive che experienced. Il farmaco è attualmente disponibile con modalità di expanded-access. 275 - Nuovi inibitori di proteasi Finora sono entrati in commercio sei inibitori di proteasi, inoltre quelli esistenti sono sempre più frequentemente somministrati in associazione con ritonavir a bassa dose per aumentare la loro potenza e semplificarne il dosaggio, strategia riflessa dalla formula di associazione, di recente commercializzazione, di lopinavir-ritonavir. Le elevate concentrazioni plasmatiche raggiunte con i regimi potenziati da ritonavir in alcuni casi sono in grado di avere la meglio su bassi livelli di resistenza virale, dando la possibilità di prolungare nel tempo l'efficacia degli agenti attualmente disponibili in pazienti con un fallimento terapeutico in fase iniziale. Peraltro la resistenza crociata ai P.I., ivi inclusi i regimi potenziati da ritonavir, e la resistenza di alto grado sono un problema emergente, inoltre l'intera classe di farmaci è messa alle strette da quesiti concernenti la tollerabiltà, i costi, la tossicità a lungo termine in particolare metabolica. Lo sviluppo di nuovi I.P. con attività nei confronti dei ceppi resistenti e con più accettabili profili di tossicità resta una importante priorità. La BoehringerIngelheim sta sviluppando il tipranavir, il primo I.P. non peptidomimetico. Questo agente è molto attivo in vitro contro i ceppi virali resistenti agli attuali I.P. Lo sviluppo di questo farmaco è stato ritardato da difficoltà nel trovare una formulazione che offra buona biodisponibilità unita a un numero accettabile di compresse. Sono in corso studi su pazienti IP experienced per vedere se la molecola mantiene sul piano clinico quanto promette in vitro. Atazanavir (BMS-232632) è il nuovo inibitore della BMS. La sua farmacocinetica permette la monodose giornaliera senza necessità di associarlo a Ritonavir. Il farmaco è attivo in vitro verso ceppi virali resistenti agli attualki I.P. , anche se tale dato deve essere ancora confermato in vivo. Uno studio in fase II con un discreto numero di pazienti (322) ha dimostrato per il farmaco una efficacia superiore al Nelfinavir nel trattamento dei soggetti naive in associazione con stavudina e didanosina (non con un grosso divario tra i 2 farmaci). Va segnalato che, al dosaggio consigliato (400 mg die in monosomministrazione giornaliera) vi è stato un aumento della bilirubina indiretta superiore a due volte e mezzo i valori normali nel 28% dei casi, quindi un subittero clinicamente manifesto. Particolarmente interessante è il fatto che la molecola non sembra indurre le anomalie dell'assetto lipidico associate agli altri I.P. Atazanavir (Bristoll-Myers Squibb) Descrizione : Si tratta di un azapeptide, molecola diversa rispetto agli IP attualmente esistenti. Per tale motivo il profilo di resistenze in vitro appare essere differente, e quindi il farmaco risulta attivo anche verso ceppi resistenti agli altri IP. E' molto potente, con un grado di attività simile a quello del Lopinavir/r, e negli studi di fase I è apparso ben tollerato; negli animali non sono stati osservati effetti genotossici o teratogeni. Posologia e farmacocinetica: Le compresse sono da 200 mg. L'emivita è di 36-48 ore e la biodisponibilità è del 57-80% dopo pasto leggero. Può essere quindi somministrato in monodose quotidiana. Effetti collaterali : Anche gli studi di fase II hanno confermato l'ottima tollerabilità dell'Atazanavir: l'effetto avverso principale è stato il riscontro di iperbilirubinemia indiretta, osservato nei primi due mesi di 276 terapia. Tale effetto, simile a quello osservato in corso di terapia con Indinavir, è secondario ad una interferenza con il meccanismo di coniugazione epatica, ma tende a scomparire dopo un primo periodo di adattamento. Studi clinici : E' stato disegnato uno studio di fase II (AI 424-007), per stabilire la dose ottimale (200 - 400 - 500 mg/die) e per confrontarne l'efficacia verso il Nelfinavir; entrambi i farmaci sono stati somministrati in associazione con Stavudina e Didanosina. Alla 8^ CROI (Chicagi, 01/01) sono stati presentati i risultati alla 48a settimana sui 322 pazienti arruolati, dove si evidenzia rispetto al NFV un pari effetto riguardo le percentuali di negativizzazione della carica virale e l'incremento dei CD4+. Inoltre non sono stati osservati incrementi significativi dei valori di trigliceridi e colesterolo, ed è risultata minore l'incidenza di diarrea (17% contro 51%). Uno studio analogo (AI 424-008) è stato presentato alla 8th European Conference onClinical Aspects and Treatment of HIV Infection (Atene, 10/01), condotto su 467pazienti naive: a 2 gruppi di pazienti sono stati somministrati 400 e 600 mg di Atazanavir una sola volta al giorno, e ad un terzo gruppo 1250 mg di Nelfinavir due volte al giorno, tutti associati a d4T e 3TC. I risultati dopo 48 settimane anche in questo caso hanno confermato una pari efficacia della terapia con Atazanavir (HIV-RNA < 400 copie rispettivamente nel 64, 67 e 53% dei pazienti),ma soprattutto una significativa riduzione delle alterazioni dei valori di colesterolo e trigliceridi: incremento del colesterolo nel 5, 6 e 25% dei pazienti; incremento dei trigliceridi nel 7, 8 e 50% dei pazienti. Nel 52% dei pazienti trattati con Atazanavir si è osservata iperbilirubinemia asintomatica di grado 3Resistenze : Il farmaco sembra avere un profilo di resistenze del tutto unico: la resistenza sarebbe infatti associata alla mutazione 88S, che non è comune agli altri IP. Risulta attivo nell'89% dei ceppi resistenti da 1 a 3 degli IP attuali, e nel 60% dei ceppi resistenti a tutti gli IP attuali. Tipranavir (Boehringer Ingelheim) Descrizione : Questo farmaco, inizialmente sviluppato dalla Pharmacia & Upjohn, nel gennaio 2000 è stato acquistato dalla Boehringer Ingelheim, che pertanto ne curerà le successive fasi di sviluppo. E' il primo di una nuova classe di inibitori delle Proteasi non- peptidici (tutti gli attuali IP sono peptidici). Posologia e farmacocinetica :Il Tipranavir nei primi studi clinici è apparso ben tollerato; il principale effetto collaterale è stato rappresentato da disturbi gastrointestinali, principalmente da diarrea. Ciò era dovuto essenzialmente alle scarse caratteristiche farmacocinetiche della prima formulazione del farmaco, per cui era necessario un elevato numero di compresse: cp. da 150 mg da assumere alla dose di 1.500 mg 3 volte al giorno (30 compresse in tutto!).Grazie ad ulteriori sviluppi è stato possibile ottenere una nuova formulazione del Tipranavir, con compresse denominate SEDDS (Self Emulsifying Drug Delivery System), da 250-300 mg. In questo modo la somministrazione viene ridotta a due sole volte al giorno, con varie dosi in fase di sperimentazione. E' in corso di studio anche l'associazione con dosi booster di 100 mg di Ritonavir, al fine di migliorare ulteriormente le caratteristiche farmacocinetiche del farmaco; 277 sembra infatti che questa combinazione sia in grado di aumentare di 7-40 volte le concentrazioni del Tipranavir. Effetti collaterali: Nei primi studi il farmaco è risultato ben tollerato, con comparsa di effetti collaterali gastrointestinali di lieve entità: diarrea (46%), nausea (27%) e vomito (17%). Interazioni: Il Tipranavir è un induttore del citocromo p450: riduce pertanto la concentrazione di tutti gli IP, con l'eccezione del Ritonavir. Riduce inoltre del 35% la Nevirapina e del 50% l'Efavirenz. Questi effetti però non vengono osservati quandoviene associato anche il Ritonavir. Studi clinici : Alla recente 1st IAS Conference (Buenos Aires, Luglio 2001) è stato presentato uno studio di fase II, nel quale il Tipranavir/ ritonavir è stato somministrato in associazione ad Efavirenz e ad un nuovo RTI a pazienti naive per gli NNRTI e che avevano fallito regimi con due o più inibitori della proteasi. I risultati a 24 settimane hanno confermato la buona efficacia di questa combinazione, con il 77,8% dei pazienti che avevano HIV-RNA < 400 ed il 61,1% < 50 copie. L'incremento dei CD4 mediamente era > 100. Resistenze : Il Tipranavir, verosimilmente per la sua diversa struttura molecolare, sembra essere attivo anche contro ceppi di HIV altamente resistenti agli IP attualmente presenti in commercio. In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista AIDS (AIDS 2000; 14:1943-48), 90/105 (90%) isolati virali altamente resistenti a Indinavir, Ritonavir, Nelfinavir o Saquinavir, rimanevano completamente sensibili al Tipranavir. Inoltre, la presenza delle mutazioni 48 e 90, associate a resistenza al Saquinavir, aumentano di 2,5 volte la sensibilità al Tipranavir (NB: questi studi sono stati effettuati in vitro). Mozenavir (DMP-450) (Triangle Pharmaceuticals): Nuovo inibitore della proteasi attualmente in fase di studio I/II. Si tratta di un inibitore della proteasi non peptidico che appartiene ad una nuova classe chimica, denominata "ureasi ciclica", caratterizzata da un minor costo di produzione rispetto agli IP attuali. E' stato recentemente completato uno studio di fase I/II condotto su pazienti naive con tre diverse dosi di Mozenavir (750x3, 1250x2, 1250x3) confrontate con Indinavir mg 800x3, sempre in associazione con Stavudina e Lamivudina. Dopo 48 settimane i risultati virologici sono risultati paragonabili in tutti i gruppi, e non si sono manifestati effetti collaterali gravi. E' stato osservato un aumento di casi di reazioni allergiche in funzione dell'aumento di dose del Mozenavir, suggerendo quindi un effetto dose-dipendente. TMC126 (Tibotec): Alla recente 8th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections sono stati presentati i risultati i dati preclinici del TMC126, un inibitore della proteasi di nuova generazione, attivo sia verso il virus wild-type che verso ceppi caratterizzati da elevata resistenza agli IP attuali. Il TMC126 è considerato il "prototipo" di una nuova famiglia di inibitori della proteasi; la resistenza a questa molecola sembrerebbe infatti insorgere più lentamente, e con caratteristiche genotipiche diverse rispetto a quelle degli IP attuali. 278 AG-1776 (Agouron): Inibitore delle Proteasi definito di "seconda generazione", che ha mostrato in vitro di conservare efficacia su ceppi virali resistenti agli altri IP. Questi dati preliminari devono tuttavia essere confermati da successive sperimentazioni in vivo, anche se sembrano comunque essere molto promettenti.Ha una azione sinergica con Indinavir, Ritonavir e Nelfinavir. Sono in corso studi di fase I/II. DMP-681 e DMP-684: Inibitori della proteasi di seconda generazione. Hanno mostrato di conservare l'attività antivirale in ceppi virali con la mutazione D30N, e di avere una riduzione di attività di solo 3-5 volte verso ceppi con più di 3 mutazioni.Sono in corso studi di fase I. - Inibitori della fusione e dell'integrasi L'ingresso di HIV nelle cellule comporta numerosi passaggi in cui si assiste alla cooperazione di vari fattori: T20 e T1249 (Trimeris e Roche) si legano alla gp41 di HIV, sono i primi agenti retrovirali inibitori della fusione che raggiungono uno sviluppo clinico. Per tali agenti è del tutto improbabile vi sia resistenza crociata con le altre classi di antiretrovirali esistenti,e aventi come target uno o al massimo due enzimi di HIV; inoltre ci si aspetta che farmaci aventi un meccanismo di azione totalmente differente agli attuali abbiano anche una tossi cità diversa e possibilmente minore. Possono inoltre dare qualche speranza di individuazione di nuovi regimi terapeutici efficaci in pazienti experienced in fallimento terapeutico. T 20 è un polipeptide di 36 amminoacidi che inibisce a dosi bassissime la replicazione di HIV in vitro. In vivo, la somministrazione è per via sottocutanea (due somministrazioni al giorno) .E' stata dimostrata l'efficacia (in termini di riduzione di carica virale) in monoterapia, e in associazione con abacavir, amprenavir, ritonavir a bassa dose ed efavirenz in pazienti PI-experienced ed è in corso uno studio sui bambini. L'evento avverso più frequente è l'irritazione in sede locale ,che raramente richiede la sospension del farmaco per la formazione di noduli o ascessi. Sono in corso studi in fase III con una nuova formulazione che riduca il numero di somministrazioni. T1249 è anch'esso un polipeptide con azione sui ceppi virali T20resistenti, anch'esso con somministrazione sottocutanea in monodose giornaliera, ma ne deve ancora essere ottimizzato il dosaggio. In conclusione, è certo che T20 sia efficace nei pazienti experienced, e può rappresentare una importante nuova opzione nelle terapie di salvataggio. Come per tutti i farmaci antiretrovirali, se usato in monoterapia compaiono molto presto delle resistenze, va usato quindi in un regime di associazione. E' interessante notare inoltre che per questa classe di farmaci, quantomeno in vitro, si è evidenziata un marcato sinergismo. 279 L'HIV integrasi rappresenta un target molto interessante per lo sviluppo di nuovi farmaci antiretrovirali: infatti interviene a ben tre livelli del ciclo vitale del virus. I dichetoacidi sono delle molecole studiate dai ricercatori della Merck che in vitro presentano una attività in tutti e tre gli steps dell'enzima ma in vivo solo di blocco del processo di integrazione. Nuovi farmaci antiretrovirali con attività nei confronti di ceppi di HIV farmacoresistenti - Nuovi farmaci antiretrovirali non nucleosidici inibitori della transcriptasi inversa(NNRTI) La farmacoresistenza è la causa più frequente di fallimento terapeutico, inoltre ci sono evidenze che dimostrano una maggiore trasmissibilità per i virus resistenti. Le resistenze sono provocate da mutazioni nel genoma di HIV che codificano cambiamenti strutturali degli enzimi target che possono compromettere il legame o l'efficacia del farmaco inibitore. Si è pensato perciò di cercare nuovi farmaci che interagissero con gli enzimi mutanti in modo da potere essere attivi nei confronti dei ceppi di HIV resistenti. TMC 120 e TMC 125 nuovi NNRTI, hanno attività sia in vitro che in studi clinici (fase 2) contro ceppi con le classiche mutazioni che conferiscono resistenza agli NNRTI. Studi in vitro sembrano dimostrare inoltre un ritardo nello sviluppo delle resistenze stesse, coinvolgendo diverse mutazioni., in confronto alla prima classe di NNRTI. Questi farmaci si sono dimostrati attivi anche in pazienti naive. TMC114 e 126 due inibitori di proteasi, vengono proposti come farmaci "anti-resistenze"capaci di prevenire o ritardare lo sviluppo di resistenze agli inibitori di proteasi.Altri inibitori della proteasi e analoghi nucleosidici sono in fase iniziale di studio con questa strategia. Capravirina (AG-1549) (Agouron Pharmaceuticals): Studi in vitro hanno evidenziato una elevata efficacia antivirale di questo farmaco nei confronti di ceppi virali contenenti singole mutazioni (quali K103N, V106A, Y188C, L100I e P236L) in grado di conferire resistenza agli NNRTI attualmente disponibili. La mutazione Y181C, oppure più mutazioni associate (K103N e L100I, oppure V106A e F227L), hanno invece mostrato di ridurre la sensibilità all'AG-1549. La biodisponibilità dopo somministrazione orale è aumentata dalla assunzione con il cibo, e l'emivita è di circa 1,5-2 ore dopo una dose di 700 mg due volte al giorno. La Capravirina viene metabolizzata dal citocromo P450, e la sua concentrazione aumenta di circa 2 volte quando è associata a Nelfinavir o Indinavir, senza che comunque vi sia un significativo effetto farmacologico.Nel Settembre 2000 è iniziato uno studio multicentrico di fase II/III che potrà aruolare circa 630 pazienti. 280 NB: Nel Gennaio 2001 la FDA ha bloccato l'utilizzo della Capravirina in qualsiasi trial clinico, in seguito al riscontro di casi di vasculite con esito fatale negli animali. Per tale motivo sono temporaneamente bloccate tutte le sperimentazioni in corso sull'uomo. Coactinon (Emivirina, EMV; Triangle Pharmaceuticals): L'EMV è un analogo nucleosidico che agisce come un NNRTI, bloccando in modo non competitivo il sito catalitico della transcriptasi inversa. L'emivita di 8-10 ore ne consente una somministrazione due volte al giorno. Gli studi preliminari di farmacocinetica hanno dimostrato una buona biodisponibilità dopo somministrazione orale ed un'ottima penetrazione nel sistema nervoso centrale. E' stato presentato all'ICAAC '99 uno studio di fase II, nel quale l'Emivirina. Ha dimostrato una buona efficacia antivirale in associazione con ddI e d4T in pazienti con limitate esperienze terapeutiche precedenti. E' stato somministrato alle dose di 500 o 750 mg 2 volte al giorno; non sono stati osservati effetti collaterali gravi, mentre sono stati segnalati nausea, cefalea e diarrea, solitamente di lieve entità e di durata transitoria (tali effetti potrebbero anche essere imputati al ddI). Nel 23% dei pazienti si è manifestato un rash, ma nella maggior parte dei casi i pazienti hanno potuto ugualmente proseguire la terapia. In circa il 62% dei casi trattati in uno studio preliminare è emersa la mutazione K103N, che conferisce cross-resistenza agli altri farmaci di questa classe. Altre mutazioni che conferiscono resistenza all'Emivirina sono la 108I, 181Y, 190A e 138K. In uno studio di fase II su pazienti naive, dopo 48 settimane di triplice terapia con 2 RTI DPC-083 (DuPont Pharmaceuticals) Un altro farmaco studiato per questo tipo di strategia è il DPC 083 (DuPont), un NNRTI con attività sovrapponibile ad efavirenz ma attivo anche su ceppi con mutazione K103N (che conferisce cross resistenza contro tutta la attuale classe di NNRTI), L100I e altre varie mutazioni. Quindi è un farmaco NNRTI per i fallimenti con resistenza agli NNRTI. Il farmaco è attualmente in fase II e si pensa possa entrare in fase III allo scadere dei 2001. E' due o tre volte più potente di efavirenz ed ha una emivita lunghissima (90 ore). Si tratta di un Quinazolinone, un NNRTI di "seconda generazione" derivato dall'Efavirenz. Ha una buona niodisponibilità dopo somministrazione orale, ed una farmacocinetica che ne permette la monosomministrazione quotidiana. Studi preliminari in vitro hanno mostrato efficacia nei confronti di ceppi virali resistenti agli altri NNRTI. In particolare ceppi con la mutazione K103N erano 3-8 volte più sensibili rispetto all'Efavirenz. Rimane però resistenza in caso di presenza contemporanea delle mutazioni 103N e 100I. Studi in vivo saranno comunque necessari per confermare queste prime valutazioni; sono infatti in corso studi di fase I/II, anche per valutare i problemi correlati agli effetti collaterali ed alle interazioni con altri farmaci. 281 TMC125 (Tibotec-Virco): Nuovo NNRTI di seconda generazione, che da studi preliminari di fase II risulta essere attivo sia verso il virus wild-type, sia verso ceppi che presentano le mutazioni L100I, K103N, Y181C, Y188L o G190A/S, che provocano resistenza agli NNRTI attuali. Alla recente 41th ICAAC (Dicembre 2001) sono stati presentati i risultati di uno studio di fase IIa, randomizzato (farmaco vs placebo), condotto per 7 giorni su 19 pazienti naive. Alla fine dello studio il 67% dei pazienti che assumevano il TMC125 avevano una carica virale < 400 copie, contro nessuno del gruppo che assumeva placebo. Non sono stati segnalati eventi avversi di rilievo; è stata osservata sonnolenza in 4 su 12 pazienti che assumevano TMC125. Saranno ora pianificati ulteriori studi di fase II e III per verificare l'efficacia e la tollerabilità di questa nuova molecola. PNU-142721 (Pharmacia & Upjohn): E' in fase precoce di studio (fase I) un nuovo NNRTI, il quale sembra avere un profilo di resistenza diverso rispetto ai farmaci attualmente presenti in questa classe. Ha una lunga emivita per cui può essere somministrato in monodose; dovrebbe attraversare la barriera ematoencefalica. GW420867X (GlaxoWellcome): Lo sviluppo di questo farmaco è stato interrotto dalla GlaxoWellcome nel febbraio 2000 a causa della presenza di importanti problemi correlati alle interazioni con altri farmaci, dato che questo NNRTI si è rivelato un fortissimo induttore del citocromo P450. - Nuove formulazioni di farmaci esistenti Un approccio per rendere più facilmente disponibili i farmaci antiretrovirali è l‘individuazione di formulazioni di farmaci già esistenti che offrano particolari vantaggi: esempi in questo senso sono dati da formule di associazione (zidovudina/lamivudina, zidovudina/lamivudina/abacavir, didanosina gastroprotetta.) Tra le nuove formulazioni in corso di studio abbiamo: questa nuova formulazione, denominata GW 908,frutto delle ricerche volte a migliorare soprattutto l'assorbimento gastroenterico di APV, ha superato la fase I e II.Sono in corso studi volti a valutare l'opportunità dell'enhancement con RTV, la monosomministrazione, comparazioni versus NFV in pazienti naive e vs. lopinavir in pazienti pretrattati oltre a una valutazione prospettica dei parametri metabolici e della lipodistrofia. - Vaccini Ci limitiamo però ad alcune brevi considerazioni, tratte in gran parte dall'intervento del rappresentante del WHO al congresso europeo di terapia HIV di Atene , che ci sono sembrate un significativo complemento al nostro lavoro.Premesso che solo un vaccino preventivo sicuro ed efficace offre la migliore speranza a lungo termine di controllare la pandemia HIV/AIDS, il suo sviluppo ha incontrato una serie di 282 imprevedibili difficoltà, comprendendo la variabiità genetica e antigenica di HIV, la mancanza di informazione sulle caratteristiche immunologiche della protezione, il dubbio valore predittivo dei modelli animali. La prima fase I di un vaccino per l'HIV si è conclusa nel 1987. Da allora, più di trenta candidati vaccini sono stati testati in più di 60 trials di fase I/II, coinvolgendo circa 10.000 volontari sani. La prima generazione di vaccini è basata su antigeni dell'envelope, con lo scopo di indurre anticorpi neutralizzanti. I vaccini di nuova concezione si sono invece sviluppati con l'obiettivo di indurre immunità cellulo-mediata nei confronti di proteine strutturali o regolatrici. La maggior parte dei trials sono stati condotti in Europa e Stati Uniti, ma diversi sono stati portati avanti anche nei paesi in via di sviluppo. La prima fase III di un trial, mirata a stabilire l'efficacia dei vaccini HIV di prima generazione (gp 120), è iniziata nel 1998 negli Stati Uniti e nel 1999 in Thailandia. I risultati di questo trial saranno disponibili nei prossimi due anni. Al fine di accelerare i tempi di sviluppo di un vaccino anti-HIV, deve esserci un lavoro parallelo tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, e ciò richiede una intensa collaborazione e cooperazione internazionale. Devono esserci linee guida chiare sulle premesse etiche di questi studi. Sembra inoltre importante cominciare a pianificare come usare i futuri vaccini, per assicurarsi che essi possano realmente contribuire agli sforzi per prevenire l'infezione da HIV. Uno studio clinico sull'uomo ha preso avvio per valutare l'efficacia di un nuovo vaccino contro i 3 principali sottotipi dell'HIV. Il vaccino è stato sviluppato presso il Dale ad Betty Bumpers Vaccine Research Center ( VRC ) , che fa parte del National Institute of Allergy and Infections Diseases ( NIAID ). Il vaccino contiene il materiale genetico dei principali sottotipi ( A, B, C ) del virus dell' immunodeficienza acquisita ( HIV ) , che sono causa di circa il 90% delle infezioni da HIV nel mondo. Il vaccino a DNA realizzato, incorpora parte dei 4 geni dell'HIV. Tre componenti sono versioni modificate dei geni gag , pol , nef del sottotipo B ( predominante in Europa ed in Nord America ). Il quarto componente deriva invece dal gene env . I Ricercatori hanno combinato il gene env modificato dei sottotipi A e C ( predominanti in Africa ) con quello del sottotipo B. Il gene env , che codifica per una proteina posta sul rivestimento esterno del virus, viene riconosciuto ed attaccato dalle cellule umane. La realizzazione di un vaccino anti-HIV efficace risulta complessa a causa della presenza di diversi sottotipi del virus HIV e dalla grave mutabilità del virus in grado di eludere le difese immunitarie dell'organismo. Lo studio clinico con questo nuovo vaccino verrà condotto presso i National Institutes of Health a Bethesda ( USA ). Sono stati arruolati 50 volontari sani , HIVnegativi. I volontari verranno assegnati in modo random a ricevere il vaccino o un placebo ( soluzione salina ). Lo studio clinico avrà la durata di 1 anno. I Ricercatori valuteranno la sicurezza del vaccino e la sua capacità di indurre una risposta immunitaria 283 Due zuccheri ―bloccherebbero‖ il virus dell‘ AIDS Due zuccheri complessi ottenuti per sintesi chimica sono l‘ultima arma messa a punto contro il virus HIV, responsabile dell‘epidemia mondiale di AIDS. La scoperta, pubblicata nel numero di gennaio della prestigiosa rivista ―AIDS‖, è frutto della collaborazione tra ricercatori dell‘Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano guidati da Elisa Vicenzi e Guido Poli, e la Glycores S.r.l. di Milano, società di ricerca specializzata nel campo della biochimica dei polisaccaridi. Le nuove molecole di zucchero, dette KOS e KNOS, sono state ottenute per sintesi chimica sul modello del polisaccaride K5, zucchero di origine batterica molto simile all‘eparina ma privo delle sue proprietà anti-coagulanti e che di per sé non possiede attività antivirale. Le nuove molecole, arricchite con gruppi solfato (ovvero contenenti molecole di zolfo che conferiscono una carica elettrica negativa), hanno manifestato in vitro potenti effetti anti-HIV a largo spettro. I ricercatori hanno osservato che KOS e KNOS, dopo aver ―attratto‖ il virus, lo accerchiano e gli impediscono, disattivando le sue proprietà aggressive, di aggredire la cellula. KOS e KNOS, per le loro caratteristiche, sono ideali per lo sviluppo dei cosiddetti microbicidi di nuova generazione, sostanze capaci di bloccare lo sviluppo del virus e di prevenire l‘infezione nelle fasi iniziali. Potrebbero in un futuro non troppo lontano diventare un gel o una schiuma applicabile a scopo preventivo e avere un impatto importante sull‘epidemia di AIDS, soprattutto in molti paesi in via di sviluppo dove la trasmissione eterosessuale rappresenta oggi la principale via di propagazione del virus. Elisa Vicenzi, ricercatrice dell‘Istituto Scientifico San Raffaele e primo autore dello studio, sottolinea la novità della scoperta: "La specificità di queste molecole rispetto ad altre è che la loro natura zuccherina e non proteica le rende scarsamente capaci d'indurre anticorpi che potrebbero neutralizzarne l'effetto. Inoltre, per quanto abbiamo sperimentato finora, queste molecole non inducono alcuna reazione infiammatoria. Fatto importante perché l‘infiammazione favorirebbe la propagazione del virus, come è avvenuto recentemente con lo spermicida Nonossinolo-9, unico microbicida che, testato in fase clinica, ha fallito clamorosamente." ―Questa famiglia di molecole zuccherine non è sconosciuta nell'ambiente medico scientifico‖ continua la ricercatrice del San Raffaele - ―in quanto molecole "cugine" dei derivati K5 anti-HIV avevano già dimostrato proprietà anti-tumorali e anti-angiogenetiche‖. ―Ad oggi purtroppo non esistono microbicidi efficaci - continua Elisa Vicenzi - ―e quindi è stato calcolato che un prodotto efficace anche solo al 60%, seppure utilizzato da una minoranza della popolazione, nei paesi in via di sviluppo potrebbe prevenire fino a 2,5 milioni di nuove infezioni in tre anni.‖ L‘importanza di sviluppare microbicidi efficaci contro l‘HIV è anche testimoniata dagli investimenti sia di prestigiose fondazioni private, quali la fondazione ―Bill and Melinda Gates‖, sia della stessa Comunità Europea. Proprio sulle prospettive future Guido Poli, autore senior dello studio e responsa-bile dell‘Unità di Immunopatogenesi dell‘AIDS dell‘Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, precisa: "L'obiettivo del programma che verrà presentato alla CEE si propone esattamente di sviluppare molecole, fra cui i derivati del K5, dalla fase strettamente sperimentale, dove ci troviamo oggi, fino agli studi 284 clinici controllati di fase 1, che si propongono di dimostrarne la non tossicità e di raccogliere i primi dati di potenziale efficacia nell'arco di 5 anni. TERAPIE ALTERNATIVE DELL‘ AIDS Esistono varie piante medicinali che potenziano notevolmente il sistema immunitario, con aumento dei linfociti T, dei macrofagi e riduzione della carica virale, con relativa quiescenza dei sintomi e delle lesioni. Fra queste segnaliamo il germanio composto , l'olio di garofano composto, l'aloe vera, il ginseng coreano, ecc. Tali composti vegetali, opportunamente dosati ed associati, stanno dando a tutt'oggi risultati più che incoraggianti. Negli USA una ricerca effettuata su oltre 7000 specie di piante ha riscontrato in alcune famiglie di Ibridi interspecifici la presenza di alcaloidi e carotenoidi con evidente azione stimolante sul sistema immunitario. Da sperimentazioni effettuate su scimmie di laboratorio alle quali era stato inoculato il virus HIV, e trattate con le sostanze di cui sopra, si è constatato un notevole incremento della linfocitopoiesi, mentre cavie escluse dal trattamento sono risultate particolarmente debilitate da una grave forma di linfocitopenia. Tali risultati fanno ben sperare su un prossimo utilizzo di sostanze vegetali nella lotta contro l'AIDS. ANTINFLUENZALI L'influenza è una malattia respiratoria acuta associata alla infezione da virus influenzali. È una malattia stagionale che, nell'emisfero occidentale si verifica durante il periodo invernale. I sintomi includono mal di testa, febbre, tosse, mialgia, gola infiammata. Lo spettro di condizioni patologiche è piuttosto ampio e va da sintomi lievi fino alle gravi complicazioni che possono sopraggiungere dopo la malattia.Le prime descrizioni di epidemie caratterizzate da sintomi simil-influenzali risalgono al V sec. A.C., in Grecia, e sono continuate durante tutta l'era cristiana, evidenziando come l'influenza sia presente da millenni nella popolazione umana. Indagini di sieroarcheologia su sieri di persone nate nella seconda metà dell'Ottocento hanno evidenziato che virus antigenicamente simili a quelli attualmente circolanti erano già presenti nell'uomo nel secolo passato.Il primo isolamento di virus influenzale nell'uomo risale al 1933 in Inghilterra (ma in precedenza erano stati isolati virus influenzali sia da polli che da suini). Da allora, sono stati identificati tre tipi di virus influenzale, costituenti il genere Orthomixovirus: i tipi A e B, responsabili della sintomatologia influenzale classica, e il tipo C, di scarsa rilevanza clinica (generalmente asintomatico). I virus di tipo A circolano sia nell'uomo che in altre specie animali e sono in sottotipi ulteriormente suddivisi, distinti in base alle differenze tra le proteine di superficie emagglutinina (HA) e neuramminidasi (NA), verso le quali si indirizza la risposta immunitaria dei soggetti infettati o vaccinati. Ad oggi sono stati identificati 15 sottotipi di emagglutinina e 9 di neuramminidasi. I virus di tipo B sono presenti solo nell'uomo e non esistono sottotipi distinti nell'ambito delle loro proteine di superficie HA e NA. 285 Alla base della epidemiologia dell'influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella popolazione con esperienza pregressa di infezione . I cambiamenti possono avvenire secondo due meccanismi distinti: 1. Deriva antigenica (antigenic drift).Si tratta di una graduale modifica della sequenza degli aminoacidi che compongono le proteine in grado di stimolare una risposta immune. Questo fenomeno riguarda sia i virus A che i B (ma negli A avviene in modo più marcato e frequente) ed è responsabile delle epidemie stagionali. Infatti le nuove varianti diventano sufficientemente irriconoscibili agli anticorpi nella maggior parte delle popolazione, così da rendere un ampio numero di individui suscettibile al nuovo ceppo. 2. Spostamento antigenico (antigenic shift). È un fenomeno che riguarda solo i virus influenzali di tipo A e consiste nella comparsa nell'uomo di un nuovo ceppo virale con una proteina di superficie (HA e/o NA) appartenente a un sottotipo diverso da quelli comunemente circolanti nell'uomo. Gli shift antigenici sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali (aviari o suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani all'uomo (l'esempio più recente è quello verificatosi ad HongKong nel 1997). Quindi la fonte dei nuovi sottotipi sono sempre virus animali. Poiché la popolazione non ha mai incontrato prima questi antigeni, in determinate circostanze questi cambiamenti di maggiore entità possono provocare una infezione improvvisa e invasiva in tutti i gruppi di età, su scala mondiale, che prende il nome di "pandemia". Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili e in questo secolo sono avvenute nel 1918 (Spagnola, sottotipo H1N1)), 1957 (Asiatica, sottotipo H2N2) e nel 1968 (HongKong, sottotipo H3N2). La più severa, nel 1918, ha provocato almeno 20 milioni di morti. È comunque importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine di superficie radicalmente nuove non è di per sé sufficiente per dire che si è verificata una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace. I virus di sottotipo H5N1 isolati da vari individui ad Hong Kong nel 1997 non possedevano, fortunatamente, questa caratteristica. I virus di tipo C, come già detto, danno una infezione generalmente asintomatica o simile al raffreddore comune. Farmaci utilizzati: A. DERIVATI DELL‘ ADAMANTANO Interagiscono con 1 particolare proteina del virus influenzale (specie quello di tipo A) detta M2 che normalmente funziona come 1 canale ionico di ioni H+ con la funzione di far perdere il capside di rivestimento al virus per il ciclo replicativo . Bloccando tale proteina non si ha la replicazione del virus. Funzionano anche da anti-Parkinson, perche‘ aumentano il tono dopaminergico - AMANTADINA 286 - RIMANTADINA Tox: Aumento del tono dopaminergico(scatena schizofrenia), piedi freddi, disturbi g.i, nervosismo, difficolta‘ di concentrazione, nefrotox B. INIBITORI DELLE NEURAMMINIDASI VIRALI Inibiscono le neuramminidasi virali che (sono proteine di superficie del virus influenzale che serve per penetrare nella cellula) normalmente hanno il compito di distruggere i recettori x l‘ Agglutinina sulle cellule infette. Con tali sostanze diminuisce, ma non si blocca la liberazione del virus dalle cellule infette. - ZANAMIVIR (RELENZA nome commerciale) inibitore della neuroaminidasi. Relenza lega le neuroaminidasi impedendo così il passaggio del virione da una cellula all‘altra e quindi la diffusione influenzale. Questo presidio si può utilizzare anche a infezione avvenuta e rallenta i tempi della malattia. In commercio si trova in forma di aerosol. - OSELTAMIVIR C. ALTRI ANTINFLUENZALI - PICOVIR ( Pleconaril ) è un farmaco antinfluenzale , che si assume per os. Agisce modificando l'integrità del capside del Picornavirus. Il Picovir trova indicazione nella malattia da raffreddamento negli adulti. Negli studi clinici di fase III, i pazienti che hanno assunto il Picovir hanno sperimentato una precoce e significativa riduzione nella gravità dei sintomi ed un accorciamento della durata della malattia. Il Picovir è stato studiato in circa 3.000 pazienti in studi clinici della durata di 5-7 giorni. La tollerabilità è stata buona. Gli effetti indesiderati più frequenti, che si sono presentati anche in alcuni pazienti nel gruppo placebo, sono stati: cefalea, diarrea, e nausea. Negli Usa Picovir è sviluppato da Aventis Pharmaceuticals e ViroPharma. La cura migliore resta comunque il vaccino. ALTRI ANTIVIRALI A. RIBAVIRINA: Si usa x aereosol x infezioni da virus del tratto respiratorio e virus dell‘ influenza A e B; x via parenterale o orale per il trattamento della febbre emorragica di tipo virale Ha 1 doppio meccanismo d‘ azione : a. inibisce le DNA polimerasi dopo essere stato trifosforilato b. interferisce con la biosintesi delle purine, mimando il nucleo imidazolico TOX in gravidanza teratogenicita‘,anemia , soppressione midollare, x aereosol da iritazione bronchiale o congiuntivale B. INTERFERONI : Sono sostanze prodotte dall‘uomo in seguito a stimoli infettivi. Ce ne sono differenti: I sono prodotti dai T e dalle NK, e da tutte le cellule.In clinica si usa soprattutto , somministrato per via parenterale sottocutanea, non per os. Si somministra in unità internazionali, 3-4.000.000 alla settimana.Ha un‘applicazione 287 terapeutica sostanzialmente per le epatiti virali (risposta positiva nel 30% dei casi), nella fase acuta, perché non ha senso usarli nella fase cronica. La Terapia è lunga, 6 mesi, e per valutare l‘efficacia si parametrano le transaminasi, indici di danno epatico.Quando è somministrato da sindromi simil influenzali, con febbre, dolori ossei, mialgie; ecco perché è utile una terapia parallela con paracetamolo. L‘ interferone inibisce la trascrizione, la traduzione da RNA a proteine e il processo di maturazione del virione. Gli interferoni sono sono glicoproteine prodotte nelle cellule di vertebrati a seguito di induzione (contro virus o agenti microbici, sostanze naturali o sintetiche). Tutti gli interferoni, dopo il legame con 1 recettore specifico di membrana, promuovono la sintesi di proteine o di enzimi responsabili delle loro diverse attivita‘ biologiche. Come antivirali sono capaci di bloccare la penetrazione del virus in 1 cellula. Tox: sonnolenza, cefalee, nausea, vomito, aumento delle transaminasi, neutropenia, anemia, febbre. Per via sistemica provocano mielosoppressione come anemia, granulocitopenia, trombocitopenia, neurotoxicita‘ e cardiotoxicita‘, alopecia, epatotoxicita‘ GENERALITA‘ E TRATTAMENTO DELL‘ EPATITI VIRALI: EPATITI VIRALI Le epatiti virali sono un argomento sempre di attualità vista la frequenza di questo gruppo di malattie. Sono dovuti ad un insieme di virus che non sono solo quelli classici conosciuti, cioè HAV, HBV, HCV, HDV, HEV, ma anche HFV -di cui peraltro è ancora dubbia l'esistenza- ed HGV che è stato segnalato in associazione sicuramente con l'epatite B e C -non sappiamo se questo sia solamente un virus helper o semplicemente un virus molto frequente che si trasmette insieme ai virus B e C, ma probabilmente non ha importanza patogenetica-. Le cinque epatiti virali classiche sono l'epatite A, B, C, D, E. Tuttavia questo processo necro-infiammatorio del fegato può essere provocato anche da altri virus che non vengono in genere catalogati quando si parla di epatite virale propriamente detta, ma che in realtà provocano un'epatite in tutto e per tutto. I più importanti sono: l'EBV (Epstein-Barr) provoca mononucleosi infettiva; può dare un'epatite virale, nel senso che a volte le manifestazioni dell'infezione non sono quelle tipiche della mononucleosi infettiva -cioè linfoadenopatia, faringodinia, tonsillite e febbre-, ma può manifestarsi solamente interessamento epatico, il paziente può anche essere itterico ed arrivare all'osservazione del medico per questo motivo. Facendo l'esame del sangue si trovano transaminasi alte, ma tutti i marker dell'epatite virale sono negativi; mentre facendo gli Ab per EBV essi possono risultare positivi. E' la classica epatite da mononucleosi infettiva.In altri casi la classica mononucleosi infettiva con il suo corredo sintomatolo-gico tipico si può manifestare con un'epatite e questa è la condizione più frequente; tuttavia non può essere esclusa un'epatite virale con interessamento esclusivamente epatico da mononucleosi infettiva. 288 CMV anche questo virus dà una sindrome simil-mononucleosica con interessamento epatico in genere più modesto. E' difficile vedere casi di epatite sintomatologicamente importante da CMV. HSV (herpes simplex) in genere di tipo 1 VZV (varicella zoster) Rosolia Morbillo Adenovirus Enterovirus Coxackievirus HIV Virus della febbre gialla poco importante alle nostre latitudini. Le epatiti virali si possono grossolanamente dividere in due grossi gruppi: 1. Epatiti a trasmissione oro-fecale: HAV ed HEV la trasmissione avviene attraverso l'ingestione di frutti di mare, verdure poco-mal-non lavate, tramezzini al bar, ecc… Tutte le malattie a trasmissione oro-fecale si trasmettono allo stesso modo, quindi soprattutto nei viaggi nei paesi in via di sviluppo. 2. Epatiti a trasmissione parenterale: HBV, HCV. L'epatite D è causata da un virus difettivo che si trasmette insieme ad HBV: è necessario che il soggetto sia già portatore di HBV o che si verifichi una condizione di trasmissione simultanea. Nell'ambito della trasmissione parenterale ci può essere la via di trasmissione parenterale apparente: trasfusioni, siringhe dei tossici, emoderivati parenterale inapparente: sessuale, contatti con strumenti infetti (dentista), intrafamigliare (molto importante) Il virus dell'epatite B negli ultimi dieci anni ha perso importanza epidemiologica dopo la scoperta del virus dell'epatite C e dopo l'introduzione della vaccinazione di massa; i casi di epatite acuta da virus B sono nettamente diminuiti rispetto a 10-15 anni fa quando si vedevano praticamente solo epatiti virali da virus B. L'epatite virale acuta da virus C è difficile da osservare perché, al contrario dell'epatite B, si manifesta in forma sintomatica soltanto nel 5-10% dei casi contro una frequenza nettamente più elevata dell'epatite B, in cui il pz. giunge all'osservazione del medico perché itterico e per le urine ipercromiche. Nel caso dell'epatite C il paziente non diviene itterico e non sa di avere la malattia giungendo alla diagnosi solo tardivamente quando ormai la patologia è cronicizzata: in occasione di esami di routine in cui si rilevano le transaminasi mosse, ad un esame più approfondito con indagine per i marker virali si scopre l'infezione da HCV. Virus dell'epatite B E' molto importante conoscere la forma del virus per poter poi fare una diagnosi sierologica. E' virus rivestito con involucro lipoproteico (COAT) che identifica l'HBsAg che si ricerca nel sangue quando si chiedono i marcatori per l'epatite B. HBsAg + identifica 289 il pz che ha contratto l'infezione. Il malato può essere asintomatico o avere epatite acuta o cronica. L'HBsAg è un Ag estremamente potente perché viaggia nel sangue non solo come coat del virus, ma anche sotto forma di particelle estranee al virus, eccesso di Ag di superficie: il virus forma in eccesso l'Ag di superficie ed una parte di questo viaggia autonomamente nel sangue senza il materiale genetico, ciò spiega perché la positività per questo Ag è molto importante infatti segnala inequivocabilmente la presenza del virus nel sangue. All'interno c'è un capside che contiene due Ag molto importanti: l'HBcAg che identifica il core, il nucleocapside del virus e l'HBeAg che si forma a livello del reticolo endoplasmatico liscio ed è importante per scoprire se il pz. ha un'epatite acuta, per vedere come evolve la malattia, dal punto di vista strutturale è il prodotto di degradazione dell'HBcAg. All'interno del capside c'è il DNA del virus. Il DNA si può cercare nel sangue con un metodo di ibridizzazione (HBV-DNA) che è un indice molto utile nelle fasi croniche informando sulla replicazione o meno del virus (se + vuol dire che il virus circola nel sangue e si sta replicando). Ag (delta): è virus difettivo molto semplice unica catena di RNA con un Ag di superficie che è l' Ag , ma viaggia circondato dall'HBsAg, dal coat del virus B, perché non è capace di replicarsi ed espletare le funzioni vitali se non in presenza del virus B. Quindi se si trovasse un pz. che ha già avuto un'infezione da HBV e che ha negativizzato il virus B, ma si trovano ancora Ab ciò non ha significato perché il paziente avendo ormai eliminato l'HBsAg -cioè il virus B- non può rimanere portatore di virus . Sintomatologia Qualunque sia l'eziologia dell'epatite virale, essa si manifesta sempre allo stesso modo per cui dai disturbi che il pz. accusa non è possibile desumere l'agente etiologico. Epatite A, B, C in forma acuta si manifestano con gli stessi sintomi. Il malato con epatite virale si manifesta con almeno un paio di grossi sintomi. Quando il pz. arriva dal medico è generalmente itterico -in genere da solo non se ne accorge, ma gli viene riferito- e riferisce di orinare urine ipercromiche. Possono essere presenti frequentemente la nausea e il vomito; artralgia e mialgia sono disturbi frequenti dell'epatite virale come anche di tutte le malattie virali acute. La febbre è quasi sempre assente, è rarissima. Il malessere, l'astenia e i dolori diffusi, l'inappetenza, la maldigestione sono sintomi comunissimi dell'epatite virale ed il malato si presenta al medico quasi sempre per questi disturbi. Esistono diverse forme cliniche con cui l'epatite virale può manifestarsi: 1. epatite autolimitantesi è la più comune; la malattia decorre in modo sintomatico per circa 2-4 settimane a seconda dei casi, il malato rimane itterico per questo periodo e la bilirubina gradatamente diminuisce, il malato si sente sempre meglio, scompaiono i disturbi e la malattia si autolimita. 2. epatite colestatica è tipica e si vede comunemente, simila un ittero ostruttivo. Il problema si poneva quando non esisteva ancora l'ecografia e quando non c'erano ancora a disposizione i markers virali: molti malati venivano sottoposti a laparoscopia esplorativa perché sembrava si trattasse di 290 ittero ostruttivo, infatti questa forma colestatica dà bilirubina molto elevata (anche 50-60 mg/100ml) e quasi tutta diretta. Con l'ausilio dei marcatori virali, dell'ecografia e della TAC è facile distinguere un'epatite virale colestatica da un ittero ostruttivo. Questa forma decorre con ittero notevole che può essere presente anche per alcuni mesi: è malattia lunga che può durare anche per 3-4 mesi, prurito che può essere importante, anoressia e diarrea in un piccolo n° di pazienti per un aumento di sali ed acidi biliari. Questa forma è più frequente nell'epatite A, la prognosi è favorevole come nella forma autolimitantesi, ma il decorso è più lungo. 3. epatite fulminante è la forma più grave ed è malattia di fatto mortale; attualmente con il trapianto si possono salvare alcuni pz. mentre prima portava a morte quasi il 100% dei pazienti. E' anche detta a necrosi massiva perché è una forma estremamente grave che si manifesta, oltre che con i classici disturbi dell'epatite acuta, anche con alterazione dello stato mentale, letargia fino al coma, disturbi della personalità, importante edema cerebrale, coagulopatia -quasi sempre causa della morte- ed insufficienza multiorganica, quando il paziente non muore prima per coagulopatia (RDS, ARS, sindrome epatorenale, sepsi con sanguinamento gastrointestinale, sviluppo acuto di ascite per l'insuffiecienza epatica acuta con anasarca). La mortalità è del 60%, ma è un dato estremamente ottimistico rilevato considerando anche le epatiti con necrosi submassiva, quando il fegato non è completamente coinvolto dal processo necrotico. Si ha riduzione progressiva delle dimensioni del fegato infatti si "spappola completamente" (da questo il nome di epatite a necrosi massiva), il fegato viene interessato da questo processo epatitico acuto in modo massivo, da un giorno all'altro non è più palpabile, mentre magari il giorno precedente era due dita oltre l'arcata costale. Anche ecograficamente il fegato si riduce ad un ammasso di pochi cm di parenchima, quando il giorno prima appariva più grosso del normale.E' un dramma perché il malato da un giorno all'altro cambia le sue condizioni: inizia ad avere disturbi mentali, disordini psicomotori, va in coma e muore quasi sempre per coagulopatia. Se non si procede con un trapianto non c'è nulla da fare.L'epatite fulminante è complicazione quasi esclusiva dell'epatite B: 1-2% casi annui di epatite B si può complicare con epatite fulminante.Inizialmente si pensava che anche l'epatite C si potesse compliacare con epatite fulminante, in realtà questa ipotesi è stata smentita dalle ultime ricerche.La frequenza è elevata nelle donne in gravidanza con epatite E; questo dato è stato confermato anche recentemente, soprattutto da autori del subcontinente indiano ove l'epatite E è molto comune, ma anche da autori americani, tuttavia non se ne riesce a spiegare il motivo.Per l'epatite A è stata segnalata un'evoluzione in epatite fulminante da autori americani, ma mai segnalata in Italia ed in Europa: è complicanza rarissima. 4. Recidive non devono essere confuse con l'evoluzione in cronicità della malattia. Per recidive si intendono in genere forme acute che pare procedano 291 verso la guarigione e poi hanno di nuovo un andamento in acuzie della malattia, le transaminasi tornano ad essere alte, c'è ripresa della malattia. Diagnosi Si fa innanzitutto guardando ed interrogando il malato che arriva con ittero, magari giovane e tossicodipendente o che riferisce di aver fatto una trasfusione pochi mesi fà, ciò fa già pensare ad un'epatite acuta. Il sospetto diagnostico clinico deve poi venir confermato da una serie di esami: ormai si hanno a disposizione molti marcatori ed esami che non risulta difficile diagnosticare una epatite virale. Prima cosa da fare è richiedere dei comuni esami di laboratorio che già possono indirizzare verso un'epatite virale: transaminasi e parametri coagulativi sono gli esami più importanti. Le transaminasi da sole permettono quasi di fare diagnosi certa di epatite virale acuta da virus classici; i parametri coagulativi permettono di sospettare un'evoluzione verso la forma più o meno fulminante che deve essere esclusa subito quando il pz. giunge all'osservazione del medico. TRANSAMINASI sono gli enzimi di necrosi della cellula epatica, aumentano in varia misura nell'epatite virale perché il processo necrotico provocato dal virus è un processo così acuto che fa spappolare la cellula che riversa il suo contenuto dentro il sangue in particolare l'AST e l'ALT. Particolarità è che nelle epatiti virali da virus A B C D ed E queste transaminasi aumentano in maniera molto consistente: si può arrivare a 30005000 unità quando il normale dosaggio varia dalle 30 alle 50 unità -a seconda del laboratorio-; solo epatite virale ed intossicazione da Amanita Phalloides determinano un aumento così marcato. Quando un malato giunge itterico e le transaminasi sono così elevate, al 99% si tratta di epatite virale, a meno che non dica di aver mangiato funghi la sera prima. Le altre epatiti non si manifestano con un aumento così marcato delle transaminasi, sarà praticamente impossibile che un'epatite da EBV o CMV abbia le transaminasi >600-700 U, stesso vale per epatiti da farmaci o autoimmuni.Talvolta l'aumento delle transaminasi è l'unico parametro misurabile, infatti se per esempio il nostro malcapiatato arriva in PS di notte, e si ha magari a disposizione solo un tecnico di laboratorio capace di dosare solo le transaminasi, si deve fare diagnosi presuntiva di epatite virale, infatti non è bene ricoverare un malato con ittero ostruttivo in un reparto di malattie infettive PARAMETRI EMOCOAGULATIVI sono gli undici che indicano la possibilità di evoluzione in epatite fulminante, infatti il tempo di protrombina (PT o normotest) indica la riserva del fegato. Un PT estremamente basso depone per l'evoluzione in necrosi massiva. Badate bene che l'evoluzione in necrosi massiva dal punto di vista sintomatologico può non andare di pari passo con i parametri emocoagulativi nel senso che si può trovare un PT molto basso (per es. 6%) che depone verso una evoluzione fatale della malattia, mentre il pz. sta ancora bene, chiacchiera ed è lucido ed orientato. In simile situazione si devono attivare immediatamente le misure per trasferire il pz. in un centro ove possa essere trapiantato; se queste non vengono attuate ci 292 possono essere problemi legali perché l'epatite fulminante evolve in maniera improvvisa. GT e FOSFATASI ALCALINA sono sicuramente aumentate anche se con valori più modesti che nelle forme colestatiche. PSEUDOCOLINESTERASI ACIDI BILIARI AMMONIEMIA è un parametro che si potrebbe pensare di fondamentale importanza nell'evoluzione in necrosi massiva, perché i disturbi cerebrali che portano fino al coma si manifestano nell'insufficienza epatica acuta per un aumento dell'ammoniemia, in realtà il valore numerico non dice molto, quasi sempre nell'epatite fulminante l'ammoniemia è aumentata, ma è solo un parametro che conferma quello che si può supporre dagli altri esami. SIDEREMIA, FERRITINA, TRANSFERRINA sono quasi sempre aumentate perché le cellule epatiche sono particolarmente ricche di ferro, di ferritina, sono un serbatoio del ferro e nell'epatite virale acuta aumentano perché le cellule sono distrutte. ALBUMINA può diminuire. GLOBULINE possono aumentare. EMOCROMO generalmente indifferente, se non in altre condizioni come l'epatite fulminante. Diagnosi di conferma dell'epatite virale E' una diagnosi sierologica che si esegue valutando i marcatori ematici. Per distinguere se si tratta di epatite A o E si richiedono gli Ab IgM per l'epatite A e per l'epatite E e si valuta se sono positivi e quali dei due. La presenza di IgG indica solamente che il pz. ha avuto un contatto con il virus in passato. In Italia questo è molto frequente per quanto riguarda l'epatite A, soprattutto nelle regioni del Sud il 70-80% della popolazione ha Ab per l'epatite A. Le IgM sono patognomoniche e marcatori esclusivi della forma acuta: se le IgM anti HAV sono positive il malato ha sicuramente l'epatite A; stesso discorso vale per l'epatite E che alle nostre latitudini è abbastanza poco frequente, infatti la prevalenza negli Ab anti HEV nel bacino del Mediterraneo non supera il 2% contro il 70-80% di Ab anti HAV.Per le altre epatiti e soprattutto per l'epatite B la diagnosi è più complicata. Per fare diagnosi di epatite B si ha bisogno di particolari marcatori. HBsAg+ => il paziente è affetto dal virus, ma il pz. potrebbe essere portatore asintomatico o aver avuto una pregressa infezione dalla quale è completamente guarito pur rimanendo portatore del virus o avere in quel momento l'epatite acuta o cronica. Indica la presenza del virus nel sangue. HBV-DNA+ => identifica la replicazione del virus in quel momento. Anti HBsAg+ => è l'Ab complementare all'HBsAg, è un Ab neutralizzante protettivo la cui produzione viene stimolata anche dalla vaccinazione per l'epatite B. Quindi la presenza dell'anti-s esclude la presenza dell'Ag perché quando l'HBsAg avrà stimolato la produzione dell'Ab lui scompare perché 293 viene neutralizzato dall'anti-s e l'anti-s ha significato di protezione, guarigione e vaccinazione. Anti HBcAg => si può trovare nel sangue come IgM o come IgG; l'IgG ha significato di reminescenza dell'infezione da HBV; quando si trova nel sangue questo anticorpo vuol dire che il paziente sicuramente ha avuto contatto con il virus dell'epatite B da cui può essere guarito o meno, ma questo non si può capirlo da questo tipo di Ab. E' fondamentale per capire se c'è stato contatto con il virus che può essere stato eliminato o essere ancora presente. Questo Ab rimane positivo per tutta la vita. A volte in infezioni in soggetti anziani che hanno avuto un'epatite 30-40 anni prima non è più presente nessuno di tutti gli altri marcatori, ma rimane presente solo l'anti-HBcAg IgG, perché è Ab stimolato da un Ag estremamente potente come quello del core. Anche quando il pz è guarito dalla malattia ed ha l'anti-s positivo, questo anti-s può pian piano, nel corso di molti anni, diminuire nel sangue fino a non essere più presente o rilevabile con i comuni metodi, mentre è ancora sempre rilevabile l'HBcAg. I livelli di anti HBcAg sono sempre maggiori di quelli di anti HBsAg. HBe ed anti HBe => HBeAg è un prodotto di degradazione dell'HBcAg, della prodeina del core ed è Ag importante perché il suo rilevamento indica che la malattia è ancora in fase acuta, che il virus è replicante ed abbastanza infettivo, ma è una condizione di positività breve perché anche nelle forme che guariscono l'HBeAg resta positivo per un paio di mesi non di più ed in quelle che non guariscono resta positivo per qualche settimana. Ci sono forme di epatite cronica che rimangono positive per HBeAg, ma sono eccezionali, quasi sempre si trova l'Ab. Quindi questo anticorpo anti-e rivolto verso l'Age non è né neutralizzante né protettivo perché si forma in quasi tutte le epatiti croniche e nelle epatiti acute guarite. Le forme di epatiti croniche HBeAg+ sono ormai rare, anche perché nel bacino del Mediterraneo c'è un mutante difettivo del virus dell'epatite B caratterizzato da un difetto genetico che comporta l'impossibilità di formare l'HBeAg, ma solo l'anti-e sono malati che non formano l'HBeAg, ma nel sangue si rileva la presenza dell'anti-e. Epatite B: HBsAG+. Anti HBc IgM +. Indifferentemente HBeAg+/- perché quando il pz giunge all'osservazione può essere già anti-e+. HBV-DNA+, ma è esame che non ha molta importanza farlo nell'epatite acuta, perché è costoso e sarebbe superfluo; serve soprattutto per vedere nelle fasi croniche se il malato ha una malattia attivamente replicante oppure se è portatore asintomatico che in quel momento non replica; è esame che si fa fondamentalmente nelle epatiti croniche. Il malato può essere sovrainfettato o coinfettato dal virus dell'epatite D, quindi davanti a pz. con epatite B si devono fare i marcatori dell'epatite delta. La malattia è lievemente diversa, non tanto nel caso di coinfezione da HBV+HDV, quanto 294 piuttosto nella sovrainfezione da epatite D in un soggetto già portatore di epatite B; allora quasi sempre la malattia cronicizza ed è più grave tendendo verso la cirrosi sicuramente in modo più frquente che nella sola epatite B. Inoltre è malattia che risponde poco al trattamento: l'epatite B risponde bene al trattamento con IFN o con lamivudina -farmaci attualmente in uso per il trattamento delle epatiti croniche-, mentre l'epatite D risponde malissimo sia all'IFN che alla lamivudina per cui è malattia sicuramente più grave. Per diagnosticare una sovrainfezione da epatite D si chiedono l'AgD che può essere positivo in una breve fase di acuzie, le IgM e le IgG contro l'AgD. Le IgM sono presenti nella fase acutissima, ma è importante anche solo il riscontro di IgG perché nell'ambito dell'epatite B, quand'anche ci sia anche solo la positivita per le IgG, vuole dire che c'è stata sovrainfezione da virus D. Passiamo ora alla diagnosi di epatite C che è la prima causa di epatopatia cronica, di cirrosi epatica, carcinoma ed altre complicanze data la frequenza. Spesso si fa diagnosi di epatite C quando essa è ormai cronica perché solo il 5-10% si manifesta in modo sintomatico con ittero. Quasi sempre il riscontro è casuale in occasione di esami di routine ove si rilevano transaminasi aumentate. Successivamente si fanno i marcatori specifici e si scopre la presenza di epatite C. Il test più importante è quello che viene fatto di routine, comunemente quando il malato presenta alterazioni delle transaminasi, cioè l'antiHCV che è un test RIA o ELISA la cui positività è solo di tipo IgG (si ha anche un IgM per l'epatite C, ma non è paragonabile alle IgM dell'epatite B o A, è IgM che si trova più frequentemente nelle epatiti croniche che non nelle epatiti acute, quindi non è un marcatore di acuzie, non è l'equivalente delle IgM per il core o per il virus dell'epatite A che permettono di fare la diagnosi di epatite acuta; probabilmente è un marcatore di lesione che si esprime nelle fasi floride della malattia cronica e può tornare positivo, ma non ha importanza per la diagnosi di epatite acuta). La diagnosi di epatite acuta C si fa valutando la sieroconversione dell'anti-HCV perché quando arriva il malato può essere ancora anti-HCV negativo, mentre successivamente durante il ricovero, perché itterico, dopo 15-20 giorni si ripete il test che rileva una positività per l'anti-HCV. Un altro modo per valutare l'acuzie della malattia è vedere come si comporta un altro esame e cioè l'immunoblot o RIBA. Si ha la possibilità anche per l'epatite C di mettere in evidenza gli Ab rivolti contro vari epitopi del virus dell'epatite C. A seconda del comportamento di quest'attività anticorpale possiamo capire se si tratta di epatite acuta dalla presenza di vari Ag (C22, C23, NS 3, NS4 Ag non strutturali). Se in un malato l'immunoblot è positivo solo per il C22 e dopo alcuni giorni (15) si positivizza anche il C33 e poi l'NS 4 si può pensare che si tratti di un'epatite acuta dimostrata dalla positivizzazione in tempi diversi dell'immunoblot. L'HCV-RNA dimostra che il virus circola e si moltiplica (stesso significato dell'HBVDNA), non è importante nella fase acuta della malattia, ma è fondamentale per la valutazione della riacutizzazione o della diagnosi di epatite cronica C. Questi marcatori (HBV-DNA e HCV-RNA) sono importanti per valutare l'andamento della malattia in corso di trattamento con interferone: si valuta in tempi basali se il virus si replica (= la malattia è in fase di acuzie) quando il malato viene messo in 295 trattamento, in trial con IFN e lamivudina per l'epatite B o ribavirina per l'epatite C, si vede come si comportano l'HBV-DNA e l'HCV-RNA, come diminuiscono nel sangue, se il paziente risponde. Ci sono pazienti che non rispondono alla terapia e continuano ad avere livelli più o meno alti di questi virus che circolano, quindi l'HBV-DNA e l'HCV-RNA continuano ad essere positivi allo stesso modo senza grosse variazioni perché non rispondono alla terapia. Purtroppo nella metà dei casi i pazienti non rispondono assolutamente alla terapia. Epatite G: si valuta l'anti-HGV che però può essere positivo anche nel caso di altre epatiti cosiddette parenterali, in corso di epatite B e soprattutto di epatite C è stata trovata la positività per questi Ab, tuttavia non si sa quale possa essere il loro significato. Diagnostica strumentale E' poco importante rispetto alla diagnostica sierologica. A tutti i malati si fa l'ecotomografia epatica, che generalmente mostra un fegato un po' ingrandito, un po' iperriflettente, privo di grosse disomogeneità, aspetti che invece si possono vedere nell'evoluzione in cirrosi della malattia. Gli altri esami sono per valutare la cronicizzazione della malattia e l'involuzione verso la cirrosi o l'epatocarcinoma. Il trattamento delle epatiti virali si effettua con: - Per l‘ Epatite B cronica : Lamivudina, Interferone Alfa - Per l‘ Epatite C cronica : Ribavirina, Interferone Alfa 2b INTERFERONI Sono sostanze prodotte dall‘uomo in seguito a stimoli infettivi. Ce ne sono differenti: I sono prodotti dai T e dalle NK, e da tutte le cellule. In clinica si usa soprattutto , somministrato per via parenterale sottocutanea, non per os. Si somministra in unità internazionali, 3-4.000.000 alla settimana. Ha un‘applicazione terapeutica sostanzialmente per le epatiti virali (risposta positiva nel 30% dei casi), nella fase acuta, perché non ha senso usarli nella fase cronica. La Terapia è lunga, 6 mesi, e per valutare l‘efficacia si parametrano le transaminasi, indici di danno epatico.Quando è somministrato da sindromi simil influenzali, con febbre, dolori ossei, mialgie; ecco perché è utile una terapia parallela con paracetamolo. L‘ interferone inibisce la trascrizione, la traduzione da RNA a proteine e il processo di maturazione del virione. EFFICACIA DELLA VACCINAZIONE CONTRO L'EPATITE A Vaqta è un vaccino antiepatite A che contiene un ceppo virale inattivato derivato attraverso passaggi seriali specifici da un ceppo attenuato validato. Il virus viene coltivato, raccolto, altamente purificato, inattivato ed infine adsorbito su idrossido di alluminio. Studi clinici hanno mostrato tassi di sieroconversione del 97% in bambini ed adolescenti e del 95% negli adulti ottenuti entro le 4 settimane successive alla somministrazione della prima dose raccomandata. In un sottogruppo di questi 296 soggetti di età pari o superiore a 60 anni si e` ottenuta una sieroconversione nell'88% (n=64) dei vaccinati dopo 4 settimane dalla prima dose. E` stata dimostrata, dopo la somministrazione della prima dose di Vaqta, una correlazione tra sieroconversione e protezione clinica. L'efficacia protettiva è stata dimostrata, dopo una singola dose di Vaqta, su 1037 bambini ed adolescenti di età compresa tra 2 e 16 anni facenti parte di una comunita` degli Stati Uniti nella quale si sono avute epidemie di epatite A ricorrenti ( Studio di efficacia di Monroe ). La sieroconversione venne raggiunta in più del 99% dei vaccinati entro 4 settimane dalla vaccinazione. L'efficacia protettiva pre-esposizione di una singola dose di Vaqta risultò del 100% a partire da due settimane dopo la vaccinazione. Una dose di richiamo fu somministrata alla maggior parte dei vaccinati 6, 12 o 18 mesi dopo la prima dose. L'efficacia del vaccino antiepatite A , Vaqta , in questa comunità, è stata dimostrata dal fatto che 6 anni dopo la fine del trial non è stato osservato alcun caso di epatite A nei soggetti vaccinati. La persistenza della memoria immunologica fu dimostrata con una risposta anticorpale anamnestica ad una dose di richiamo somministrata da 6 a 18 mesi dopo la prima dose a bambini adolescenti e 6 mesi dopo la prima dose a soggetti adulti. Nei vaccinati dello studio di efficacia di Monroe, seguiti per un periodo fino a 6 anni, non si e` manifestato nessun caso di epatite A Il vaccino contro l'epatite A ( Vaqta ) e` indicato per la profilassi attiva preesposizione delle malattie causate dal virus dell'epatite A. La vaccinazione e` indicata nei bambini sani a partire dal 2° anno di vita, negli adolescenti, negli adulti a rischio di contagio e diffusione dell'infezione o in pazienti nei quali l'eventuale infezione possa costituire un fattore di rischio per la vita. Per una risposta anticorpale ottimale, l'immunizzazione primaria andrà eseguita almeno 2 e preferibilmente 4 settimane prima dell'eventuale esposizione al contagio. Il vaccino contro l'epatite A non previene le epatiti infettive causate da agenti patogeni diversi dal virus dell'epatite A. Vaqta e` una preparazione da iniettare per via intramuscolare nella regione deltoidea. Il vaccino non deve essere somministrato per via sottocutanea o intradermica poichè la risposta a questo tipo di somministrazione può risultare meno efficace. La serie delle vaccinazioni consiste in una prima dose ed una seconda dose di richiamo somministrate secondo il seguente schema: - Prima dose Bambini / Adolescenti I soggetti di età compresa tra i 2 ed i 17 anni devono ricevere una singola dose di vaccino da 0,5 ml ( 25 U ) alla data prestabilita. Adulti I soggetti di età pari a 18 anni o superiore, devono ricevere una singola dose di vaccino da 1,0 ml ( 50 U ) alla data prestabilita. - Seconda dose di richiamo Bambini / Adolescenti I soggetti di età compresa tra i 2 ed i 17 anni devono ricevere una dose di richiamo da 0,5 ml ( 25 U ) a 6/18 mesi di distanza dalla prima. 297 Adulti : I soggetti di età compresa pari o superiore a 18 anni devono ricevere una dose di richiamo da 1,0 ml ( 50 U ) dopo 6 mesi dalla prima. La persistenza a lungo termine degli anticorpi serici antiepatite A non è nota. In caso di dubbio deve essere determinato il titolo serico degli anticorpi antiepatite A.Non sono attualmente disponibili dati sulla persistenza a lungo termine degli anticorpi indotti dalla vaccinazione con Vaqta. Si è estrapolato che gli anticorpi antiepatite A persistono per diversi anni (almeno 10).Inoltre nei vaccinati che hanno sieroconvertito persiste la memoria immunitaria anche se i titoli anticorpali sono diminuiti fino al di sotto dei valori rilevabili. Questi soggetti rispondono in generale anamnesticamente alla somministrazione di una dose di richiamo. VACCINO CONTRO L'EPATITE B : MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE E POSOLOGIA Per gli adulti e gli adolescenti (di eta` uguale o superiore a 16 anni) un ciclo di vaccinazione contro l'epatite B è costituito da almeno tre dosi di Recombivax HP ( 10 microgrammi in 1 ml , singola dose ), cosi` come segue: prima iniezione: alla data scelta ; seconda iniezione: almeno un mese dopo la prima dose ; terza iniezione: almeno un mese dopo la seconda dose. Questa schedula si adatta ai diversi schemi previsti dalle raccomandazioni nazionali di vaccinazione. Le schedule di vaccinazione più comunemente utilizzate in Europa sono le seguenti: - 0, 1, 6 mesi : due iniezioni con un intervallo di un mese; una terza iniezione sei mesi dopo la prima iniezione. - 0, 1, 2, 12 mesi : tre iniezioni con un intervallo di un mese; una quarta dose dovrebbe essere somministrata al dodicesimo mese. La schedula accelerata ( 0,1,2,12 mesi ) può indurre precocemente, livelli di anticorpi protettivi in una proporzione / percentuale leggermente superiore di vaccinati. La durata dell'effetto protettivo di Recombivax HB nei vaccinati sani non è noto e pertanto la necessità di dosi di richiamo non è ancora stata definita. Ciononostante alcuni programmi nazionali di vaccinazione correntemente raccomandano iniezioni periodiche di richiamo. Nei soggetti vaccinati immunodepressi ( ad esempio pazienti dializzati ) una dose di richiamo può essere somministrata qualora i titoli anticorpali di anti-HBs risultino inferiori a 10 UI/l. Il vaccino contro l'epatite B ( Recombivax HB ) è indicato per l'immunizzazione attiva contro l'infezione da virus dell'Epatite B causata da tutti i sottotipi conosciuti in soggetti di tutte le età considerati a rischio di esposizione all'epatite. Gruppi identificati considerati ad alto rischio di infezione sono : 1) Operatori Sanitari . Chirurghi del cavo orale, dentisti, medici e chirurghi, infermieri, igienisti del cavo orale, personale paramedico che lavora a stretto contatto con i pazienti, personale dei reparti di emodialisi, di ematologia ed oncologia, personale che maneggia campioni di sangue ed altri campioni biologici, personale 298 che lavora in strutture di emergenza e pronto soccorso personale di servizio delle ambulanze , personale che opera in banche del sangue e frazionamento del plasma, personale addetto alle pulizie negli ospedali che maneggia rifiuti, callisti, impres ari di pompe funebri ed imbalsamatori. 2) Pazienti che ricevono frequentemente emoderivati. Pazienti in emodialisi ed in unità oncologiche, pazienti affetti da talassemia, anemia falciforme , cirrosi epatica, emofilia, e pazienti sottoposti frequentemente a trasfusioni di sangue o alla somministrazione di fattori concentrati della coagulazione, pazienti sottoposti a trapianti d'organo. 3) Personale addetto alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti urbani e specifici. 4) Personale e residenti di istituti. Persone con frequenti e/o stretticontatti con gruppi ad alto rischio, detenuti e personale di penitenziari, residenti e personale di istituti per handicappati mentali. 5) Soggetti ad alto rischio per le loro abitudini sessuali. Persone con diversi partners sessuali, pazienti affetti da malattie sessualmente trasmissibili (STD), persone in trattamento per malattie sessualmente trasmissibili, prostitute ed omosessuali. 6) Tossicodipendenti. 7) Viaggiatori diretti verso aree ad alta endemia di HBV. 8) Persone provenienti da aree ad alta endemia di HBV.Adottati, immigrati e rifugiati. 9) Altri: Personale di polizia, vigili del fuoco, personale delle forze armate e qualsiasi altra persona che per tipo di lavoro svolto o stile di vita può essere esposta alla infezione da HBV. 10) Conviventi di soggetti appartenenti ad uno dei gruppi sopra riportati e conviventi con soggetti affetti da infezione acuta o cronica da HBV. 4 ANTIMICOTICI (o ANTIFUNGINI) Per Micòsi sono designante tutte le affezioni che colpiscono l'uomo, gli animali e le piante, provocate da funghi. Le micosi, di notevole importanza in patologia umana, si instaurano soprattutto in soggetti in cattive condizioni generali e sono particolarmente favorite dal clima caldo-umido tropicale, però non sono rare le forme professionali, ad es., negli addetti alla lavorazione del grano, all'allevamento degli animali domestici, ecc.Le micosi possono consistere in reazioni di tipo essudativo o in infiammazioni di tipo iperplasico (granulomi), manifestantesi superficialmente o in 299 profondità. Le forme superficiali causate da saprofiti o da parassiti (piedra, tricomicosi, epidermomicosi, tricofizie, moniliosi) vengono curate con l'applicazione di lozioni e pomate antimicotiche sulla zona precedentemente depilata. Le micosi profonde possono essere localizzate o generalizzate come le blastomicosi, la sporotricosi, tutte trattabili con antibiotici e chemioterapici, ma con esiti alterni. In ogni caso la terapia delle micosi deve essere preceduta dall'identificazione del fungo mediante esame microscopico e coltura su terreni speciali. Bisogna distinguere tra infezioni sistemiche e superficiali. MALATTIE SISTEMICHE DA FUNGHI (Micosi sistemiche) - Principi diagnostici generali Molti dei funghi responsabili sono opportunisti e risultano patogeni soltanto se infettano un soggetto defedato Le infezioni da funghi opportunisti sono particolarmente frequenti in pazienti sottoposti a terapie con corticosteroidi, con immunosoppressivi o con antimetaboliti: tali infezioni tendono anche a presentarsi in pazienti con AIDS, insufficienza renale, diabete mellito, bronchiettasie, enfisema, TBC, linfomi, leucemie e ustioni. Tipiche infezioni opportunistiche sono: candidiasi, aspergillosi, mucormicosi (ficomicosi), nocardiosi e criptococcosi. Nei pazienti immunocompetenti le micosi disseminate con polmonite e setticemia sono rare. In tali pazienti le lesioni polmonari si possono sviluppare lentamente. Le micosi sistemiche che colpiscono soggetti gravemente immunocompromessi hanno spesso una presentazione acuta o subacuta, con polmonite rapidamente progressiva, fungemia o manifestazioni di disseminazione extrapolmonare. Le malattie fungine che si presentano come infezioni primarie possono avere una distribuzione geografica particolare. Per esempio negli USA la coccidioidomicosi è praticamente confinata nel Sud-Ovest; l‘istoplasmosi si verifica soprattutto negli stati orientali e centro-occidentali; la blastomicosi è limitata al Nord America e all‘Africa; mentre la paracoccidioidomicosi, a volte denominata blastomicosi del Sud America, è confinata a tale continente. I viaggiatori, tuttavia, possono manifestare la malattia qualche tempo dopo essere divenuti infetti e dopo il ritorno a casa da viaggi nelle aree endemiche. Nei soggetti immunocompetenti le micosi sistemiche hanno tipicamente un decorso cronico. Possono trascorrere mesi o addirittura anni prima che venga consultato un medico o che venga effettuata la diagnosi. I sintomi, raramente intensi, in tali micosi croniche, possono essere febbre, brivido, sudori notturni, anoressia, perdita di peso, malessere generale e depressione. Quando un fungo si diffonde a partire da un focolaio primario nel polmone, le manifestazioni possono essere caratteristiche. Per esempio la criptococcosi si manifesta abitualmente come meningite cronica, l‘istoplasmosi progressiva disseminata come un interessamento generalizzato del sistema reticoloendoteliale (fegato, milza, midollo) e la blastomicosi come lesione cutanea singola o multipla. 300 Test immunosierologici sono disponibili per molte micosi sistemiche, ma pochi permettono di giungere a una diagnosi definitiva. Tra i test più utili vi sono quelli che misurano i prodotti antigenici specifici dei microrganismi, in particolare quello per il Cryptococcus neoformans e, più recentemente, per l‘Histoplasma capsulatum. Alcuni test, quali la fissazione del complemento per anticorpi anti-coccidio, sono specifici e non richiedono una conferma con l‘incremento del titolo: essi possono pertanto fornire la conferma diagnostica così come un‘indicazione sul rischio relativo di disseminazione extrapolmonare. Nella meningite cronica la positività della fissazione del complemento per gli anticorpi anti-coccidio nel LCR rappresenta spesso l‘unica indicazione diagnostica sulla necessità di effettuare una terapia antimicotica aggressiva. La maggior parte dei test di determinazione degli anticorpi antifungini è tuttavia di limitata utilità. Molti possiedono una bassa sensibilità e/o specificità e, poiché la determinazione di titoli anticorpali elevati o di un loro incremento richiede molto tempo, non sono utili nell‘indirizzare la terapia iniziale. Le diagnosi vengono abitualmente confermate mediante l‘isolamento del fungo responsabile dall‘espettorato, dalle urine, dal sangue, dal midollo osseo o da campioni provenienti dal tessuto infetto. Il significato clinico di un esame colturale positivo dall‘espettorato può essere difficile da interpretare per i microrganismi commensali (p. es., Candida albicans) o per quelli che sono diffusi nell‘ambiente (p. es., Aspergillus sp). Pertanto il ruolo eziologico può essere stabilito con certezza solo dalla conferma di un‘invasione tissutale. Al contrario delle malattie virali e batteriche, le infezioni fungine possono spesso essere diagnosticate mediante esame istopatologico, con un alto grado di attendibilità sulla base delle caratteristiche morfologiche peculiari dell‘invasione micotica piuttosto che sulla base dell‘identificazione di anticorpi specifici. Tuttavia, l‘identificazione definitiva può essere difficile, soprattutto quando sono visibili pochi microrganismi; pertanto la diagnosi istopatologica quando possibile deve essere confermata dall‘esame colturale. La valutazione dell‘attività dell‘infezione si basa sulle colture ottenute da molti siti differenti, sulla presenza di febbre, sulla conta dei leucociti, sui dati clinici, sui parametri di laboratorio correlati a uno specifico coinvolgimento d‘organo (p. es., test di funzionalità epatica) e, in alcune micosi, sui test immunosierologici. - Principi generali di terapia I farmaci per la terapia antimicotica sistemica comprendono l‘amfotericina B, differenti derivati azolici e la flucitosina. In aggiunta alla chemioterapia antimicotica e alla terapia medica generica, per eliminare alcune infezioni localizzate può essere necessaria la chirurgia. I farmaci di scelta per le specifiche infezioni micotiche sistemiche sono riportati nella Tab. 158-1. Amfotericina B: nonostante la sua elevata tossicità, l‘amfotericina B rimane la terapia standard per la maggior parte delle micosi sistemiche potenzialmente letali. Per le micosi croniche la terapia viene generalmente iniziata con 0,3 mg EV, con un graduale incremento giornaliero 0,1 mg/kg finquando non sia raggiunta la dose massima desiderata (abitualmente da 0,4 a 1,0 mg/kg in unica somministrazione, ma 301 di solito senza superare i 50 mg/die). Se i pazienti tollerano gli effetti tossici acuti delle infusioni più concentrate, la dose EV quotidiana può essere gradualmente modificata in una schedula più conveniente a giorni alterni utilizzando il doppio della dose massima giornaliera. Trattamenti prolungati possono anche essere modificati in modo da diminuirne la frequenza e utilizzando schedule di somministrazione più convenienti (p. es., 3 volte a settimana). Per le micosi acute potenzialmente letali, l‘amfotericina B, se tollerata, viene iniziata utilizzando la dose massima richiesta (0,6-1,0 mg/kg/die). Per alcune micosi opportunistiche rapidamente progressive (p. es., aspergillosi invasiva) a volte sono state utilizzate dosi picco fino a 1,5 mg/kg/die, generalmente suddivise in due o tre infusioni EV separate. La formulazione standard di amfotericina B colloidale deossicolato, deve sempre essere somministrata in soluzione glucosata al 5%, in quanto i sali (compresa la soluzione fisiologica e il KCl) possono far precipitare il farmaco. Viene generalmente somministrata in 2-3 ore, anche se infusioni più rapide comprese tra 20 e 60 minuti nella maggior parte dei pazienti risultano sicure. Le reazioni sono solitamente lievi, ma alcuni pazienti possono presentare brivido, febbre, nausea, vomito, anoressia, cefalea e a volte ipotensione. Viene spesso utilizzata una premedicazione con acetaminofene o aspirina. La minoranza dei pazienti che sviluppa febbre elevata, nausea, vomito o ipotensione possono ottenere un vantaggio dalla somministrazione EV di 25-50 mg di idrocortisone; questo può quindi essere aggiunto alle successive infusioni EV per prevenire o ridurre le reazioni. In molti casi di trattamento prolungato l‘idrocortisone può essere ridotto e quindi sospeso. Tremori e brividi intensi possono essere alleviati o prevenuti dalla meperidina, 50-75 mg EV. Può anche verificarsi una tromboflebite chimica. La somministrazione intratecale di amfotericina B viene talora utilizzata nel trattamento della meningite cronica, in genere attraverso iniezione diretta intracisternale o mediante un serbatoio sottocutaneo del tipo Ommaya connesso a un catetere intraventricolare. Possono verificarsi cefalea, nausea e vomito, ma questi possono essere ridotti aggiungendo desametasone ad ogni somministrazione intratecale. Talvolta vengono utilizzate somministrazioni intratecali lombari a causa della penetrazione irregolare nelle aree cerebrali coinvolte e degli effetti infiammatori locali potenzialmente gravi che possono portare ad aracnoidite adesiva. Al momento dell‘infusione in una siringa contenente l‘amfotericina B diluita in soluzione glucosata al 5% alla concentrazione di 0,2 mg/ml vengono prelevati 10 ml o più di LCR. Dosi di 0,05-0,5 mg vengono quindi iniettate lentamente, in 2 min o più. Molto spesso, se tollerate, le dosi vengono gradualmente incrementate al massimo fino a uno schema di 0,5 mg 3 volte a settimana. Il principale rischio di tossicità della terapia con amfotericina B è la compromissione della funzione renale. Prima e durante il trattamento devono essere attentamente monitorizzate la creatinina sierica e l‘azotemia. L‘amfotericina B è l‘unico tra i farmaci antimicrobici nefrotossici a non essere eliminato in maniera significativa attraverso il rene. Con il peggioramento della funzionalità renale l‘amfotericina B non si accumula in dosi crescenti; pertanto, in presenza di anomalie moderate della funzione renale, la dose non deve essere ridotta. Tuttavia, nei pazienti che iniziano la 302 terapia con una normale funzionalità renale, la dose di amfotericina B deve essere ridotta quando la creatinina sierica aumenta oltre 3,0-3,5 mg/dl (265-309 mol/l) o l‘azotemia oltre 50 mg/dl (18 mmol Urea/l). La nefrotossicità acuta può essere ridotta mediante un‘idratazione endovena con soluzione fisiologica prima dell‘infusione dell‘amfotericina B. Le alterazioni lievi o moderate della funzionalità renale indotte dall‘amfotericina B in genere si risolvono gradualmente dopo il termine del trattamento. Un danno permanente si verifica principalmente in quei pazienti che vengono sottoposti a terapie prolungate nel tempo (per es., il 75% di quelli che ricevono una dose totale di amfotericina B > 4 g sviluppa un deficit irreversibile della funzionalità renale). In ogni paziente nel quale la funzionalità renale risulti gravemente compromessa prima o durante la terapia con amfotericina B, la decisione definitiva sul dosaggio dell‘amfotericina B EV deve tener conto, rispetto al rischio di insufficienza renale, della gravità della micosi sistemica e della potenziale efficacia di farmaci antimicotici alternativi. Accanto alla tossicità renale l‘amfotericina B determina spesso una soppressione della funzione del midollo osseo che si manifesta principalmente come anemia. L‘epatotossicità o altri effetti collaterali sono poco frequenti. Recentemente sono stati valutati numerosi veicoli lipidici allo scopo di ridurre le manifestazioni tossiche dell‘amfotericina B pur mantenendone l‘efficacia terapeutica. Anche se tali preparazioni differiscono nella composizione, nella tossicità acuta e nell‘eliminazione sierica, esse concentrano la deposizione di amfotericina B nel fegato, nella milza e nei polmoni e determinano una minor tossicità rispetto alla tradizionale amfotericina B deossicolato. Con le preparazioni lipidiche possono quindi essere somministrate con sicurezza più alte dosi di farmaco. In Europa sono disponibili tre preparazioni ma solo una è stata autorizzata negli USA. Quest‘ultima, complesso lipidico di amfotericina B, ha un utilizzo limitato solo all‘aspergillosi invasiva che non risponda all‘amfotericina B colloidale o non possa essere trattata in maniera sicura con adeguate dosi della preparazione standard per un‘alterazione della funzionalità renale. In pazienti con differenti tipi di micosi sono in corso studi clinici per definire la sicurezza relativa e l‘efficacia di queste preparazioni di complessi lipidici così come della dispersione colloidale dell‘amfotericina B, della preparazione liposomiale di amfotericina B e della nistatina incapsulata in liposomi (altro antimicotico polienico correlato all‘amfotericina B). Alcuni medici hanno addirittura utilizzato misture di amfotericina B con Intralipid, ma queste sembrano meno efficaci. Le preparazioni non sono state standardizzate, pertanto possono variare e la nefrotossicità non è stata sensibilmente o consistentemente ridotta. Azoli antifungini: questi farmaci non sono nefrotossici e possono essere somministrati per via orale. Essi rendono possibile la terapia delle micosi croniche in un regime ambulatoriale più semplice. Il primo di questi farmaci orali, il ketoconazolo, è stato superato dai più recenti, più efficaci e meno tossici derivati triazolici quali il fluconazolo e l‘itraconazolo. Il fluconazolo è idrosolubile e dopo somministrazione orale viene assorbito quasi completamente. Viene principalmente eliminato immodificato nelle urine e possiede un‘emivita > 24 h, elemento che ne permette l‘uso in unica somministrazione 303 quotidiana. È dotato di un‘elevata penetrazione nel LCR ( 70% dei livelli sierici) ed è diventato utile soprattutto nel trattamento della meningite criptococcica e da coccidioide (v. oltre). Esso inoltre offre un‘efficace alternativa meno tossica rispetto all‘amfotericina B nel trattamento della candidemia nei pazienti non neutropenici. Anche se originariamente è stato approvato per il trattamento delle micosi sistemiche al dosaggio di 200-400 mg al giorno, per alcuni pazienti gravemente malati da alcuni tipi di micosi possono essere necessarie dosi più elevate, quali 800 mg/die (v. oltre) e in alcuni trial limitati sono state utilizzate persino dosi quotidiane 1000 mg senza un‘apparente eccessiva tossicità. La Candida cruzii è tipicamente fluconazolo-resistente, mentre la Candida (Torulopsis) glabrata è generalmente meno sensibile rispetto alla C. albicans. Recentemente stanno aumentando in maniera progressiva altri tipi di Candida sp fluconazolo-resistenti, anche in relazione al ripetuto e diffuso utilizzo del farmaco per il trattamento e la prevenzione della candidosi e di altre micosi. Finora la maggior parte degli isolati resistenti di Candida sembra comunque sensibile all‘itraconazolo anche se alcuni non lo sono. Di particolare interesse sono le segnalazioni di Candida fluconazolo-resistente in pazienti senza AIDS e mai sottoposti in precendenza a terapia con azoli. Per evitare l‘utilizzo indiscriminato del fluconazolo è fortemente raccomandata una limitazione, almeno finquando non si dimostrino inefficaci altre terapie per le candidosi mucocutanee. Malessere GI e rash cutaneo sono i più comuni effetti collaterali. Una tossicità più grave è rara, ma l‘uso del fluconazolo è stato associato a necrosi epatica, alla sindrome di Stevens-Johnson, ad anafilassi, ad alopecia e ad anomalie congenite successive all‘uso del farmaco oltre il primo trimestre di gravidanza. Le interazioni con altri farmaci si verificano meno frequentemente con il fluconazolo che con il ketoconazolo o l‘itraconazolo. Tuttavia il fluconazolo talora determina un incremento dei livelli sierici di ciclosporina, rifabutina, fenitoina, anticoagulanti orali tipo warfarin, farmaci alla sulfonilurea quali la tolbutamide o zidovudina. La rifampicina può ridurre i livelli ematici di fluconazolo. L‘itraconazolo è diventato il trattamento standard della sporotricosi linfocutanea così come dell‘istoplasmosi lieve o moderatamente grave, della blastomicosi e della paracoccidioidomicosi. Inoltre si è dimostrato efficace in casi lievi di aspergillosi invasiva, in alcuni casi di coccidioidomicosi e in alcuni tipi di cromomicosi. Per l‘elevata solubilità nei lipidi e legame proteico, i livelli ematici di itraconazolo tendono a essere bassi ma i livelli tissutali sono generalmente elevati. I livelli del farmaco nelle urine o nel LCR sono trascurabili. L‘itraconazolo, nonostante non sia il farmaco di scelta, è stato utilizzato con successo per risolvere alcuni tipi di meningite micotica. L‘itraconazolo, come il ketoconazolo, per l‘assorbimento richiede un pH acido, pertanto i livelli ematici dopo somministrazione orale possono variare. Le bevande acide (p. es., coca-cola, succhi di frutta acidi) o il cibo possono migliorarne l‘assorbimento. Tuttavia l‘assorbimento può essere ridotto quando l‘itraconazolo viene assunto con qualunque prescrizione o farmaco utilizzato per ridurre l‘acidità gastrica. Numerose sostanze possono ridurre le concentrazioni sieriche dell‘ 304 itraconazolo, tra queste la rifampicina, la rifabutina, la didanosina, la fenitoina e la carbamazepina. Inoltre l‘itraconazolo inibisce la degradazione metabolica di altri farmaci determinandone un incremento dei livelli ematici con conseguenze potenzialmente gravi. Aritmie cardiache gravi e talora fatali si possono verificare se l‘itraconazolo viene utilizzato con la cisapride o con alcuni antiistaminici quali la terfenadina, l‘astemizolo e forse la loratadina. Rabdomiolisi è stata associata con l‘incremento dei livelli ematici di ciclosporina o di farmaci ipocolesterolemizzanti quali lovastatina o la simvastatina indotto dall‘itraconazolo. Si può anche verificare un incremento dei livelli ematici di digossina, di tacrolimus, di anticoagulanti orali o di ipoglicemizzanti orali quando tali sostanze vengano utilizzate con l‘itraconazolo. Con dosi superiori a 400 mg/die i principali effetti collaterali sono di tipo GI ma alcuni uomini hanno riportato impotenza mentre dosi più elevate possono determinare ipokaliemia, ipertensione ed edema. Altri effetti collaterali descritti comprendono rash allergico, epatite e allucinazioni. Flucitosina: la flucitosina, analogo di un acido nucleico, è idrosolubile e ben assorbita dopo somministrazione orale. Sono comuni resistenze al farmaco sia preesistenti sia emergenti, tanto che viene quasi sempre utilizzata insieme a un altro farmaco antifungino, generalmente l‘amfotericina B. La flucitosina in combinazione con l‘amfotericina B viene principalmente utilizzata per il trattamento della criptococcosi ma si è anche dimostrata utile in alcuni casi di candidosi disseminata, di altre infezioni micotiche e di gravi aspergillosi invasive. Occasionalmente la flucitosina da sola ha migliorato (ma probabilmente non completamente curato) alcuni casi di cromomicosi. La flucitosina in recenti trial è stata anche utilizzata in combinazione con antimicotici azolici. Quest‘ultima combinazione ha fornito promettenti risultati preliminari nella criptococcosi e in alcuni casi di altre micosi ma rimane comunque sperimentale. La dose abituale (150 mg/kg/die PO in 4 dosi frazionate) fornisce elevati livelli di farmaco nel siero, nelle urine e nel LCR. Poiché la flucitosina viene principalmente eliminata dal rene, le concentrazioni ematiche, non appena si sviluppa nefrotossicità in corso di uso contemporaneo di amfotericina B, soprattutto quando quest‘ultima viene utilizzata a dosi > 0,4 mg/kg/die, tendono a raggiungere livelli di tossicità. Si può anche verificare un‘alterazione epatica reversibile. Le concentrazioni sieriche di flucitosina devono essere monitorizzate e il dosaggio corretto per mantenere concentrazioni sieriche entro un range di circa 40-60 g/ml per ridurre il rischio di piastrinopenia e leucopenia. Le concentrazioni della flucitosina diventano spesso elevate durante le fasi precoci della nefrotossicità da amfotericina B, quando la creatinina clearance aumenta in maniera significativa senza un importante incremento dei livelli sierici di creatinina. Pertanto, soprattutto se non possono essere misurati in tempi rapidi i livelli ematici tempestivi, è prudente iniziare la terapia con la dosa più bassa (100 mg/kg/die) e quindi modificare le dosi verso il basso utilizzando il nomogramma accluso nella confezione in accordo con ogni ulteriore riduzione della funzionalità renale. --------------------------------------------------------------------------------------------305 Ci sono 3 principali gruppi di farmaci antifungini (alcuni hanno una elevata tossicità e comparsa di resistenze per terapie protratte): 1. Farmaci polienici 2. Farmaci antimetabolici 3. Imidazolici e Triazoli FARMACI POLIENICI AMFOTERICINA B (nome commerciale FUNGIZONE) E‘ un farmaco polienico con grande tossicità renale. Gli imidazolici e i triazoli, prodotti di nuova sintesi (15 anni) hanno ridotto notevolmente questo problema. Nonostante i loro effetti collaterali vengono usati nelle principali micosi: aspergillosi, criptococcosi, coccidiomicosi, ecc) Meccanismo d’azione Quasi tutti questi farmaci interagiscono con uno sterolo, in particolare con l‘ ergosterolo, di membrana dei funghi, causando buchi nella parete.I funghi più sensibili sono i coccidioidei, candida, criptococcus, blastomiceti.La resistenza è dovuta alla sostituzione dell‘ergosterolo con altri steroli.La tossicità è dovuta alla loro poca solubilità in acqua.Viene somministrato per e.v. Per diminuire la tossicità può essere legato a dei lipidi. L‘ AMBISONE è l‘amfotericina B legata a liposomi ed è meno tossica dell‘amfotericina B semplice, però costa 10 volte di più. Effetti collaterali Sintomi similinfluenzali, con febbre, brividi, dolori ossei dovuti alla liberazione di citochine (IL-1) da parte delle cellule infette.I sintomi possono essere alleviate con paracetamolo o cortisonici. Tossicità renale; aumento dell‘azotemia, acidosi renale con liberazione di elettroliti.Il danno renale è dose dipendente. Tossicità midollare in alcuni soggetti, con conseguente neutropenia e anemia. FARMACI ANTIMETABOLITI FLUCITOSINA (nome commerciale ANCOTIL) E‘ la 5-fluordesossiuridina, che viene deaminata dalla citosinadeaminasi, un enzima fungino, e diventa 5-fluoruracile. Vengono aggiunti dei gruppi fosforici e si ottiene la 5-trifluoruracile che può interagire con l‘RNA.La resistenza al farmaco è dovuta da una diminuzione della permeabilità della membrana allo stesso.Lo spettro d‘azione è più limitato: candida e criptococchi.L‘assorbimento intestinale è buono; si diffonde rapidamente nel corpo. Ha un‘emivita di 3-6 ore ed è eliminato per via renale (valutare quindi la funzionalità renale del soggetto); non si lega alle proteine.Il range terapeutico varia da 50 a 100g/ml e passa bene la barriera ematoencefalica.Viene usato nelle infezioni del sistema urinario (Candida) in associazione o meno con l‘Amfotericina B Effetti collaterali: Tossicità renale assente o molto ridotta 306 Tossicità intestinale con nausea, diarrea, vomito; ciò accade perché nell‘intestino ci sono batteri che la convertono in 5-fluorouracile. Depressione midollare IMIDAZOLI E TRIAZOLI E‘ il terzo gruppo di antifungini.Inibiscono la sintesi dell‘ergosterolo, per interazione con un enzima microsomiale dipendente dal CIT P450.Spettro d‘azione intermedio: candida, criptococchi, blastomices, histoplasma capsulato, aspergillo (in alcuni casi).E‘ difficile misurare la sensibilità dei funghi ai farmaci, come invece avviene per i batteri; i farmaci vengono usati secondo la gravità dell‘infezione e secondo pubblicazioni esistenti. KETOCONAZOLO (nome commerciale NIZORAL) Somministrato per os e richiede un ambiente acido per essere assorbito (antiacidi ne rallentano l‘assorbimento). La dose varia da 200 ad 800 mg. L‘emivita è dose dipendente: per 800 mg è di 7-8 ore. La concentrazione nel liquor è l‘1% di quella plasmatica Concentrazione nelle urine è scarsa Interagisce con i CIT P450 3A4 e quindi interagisce con il metabolismo di alcune sostanze, come ciclosporina, warfarin, terfenadina. Aumento degli enzimi epatici (transaminasi) Indicazioni: Candidosi, paracoccidiosi, coccidiosi ed istoplasmosi Meccanismo d‘azione lento; in casi gravi si da amfotericina B Effetti collaterali: Nausea, vomito, anoressia Anomalie endocrinologiche di ormoni steroidei Nel 10% dei soggetti si ha un aumento degli enzimi epatici ITRACONAZOLO (nome commerciale SPORANOX) Somministrato per os e richiede per l‘assorbimento un ambiente acido Emivita 30 ore Passaggio nel liquor è bassissimo Presenza di metabolita attivo (idrossitraconazolo) Interazione con CIT P450 3A4 che causa i problemi visti per il ketonazolo Indicazioni: Non passa la barriera ematoencefalica Nei pazienti malati di AIDS viene usato per uso profilattico, vista la lunga emivita Nelle criptococcosi è preferibile utilizzare l‘amfotericina B (Il trattamento dei pazientii con AIDS comprende anche il trattamento delle infezioni a cui essi vanno incontro, quindi associazioni di antifungini e antibiotici, anche p er 307 prevenzione secondaria, in quanto una volta contratta l‘infezione è più facile che restino dei focolai). Effetti collaterali: nausea, vomito, anoressia nel 9% dei casi si ha un aumento di trigliceridi nel 6% dei casi vi è ipopotassemia FLUCONAZOLO (nome commerciale DIFLUCAM) Somministrato per os Eliminazione renale per il 90%, per cui bisogna correggere la dose e gli intervalli di somministrazione Emivita di 25-30 ore Passa la barriera ematoencefalica Fa aumentare la concentrazione plasmatica di zidovudine, warfain, fenitoina, ciclosporina Indicazioni: candidosi esofagee e vaginali criptococcosi per prevenire recidive Effetti collaterali: sovrapponibili agli altri della stessa famiglia ANTIFUNGINI PER USO TOPICO Hanno scarsa biodisponibilità orale, per cui vengono usati topicamente.Le somministrazioni possono essere anche prolungate, per alcuni mesi. Tra questi vi sono: clotrimazolo, miconazolo, ecc Ricapitolando: per le infezioni sistemiche e meningee si usa l‘Amfotericina B per le infezioni al SNC e meningee il Cluconazolo, perché l‘amfotericina B passa poco la barriera ematoencefalica itraconazolo e ketoconazolo si stanno usando solo ora e si devono ancora affermare CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI: A. ANTIBIOTICI POLIENICI Tendono a scavare dei pori nella parete dei funghi combinandosi con i fosfolipidi di membrana, facendo perdere nutrienti e ioni alle cellule fungine, che vanno in lisi . Con tale meccanismo agiscono pure sulle nostre cellule e danno toxicita‘. - AMFOTERICINA B: Si usa x aspergillosi invasive, blastomicosi, e tutte le micosi profonde e cutanee Tox dell‘infusione: febbre, azotemia, brividi, vomito, spasmi muscolari, cefalea, ipotensione. Tox ritardata: nefrotox e disfunzone renale ( perdita di k+ e Mg++ x cui si somministra 1 litro di soluzione fisiologica x e.v.), disturbi cardiaci (non puo‘ essere assunta da pazienti affetti da problemi cardiaci), acidosi, convulsioni 308 - NISTATINA A: Si usa x le candidiasi orofaringee e vulvovaginali Tox nausea, vomito, diarrea - MEPARTRICINA è 1 derivato sintetico di 1 antibiotico a struttura polienica che altera la permeabilita‘ della membrana citoplasmatica sia dei funghi che del trichomonas combinandosi con gli steroidi di membrana. E‘ usato pure nel trattamento dell‘ iperplasia prostatica benigna, xchè si combina reversibilmente con gli steroidi presenti nell‘ intestino e soggetti a circolo entero-epatico, con riduzione della deplezione di colesterolo e di androgeni negli acidi ghiandolari della prostata(effetto favorevole) - PIRAMICINA o NATAMICINA B. ANTIMETABOLITI - FLUCITOSINA:Tale molecola è scambiata x l‘ uracile dagli enzimi che devono trasformarla in prodotti utili x la cellula , per cui viene deamminata e trasformata in fluoruracile che interferisce con la sintesi del DNA del fungo. Si usa x le criptococcosi Tox si trasforma in 5 –FLUORURACILE (antineoplastico)con anemia, leucopenia,trombocitopenia , disturbi a carico del fegato C. AZOLI ANTIMICOTICI Sono degli inibitori della sintesi dell‘ ergosterolo ( 1 componente essenziale della membrana cellulare dei miceti), inibendo l‘ enzima 14-alfa demetilasi fungina. Interagiscono con il citocromo P450 e inibiscono la demetilazione del lanosterolo provocando 1 diminuzione di ergosterolo e 1 accumulo aberrante e tossico di steroli nella membrana fungina PER VIA SISTEMICA - KETOCONAZOLO Si usa x le blastomicosi,coccidioidomicosi, candidiasi e tricofitosi tox: Inibisce la steroido-genesi (femminilizzazione negli uomini, infertilita‘, alterazioni del ciclo mestruale) - ITRACONAZOLO Si usa x le blastomicosi, coccidioidomicosi e tricofitosi - FLUCONAZOLO: Si usa x aspergillosi invasive, blastomicosi, e tutte le micosi profonde e cutaneeTox:minore tox, interagisce con gli enzimi microsomiali epatici - VORICONAZOLO ( Vfend) il Voriconazolo si usa nel trattamento delle infezioni fungine potenzialmente fatali. Il farmaco trova particolare impiego nel trattamento dei pazienti immunocompromessi con infezioni progressive da aspergillosi invasiva, da Candida invasiva resistente al Fluconazolo, e da Scedosporum spp e Fusarium spp. Il nuovo antifungino, studiato su più di 2.000 pazienti, ha un ampio spettro d'azione. L'efficacia clinica del Voriconazolo a 12 settimane è superiore a quella dell'Amfotericina B (53% versus 32%, rispettivamente) aumentando la probabilità di sopravvivenza (71% versus 58%, rispettivamente). I principali effetti indesiderati del Voriconazolo sono: disturbi visivi, alterazioni della funzione epatica, e rash cutanei 309 PER USO TOPICO - CLOTRIMAZOLO- Si usa x tutte le candidiasi e tricofitosi - MICONAZOLO- Si usa x le mucormicosi, le candidiasi vulvovaginali e tricofitosi - ECONAZOLO- Si usa x le candidiasi cutanee e tricofitosi - ISOCONAZOLO Si usa x le candidiasi e tricofitosi - BUTOCONAZOLO- - Si usa x le candidiasi vulvovaginali - TERCONAZOLO Si usa x le candidiasi vulvovaginali - TIOCONAZOLO Si usa x le candidiasi vulvovaginali tox: Raramente irritanti D. MORFOLINE - AMOROLFINE è 1 nuovo antimicotico in sviluppo che blocca come gli azoli la sintesi di ergosterolo inibendo 2 enzimi della sua sintesi: la -14 Reduttasi e la 8 a -7 Isomerasi E. GRISEOFULVINA Inibisce la mitosi dei funghi x distruzione del fuso mitotico, arrestando la metafase della divisione cellulare. Si usa x le onicomicosi tox: nausea, vomito, diarrea, mal di testa, neuriti, confusione mentale, affaticamento, fotosensibilizzazione, induttore enzimatico, non si usa in gravidanza F. TERBINAFINA-NAFTIFINA( ALLILAMINE) Inibiscono l‘ enzima squalene-epossidasi nella sintesi degli steroli della parete dei funghi Si usano x le tricofitosi G. TOLNAFTATO- TOLCICLATO Provocano alterazioni citologiche delle ife miceliali a livello mitocondriale , provocando lesioni irreversibili che culminano con la lisi cellulare H. CICLOPIROX OLAMINA o OCTOPIROX o PIROCTONE OLAMINA (derivato dell‘Alchil-idrossi-piridone) Provoca deplezione intracellulare di alcuni substrati e ioni essenziali , attraverso l‘ inibizione del loro assorbimento dal mezzo Si usa x le tricofitosi (x combattere la forfora) e x le dermatiti seborroiche I. ALOPROGINA Rende inefficiente e disorganizza le membrane fungine Si usa x le tricofitosi J. CASPOFUNGINA 310 E‘ un nuovo farmaco antifungino, indicato nei pazienti che non rispondono alla terapia standard dopo l'infezione di aspergillosi invasiva. La Caspofungina è il primo farmaco di una nuova classe terapeutica, le echinocandine.L'aspergillosi invasiva indica un gruppo di infezioni fungine prodotte dal fungo Aspergillus. Si ammalano di aspergillosi soprattutto i soggetti con deficit immunitari. In queste persone l'infezione fungina può risultare anche fatale.In uno studio di piccole dimensioni la Caspofungina , somministrata per via endovenosa a persone colpite da aspergillosi invasiva non responder ad altri trattamenti o intolleranti, è risultata efficace nel 36% dei pazienti non responder e nel 70% dei pazienti intolleranti. 5 ANTIMICOBATTERI 1. ANTITUBERCOLARI La TUBERCOLOSI rappresenta a tutt‘oggi un problema sanitario di interesse mondiale. E‘ la 7° causa al mondo di morte ed è la prima causa di morte nei soggetti affetti da HIV ( specialmente in Asia e in Africa ). 1/3 della popolazione mondiale è affetta da tubercolosi ( il Mycobacterium Tubercolosis è un batterio intracellulare a crescita lenta ).L‘incidenza ( nuovi casi / 100.000 abitanti ) è prevalentemente concentrata in: Asia, Africa, Sud America ( vedi lucido con cartina OMS ).Nel mondo occidentale i dati sono meno preoccupanti, nell‘ambito dell‘Europa c‘è una sorta di fascia centrale ( GB, Italia ) dove la TBC è ufficialmente meno presente rispetto all‘Europa dell‘est, di Spagna e Portogallo.Bisogna però tenere presente che in alcuni paesi, in particolare in Italia, c‘è un problema di sottostima della malattia tubercolare, perché i dati ufficiali che derivano dalla notifica obbligatoria della malattia tubercolare, non sono attendibili per cui l‘incidenza in Italia non è di 10/100.000 come notificato, ma è sicuramente più alta.In Europa, specialmente in Romania, Ex Unione Sovietica, Spagna, Portogallo, si sta verificando un aumento dei casi che merita una particolare sorveglianza epidemica perché la malattia non rispetta i confini.Verso la fine degli anni 70 si è verificata una netta diminuzione della malattia tubercolare grazie agli interventi terapeutici, al miglioramento delle condizioni igienico sanitarie, che avevano permesso di controllare la malattia ( tant‘è vero che in USA verso la fine degli anni 70 si prevedeva una eradicazione della tubercolosi entro il 2000; tuttavia dalla metà degli anni 80 ( 85 – 86 ) c‘è stata una ripresa della malattia tubercolare in USA, verificatasi con un certo ritardo ( primi anni 90 ) anche in Europa pur con le diversità quantitative viste (anche se non raggiungono i livelli di 40, 50 anni fa ). Il fenomeno va quindi osservato dal punto di vista epidemiologico. STORIA NATURALE DELLA MALATTIA TUBERCOLARE 311 Il paziente contagioso, per definizione, è affetto da TBC polmonare ( che rappresenta dal punto di vista clinico oltre il 90% della manifestazione di questa malattia ) ed elimina quantità più o meno abbondanti di bacilli con la tosse o le secrezioni.In questo modo è in grado di contagiare le persone che vivono a stretto contatto con lui. Perché avvenga il contagio occorre un alto livello di micobatteri e/o un‘ esposizione prolungata, è per questo che corrono rischi più seri i conviventi, chi vive a stretto contatto con il malato o chi vive in unità chiuse ( cas-erme ). In generale i contatti fugaci e transitori non sono sufficienti. In seguito all‘esposizione ci sono due possibilità: a. Non ci si infetta perché il sistema immunitario riesce a " Bloccare " l‘agente invasivo b. Ci si infetta. Il 90% di persone che subiscono l‘infezione del micobatterio svilupperà mai nell‘arco della sua vita la malattia tubercolare, cioè si rimane all‘infezione con la comparsa di una situazione immunologia specifica, ma non si verifica il passaggio da infezione a malattia. Solo il 10% di chi si infetta svilupperà una malattia che si potrà manifestare nella metà dei casi ( 5% ) abbastanza precocemente ( entro 2 aa dall‘infezione ) o, nelle forme più tardive ( il rimanente 5% ) nell‘arco dell‘intera vita. La malattia tubercolare ha un incubazione " curiosa " che può andare da pochi mesi all‘arco dell‘intera vita. Ci sono infatti persone anziane che per ragioni di una minore efficienza del sistema immunitario sviluppano la malattia anche a distanza di 30/40 anni dall‘infezione. Ciò è dovuto al fatto che il micobatterio ha la capacità di sopravvivere all‘interno dell‘organismo in una situazione di quiescenza metabolica e di potersi " risvegliare " anche a distanza di anni ( non ne è noto il motivo ). Si parte quindi dal paziente che elimina i bacilli mediante le secrezioni respiratorie, i bacilli rimangono in sospensione nell‘ambiente e possono quindi essere successivamente inalati ( sono contenuti in micro goccioline di saliva che possono rimanere in sospensione nell‘ambiente anche per parecchie ore, la quantità di bacilli necessaria è stimata non abbondante ). Dopo essere stati inalati i bacilli riescono ad arrivare sino alle terminazioni distali dell‘appartao respiratorio dove incontrano le cellule fagocitarie residenti nelle strutture alveolari ( macrofagi ) che fagocitano gli intrusi; nella maggior parte dei casi, il processo si ferma qui perchè in queste persone l‘immunità innata rappresentata dai macrofagi è sufficiente a distruggere i bacilli. In alcuni casi i bacilli riescono a sopravvivere e iniziano a moltiplicarsi. Non è noto cosa regoli questa capacità, sicuramente influiscono fattori genetici ( ci sono razze più esposte alla possibilità di non riuscire a distruggere i bacilli ) e fattori di virulenza dei singoli bacilli. CURIOSITA’: sono in corso studi di immunogenetica per capire meglio la suscettibilità di alcuni individui all’infezione, in particolare pare influisca un deficit di recettori per l’IFNg , presente allo stato eterozigote. 312 Dall‘alveolo i macrofagi che contengono i bacilli che riescono a replicarsi attivamente arrivano ai LN loco-regionali ( perché sfuggono alla fusione del fagosoma con il lisosoma e quindi alla formazione del fagolisosoma ) dove ci può essere la diffusione ematogena dei micobatteri non controllata da una RI specifica ( fin‘ora hanno solo incontrato R aspecifica ) verso delle sedi extra polmonari ( SNC, apparato urogenitale, ossa, reni ).Oppure compare una reazione immunitaria specifica rappresentata dai linfociti T che controllano l‘infezione.Questa immunità compare in genere 2/3 settimane dopo, ed è quella che viene messa in evidenza dalla positività al test di Mantoux ( iniezione intradermica di un estratto di Ag tubercolare che mette in evidenzia la presenza di RI cellulo mediata ).La risposta cellulare si focalizza sia a livello del sito di penetrazione originale del micobatterio,sia a livello del LN, dove compare la lesione di Gohn ( che,insieme alla stria linfangitica e alla linfadenite, fa parte del complesso primario ) una sorta di " cicatrice " immunologia completamente asintomatica che permette un controllo sui micobatteri. ( a lungo andare ci può essere deposizione di sali di Ca presso la cicatrice per cui, nella maggior parte dei casi, quando viene fatta una lastra al torace per altri motivi, grazie alla calcificazione, si possono mettere in evidenza i residui di un complesso primario che può risalire a parecchi anni prima). NOTA: il complesso di Gohn è sviluppato da tutti gli infetti, ma radiologicamente è evidente in una piccola parte di soggetti; questo perché l’entità della reazione flogistica è variabile e solo dove c’è una cospicua reazione si forma una cicatrice di dimensioni tali da essere visibile radiologicamente in seguito alla deposizione di Ca++.. Il punto di arrivo è il granuloma tubercolare che rappresenta l‘espressione istopatologica della risposta immunitaria cellulare e del tentativo ( che può essere più o meno efficace ) del sistema immunitario di circoscrivere la presenza del micobatterio. Si forma una barriera costituita da cellule epitelioidi ( macrofagi ), cellule giganti multinucleate di Langhans + un vallo di fibroblasti fra i quali sono interposti linfociti T.Nell‘ambito del granuloma è presente una zona centrale di necrosi caseosa che è l‘espressione funzionale della fisiologia dei micobatteri in quanto questi sono aerofili, per cui in quest‘ambito manca una saturazione di ossigeno sufficiente a mantenere il loro metabolismo, quindi degenerano. In questo modo il sistema immunitario limita e tiene sotto controllo la presenza dei micobatteri. Cio è quello che si verifica più o meno in qualunque stadio dell‘infezione o anche della malattia tubercolare.Nella maggior parte dei casi però i micobatteri riescono a sopravvivere in uno stato di latenza o quiescenza metabolica all‘interno del granuloma anche per molti anni; si stabilisce quindi un equilibrio in cui il sistema immunitario " sorveglia " i micobatteri che si trovano in questo stato di quiescenza. ( i micobatteri possono essere presso una piccola zona di parenchima polmonare, a livello dei linfonodi o presso le sedi extrapolmonari ). Nei soggetti nei quali si sviluppa la malattia ( più precocemente o più tardivamente ) viene rotto quest‘equilibrio che si è raggiunto nel granuloma; ciò accade per ragioni intercorrenti che inducono immunodeficienza ( da HIV, di tipo iatrogeno, età avanzata, vita stressante, condizioni che da un punto di vista igienico sanitario 313 possono interferire con la funzionalità del sistema immunitario ) e permettono ai micobatteri di fuggire dalla "prigione " che gli è stata costruita attorno. In questo caso abbiamo la colliquazione della zona centrale di necrosi che consente la fuga dei micobatteri i quali, superato il vallo difensivo, tendono a diffondersi nel parenchima circostante e riprendono " a pieno ritmo " la loro attività metabolica. A seguito della diffusione nel parenchima circostante si formano le classiche lesioni tubercolari ( caverne ), ciò accade perché in questo momento è il micobatterio ad avere il " sopravvento ", sfugge al controllo del sistema immunitario che tenta di circoscriverlo, durante questo tentativo a causa della massiva liberazione di E litici si verifica una lisi del parenchima di entità tale da determinare la formazione delle caverne, accompagnata da una compromissione sistemica e da un danno funzionale dell‘apparato respiratorio .Le pareti della caverna sono costituite da un vallo di cellule immunitarie e all‘interno sono contenuti bacilli che, nel momento in cui la caverna viene drenata in una diramazione dell‘albero respiratorio, vengono liberati nelle vie aeree; possono quindi essere eliminati dal paziente mediante la tosse e le secrezioni respiratorie, per cui vengono reintrodotti nell‘ambiente rendendo possibile il contagio di altri soggetti. - CAUSE DELLA RIPRESA NELL‘ULTIMO DECENNIO Le cause sono dovute ad un aumento della frazione di popolazione che possiamo definire immunodepressa o non completamente immunocompetente. I fattori causali principali sono quindi: a. Diffusione dell‘infezione da HIV ( aumenta il rischio di sviluppo della malattia tubercolare perché il sistema immunitario non è efficace nel circoscriverla ) b. Fenomeni di immigrazione da paesi ad alta endemia tubercolare ( che può spiegare dal punto di vista quantitativo una quota dei casi del mondo occidentale ) c. Categorie " a rischio " che vivono in condizioni estreme ( Homeless, persone che vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie ) d. Smantellamento delle strutture di sorveglianza della malattia tubercolare ( sanatori ) e. Nei paesi industrializzati la porzione di soggetti affetti aumenta anche perché grazie allo sviluppo della medicina, consistente nel miglioramento della terapia e l‘utilizzo di immunosopressori, teniamo in vita più a lungo persone la cui immunocompetenza non è comparabile a quella di soggetti normali ( neoplastici, trapiantati, dializzati ) - SINTOMI La tubercolosi si manifesta con sintomi vaghi e aspecifici: FEBBRE, TOSSE, DIMAGRIMENTO. Procede lentamente per cui il deterioramento delle condizioni generali del soggetto è lento. - LOCALIZZAZIONE 314 La malattia tubercolare, per definizione, è una malattia in primis polmonare; può però colpire anche altri organi, le forme extrapolmonari sono meno del 15% e colpiscono il sistema linfatico, la pleura ( in genere la pleurite tubercolare si manifesta in seguito ad una infezione recente ) , ossa, apparato muscoloscheletrico. Una forma particolare di tubercolosi è la forma miliare che rappresenta una forma disseminata in seguito ad infezione recente, quando l‘organismo non ha ancora montato una risposta immunitaria specifica, che permette una disseminazione del micobatterio a tutto l‘ambito polmonare o, più spesso, a tutto l‘organismo. - DIAGNOSI I fondamenti essenziali sono: a. ESAME MICROSCOPICO Si esegue la colorazione di Ziehl-Neelsen che sfrutta le caratteristiche di alcool-acido resistenza della parete per mettere in evidenza i batteri nell‘escreato/espettorato/nel BAL; si può eseguire su qualunque tipo di materiale ma è preferibile eseguirlo su materiale respiratorio.Ha dei limiti perché per vedere i micobatteri al microscopio abbiamo bisogno di una quota minima ( si calcola che sono visibili nel 55% dei casi, le rimanenti forme sono quelle nelle quali l‘esame microscopico è negativo ).Ciò serve per discriminare la contagiosità; si definisce contagioso e si mette in isolamento ospedaliero il paziente con esame microscopico diretto positivo, e lo si tiene fino a quando non si assiste alla sua negativizzazione in corso di terapia(può avvenire dopo 2/3/4 settimane di terapia). b. ESAME COLTURALE Segue l‘esame microscopico e serve a mettere in evidenza su diversi tipi di terreni ( liquidi/solidi ) i micobatteri; permette quindi di " recuperare " la quota dei casi in cui i micobatteri non sono presenti all‘esame diretto ma crescono nell‘esame colturale.Spesso la diagnosi, se il microscopico è negativo, si fa sulla positività di quest‘esame.Consente inoltre di eseguire l‘antibiogramma.Il micobatterio ha crescita lenta ( tempo di replicazione di 20 ore). La patogenesi della malattia è quindi lenta e, di conseguenza, anche la diagnostica è lenta. Spesso occorrono alcune settimane ( almeno 2 o 3 ) per mettere in evidenza il micobatterio all‘esame colturale ( anche con i metodi più moderni ) per cui spesso, anche se c‘è un forte sospetto clinico, si deve cominciare la terapia nonostante la diagnosi non sia certa, in attesa di dati che derivano dall‘esame colturale. TERAPIA Generalmente le grandi malattie batteriche vengono curate con un antibiotico ( sono rari i casi in cui si utilizzano più farmaci ).La TBC si cura invece con l‘associazione di più farmaci e questo è l‘unico modo per curarla ( anche se dal punto di vista metabolico abiamo un " bonaccione " in quanto il micobatterio cresce lentamente e non ha caratteristiche di particolare virulenza rispetto ad altri agenti patogeni.Farmaci di prima scelta: ISONIAZIDE RIFAMPICINA PIRAZINAMIDE ETAMBUTOLO 315 Esistono schemi di terapia che prevedono l‘utilizzazione di più farmaci per parecchi mesi ( vedi lucido ). Oggi si utilizzano 3 o 4 farmaci per i primi due mesi, segue la fase di consolidamento per i 4 mesi successivi ( 6 mesi in totale ) con almeno due tipi di questi farmaci. Si usano ISONIAZIDE e RIFAMPICINA e, per i primi due mesi, si aggiunge ETAMBUTOLO. Il fatto che la TBC richieda diversi farmaci ha due razionali: Tasso di resistenza spontaneo di tipo cromosomico, insito nella popolazione di micobatteri, anche quelli che sono mai stati esposti a farmaci. Una piccola quota ( 10-5/10-6/10-7 ) è cioè resistente a qualunque farmaco che noi utilizziamo, per un meccanismo di resistenza naturale, per cui utilizzando un singolo farmaco si ha il fenomeno " fall and rise ": Somministrando un farmaco contro una popolazione di bacilli mai esposti ( tra i quali ci sono forme resistenti si seleziona nel tempo la quota resistente per cui dopo un po‘ di mesi il paziente avrà fallimento o recidiva della malattia sostenuta da questo ceppo. Usando più farmaci in contemporanea, da un punto di vista statistico, la possibilità di avere bacilli resistenti cala, infatti la probabilità totale è data dal prodotto della probabilità di resistenza ai singoli farmaci, ad esempio: se la resistenza all‘isoniazide è 10-6 è alla rifampicina e 10-8, la popolazione naturalmente resistente in grado di dare recidiva, con micobatteri resistenti ad entrambi i farmaci, sarà di 10-14. Questo è un valore estremamente basso ( perché superiore alla quantità di microrganismi presenti nei polmoni o nella caverna ) I bacilli si trovano in vari distretti: nei macrofagi ( che hanno alcune caratteristiche metaboliche ), liberi nelle caverne ( con altre caratteristiche metaboliche ) e nelle zone di necrosi caseosa ); per cui entra in gioco un discorso di tipo farmacocinetico, cioè i diversi farmaci servono a raggiungere i bacilli in tutti i distretti ( per esempio: tirosinamide arriva bene a livello intracellulare e la rifampicina è attiva nelle zone di necrosi caseosa ) TBC E INFEZIONE DA HIV L‘infezione da HIV è uno dei fattori che aumentano il rischio perché altera la capacità del sistema immunitario e la probabilità di sviluppare la malattia passa dal 10 al 30%.In molti paesi dove c‘è la diffusione dell‘HIV, la TBC ha una incidenza elevata ( specialmente nei paesi dell‘Africa ).La TBC rappresenta la prima causa di morte nei pazienti affetti da HIV.Nei soggetti con l‘infezione da HIV la TBC può avere caratteristiche diverse a seconda del livello di competenza immunitaria. Nei pazienti con un numero di CD4 abbastanza ben conservato ( maggiore di 200/300 ) le caratteristiche cliniche si sovrappongono a quelle del soggetto immunocompetente. Nel paziente immunodepresso, la mancanza di componenti immunitarie in grado di mettere in atto una reattività granulomatosa, sono presenti caratteristiche istopatologiche, cliniche e radiologiche attutite ( il paziente non riesce a bloccare il micobatterio, in quanto non ha reattività sufficiente ) quindi la potologia si presenta in modo anomalo, con quadri aspecifici che non hanno nulla della tubercolosi classica 316 ( TBC a lastra negativa e quadri istopatologici nei quali non si riconoscono le caratteristiche del granuloma ). Ciò causa problemi di diagnosi. FARMACI Si differenziano in Farmaci di 1a scelta e Farmaci di 2a scelta: 1a SCELTA A. ISONIAZIDE Mecc d‘ ingresso: l‘ INI dovrebbe avere dei problemi di passaggio perche‘ ai PH alti del sangue la molecola è in forma tautomerica. Pero‘ l‘ INI tende a formare 1 chelato con alcuni ioni metallici in particolare col rame Cu++ che forma 1 chelato con 2 molecole di INI , riuscendo cosi‘ ad entrare nella parete lipofila del micobatterio. Una volta entrata il chelato si dissocia e l‘ INI è attiva Mecc d‘ azione: l‘ INI blocca la sintesi degli acidi micolici(ac. Grassi) necessari x il neo micobatterio, bloccando l‘ enzima ENOILACIL REDUTTASI, legandosi al suo coenzima NAD+ Tox: reaz. di ipersensibilizzazione (febbre, rash cutanei, ittero), nevriti periferiche (xcio‘ si associa alla piridossina-vit B6), reazioni ematologiche(agranulocitosi, anemia), dolori artritici, Epatotoxicita‘(necrosi del fegato dovuta a 1 metabolita epatotoxico: l‘acetilidrazina) B. RIFAMPICINA E‘ 1 antibiotico inibitore della sintesi dell‘ RNA batterico, inibendo l‘ attivita‘ della RNA-polimerasi DNA-dipendente tox: potente induttore degli enzimi microsomiali epatici (p450), colorazione rossoarancio dei liquidi, febbre, nausea, vomito, rash cutanei, epatite( specie in anziani e alcolizzati), controindicato in gravidanza C. ETAMBUTOLO Agisce sulla sintesi della parete del Micobatt, inpedendo l‘ incorporazione degli Ac micolici con i polimeri glicidici tox: disturbi della capacita‘visiva o neurite ottica dose dipendente (si perde la capacita‘ di distinguere il rosso dal verde), febbre, rash cutanei, disturbi g.i.,dolori articolari , iperuricemia D. PIRAZANAMMIDE(e il suo profarmaco la MORFAZINAMMIDE) agisce liberando l‘ acido pirazinoico che ha attivita‘ battericida tox: epatotox, febbre, ittero, nausea, vomito, dolori articolari, iperuricemia (gotta) E. STREPTOMICINA E‘ un ant amminoglicosidico inibitore della subunita‘ 30s tox: ototoxicita‘( vertigini, perdita dell‘udito), nefrotoxicita‘, febbre, rash cutanei, neurotoxicita‘ 317 2a SCELTA A. ETIONAMIDE Inibisce la sintesi degli acidi micolici inportanti x la parete del micobatterio tox: irritazione gastrica, neurotoxicita‘(ridotta con piridossina-vit B6), epatotoxicita‘ B. ACIDO para AMMINO SALICILICO E‘ un inibitore reversibile della diidropteroato sintetasi del micobatterio t. con antagonismo competitivo x il PABA tox: irritazioni g.i., anoressia, nausea, diarrea, ulcera peptica, lesioni renali o epatiche, gozzo( alterazione della tiroide), acidosi metabolica, febbre, dolori articolari, eruzioni cutanee, adenopatia e granulocitopenia C. D. E. F. G. H. I. J. KANAMICINA tox: come streptomicina AMIKACINA : // // // // CAPREOMICINA CICLOSERINA ] vedi ANTIBIOTICI CIPROFLOXACINA chinolone OFLOXACINA chinolone RIFABUTINA ansamicina TIOCARLIDE è un derivato tiosemicarbazonico che sembra inibire la sintesi degli acidi micolici. È ben assorbito x via orale. Provoca nausea, vomito, anoressia, neutropenia, rush cutanei K. VIOMICINA è usato x trattare i micobatteri come 2a scelta. È di origine naturale dallo streptomices puniceus. Inibisce la sintesi proteica a livello ribosomiale. Crea neuriti dell‘ 8° paio e nefrotossicità e ha uno scarso assorbimento x via orale 2.ANTILEBBRA A. SOLFONI Sono inibitori reversibili della diidropteroato sintetasi del micobatterio lepris con antagonismo competitivo x il PABA - DAPSONE- ACEDAPSONE tox: emolisi(alte dosi),disturbi g.i., metaemoglobulinemia, febbre, prurito, rash cutanei, eritema nodoso leproso(dovuto alla lebbra) B. RIFAMPICINA: Tox:vedi antitubercolari C. CLOFAZIMINA Si lega al DNA del batterio e ne inibisce le funzioni di stampo con attivita‘ lentamente battericida tox: decolorazione della cute (dal rosso scuro al nero), intolleranza g.i. 318 6 ANTISETTICI URINARI E UROLOGICI TRATTAZIONE DELLE INFEZIONI DELL’ APPARATO URINARIO Definizione di INFEZIONE URINARIA: condizione in cui alcuni batteri (che in genere appartengono a classi ben precise) sono presenti e si moltiplicano nelle urine. Il semplice ritrovamento di specie microbiche nelle urine non è un criterio clinico di infezione. Ad es. se prendo un barattolo da urocoltura e lo lascio lì per un‘intera notte, i batteri si moltiplicano nel barattolo perché ci sono condizioni che facilitano ciò, ma questo non è indice di infezione. Dobbiamo invece avere la prova della moltiplicazione di batteri all‘interno dell‘organismo. Nell‘apparato urinario distinguiamo un orifizio di partenza, il meato uretrale, e un punto di arrivo, il rene. Possiamo distinguere infezioni delle alte e delle basse vie urinarie. INFEZIONI DELLE BASSE VIE URINARIE--> sono le più frequenti in assoluto, e comprendono: uretrite:infiammazione uretra distale, può essere aspecifica oppure legata a un germe particolare, come il Gonococco. sindrome ureterale acuta cistite: la più frequente, soprattutto nelle donne prostatite ed epididimite INFEZIONI DELLE ALTE VIE URINARIE-> colpiscono il rene: pielonefrite acuta pielonefrite cronica: non obbligatoriamente segue a infezione acuta, ma se ne può fare diagnosi "ab initio"(seguono a infezioni acute clinicamente silenti e che sono perciò passate inosservate) Possiamo anche usare un altro criterio di classificazione: 1)INFEZIONI NON COMPLICATE:cistite in donna non gravida, in assenza di alterazioni neurologiche o anatomiche del tratto delle vie urinarie-->comprende circa l‘80% degli episodi 2)INFEZIONI COMPLICATE: tutte quelle che colpiscono bambini, maschi adulti (ad eccezione dell‘uretrite), donne gravide situazioni in cui aumenta il volume residuo(= quantità di urina che rimane stazionaria in vescica dopo la minzione spontanea), presenza di ostruzione (per malformazioni anatomiche, disturbi funzionali, o altre situazioni cliniche come la calcolosi), o catetere, o corpi estranei, diabete. CLASSIFICAZIONE DELLE INFEZIONI DEL TRATTO URINARIO 1)Non complicate--> sono la > parte, sopr. nelle donne: apparato urinario normale 319 funzione renale normale 2)Complicate: anormalità tratto urinario ( calcoli, reflusso vescico-ureterale, nefropatia da reflusso, nefropatia da analgesici, ostruzione, paraplegia, catetere, vescica atonica) compromissione delle difese dell‘ospite (neutropenia, terapia immunosoppressiva, diabete) compromissione della funzione renale microrganismi virulenti tutti i maschi FISIOPATOLOGIA L‘infezione può avvenire per via: ascendente--> la più comune, i microrganismi partono dall‘orifizio dell‘uretra e risalgono verso il rene ematogena--> per sepsi o batteriemia importante legata a focolai a distanza che riforniscono il torrente circolatorio di cariche ripetute di germi, che possono arrivare alle strutture anatomiche del nefrone, pabulum molto gradito, e dare ascessi renali (poco frequenti, ma molto importanti dal punto di vista clinico per la loro gravità) linfatica--> (difficile da dimostrare, forse non rilevante, molti non vi credono) a partenza da tratto genitourinario o più facilmente da tratto gastrointestinale Determinanti dell’infezione: 1)fattori genetici--> predisposizione legata alla condizione delle mucose (integrità, presenza di recettori per il microrganismo) e al rapporto tra l‘ospite e il microrganismo (es. stipiti dotati di fattori d‘adesione) 2)entità dell‘inoculo--> se arrivano pochi germi, si riesce a contenere l‘assalto con i poteri di difesa delle mucose oppure con il lavaggio meccanico da parte dell‘urina; quando si supera una soglia critica, si ha infezione indipendentemente da fattori genetici e immunologici 3)virulenza del germe--> alcuni germi non danno mai infezioni delle vie urinarie; E. coli è in assoluto il più rappresentato nelle colture da soggetti infetti (circa 80% casi), ma solo alcuni ceppi di E. coli dotati di particolare virulenza sono patogeni 4)meccanismi di difesa: svuotamento vescica: se non avviene frequentemente, l‘urina staziona più a lungo e i germi hanno più tempo a disposizione per replicarsi e possono sfruttare maggiormente sostanze presenti in vescica utili per la loro vita apporto idrico: se è scarso, si ha ritenzione idrica relativa, si urina meno e si aggrava il meccanismo precedente minzioni frequenti efficienza valvola vescico-ureterale: l‘uretere entra in vescica con una particolare angolazione e ha uno sfintere (più funzionale che anatomico) che impedisce il reflusso. Questa capacità dello sfintere si ottiene con la maturazione dell‘organismo, generalmente nell‘arco di alcuni mesi. Molte 320 bambine lattanti hanno atonia di questo sfintere, per cui molto facilmente germi da vescica possono risalire in uretere determinando pielonefriti anche importanti lunghezza dell‘uretra: quella maschile è più lunga, ciò costituisce un fattore protettivo flora vaginale: se non è ben bilanciata e si ha preponderanza di alcune specie microbiche, si ha squilibrio e più facilmente colonizzazione da germi virulenti gravidanza: problemi legati a situazione meccanica (peso dell‘utero gravido su vescica, con compressione e alterazione dei normali rapporti idraulici--> si creano facilmente condizioni di ristagno) e ormonale. L‘infezione in gravidanza è particolarmente importante, per i suoi riflessi sulla salute della madre e sulla gravidanza stessa 5)anomalie urinarie: ostruzione: i calcoli sono frequentemente legati a infezioni delle vie urinarie, perché spesso nelle loro concrezioni trattengono detriti cellulari o composti chimici favorevoli per il metabolismo microbico riflesso vescico-ureterale incompleto svuotamento vescicale corpi estranei: non dimenticarli, perché sono abb. frequenti e perché spesso il paziente non ne segnala la presenza per vergogna 6)diabete mellito--> influenza i meccanismi difensivi dell‘organismo, altera le funzioni immunologiche, può essere presente glicosuria (glucoso che viene utilizzato dai batteri). Nel diabetico le infezioni delle vie urinarie sono le più frequenti dopo quelle cutanee. EPIDEMIOLOGIA Importanti fattori sono età e sesso. bambini <1 anno: le infezioni delle vie urinarie sono relativamente frequenti, per immaturità funzionale e alterazioni anatomiche: prevalenza 1%, uguale per maschi e femmine bambini fino a 5 anni:femmine 4-5%, maschi 1%, per anomalie funzionali o congenite età sessualmente attiva (18-40 anni): femmine 20%, maschi 0,5-1%. Si ha una notevole differenza fra i due sessi, perché per motivi anatomici il rapporto sessuale è uno dei fattori chiave nel determinismo dell‘infezione nella donna 40-60 anni: femmine 40%, maschi 20% (ipertrofia prostatica predispone all‘ostruzione) >60 anni: femmine = maschi (cateterismo, ospedalizzazione, diabete) SINTOMATOLOGIA Infezioni asintomatiche: 1-2% bimbe (mangiano meno, piangono frequentemente senza motivo ma non sanno localizzare il sintomo) 3-5% donne adulte 0,5% maschi adulti 321 2-18% donne gravide Infezioni sintomatiche: 1)febbre--> talvolta raggiunge brutalmente 38-40° 2)dolore lombare--> simile a coltellata nella schiena 3)brivido squassante 4)disuria--> difficoltà a urinare 5)minzione imperiosa--> bisogno impellente di mingere 6)pollachiuria 7)dolore sovrapubico 8) febbricola 1)+2)+3) sono i sintomi tipici Nei maschi: idem+: 9)minzione in due tempi--> si inizia a urinare, improvvisamente si ha blocco del getto, che poi riprende fino alla fine della minzione 10)diminuzione della potenza del mitto--> il paziente si lamenta di "urinarsi sulle scarpe"; si ha soprattutto in anziani, in cui si hanno anche problemi prostatici 11) dolore perineale DIAGNOSI: (clinica+ conferma con tecniche di laboratorio) 1) sospetto clinico--> anamnesi + EO mi possono dare 70% diagnosi 2) ispezione urina--> se torbida, sospetto infezione delle vie urinarie. Soprattutto per gli uomini è meglio usare due bicchieri, per raccogliere urine a inizio e fine minzione: in entrambi possono essere torbide, opache, con corpuscoli che viaggiano. 3)dipstick--> valuto pH e altri parametri, sopr. esterasi (indicatore del metabolismo dei batteri), osservo viraggio del colore della cartina. Tutto ciò può essere fatto in ambulatorio, semplicemente visitando il paziente. 4)urocoltura: da eseguire sempre in caso di: infezione alte vie: per la gravità (febbre alta, dolore lombare) è importante cercare di capire la specie microbica responsabile, per orientare la terapia antibiotica, che deve essere energica infezioni complicate infezioni ricorrenti (eccetto quelle legate all‘attività sessuale) gravidanza: per la gravità, perché il trattamento dev‘essere guidato dall‘antibiogramma, per scegliere antibiotici non lesivi sul prodotto del concepimento prima e dopo manovre urologiche dopo rimozione di catetere a dimora E‘ importante usare una tecnica adeguata--> detersione meato uretrale esterno, con garze imbevute prima di sapone e poi di soluzione antisettica; per evitare contaminazione del mitto è necessario aprire lievemente grandi labbra, prepuzio retratto nei maschi. Interpretazione del risultato: un tempo: >106 CFU/ml 322 poi: >104 CFU/ml oggi: donne con piuria (urina torbida) e sintomi >10² un solo ceppo; uomini >10³ 5)esame urine : piuria: >10 elementi microbici/mm³ 6)emocoltura--> in caso di ascesso renale, pielonefrite acuta, in cui c‘è sepsi consensuale; è positiva in 30% pazienti con pielonefrite acuta 7)studi urologici--> indicati in infezioni ripetute, complicate, sospetto anormalità urologica,sospetto ostruzione: ecografia: vede ostruzione, si fa dopo 72 ore dal momento in cui il paziente non migliora TC: vede ascesso, si fa dopo 72 ore urografia per via perfusionale: nei casi più complicati TERAPIA 1)infezioni non complicate: penicilline o chinolonici per os per 3 giorni 2)infezioni complicate si tratta per 7-14 gg., 12 settimane in prostatite cronica o pielonefrite cronica (la loro sterilizzazione richiede anche mesi di terapia) FARMACI: 1. ANTISETTICI URINARI A. METENAMINA Libera in ambiente acido aldeide formica ( con attivita‘ battericida) e ioni ammonio. E‘ pero‘1 agente alchilante tox: Irritante, disturbi g.i., albuminuria, ematuria, eruzioni cutanee B. DERIVATI NITROFURANICI Interferisce con gli enzimi e il DNA batterico - NITROFURANTOINA:( si acidificano le urine x potenziarne l‘azione –la molecola è ionizzata a ph alcalino e non agisce pechè non passa le membrane) Interferisce con gli enzimi e il DNA batterico tox: colorazione bruna delle urine, disturbi g.i. ( nausea, vomito), neurite periferica, tox polmonare con pleurite e polmoniti acute, anemia emolitica ( in pazienti con deficit della glucosio 6 fosfato deidrogenasi). E‘ mutageno e oncogeno - NIFURTOINOLO C. ACIDO NALIDISSICO E CHINOLONICI - ACIDO OSSOLINICO - ACIDO PIPEMIDICO - ACIDO PIROMIDICO - CINOXACINA Sono inibitori della DNA girasi batterica , interagendo col sito A 323 tox disturbi al SNC(sonnolenza), nefrotoxicita‘(cristalluria), tox a livello delle cartilagine ossea. Agiscono solo contro GRAM - . D. COTRIMOSSAZOLO (SULFAMETOSSAZOLO + TRIMETOPRIM) (BACTRIM) E‘ un associazione di 2 farmaci che agiscono entrambi inibendo la stessa via metabolica di sintesi del tetraidrofolato nei batteri: - trimetoprim: inibitore della diidrofolato reduttasi batterica + sulfametoxazolo: inibitore della diidro-pteroato sintetasi batterica tox: rash cutanei, nausea, vomito, stomatite, anemia megaloblastica, leucopenia, trombocitopenia, febbre E. FOSFOMICINA antibiotico che blocca la sintesi della parete batterica 2. FARMACI USATI NELLE DISFUNZIONI ERETTILI - ALPROSTADIL è 1 prostaglandina ad azione vasodilatante e antiaggregante piastrinica - PAPAVERINA(iniezione intracavernosa) Inibisce le AMPc-fosfodiesterasi cellulari della muscolatura liscia, inibisce la mobilizzazione di Ca++, aumenta l‘ attivita‘ purinergica) - YOHIMBINA alfa 2 antagonista adrenergici - SILDENAFIL inibitore delle PDE V( fosfodiesterasi 5 della via dell‘ NO-sintasi (vedi tratt.angina p.)) aumentando i livelli citoplasmatici di GMPc , con la conseguente attivazione di 1 protein chinasi G (PKG) che a sua volta attiva i fosfolambani associati alla pompa Ca++-ATPasi del reticolo sarcoplasmatico , che aumentano l‘ estrusione (fuoriuscita) di Ca++ dal citosol , con 1 brusca caduta della [Ca++] intracell e quindi rilassamento delle cellule muscolari lisce delle vene e delle arterie. - VARDENAFIL inibitore delle PDE V( fosfodiesterasi 5) Il Vardenafil è un potente e selettivo inibitore della fosfodiesterasi-5 (PDE-5). Ad oggi sono stati compiuti 8 studi clinici di fase III , che hanno coinvolto circa 4.000 pazienti. In uno studio pilota di fase II, il Vardenafil ha prodotto miglioramenti statisticamente significativi nella funzione erettile verso placebo con un'efficacia superiore all'85%. Si ritiene che la disfunzione erettile interessi più della metà degli uomini di età superiore ai 40 anni. Nel mondo sarebbero 140 milioni le persone che ne soffrono, ma solo 20 milioni ricevono ad oggi un trattamento medico. Ventun pazienti con disfunzione erettile sono stati randomizzati a ricevere il Vardenafil, 20 mg e 40 mg. Le concentrazioni plasmatiche del Vardenafil sono aumentate in modo significativo rapidamente, con un tmax di 40 minuti ed un t ½ di 4,4-4,8 ore. La biodisponibilità relativa è stata leggermente più alta con il dosaggio di 40 mg, rispetto ai 20 mg. Entrambi i trattamenti con i due dosaggi di Vardenafil sono 324 risultati ben tollerati sebbene ci sia stato un leggero aumento degli effetti indesiderati (cefalea, rossore al volto, e congestione nasale) con la formulazione di 40 mg. Pertanto gli Autori hanno concluso affermando che il Vardenafil è in grado di produrre sotto stimolazione sessuale visiva una maggiore erezione e di più lunga durata rispetto al placebo nei pazienti con disfunzione erettile. - TADALAFIL è la nuova molecola messa a punto dalla Ely Lilli per far concorrenza alle celebri ―losanghe blu‖ della Pfizer (Sildenafil), dal momento che promette di agire per molte ore dall'assunzione (36), evitando così a chi ne fa uso di doversi fermare giusto un attimo prima del rapporto per prendere la pillola! La Food and Drug Administration l'ha accettata dopo i risultati ottenuti su circa 350 volontari in 36 ospedali europei e statunitensi. I partecipanti al trial, infatti, hanno assunto ogni giorno 20 milligrammi di Tadalafil o di placebo per due mesi. I dati registrati lasciano pochi dubbi: mentre sei su dieci di coloro che hanno preso il farmaco sono stati in grado di avere rapporti a 24 e 36 ore di distanza, solo tre su dieci tra chi ha preso un placebo ce l'hanno fatta. In più la molecola a quelle dosi non raggiunge concentrazioni tossiche nell'organismo e può quindi essere presa quotidianamente; gli effetti collaterali più comuni sono cefalea, indigestione, vampate di calore. 3. FARMACI USATI NELL‘ IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA La prostata è 1 organo muscolo-connettivale ghiandolare contiguo all‘ apparato genitale maschile , in cui sono contenute una trentina di ghiandole i cui dotti escretori sboccano nel primo tratto dell‘ uretra. L‘ ipertrofia protatica benigna è una patologia in cui la prostata si presenta aumentata di volume per la presenza di un adenoma di dimensioni variabili. Il soggetto lamenta vari sintomi: di dover urinare spesso (pollachiurìa); ritardo nell‘ emissione dell‘ urina; il getto urinario è deviato; Tutti questi sintomi sono dovuti alla compressione esercitata dall‘ adenoma sull‘ uretra, con difficoltà a svuotare completamente la vescica (ciò può favorire infezioni urinarie, con bruciore durante la minzione, cioè Stranguria). Si può curare in vari modi: A. ANTAGONISTI ALFA 1 ADRENERGICI rilassano la muscolatura liscia della prostata, facilitando l‘ estrusione dell‘ urina e migliorando la sintomatologia ostruttiva. Gli effetti indesiderati sono : sonnolenza, vertigini, ipotensione posturale, astenia, depressione, cefalea, xerostomia, disturbi dell‘erezione, tachicardia e palpitazioni. Siccome sono degli ipotensivi alla prima dose potrebbero provocare 1 collasso dovuto all‘ effetto ipotensivo: si consiglia di avvertire ai pazienti di sdraiarsi appena compaiono sintomi come vertigini, astenia o sudorazione. - ALFUZOSINA - TAMSULOSINA - DOXAZOSINA 325 - INDORAMINA - PRAZOSINA - TERAZOSINA B. INIBITORI DEL TESTOSTERONE-5-ALFA-REDUTTASI enzima responsabile della trasformazione intracellulare del testosterone in diidrotestosterone, che ipertrofizza la prostata tramite stimolazione proliferativa sulle parti immediatamente sottocorticali della ghiandola prostatica. Esistono ben 2 isoforme dell‘ enzima 5 alfa reduttasi: Quella di tipo 1 è presente nella cute non genitale, quella di tipo 2 nel tratto urogenitale mashile e nei follicoli piliferi. La finasteride posiede maggiore affinità di oltre 100 volte x la reduttasi di tipo 2 rispetto a quella di tipo 1. - FINASTERIDE è 1 steroide sintetico; possiede maggiore affinità di oltre 100 volte x la reduttasi di tipo 2 rispetto a quella di tipo 1, x cui è usato per l‘ iperplasia prostatica benigna alla dose di 5 mg; si usa anche (alla dose di 1 mg) per trattare l‘ alopecia androgenica negli uomini di età compresa tra i 18 e i 41 anni. L‘ effetto collaterale maggiore è di provocare disfunzione erettile con diminuzione della libido. - SERENOA REPENS (REPENTINA) oltre a inibire la 5-alfa reduttasi, ha anche 1 azione antiedemigena ed è 1 antagonista competitivo sui recettori prostatici x il diidrotestosterone - DUTASTERIDE ( Avodart ) approvata x il trattamento dell'ipertrofia prostatica. La Dutasteride si differenzia dalla Finasteride ( Proscar ) per essere il primo inibitore della 5-alfa reduttasi in grado di inibire entrambi gli enzimi ( isoenzima di tipo 1 e di tipo 2 ) che convertono il testosterone in diidrotestosterone ( DHT ) a livello prostatico e di altri tessuti. La Dutasteride riduce i livelli di DHT del 90%. Studi clinici, che hanno coinvolto più di 4.300 pazienti per 2 anni, hanno mostrato che il farmaco è in grado di ridurre il rischio di incapacità ad urinare del 57% e la necessità a sottoporsi ad operazione chirurgica del 48%. Gli effetti indesiderati sono risultati lievi-moderati. Nel 4,7% degli uomini che hanno fatto uso della Dutasteride si è osservata impotenza e nel 3% calo della libido. Si sono , inoltre , presentati : disturbi di eiaculazione e ginecomastia. C. ALTRI - MEPARTRICINA è 1 derivato sintetico di 1 antibiotico a struttura polienica che altera la permeabilita‘ della membrana citoplasmatica sia dei funghi che del trichomonas combinandosi con gli steroidi di membrana. E‘ usato pure nel trattamento dell‘ iperplasia prostatica benigna, xchè si combina reversibilmente con gli steroidi presenti nell‘ intestino e soggetti a circolo entero-epatico, con riduzione della deplezione di colesterolo e di androgeni negli acidi ghiandolari della prostata (effetto favorevole) 326 - PYGEUM AFRICANUM - - - - 4. ANTISPASTICI URINARI (PER L‘INCONTINENZA URINARIA) FLAVOXATO esplica un‘ azione anticolinergica sui recettori muscarinici del tratto urinario; inibisce le fosfodiesterasi ed è anche 1 Ca++-antagonista (rilassa la muscolatura liscia della vescica). Si associa spesso ad un antinfiammatorio (come il propilfenazone) per trattare algie pelviche, dismenorrea, ipertonia. Da solo il flavoxato si usa x la pollachiuria, incontinenza urinaria, disuria, spasmi vescicali dovuti a cateterismo. Dona una leggera sonnolenza, disturbi della vista, tachicardia. OXIBUTININA inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; Si usa x la pollachiuria e l‘incontinenza urinaria, disuria, spasmi vescicali dovuti a cateterismo e x l‘enuresi notturna negli adulti anziani TOLTERADINA inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; Si usa x la pollachiuria e l‘incontinenza urinaria negli adulti anziani PROPIVERINA Inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; PROPANTELINA inibisce gli effetti recettoriali dei recettori muscarinici periferici dell‘ Ach in modo specifico sull‘ apparato urinario; si usa x l‘enuresi notturna negli adulti anziani TROSPIO (Uraplex ) usato x il trattamento dell'instabilità del muscolo detrusore o iperriflessia del muscolo detrusore, con i sintomi di frequenza urinaria, minzione impellente e incontinenza da minzione impellente. Proprietà farmacologiche: Il trospio cloruro è un derivato ammonico quaternario che blocca in modo non selettivo i recettori muscarinici. Dopo somministrazione orale, i livelli plasmatici massimi vengono raggiunti dopo 4-6 ore. Il trospio viene eliminato con le urine come farmaco immodificato; solo una piccola parte (10%) è presente nell'urina sotto forma di spiroalcool, un metabolita formato dall'idrolisi dell'estere. L'emivita di eliminazione è compresa tra le 10 e le 20 ore. Nei pazienti con insufficienza renale grave (clearance della creatinina 8-32 ml/min) l'emivita aumenta di due volte. Efficacia clinica: L'instabilità del detrusore è la causa dell'incontinenza urinaria in un terzo delle donne e in circa la metà degli uomini che ne sono affetti. Questa condizione è caratterizzata da contrazioni involontarie della vescica che si traducono in un bisogno urgente e incoercibile di urinare e, spesso, in incontinenza. Quando il problema è grave, la minzione può avvenire in modo precipitoso alla prima sensazione di pienezza vescicale. Si parla di "iperriflessia del detrusore" quando l'instabilità vescicale si associa con una malattia neurologica (accidenti cerebrovascolari, lesioni del midollo, sclerosi a placche, ecc.). I trattamenti dell'instabilità del detrusore si basano sulla riabilitazione vescicale e la fisioterapia, sulla terapia farmacologica (ossibutinina e tolterodina) e, da ultimo, sull'intervento chirurgico. Gli studi controllati, randomizzati, condotti 327 - sul trospio cloruro e pubblicati integralmente, come principale criterio di valutazione di efficacia hanno adottato i parametri urodinamici (es. capacità vescicale massimale, pressione uretrale, compliance vescicale, volume residuo post-minzionale) e non le percentuali di guarigione o il miglioramento dei sintomi (es. numero di minzioni imperiose). In due studi in doppio cieco (su un totale di 517 pazienti), il trospio (20 mg x 2/die per 3 settimane) ha migliorato in termini significativi il quadro urodinamico complessivo rispetto al placebo. In un altro studio di breve durata (2 settimane) realizzato su 95 pazienti con iperriflessia del detrusore, trospio (20 mg x 2/die) e ossibutinina (5 mg x 3/die) hanno prodotto lo stesso miglioramento dei parametri urodinamici. Due studi condotti su pazienti con incontinenza da urgenza minzionale risultano pubblicati solo sotto forma di abstract. Nel primo, della durata di 52 settimane, il trospio cloruro (20mg x2/die) si è dimostrato simile alla ossibutinina (5 mg x2/die) nel ridurre la frequenza delle minzioni, ma meglio tollerato 6. Nel secondo studio, della durata di 3 settimane, il trospio è risultato pari alla tolterodina (2 mg x2/die) nel diminuire la frequenza delle minzioni, ma superiore nel migliorare gli episodi di incontinenza. Effetti indesiderati: I principali effetti indesiderati del trospio cloruro sono, ovviamente, di tipo anticolinergico; la xerostomia è stato il disturbo più frequentemente riportato negli studi clinici con una incidenza variabile dal 6% al 41%. Nello studio di confronto con l'ossibutinina condotto sul breve periodo, un minor numero di pazienti trattati con trospio ha lamentato secchezza della bocca grave (4% vs. 23%) o ha sospeso il trattamento a causa degli effetti indesiderati (6% vs. 16%)5. Nel secondo studio comparativo con l'ossibutinina, della durata di un anno, ad eccezione della secchezza della bocca risultata più bassa (25% vs. 44%), l'incidenza degli altri effetti indesiderati di tipo anticolinergico è stata simile: stitichezza (6% vs 3%), dispepsia (5% vs. 4%), disturbi dell'accomodazione (3% vs. 3%). Dosaggio: La dose raccomandata dalla ditta produttrice è di 20 mg 2 volte al giorno. La compressa deve essere assunta a stomaco vuoto, prima dei pasti con un bicchiere d'acqua. L'assunzione contemporanea con gli alimenti, specie se ad elevato contenuto lipidico, riduce del 15-20% la biodisponibilità del trospio. AMITRIPTALINA è un antidepressivo triciclico inibitore del reuptake delle amine biogene (NA, DA, 5-HT) usato x l‘ enuresi notturna nei bambini IMIPRAMINA è un antidepressivo triciclico inibitore del reuptake delle amine biogene (NA, DA, 5-HT) usato x l‘ enuresi notturna nei bambini NORTRIPTILINA è un antidepressivo triciclico inibitore del reuptake delle amine biogene (NA, DA, 5-HT) usato x l‘ enuresi notturna nei bambini DESMOPRESSINA analogo della Vasopressina usato x l‘enuresi notturna nei bambini 5. SOLVENTI DEI CALCOLI URINARI - KALNACITRATO elevando il pH dell‘ urina a valori adeguati (6,4 \ 7)e mantenendolo x un tempo abbastanza protratto riesce ad ottenere la dissoluzione dei calcoli di acido urico presenti e a prevenirne la formazione 328 - TERPENI 6. FARMACI CHE MODIFICANO IL pH DELLE URINE Con questi farmaci è possibile ottenere una variazione di pH in un range compreso fra 5 e 8.5. A. Agenti che aumentano il pH urinario Sono il citrato di sodio o di potassio: vengono metabolizzati ed i cationi vengono eliminati come bicarbonati che alcalinizzano le urine. Questo effetto può aumentare l‘azione di certi antibiotici, come la streptomicina; inoltre l‘alcalinizzazione stessa delle urine determina un certo potere antibatterico diminuendo l‘irritazione e l‘infiammazione delle vie urinarie. L‘alcalinizzazione dell‘urina previene la cristallizzazione di certi farmaci, come i sulfamidici, e previene la formazione di calcoli di acido urico e di cistina. I farmaci composti da acidi deboli (aspirina, salicilati ed alcuni barbiturici) vengono maggiormente escreti. B. Agenti che diminuiscono il pH urinario. Questo effetto si può ottenere con il cloruro di ammonio: viene utilizzato anche nell‘acidosi metabolica in cui è controindicato il cloruro di sodio se il paziente è edematoso. È controindicato nell‘insufficienza epatica dove può dare origine all‘encefalopatia. 7 ANTITUMORALI STORIA NATURALE DEI TUMORI Ci sono molte definizioni di tumore; sostanzialmente la maggior parte delle definizioni sottolinea il fatto che il cancro è la proliferazione di un ammasso cellulare neoformato che non sottostà più alle regole dei tessuti che lo ospitano mentre in maniera progressiva e disordinata li invade e li infiltra. Altre definizioni pongono l‘accento sul fatto che le cellule tumorali hanno perduto in parte o totalmente ed in maniera irreversibile le capacità funzionali che svolgevano correttamente quando erano cellule sane, mentre ne hanno acquistate di nuove come ad esempio la capacità di riprodursi ed attecchire anche in tessuti lontani da quello nativo, oppure ancora la capacità di produrre proteine e sostanze totalmente nuove o diverse da quelle che avrebbero dovuto fabbricare. Ma in tutti i casi il cancro è sempre riconducibile ad un’alterazione non riparabile ed irreversibile del genoma cellulare. Questa è probabilmente l‘autentica definizione di cancro, una definizione capace di sintetizzare anche il meccanismo etiopatogenetico. Se il danno genetico è lieve la cellula può essere in grado di ripararlo grazie ad una endonucleasi che escinde il frammento di DNA danneggiato e alla DNA-polimerasi che riscrive il nuovo 329 frammento corretto copiandolo dal corrispondente indenne dell‘altra elica del DNA; ma se la cellula mutata si riprodurrà prima di essere riuscita a riparare il danno, essa replicherà anche il suo DNA sbagliato, trasferendo a tutta la sua discendenza l‘errore genetico. In questo modo da una singola cellula mutata sarà derivato prima un clone tumorale e successivamente un tessuto tumorale. Le cause che possono indurre un danno al patrimonio genetico di una cellula, cioè che possono indurre un‘alterazione segmentaria del DNA di una cellula, possono essere esterne o interne alla cellula stessa. Tra le cause intrinseche vanno annoverati tutti i deficit dei sistemi enzimatici cellulari deputati appunto alla riparazione del DNA. Tra le cause estrinseche, che sono anche le più frequenti, interessanti e pericolose, vanno invece annoverate le cause ambientali (agenti chimici e agenti fisici) e le cause virali (virus oncogeni). Ma in conclusione, qualunque sia stata la causa mutazionale, se la cellula non ha potuto autoripararsi e se è sopravvissuta alla mutazione stessa, l‘errore genetico verrà riprodotto nella discendenza. Tra le cause extracellulare affascinante è il ruolo di certi virus capaci di inserirsi totalmente o in parte nel DNA della cellula. I virus sono per definizione incapaci di replicarsi autonomamente come i batteri e gli altri organismi, per cui si servono della cellula che parassitano per riprodursi. Ma i virus così detti oncogeni hanno una marcia in più, cioè posseggono dei geni virali detti v-onc o geni trasformanti, cioè geni capaci di indurre mutazione. Anche nelle cellule sane per la verità sono stati scoperti geni simili agli oncogeni virali, che sono stati chiamati c-onc o geni protooncogeni. Come si difendono normalmente le cellule sane? Le cellule hanno altri geni che esplicano attività repressiva sulla comparsa di alterazioni neoplasti-che: sono i geni anti-oncogeni o geni repressori del cancro. Da tutto ciò si evince che la partita della mutazione oncogenetica si combatte su un piano di contrap-posizione e bilanciamento tra forze onco-inducenti e forze onco-repressive. Abbiamo detto che una cellula oncologicamente mutata diventa un clone cellulare capace di replicarsi successivamente e progressivamente per costituire giorno dopo giorno un tessuto tumorale, cioè un cancro. Un tumore solido diventa clinicamente evidenziabile quando le cellule che lo costituiscono hanno raggiunto il numero di almeno un miliardo. I tumori con una popolazione cellulare inferiore al miliardo sono infatti generalmente asintomatici. Pertanto la comparsa della sintomatologia clinica ha luogo molto tempo dopo la vera nascita del tumore. E‘ dunque chiaro come la comparsa della sintomatologia clinica di un tumore non coincide con la nascita di questo bensì praticamente con la fase terminale della malattia neoplastica che è stata preceduta da un più o meno lungo periodo di tempo detto periodo di latenza. Durante tutto il periodo di latenza, che in molti tumori dell‘uomo può durare anni, il tumore già esiste in quanto aggregazione di cellule neoplastiche in riproduzione ma non è stato ancora clinicamente individuato. Vorrei che ci soffermassimo a riflettere bene su questo concetto: quando clinicamente scopriamo il cancro, probabilmente questo era nato molto ma molto tempo prima ed è rimasto naturalmente silente per tutto il periodo di latenza. 330 Se allora è vero che il cancro si può vincere solo grazie ad una diagnosi precoce, si comprende facilmente come ancora più incisiva ed efficace sarebbe la nostra terapia se riuscissimo ad intervenire non solo in fase di diagnosi clinica precoce ma addirittura in fase di periodo di latenza. Da qui la necessità di identificare specifici marcatori neoplastici che ci consentano di individuare il tumore in fase preclinica. In questo senso si muovono da tempo molte ricerche scientifiche che hanno permesso di mettere a punto efficaci metodiche di screening come il dosaggio del PSA per i tumori della prostata, del CA19-9 per alcuni tipi di tumori pancreatici, del DNA circolante per molti tumori polmonari, ecc. ecc. Ma come facciamo a studiare la storia naturale dei tumori? Ci soccorre in questo la cancerogenesi sperimentale, cioè la riproduzione nel modello animale delle fasi di sviluppo di un cancro. Il modello animale innanzitutto ci dimostra che la storia naturale del tumore muove attraverso 3 fasi cronologicamente successive che sono l‘iniziazione, la promozione e la progressione. Nel modello di cancerogenesi sperimentale sull‘animale il cancerogeno chimico destinato a provocare l‘iniziazione del tumore viene somministrato a piccole dosi subliminali che agiscono con effetti di sommazione nel tempo. La promozione del tumore si ottiene quando ad una dose non ancora ottimale di cancerogeno adoperato per l‘iniziazione si va ad aggiungere un‘altra sostanza (di per sé incapace da sola di indurre tumore) detta co-cancerogeno. Per capire meglio tale concetto riportiamo un esempio esplicativo: un contadino con la pelle del viso bruciata dai raggi solari di una vita di duro lavoro nei campi ha subito un processo di iniziazione cancerosa da parte del sole sulla sua pelle. Infatti la sua pelle, arida, rugosa e screpolata, presenta tutta una serie di fenomeni pre-cancerosi che vanno dalla cheratosi attinica, all‘acantosi senile, alla fotocheratite ossidativa, alla metaplasia squamosa. Un giorno il contadino si ferisce alla fronte con una spina di rosa; la ferita sembra talora voler guarire coprendosi anche di crosta sottile ma poi si riulcera e torna a sanguinare in continuazione. Dopo mesi e mesi di questo balletto viene visitato dal suo medico che fa diagnosi di epitelioma spinocellulare, cioè ―cancro della pelle‖. La ferita accidentale in questo caso è stata l‘agente promotore di un cancro la cui iniziazione è da attribuire alla prolungata esposizione al sole. Un altro esempio di iniziazione che citiamo è quello offerto dallo Xeroderma pigmentosum, una peculiare malattia ereditaria in cui le cellule della cute hanno guasti quali-quantitativi agli enzimi riparatori del DNA. Orbene in questo caso l‘azione dei raggi u.v. provoca la mutazione (che non è riparabile a causa del deficit enzimatico) e conseguentemente l‘insorgenza di un gran numero di epiteliomi baso e spinocellulari nelle zone cutanee esposte alla luce solare. Altri esempi di iniziazione sono offerti dal carcinoma epatocellulare e dal carcinoma del collo dell‘utero. In questi due casi l‘iniziazione neoplastica coincide con l‘inserzione nel genoma della cellula rispettivamente del fegato e della cervice uterina di una codificazione genetica errata quale quella del DNA del virus dell‘epatite C o rispettivamente di un papilloma-virus umano. 331 E la progressione? La progressione del tumore consiste nel superamento della fase iniziale in cui questo non era capace ancora di espandersi e di metastatizzare a distanza e coincide con l‘acquisizione da parte delle cellule tumorali della capacità di stimolare l‘angiogenesi (cioè la produzione di vasi arteriosi nuovi) mediante la sintesi di TAF (Tumor Angiogenetic Factor) e di diffondere ed attaccarsi a tessuti lontani mediante la sintesi di molecole ICAM-1 (Intracellular Adhesion Molecules1) capaci di provocare citoadesione. Come una città che per espandersi correttamente ha bisogno di pianificare l‘incremento di reti fognarie, reti idriche, strade di collegamento logistico e quant‘altro, così si comporta anche il tumore; per poter crescere senza ostacoli egli ha bisogno di assicurarsi nuovi vasi che portino sangue ossigenato e nutrimento alle grandi masse cellulari in accrescimento; perciò le sue stesse cellule producono TAF, cioè fattori di stimolo della neovascolarizzazione, sempre presente in un tumore in crescita. In questa direzione si muovono alcune moderne ricerche di cura del cancro: riuscire a bloccare la sintesi di TAF per affamare il tumore ed impedirne la crescita per mancanza di nutrimento. Analogamente ma con effetto meccanico funzionano tutte quelle terapie che prevedono l‘embolizzazione occlusiva dell‘arteria afferente selettiva di un tumore. Uno dei tumori che meglio si prestano allo studio della progressione tumorale è il melanoma cutaneo, che è l'esempio più classico di progressione neoplastica in oncologia umana. Durante la prima fase il melanoma è in situ, cioè ha uno sviluppo circoscritto e orizzontale, con cellule che non hanno ancora capacità invasiva di penetrazione; nella fase successiva il melanoma si verticalizza mediante la selezione di cloni cellulari altamente aggressivi, cioè capaci di replicare la malattia a distanza. Questa capacità invasiva del melanoma si realizza allorché le sue cellule sono in grado di fabbricare il TAF (cioè il Tumor Angiogenetic Factor che provvede alla genesi del sistema vascolare della neoformazione stimolando la proliferazione degli endoteliociti dei vasi limitrofi del connettivo che costituiranno il sistema vascolare della neoplasia stessa) e le ICAM –1 (Intracellular Adhesion Molecules-1, sostanze che conferiscono alle cellule tumorali la capacità di aderire a citotipi diversi e di accrescersi in sedi tissutali lontane). Tale capacità di sintetizzare il TAF e le ICAM – 1, vale a dire i fattori responsabili della penetrazione invasiva e dell‘attecchimento metastatico a distanza, il melanoma l’acquisisce quando supera lo spessore di 0,75 mm. Ciò spiega l‘importanza prognostica che noi diamo allo spessore del melanoma calcolato secondo l‘indice di Breslow, al pari se non di più dell‘importanza che diamo ai livelli istologici di invasione, calcolati secondo Clark. Le cellule tumorali per crescere hanno bisogno di nutrimento (vasi sanguigni). Fattori Angiogenetici fanno sì che attorno e dentro il tumore si sviluppino nuovi vasi che permettono lo sviluppo del tumore che può invadere gli stessi vasi e distribuirsi a distanza (mts). Su ciò si basa la terapia basata sullo studio di fattori antiangiogenetici. La chemioterapia non uccide mai tutte le cellule tumorali. Alcune sopravvivono e si replicano e quindi occorrerà somministrare il secondo ciclo di chemiotrerapia. La citotossicità dei chemiotrerapici è studiata come legame con l'area sotto la curva 332 (funzione sia del picco che dell'eliminazione del farmaco). La letalità delle cellule tumorali aumenta con l' aumentare del dosaggio del farmaco. Questo è vero per gli agenti alchilanti e per la radioterapia (farmaci non ciclo dipendenti). Invece per agenti ciclo specifici questo però non si verifica (antimetaboliti) perché questi farmaci, influenzando direttamente la crescita tumorale, fanno sì che la massa tumorale non avrà + cellule in duplicazione e gli antimetaboliti non avranno + effetto. SVILUPPO DI RESISTENZA: È molto + evidente per gli antibiotici, ma avviene anche per gli antivirali e x gli Antitumorali. Aumentando il volume del tumore e aumentando la probabilità di sviluppo di resistenze, diminuisce la curabilità del tumore. Gli Antitumorali, per essere attivi, devono penetrare nelle cellule. La cellula può sviluppare una minore capacità di captare l‘ antitumorale (minor uptake delle cellule). I farmaci entrano nelle cellule se non sono carichi, se sono liposolubili e se vi sono pompe o proteine che trasportano il farmaco nelle cellule. Le cause di resistenza sono: a. Modificazioni del pH e dei carrier possono dare resistenza. b. Sviluppo di pompe che portano fuori il farmaco dalle cellule. c. Modificazioni delle proteine che portano il farmaco nella cellula e i processi enzimatici che trasformano il farmaco nella forma attiva. d. Alterazioni delle Topoisomerasi2 o miglioramento di alcuni sistemi di riparazione del DNA delle cellule. EFFETTI DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI SULL‘ ORGANISMO UMANO E SULLA MUTAZIONE CELLULARE E' ormai noto che gli elettrodomestici, la TV, la radio, i cellulari, i computers, i fax, le prese di corrente e quant'altro di simile presso le abitazioni ed i luoghi di lavoro producano campi elettromagnetici di varia intensità, così come è scientificamente provato che, oltre una determinata soglia ed un determinato tempo di esposizione a tali onde, l'organismo umano subisce influenze tali che possono modificarne l'equilibrio cellulare e biologico. Non è raro che le principali cause di spossatezza, astenia, cefalea, disagi psicologici come ansia, panico o depressione, se non addirittura alcune forme tumorali, possano avere origine dall'eccessivo assorbimento di onde elettromagnetiche. Sono pochi i professori, medici, biologi, operatori sanitari e ricercatori che valutano questo aspetto con l'attenzione che merita, considerato così importante per la salute pubblica da essere oggetto di un comunicato dell'O.M.S. (Organizzazione Mondiale Sanità) volto a sensibilizzare gli organi competenti a tale problematica. Una recente sperimentazione di un'industria tedesca produttrice sensori per la rilevazione di onde elettromagnetiche effettuata su cavie di laboratorio affette da tumori del sangue e tumori cerebrali, ha evidenziato una migliore risposta terapeutica nel momento in cui le cavie sono state allontanate dai campi elettromagnetici ai quali era state precedentemente esposte. Esistono in Italia, purtroppo in numero estremamente esiguo, alcuni centri diagnostici e di ricerca che, dotati di apparecchiature idonee alle rilevazioni di cui sopra, analizzano, fra le 333 molteplici cause di numerose patologie, anche cancerogene, l'eventuale possibilità di eccessiva esposizione ai campi elettromagnetici. PRINCIPI DI TERAPIA DEI TUMORI Sommario: Introduzione CHIRURGIA RADIOTERAPIA CHEMIOTERAPIA TERAPIA ADIUVANTE E MULTIMODALE ALTRE MODALITÀ Terapia endocrina Modificatori della risposta biologica Ipertermia e crioterapia TERAPIA DEGLI EFFETTI COLLATERALI Nausea e vomito Citopenia Altri comuni effetti collaterali TUMORI NON GUARIBILI Un trattamento efficace di un tumore richiede l‘eliminazione di tutte le cellule neoplastiche, sia se la malattia è limitata alla sede primitiva, con estensione locoregionale, sia se vi sono metastasi in altre regioni del corpo. Le principali modalità di trattamento sono la chirurgia e la radioterapia (per la malattia locale e locoregionale) e la chemioterapia (per le forme con diffusione sistemica). Altre importanti metodiche comprendono la terapia endocrina (per alcuni tipi di neoplasia, p. es., prostata, mammella, endometrio, fegato), l‘immunoterapia (modificatori della risposta biologica per incrementare l‘attività citocida endogena del sistema immune e vaccini tumorali) e termoterapia (crioterapia e ipertermia). La terapia multimodale associa i vantaggi derivanti da ciascuna metodica. La definizione clinica dei termini oncologici aiuta a comprendere gli obiettivi e i progressi della terapia. Per una possibile guarigione, deve essere ottenuta una remissione o risposta completa, che richiede la scomparsa della malattia clinicamente evidente. Questo tipo di pazienti potrebbe sembrare guarito ma può ancora avere cellule neoplastiche vitali che, nel tempo, possono essere causa di recidiva. Una risposta parziale è una riduzione > 50% del volume della massa o delle masse tumorali. Una risposta parziale può portare a una palliazione e a un prolungamento 334 della sopravvivenza significativi, ma la ricrescita del tumore è inevitabile. Un paziente può anche non avere alcuna risposta. L‘intervallo tra la scomparsa della neoplasia e la recidiva è definito intervallo libero da malattia o sopravvivenza libera da malattia. Analogamente, la durata della risposta si misura dalla comparsa della risposta parziale al momento della progressione. La sopravvivenza è il tempo che va dalla diagnosi al decesso. CHIRURGIA La chirurgia rappresenta la più antica forma efficace di terapia del cancro. La chirurgia con intento curativo richiede che il tumore sia localizzato o abbia una diffusione locoregionale limitata, in modo da permettere una resezione in blocco. Ciò si applica in particolare al tumore della vescica, mammella, cervice, colon, endometrio, laringe e testa-collo, rene, polmone, ovaio e testicolo. Nelle situazioni in cui non può essere effettuata una resezione in blocco, trattamenti multimodali con radioterapia, chemioterapia o chemioradioterapia possono ridurre le dimensioni del tumore, rendendo possibile una resezione chirurgica curativa. In dettaglio gli aspetti del trattamento chirurgico sono trattati nei capitoli sui tumori dei singoli organi. RADIOTERAPIA La radioterapia viene somministrata secondo varie metodiche. La più comune è l‘irradiazione esterna con acceleratore lineare, che rilascia elevate percentuali di fotoni (radiazioni). La radioterapia con fascio di neutroni è utilizzata per alcuni tumori che hanno un ristretto margine tissutale. La radioterapia con fascio di elettroni ha una penetrazione nei tessuti piuttosto ridotta ed è maggiormente utilizzata per la cute o per le neoplasie superficiali. La terapia con protoni, anche se scarsamente disponibile, può consentire di raggiungere piccoli tumori anche profondi con fasci strettamente collimati. La brachiterapia comporta il posizionamento di una sorgente radioattiva nello stesso letto tumorale (p. es., nella prostata o nell‘encefalo) attraverso degli aghi, cedendo quindi una dose molto alta in un piccolo campo. Gli isotopi radioattivi per via sistemica possono essere utilizzati per gli organi che possiedono i recettori per il loro "uptake" (tumore della tiroide) o a scopo palliativo in caso di diffusione ossea generalizzata (p. es., stronzio radioattivo per le metastasi di tumore prostatico). La radioterapia a scopo curativo generalmente richiede una malattia locale o locoregionale che possa essere circoscritta all‘interno del campo di radiazione. Il danno cellulare indotto dalle radiazioni è casuale e aspecifico, con effetti complessi sul DNA. L‘efficacia della terapia dipende dal danno cellulare che va oltre la normale capacità di riparazione. In genere, i meccanismi di riparazione del tessuto normale sono più efficaci di quelli del tumore, consentendo una diversa citotossicità. La radioterapia è curativa in molte neoplasie. La radioterapia associata alla chirurgia (per testa e collo, laringe o cancro dell‘utero) o con chemioterapia e chirurgia (per sarcomi o tumori della mammella, dell‘esofago, del polmone o del retto) migliora le percentuali di guarigione rispetto alle tradizionali modalità di terapia usate 335 singolarmente. La fototerapia, il più recente approccio multimodale, utilizza un derivato della porfirina (una protoporfirina) per legarsi e quindi illuminare la neoplasia, allo scopo di ottenere una captazione selettiva della radiazione luminosa. La radioterapia è in grado di fornire un importante effetto palliativo sul tumore, anche quando la guarigione non è possibile. La radioterapia nei tumori cerebrali prolunga lo stato di benessere del paziente; nelle neoplasie che comprimono il midollo, può eliminare il deficit neurologico; nelle sindromi della vena cava, può eliminare il rischio di morte improvvisa; e nelle metastasi sintomatiche o associate a dolore, di solito controlla la sintomatologia. CHEMIOTERAPIA Il chemioterapico ideale dovrebbe colpire e distruggere solo le cellule tumorali senza effetti collaterali o tossicità sulle cellule normali. Purtroppo, tale farmaco non esiste; vi è un basso indice terapeutico tra l‘effetto citotossico sulle cellule tumorali e quello sulle cellule normali. Ciononostante, la chemioterapia, anche con farmaci usati singolarmente, ha portato alla guarigione di alcuni tipi di tumore (cioè, coriocarcinoma, leucemia a cellule capellute, leucemia linfatica cronica). Più comunemente, regimi terapeutici con più farmaci con meccanismo, siti d‘azione intracellulare e tossicità differenti (per ridurre la possibile tossicità cumulativa) forniscono percentuali di guarigione significative (p. es., nella leucemia acuta, nel tumore della vescica e del testicolo, nel morbo di Hodgkin, nel linfoma maligno, nel tumore polmonare a piccole cellule e nei tumori del rinofaringe). L‘inefficacia dei farmaci chemioterapici in vivo quando l‘efficacia è stata documentata in vitro ha indotto un gran numero di studi sulla resistenza ai farmaci. Uno dei meccanismi identificati, la simultanea resistenza a più farmaci, è dovuto a vari geni che limitano la concentrazione del farmaco e il suo effetto sulle cellule tumorali del paziente. I tentativi di superamento di questa resistenza non hanno avuto successo. TERAPIA ADIUVANTE E MULTIMODALE Il limitato successo del trattamento con chirurgia o radioterapia da sole ha portato a scoprire che la chirurgia associata alle radiazioni può aumentare l‘intervallo libero da malattia e la percentuale di guarigione in alcuni tumori (p. es., ginecologici, polmonari, del laringe e della testa e del collo). Essendo queste modalità rivolte al controllo locoregionale, la chemioterapia viene associata a scopo adiuvante per eliminare le cellule tumorali che si siano diffuse oltre la regione interessata. La chemioterapia adiuvante può aumentare la sopravvivenza libera da malattia e la percentuale di guarigione in circa il 30% dei casi di tumore della mammella nelle donne e negli uomini, di tumore del colon (Dukes B2 e C), tumore avanzato della vescica e dell‘ovaio. Questo successo ha portato all‘uso della chemioterapia o della radioterapia prima della chirurgia, definita terapia di induzione (o neoadiuvante). Questo approccio ha migliorato la sopravvivenza nel tumore infiammatorio e 336 avanzato della mammella, del polmone (p. es., stadio IIIA e B), del rinofaringe e della vescica. ALTRE MODALITÀ Terapia endocrina La terapia endocrina additiva o ablativa può influenzare il decorso di alcune neoplasie. La terapia endocrina non è curativa; è solo palliativa. L‘orchiectomia ha un importante valore palliativo nel carcinoma prostatico metastatico, con un prolungamento abituale della sopravvivenza da 3 a 5 anni. La sua efficacia è basata sulla presenza di una popolazione cellulare testosterone- dipendente nel tumore prostatico. Altre neoplasie con recettori ormonali nelle loro cellule (p. es., mammella, endometrio, ovaio) possono spesso avere un miglioramento palliativo con terapia ormonale ablativa. Questo successo ha indotto l‘uso di ormoni nel trattamento farmacologico per questo tipo di tumori. Gli estrogeni costituiscono un efficace trattamento palliativo per il tumore della prostata ma aumentano il rischio di cardiopatia. Queste osservazioni hanno portato all‘uso di inibitori della secrezione di gonadotropine. Il leuprolide, un analogo sintetico dell‘ormone che induce il rilascio delle gonadotropine, inibisce la secrezione delle gonadotropine e la conseguente produzione di androgeni dalle gonadi e ha un‘efficacia analoga all‘orchiectomia come trattamento palliativo del tumore prostatico. Un blocco androgenico ancora più completo può essere ottenuto aggiungendo un antiandrogeno orale (flutamide o bicalutamide), che riduce il legame dell‘ormone androgeno ai suoi recettori; questa associazione sembra dare una sopravvivenza libera da malattia maggiore di 6-12 mesi rispetto al solo leuprolide o all‘orchiectomia. Analogamente, la privazione degli estrogeni (con l‘ovariectomia) ha un effetto palliativo nel tumore della mammella in fase avanzata. Il tamoxifene, un farmaco ormonale orale, può legarsi ai recettori degli estrogeni delle cellule di tumore mammario ed è altrettanto efficace dell‘ovariectomia come trattamento palliativo. Il tamoxifene è una terapia particolarmente efficace per il tumore mammario metastatico nelle donne in post-menopausa. Come terapia adiuvante del tumore della mammella, prolunga la durata della sopravvivenza libera da malattia, migliora del 2030% la percentuale di guarigione delle pazienti con recettori positivi e riduce il rischio di neoplasia mammaria nel seno controlaterale di circa il 60%. Modificatori della risposta biologica Gli interferoni, le interleuchine e il tumor necrosis factor (TNF) sono proteine biologiche che intervengono nelle risposte immunologiche (protettive). Sono sintetizzate dalle cellule del sistema immune in presenza di infezione virale come risposta immune protettiva. In concentrazioni farmacologiche, hanno un effetto palliativo in alcune neoplasie. Gli interferoni si sono dimostrati attivi in alcuni tumori. Nella leucemia a cellule capellute si sono avute percentuali di risposte complete del 60-80%. Nella leucemia mieloide cronica, fino al 20% dei pazienti possono ottenere una risposta completa (con negativizzazione del cromosoma Philadelphia). L‘interferone può aumentare la 337 sopravvivenza libera da malattia (12-24 mesi) dopo un trattamento chemioterapico efficace nel mieloma e in alcune forme di linfoma. La sopravvivenza è in parte prolungata nei pazienti con melanoma e carcinoma renale a cellule chiare. Un effetto estetico palliativo si ha nel sarcoma di Kaposi. Le maggiori tossicità dell‘interferone comprendono astenia, nausea, leucopenia, febbre con brividi e mialgia. Le interleuchine, in primo luogo la linfochina interleuchina-2 prodotta da cellule T attivate, sono state utilizzate con modesti effetti palliativi nel carcinoma renale. Varie altre interleuchine sono in corso di studio, come il TNF. Ipertermia e crioterapia Il riscaldamento del letto tumorale (a 41°C [105,8°F]) per aumentare la necrosi cellulare con l‘uso di farmaci o radiazioni è stato sperimentato con scarsi risultati. La criochirurgia (con una sonda all‘interno della massa tumorale) produce un modesto effetto palliativo nel tumore del fegato e nel tumore mammario inoperabile. TERAPIA DEGLI EFFETTI COLLATERALI Nausea e vomito Gli antiemetici prevengono o controllano la nausea e il vomito, che comunemente insorgono con la radioterapia dell‘addome e con molti farmaci chemioterapici, specie se in combinazione. Talvolta la nausea e il vomito sono funzionali o dovuti allo stesso tumore. Pertanto, la causa sottostante deve sempre essere riconosciuta e trattata. La stimolazione del centro del vomito nel midollo allungato avviene nella zona "grilletto" chemiorecettoriale (CTZ), nella corteccia cerebrale o nell‘apparato vestibolare oppure deriva dalla trasmissione diretta di stimoli provenienti da aree periferiche (p. es., mucosa gastrica). Gli antiemetici sembrano agire in queste aree, ma il loro meccanismo non è stato ancora ben capito. Di solito la terapia farmacologica è più efficace nella profilassi che non nel trattamento di nausea e vomito. Gli antagonisti del recettore della serotonina sono i farmaci più efficaci attualmente disponibili per il trattamento della nausea e del vomito associati a radioterapia o chemioterapia e a molti processi patologici. In pratica non si ha nessuna tossicità con il granisetron e l‘ondansetron, anche se, raramente, con l‘ondansetron sono insorte cefalea e ipotensione ortostatica. Questi farmaci costituiscono la terapia antiemetica di prima linea; il loro maggiore svantaggio è il costo. Gli antidopaminergici comprendono molte delle fenotiazine (p. es., proclorperazina, flufenazina), che sembrano agire con una depressione selettiva del CTZ e, in minor grado, sul centro del vomito. Questi farmaci di seconda scelta sono utili nel trattamento di nausea e vomito leggeri o moderati. Dato che la maggior parte delle fenotiazine (eccetto la tioridazina e la mesoridazina) sembra avere la stessa efficacia, se somministrate in dosi sufficienti, la scelta del farmaco può dipendere dalla valutazione degli effetti collaterali. La metoclopramide stimola la motilità del tratto superiore dell‘apparato GI, aumenta il tono e l‘ampiezza della contrazione gastrica e aumenta la peristalsi duodenale e 338 digiunale. Il risultato è un‘accelerazione dello svuotamento gastrico e del transito intestinale. La metoclopramide funziona come antiemetico attraverso gli effetti gastrocinetici e inoltre sembra avere qualche effetto centrale antagonista dopaminergico. Gli effetti collaterali più importanti sono i sintomi extrapiramidali, in parte dose- dipendenti. Il benadryl è in grado di proteggere da questi. Altri effetti collaterali comprendono sonnolenza e astenia. Il farmaco è controindicato nei casi in cui la stimolazione della motilità GI può essere pericolosa (ostruzioni meccaniche o perforazioni), nel feocromocitoma e nei pazienti epilettici o in coloro che assumono farmaci ugualmente in grado di provocare sintomi extrapiramidali. Il suo uso come antiemetico è stato ampiamente rimpiazzato dagli antagonisti dei recettori della serotonina. Il dronabinolo (-9-tetraidrocannabinolo (THC), è un farmaco approvato per il trattamento di nausea e vomito provocati dalla chemioterapia antiblastica, nei pazienti che non rispondono al trattamento antiemetico convenzionale. Il THC è il componente psicoattivo principale della marijuana. Il meccanismo dell‘azione antiemetica è sconosciuto, ma si ritiene che i cannabinoidi si leghino ai recettori per gli oppioidi del cervello anteriore e possano indirettamente inibire il centro del vomito. Questo farmaco è stato abbandonato poiché per os ha una biodisponibilità variabile, non è efficace contro la nausea e il vomito dei regimi chemioterapici contenenti cisplatino e ha importanti effetti collaterali (p. es., sonnolenza, ipotensione ortostatica, secchezza delle fauci, alterazioni dell‘umore, alterazioni della cognizione spazio-temporale). Citopenia Durante la radioterapia o la chemioterapia possono svilupparsi anemia, leucopenia e trombocitopenia. La comparsa di sintomi clinici e una ridotta efficacia della radioterapia si hanno con valori di ematocrito < 30%. Anche se le trasfusioni con sacche di globuli rossi sono raramente necessarie, l‘eritropoietina ricombinante è utilizzata nel controllo dell‘astenia nel paziente affetto da neoplasia per supplire al fabbisogno di globuli rossi. In genere, la posologia di 100-150 U/kg SC tre volte/ sett. (un comodo dosaggio per l‘adulto è 10000 U) è molto efficace e ha ridotto o eliminato il fabbisogno di emotrasfusioni. Una piastrinopenia importante (piastrine < 10000/ml), specie se è presente sanguinamento, può essere trattata con trasfusioni di piastrine concentrate. La trombopoietina ricombinante è disponibile e probabilmente ridurrà notevolmente la necessità di tali trasfusione. La neutropenia (conta dei neutrofili < 1000/l) è la citopenia clinicamente più importante poiché possono insorgere febbre neutropenica e aumentato rischio di infezioni. La febbre > 38°C (100,4°F) in un paziente granulocitopenico deve essere considerata una emergenza. La valutazione del paziente neutropenico deve comprendere colture immediate di sangue, escreato, urine e feci. L‘esame clinico deve andare alla ricerca di possibili raccolte ascessuali (p. es., retina, orecchio, retto). Poiché l‘assenza dei neutrofili ha come conseguenza che i segni abituali di riconoscimento di un ascesso possono non essere evidenti, il dolore localizzato e le 339 alterazioni della normale consistenza tissutale possono essere i segni di un ascesso incipiente. Un paziente stabile può essere trattato con un regime domiciliare intensivo presso molti centri, ma in assenza di un programma di trattamento definito, è necessario il ricovero ospedaliero. Un trattamento con antibiotici ad ampio spettro deve essere iniziato subito dopo aver ottenuto i risultati degli esami colturali di sangue, escreato, urine e di ogni lesione cutanea sospetta. Se sono presenti infiltrati polmonari diffusi, il medico deve includere nella diagnosi differenziale la polmonite da Pneumocystis carinii e istituire una terapia empirica, specie nei pazienti con leucemia o linfoma. In presenza di un quadro infiltrativo polmonare, gli antibiotici devono includere trimetoprim-sulfametossazolo, un aminoglicoside e una cefalosporina. Nei pazienti con catetere venoso permanente, le infezioni da gram + sono comuni e dovrebbe essere aggiunta la vancomicina. Se la febbre persiste oltre le 24 h, deve essere aggiunta una penicillina semisintetica (p. es., ticarcillina). Se la febbre continua per 72-120 h, deve essere presa in considerazione un‘eziologia micotica e deve essere aggiunta al programma terapeutico l‘amfotericina B. Un importante elemento addizionale nella terapia durante la sepsi o la febbre neutropenica è la terapia con citochine come il fattore stimolante le colonie granulocitarie (GCSF o in alternativa il fattore stimolante le colonie di macrofagi [GM-CSF]). Il G-CSF (5 g/kg/die SC o in infusione endovena) è il farmaco di scelta e deve essere prescritto alla comparsa della febbre o della sepsi. Altri comuni effetti collaterali Le enteriti post-attiniche possono essere migliorate con antidiarroici. Le mucositi da radioterapia possono precludere significativamente l‘alimentazione orale e portare a malnutrizione e a perdita di peso. Misure semplici (p. es., l‘uso di analgesici e di lidocaina topica prima dei pasti, una dieta blanda senza alimenti o succhi a base di agrumi, evitando temperature troppo alte o troppo basse) consentono al paziente di alimentarsi e mantenere il peso. Se tali semplici misure falliscono, deve essere presa in considerazione un‘alimentazione enterale con un tubo di plastica flessibile (Dobhoff) fino a quando l‘intestino tenue torni funzionalmente normale. In caso di mucosite e diarrea o di alterata funzione intestinale, si può istituire un‘alimentazione parenterale. Il dolore può costituire un problema ma può essere trattato con farmaci, radioterapia locale o chirurgia. Analogamente, la depressione deve essere riconosciuta. Una discussione franca sui timori del paziente spesso può rimuovere l‘ansia; un crescente armamentario di farmaci è attualmente disponibile per il trattamento della depressione . TUMORI NON GUARIBILI Una comune concezione errata è che alcuni tumori non siano suscettibili di trattamento. Anche se la neoplasia può essere inguaribile, il paziente può essere curato. Curare significa qualcosa di più dell‘uso di chirurgia, radioterapia o chemioterapia e vuol dire prendersi cura saggiamente del paziente. Per i pazienti le cui neoplasie non sono responsive a queste modalità di trattamento, l‘uso di 340 un‘inefficace chemioterapia tanto per "fare qualcosa" contro il tumore non è una buona pratica medica. Una terapia adeguata per questo tipo di pazienti (e per tutti i pazienti affetti da cancro) comprende un supporto nutrizionale, un efficace controllo del dolore, un trattamento palliativo importante e un supporto sociale e psichiatrico. Soprattutto, il paziente deve sapere che l‘équipe terapeutica non lo abbandonerà poiché non esiste una terapia specifica o questa non è stata efficace. CHEMIOTERAPIA e FARMACI ANTITUMORALI Le raccomandazioni dell‘American Society of Clinical Oncology riguardano le indicazioni, la selezione dei pazienti e dei farmaci, la durata del trattamento e il suo inizio, la terapia di seconda linea e il ruolo dei trial clinici. Tabella Ruolo della chemioterapia Linea Guida Evidenza Grado di raccomandazione La chemioterapia in associazione con la I (per A radioterapia toracica è il trattamento appropriato sopravvivenza), C per i pazienti in stadio IIIa e IIIb V (per qualità di vita) La chemioterapia è il trattamento appropriato I (per A per i pazienti in stadio IV sopravvivenza), C V (per qualità di vita) La chemioterapia per i pazienti con CPNPC I B dovrebbe contenere cisplatino La durata del trattamento chemioterapico non III,IV D dovrebbe superare gli 8 cicli La chemioterapia dovrebbe essere iniziata subito IV C dopo la diagnosi Non vi è alcuna evidenza sia a favore che III C contraria alla chemioterapia di seconda-linea Il trattamento iniziale con farmaci sperimentali è IV D appropriato nei pazienti metastatici, a patto che quei soggetti, che eventualmente non rispondano dopo due cicli, siano posti ad un regime tradizionale Né il tipo istologico, né i fattori prognostici III B biologici (es., mutazioni RAS o del gene per la P53) dovrebbero essere usati nella scelta del tipo di chemioterapia 341 PRINCIPI GENERALI La chemioterapia è una modalità di trattamento dei tumori basata sull‘impiego di farmaci citotossici. Questi farmaci vengono riuniti in gruppi in base all‘origine, alla struttura chimica, o al meccanismo d‘azione. Ciascun farmaco possiede caratteristiche peculiari. Fra queste, è necessario tenere conto almeno di: spettro d‘azione, via di somministrazione (endovenosa, orale, arteriosa, endocavitaria, etc.), dose utilizzabile, possibili sinergismi d‘azione. Gli attuali farmaci antitumorali trovano tutti quanti un limite nella mancanza di selettività d‘azione (da cui deriva il basso indice terapeutico) e nella conseguente necessità di una attenta valutazione degli effetti iatrogeni. Prima del loro uso è perciò necessario avere una serie di precauzioni. In particolare, è importante valutare la riserva midollare, la funzionalità renale, e la capacità di sostenere sovraccarichi idrici prima del trattamento. La chemioterapia del CPNPC riveste oggi un ruolo importante ed alquanto modificato durante l'ultimo decennio. Fino a pochi anni or sono, i pochi farmaci attivi (cioè capaci di dare una risposta obiettiva in monochemioterapia in almeno il 15-20% dei casi) erano: Cisplatino, Mitomicina C, Ifosfamide, Gli alcaloidi della Vinca Rosea. Tali farmaci ottenevano, in combinazione fra loro, una percentuale di risposte obiettive del 30-40%, con episodiche risposte complete. La recente introduzione di una nuova categoria di farmaci (cosiddetti di 3° generazione, per distinguerli dai precedenti, ma anche da quelli di 1° generazione, usati negli anni ‘70 e rappresentati da Ciclofosfamide, Metotrexato, Adriamicina, e Nitrosuree) sta modificando le prospettive terapeutiche. Appartengono a questa classe: Vinorelbina, Taxolo e Paclitaxel Gemcitabina. Mentre in passato la chemioterapia era considerata per il solo trattamento della fase avanzata (in alternativa a una terapia puramente sintomatica), oggi essa ha assunto un ruolo determinante in quasi tutte le situazioni cliniche. Una famosa meta-analisi, che però faceva seguito ad altre 3 meta-analisi parziali e a diverse revisioni "narrative" della letteratura di identico segno, fu condotta dal NSCLC Cooperative Group sui dati originali di oltre 9.000 pazienti arruolati in 52 studi clinici randomizzati e controllati. Tale meta-analisi dimostrò che: 1. l'associazione di chirurgia più chemioterapia rispetto alla sola chirurgia conferiva un vantaggio assoluto di sopravvivenza a cinque anni del 5%; 2. la combinazione di radioterapia e chemioterapia conferiva un vantaggio di sopravvivenza a due anni del 4% rispetto alla sola radioterapia; 342 3. la chemioterapia rispetto alla sola terapia di supporto presentava un vantaggio di sopravvivenza del 10% a un anno; 4. il beneficio della chemioterapia era evidente quando questa si basava su farmaci di seconda generazione, mentre era assente o vi era addirittura un effetto sfavorevole nel caso di chemioterapia non contenente cis-platino. Oggi chemioterapia del CPNPC è sinonimo di polichemioterapia (di solito 2 o 3 farmaci combinati in schemi ciclici di somministrazione). La monochemioterapia (cioè l‘utilizzo di un solo farmaco antineoplastico) è pressoché abbandonata perché è ormai chiaro che l‘efficacia terapeutica è minore. Essa viene ancora utilizzata in ambito sperimentale per saggiare l‘efficacia dei nuovi farmaci (in pazienti, di solito, pretrattati), o nei pazienti in cui si teme la tossicità (ad es. pazienti anziani, a basso performance status). Benché i molti regimi di combinazione siano stati ripetutamente testati in studi di fase II e successivamente in trial comparativi di fase III nessuno di essi si è dimostrato superiore agli altri. In pratica, come già detto ripetutamente, vi è accordo generale sul fatto che un programma di chemioterapia efficace debba contenere cisplatino (anche se non manca qualche parere contrario, fra cui il nostro), ma non vi è un'indicazione preferenziale all‘interno di questo principio generale. Attività antitumorale L‘attività antitumorale, primo requisito perché un farmaco venga inserito nell‘armamentario terapeutico e quindi confrontato con altri, viene misurata in studi clinici di fase II, calcolando la percentuale di risposte obiettive ottenute a seguito della sua somministrazione. La risposta obiettiva è definita convenzionalmente come riassunto in tabella : Definizione di Risposta Obiettiva Remissione completa (RC) Scomparsa, confermata da due consecutive osservazioni distanziate da almeno 4 settimane, di tutte le lesioni note Remissione parziale (RP) Lesioni misurabili: riduzione di almeno il 50% del prodotto (o della somma dei prodotti) dei due diametri trasversi maggiori della lesione nota (o delle lesioni note), confermata da due consecutive osservazioni distanziate da almeno 4 settimane. Lesioni valutabili ma non misurabili: riduzione stimata di almeno il 50% del volume delle lesioni valutabili, confermata da due consecutive osservazioni distanziate da almeno 4 settimane. Malattia Stabile (MS) Lesioni misurabili e/o valutabili che presentano una riduzione inferiore al 50% e/o aumento inferiore al 25% del prodotto dei diametri trasversi o del volume valutabile Progressione (P) 343 Incremento maggiore del 25% del prodotto dei diametri trasversi delle lesioni misurabili e/o del volume delle lesioni valutabili e/o comparsa di nuove lesioni Bisogna ricordare che nel determinismo della risposta obiettiva, l‘attività antitumorale dei farmaci è solo una delle cause. Altrettanto importanti sono le caratteristiche della popolazione studiata, in quanto i pazienti con miglior performance status, malattia meno avanzata, e con carcinoma non squamoso rispondono di più. Inoltre, vi è una grossa variabilità nel giudicare la risposta obiettiva da parte degli stessi sperimentatori. Ciò spiega l‘enorme differenza delle risposte osservate dopo l'uso di identici regimi chemioterapici. Le percentuali di risposta obiettiva che saranno successivamente riportate sono, pertanto, da considerasi puramente orientative, nonostante siano state riportate su ampie casistiche e da gruppi di lavoro di grande reputazione. Monochemioterapia L‘attività dei diversi farmaci citotossici, usati in monochemioterapia, è riportata nella tabella: Percentuali di risposta obiettiva (RC + RP) in studi con più di 100 pazienti Farmaco % RO Ciclofosfamide 8 Metotrexato 10 Etoposide 11 Doxorubicina 13 Vindesina 17 Mitomicina C 20 Cisplatino 20 Gemcitabina 21 Navelbina 22 Taxolo 24 Ifosfamide 26 Camptotecina (CPT11) 28 Polichemioterapia Come già detto esistono moltissime combinazioni di farmaci citotossici. Alcune hanno avuto più fortuna e sono state riprese da più autori, così che è possibile esprimere un giudizio "ponderato" di attività. Nella sottostante Tabella sono riportate le percentuali di risposta obiettiva di alcuni schemi di chemioterapia basati su Cisplatino, e, per confronto, di regimi basati su farmaci di prima generazione. 344 Percentuali di risposta obiettiva (RC+RP) con regimi di farmaci di 1° e 2° generazione Combinazioni di 1° generazione %RO COMB (ciclofosfamide, vincristina, metil- 5 CCNU, bleomicina) CC (ciclofosfamide + CCNU) 9 MACC (metotrexate, adriamicina, 12 ciclofosfamide, CCNU) CAMP (ciclofosfamide, adriamicina, 17 metotrexate, procarbazina) BACON (bleomicina, adriamicina, 21 CCNU, vincristina, mostarda azotata) Combinazioni di 2° generazione MV (mitomicina, alcaloidi della vinca) 20 CAP (ciclofosfamide, adriamicina, 28 cisplatino) PE (cisplatino, etoposide) 30 PV (cisplatino, alcaloidi della vinca) 32 MIP (mitomicina, ifosfamide, cisplatino) MVP (mitomicina, alcaloidi della vinca, cisplatino) 50 51 Effetti collaterali e tossicità Il tipo di tossicità che può seguire una chemioterapia deriva ovviamente dai farmaci che vengono utilizzati. Va ricordato, comunque, che l‘associazione di più farmaci (polichemioterapia) determina quasi sempre un incremento globale del grado di tossicità e dello spettro dei fenomeni tossici. I più importanti effetti collaterali conseguenti a chemioterapia sono: 1. Mielotossicità (leucopenia, anemia e piastrinopenia) La mielotossicità aumenta in maniera considerevole nei trattamenti integrati di chemio-radioterapia ed ovviamente in quelli con intensificazione della dose. Alcuni farmaci hanno una maggiore tossicità per una linea midollare (ad es. il cisplatino per la serie rossa). A seguito della mielotossicità possono verificarsi conseguenze anche gravi come sepsi, emorragie e coagulazione disseminata intravasale. Oggi esiste l‘eritropoietina ricombinante e i fattori di crescita eritropoietici (G-CSF e GM-CSF) che consentono di combattere e prevenire efficacemente l‘anemia (eritropoietina), e la neutro-leucopenia (fattori di crescita midollari). 2. Tossicità gastro-enterica (nausea e vomito) 3. Alopecia 4. Tossicità particolari 345 Oltre alle precedenti, il cisplatino può causare tossicità renale (di solito efficacemente combattuta con i numerosi schemi di pre-idratazione), tossicità neurologica (acustica), e ipomagnesemia. L‘ifosfamide può causare una grave cistite emorragica se somministrata senza farmaci uro-protettori (Mesna). Le antracicline (adriamicina, epirubicina) possono causare una cardiopatia grave (scompenso cardiaco congestizio refrattario). Tale effetto è dose-dipendente ed è raro a dosi inferiori di adriamicina ai 450 mg/m2 e 900 mg/m2 di epirubicina (dosi totali). Gli alcaloidi della vinca (vincristina, vinblastina, vindesina etc..) possono essere responsabili di tossicità neurologica periferica (fino alla paralisi muscolare) ed intestinale (fino all‘ileo paralitico). La bleomicina può causare l‘insorgenza di fibrosi polmonare quando venga superata la dose limite totale di 200 mg. CLASSI DI FARMACI: 1. ALCHILANTI Il meccanismo è comune a tutti : Tali farmaci possono reagire chimicamente con i gruppi sulfidrilici, aminici, carbossilici e fosfato di altri nucleofili cellulari. Prima di reagire tali composti subiscono una ciclizzazione intramolecolare a formare uno ione etilenimonio, che , con la formazione di 1 carbocatione + , alchila un costituente cellulare (cioè gli trasferisce un gruppo alchilico). Il principale sito x l‘ alchilazione del DNA è la posizione N7 della guanina. A. MOSTARDE AZOTATE ( dall‘ IPRITE reattivo bellico alchilante detto ―GAS MOSTARDA‖ per l‘ odore di mostarda che emanava….!!!) - MECLORETAMINA (o CLORMETINA) : è poco usata x i gravi effetti collaterali Tox: Irritante, teratogena, provoca oligospermia e disturbi mestruali - MELFALAN: usato nel trattamento del mieloma, nei tumori solidi, nei linfomi(x e.v. e x os ogni 3-4 settimane) Tox: al sangue, raramente alopecia,nausea, vomito - CLORAMBUCILE: usato nel trattamento della leucemia linfocitica cronica, nei linfomi non Hodgkin, nel cancro ovarico (x os) Tox: Disturbi endocrini, epatotoxico, toxicità polmonare, sindrome di Steven-Johnson - URAMUSTINA analogo strutturale dell‘ uracile, simile agli altri come tossicità B. PROFARMACI DI MOSTARDE AZOTATE A tali farmaci va associato il MESNA (2-Mercapto-Etan-Solfonato-Sodico), perche‘ essi liberano nella loro metabolizzazione l‘ ACROLEINA tossica x la vescica: il MESNA blocca l‘ acroleina e ne facilita l‘ eliminazione - CICLOFOSFAMIDE: usato nel trattamento delle leucemie linfocitiche croniche, linfomi e tumori solidi (x os, x e.v.) Tox: Alopecia, produce 1 composto irritante 346 - x la vescica (l‘ Acroleina, xcio‘ si usa il MESNA (x os) per chelarla), puo‘ provocare leucemie e sterilita‘, è 1 immunosoppressore, vomito, nausea, vertigini , pigmentazione cutanea, cistite emorragica IFOSFAMIDE: come x la ciclofosfamide, Tox: come x la ciclofamide + toxicita‘ al SNC(sonno) TROFOSFAMIDE SUFOSFAMIDE MITOBRONITOLO talvolta usato nel trattamento della leucemia mieloide cronica 347 348 C.ETILENAMMINE - TEM (Trietanolammina) - TIOTEPA usato nel trattamento dei versamenti neoplastici o nel cancro della vescica. Per il cancro della mammella richiede somministrazione parenterale - HMM (Esametilmelamina) Tox: Mielosoppressione evidente 349 C. ALCHILSULFONATI (ALCHILANTI MESILICI) - BUSULFAN : x la leucemia mieloide cronica (x os) ; Tox: trombocitopenia(riduzione di piastrine), nausea, vomito, diarrea, dist. Endocrini, impotenza, sterilita‘, iperuricemia(eff. Gottoso) - TREOSULFAN x il cancro ovarico (x os o x e.v.) Tox : da pigmentazione cutanea, fibrosi polmonare 350 D. NITROSOUREE - STREPTOZOCINA : tox: epatotox, ematotox, nefrotox, nausea, vomito - CARMUSTINA(BCNU) : somministrata x e.v. è indicata per il trattamento di mieloma, linfomi e tumori cerebrali. Tox: non è vescicante, irritante, depressione midollare, nausea, vomito, tox al SNC, nefrotox, epatotox - LOMUSTINA(CCNU) : è liposolubile ; si usa x il linfoma di Hodgkin e x tumori solidi. Tox come carmustina + tox al polmone - SEMUSTINA(metil-CCNU) - EXTRA-MUSTINA è 1 combinazione tra 1 estrogeno e la clormetina usato x il cancro alla prostata (x os) 351 E. TRIAZENICI 352 - DACARBAZINA : E‘ usata nel trattamento del melanoma metastatico e in terapie di associazione nei sarcomi dei tessuti molli. E‘ un componente dello schema combinato impiegato nel Linfoma di Hodgkin (ABVD: Doxorubicina, Bleomicina, Vinblastina, Dacarbazina). Si somm. x via e.v. Tox: nausea, vomito, modesta mielosoppressione, Alopecia, neurotox, epatotox, reaz dermatologiche, sindrome simil-influenzale (brividi di freddo, febbre, mialgia) - TEMOZOLOMIDE analogo della dacarbazina, si usa x i gliomi maligni 2. ANTIMETABOLITI (Analoghi strutturali) A. ANALOGHI DELL‘ AC. FOLICO Sono inibitori della diidrofolato reduttasi umana (enzima che trasforma l‘ acido folico in tetraidofolato che funge da trasportatore di unita' mono carboniose x la sintesi di purine e pirimidine). La mancanza di questo cofattore fa bloccare la sintesi di DNA, 353 RNA e proteine. Gli effetti di questi inibitori possono essere antagonizzati o diminuiti dalla somministrazione di acido folinico( leucovorin) (terapia di salvataggio) - METOTREXATO è impiegato nella terapia di mantenimento della leucemia infoblastica acuta infantile, coriocarcinoma, per linfomi non Hodgkin e altri tumori solidi; è utilizzato anche nella terapia dell‘ Artrite reumatoide e della Psoriasi Tox: precipita nei tubuli renali(si alcalizzano le urine ), tox al midollo osseo (immunodepressione e emorragie), alopecia, polmonite, è nefrotoxico e teratogeno B. ANALOGHI DELLE PIRIMIDINE Dopo essere stati trifosforilati (sintesi letale), bloccano la DNA polimerasi e la RNA polimerasi 354 - 5- FLUORURACILE si somministra x e.v. . Si usa x tumori solidi, x il cancro del colon retto. Agisce in 3 modi differenti: a. inibisce la timidilato sintasi b. blocca la sintesi dell mRNA c. inibisce la DNA polimerasi Tox: mielodepressione, mucosite, sindrome cerebellare - FLUOXURIDINA: disturbi sull‘app. digerente (diarrea fulminante), dermatiti, - - mielosoppressione, tox. Cardiaca CITARABINA : x la remissione della leucemia mielocitica acutaleucopenia, trombocitopenia, anemia, disturbi g.i. , neurotox , epatotox GEMCITABINA x e.v. x il trattamento palliativo dei pazienti affetti da tumore polmonare non a piccole cellule avanzato o metastatico e nel cancro pancreatico, x il cancro vescicale avanzato TEGAFUR CARMOFUR 5-AZACITIDINA RALTITREXED inibisce la Timidilato sintetasi; è usato x il trattameto palliativo del cancro colon-retto (è ben tollerato anche se genera mielodepressione marcata ed effetti collaterali gastroenterici. C. ANALOGHI DELLE PURINE Dopo essere stati trifosforilati (sintesi letale), bloccano la DNA polimerasi e la RNA polimerasi - MERCAPTOPURINA nelle leucemie acute, x la malattia infiamatoria intestinale tox: Iperuricemia , depress. Midollare , disturbi app.digerente, ittero - AZATIOPRINA è 1 analogo della mecaptopurina usato come immunosoppressore - TIOGUANINA x la remissione della leucemia mieloide acuta Tox: Iperuricemia , depress. Midollare , disturbi app.digerente, ittero 355 - FLUDARABINA usata x la leucemia linfocitica cronica a cellule B. si somm. x e.v. -Tox: mielosopp, nausea, vomito, disturbi neurologici(convulsioni,nevriti ottiche) - PENTOSTATINA tox : mielosoppressione, disturbi g.i. , disfunzioni epatiche, tox renale, tox neurologica - CLADRIBINA x la leucemia a cellule cappellute, leucemia linfocitica conica tox: trombocitopenia, disturbi g.i., febbre alta - VIDARABINA 3 PRODOTTI NATURALI A. ALCALOIDI DELLA VINCA ROSEA (Pervinca del Madagascar) Sono degli inibitori della mitosi cellulare legandosi in forma di-merica alla tubulina . il complesso farmaco- tubulina si posiziona sulle estremita‘ in accresimento con la depolimerizzazione dei microtubuli e l‘ arresto mitotico in metafase. Trovano impiego nel trattamento di leucemie acute, linfomi, alcuni tumori solidi(tumore della mammella e del polmone). Si somministrano x via endovenosa; è controindicata la via intratecale x la grave neurotossicità - VINBLASTINA 356 tox : leucopenia, cardiotoxicita‘(ischemia), minore secrezione di ADH, alopecia, dermatite, dist.g.i.(nausea,vomito) - VINCRISTINA - VINDESINA - VINORELBINA è semisintetico, è stato recentemente ntrodotto x il trattamento del carcinoma mamario avanzato (dopo il fallimento delle Antracicline) e x il tumore polonare non a piccole cellule avanzato Tox: neurotoxicita‘(si verifica si manifesta come neuropatia periferica e autonomica), si perdono i riflessi tendinei profondi, costipazione g.i. , coliche, alopecia reversibile, debolezza motoria, mielodepressione B. DERIVATI DEL TAXOLO (TAXANI) Bloccano la mitosi , aumentando in dismisura la polimerizzazione della tubulina tox: mielotox, mialgie, neuropatie - DOCETAXEL x il carcinoma della mammella refrattario e x il tumore polmonare non a piccole cellule. Gli effetti collaterali sono simili a quelli del Paclitaxel - PACLITAXEL si somm. x via e.v. lenta. Si asocia al cisplatino x il trattamento del cancro ovarico avanzato. Si usa pure x il carcinoma della mammella, x il tumore polmonare non a piccole cellule. È sempre raccomandata la premedicazione con 1 corticosteroide, un antistaminico e 1 anti-H2 x prevenire gravi reazioni di ipersensibilità che possono verificarsi. Tox: mielotox, mialgie, neuropatie, aritmie, alopecia e dolori muscolari; raramente nausea, vomito 357 C. EPIPODOFILLOTOSSINE Inibiscono la TOPOISOMERASI II con rottura dei filamenti del DNA ad opera di 1 complesso terziario tra farmaco,enzima e DNA Tox: diarrea, nausea, vomito, depressione del midollo, alopecia - ETOPOSIDE x os , x via e.v. lenta; si usa x il tumore polmonare a piccole cellule, nei linfomi, nei tumori testicolari - TENIPOSIDE D. CAMPTOTECINE Sono composti naturali che interferiscono con l‘ attivita‘ della TOPOISOMERASI I, con 1 danno al DNA Tox: diarrea, nausea, vomito, alopecia, depressione del midollo, anoressia 358 - TOPOTECAN è somm. x via e.v. nel cancro ovarico metastatico dopo fallimento della terapia di prima linea - IRINOTECAN è somm. x infusione e.v. nel trattamento del cancro da colon-retto metastatico in combinazione con floruracile e acido folinico(come x l‘ oxalinplatino) 4. ANTIBIOTICI ANTITUMORALI A. ACTINOMICINA D (Dactinomicina) Si lega saldamente ai 2 filamenti del DNA x intercalazione tra le coppie di basi adiacenti guanina-citosina. Si usa x il trattamento delle neoplasie pediatriche, x via e.v. Tox: nausea, vomito, anoressia, proctite, stomatite, glossite, diarrea, emosoppressione, eritemi e desquamazione della pelle , non è cardiotossica B. ANTRACICLINE Tre sono i meccanismi d‘ azione delle A: (1) intercalazione del DNA con blocco della sintesi di DNA eRNA (2) legame alle membrane che ne altera la fluidita‘e il trasporto di ioni (3) produzione di 1 radicale libero semichinonico e dell‘ O2 con 1 processo di riduzione Tox: tox cardiaca (aritmie con tachicardia sopraventricolare, insuff. Cardiaca poco rispondente ai digitalici(si riduce con Vitamina E)), mielosoppressione, stomatiti, alopecia, dist.g.i. Urina di colore rosso (sono dei cromofori coloranti) - DAUNORUBICINA (DAUNOMICINA) è usato nelle leucemie acute, nei linfomi e in diversi tumori solidi(sarcoma di Kaposi nei pazienti con AIDS). Si somm. x infusione rapida ogni 21 giorni. - DOXORUBICINA (ADRIAMICINA) è usato nelle leucemie acute, nei linfomi e in diversi tumori solidi(sarcoma di Kaposi nei pazienti con AIDS). Si somm. x infusione rapida ogni 21 giorni. È escreto x via biliare per cui l‘ incremento dei livelli di bilirubina è 1 indicazione x ridurre i dosaggi - EPIRUBICINA x il tumore della mammella. La dose max cumulativa è di 1 g\mq x evitare la cardiotoxicità 359 - ACLARUBICINA analogo della doxorubicina x la leucemia acuta non linfocitica in pazienti con ricaduta - IDARUBICINA anche x via orale, x il tumore mammario avanzato - VALRUBICINA analogo della doxorubicina C. BLEOMICINE : Frammentano il DNA in filamenti singoli o doppi grazie alla oxidazione di 1 complesso DNA- bleomicina-Fe(II) con alterazioni dei cromosomi Tox: polmonare ( tosse seccae fibrosi polmonare progressiva), tox cutanea (iperpigmentazione), cefalea, nausea, vomito, ipertermia, ipertensione, collasso - BLEOMICINA somministrata x via e.v. o i.m. x il trattamento di linfomi e di alcuni tumori solidi (carcinomi squamocellulari) D. ALTRI - MITOMICINA C: Si pensa sia 1 agente alchilante bioriducente che va incontro ad attivazione metabolica attraverso una riduzione metabolica , generando una sostanza alchilante che si lega al DNA. Si somm. x via e.v. x i tumori del tratto gastroenterico superiore, della mammella, della vescica Tox: mielosoppressione, sindrome uremico-emolitica (emolisi, Disturbi neurologici, neutropenia) - MITOXANTRONE Si lega al DNA con rottura dei filamenti ed inibizione della biosintesi di DNA e RNA. È un analogo della Doxorubicina impiegato nel carcinoma della mammella. È soministrato x via e.v., ma provoca mielodepressione e cardiotossicità 5. ENZIMI - LEVO-ASPARAGINASI E‘ un enzima prodotto dall‘ Erwinia chrysanthemi. Si utilizza quasi esclusivamente x la leucemia linfoblastica acuta x via i.m. o sottocutanea. Agisce indirettamente idrolizzando l‘ asparagina sierica in acido aspartico e NH3 . Il 360 risultato è 1 inibizione della sintesi proteica nelle cellule neoplastiche che richiedono 1 apporto di asparagina dal mezzo esterno in quanto posseggono bassi o insufficienti livelli di asparagino- sintetasi, cosicche‘ la loro proliferazione viene bloccata. Tox: reazioni allergiche, insuff di insulina, difetti di coagulazione, vomito, nausea, depressione nervosa, epatotossicità 6. COMPOSTI VARI A. COMPLESSI DEL PLATINO Formano dei legami crociati tra i filamenti complementari di DNA, inibendo la sintesi di DNA - CISPLATINO si somm. x e.v. Si usa nei tumori solidi inclusi il cancro ovarico e il teratoma testicolare. Tox: ototoxico(sordità x i toni acuti e tinnito), attacca l‘ Al +3 (non si usano aghi di Al ), nausea e vomito curata con antagonisti 5HT3 (es. Ondasetron o THC), nefrotossicità (obbligatoria l‘ idratazine prima della somm. e si controlla la funzionalità renale), provoca neuropatie periferiche , neurite ottica, papilledema, ipomagnesiemia. - CARBOPLATINO si somm. x e.v. Si usa nel tumore polmonare a piccole cellule e in altri tumori maligni. Rispetto al cisplatino è meglio tollerato. Tox: mielosoppressione, nefrotox, nausea - OXALINPLATINO si somm. x e.v. x trattare il cancro del colon retto metastatio in combinazione con il Fluoruracile e l‘acido folinico(terapia di salvataggio). La neurotossicità è dose limitante; provoca disturbi gastrici, ototossicità e mielodepressione B. ALTRI ANTITUMORALI - PROCARBAZINA Inibisce la sintesi di DNA , RNA e proteine con rottura dei cromosomi alchilando il DNA. È usata nel linfoma di Hodgkin, nel protocollo MOPP( Mecloretamina, Vincristina, procarbazina e predisolone). Tox: mielosoppress, dist.g.i, neurotox, infertilita‘, nausea, vomito. L‘ ingestione di alcool causa 1 reazione disulfiram simile. E‘ 1 modesto inibitore delle MAO(va controllata la dieta!!) - IDROXICARBAMIDE (IDROSSIUREA) Provoca inibizione nella sintesi del DNA inibendo l‘ enzima ribonucleotide reduttasi, si somm. x via orale x la leucemia mieloide cronica, nella policitemia Tox: mielosopp, dist.g.i , dermatiti(reazioni cutanee) - PENTOSTATINA attiva x il trattamento della leucemia a cellule cappellute . si somminista x via e.v. a settimane alterne. Provoca mielosoppressione, immunosoppressione - AMSACRINA E‘ 1 intercalatore tra le coppie di basi di DNA, distorcendo la doppia elica con rottura dei filamenti. Si somm. x via e.v. , si usa nella leucemia mieloide acuta. Provoca mielosoppressione e mucosite, aritmie mortali da ipopotassiemia. 361 - ALTRETAMINA Come l‘ amsacrina è 1 intercalatore tra le coppie di basi di DNA, distorcendo la doppia elica con rottura dei filamenti. Si usa x il cancro ovarico avanzato ed è somministrabile x os. Provoca nausea, vomito, neurotossicità periferica e centrale, nefrotossicità ed epatotoxicità, rash cutanei e prurito. 362 - TRETINOINA (Etretinato o Isotretinoina) è l‘isomero trans dell‘Acido Retinoico (forma acida della vitamina A); si usa x la leucemia promielocitica acuta, promuovendo 1 differenziazione terminale che fa perdere al promielocita la capacità di proliferare (nella leucemia promielocitica acuta si riscontrano modificazioni del recettore per l‘ acido retinoico); si usa anche x trattare l‘ acne, la psoriasi e i danni da esposizione ai raggi solari. Provoca sindrome da acido retinoico(con febbre, dispnea, versamento pleurico, ipotensione, edemi), pancreatite, vertigini, confusione, ansia. L'Isotretinoina ( Roaccutan ) è un farmaco indicato nelle forme gravi di acne nodulo-cistica, resistente a precedenti terapie, in particolare acne cistica e conglobata. Il farmaco è teratogeno se impiegato in gravidanza.Sono stati segnalati nel corso della terapia con Isotretinoina casi di depressione, psicosi e, raramente, idee suicidarie , tentativi di suicidio, suicidio.In alcuni soggetti che hanno presentato uno stato depressivo la sospensione della terapia ha interrotto il quadro psichiatrico, che è riapparso con la riassunzione del farmaco. Non è stato stabilito l'esatto meccanismo di azione all'origine di questi fenomeni, e non sempre la sospensione della terapia è stata sufficiente a garantire una completa risoluzione della sintomatologia psichiatrica. - IMATINIB – (Glivec) Indicazioni approvate: Trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide cronica con cromosoma Philadelphia (bcr-abl) positivo in fase cronica dopo il fallimento della terapia con interferone alfa, o in fase accelerata o in crisi blastica. La leucemia mieloide cronica (LMC) è un disordine maligno delle cellule staminali emopoietiche, caratterizzato clinicamente da una abnorme produzione di granulociti, marcata iperplasia mieloide del midollo e splenomegalia. La LMC ha una incidenza annua di 1-2 casi ogni 100.000; in Italia si ammalano 800-1.000 persone all'anno. L'età mediana di presentazione è 53 anni. Nel 40% dei casi, i pazienti sono inizialmente asintomatici e la diagnosi può essere casuale, in seguito ad un emocromo che rivela una conta anomala dei globuli bianchi (>25.000/ml) e una trombocitosi. In altri pazienti, è l'approfondimento in presenza di sintomi non specifici come stanchezza, anoressia, perdita di peso, che porta alla diagnosi. Nel 95% dei pazienti con LMC, le cellule del midollo osseo sono portatrici di un cromosoma più corto, chiamato cromosoma Philadelphia, risultante da uno scambio di materiale genetico tra il cromosoma 9 e il 22. Questa traslocazione crea un gene di fusione, denominato bcr-abl, codificante una proteina anomala, la tirosina chinasi (un enzima), che tramite fosforilazione delle proteine effettrici favorisce la proliferazione incontrollata delle cellule emopoietiche. Nella prima fase della malattia (fase cronica, con eccessiva produzione di granulociti da parte del midollo), il trattamento di riferimento è rappresentato dall'interferone alfa (Intron A, Roferon) che induce una risposta ematologica completa (normalizzazione dei valori nel sangue periferico) nel 75% dei casi e una risposta citogenetica (riduzione o scomparsa delle cellule con cromosoma Philadelphia nel midollo) nel 35%, prolungando la sopravvivenza dei pazienti. L'aggiunta di citarabina (Aracytin) aumenta il tasso di risposta, ma anche la tossicità. Nella fase avanzata (fase accelerata o in fase blastica), le cellule blastiche immature rappresentano più del 363 50% delle cellule midollari e la malattia diventa estremamente aggressiva e non responsiva alla terapia (che è la stessa della fase acuta); la prognosi è infausta. Col trattamento tradizionale, la sopravvivenza mediana è di circa 5 anni, ma il range è molto ampio. In alcuni pazienti con forma aggressiva, l'aspettativa di vita è in termini di mesi, mentre in altri con LMC indolente, responsiva ai farmaci, la sopravvivenza è di 10 o più anni. Nei pazienti più giovani (<40 anni), il trapianto allogenico di midollo tra fratelli HLA-identici rappresenta il trattamento risolutivo: è in grado di guarire il 60-70% dei pazienti con LMC in fase cronica, il 15-25% dei pazienti in fase accelerata e una percentuale inferiore al 15% di quelli in fase blastica. L'imatinib inibisce in modo specifico la proteina oncogena bcrabl, competendo con l'ATP (adenosintrifosfato), il ligando fisiologico della brcabl, per lo stesso sito all'interno della proteina e impedendo alla tirosina chinasi di trasmettere alle cellule del midollo i segnali che causano iperproduzione di globuli bianchi. In uno studio di fase 1 su pazienti con LMC in fase cronica non responsivi o intolleranti all'interferone alfa, si è ottenuta una risposta ematologica completa (dimezzamento del numero di globuli bianchi) in 53 dei 54 pazienti trattati con almeno 300 mg al giorno di imatinib; nel 54% si è ottenuta una risposta citogenetica, che nel 13% dei pazienti è risultata completa. In un altro studio simile di fase 1, 58 pazienti sono stati trattati con dosi crescenti da 300 a 1.000 mg al giorno; una risposta ematologica completa è stata raggiunta in 8 pazienti, 4 tra i 38 pazienti con LMC in fase blastica e 4 tra i 20 pazienti con CML in trasformazione linfoblastica o acuta positivi al cromosoma Philadelphia. Nella maggior parte dei casi, le risposte sono state di breve durata; i pazienti con forma linfoide sono tutti recidivati nell'arco di 4 mesi. I tre studi di fase 2 sinora realizzati hanno arruolato più di 1.000 pazienti. In 532 pazienti con LMC in fase cronica nei quali l'interferone aveva fallito, l'imatinib (400 mg al giorno) ha indotto una risposta ematologica completa nel 95% e una risposta citogenetica completa nel 41% dei pazienti. Su 235 pazienti con LMC in fase accelerata, (imatinib 400 mg/die nel 33% dei pazienti, 600 mg/die nel 67%) si è ottenuta una risposta ematologica completa nel 34% e una risposta citogenetica completa nel 17% dei pazienti. Su 260 pazienti con LMC in fase blastica, (600 mg/die di imatinib nell'86%) solo il 7% ha presentato una risposta ematologica e citogenetica completa. Il tempo mediano per ottenere una risposta ematologica è stato di 4 settimane; nella maggioranza dei pazienti in fase cronica e accelerata, le risposte sono durate più di 6 mesi. A tutt'oggi non è, però, possibile stabilire la durata della risposta e gli effetti a lungo termine dell'imatinib, in considerazione della dimostrata capacità di resistenza dalle cellule neoplastiche del midollo. Il 2% dei pazienti in fase cronica o accelerata e il 5% di quelli in fase blastica hanno sospeso il trattamento a causa di effetti indesiderati gravi. Gli effetti indesiderati hanno avuto una incidenza maggiore nella LMC avanzata, ma non è chiaro se questo derivi dalla fase della malattia o dalle dosi più elevate di imatinib utilizzate. I disturbi più frequenti sono stati nausea (58-71%) e vomito (30-55%), edemi (56-71%), crampi muscolari (26-50%), diarrea (37-53%), rash cutanei (3443%), cefalea (26-30%). La nausea è meno frequente quando l'imatinib viene 364 assunto con i pasti e un bicchiere di acqua. Gli edemi sono particolarmente fastidiosi; nel 3% dei pazienti con MLC in fase accelerata e nel 6% di quelli in fase blastica si sono osservati versamenti pleurici, ascite o edema polmonare con un decesso. Neutropenia (34-63%) e piastrinopenia (17-60%) possono richiedere l'interruzione del trattamento. L'imatinib viene metabolizzato a livello epatico dal citocromo P450; l'assunzione contemporanea di farmaci induttori enzimatici come la fenitoina e la carbamazepina ne riducono i livelli plasmatici e l'efficacia. L'imatinib si è dimostrato efficace anche nel trattamento del sarcoma stromale gastrointestinale chemioresistente, un tumore raro che presenta una tiroxina chinasi (c-kit) simile al bcr-abl. L'imatinib è stato utilizzato ed è in corso di studio in altri tipi di tumori maligni (es. polmonari, prostatici, cerebrali). In questi tipi di tumori solidi la tiroxina chinasi mutata o sovraespressa sembra però essere meno importante nel processo di proliferazione cellulare di quanto non sia nella LMC. - ELLIPTICINA è un altro inibitore delle topoisomerasi I 7. ORMONI (Vedi anche terapia ormonale) A. ANDROGENI Stimolano i rec x gli androgeni. - TESTOSTERONE- Stimola i rec x gli androgeni Tox: ritensione di liquido, mascolinizzazione, ittero colestatico B. ANTIANDROGENI Bloccano i rec x gli androgeni - FLUTAMIDE : nessuna tox (epatotox) - ESTRAMUSTINA: è 1 agente alchilante il recettore x gli androgeni irreversibilmente - NILUTAMIDE - BICALUTAMIDE 365 C. ESTROGENI Stimolano il rec x gli estrogeni - DIETILSTILBESTROLO : raramente nausea e vomito, ritenzione di liquidi,femminilizzazione, metrorragie - POLIESTRADIOLO - FOSFESTROLO - ETINILESTRADIOLO D. ANTIESTROGENI Bloccano reversibilmente il rec x gli etrogeni - TAMOXIFENE tox : Tumore all‘utero (dopo 4 anni di terapia), dermatiti,disturbi simili a quelli della menopausa, riduzione della vista (cataratta), ematotoxico - TOREMIFENE - FULVESTRANT Il Faslodex ( Fulvestrant ) è un nuovo farmaco antitumorale per il trattamento del carcinoma metastatizzato con recettori ormonali positivi nelle donne in postmeopausa con progressione della malattia dopo terapia antiestrogenica. L'FDA ha dato la propria approvazione sulla base di due studi clinici di fase III , che hanno confrontato il Fulvestrant (250 mg una volta al mese) con l'inibitore dell'aromatasi, Anastrozolo (1 mg/die per os ; Arimidex ). Tutte le donne che hanno preso parte agli studi clinici erano in postmenopausa ed erano state precedentemente trattate con terapia ormonale (nella maggior parte dei casi con Tamoxifene). In questi studi è emerso che il Fulvestrant è efficace almeno quanto Arimidex. I vantaggi offerti dal Faslodex sull'Arimidex sono: a) la maggior durata della risposta ; b) migliore compliance (una sola somministrazione al mese). I due farmaci hanno presentato effetti indesiderati comparabili: vampate di calore, nausea, astenia, e cefalea. Reazioni al sito di iniezione (lievi e transitorie) si sono presentate nell'1% dei pazienti trattati con Faslodex. Il Fulvestrant è un antagonista del recettore dell'estrogeno. Differisce dagli inibitori dell'aromatasi, che riducono la quantità di estrogeno e dal Tamoxifene 366 che blocca il recettore dell'estrogeno, perché degrada i recettori degli estrogeni nelle cellule tumorali mammarie. E. PROGESTINICI Stimolano il rec x il progesterone - IDROXI-PROGESTERONE - MEDROXI- PROGESTERONE- F. INIB. DELLA STEROIDOGENESI - AMINOGLUTETIMMIDE Inibisce la sintesi degli steroidi bloccando 2 enzimi: l‘ AROMATASI e la DESMOLASI tox: neurotoxicita‘, disturbi della visione - MITOTANO Riduce la sintesi degli ormoni prodotti dal surrene 367 - FORMESTANO ANASTROZOLO inibitore non steroideo dell‘ aromatasi LETROZOLO inibitore non steroideo dell‘ aromatasi EXEMESTANE inibitore non steroideo dell‘ aromatasi G. ANALOGHI DEL GnRH Sono degli agonisti dell‘ ormone che determina il rilascio di gonadotropine con 1 riduzione nella sintesi di androgeni da parte del testicolo Tox: ginecomastia, edema, nausea, vomito, trombosi - GOSERELINA - LEUPRORELINA - BUSERELINA H. ANALOGHI DELLA SOMATOSTATINA - OCTREOTIDE tox: nausea e vomito I. CORTICOSTERODI - PREDNISONE tox: ritensione di liquidi, ipertensione , diabete, faccia a luna piena, aumento sensibilita‘ alle infezioni L. INIB della 5 alfa REDUTTASI FINASTERIDE : x l ipertrofia prostatica benigna DUTASTERIDE ( Avodart ) nel trattamento dell'ipertrofia prostatica. La Dutasteride si differenzia dalla Finasteride ( Proscar ) per essere il primo inibitore della 5-alfa reduttasi in grado di inibire entrambi gli enzimi ( isoenzima di tipo 1 e di tipo 2 ) che convertono il testosterone in diidrotestosterone ( DHT ) a livello prostatico e di altri tessuti. La Dutasteride riduce i livelli di DHT del 90%. Studi clinici, che hanno coinvolto più di 4.300 pazienti per 2 anni, hanno mostrato che il farmaco è in grado di ridurre il rischio di incapacità ad urinare del 57% e la necessità a sottoporsi ad operazione chirurgica del 48%. Gli effetti indesiderati sono risultati lievi-moderati. Nel 4,7% degli uomini che hanno fatto uso della Dutasteride si è osservata impotenza e nel 3% calo della libido. Si sono , inoltre , presentati : disturbi di eiaculazione e ginecomastia. 368 8. TERAPIA ―ALTERNATIVA‖ (!?!?!?) DEI TUMORI I principi attivi estratti da piante medicinali sono innumerevoli.Sino ad oggi sono state studiate circa 3.000 piante,sulle oltre 25.000 specie esistenti, il che dimostra quanto ci sia ancora da attingeredal più grande laboratorio chimico del nostro pianeta: la NATURA. LE CURE ALTERNATIVE NON SI PONGONO IN ALTERNATIVA AI PROTOCOLLI TRADIZIONALI, ma possono rappresentare un complemento ed un'integrazione in un contesto di collaborazione fra tutto ciò che è ricerca, sia essa chimica o naturopatica. Statisticamente è provato che la chemioterapia è indubbiamente efficace in alcuni tipi di tumori, in particolare in quelli del sangue.Fra questi i linfomi di Hodgkins (80% circa di guarigioni), i linfomi non-Hodgkins (5060%), le leucemie acute ed in misura minore quelle croniche, i tumori dei testicoli (più del 90% di guarigione). Per tutti gli altri tipi di tumore che colpiscono un organo, la chemioterapia, purtroppo, ha un'efficacia inferiore. Il concetto di base su cui ruoterà probabilmente il futuro della terapia tumorale è orientato verso quelle sostanze con proprietà angiostatiche che inibiscono la neovascolarizzazione del tumore con conseguente impossibilità di accrescimento, e verso quelle sostanze che favoriscono la modulazione del sistema immunitario.Il Prof. Folkman, negli USA, sta riscuotendo notevole interesse nel mondo scientifico con l'angiostatina, anche se al momento non è stata ancora sperimentata sull'uomo.La somatostatina detiene proprietà analoghe ed inoltre ha un'azione inibente sull'ipofisi e, per tale motivo, sullo sviluppo del tessuto neoplastico (da "Colloqui", Prof. Di Bella). Le vitamine A, C, D, E ed il calcio, con somatostatina, melatonina, bromocriptina e ciclofosfamide, rappresentano il protocollo di base della Terapia Di Bella. Molte sono le sostanze derivate da piante medicinali che hanno un'azione modulatrice del sistema immunitario con effetti antitumorali: l'aloe, balzato alla cronaca per l'utilizzo di Padre Romano, un francescano del Convento di Betlemme; l'olio di garofano, oltre ad un composto a base di lievito, alghe marine, minerali e piante, messi a punto da un altro francescano, il Dr. Padre Emilio Ratti, iridologo, biologo, farmacista e med ico chirurgo; l'uncaria, studiata in Brasile dal Dr. Biotti, botanico, dove viene usata empiricamente come antitumorale; la clorella, un'alga marina studiata dal Dr. Dadamo, biologo ed erborista; la Vitis vinifera, studiata dal Dr. Piterà, docente in omeopatia; il Larus nobilis ed il Buxus sempervirens consigliati da diversi naturopati per alcuni tipi di tumore; il Celastrus scadens e l'Actinidia chinensis, ancora in fase sperimentale; la corteccia di betulla bianca, studiata dal Dr. Meschi, iridologo e ricercatore in fitoterapia, sulla quale è apparso alcuni mesi fa un articolo su "Tempo Medico" 369 dove sembra che il mondo scientifico confermi che l'acido betulinico dia l'input di apoptosi alla cellula del melanoma. Altre ricerche su piante medicinali sono volte a contrastare le epatiti B e C anche in fase cirrotica, cardiopatie ed ipertensione arteriosa, nonché patologie virali fra cui l'HIV.Vi sono, inoltre, anche sostanze naturali ed oligoelementi usati in naturopatia, come il silicio, il magnesio chelato, il germanio, il selenio, e la cartilagine di squalo, quest'ultima, fra l'altro, utilizzata anche dal Prof. Di Bella e da Padre Emilio Ratti. Nel 1995 presso l'Istituto di Patologia Generale dell' Università di Milano è stato eseguito uno studio su un composto a base di aloe, germanio ed altre sostanze naturali, messo a punto sempre dal Dr. Meschi. Il preparato (denominato germanio composto) è stato somministrato ad una serie di topi nei quali erano state inoculate 250.000 cellule del tumore Yoshida AH 130 (tumore polmonare particolarmente aggressivo). Dopo 7 giorni si è potuto constatare che i ratti ai quali era stato somministrato il preparato avevano sviluppato altre 250.000 cellule cancerogene per un totale di 500.000 cellule, mentre i ratti ai quali non era stato somministrato il preparato avevano sviluppato, nello stesso periodo, oltre 3.700.000 cellule neoplastiche, con una massa tumorale 15 volte superiore rispetto agli altri. Un'efficace integrazione alle terapie naturali si sta rivelando la tecnica di psicodinamica elaborata dal Dr. Masuelli, medico chirurgo, specialista in neuropsichiatria.Tale tecnica, che spazia dall'ipnosi al riequilibrio di tutto il sistema energetico, si basa sulla stimolazione del naturale processo di difesa dell'organis mo, che attiva ogni risorsa psicoimmunologica per contrastare quei tumori a rapido accrescimento cellulare, particolarmente favoriti da scompensi immunoenergetici. IRIDOLOGIA La microsemeiotica oftalmica, meglio conosciuta come "iridologia", è considerata un metodo di indagine per individuare un'eventuale diatesi tumorale.Tale tecnica nasce ai primi del '900 per l'intuizione del Dr. Von Peczely, medico chirurgo, specialista oculista e docente universitario di anatomia e fisiologia.Con l'ausilio di un iridoscopio, che varia da 10 a 50 ingrandimenti, viene esaminato attentamente l'apparato oftalmico, alla ricerca di segni codificati e spesso patognomonici che possono sottintendere lesioni organiche. Tali segni hanno origine da una dilatazione o costrizione dei vasi ciliari per effetto della dinamica fisiologica di riflesso.E' importante sottolineare che l'indagine iridologica non è una tecnica diagnostica propriamente intesa, ma un test sullo stato energetico degli organi interni, per cui è ragionevole ipotizzare che un grave scompenso energetico possa sottintendere una patologia, ma questa potrà essere diagnosticata solo con esami obiettivi ed indagini cliniche appropriate.Il test iridologico consente inoltre di individuare eventuali metastasi omeopatiche, ossia sintomatologie di un organo dovute a squilibri energetici di altri organi apparentemente sani, sui quali è necessario intervenire per risolvere il disagio sintomatico.Nel 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, sull'ondata degli scambi scientifici con l'ex Unione Sovietica, si è appreso, con un certo stupore, che la Russia è il paese in cui la ricerca iridologica è più avanzata, in quanto da oltre 40 anni la microsemeiotica oftalmica viene sistematicamente praticata negli ospedali. 370 Innumerevoli sono i segni scoperti dai russi, fra i quali la predisposizione all'infarto miocardico ed il cronorischio, rilevato in contemporanea anche da un altro ricercatore italiano, il Dr. Lorito, medico chirurgo, specialista otorinolaringoiatra. In Italia la scuola più avanzata fa capo al Dr. Padre Emilio Ratti, attualmente chirurgo in Africa. Uno dei collaboratori prosecutore delle sue ricerche è il Dr. Meschi. Attualmente la tecnica iridologica rappresenta un valido strumento integrativo per pilotare le successive indagini cliniche verso una diagnosi precoce e mirata. AZIONE ANTITUMORALE DEI POLISACCARIDI VEGETALI L'aloe ed il vischio sono state oggetto di un approfondito studio relativo ai polisaccaridi in esse contenuti.Da tale ricerca è emerso il possibile utilizzo delle sostanze di cui sopra nelle terapie antitumorali con due prospettive di impiego: la stimolazione delle cellule immunocompetenti l'inibizione dell'angiogenesi Questo secondo aspetto delle proprietà angiostatiche dei polisaccaridi di aloe e vischio è in piena sintonia con la sperimentazione che sta effettuando negli USA il prof. Folkman sull'utilizzo dell'angiostatina nella lotta contro i tumori.Se poi i polisaccaridi, per pura coincidenza, fossero controparte di un determinante di membrana cellulare carcinogena, si potrebbe avere la remissione del tumore per agglutinazione.Sull'uso di aloe e vischio è necessario dosare con cautela quest'ultimo per la tossicità sul sistema nervoso centrale e le proprietà ipotensive dei suoi principi attivi. CARDO MARIANO E TUMORI In Germania è stato sperimentato a cura del Prof. Steinegger, che ne ha pubblicato i risultati su "Pharmakognosie und Phitopharmazie", il cardo mariano come complemento nelle terapie antitumorali. I principi attivi più efficaci sono risultati la Silimarina, la Silicristina, la Silibina e la Silidionina. I risultati più incoraggianti si sono evidenziati nei confronti delle cellule del carcinoma mammario, prostatico e del melanoma. Il cardo mariano è tuttora oggetto di ulteriori sperimentazioni. Sino ad oggi i derivati di sintesi di tale pianta vengono usati con successo solo nelle epatopatie, compresa la cirrosi, ma è presumibile che in un prossimo futuro l'utilizzo dei principi attivi del cardo mariano venga esteso anche ad altre patologie. CHEMIO e RADIO: CONTENIMENTO DEGLI EFFETTI COLLATERALI Nella Repubblica Popolare Cinese sono state sperimentate alcune radici di piante che opportunamente associate hanno ridotto di oltre il 50% gli effetti collaterali provocati dalla chemioterapia e dalla terapia radiante. Con radice di Astragali, Codonopsis, Ganodermae, Panacis e rizoma di Pinelliae e Dioscoreae si sono ridotte l'astenia e la caduta di capelli durante cicli di chemio, mentre la radice di Polygoni, Peonia, Liquirizia, Schisandra, Cartamo ha contenuto gli effetti collaterali della radioterapia. 8 IMMUNOFARMACOLOGIA Il sistema immunitario è finalizzato a proteggere l‘ ospite dall‘ invasione di microrganismi patogeni e ad eliminare le malattie. Inoltre esso è in grado di 371 riconoscere i suoi costituenti come ―self‖ e protegge sestesso dal ―non self‖(patogeni) contribuendo alla sopravvivenza, al controllo omeostatico dello sviluppo ed al mantenimento dell‘ integrità di organi e tessuti. La protezione dalle infezioni e dalle malattie è fornita da 2 principali componenti: il sistema immunitario innato e il sistema immunitario adattabile. (a) il sistema immunitario innato E‘ la prima linea di difesa contro 1 sfida antigenica ed include componenti fisiche(ad es. pelle), biochimiche (ad es. complemento, lisozima) e cellulari(macrofagi, neutrofili). Se tali meccanismi hanno successo, il patogeno viene eliminato e la malattia ha 1 durata limitata. (b) il sistema immunitario adattabile. Nel momento in cui la risposta imunitaria innata risulta inadeguata a fronteggiare l‘infezione, viene mobilitato il sistema immunitario adattabile. Esso è mediato da (1) sostanze presenti nel siero (immunità umorale) oppure da (2) cellule (immunità cellulare) e permette l‘ innesco di 1 catena di meccanismi x ottenere 1 reazione che rapidamente si amplifica. GLI ELEMENTI DEL SISTEMA IMMUNITARIO 1. L‘ ANTIGENE - E‘ qualsiasi sostanza estranea all‘organismo ospite capace di provocare una risposta immunitaria nell‘ ospite, generando in esso anticorpi specifici. E‘ formato da 2 parti: l‘APTENE + il CARRIER . L‘aptene è 1 sostanza di per sé incapace di indurre la produzione di anticorpi, ma che ne diventa capace se legata a 1 proteina detta Carrier. 2. I GRANULOCITI (o leucociti polimorfonucleati, PMN) - Sono cellule che prendono origine nel midollo osseo e pattugliano continuamente l‘organismo attraverso il circolo sanguigno, difendendoci dal patogeno. - Si possono suddividere in base alla colorazione che danno i loro granuli in 3 classi: EOSINOFILI (si colorano con coloranti acidi), BASOFILI (si colorano con coloranti basici), NEUTROFILI (si colorano con coloranti sia basici che acidi). - La loro azione è guidata da diversi segnali prodotti a livello tessutale (fattori chemiotattici) come proteine secrete da altri leucociti, sostanze prodotte dal metabolismo batterico, componenti attivati dalla cascata del complemento, che, legandosi a dei recettori sulla membrana cellulare dei granulociti, li attivano e li fanno diventare + aderenti alle superfici (emissione di pseudopodi). Così tali granulociti attivati fuoriescono dai tessuti e vanno nella zona d‘ infezione in cui il segnale è stato rilasciato (tale modalita‘ di migrazione è detta ―chemiotassi‖). Una volta giunti nella zona d‘infezione i granulociti possono fagocitare i microrganismi invasori e ucciderli, svuotando all‘esterno il contenuto dei loro granuli. - Caratteristiche dei granulociti: 372 a) NEUTOFILI Le sostanze contenute nei granuli dei neutrofili e liberate sono il Lisozima (enzima che taglia 1 legame tra gli zuccheri che costituiscono la membrana cellulare dei batteri detta peptidoglicano) e la Lactoferritina (proteina che ha 1 azione antibatterica legandosi al Ferro e sottraendolo al metabolismo batterico) b) EOSINOFILI Le sostanze contenute nei granuli degli eosinofili e liberate sono enzimi che esercitano 1 intensa attività antibatterica e sono efficaci nella difesa dai parassiti pluricellulari (vermi) c) BASOFILI Tali granulociti sono molto simili alle mast-cellule (mastociti). Le sostanze contenute nei granuli dei basofili e liberate sono istamina (con azione favorente l‘ infiammazione e inibente il processo batterico), radicali di ossigeno a effetto antibatterico e fattori chemiotattici. 3. MONOCITI-MACROFAGI - Sono cellule di origine midollare con funzioni importantissime nell‘ ambito dell‘immunità, secernendo diversi tipi di molecole, captando e reagendo a molti stimoli grazie all‘interazione e alla cooperazione con altre cellule deputate alla difesa dell‘ organismo. - I macrofagi sono dei grandi mangiatori; essi posseggono la capacità di ingerire 1 grande quantità di sostanze tramite meccanismo di fagocitosi(endocitosi) o pinocitosi(x liquidi). - Sulla membrana dei macrofagi ci sono dei recettori (quelli x la porzione Fc delle Immunoglobuline o x i Fattori del Complemento ) che servono a dirigere funzioni come Fagocitosi e Citotossicità cellulare anticorpo-dipendente(meccanismo di uccisione di agenti patogeni tramite immunoglobuline[dette anticorpi]). - I macrofagi sono capaci di secernere 1 grande varietà di sostanze come Enzimi lisosomiali, il Lisozima e in particolare l‘ Interleuchina-1, che è 1 insieme di 2 glicoproteine (alfa e beta) che facilitano l‘attivazione dei linfociti T, promuovono la moltiplicazione dei fibroblasti e sono degli endopirogeni(cioè sono sostanze che determinano la febbre agendo sul sistema di regolazione termostatica dell‘organismo. - I macrofagi possono riconoscere con estrema precisione la struttura da fagocitare: infatti la struttura estranea (antigene patogeno) viene ricoperta in superficie o da 1 dei Fattori attivati della cascata del Complemento (come il C3b) oppure da anticorpi (immunoglobuline). Tale processo è detto opsonizzazione. Mediante l‘ opsonizzazione, quindi, il macrofago dispone di 1 + preciso meccanismo di riconoscimento dell‘antigene. 4. COMPLESSO MAGGIORE DI ISTOCOMPATIBILITA‘ (MHC) - Le strutture o proteine di membrana, che sono così importanti nel determinare l‘ atteggiamento di 1 linfocito nei confronti della cellula con cui è venuto a contatto, sono il frutto di un particolare gruppo di geni che viene indicato col nome di Complesso Maggiore di Istocompatibilità. - Esso è 1 insieme di geni presente in tutti i vertebrati e che nell‘ uomo è localizzato sul cromosoma 6. 373 - I prodotti di questi geni sono di 3 tipi diversi : - a)prodotti di I classe (glicoproteine presenti sulla membrana di tutte le cellule) ; - b)prodotti di II classe (glicoproteine costituite da 2 catene, alfa e beta, entrambe proteine integrali di membrana) ; - c)prodotti di III classe (non sono proteine di membrana, ma vengono secrete all‘ esterno) ; 5. LINFOCITI - Sono cellule molto differenti x forma e compiti rispetto sia ai granulociti che ai macrofagi. Ogni linfocito possiede sulla membrana 1 recettore specifico x 1 solo antigene : ciò significa che è in grado di riconoscere e legarsi a 1 solo dei tantissimi antigeni che potrebbero penetrare nell‘organismo. - I linfociti circolano nel torrente ematico , ma stazionano anche in particolari organi detti linfatici(midollo, milza, linfonodi, placche di Peyer, tonsille). - Il linfocito 1 volta riconosciuto l‘ antigene va incontro a 1 serie di divisioni mitotiche; così il clone cellulare che da esso origina diventa + numeroso : tale espansione cellulare determina l‘ aumento del numero di linfociti capaci di reagire verso quel determinato antigene. - Alcuni linfociti detti ―memoria‖, dopo aver riconosciuto l‘antigene (generando 1 risposta immunitaria primaria), vivono x lungo tempo conservando 1 memoria del riconoscimento antigenico. Infatti i linfociti ―memoria‖, che hanno già riconosciuto l‘ antigene, venendo nuovamente a contatto con lo stesso antigene danno origine a 1 risposta immunitaria detta secondaria molto + rapida e intensa. - Dal punto di vista funzionale i linfociti sono distinti in 2 principali tipi: linfociti T e linfociti B. - LINFOCITI T: devono il loro nome al fatto che 1 volta prodotti nel midollo osseo migrano nel Timo, organo retrosternale dove avviene la loro maturazione. In tale organo i linfociti non ancora maturi, detti pre-T, vengono in contatto molto intimo con le cellule epiteliali, le quali presentano, ai recettori x l‘ antigene dei linfociti, le molecole del complesso MHC di classe I e II espresse sulla loro membrana cellulare. Infatti il riconoscimento dell‘ antigene da parte dei linfociti T avviene tramite 1 recettore di membrana chiamato Ti (è 1 proteina di membrana a 2 subunità), che possiede sequenze amminoacidiche variabili da linfocito a linfocito x riconoscere antigeni diversi. Sui linfociti T, il recettore Ti è associato anche a 1 altra caratteristica struttura proteica di membrana detta CD3, che ha il compito di segnalare al nucleo l‘ avvenuto legame tra il recettore e l‘ antigene. Il complesso Ti-CD3 ha la funzione di riconoscere esclusivamente molecole MHC di classe I o II modificate. A seconda della classe di molecole MHC, i linfociti T maturi possono essere divisi in 2 tipi fondamentali: a) LINFOCITI T HELPER: quelli che esprimono sulla loro superficie di membrana, oltre al complesso Ti-CD3, anche 1 particolare antigene chiamato CD4, e che sono detti HELPER (aiutanti) che vanno alla ricerca di molecole MHC di classe II alterate o di frammenti antigenici ad esse associati; 374 b) LINFOCITI T SUPPRESSOR: quelli che esprimono sulla loro superficie di membrana, oltre al complesso Ti-CD3, anche particolare antigene chiamato CD8 e che sono detti SUPPRESSOR o CITOTOSSICI o SOPPRESSORI e che vanno alla ricerca di molecole MHC di classe I alterate o di frammenti antigenici ad esse associati; Vediamo la sequenza di azione: 1) I linfociti T helper x riconoscere l‘ antigene devono venire in contatto con i macrofagi, che gli presentano l‘antigene. 2) Cosi i linfociti T helper, dopo aver riconosciuto l‘ antigene, si attivano e vanno incontro a divisione cellulare, producendo altri linfociti T helper figli. 3) Quest‘ ultimi, nel caso di 1 nuovo contatto con la struttura alterata riconosciuta inizialmente, secernono l‘ INTERLEUCHINA-2, la quale a sua volta ha azione ha azione sui linfociti T suppressor, che abbiano riconosciuto lo stesso antigene presentatogli dai macrofagi, in associazione ai prodotti MHC di classe I. 4) I linfociti T suppressor, dopo aver riconosciuto l‘antigene, esprimono sulla loro membrana i recettori x l‘ INTERLEUCHINA-2 , in modo da poterla captare se secreta dai linfociti T helper. 5) Il legame interleuchina-2 e recettore induce l‘attivazione dei linfociti T suppressor, che vanno incontro a divisione cellulare, producendo altri linfociti T suppressor figli capaci di uccidere specificamente e con precisione tutte le cellule che presentano quel particolare antigene associato ai prodotti MHC di classe I. 6) L‘uccisione avviene in seguito allo stabilirsi di 1 contatto tra il recettore T8 del linfocito T suppressor con gli antigeni MHC di classe I della cellula bersaglio e al conseguente rilascio da parte del linfocito T suppressor di granuli contenenti Perforine, proteine che danneggiano la membrana della cellula bersaglio e ne provocano la morte. - LINFOCITI B: anch‘ essi prendono origine nel midollo osseo, e sono detti così xchè negli uccelli la loro maturazione è influenzata da 1 organo linfatico situato in prossimità della cloaca, detto Borsa di Fabrizio. Essi si localizzano nei linfonodi, dove costituiscono ammassi cellulari ,detti follicoli primari e solo 1 piccola % rimane in circolo. - I linfociti B producono e secernono 1 straordinario tipo di gliciproteine: gli ANTICORPI , detti pure IMMUNOGLOBU-LINE , che rappresentano il 20% di tutte la proteine presenti nel siero plasmatico. Però non tutti gli anticorpi prodotti vanno a far parte delle proteine presenti nel plasma; alcuni rimangono anco-rati alla membrana plasmatica dei linfociti B, dove funzionano da recettori x l‘ antigene (compaino sulla membrana del linfocito prima le IgM e poi le IgD e poi tutte le altre). In generale gli anticorpi hanno 1 caratteristica forma a Y che consente ad ogni molecola di svolgere 1 duplice funzione : 1) legare l‘antigene mediante i siti specifici situti all‘ estremità di ogni braccio della Y, e successivamente utilizzare la coda della Y (detto frammento cristallizzabile o Fc delle immunoglobuline) per legarsi a specifici recettori presenti sullamembrana di alcuni tipi di leucociti e guidare alcune attivi-tà biologiche come la Fagocitosi e la Citotossicità. La struttura fondamentale di 1 molecola di immunoglobulina 375 1) 2) 3) 1) 2) 3) 4) a) (anticorpo) è costituita da 4 catene polipeptidiche a 2 a 2 identiche: 2 catene L (Light = leggero) di circa 200 amminoacidi e 2 catene H (Heavy = pesante) di circa 400 amminoacidi. Nei mammiferi sono stati individuati 5 classi di immunoglobu-line: IgA, IgD, IgE, IgG e IgM; ognuna di esse possiede 1 specifica classe di catene H, che sono rispettivamente . Le IgG hanno 1 ruolo importante nei processi di difesa dalle infezioni: tramite la loro regione Fc si legano ai Macrofagi e ai Granulociti, permettendo loro di individuare efficacemente il bersaglio da fagocitare; tramite sempre la loro regione Fc si legano anche al 1° componente del complemento, attivando la cascata del complemento che culmina con l‘uccisione del microrganismo. Le IgM si producono nelle risposte primarie agli organismi infettivi e costituiscono il recettore x l‘antigene dei linfociti B xchè dotate di 1 unica specificità di riconoscimento; attivano anch‘esse la cascata del complemento. Le IgA sono gli anticorpi + rappresentati nelle secrezioni (saliva, latte, lacrime, secrezioni respiratorie) e sono 1 vero e proprio sistema difensivo x le mucose. Le IgD sono presenti in grandi quantità sulla membrana di molti Linfociti B circolanti. Le IgE pur trovandosi in piccole quantità nel siero plasmatico sono presenti sulla superficie dei basofili e delle Mast-cellule (secernono istamina) agendo come recettori x gli antigeni. L‘ avvenuto legame stimola la degranulazione di queste cellule che, liberando istamina e altri mediatori provocano le manifestazioni cliniche tipiche delle reazioni allergiche (asma, orticaria, febbre da fieno). Oltre alle immunoglobuline di membrana i linfociti B possiedono altri caratteristici recettori sulla loro membrana: i linfociti B hanno dei recettori x gli antigeni di differenziazione, che riconosciuti da specifici anticorpi monoclonali, permettono di caratterizzare e seguire il percorso maturativo dei linfociti B. I linfociti B con il sito combinatorio delle Ig di membrana possono, come i granulociti e i macrofagi , fagocitare strutture estranee rivestite da anticorpi. (ADCC = citotoxcità anticorpo dipendente) Con il recettore C3b i linfociti B possono interagire con le strutture sulle quali si è attivata la cascata del complemento. Processo di attivazione dei linfociti B: un linfocito B maturo viene a contatto con l‘ antigene che si lega specificamente alle IgM o alle IgD di membrana del linfocito B il linfocito B diviene così suscettibile di 1 serie di segnali (interleuchine) rilasciati da 1 linfocito T helper, che abbia riconosciuto lo stesso antigene presentatogli da 1 macrofago o da 1 linfocito B stesso Tali segnali sono delle interleuchine e cioè l‘ INTERFERON GAMMA, l‘ INTERLEUCHINA-2 e il Fattore di differenziazione dei linfociti B (BCDF), che si legano con i loro recettori specifici sulla membrana dei linfociti B e inducono il linfocito B a dividersi attivamente e a generare 1 clone di cellule figlie. Da tali cellule figlie prenderanno origine 2 tipi di cellule: le Plasmacellule: sono cellule a vita breve capaci di produrre e secernere 1 grande quantità di anticorpi e destinate a morire (risposta primaria); 376 b) i linfociti B memoria: sono cellule a vita molto lunga con il compito di mantenere il ―ricordo‖ dell‘ antigene che è stato riconosciuto x la prima volta dalla cellula capostipite del clone. In seguito ad 1 nuovo contatto con tale antigene i linfociti B memoria daranno vita ad 1 + rapida e intesa risposta anticorpale (risposta secondaria). 6. CELLULE NATURAL KILLER - Sono linfociti presenti nel sangue periferico e nella milza, capaci , senza essere guidati da prodotti del complesso maggiore di istocompatibilità(MHC), di uccidere spontaneamente 1 ampia varietà di cellule tumorali, cellule infettate da virus e alcune cellule normali poco differenziate, come i fibroblasti fetali,i timociti immaturi e le cellule staminali del midollo osseo. - Tale classe di linfociti è costituita da 1 popolazione abbastanza eterogenea di cellule: tra esse, quelle maggiormente responsabili dell‘attività citotossica dei Natural Killer sono le LGL (Large Granular Lymphocytes = linfociti di grandi dimensioni) che presentano sulla membrana alcune strutture recettoriali (detti recettori NK) simili a quelle dei linfociti T, dei granulociti e dei monocitimacrofagi. In seguito al legame del linfocito Natural Killer con la cellula bersaglio, mediato da 1 recettore NK (che riconosce 1 particolare struttura sulla superficie della cellula bersaglio), si ha l‘ attivazione di meccanismi litici con il rilascio, da parte dei Natural Killer, dei granuli citoplasmatici (contenenti Perforine, simili a quelle rilasciate dai linfociti T suppressor) nella zona in cui è avvenuto il legame con la cellula bersaglio. - I linfociti Natural Killer esercitano anche importanti effetti di regolazione della risposta immunitaria secernendo alcune linfochine ( Interleuchina-1, Interleuchina-2 e Interferoni) con le quali possono regolare l‘attività di linfociti e macrofagi e possono difendere l‘organismo dalle infezioni virali. Le linfochine come l‘interferon e l‘interleuchina-2 a loro volta provocano 1 rapido aumento dei linfociti Natural Killer. 7. IL COMPLEMENTO - Il complemento è 1 complesso formato da 1 serie di proteine del siero plasmatico, che integra l‘azione degli anticorpi nell‘uccidere le cellule e in particolare i batteri. - Il complemento è formato da 1 decina di proteine solubili, dette C1, C2, C3, C4, C5, C6, C7, C8, C9, Fattore B, Fattore D, proteine regolatorie circolanti nel sangue. Esso è caratterizzato dal fatto che la trasformazione dei suoi component i in enzimi attivi avvie ne con 1 sequenza ben preciso, mediante 1 meccanismo a cascata , in cui ogni componente scisso e trasformato nella sua forma attiva, usa la succesiva molecola del complesso come substrato, convertendolo nela sua forma attiva. Quando questa serie di reazioni avviene sulla superficie di 1 cellula, si ha 1 serie di reazioni di attivazione che coinvolgono i componenti C1, C2, C3, C4, Fattore B e Fattore D e successiva formazione di 1 complesso litico, formato da C5, C6, C7, C8 e C9, che costituisce 1 canale che attraversa la membrana, con assunzione per osmosi di H2O nella cellula e la sua conseguente lisi. La reazione 377 centrale dell‘intera sequenza è quella relativa alla scissione di C3 che può essere attivato in 2 differenti modi con la Via Classica o la Via Alternativa del Complemento. 8. LE INTERLEUCHINE - Sono proteine di piccole dimensioni secrete dai linfociti durante la risposta immunitaria. Tramite la secrezione di tali molecole 1 linfocito può guidare l‘attività di 1 altro Linfocito, di 1 Monocito-Macrofago o dei Granulociti. Le Interleuchine costituiscono 1 dei principali meccanismi di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario promuovendo e coordinando l‘attività delle altre cellule. - Tali molecole sono dette Interleuchine per sottolineare la loro capacità di mettere in movimento (dal greco Kinèo) l‘intera-zione tra (inter-) i leucociti (leu-). Esse si possono suddividere in Linfo-chine, se secrete dai linfociti, e Mono-chine, se secrete dai Monociti-Macrofagi, anche se attualmente si tende a considerarle genericamente come Cito-chine: fattori di crescita e di differenziazione che regolano l‘attivazione cellulare, non solo limitatamente al sistema immunitario. - L‘ INTERLEUCHINA-1 viene secreta dai Macrofagi in seguito ad 1 intensa attivazione o in seguito alla fagocitosi di batteri penetrati attraverso 1 ferita. Essa raggiunge l‘ipotalamo anteriore e provoca la modificazione della regolazione termica dell‘organismo, determinando l‘insorgenza della febbre. Essa può ancora stimolare i macrofagi o altri linfociti a secernere vari fattori che stimolano la formazione dicolonie, con l‘aumento della produzione dei vari tipi di cellule leucocitarie, specie dei granulociti neutrofili (si ha il fenomeno della Neutrofilia, cioè l‘aumento in circolo del numero dei granulociti neutrofili a seguito di 1 infezione). - L‘ INTERLEUCHINA-2 è 1 tipica linfochina ad azione locale ed il principale fattore di crescita dei linfociti T. - In alcuni casi si può avere 1 secrezione paracrina: le interleuchi-ne secrete da 1 linfocito si diffondono nelle vicinanze del linfocito x attivare delle cellule vicine. Un esempio è l‘ INTERFERONE-GAMMA, che appartiene a 1 gruppo di molecole dette INTERFERONI, capaci di impedire la diffusione delle infezioni virali. Esistono 3 tipi di Interferoni: l‘ interferone-e l‘ interferone-, prodotti dai da leucociti e fibroblasti; e l‘ interferone- prodotto dai linfociti T attivati. Gli interferoni prodotti da cellule attivate o infettate da virus si legano a recettori di cellule contigue, inducendole a produrre proteine antivirali. L‘ INTERFERONEGAMMA, oltre a svolgere questa attivitàantivirale , agisce come 1 vera e propria linfochina, regolando molte funzioni immunitarie: inducendo l‘attivazione dei macrofagi; determinando l‘aumento dell‘ espressione di membrana delle molecole MHC; aumentando l‘ attività litica delle cellule Natural Killer. - Oggi si producono tramite tecnologia del DNA ricombinante parecchie linfochine, con lo scopo di utilizzare farmacologi-camente queste molecole dall‘elevato potenziale terapeutico. Infatti 1 anomala secrezione di linfochne è direttamente coinvolta in numerose patologie definite autoimmuni, capaci di determinare danni 378 tessutali anche mortali, che insorgono quando il sistema imunitario reagisce contro i tessuti propri (il ―SELF‖) dell‘organismo. In tal caso potrebbe essere molto utile la sintesi di molecole a funzione antagonista dei recettori delle linfochine, capaci di legarsi ai recettori specifici e quindi di bloccare il segnale di attivazione, che causa queste patologie. Un esempio di cio‘ ci è fornito dal BASILIXIMAB (vedi in: altre sostanze ad azione immunosoppressiva). IMMUNOPATOLOGIA In alcuni casi i fenomeni immunitari non si risolvono in processi di difesa dell‘organismo, poiché quando si manifestano in forma esagerata o inappropriata, possono essere anche dannosi. Le manifestazioni patologiche dell‘ immunità possono essere suddivise in fenomeni di : 1) Ipersensibilità; 2) Malattie Immunoproliferative; 3) Malattie Autoimmuni; 4) Immunodeficienze; Vediamole una per una: 1. IPERSENSIBILITA‘ L‘ipersensibilità si riferisce a 1 risposta immunitaria che si manifesta in maniera anomala, cioè in forme imponenti o inappropriate. I fenomeni di ipersensibilità possono essere suddivisi in 5 tipi: a) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO I (IMMEDIATA) - E‘ responsabile dei fenomeni allergici , quali asma, febbre da fieno e orticaria. Si manifesta pochi minuti dopo l‘esposizione a 1 antigene e dipende da 1 meccanismo di attivazione delle Mast cellule, che induce la loro degranulazione e il conseguente rilascio dei mediatori, che innescano 1 processo infiammatorio: 1) l‘antigene che in questo caso è detto ALLERGENE viene riconosciuto dalle IgE; 2) le IgE si legano alle Mast cellule tramite il loro frammento cristallizzabile (Fc) allo specifico recettore presente sulla membrana delle cellule; 3) il legame tra il frammento cristallizzabile (Fc) delle IgE e il recettore specifico delle Mast cellule determina l‘apertura di canali del Ca+2, ingresso di ioni Ca+2 all‘ interno della cellula, migrazione dei granuli verso la membrana cellulare, la fusione delle loro membrane con quella citoplasmatica e il rilascio di granuli di Istamina. Essa provoca aumento della permeabilità dei vasi e richiamo dei leucociti circolanti nella sede della reazione allergica. - Nel caso di individui già sensibilizzati per 1 determinato allergene, in cui le IgE sono presenti in circolo in q.tà elevate, esse possono dare luogo a reazioni dette ANAFILATTICHE, dove assistiamo a contrazione della muscolatura liscia, aumento della permeabilità dei vasi, caduta della pressione sanguigna, 379 broncospasmo e collasso (stato di shock), provocati da 1 massivo rilascio di istamina e serotonina. b) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO II (MEDIATA DA ANTICORPI) E‘ determinato da anticorpi (immunoglobuline) diretti contro strutture della superficie cellulare detti antigeni di membrana. Tali anticorpi rendono le cellule suscettibili di essere lisate o da cellule Killer con il meccanismo della citotossicità mediata da anticorpi (ADCC) o dal complemento. Questo tipo di ipersensibilità si osserva nei processi che portano alla distruzione degli eritrociti in seguito a reazioni trasfusionali tra donatori non compatibili o nel caso della malattia emolitica del neonato. c) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO III (MEDIATA DA IMMUNOCOMPLESSI) E‘ dovuto alla deposizione di Immunocomplessi, costituiti da complessi AntigeneAnticorpo, che si depositano sui tessuti e sulle pareti dei vasi. Questi complessi attivano il complemento e attraggono i leucociti (PMN) nel sito di deposizione, determinando danno locale. Gli anticorpi responsabili delle manifestazioni patologiche sono le IgG presenti in circolo in maggiore concentrazione. La patologia sorge in seguito ad 1 eccessiva deposizione di immunocomplessi in particolari organi: ciò che è importante è il rapporto tra la q.tà di Anticorpi e quella di Antigene. Se c‘è 1 eccesso di anticorpi, i complessi essendo + pesanti, precipitano + facilmente nella zona in cui è presente l‘antigene specifico; se invece c‘è 1 eccesso di Antigene, i complessi possono localizzarsi in tutto l‘organismo essendo + solubili. Al primo caso appartiene la Reazione di Arthus, manifestazione patologica cutanea dovuta alla formazione di precipitati specifici in seguito a 1 iniezione intradermica dell‘antigene. Al secondo caso appartiene la Malattia da Siero, che si manifesta in individui trattati a scopo profilattico con siero imune, con generazione di anticorpi contro gli antigeni del siero immune eformazione di complessi danosi x reni e vasi sanguigni. d) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO IV (RITARDATA) Si verificano oltre 12 ore dopo il contatto con l‘ antigene e dipendono dai linfociti T e non dagli anticorpi. Dopo il contatto con l‘antigene , i linfociti T helper sensibilizzati secernono linfochine , che a loro volta attivano i macrofagi, che determinano 1 quadro infiammatorio e 1 danno ai tessuti. Le principali forme di ipersensibilità ritardata sono: - Ipersensibilità da Contatto: è l‘insorgenza di dermatiti allergiche, dopo che la cute o le mucose sono state a contatto con allergeni. Se 1 individuo sensibilizzato viene riesposto alla stessa sostanza, circa 1 giorno dopo avrà 1 zona di irritazione cutanea con formazione di papule e vescicole. - Resistenza alle Infezioni Virali - Reazione Immunitaria ai Trapianti e) IPERSENSIBILITA‘ DEL TIPO V (STIMOLATORIA) Sono reazioni in cui gli anticorpi, invecedi distruggere le cellule bersaglio, ne stimolano la produzione, come nel caso della stimolazione della tiroide, mediata da 380 anticorpi chesi legano al recettore TSH, mimando l‘azione di stimolo esercitata normalmente dall‘ ormone ipofisario. 2. MALATTIE IMMUNOPROLIFERATIVE Sono patologie in cui si ha 1 disordinato viluppo delle cellule linfocitarie. - Gammapatie Monoclonali: incontollata produzione di 1 solo tipo di Immunoglobuline - Mieloma Multiplo: proliferazione maligna delle plasmacellule - Macroglobulinemia: produzione anomala di anticorpi IgM - Malattia delle Catene Pesanti: produzione anomala di catene pesanti delle Ig 3. MALATTIE AUTOIMMUNI Il sistema immunitario è governato dal principio della discriminazione tra self e non self ( proprio ed estraneo). Esistono dei complicati sistemi di controllo che prevedono l‘ instaurarsi di 1 non reattività nei confronti di antigeni propri detti autoantigeni (tolleranza). Se tali meccanismi si inceppano, si possono verificare reazioni contro i tessuti propri dell‘organismo, con l‘insorgere di malattie dette autoimmuni, caratterizzate da 1 imponente produzione di autoanticorpi , che, come gli ant igeni estranei, evocano anch‘essi la generazione di autoanticorpi e di linfociti autoreattivi. Le mallattie + ricorrenti sono: - Tiroidite di Hashimoto: dovuta alla produzione di autoanticorpi anti-tiroide - Diabete autoimmune: dovuta alla produzione di autoanticorpi contro le cellule pancreatiche - Morbo di Addison: dovuta alla produzione di autoanticorpi contro le cellule della corticale del surrene - Lupus eritematoso sistemico: dovuta alla produzione di autoanticorpi anti-DNA - Artrite reumatoide: dovuta alla produzione di autoanticorpi anti-DNA 4. IMMUNODEFICIENZE Sono dovute ad 1 aumento delle infezioni nel paziente: - Malattia di Bruton: dovuta a 1 deficienza di Linfociti B - Sindrome di De George: dovuta all‘ assenza o alla rara maturazione di linfociti T normali - Sindrome di Louis-Bar: si verifica 1blocco totale della maturazione di linfociti T - AIDS: caratterizzata da 1 serie di infezioni da parte di microrganismi, dovuta al virus dell‘ HIV che distrugge e infetta i linfociti T helper. Possiamo stimolare o inibire il nostro sistema immunitario attraverso varie sostanze (farmaci): A. SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSTIMOLANTE 1. CITOCHINE 381 - FILGASTIM produce 1 notevole aumento del numero di neutrofili periferici che presentano 1 funzionalità normale o aumentata - MOLGAMOSTIM ( Leucomax, Mielogen )stimola la proliferazione e la differenziazione dei precursori emopoietici che portano alla maturazione dei granulociti, macrofagi(monociti), linfociti T. Il Molgramostim è indicato nei pazienti con tumori maligni sottoposti a chemioterapia citotossica, per la riduzione del rischio di infezioni susseguenti a neutropenia. Il rischio di infezioni conseguenti a neutropenia, e quindi i benefici del trattamento con Molgramostim dipendono dalla potenza della chemioterapia citotossica somministrata. Il Molgramostim è indicato nei pazienti sottoposti a terapia mieloablativa in preparazione al trapianto di midollo osseo autologo (BMT) per la riduzione della durata della neutropenia, in particolare nei pazienti considerati ad alto rischio di neutropenia grave e prolungata ed in pazienti che presentano evidenze di rigetto di trapianto. Non ci sono sufficienti dati clinici per raccomandare l'uso del Molgramostim dopo trapianto allogenico di midollo osseo (BMT) o dopo trapianto di emocitoblasti da sangue periferico (PBSC). Il Molgramostim è controindicato nei pazienti con ipersensibilità nota al Molgramostim o a uno qualsiasi dei componenti delle formulazioni. Nell'uso concomitante di radioterapia ad ampio raggio in quanto tali pazienti trattati con GM-CSF hanno mostrato un aumento nell'incidenza di eventi avversi polmonari inclusi rari casi di morte. - LENOGASTIM stimola i precursori cellulari dei neutrofili, il cui numero aumenta nel sangue periferico entro le 24 h in relazione alla dose. L‘ emivita x e.v. è di 3-4 h - TIMOPENTINA influenza la maturazione dei precursori dei linfociti T e dei linfociti T immaturi attraverso 1 segnale mediato dall‘ AMPciclico. La regolazione delle risposte immunitarie mediate dai linfociti T maturi avviene tramite 1 segnale mediato dal GMPciclico. Emivita plasmatica di 30 sec - TIMALFASINA ALFA-1 è un polipeptide sintetico costituito da 28 amminoacidi, identico x struttura molecolare alla Timosina alfa1 naturale. Si tratta di 1 ormone timico pleiotropico capace di agire come immunomodulatore. - ADESLEUCHINA è 1 regolatore della risposta immunitaria a meccanismo non noto. Si sa x certo che è capace di ridurre la crescita e la diffusione di alcuni tumori nel topo 2. INTERFERONI Gli interferoni sono proteine prodotte nelle cellule di vertebrati a seguito di induzione Gli induttori classici sono i virus , ma lo possono essere anche altri agenti microbici, sostanze naturali di diversa natura e composti sintetici. Tutti gli interferoni, dopo il legame con 1 recettore specifico di membrana, promuovono la sintesi di proteine o di enzimi responsabili delle loro diverse attività biologiche - INTERFERONE ALFA non agisce direttamente sui virus, ma prepara le cellule non ancora infettate a respingere l‘ attacco virale. Esso dopo essersi legato a 1 specifico recettore situato sulla superficie cellulare rende la membrana cellulare +resistente alla penetrazione del virus e mediante l‘ induzione della sintesi di 382 - alcuni enzimi specifici blocca la replicazione dell‘ RNA virale e la sintesi di nuove proteine virali. Gli interferoni alfa possono avere effetti sulle funzioni del SNC INTERFERONE BETA si lega a 1 specifico recettore situato sulla superficie cellulare e promuove la sintesi di proteine o enzimi responsabili dell‘ attività antivirale, antiproliferativa, immunomodulante INTERFERONE GAMMA INTERFERONE ALFA NATURALE INTERFERONE ALFA-2a INTERFERONE ALFA-2b INTERFERONE ALFA-n1 INTERFERONE BETA-1a INTERFERONE BETA-1b INTERFERONE GAMMA 3. ALTRE SOSTANZE IMMUNOSTIMOLANTI - VACCINO BCG - PIDOTIMOD induce la maturazione e l‘ assunzione di 1 piena immunocompetenza da parte del linfocita T deficitario, a cui in condizioni fisiologiche è affidato il ruolo di coordinatore dell‘ immunità specifica. Esso inoltre stimola i macrofagi, che sono deputati essenzialmente a captare l‘ antigene e a presentarlo sulla loro membrana, in associazione agli antigeni di istocompatibilità - BACTOLISATO stimola le difese naturali dell‘ organismo ed aumenta la resistenza alle infezioni delle vie respiratorie - LISATO BATTERICO POLIVALENTE l‘ antigene provocando la stimolazione del tessuto linfoide intestinale induce 1 aumento delle immunità specifiche su tutta la mucosa - LEVAMISOLO sintetizzato come anti-elmintico, si è scoperto che esso può aumentare l‘ ipersensibilità ritardata e l‘ immunita‘ mediata da cellule T. E‘ stato usato nel morbo di Hodghin, nell‘ artrite reumatoide e nella terapia del cancro colon-rettale(con il 5-fluoruracile). B. SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSOPPRESSIVA 1. SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSOPPRESSIVA SELETTIVA - CICLOSPORINA è 1 polipeptide ciclico costituito da 11 amminoacidi che inibisce, sia la produzione, che il rilascio delle linfochine, e blocca i linfociti quiescenti nella fase Go o all‘inizio della fase G1 del ciclo cellulare. Essa agisce sui linfociti in modo specifico e reversibile. La ciclosporina è lipofila, penetra la membrana cellulare e si lega al suo recettore citoplasmatico (detto CICLOFILLINA) e tale complesso si lega alla CALCINEURINA (CaN) 383 inibendone l‘attivita‘ fosfatasica. Non venendo rimossi i gruppi fosfato, proteine come l‘NFTA (fattore nucleare delle cellule T attivate) oppure l‘OAP (proteina attivante l‘ottamero) non riescono a traslocare nel nucleo e non si legano al DNA e non inducono l‘espressione di geni come l‘ IL-2 o il suo recettore, il GM-CSF, TNF-, IFN- e altre citochine. Si somm. x e.v. in 1 miscela di etanolo e olio di ricino oppure x os (25-100 mg). Si usa x la terapia del rigetto da trapianto di rene, cuore, fegato, midollo osseo, polmone, pancreas, in ass. con corticosteroidi. Tossicita: renale con ipertensione, epatica, neurotossicità, tossicità gastro-enterica, aumento del rischio di infezioni. Si usa anche x : Uveite endogena, Psoriasi, dermatite atopica, artrite reumatoide, malattia di Crohn. - MUROMONAB-CD3 (ANTICORPO MONOCLONALE DI ORIGINE MURINA detto pure OKT3). Esso si lega al CD3 dei linfociti T, determinando dopo 1 prima attivazione, 1 blocco delle cellule T, xchè il legame dell‘ antigene al TCR (recettore x le cellule T) è inefficace. Le cellule T CD3+ vengono cosi‘ridotte nel giro di pochi minuti dalla somministrazione dell‘ OKT3. Si usa x il rigetto acuto dopo trapianto di rene, cuore, fegato. Aumenta la probabilità di contrarre infezione da Citomegalovirus, si può avere la sindrome da liberazione di citochine con edema polmonare. - TACROLIMUS ha 1 struttura molecolare lipofila tale da passare la membrana citoplasmatica, poi si lega alla proteina citoplasmatica FK506 binding protein ( proteina legante l‘ FK506). Il complesso tacrolimus-FK506 binding protein si lega stabilmente alla CALCINEURINA e inibisce la sua attivita‘ fosfatasica. Si somm. x via orale (150-200 g/ kg), x e.v. (25-50 g/ kg). Tossicità: nefrotossico, neurotossico (cefalea, tremori), provoca ipertensione e tossicità g.i. - MICOFENOLATO MOFETIL è l‘ estere 2- morfolin etilico dell‘acido micofenolico. E‘ 1 inibitore non competitivo e reversibile della inosina monofosfato deidrogenasi, enzima importante x la sintesi de novo delle purine e in particolare del nucleotide guanosinico. Esso l‘inibisce senza essere incorporato nel DNA. Poiche‘ la sintesi de novo delle purine è indispensabile x la proliferazione dei linfociti T e B l‘ MPA esercita 1 maggiore effetto citostatico sui linfociti rispetto alle altre cellule. Si somm. x os 1g x 2 volte al dì. - INFLIXIMAB si usa x curare il morbo di Crohn( o ileite segmentaria, malattia infiammatoria dell‘ intestino ilèo, del colon e dello stomaco, caratterizzata dalla formazione di granulomi e fistole interne) e l‘ artrite reumatoide; è 1anticorpo chimerico che si lega con alta affinita‘ sia alla forma solubile che a quella transmembrana TNF-alfa, ma non alla linfotossina alfa(TNF-beta); forma rapidamente complessi stabili con il TNF-alfa umano, processo che porta alla perdita dell‘ attivita‘ biologica del TNF-alfa. 384 - CORTICOSTEROIDI inibiscono la proliferazione delle cellule T e quindi l‘ immunita‘ T cellulo mediata, e poi inibiscono la trascrizione dei geni codificanti le citochine quali IL-1, IL-2, IL-6, IFN-, TNF-. Si legano ad 1 recettore intracellulare, il complesso migra nel nucleo e si lega al DNA dove inibisce la trascrizione dei geni delle citochine. Aumenta il rischio di infezioni, ulcere, iperglicemia, osteoporosi e cataratta. Si somm. x os il Prednisone (5-25 mg) e x via e.v. il Prednisolone (125mg\5ml) 2. ALTRE SOSTANZE AD AZIONE IMMUNOSOPPRESSIVA - AZATIOPRINA viene trasformata in 6-mercaptopurina con inibizione dela sintesi de novo delle purine. Agisce come falso nucleotide interferendo con la via alternativa della sintesi delle purine. Inibisce quindi la moltiplicazione cellulare. Si somm. x os e si elimina con le urine. Oltre alla terapia del rigetto si usa nel trattamento dell‘ artrite reumatoide e della glomerulonefrite acuta. - BASILIXIMAB è 1 anticorpo monoclonale chimerico murino umano diretto contro la catena alfa del recettore dell‘ interleu-china-2 (antigene CD25) , che viene espresso sulla superficie dei linfociti T in risposta ad 1 stimolo antigenico. Si lega in modo specifico all‘ antigene CD25 sui linfociti T attivati, impedendone il legame con l‘ interleuchina-2 , bloccando la proliferazione dei linfociti T. - CICLOFOSFAMIDE ha attività metabolica, citotossica ed antitumorale; alchila il DNA, soprattutto nelle cellule in rapida proliferazione, interferendo con la sintesi dei linfociti T e B. sopprime soprattutto la risposta umorale. Ad alte dosi si usa nel trapianto di midollo osseo, a basse dosi si usa nel LES-Lupus eritematoso sistemico e nell‘ Artrite reumatoide. - LEFLUNOMIDE è usato nell‘ artrite reumatoide attiva (modifica il decorso della malattia); è dotata di azione antiproliferativa; è 1 profarmaco da cui si genera 1 metabolita attivo capace di inibire l‘ enzima deidrogenasi umano e mostra 1 attività antiproliferativa, con 1 emivita di 1-4 settimane. La Leflunomide ( Arava ) è un immunosoprressore / immunomodulatore, impiegato nel trattamento dell'artrite reumatoide solo negli adulti. Tra gli effetti indesiderati sono riportati: disfunzione epatica, disordini ematologici,gravi reazioni dermatologiche e disfunzione respiratoria. Tra i meno gravi effetti indesiderati: altre reazioni dermatologiche, diarrea/dolori addominali, nausea/vomito, perdita di peso, alopecia, ed angioedema o edema facciale. - ANTICORPI L‘ uso di anticorpi è cominciata con la preparazione di antisieri, facendo inoculazione ripetute di linfociti umani in 1 animale di grossa taglia. Dopo raccolta del siero dell‘ animale si usava direttamwente l‘antisiero o la frazione immunoglobulinica come immunosoppressore. Oggi si usano gli Ibridomi che derivano dalla fusione di 1 linfocita B di topo immunizzato con i linfociti 385 umani e 1 plasmocitoma al fine di ottenere 1 cellula ibrida immortalizzata elaborante Anticorpi anti-linfocita umano. Quest‘ultimi provocano 1 diminuzione del numero di cellule linfoidi, provocando la loro soppressione. - ETANERCEPT è una proteina di fusione tra il recettore umano p75 del fattore di necrosi tumorale, TNFR2/p75, e la frazione Fc dell'immunoglobulina IgG1. Quaranta pazienti con spondilite anchilosante infiammatoria, attiva, sono stati assegnati in modo random a ricevere iniezioni sottocutanee, 2 volte la settimana, di Etanercept (25 mg) o placebo, per 4 mesi. L'end-point primario composito comprendeva i miglioramenti nell'irrigidimento mattutino, nel dolore spinale e nel gonfiore alle giunture. I pazienti potevano continuare ad assumere i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), i corticosteroidi per os (</= A 4 mesi, l'80% dei pazienti nel gruppo trattato con Etanercept ha presentato una risposta al trattamento rispetto al 30% dei pazienti nel gruppo placebo (p = 0.004). La risposta all'Etanercept è stata rapida e non si è ridotta nel tempo. Il farmaco è risultato ben tollerato. - GLOBULINA ANTI-TIMOCITI. Sono delle Ig purificate dal siero di cavallo, coniglio, pecora, capra, immunizzati con linfociti timici umani. La globulina si lega alla superficie dei linfociti T, si ha così attivazione del complemento e lisi della cellula T, con inibizione dell‘ immunità cellulare. Si somm. x e.v. (10-30 mg\kg) e si usa x il rigetto di trapianto allogenico (cuore e rene) e x la sua profilassi. Tossicità: malattia da siero con eritema e prurito. - GLOBULINA IMMUNE RHO (D). Si usa x la perevenzione della Malattia Emolitica del Neonato (MEN). La MEN si può instaurare nel caso di madre RH negativo (RH-) in attesa di figlio RH positivo (RH+). Alla nascita il fattore RH (antigene D) presente sugli eritrociti del neonato possono immunizzare la madre madre RH negativo (RH-), per cui nella madre si creano degli anticorpi antifattore RH (anticorpi anti-antigene D). Tali anticorpi possono creare dei danni nel caso di una nuova gravidanza nella quale il feto stavolta è RH positivo(RH+). Per cui noi, con la somministrazione (fatta entro 72 ore dalla nascita del bambino RH positivo (RH+)) della GLOBULINA IMMUNE RHO, formata da anticorpi specifici anti-fattore RH, aboliamo l‘ immunizzazione della madre verso il fattore RH (antigene D) e la risposta anticorpale materna può essere soppressa. La GLOBULINA IMMUNE RHO si somm. x via intramuscolo a madri RH-. - ADALIMUMAB ( D2E7) è un anticorpo monoclonale interamente umanizzato che agisce bloccando l'attività del TNF-alfa ( Tumor Necrosis Factor ). Il TNFalfa svolge un ruolo centrale nella risposta infiammatoria in molte malattie autoimmuni. Adalimumab è il frutto di una collaborazione tra BASF Pharma ( succes-sivamente acquistata da Abbott Laboratories ) e la Cambridge Antibody Technolo-gy ( CAF ). I risultati degli studi clinici di fase III hanno mostrato che 386 Adalimumab riduce in modo statisticamente significativo i segni ed i sintomi dell'artrite reuma-toide. Il farmaco ha dimostrato di agire sia in monoterapia che associato al Meto-trexato o ai farmaci antireumatici modificanti la malattia ( DMARD , disease mo-difying anti-rheumatic drugs ). Lo studio STAR ( Safety Trial of Adalimumab in Rheumatoid Arthritis ) , che ha coinvolto 636 pazienti , ha dimostrato che dopo 24 settimane di terapia , non c'erano differenze significative nell'incidenza di eventi avversi tra placebo e l'Adalimumab , quando aggiunto alla terapia antireumatica standard. Dopo somministrazione dell'anticorpo monoclonale si sono osservati reazioni al sito di iniezione , rash e dorsalgia. Per valutare la sicurezza del farmaco nel lungo periodo è stato compiuto lo studio ARMADA ( Anti-TNF Research Study Program of the Monoclonal Antibody D2E7 in Patients with Rheumatoid Arthritis ) con un follow-up di 1 anno , ed altri due studi clinici con follow-up di 2,5 anni. 9 ANTIPROTOZOARI 1. ANTIAMEBICI A. CLOROCHINA E‘ usata x l‘ amebiasi, la profilassi della malaria, x l‘ artrite reumatoide e LES Ritarda lo sviluppo del parassita entro gli eritrociti, diminuisce il numero dei mezozoiti che si riproducono x schizogenia; impedisce l‘ emolisi, ponendo fine all‘ attacco malarico. Il meccanismo d‘ azione è quello di legarsi al DNA,complessandolo e bloccandone la sintesi. Il farmaco si concentra all‘ interno dei vacuoli ed aumenta il pH di questi organelli, interferendo con la capacità del parassita di metabolizzare ed utilizzare l‘ emoglobina eritrocitaria. Agisce in particolare sulle localizzazioni epatiche del protozoo, in quanto presenta 1 buon assorbimento intestinale e si accumula nel fegato. Presenta numerose altre azioni sfruttate in terapia umana ( artrite reumatoide, LES-lupus eritematoso sistemico, amebiasi extraintestinale). La Clorochina deve essere assunta una settimana prima di arrivare nel Paese a rischio di malaria ed una volta alla settimana per ogni settimana di permanenza nell'area. Inoltre il farmaco deve essere assunto per altre 4 settimane dopo aver lasciato l'area a rischio. Il dosaggio settimanale di Clorochina è di 300 mg (due compresse da 150 mg). La Clorochina deve essere assunta a stomaco pieno per minimizzare la nausea. La Clorochina può peggiorare i sintomi della psoriasi. L'impiego della Clorochina nella prevenzione della malaria si è ridotto per il diffondersi di ceppi resistenti al farmaco, ma il suo uso è raccomandato nelle aree in cui è diffuso il Plasmodium vivax (Algeria, Marocco, Siria, Turchia ). Tox: retinopatia (annebbiamento vista), disturbi g. i., nausea, vomito, vertigini, cefalea, prurito,anoressia, malessere, orticaria, ototoxicita‘(riduzione dell‘udito), miopatia, convulsioni, reazioni cutanee, alopecia, imbianchimento dei capelli, ipotensione 387 B. EMETINA e DEIDROEMETINA Bloccano irreversibilmente la sintesi proteica nelle cellule eucariotiche inibendo lo sorrimento del ribosoma lungo il filamento di RNA messaggero tox: toxici al cuore( tachicardie, aritmie, scompenso card.), al SNC(convulsioni), al sistema neuromuscolare (rigidita‘, tremori), disturbi g.i.(nausea,vomito) C. DILOXANIDE FUROATO: Per amebiasi acute e coniche. Il mecc. d‘ azione è sconosciuto. tox secchezza fauci, flatulenza, disturbi g.i.( nausea, crampi addominali), eritema cutaneo, non si usa in gravidanza e x i bamb. al di sotto dei 2 anni D. IODOCHINOLO: Il mecc. d‘ azione è sconosciuto tox neurotox, atrofia ottica(perdita vista) detta neuropatia mielo-ottica subacuta, dist g.i.(diarrea, nausea, vomito), cefalea, eritema cutaneo, prurito E. METRONIDAZOLO E NITROIMIDAZOLI (TINIDAZOLO, ORNIDAZOLO, SECONDIZOLO) Si usano x la dissenteria amebica, x il trichomonas vaginale, giardiasi Accettano elettroni dalle proteine trasportatrici, sottraedoli alle normali vie metaboliche di produzione dell‘ energia. Sono proprio le forme ridotte, chimicamente reattive, ad indurre la formazione di specie chimicamente reattive che portano a morte le cellule. tox: nausea, vomito, crampi addominali, epigastralgia, disturbi del SNC(vertigini), sapore metallico sgradevole F. PAROMOMICINA SOLFATO (AMMINOSIDINA) Si estrae dallo streptomices crestomiceticus e rimosus. E‘ 1 amminoglucoside. Inibisce la sintesi proteica a livello ribosomiale 30 s, deviando la traduzione del messaggio genetico, causando un‘ errata lettura dell‘ mRNA; ha un ampio spettro d‘ azione Tox: disturbi g.i.(diarrea), vertigini, cefalea, rush cutanei G. OSSITETRACICLINA e DOXICICLINA usate anche x la profilasi antimalarica, inibiscono la sintesi proteica nel parassita H. ERITROMICINA inibisce la sintesi proteica nel parassita 2. ANTI LESMANIOSI A. STIBOGLUCONATO SODICO È un composto antimoniale organico pentavalente usato x la lesmaniosi viscerale tox: dolore nel sito di iniezione, aritmie cardiache, disturbi g.i., febbre, eritema cutaneo, anemia emolitica, danno epatico e renale 388 B. PENTAMIDINA Si pensa interferisca con la sintesi di DNA, RNA, proteine e fosfolipidi nel protozoo tox: dolore nel sito di iniezione, eritema cutaneo, sapore metallico, sintomi g.i. , iperpotassiemia e ipocalcemia, anemia megaloblastica, iperglicemia, tox renale C. AMFOTERICINA B Si associa ad 1 antimoniale x la lesmaniosi viscerale; è 1 antibiotico antimicotico capace di formare nella membrana del protozoo canali ionici, con rottura della membrana D. MEGLUMINA 3. ANTITRIPANOSOMIASI Si differenzia in 2 forme con sintomi e terapie differenti: A. T. AFRICANA(MALATTIA DEL SONNO) 1. SURAMINA SODICA È 1 inibitore specifico di molti enzimi nel protozoo(è usato anche come antielmintico). Tox: nausea, vomito, orticaria, febbre, nefrotox, neuriti periferiche, anemia, ittero, morte 2. TRIPASAMIDE 3. MELARSEN-MELARSOPROLO: tox:irritante, toxico al SNC(encefalopatie), ipersensibilizzazione, anemia , disturbi g.i. 4. EFLORNITINA B. T. AMERICANA 1. NIFURTIMOX tox: neuriti periferiche, ipersensibilita‘ 2. BENZINIDAZOLO 4. ANTITOXOPLASMOSI A. PIRIMETAMINA tox: disturbi g.i., eritema cutaneo, prurito, carenza di ac. Folico con anemia e trombocitopenia( terapia di salvataggio con leucovorin), sintomi neurologici( cefalea, insonnia, convulsioni) 389 B. SPIRAMICINA C. ATOVAQUONE tox: febbre, eritema cutaneo, tosse, nausea, (vomito, diarrea, cefalea e insonnia 5. ANTIMALARIA Malaria o Malattia del ritorno. È l‘ 8a causa di decesso per singola malattia; la 2a causa di decesso per malattia infettiva da singolo agente eziologicoGli investimenti nella ricerca sono un millesimo di quelli per l‘ AIDS ( 30a causa di decesso). L‘ ultimo caso (autoctono) in Italia risale al 1956; successivamente gli altri casi sono tutti da considerarsi di importazione, ad es. dall‘ India, oppure per trasporto delle zanzare con gli aerei. Attualmente in Italia ci sono meno di 1000 casi ( tutti importati ).La malaria nei paesi poveri invece costituisce un enorme problema di mortalità e di morbosità a causa della scarsità delle risorse allocate. Negli ultimi 20 anni il fenomeno è in crescita a causa del riscaldamento del pianeta.Quattro sono i Plasmodi patogeni per l‘ uomo: a. Plasmodium Falciparum ( responsabile del 98% delle morti per malaria ) della malaria terzana maligna b. Plasmodium Ovale della malaria terzana benigna c. Plasmodium Vivax della malaria terzana benigna d. Plasmodium Malariae della malaria quartana Il parassita viene trasmesso come sporozoita dalla zanzara Anopheles che morde l‘ uomo solo durante il periodo riproduttivo.Quando la massa parassitaria raggiunge una certa soglia compaiono i segni ed i sintomi ( soprattutto la febbre che ha una periodicità dovuta al ciclo riproduttivo ).Nel caso di infezione da P. Vivax o P. Ovale alcuni sporozoiti si trasformano in ipnozoiti ( forme quiescenti ) nel fegato che possono riattivarsi dopo alcuni mesi; ciò spiega perchè la malaria esiste anche nei climi freddi come in Siberia dove il P. Vivax Ibernans genera solo ipnozoiti che causano la malaria dopo 10 mesi; così dopo questo periodo, cioè quasi ad un anno di distanza quindi durante la stagione calda, un‘ altra zanzara potrà mordere il paziente e continuare così il ciclo.La maggior parte delle zanzare è del genere Culex ( e quindi non possono trasmettere la malaria ); la zanzara Anopheles, soprattutto se del tipo Gambia, è l‘ unica che può trasmettere la malaria. Forse è la produzione di CO 2 da parte della cute ad attirare le zanzare ( di certo non è il diabete ). Solo le femmine delle Anopheles possono trasmettere la malaria ( i maschi si distinguono perchè hanno antenne piumose ). Queste zanzare hanno bisogno di piccole pozze d‘ acqua stagnante per sopravvivere ( quindi non vanno bene nè i laghi nè i fiumi ); serve anche un clima adeguato ( possibilmente caldo come quello tropicale ). In condizioni 390 ottimali di temperatura e di umidità bastano 9 gg. per la maturazione dello sporozoita: se il clima è meno favorevole ci vuole più tempo. Malariometria ( N.d.T.: non siamo sicuri su questa parte ) n = n° di vettori/popolazione m = n° di volte che il paziente viene punto per notte ( la zanzara morde solo di notte ) p = possibilità di sopravvivenza di un vettore e tempo di maturazione dello sporozoita c = capacità infettiva (m * n2 * pn) / (- log p) = c In alcune zone ( come west Africa ) è talmente intensa la capacità infettiva che, anche se uccidessimo il 90% dei vettori, cambierebbe poco. In Italia, invece, la capacità vettoriale è molto minore; quindi in questo caso è conveniente abbassare il n° dei vettori ( cioè uccidere le zanzare ) al contrario del West Africa. Esistono quindi zone : - ipo-endemiche ( < 10% ) - meso-endemiche ( > 10% ma < 50% ) - iper o olo-endemiche ( > 50% ) Un tempo per valutare il n° dei casi ( e quindi stabilire se una zona fosse ipo o meso o iper-endemica ) si considerava l‘ indice splenico: si calcolava quanti bambini tra i 3 ed i 9 anni avessero splenomegalia; attualmente lo stesso calcolo viene effettuato in maniera più rigorosa con l‘ osservazione al microscopio di uno striscio di sangue. Un bambino nei primi 6 mesi è parzialmente protetto dall‘ infezione grazie alle Ig materne ed all‘ Hb fetale ( la quale non è l‘ optimum per il plasmodio). Dopo i 6 mesi; nelle aree endemiche, avvengono cicli di infezione/malattia per varie volte. Dopo 7-8 anni il paziente si abitua ai parassiti: sono quindi bambini che pur essendo infettati dai parassiti stanno bene ( hanno sviluppato quindi una sorta di tolleranza ). Gli adulti hanno molte meno infezioni e non hanno quasi mai sintomi; alla fine c‘ è quasi una immunità ( definita immunità concomitante ); non si sa come mai ciò avvenga. Tutto ciò vale però solo se il paziente nasce e rimane per lungo tempo in un‘ area endemica: se invece il paziente dopo un tot di anni si sposta in un‘ area non endemica ( come accade in alcuni extracomunitari immigrati in Italia ) e poi ritorna, dopo qualche tempo, nell‘ area endemica, questi sviluppa la malaria nuovamente ( come se avesse perso quella sua parziale immunità ). Oggi, in Italia, la maggior parte dei casi di malaria sono a carico di immigrati. Quadro clinico: FEBBRE più segni accessori. La febbre ha una periodicità di 48 ore ( con l‘ eccezione della malaria causata dal P. Malariae che ha invece una periodicità di 72 ore con sintomi sfumati ). Malaria non complicata: febbre, malessere generale, cefalea, brividi ( 20% vomito, 5% diarrea ). Dopo i brividi compare una profusa sudorazione. Alterazioni accessorie: a. Ipoglicemia a causa dell‘ aumentato consumo di glc., della riduzione della gluconeogenesi e della glicogenolisi epatica, dello stato ipermetabolico e del chinino che determina iperinsulinismo. 391 b. Anemia: correlata a durata e gravità dell‘ infezione ( si lisano sia i g.r. parassitati sia quelli non parassitati ); in più c‘ è una ridotta eritropoiesi a livello del midollo osseo. Si manifesta dopo il 5° o 6° attacco in maniera molto lenta. A volte si vedono bambini con 3,5 g/dl di Hb c. Splenomegalia: dopo più attacchi o dopo un attacco duraturo Malaria complicata: a. Insufficienza renale: tipica dell‘ adulto b. Malaria cerebrale Entrambe queste complicazioni ( che avvengono solo in caso di infezione da P. Falciparum ) possono avvenire se i g.r. esprimono recettori ( di sintesi protozoaria ) per le venule post-capillari dei circoli profondi. A livello cerebrale si verifica un coma non risvegliabile che ha una letalità del 5-40% e che costituisce la causa più frequente di morte per malaria; ma se il paziente guarisce non sviluppa reliquati ( come accade in caso di ictus ) e ciò spinge a credere quindi che la malaria cerebrale non abbia solo una genesi di tipo vascolare ( forse c‘ è un ruolo anche del TNF e dell‘ NO ). Problema della malaria in gravidanza: in questo caso si sviluppano forme più gravi sia per la madre sia per il feto alta mortalità e nascite sottopeso. Queste complicanze però si verificano soprattutto alla prima gravidanza ( per motivi ancora inspiegabili ). A. ALCALOIDI DELLA CHINA 1. CHININA Si lega alle membrane e al DNA del plasmodio tox: effetti g. i, cinconismo (cefalea, nausea, disturbi visivi), emolisi, leucopenia, ipoglicemia, febbre, eruzioni cutanee, febbre ittero-emoglobinurica, mutagenicita‘, teratogenicita‘,tromboflebite 2. CHINIDINA Si lega alle membrane e al DNA del plasmodio tox: cardiotoxicita‘, insufficienza epatica e renale, da tromboflebiti B. AMMINOALCOLI 1. MEFLOCHINA La Meflochina ( Lariam ) è un farmaco antimalarico che agisce come uno schizonticida. Il suo meccanismo d'azione non è noto. Il farmaco possiede un'emivita di 0,36 - 2 ore, ma l'emivita terminale è molto lunga: da 15 a 33 giorni. Il dosaggio degli adulti è di 250 mg (una compressa) una volta la settimana. Il farmaco deve essere assunto una settimana prima dell'arrivo nell'area a rischio di infezione malarica, ed una volta la settimana, sempre nello stesso giorno, per ogni settimana di permanenza. L'assunzione deve continuare per altre 4 settimane dopo aver lasciato l'area a rischio, assumendo il farmaco una volta alla settimana,. La Meflochina deve essere 392 assunta a stomaco pieno, ad esempio dopo pranzo. Non si dovrebbe assumere la Meflochina se una persona ha già manifestato una reazione allergica al farmaco, oppure presenta epilessia o altri disordini convulsivi, una storia di grave malattia mentale o altri disturbi psichiatrici, o presenta battiti cardiaci irregolari. Negli ultimi anni sono comparsi report di gravi effetti indesiderati provocati dalla Meflochina, come: attacchi di panico, convulsioni epilettiche, cefalea, allucinazioni visive ed uditive, che possono perdurare per mesi dopo la sospensione del farmaco. Questi effetti sono così debilitanti da creare problemi nelle attività lavorative e nei rapporti sociali. Una meta-analisi della Cochrane Library 2002 ha evidenziato ben 516 case report di effetti indesiderati con la Meflochina, con 4 casi mortali. Il 63% di questi effetti indesiderati ha colpito turisti e business-man.Tox: disturbi g.i., cefalea, vertigini, sincope ed extrasistoli, leucocitosi, trombocitopenia, sintomi neuropsichiatrici, prurito, eritrodermia, alopecia, mialgia 2. ALOFANTRINA tox: dolore addominale , diarrea, tosse, eritema cutaneo, prurito, cardiotoxicita‘( tachicardia), emolisi, controindicato in gravidanza( embriotox) C. 4-AMMINOCHINOLINICI 1. AMODIACHINA: vedi clorochina 2. CLOROCHINA: vedi antiamebici 3. CHINACRINA: Si lega al DNA e inibisce dei flavoenzimi del plasmodio tox pelle gialla, reaz psicotiche D. 8- AMMINOCHINOLINICI 1. PRIMACHINA Il meccanismo d‘ azione è dovuto alla formazione di 1 metabolita ChinolinChinonico ossidante; Tox: nausea, dolore epigastrico, cefalea, leucopenia, agranulocitosi, prurito e aritmie, emolisi E. DERIVATI ACRIDINICI 1. MEPACRINA È usata anche x giardiniasi e LES tox: nausea, dolore epigastrico, vertgini, cefalea, colorazione gialla di cute e urine, colorazione blu\ nera del palato e delle unghie e depositi corneali con disturbi del visus F. ANTIFOLICI TRIAZINE 393 1. PIRIMETAMMINA: è un inibitore della diidrofolato reduttasi del plasmodio (vedi antitoxoplasma) 2. TRIMETOPRIMA: è un inibitore della diidrofolato reduttasi del plasmodio (vedi pirimetammina) G. ANTIFOLICI BIGUANIDI 1. PROGUANIL - CICLOGUANIL Sono degli inibitori della diidrofolato reduttasi del plasmodio (inibiscono la sintesi di acido folico nel plasmodio) Il Malarone è il nome commerciale, dell'associazione tra Atovaquone ed il Proguanil, e rappresenta un'efficace alternativa per la profilassi della malaria per coloro che non possono assumere Meflochina o Dossiciclina. Una compressa di Malarone (Atovaquone 250 mg + Proguanil 100 mg) deve essere assunta, una volta al giorno, 1-2 giorni prima di partire per il Paese a rischio e per ogni giorno di permanenza. L'assunzione deve essere continuata per altri 7 giorni dopo aver lasciato l'area malarica. Il farmaco deve essere assunto con il cibo o il latte. Durante l'assunzione del Malarone possono comparire: dolori addominali, nausea, vomito e cefalea. Il Malarone non dovrebbe essere assunto da soggetti con grave danno renale. Non devono assumere il farmaco le donne in gravidanza o le donne che allattano ed i bambini che pesano meno di 11 kg. Il Malarone ha mostrato di possedere una buona efficacia profilattica nella malaria da Plasmodium falciparum ed in presenza di ceppi Clorochina - resistenti. tox: ulcere orali, alopecia, disturbi g.i. H. DERIVATI DELL‘ ARTEMISIA 1. ARTEMISININA- ARTEMETER Si crede inibiscono la fosfofruttochinasi tox: dolore addominale, diarrea, depressione del midollo osseo, tox x il SNC I. ALTRI ANTIMALARICI - DOXICICLINA è usata per la prevenzione della malaria. La Dossiciclina è un antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline. L' impiego della Dossiciclina nella prevenzione della malaria è riservato alle aree in cui è dimostrata la resistenza alla Clorochina, o nei pazienti che non tollerano la Meflochina o dove è controindicata. La Dossiciclina ( una compressa da 100 mg ) deve essere assunta 1 o 2 giorni prima dell'arrivo nel luogo a rischio di malaria e per ogni giorno di permanenza nell'area. Il farmaco deve essere assunto, sempre giornalmente, per 4 settimane dopo aver lasciato l'area a rischio malaria. La Dossiciclina può favorire le scottature all'esposizione solare. Per evitare l'effetto fotosensibilizzante è 394 necessario evitare di esporsi al sole nelle ore più calde e far uso di filtri solari. La Dossiciclina deve essere assunta a stomaco pieno per ridurre l'irritazione gastrica ed è opportuno evitare di coricarsi per almeno 1 ora in modo da prevenire il reflusso del farmaco e conseguente ulcerazione esofagea. Le donne che assumono la Dossiciclina possono incorrere in infezioni vaginali da lieviti. La Dossiciclina non deve essere somministrata nei bambini al di sotto di 8 anni d'età, a causa dell'effetto colorante, permanente, dei denti. Le donne in gravidanza non devono assumere la Dossiciclina. Tox: disturbi g.i., vaginiti da candida, fotosensibilizzazione - ATOVAQUONE (vedi antitoxoplasmosi e l‘ associazione con il cicloguanil: Melarsone) 6. ANTITRICOMONAS E GIARDIASI A. METRONIDAZOLO 10 ANTIELMINTICI 1. ANTI-TREMATODI (VERMI PIATTI) La schistosomiasi è di gran lunga la più importante infezione da trematodi. Circa 500 milioni di persone sono a rischio di infezione, che si diffonde contestualmente alla costruzione di nuove dighe in aree endemiche. Comunque sono numerosi i trematodi, oltre agli schistosomi, che parassitano l‘uomo e infettano con facilità chi viaggia nelle aree endemiche. Poiché i vermi adulti di questi altri trematodi sono ermafroditi (al contrario degli schistosomi), le infezioni sono generalmente di lunga durata. Nelle chiocciole e in altri molluschi si svolgono solo gli stadi precoci dello sviluppo larvale; gli stadi larvali contagiosi avvengono nel pesce, nei crostacei o in vegetali acquatici che, per causare infezione, devono essere ingeriti. Le Infezioni da trematodi (da vermi piatti) sono: Schistosomiasi; Paragonimiasi; Clonorchiasi; Fascioliasi; Opistorchiasi; Fasciolopsiasi. A. DERIVATI CHINOLINICI - PRAZIQUANTEL farmaco di scelta per il trattamento di tutte le forme di schistosomiasi. Rapidamente assorbito dopo somministrazione orale, penetra nel liquido cefalorachidiano. Effetti indesiderati più comuni: astenia, vertigini, malessere, anoressia, fastidi gastrointestinali; si pensa provochi l‘ apertura di canali per il Ca+2 nel parassita, con contrazione della sua muscolatura liscia, seguita da paralisi; Tox: cefalea, vertigini, sonnolenza, astenia, nausea, vomito, prurito, orticaria, artralgie , mialgie, febbricola 395 - OXAMNICHINA si usa come anti-schisto-somiasi; si lega al DNA del parassita; Tox: vertigini , cefalea, sonnolenza, nausea, vomito, diarrea, prurito, orticaria, colore rosso delle urine, alterazioni enzimatiche epatiche, rare convulsioni B. ORGANO-FOSFORICI - METRIFONATO inibisce l‘ acetilcolinesterasi nel parassita; Tox: sintomi colinergici lievi, nausea, vomito, diarrea, broncospasmo, cefalea, sudorazione, debolezza, vertigini C. ALTRI - BITIONOLO è 1 anti-fascicoliasi; disaccoppia la fosforilazione ossidativa nel parassita; Tox: diarrea, crampi addominali, nausea, vomito, cefalea, vertigini, prurito, orticaria, eruzioni cutanee - NIRIDAZOLO si usa come anti-schisto-somiasi; lega dei metaboliti al DNA del parassita - STIBOFENE - RAFOXANIDE è 1 anti-fascicoliasi; disaccoppia la fosforilazione ossidativa nel parassita; 2. ANTI-NEMATODI (VERMI AD ANELLO) I nematodi sono vermi cilindrici non segmentati che variano da 1 mm a circa 1 m di lunghezza. I nematodi hanno una cavità del corpo, che li distingue dai vermi a nastro e dai trematodi. A seconda delle specie, differenti stadi nel ciclo vitale nei nematodi sono infettivi per gli uomini. Le Infezioni da nematodi (vermi ad anello) sono : Ascariasi; Trichiuriasi; Anchilostomiasi ;Strongiloidiasi; Toxocariasi; Trichinosi; Dracunculosi; Infezioni da filarie A. DERIVATI - BENZIMIDAZOLICI - MEBENDAZOLO Inibisce la sintesi dei microtubuli nei nematodi, danneggiando in tal modo irreversibilmente la captazione di glucosio da parte dei parassiti. Farmaco di scelta nel trattamento delle infezioni da tricocefalo (Trichuris Trichiura), da ossiuro (Enterobius Vermicularis) e da strongiloide (Necator Americanus e Ancylostoma Duodenale). Praticamente insolubile nelle soluzione acquose, solo una minima quantità della dose orale viene assorbita dall‘organismo. Relativamente privo di effetti tossici, ma controindicato in gravidanza perché embriotossico e teratogeno in animali da esperimento. Tox: nausea, vomito, diarrea, cefalea, vertigini, prurito, eruzioni cutanee, dolori muscolari, febbre, tosse, glomerulonefrite - ALBENDAZOLO Blocca la captazione del glucosio da parte dei parassiti sensibili allo stato adulto e larvale; Tox: diarrea, cefalea, nausea, stanchezza, insonnia, prurito , rash cutanei, depressione midollare 396 - TIABENDAZOLO agisce sui parassiti interferendo con i processi di aggregazione dei microtubuli attraverso l‘ inibizione della fumarato-riduttasi. È efficace contro la larva strongiloide migrante cutanea (o eruzione strisciante), e la trichinosi (provocata da Trichinella Spiralis), nonché contro le infezioni prodotte da Stongyloides Stercoralis. Uso più limitato del mebendazolo a causa della sua potenziale tossicità. Rapidamente assorbito dopo somministrazione orale. Effetti indesiderati più comuni: vertigini, anoressia, nausea e vomito. Tox: vertigini, nausea, vomito, diarrea, prurito, cefalea, sonnolenza, ipotensione, bradicardia, iperglicemia, epatotox, edema periferico B. PIPERAZINA E DERIVATI - PIPERAZINA determina la paralisi della muscolatura del parassita, bloccando gli effetti dell‘ Ach a livello delle giunzioni neuromuscolare del parassita Tox: nausea, vomito, diarrea, neurotox(sonnolenza, vertigini), orticaria, prurito, broncospasmo - DIETIL-CARBAMAZINA determina la paralisi della muscolatura del parassita, bloccando gli effetti dell‘ Ach a livello delle giunzioni neuromuscolare del parassita. Farmaco di scelta nel trattamento della filariasi (causata da Wuchereria Bancrofti o da Brugia Malayi). Causa la paralisi dei microrganismi. Le loro membrane di superficie vengono sottoposte ad alterazioni che li rendono più suscettibili ai meccanismi di difesa dell‘ospite. Farmaco rapidamente assorbito dall‘intestino, parzialmente metabolizzato e quindi escreto con le urine. Effetti collaterali del trattamento sono lievi, in genere reazioni cutanee. Tox cefalea, malessere, leucocitosi, prurito, perdita della vista C. DERIVATI DELLA TETRA-IDRO-PIRIMIDINA - PIRANTEL PAMOATO efficace nel trattamento delle infezioni causate da nematelminti (Ascaris Lumbricoides), ossiuri e strongiloidi. Blocca la depolarizzazione neuromuscolare, provocando un‘attivazione persistente dei recettori nicotinici, con conseguente paralisi del verme che viene quindi eliminato dall‘intestino dell‘ospite. Viene scarsamente assorbito per via orale e agisce nel tratto gastrointestinale. Effetti indesiderati lievi: nausea, vomito e diarrea; Tox: nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, vertigini, sonnolenza, cefalea, eruzioni cutanee, febbre, debolezza - OXANTEL : vedi pirantel D. DERIVATI DELL‘IMIDAZOTIAZOLO - LEVAMISOLO (è anche un immunostimolante) 3. ANTI-CESTODI (VERMI A NASTRO) 397 I cestodi adulti sono vermi caratteristicamente lunghi, piatti e segmentati, che mancano del tratto digestivo e assorbono le sostanze nutritive direttamente nel piccolo intestino. Un verme adulto nastriforme è formato da tre parti riconoscibili: lo scolice (testa), organo con funzioni di ancoraggio; il collo, regione non segmentata con alta capacità rigenerativa, se con il trattamento non si ottiene l‘eliminazione del collo e dello scolice, il verme intero può rigenerarsi; il resto del verme è formato da numerose proglottidi (segmenti). I segmenti più vicini al collo sono indifferenziati. Appena le proglottidi progrediscono caudalmente, si formano gli organi sessuali (i vermi nastriformi sono ermafroditi); i segmenti distali sono gravidi e contengono le uova nell‘utero. I Cestodi (vermi a nastro) provocano : Infezione da verme a nastro del pesce; Infezione da verme a nastro dei bovini; Infestazioni da vermi a nastro suini; Malattia idatidea; Malattia alveolare idatidea . A. DERIVATI DELL‘ AC. SALICILICO - NICLOSAMIDE: è 1 tenicida; inibisce la fosforilazione ossidativa o stimola l‘ATPasi; insieme alla morte del parassita si ha il distacco dello scolice dalla parete intestinale ed inizia la digestione dei segmenti; farmaco di scelta per la maggior parte delle infezioni da cestodi (tenie). Il farmaco è letale per lo scolice e per i segmenti del cestode, ma non per le uova. Prima della sua somministrazione orale, si somministra un lassativo per eliminare dall‘intestino tutti i segmenti morti, in modo da impedire la loro digestione e la liberazione di uova, che porterebbe alla cistercicosi. Tox nausea, vomito, diarrea, cefalea, eruzioni cutanee, vertigini B. ALTRI DERIVATI DELL‘ AC. SALICILICO - DICLOROFENE - DESASPIDINA 4. ALTRI ANTIELMINTICI - CHINACRINA Tox: pelle gialla, reazioni psicotiche - EMETINA: vedi antiamebici - IVERMECTINA paralizza i nematodi e gli artropodi facilitando la trasmissione GABA-mediata dei segnali nei nervi periferici. Tox: febbre, cefalea, vertigini, sonnolenza, eruzioni cutanee, prurito, diarrea, mialgia, ipotensione, tachicardia - SURAMINA inibisce nel parassita molti enzimi Tox: nausea, vomito, orticaria, febbre, nefrotox, anemia, ittero, dermatiti, morti - TETRA-CLORO-ETILENE Tox: lievi effetti collaterali TABELLA DEI FARMACI ANTIELMINTICI: 398 ANTIELMINTICI farmaco Albendazolo Dietilcarbamazina Mebendazolo Niclosamide Piperazina pirantel pamoato pirvinio pamoato Praziquantel Tiabendazolo indicazione principale ampio spettro filarosi oncocercosi ampio spettro tenia botriocefalo ascaridiosi ossiuriasi ascaridiosi ossiuriasi ossiuriasi infestazioni da trematodi ampio spettro tossicità — modesta assai modesta assai modesta modesta assai modesta assai modesta assai modesta assai modesta TABELLA: Tipo, indicazione e tossicità dei principali antielmintici, farmaci utilizzati nelle elmintiasi o infestazioni da vermi. Si somministrano tutti per via orale, a volte associati a purganti. 11 IPNOTICI-SEDATIVI-ANSIOLITICI Il sonno viene probabilmente causato dai nuclei del Rafe (tra il Ponte e il Midollo Allungato) che inviano impulsi inibitori alla corteccia cerebrale, al Sistema Limbico e al Talamo. Il sonno è 1 fase di riposo durante la quale nel cervello si altrerano diversi stadi di attività, che possono essere tra loro differenziati con l‘ EEG (elettroencefalogramma). Gli stadi del sonno si verificano 4-5 volte nel corso della notte e i singoli cicli (di circa 90 minuti) sono interrotti dalle fasi REM (Rapid Eye Movement) in cui ci si sveglia + facilmente. Le Fasi REM (che durano da 5 a 30 minuti) sono le meno riposanti: esse si riconoscono x un EEG simile a quello della fase di veglia, in quanto il cervello è molto attivo: infatti nelle fasi REM si verificano rapidi movimenti oculari, occasionali movimenti muscolari e si sogna tanto intensamente che al risveglio si ricordano i sogni. La Fase REM si raggiunge solo dopo uno stadio precedente di NREM (No Rapid Eye Movement)in cui non ci sono movimenti rapidi degli occhi e, nonostante sia possibile sognare, ci sono meno possibilità di ricordare i sogni. La fase NREM è la fase + riposante x il cervello ed è quella + necessaria dopo lunghi periodi di privazione del sonno. Con la frequente interruzione del sonno 399 notturno diminuisce anche la porzione REM del sonno: questa diminuzione della fase REM provoca durante il giorno aumentata eccitabilità ed irrequiatezza. Il deficit della fase REM viene recuperato nelle notti successive, indisturbate con allungamento delle fasi REM. Tutti gli Ipnotici (Sonniferi) accorciano le fasi REM del sonno: se assunti x più giorni di seguito, il rapporto delle fasi del sonno si normalizza. Gli Ipnotici (Sonniferi) creano però dipendenza: infatti dopo l‘ interruzione dell‘ assunzione del sonnifero si instaura una controregolazione eccessiva, x cui le fasi REM aumentano (si normalizzano nel corso di diversi giorni): così il sonno, avendo lunghe porzioni REM (associate a vividi sogni) viene percepito come poco riposante. Tale fenomeno si verifica quando si tenta di interrompere un consumo regolare di ipnotici, perché si ha l‘ impressione che x un sonno riposante sia effettivamente necessario l‘ ipnotico. Perciò l‘assunzione di 1 ipnotico non dovrebbe mai protrarsi x più di 4 settimane. Inoltre i Barbiturici e le Benzodiazepine ( e i similari) possono attivare il ―Circuito della Gratificazione‖ (vedi cap 37) del SNC, il che incoraggia il loro consumo: queste sostanze bloccano 1 imput inibitorio al Nucleo Accùmbens, aumentando il rilascio di Dopamina e l‘ effetto su di esso (è 1 attivazione indiretta). Generalmente a seconda della CONCENTRAZIONE EMATICA tali farmaci agiscono: – A basse dosi come ANSIOLITICI – A medie dosi come SEDATIVI o IPNOTICI – Ad alte dosi come ANESTETICI (le BZP vanno in tal caso somministate x via e.v. ) 1. BARBITURICI: Si legano a 1 sito allosterico del canale del Cl- ( aperto dal GABA), con l‘ingresso di ioni Cl- nella cellula e iperpolarizzazione. Sono degli induttori metabolici degli enzimi microsomiali epatici. Sono epatotoxici. Le interazioni sono molteplici: a. Altri deprimenti centrali come etanolo, antistaminici, inibitori delle MAO con aumento dell‘azione deprimente b. Aumentano il metabolismo delle vitamine D e K, degli ormoni steroidei endogeni (con turbe ormonali e disturbi endocrini), dei contraccettivi orali c. Aumentano la sintesi delle porfirine,cioè di emo- e mio- globina e dei citocromi (percio‘ sono induttori enzimatici). La dose letale corrisponde alla dose 10 volte superiore alla dose ipnotica o anche a dosi inferiori se associati ad alcool o ad altri farmaci deprimenti, con morte x arresto cardiocircolatorio. 400 Tutti i Barbiturici presentano una spiccata attività deprimente sul SNC, ed in dosi elevate provocano morte per depressione respiratoria e cardiovascolare. I Barbiturici attualmente utilizzati in terapia sono solo il Fenobarbital (Gardenale) per la sua azione anticonvulsivante, ed il Tiopental, utilizzato come anestetico generale. I Barbiturici potenziano l‘azione del GABA, ma si legano a siti diversi rispetto a quelli utilizzati dalle Benzodiazepine. Questi farmaci inducono molto facilmente tolleranza e dipendenza. Sono inoltre forti induttori del citocromo epatico P-450 e degli enzimi responsabili della coniugazione: questo determina un forte aumento della degradazione metabolica di molti altri farmaci, causando interazioni pericolose. La dipendenza da barbiturici si sviluppa raramente se la dose è inferiore ai 500 mg\die, anche se una brusca interruzione del trattamento prolungato a dosi inferiori può determinare anoressia, insonnia, tremori, ansia. Una dose giornaliera di 500-800 mg\die provoca dipendenza fisica e l‘ interruzione dell‘ assunzione determina usualmente gravi sintomi di delirio e convulsioni del tipo ―grande male‖ con morte per sindrome d‘ astinenza (ciò rende la sindrome di astinenza da barbiturici + pericolosa di quella da oppiacei. - AMOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,3 g M-L - PENTOBARBITAL dose ipnotica 0,2 g B-M - FENOBARBITAL (a lunga emivita , usato come antiepilettico) dose ipnotica 0,1 g - BUTOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,3 g L - BARBITAL (Veronal) dose ipnotica 0,3 g L - APROBARBITAL L-M - SECOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,2 g B o UB - TALBUTAL dose ipnotica 0,1 g B - ESETAL dose ipnotica 0,1-0,3 g B - VINILBITAL - VINBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,2 g B - CICLOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,2 g M - EPTABARBITAL dose ipnotica 0,1-0,4 g B-M - REPOSAL - METITURAL dose ipnotica 0,3 g - METARBITAL dose ipnotica 0,1 g - MEFOBARBITAL dose ipnotica 0,03 g - METOESITAL - ESOBARBITAL dose ipnotica 0,5 g - TIOPENTAL ( usato come anestetico ―ultrabreve‖) dose ipnotica 0,075-0,15 g - ETALLOBARBITAL - ALLOBARBITAL dose ipnotica 0,1-0,3 g M - PROXIBARBITAL - BUTALLIONAL dose ipnotica 0,2 g B-M - PROPALLIONAL dose ipnotica 0,1-0,3 g B UB = emivita ultra-breve; B = emivita breve; M = emivita media; L = emivita lunga; 401 2. DIOSSO-PIPERIDINE Sono dei modulatori allosterici del canale del Cl-, aperto dal GABA, provocando 1 apertura + frequente del canale, con entrata nella cellula di ioni Cloruro, e 1 iperpolarizzazione della cellula neuronale, con 1 minore eccitabilita‘ nel SNC. - GLUTETIMMIDE provoca tossicodipendenza etolleranza come le benzodiazepine; provoca depressione bulbare e respiratoria ha azioni anti-muscariniche (xerostomia, cioè mancanza di saliva, e atonia muscolare, contrastabili con 1 agonista colinergico) - TALIDOMIDE è teratogena ( non somministrabile durate la gravidanza in quanto provoca focomelia nel nascituro) - TAGLUTIMIDE 3. 1,4 BENZODIAZEPINE(BZP) Si legano al canale del Cl- , modulando positivamente gli effetti del GABA, provocando 1 maggiore iperpolarizzazione della cellula neuronale e quindi 1 minore eccitabilita‘. Si legano ad 1 sito specifico del canale del cloruro (costituito da 5 subunita‘ proteiche: ) aperto dal GABA: precisamente in 1 spazio compreso tra le 2 subunita‘ alfa e gamma. Non tutti i neuroni posseggono canali del GABA in cui ci sono le 2 subunita‘ alfa e gamma vicine (in modo da permettere il legame e l‘ attivita‘ alle BZP) come nei centri bulbari; x cui le BZP non provocano depressione bulbare e respiratoria, e quest‘ ultima caratteristica li fa preferire in terapia ai barbiturici, i quali non sono selettivi e possono provocare morte x depressione del centro del respiro nel bulbo. I barbiturici hanno infatti un basso indice terapeutico rispetto alle BZP, con 1 ristretta zona di manegevolezza. L‘ uso dei barbiturici è ormai decaduto a causa di cio‘. La toxicita‘ si manifesta con affaticabilita‘, incoordinazione motoria, confusione, disorganizzazione. Nell‘ anziano si ha amnesia retrograda, diarrea, incontinenza. Non possono essere soministrate in gravidanza (se somministrate nel primo trimestre provocano nel bambino schisi del palato, cioè il bambino non chiude bene il palato e ha il labbro leporino). Effetti farmacologici delle Benzodiazepine. I loro principali effetti sono localizzati a livello del SNC e sono: a. Riduzione dell‘ansia e dell‘aggressività. Escludendo solo l‘Alprazolam, le benzodiazepine non hanno effetti antidepressivi, ma la riduzione dell‘ansia può essere di beneficio nei pazienti depressi. In alcuni individui possono però paradossalmente provocare aumento dell‘aggressività: questo fenomeno avviene soprattutto con i farmaci a breve durata d‘azione, ed è imputabile ad una sindrome d‘astinenza piuttosto marcata con i farmaci che hanno una durata d‘azione che si affievolisce lentamente. b. Sedazione ed induzione del sonno. Diminuiscono il tempo necessario a prendere sonno, ed aumentano la durata totale del sonno, anche se questo effetto si manifesta soprattutto nei pazienti che dormono meno di 6 ore. Entrambi questi effetti diminuiscono se il paziente prende regolarmente i 402 farmaci per una o due settimane. Tutti i farmaci ipnotici diminuiscono la fase REM, ma le benzodiazepine la influenza meno degli altri farmaci: questo è un vantaggio, rispetto agli altri sedativi. Le benzodiazepine riducono significativamente lo stadio SW, senza causare alterazioni della secrezione dell‘ormone della crescita. I loro effetti sedativi sono strettamente correlati agli effetti ansiolitici, non si riesce quindi a sviluppare un agente ansiolitico privo di effetti sedativi. c. Riduzione del tono e del coordinamento muscolare. Questi farmaci riducono il tono muscolare tramite un effetto centrale indipendente dal loro effetto sedativo. L‘effetto miorilassante è clinicamente utile in quanto il paziente ansioso presenta solitamente un aumento del tono muscolare che può causare diversi disturbi, come la cefalea. d. Effetto anticonvulsivante. Le benzodiazepine sono in grado di prevenire le convulsioni provocate da agenti che agiscono sui recettori gabaergici. Il clonazepam sembra l‘agente con maggiore attività anticonvulsivante: questo farmaco è spesso usato per il trattamento delle convulsioni associate alle assenze e nelle convulsioni miocloniche nei bambini. Il diazepam somministrato ev è il farmaco di scelta per bloccare le convulsioni nello stato epilettico. Farmacocinetica Dopo somministrazione orale si osserva un buon assorbimento, ed il picco plasmatico si ha dopo un‘ora. Questi farmaci si legano saldamente alle proteine plasmatiche, ma hanno una elevata liposolubilità che ne causa l‘accumulo a livello del grasso corporeo. Il diazepam nel trattamento dello stato epilettico va somministrato ev. Le benzodiazepine vengono tutte eliminate metabolicamente ed escrete con le urine sotto forma di coniugati glucuronati. Il metabolismo del diazepam determina la formazione di un metabolita attivo, il nordiazepam, che ha una emivita di 60 ore: questo spiega la tendenza di molti di questi farmaci a causare postumi prolungati quando vengono somministrati regolarmente. Uso clinico delle Benzodiazepine: Come ipnotici nel trattamento dell‘insonnia; Come ansiolitici; Sedazione pre-operatoria; Astinenza acuta da alcol; Come anticonvulsivanti; Come rilascianti muscolari nello spasmo cronico e nella spasticità. Effetti collaterali. 1. Tossicità acuta. La somministrazione acuta di elevate dosi di benzodiazepine è meno pericolosa di quella di altri sedativi. L‘effetto è quello di un sonno prolungato dal quale il paziente può essere risvegliato. Possono causare grave depressione respiratoria se ingeriti con altre sostanze come l‘etanolo. Il flumazenil, antagonista delle benzodiazepine, viene utilizzato per bloccare gli effetti del sovradosaggio. 403 2. Effetti collaterali dell‘uso terapeutico. Sono sonnolenza, confusione, amnesia e ridotto coordinamento motorio. TOLLERANZA E DIPENDENZA. La tolleranza indotta dalle benzodiazepine è scarsa. Inducono scarsa tolleranza farmacocinetica (necessità di dosi maggiori per ottenere gli stessi benefici) in quanto non sono forti induttori degli enzimi microsomali epatici. Viene indotto un certo grado di tolleranza tissutale. La sospensione del trattamento dopo settimane o mesi causa aumento dell‘ansia e la comparsa di tremore e vertigini. La crisi di astinenza si instaura più lentamente di quella indotta da barbiturici, probabilmente a causa della lunga emivita plasmatica della maggior parte delle benzodiazepine. La sindrome d‘astinenza insorge più bruscamente con i farmaci a breve durata d‘azione. A. AGONISTI DEI REC DELLE BZP a. PRONORDIAZEPAM SIMILI LONG-ACTING (emivita lunga) Danno origine a metaboliti con 1 attività farmacologica simile a quella della sostanza madre; quindi l‘ emivita di eliminazione di tali BZP è superiore alle 40 h (essendo la somma dell‘ emivite della sostanza madre e dei relativi metaboliti). Sono dei miorilasanti e degli anticonvulsivanti. - CLORDIAZEPOSSIDO commercializzato nel 1960 - DIAZEPAM emivita 30 h - CLORDESMETILDIAZEPAM emivita 80-100 h - FLURAZEPAM emivita 40-100 h - CLOBAZAM emivita 50 h e + - BROMAZEPAM emivita 12 h - QUAZEPAM ha 2 metaboliti con differente emivita: a) 2-osso-quazepam : 25-40 h b) N-desalchil-fluraepam : 40-100 h b. OXAZEPAM SIMILI Hanno un‘emivita breve inferiore alle 24 h - OXAZEPAM emvita 5-15 h - LORAZEPAM emivita 10-16 h c. NITROBENZODIAZEPINE Hanno un‘emivita intermedia tra le 20 e le 40 h - NITRAZEPAM emivita 25-30 h - FLUNITRAZEPAM emivita 15-30 h - CLONAZEPAM emivita di 24-48 h d. TIENO BENZODIAZEPINE Hanno un‘emivita breve di 5-15 h 404 - CLOTIAZEPAM e. TRIAZOLO BENZODIAZEPINE Hanno un‘emivita brevissima di 2-16 h - ALPRAZOLAM usato per gli attacchi di panici, crisi d‘ ansia - TRIAZOLAM emivita di 2,5 h B. ANTAGONISTI DEI REC DELLE BZP ( bloccano o spiazzano le BZP dal sito di legame) - FLUMAZENIL (usato x revertire o prevenire l‘ effetto sedativo, ipnotico, anestetico generale indotto da BZP o gli effetti sedativo o depressorio centrale prodotti da 1 overdose; si somministra infatti x il risveglio dall‘ anestesia) ha 1 distribuzione rapida e immediata nei tessuti (1-2 minuti) C. AGONISTI PARZIALI DEI REC DELLE BZP Hanno comunque una struttura Benzodiazepinica, ma presentano una moderata attivita‘ intrinseca sul recettore rispetto agli Agonisti(producono una parziale apertura del canale del cloruro aperto dal GABA) ; infatti sono usati come ansiolitici x trattare disturbi d‘ ansia. Producono meno sedazione, meno rilasciamento muscolare, minore atassia, minore dipendenza e tolleranza rispetto agli agonisti completi - IMIDAZENIL - BRETAZENIL 4. IMIDAZOPIRIDINE (AGONISTI PARZIALI) Si differenziano dalle BZP perché hanno una struttura chimica differente. Sono comunque modulatori positivi del GABA, ma sono agonisti parziali rispetto alle BZP, con effetto di iperpolarizzazione della cellula neuronale minore (ansiolitico) La loro azione è simile e comparabile a quella dell‘ Imidazenil e del Bretazenil. - ZOLPIDEM emivita di 1,5-2,4 h - ALPIDEM 5. CICLOPIRROLONI Potenziano la trasmissione GABAergica, legandosi a sito recettoriale simile, ma differente da quello delle BZP; il loro vantaggio è che non iducono né tolleranza, né dipendenza psichica e fisica - ZOPICLONE - ZALEPLON 6. AZASPIRODECANEDIONI 405 Sono agonisti parziali 5HT1A pre- e post- sinaptici, sono ansiolitici. Non è chiaro il meccanismo d‘azione, ma si pensa che possano mimare l‘iperattività dei neuroni serotoninergici. Questi composti impiegano comunque diversi giorni o settimane per determinare i loro effetti. Ad alte dosi provocano 1 aumento dei livelli di prolattina e possono antagonizzare gli effetti dei neurolettici (effetti di agonismo parziale D2). Presentano effetti collaterali completamente diversi da quelli delle benzodiazepine, e particolarmente: nausea, vertigini e capogiri, cefalea ed irrequietezza. Non causano sedazione, sindrome d‘astinenza o incoordinazione motoria. - BUSPIRONE Il Buspirone presenta una elevata attività ansiolitica, ed ha una elevata affinità per i recettori 5 HT 1A, che si trovano in elevate concentrazioni in varie aree cerebrali, e ricevono proiezioni dai neuroni 5 HT del rafe, nel midollo allungato. - GEPIRONE - TANDSPIRONE 7. BETA-CARBOLINE Si legano al sito delle BZP modulando positivamente l‘ azione del GABA. Sono agonisti parziali - ABECARNIL 8. CARBAMATI Sono miorilassanti centrali usati come ansiolitici ( forse si suppone siano agonisti dei recettori del GABA, a e b). Hanno effetti simili alle BZP. Diminuiscono l‘ attivita‘ locomotoria; ad alte dosi si ha depressione respiratoria grave e scompenso cardiaco, con formazione di depositi gastrici; provoca dipendenza psichica e fisica ( sindrome di astinenza all‘ interruzione). Superano la barriera placentare. - MEPROBAMATO - MEBUTAMATO - EMILCAMATO 9. SEDATIVI NATURALI - VALERIANA: ha azione sedativa. la droga ci è data dalle radici e dal rizoma della Valeriana officinalis. L‘olio Essenziale contiene Sesquiterpeni: Isovalerato di Bornile, Acido Valeronico, irinoidi. Si ritiene che tali principi attivi inibiscano il catabolismo del GABA, agendo sull‘ enzima GABA Transaminasi, inibiscano pure la ricaptazione di GABA, mentre aumentino la sintesi di GABA. - CAMOMILLA ROMANA: la droga ci è data dai capolini di Anthemis nobilis, contenente polifenoli come i derivati del‘ Acido Cinnamico e dall‘ olio essenziale 406 - - - costituito dagli Esteri dell‘ Acido Angelico e Tiglico. Tali sostanze hanno azione sedativa sul SNC essendo composti Benzodiazepino-simili PASSIFLORA: ha azione sedativa. La droga ci è data dalle parti aeree della Passiflora incarnata, contenenti Flavonoidi quali Viteina, Iso-Viteina, Orientina con effetti sedativi. Di solito si associa alla Camomilla e alla valeriana. Interagisce con gli inibitori delle MAO, potenziandone gli effetti. BIANCOSPINO: la droga è data dalle foglie e dalle sommità fiorite di Crateagus Laevigata. Contiene Triterpeni come l‘ Acido Ursolico. Oltre ad avere 1 azione sedativa sul SNC è utile pure nell‘ insufficienza coronarica e nelle coronaropatie (l‘ acido ursolico è 1 coronarodilatatore con azione inotropa +) ASPERULA: ha azione sedativa SALICE BIANCO: ha azione sedativa 10. ALTRI Hanno avuto una storia significativa per quello che riguarda l‘intossicazione. Alcuni sono ritornati in auge non come sedativi ipnotici, ma come sostanze che unite ad altre possono consentire viaggi un po‘ particolari e possono essere utilizzati in alternativa o in mancanza dell‘eroina. Sono misture costituite da paraldeide + benzodiazepine con azione ipnotica + acido acetilsalicilico + caffeina contenuta nella coca cola. Questo era uno sballo più frequente negli anni ‘80. Più recentemente si usa cloralidrato + eccitanti del SNC (Ecstasy) + acido acetilsalicilico + caffeina - ALCOOL ETILICO o ETANOLO si lega a 1 sito allosterico del canale del cloruro aperto dal GABA. I suoi principali effetti si sviluppano a carico del SNC, dove provoca eventi simili a quelli causati dagli anestetici locali. Gli effetti a carico del SNC sono dovuti quindi ad un aumento della inibizione mediata dal GABA, simile a quella delle benzodiazepine anche se minore , ma si prospetta anche una inibizione dell‘ingresso del calcio attraverso i canali voltaggio dipendenti (quindi una inibizione del rilascio di trasmettitori in risposta alla depolarizzazione della terminazione nervosa) ed una inibizione della funzione dei canali del glutammato (inibisce i recettori NMDA: questo può spiegare l‘azione depressiva dell‘etanolo e il suo danno provocato alla memoria). Gli effetti dell‘intossicazione acuta comprendono eloquio incomprensibile, incoordinazione motoria, aumentata fiducia in se stessi ed euforia. L‘effetto sul comportamento varia comunque da soggetto a soggetto: nella maggior parte dei casi si a euforia, ma si possono anche verificare casi di depressione e di aggressività. Le prestazioni intellettuali e motorie sono ridotte. Si sviluppa grande tolleranza tissutale nei bevitori cronici: per produrre un certo effetto sono necessarie dosi maggiori. Il coma si sviluppa con concentrazioni di etanolo > 300 mg/ml, e la morte per depressione respiratoria è probabile a 400-500 mg/ml. La somministrazione cronica causa sindromi neurologiche irreversibili. La maggior parte degli alcolisti cronici presenta una riduzione della massa cerebrale, evidenziabile con l‘ingrossamento dei ventricoli laterali. Si può osservare anche degenerazione di altre aree cerebrali, ed alcune di queste possono essere dovute, oltre che all‘azione 407 - - - dell‘etanolo stesso, alla carenza do tiamina. Una delle conseguenze caratteristiche dell‘alcolismo è rappresentata dall‘ epatopatia : si manifesta inizialmente con una steatosi epatica (per aumento del rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo, come risultato dell‘aumento di stress che provoca aumento dell‘attività simpatica e per inibizione dell‘ossidazione degli acidi grassi). La steatosi può evolvere in epatite ed in fibrosi del tessuto epatico: questo determina l‘ipertensione portale e varici esofagee. Al danno epatico contribuisce anche la malnutrizione cui va incontro l‘alcolista, il quale può introdurre una quantità sufficiente di Kcal, ma non ha un apporto adeguato di vitamine, proteine e carboidrati. Inoltre la carenza di tiamina può provocare un danno neurologico cronico. Sembra che le bevande alcoliche, tramite un aumento delle HDL, siano in grado di ridurre la formazione di ateromi. L‘uso di alcol da parte della madre in gravidanza può causare diversi deficit nel neonato (l‘8% dei casi lievi di ritardo mentale sono imputabili all‘uso di alcol da parte della madre durante la gravidanza). A concentrazioni nel sangue superiori a 460mg / 100ml provoca coma e morte. L‘ etanolo è metabolizzato nel fegato (in cui crea elevata tossicità): trasformato in aldeide acetica (acetaldeide) ad opera dell‘ enzima epatico ALCOOL DEIDROGENASI e successivamente l‘ aldeide acetica (acetaldeide) è trasformata in Acido acetico tramite l‘enzima mitocondriale ALDEIDE DEIDROGENASI. L‘ etanolo a basse dosi non supera la BBE, ma ad alte dosi ci riesce x accumulo. I Farmaci (antidoti) x trattare l‘ alcolismo cronico e ridurre l‘ assunzione di etanolo sono: a) DISULFIRAM (n.c. Antabuse) che blocca l‘ enzima ALDEIDE DEIDROGENASI. Il disulfiram, se somministrato prima dell‘ assunzione di etanolo, provoca 1 aumento della concentrazione ematica di acetaldeide , riducendone la velocita‘ di degradazione e provocando così vampate, tachicardia, iperventilazione e nausea. Il farmaco induce 1 risposta di evitamento condizionato , x cui il paziente si astiene dall‘ alcool x prevenire gli effetti spiacevoli dell‘ accumulo di acetaldeide indotto dal disulfiram. L‘alcolismo cronico provoca induzione enzimatica. INTERAZIONI: paracetamolo(aumento epatotox), Anticoagulanti orali b) METADOXINA che diminuisce l‘ alcolemia e la durata di esposizione dei tessuti all‘ asione lesiva dell‘ alcool facilitando il metabolismo ed aumentando l‘ eliminazione urinaria dell‘ alcool e dell‘ acetaldeide (metabolita tossico dell‘ alcool). Essa esplica 1 azione protettiva sulla cellula, facilita l‘ ossidazione del NADH in eccesso, mantiene elevati i livelli di glutatione, si oppone alla caduta dei livelli ematici e cerebrali di ATP, stimolandone la sintesi de novo. Agisce anche sui neurotrasmettitori, aumentando il rilascio di GABA e Acetilcolina. c) ACAMPROSATO CALCICO (alle dosi di 666mg x 23 volte al di) d) OXIBATO di SODIO e) CLOMETIAZOLO - CLORALIO IDRATO è 1 derivato dell‘ acetaldeide , trasformato in tricloroetanolo, irritante x la cute e le mucose , ha 1 sapore spiacevole e provoca sofferenza epigastrica e nausea, soprattutto quando non è diluito. Provoca 408 - - stordimento; l‘ intossicazione acuta provoca ittero, dovuto al cloroformio; l‘ intossicazione cronica provoca danno epatico e renale. IDROXIZINA( ANTI H1 con effetto sedativo centrale) DIFENIDRAMINA ( ANTI H1 con effetto sedativo centrale) NIAPRAZINA attiva le strutture serotoninergiche deputate al sonno lento , mentre risparmia quelle noradrenergiche che intervengono nelle fasi del sonno paradosso MELATONINA (= metil-acetil-serotonina): La melatonina è in grado di sincronizzare i cicli fisiologici del corpo e pure il sonno. E‘ prodotta dal metabolismo della 5-HT, metilata ed acetilata. La Melatonina viene prodotta dalla ghiandola Pineale: le informazioni sul ciclo giorno\notte arrivano alla pineale attraverso complessi circuiti. Si pensa che l‘induzione del sonno sia dovuta ai livelli di melatonina, che è però facilmente idrolizzata e inattivata. La Melatonina agisce su 2 recettori accoppiati a proteine G: essa diminuisce la latenza del sonno e ne prolunga la durata. Oggi si ricercano sostanze melatonino-simili o si sintetizzano sostanze che posseggano il farmacoforo della melatonina, che però siano meno idrolizzabili e che abbino 1 lipofilia tale da permettere subito il passaggio della BEE. La melatonina può essere utile in due forme di terapia: a. Light therapy : la luce inibisce la sintesi della melatonina da parte dell‘enzima N-acetil-metil-transferasi (che acetila e metila la serotonina), determinando quindi un accumulo di serotonina che è benefico per la terapia anti-depressiva; b. Somministrazione di melatonina : essa infatti a dosi farmaceutiche è in grado di inibire (con un meccanismo di feedback negativo) la propria sintesi a livello epifisario; in tal modo si determina un accumulo di serotonina come nella Light therapy PARALDEIDE ipnotico ad azione rapida. Supera la barriera placentare; x os irrita la gola e lo stomaco (gastriti sanguinanti – melena, epatite ed acidosi, convulsioni) KBr ( bromuro di potassio) + usato come antiepilettico BETA-BLOCCANTI: possono avere 1 effetto ansiolitico (ansia psichica e non somatica dovuta alla liberazione di adrenalina) fondato sulla soppressione dei segni caratteristiche della liberazione di adrenalina su base psichica (tachicardia, tremore), che accentuano la ―paura‖ o la ―febbre della ribalta‖. L‘attenzione non viene compromessa dai beta-bloccanti e x questo essi vengono impiegati anche da oratori e da musicisti prima di manifestazioni importanti. FUTURI SEDATIVI: Si è spostato lo studio sui modulatori fisiologici, cioè sui neurosteroidi: gli steroidi (come il 5alfa, pregnan 3alfa-ol 20 one), si legano ad 1 sito allosterico, modulando positivamente l‘apertura del canale del Cl-, aperto dal GABA. Si è alla ricerca di sostanze in grado di aumentare la produzione di neurosteroidi : si stanno studiando sostanze che aumentino la permeabilita‘ del colesterolo alla membrana mitocondriale, modulando l‘ attivita‘ della proteina trasporta-trice, x avere 1 maggiore quantita‘ di pregnolone solfato, che modula i canali del Cl- con effetti sedativi. 409 12 ANTIEPILETTICI Il termine Epilessia deriva dal verbo Greco che significa ―cogliere di sorpresa‖; infatti è 1 sindrome caratterizzata da episodi critico- convulsivi che si presentano improvvisamente e hanno tendenza a ripetersi. Tali crisi dipendono da 1 scarica eccessiva, improvvisa e rapida dei neuroni cerebrali detta ―paroxysmal depolarizing shift (PDS)‖, dovuta a modificazioni transitorie di membrana. Etiopatogenesi: Mentre la fisiopatologia dell'epilessia è ben caratterizzata, l'etiopatogenesi non è ancora ben chiarita; si sa che in rari casi essa possa anche avere una base di tipo genetico-ereditario. Tuttavia è possibile classificare le epilessie dal punto etiopatogenetico in questo modo: Dovute ad esiti cicatriziali in distretti neuronali più atti a scaricare in maniera anomala: sono quindi epilessie conseguenti a lesioni o a infarti cerebrali Dovute a processi espansivi: in particolare possono essere causate da patologie neoplastiche del SNC oppure a metastasi cerebrali (i tumori primari sono spesso: K mammella, K ovaio e K vescica). Tali neoplasie spesso sono silenti per lungo tempo e poi si manifestano o con un deficit sensitivo/motorio acuto, oppure con manifestazioni di tipo convulsivo tipiche dell'epilessia (ciò succede in età adulta in soggetti che mai sono stati affetti da epilessia) Idiopatiche: sono la maggior parte. Pur individuando il focus epilettogeno, non se ne conosce la causa. Nel passato si pensava che l'epilessia fosse sempre causata da esiti cicatriziali di lesioni traumatiche (classico esempio era l'uso del forcipe nei parti distociti; si è però anche poi visto che seppur con un vertiginoso aumento dell'uso dei parti cesarei, l'incidenza di patologie epilettiche non è assolutamente diminuita; ciò prova che l'unica causa dell'epilessia non è solo la lesione traumatica). Ora, anche grazie ai dati neurochimici e neurofisiologici, si è compreso che nella patogenesi dell'epilessia hanno sicuramente un qualche ruolo anche i sistemi neurotrasmettitoriali e in particolare i canali ionici per il Cl-, Na+, K+ e Ca++). Ricapitolando le cause dell‘ epilessia quindi possono essere varie: - cicatrici, cisti e atrofie localizzate conseguenti a ipossia da danni subiti nel periodo fetale o durante il parto; - malformazione artero-venosa dell‘arterie cerebrali; - tumore cerebrale; - compressione della testa fetale con ischemia a livello dell‘ Ippocampo durante il parto eutocico; - trauma cranico con compromissione dell‘ Ippocampo; - Cause Genetiche ereditarie. Gli antichi Greci consideravano l‘ epilessia 1 segno di possessione degli Dei, altre culture hanno considerato le crisi epilettiche come segni di stregoneria maligna. Le epilessie sono patologie con una discreta incidenza e con una impostazione 410 terapeutica decisa direttamente dal medico specialista, che in questo caso è il neurologo.Spesso la diagnosi di epilessia è tardiva, anche perché spesso i pazienti con forme non gravi tendono ad occultare la sintomatologia al medico curante. La terapia farmacologica è a lungo termine (spesso cronica) e quindi può comportare problemi di interazioni con altri farmaci oppure reazioni tossiche. L'epilessia in genere insorge in maniera acuta, improvvisa e imprevista, determinando quindi grosse paure soprattutto nei familiari dei pazienti. Lo scopo che deve inseguire il neurologo è cercare di capire se la crisi epilettic a è isolata (dovuta a scariche anomale e temporanee di alcuni gruppi neuronali) oppure se la crisi può essere il preludio di una vera forma di epilessia. La diagnosi di epilessia si svolge soprattutto interpretando i tracciati elettroencefalografici (EEG) e rapportandoli con le nozioni di elettrofisiologia. Nel caso in cui la crisi si sia dimostrata essere isolata, normalmente non si attua nessuna terapia; nel caso contrario in cui le crisi epilettiche si ripetano nel tempo, invece, si deve predisporre una terapia farmacologica. Grazie all' EEG è anche possibile identificare il tipo preciso di epilessia che colpisce il paziente. Approccio terapeutico: a. Inizialmente si tenta una monoterapia (si utilizza un solo farmaco) b. Nel caso in cui il farmaco si riveli inefficace o compaiano fastidiosi effetti collaterali, si tenta una monoterapia con un altro farmaco c. Se anche il secondo farmaco si rivela inefficace, si tenta una terapia di combinazione con due farmaci con azione sinergica d. Se anche la terapia di combinazione utilizzata è inefficace, allora si cambia uno dei due farmaci con un altro farmaco (si provano quindi più combinazioni di farmaci) e. Se anche questo tipo di terapia non da buoni risultati, allora si passa ad utilizzare una politerapia (utilizzo di più di 2 farmaci combinati) f. Nel caso in cui anche la politerapia sia inefficace, allora si tenterà l'utilizzo di farmaci sperimentali oppure la terapia chirurgica Nella terapia di combinazione ci si propone di usare sempre due farmaci con azione sinergica, in modo da ottenere un unico effetto comune: l'abbassamento della soglia di eccitabilità neuronale che è alla base delle crisi epilettiche. Nel caso in cui la monoterapia o la terapia di combinazione diano un controllo adeguato della sintomatologia, in genere si mantiene il trattamento per un tempo prolungato e si pongono dei termini a tale terapia: normalmente la durata della terapia è fissato in 5 anni senza alcuna crisi epilettica; dopo tale periodo la terapia viene gradualmente sospesa. Nella terapia dello spasmo generalizzato infantile o Sindrome di West possono essere utilizzati tali farmaci anticonvulsivanti (o antiepilettici) associati all‘ ACTH o a dei suoi analoghi. Cenni di storia della farmacologia dell'epilessia: 1. I primi farmaci utilizzati sono stati gli agonisti del GABA 411 2. Si è scoperto il ruolo degli a.a. eccitatori (specialmente gli NMDA) nella regolazione dei canali per il Na+ e per il K+; quindi si è iniziato a pensare di utilizzare degli antagonisti degli a.a. eccitatori 3. Si è poi visto che la serotonina (5HT) è in grado di attivare alcuni nuclei neuronali quali il nucleo del Rafe, e si è quindi pensato di utilizzare degli antagonisti della 5HT (oppure degli agonisti della 5HT nel caso in cui la 5HT abbia una azione di tipo inibitorio sull'eccitazione neuronale in altri distretti) Le crisi epilettiche si possono dividere in 2 gruppi essenziali: A. Crisi Generalizzate Ci sono ben 6 tipi di crisi generalizzate: - Assenze (Piccolo Male): sono brevi perdite della coscienza; durano da pochi a 20 secondi e possono verificarsi + volte in 1 giorno accompagnati da piccoli movimenti involontari - Crisi Miocloniche: sono improvvise scosse muscolari che interessano tutto il corpo, senza perdita di coscienza - Crisi Atoniche: comportano 1 breve perdita del controllo muscolare e provocano la caduta a terra del soggetto con pericolo di escoriazioni. Durano alcuni secondi. - Crisi Toniche: comportano 1 improvviso irrigidimento degli arti o di tutto il corpo e provocano la caduta a terra del soggetto. Durano 5-10 secondi - Crisi Cloniche: i muscoli si contraggono ripetutamente e ritmicamente con scosse e contrazioni; durano dai 30 sec ai 2 minuti e più. - Crisi Tonico-cloniche (Grande Male): comportano 1 contrazione improvvisa e generalizzata di tutti i muscoli con caduta a terra del soggetto; la contrazione dei muscoli del petto fa espellere violentemente l‘ aria con 1 urlo involontario e il respiro si blocca provocando cianosi del volto; successivamente i muscoli si contraggono ripetutamente e il soggeto può rimanere in tale stato da 1 a 3 minuti. Confusione, prostazione, irritabilità, dolori muscolari, mal di testa sono i sintomi + comuni dopo 1 crisi. B. Crisi Parziali (focali) Scaturiscono da 1 parte del cervello con alterazioni dello stato di coscienza, dei movimenti e della sensibilità; si dividono in: - Crisi Parziali Semplici: interessano 1 ristretta area cerebrale e il soggetto rimane cosciente e può decrivere ciò che gli sta accadendo: si verificano allucinazioni sensoriali e visive con iperattività cerebrale. A seconda dell‘area del cervello interessata si hanno varie percezioni sensoriali differenti. - Crisi Parziali Complesse: alterano lo stato di coscienza, xchè il disordine nell‘attività elettrica si è propagato sufficientemente in tutto il cervello; così il paziente appare in 1 stato di ―trance‖ o di confusione. La crisi dura pochi minuti. Farmaci: 412 I principali meccanismi d‘ azione dei farmaci antiepilettici riguardano: 1) I Canali ionici voltaggio-dipendenti. I canali del Na+ volt-dip entrano in 1 stato inattivo successivamente ad ogni potenziale d‘azione. Il prolungamento di questo stato inattivo – con concomitante prolungamento del periodo refrattario e soppressione della scarica rapida in neuroni isolati – si pensa sia il principale meccanismo d‘ azione di Fenitoina, Carbamazepina e Lamotrigina (e similari nella classe) e ciò può contribuire agli effetti di Fenobarbital, Valproato e Topiramato. 2) I Canali ionici del Ca+2. E‘ stato trovato pure che 1 bassa corrente di soglia del Ca+2 (canali di tipo T) influenza le risposte oscillatorie nei neuroni talamici. La riduzione di tale corrente mediante Etosuccimide o Dimetadione si pensa possa spiegare l‘ effetto di questi composti nelle assenze. 3) Potenziamento dell‘azione inibitoria del GABA. Può essere prodotto in vari modi: - coinvolgendo sia l‘ azione diretta sul complesso recettoriale GABA-canale del Cloro (come BZP, Barbiturici, Topiramato) - oppure agendo bloccandone la degradazione: sul Re-uptake (Tiagabina) o sul metabolismo (Vigabatrim) 4) Riduzione della neurotrasmissione eccitatoria Glutamma-ergica. Il blocco dei recettori AMPA è il meccanismo principale della Fenciclidina e probabilmente contribuisce agli effetti del Fenobarbital e del Topiramato; il blocco dei recettori NMDA agli effetti della REMACEMIDE, farmaco in fase di studio. 1. BARBITURICI (vedi cap 11 - IPNOTICI-SEDATIVI) Modulatori allosterici del canale del Cl- aperto dal GABA: si usano per crisi generalizzate tonicocloniche e crisi parziali. Danno dipendenza e assuefazione. - FENOBARBITAL usato dal 1912 È efficace sulla durata e sull‘intensità delle crisi, ma meno sulla soglia della crisi e, come la fenitoina, è inefficace nelle crisi d‘assenza. La sua eliminazione renale aumenta con l‘alcalinizzazione delle urine. È un induttore degli enzimi epatici, quindi abbassa le concentrazioni di warfarin, contraccettivi orali, TCA e steroidi. Alle dosi necessarie per avere azione contro le crisi si ha sedazione. Può causare anemia megaloblastica ed osteomalacia. L‘intossicazione può determinare coma ed arresto respiratorio come gli altri barbiturici. - MEFOBARBITAL 2. PROFARMACI BARBITURICI (DESOXI-BARBITURICI) Hanno lo stesso meccanismo d‘azione dei Barbiturici, ma con 1 emivita + elevata: anch‘essi si usano per crisi generalizzate tonicocloniche e crisi parziali. - PRIMIDONE - BARBEXACLONE 3. DERIVATI IDANTOINICI 413 Bloccano i canali del Na+ della cellula neuronale, prevenendo e attenuando le depolarizzazioni continue dei fenomeni convulsivo-mioclonici: si usano per crisi generalizzate tonicocloniche e crisi parziali. - FENITOINA sintetizzata nel 1908, fu introdotta nel 1938, fu il primo antiepiettico non sedativo È un composto idantoinico, strutturalmente simile ai barbiturici.È molto utile sia nelle crisi parziali sia in quelle generalizzate, ma può peggiorare le assenze.Presenta un buon assorbimento dopo somministrazione orale, e l‘80-90% del farmaco che si trova nel sangue è legato all‘albumina.Poiché i salicilati, il fenilbutazone ed il valproato inibiscono competitivamente questo legame, provocano un aumento della fenitoina libera e della sua clearance epatica.Da questo dipende in parte l‘imprevedibilità farmacocinetica della fenitoina.E‘ metabolizzata dal fegato ed escreta come glucuronato.È un potente induttore enzimatico ed aumenta il metabolismo di molti farmaci, come gli anticoagulanti orali.Se associata al fenobarbital si ha prima un aumento e poi una diminuzione dell‘azione della fenitoina.Anche l‘etanolo presenta un‘azione simile.Questo farmaco risente dell‘effetto di saturazione, e questo determina che l‘emivita plasmatico aumenti all‘aumentare della dose, e che la concentrazione plasmatica media allo stato stazionario, raggiunta quando il paziente è trattato con una dose giornaliera costante, vari in maniera non proporzionale alla dose.L‘intervallo terapeutico è molto limitato: fra le 40 e le 100 mmol/L.Concentrazioni plasmatiche superiori alle mmol/L determinano la comparsa di effetti collaterali: vertigine, atassia, cefalea e nistagmo.A concentrazioni superiori alle 150 mmol/L si hanno effetti più gravi, come marcata confusione e deterioramento intellettuale.Questi effetti si manifestano in modo acuto e sono reversibili.Può apparire anche iperplasia gengivale.Si può avere anche una anemia megaloblastica dovuta ad un disturbo del metabolismo dell‘acido folico.Epatite anche grave e ingrossamento dei linfonodi sono rari.L‘uso della fenitoina può essere responsabile di malformazioni fetali, soprattutto palatoschisi, in figli di madri epilettiche. - MEFENITOINA è metabolizzata a 5,5-etil-fenil-idantoina (Nirvanol) che è responsabile dell‘attività antiepilettica. - FENACEMIDE è 1 analogo a catena lineare, ma tossica - ETOTOINA 4. OXAZOLIN- DIONICI (introdotti prima del 1960) Blocco dei canali del Ca++ e del Na+: sono usati per le assenze - TRIMETADIONE - DIMETADIONE (meabolita attivo del Trimetadione) - PARAMETADIONE - ETADIONE 5. SUCCINIMMIDICI E GLUTAIMMIDICI(introdotti nel 1960) Blocco dei canali del Ca++ e del Na+: sono usati per le assenze; Meccanismi secondari \ dose dipendenti: inibiscono pure la pompa Na+\K+ ATPasi, riducono la 414 velocità del metabolismo cerebrale, inibiscono pure parzialmente la GABA Transaminasi. - ETOSUCCIMIDE - FENSUCCIMIDE - MESUCCIMIDE 6. DERIVATI DELL‘ IMINOSTILBENE (o della CARBOSSAMIDE) Bloccano i canali del Na+ voltaggio dipendenti: si usano per crisi generalizzate tonicocloniche e crisi parziali. - CARBAMAZEPINA Sia clinicamente che farmacologicamente ha una azione simile a quella della fenitoina (è il gruppo carbammico in pos.5 che gli conferisce l‘ attività antiepilettica). È particolarmente efficace nel trattamento delle crisi complesse parziali. Viene utilizzata anche x trattare disturbi bipolari del tono dell‘ umore, la nevralgia del trigemino, le nevralgie del glosso faringeo. Può provocare sonnolenza, atassia e vertigini; questi effetti possono essere minimizzati dalla somministrazione di dosi a lento rilascio, che evitano il raggiungimento del picco plasmatico dopo la somministrazione di ogni singola dose. Essendo un forte induttore accelera il metabolismo di molti farmaci, come il warfarin, i contraccettivi orali e i corticosteroidi. È preferibile non utilizzarla in associazione con altri farmaci antiepilettici. - OXA-CARBAMAZEPINA 7. BENZODIAZEPINE (a lunga durata d‘ azione) Potenziano l‘ attivita‘ del GABA sulle sinapsi: si usano x le crisi parziali , assenze e convulsioni miocloniche. - DIAZEPAM - LORAZEPAM - NITRAZEPAM - CLONAZEPAM - CLOBAZAM (t 1\2 18 h) - CLORAZEPATO DI K+ 8. INIBITORI DELLA GABA-TRANSAMINASI( GABA T) Inibiscono l‘enzima che è deputato alla degradazione del GABA, che potrà iperpolarizzare la cellula neuronale (con l‘ ingresso dall‘esterno di ioni Cl-) per 1 tempo maggiore. Si usano x le crisi parziali e generalizzate secondarie. - VIGABATRIM (o gamma-VINIL-GABA) blocca irreversibilmente l‘enzima - ACIDO VALPROICO o ACIDO N-DIPROPIL-ACETICO (introdotto nel 1969) blocca reversibilmente l‘enzima; blocca anche i canali del Na+ e del Ca+2 : è usato x le crisi generalizzate tonicocloniche, crisi parziali e assenze È molto indicato nelle epilessie infantile, grazie alla sua bassa tossicità ed alla mancanza d i attività sedativa. Causa un aumento significativo del contenuto di GABA nel cervello, ed una diminuzione dell‘aspartato; il turnover del GABA risulta diminuito. Il farmaco è relativamente privo di effetto collaterale: causa 415 assottigliamento ed arricciamento dei capelli nel 10% dei pazienti. L‘epatotossicità è l‘effetto collaterale più grave, benché rara. Provoca una aumento dell‘incidenza della spina bifida. - VALPROATO MAGNESIACO (come l‘ acido valproico) - VALPROMIDE - PROGABIDE 9. INIBITORI DEL RE-UPTAKE DEL GABA - TIAGABINA usato x le crisi parziali complesse 10. ANTAGONISTI DEL GLUTAMMATO - FENCICLIDINA blocca i recettori NMDA del glutammato - REMACEMIDE blocca i recettori NMDA del glutammato 11. VARI - FELBAMATO emivita di 20 h, è 1 ansiolitico. Pare interagisca, antagonizzandolo, col sito della Glicina a livello del complesso recettoriale NMDA e col recettore AMPA\Kainato, poco probabile è l‘interazione col recettore GABAa - BROMURO DI POTASSIO primo farmaco antiepilettico introdotto da Locock nel 1857 in dosi di 3-6 g\die - TOPIRAMATO (riduce la frequenza alla quale si hanno i potenziali d‘azione grazie al blocco dei canali voltaggio sensibili del Na+; inoltre antagonizza debolmente l‘ attivita‘ eccitatoria del glutammato nel sottotipo Kainato\AMPA dei recettori del glutammato; è anche 1 agonista gabaergico ) usato x le crisi parziali. E‘ pure utilizzato per la prevenzione dell‘ emicrania cronica in quanto si è dimostrato efficace nel ridurre la frequenza e la durata degli episodi di emicrania. - LAMOTRIGINA (emivita di 14-50 h) blocca i canali del Na+ e inibisce il rilascio di neurotrasmettitori eccitatori (glutammato) e di GABA - BUSSAMINA è 1 derivato del GABA che mima le azioni di quest‘ultimo nel SNC (agonista pieno) usato x l‘ epilessia idiopatica e sintomatica e per le forme convulse dei bambini - GABAPENTINA (aumenta le [ ] cerebrali di GABA) usato x le crisi parziali - LEVETIRACETAM – (Keppra) Indicazioni approvate: Terapia aggiuntiva nel trattamento delle crisi parziali con o senza generalizzazione secondaria in pazienti con epilessiaProprietà farmacologiche: Levetiracetam è un derivato pirrolidinico, analogo al piracetam, dalla struttura chimica non correlata a quella degli altri antiepilettici. Il suo meccanismo d'azione non è noto (probabilmente blocca i canali del Na+) , ma diversamente dagli altri anticonvulsivanti è indipendente dal sistema di eccitazione/inibizione neuronale; il levetiracetam manifesta un effetto protettivo in alcuni modelli di epilessia complessa dell'animale nei quali altri anticonvulsivanti risultano solo parzialmente efficaci.Dopo somministrazione orale, il farmaco viene assorbito in modo rapido e pressoché completo (>95%). I livelli plasmatici massimi vengono raggiunti dopo circa 1 ora, mentre con due 416 somministrazioni al giorno le concentrazioni di steady-state si ottengono nell'arco di 2 giorni. L'assunzione dopo i pasti non altera la biodisponibilità del farmaco, ma ne riduce i livelli massimi e allunga i tempi di picco plasmatico. L'emivita, compresa tra le 6 e le 8 ore, risulta più lunga negli anziani e inferiore nei ragazzi con meno di 16 anni. Scarsamente legato alle proteine plasmatiche (<10%), il levetiracetam viene eliminato con le urine in gran parte immodificato (66%) o sotto forma di un metabolita inattivo derivato dalla idrolisi enzimatica del gruppo acetamidico della molecola.Nei pazienti con insufficienza renale si rende necessario un aggiustamento posologico.Efficacia clinica: Il levetiracetam è stato oggetto di 3 studi multicentrici (uno statunitense, due europei), controllati, randomizzati, in doppio-cieco condotti su un totale di 904 pazienti con una storia di epilessia parziale refrattaria (da un minimo di 1 ad un massimo di 2 anni), in trattamento con uno o più farmaci antiepilettici tradizionali. Il criterio principale di valutazione di efficacia adottato è stata la riduzione mediana delle crisi settimanali, mentre come misura di esito secondaria la percentuale di responders (la percentuale di pazienti con una diminuzione minima del 50% degli attacchi convulsivi). La durata degli studi è stata di 18 settimane (1° studio) e 16 settimane (gli altri due), 4 delle quali dedicate alla individualizzazione della posologia e 12 o 14 di trattamento a dose fissa.Nel primo studio, 294 pazienti sono stati randomizzati a levetiracetam 1.000mg/die, a levetiracetam 3.000mg/die o a placebo. Tra i pazienti trattati con levetiracetam si è osservata un riduzione del 26% (1.000mg/die) e del 30% (3.000mg/die) nella frequenza delle crisi rispetto al placebo. La percentuale di responders è stata rispettivamente del 37% e del 39,8% contro il 7,4% con placebo. Undici pazienti trattati con levetiracetam sono risultati completamente liberi da crisi contro nessuno assegnato al placebo.Il secondo studio ha confrontato levetiracetam alla dose di 1.000mg/die (n=106) e 2.000mg/die (n=105) con placebo (n=111). La diminuzione del numero di attacchi convulsivi rispetto al placebo è stata del 17,1% (1.000mg/die) e del 21,4% (2.000mg/die), mentre la percentuale di responders è risultata rispettivamente del 20,8% e del 35,2% contro il 6,3% osservato con placebo. Nell'ultimo studio, in cui 3.000mg/die di levetiracetam (n=180) sono stati confrontati con placebo (n=104), nei pazienti trattati col farmaco si è osservata una riduzione del 23% del numero delle crisi rispetto al placebo, mentre la percentuale di responders è stata del 39,4% contro il 14,4% con placebo. Effetti indesiderati: Negli studi clinici, la percentuale di pazienti costretti a sospendere il trattamento per la comparsa di reazioni avverse è stata del 15% nel gruppo trattato con levetiracetam e dell'11,6% nel gruppo trattato con placebo. Gli effetti indesiderati più frequentemente riportati sono stati sonnolenza (14,8%), astenia (14,7%), giramenti di testa (8,8%), atassia e incoordinazione motoria (3,4%), sintomi psichiatrici tipo depressione, agitazione, ansia, ostilità, labilità emotiva, apatia, depersonalizzazione. Nel corso degli studi si sono verificate modeste riduzioni nei valori di emoglobina, ematocrito e della conta leucocitaria ed eritrocitaria che non hanno comportato l'interruzione del trattamento. Avvertenze: Non si conosce l'innocuità del farmaco in corso di gravidanza. In studi su animali (ratti femmine), il trattamento con 417 - - levetiracetam si è associato con una aumentata incidenza di anormalità scheletriche minori e ritardato accrescimento fetale a dosi di 350mg/kg/die (equivalenti alla dose massima raccomandata nell'uomo di 3g/die).Non esistono informazioni sull'uso del farmaco negli adolescenti di età inferiore ai 16 anni. Interazioni: Grazie soprattutto all'assenza di metabolizzazione epatica, oltre al basso legame proteico, il levetiracetam non interagisce con altri antiepilettici come fenitoina, carbamazepina, fenobarbitale, acido valproico, lamotrigina, gabapentina e primidone. Il levetiracetam non influenza neppure la farmacocinetica dei contraccettivi orali (etinilestradiolo+levonorgestrel), della digossina e del warfarin (tempi di protrombina immutati). Dosaggio e modalità di somministrazione: La dose iniziale raccomandata dalla ditta produttrice è di 500 mg due volte al giorno. Sulla base della risposta clinica e della tollerabilità, la dose può essere aumentata di 1.000 mg al giorno ogni 2-4 settimane, sino ad un massimo di 1.500 mg 2 volte al giorno. Il farmaco può essere assunto indipendentemente dai pasti. In caso di insufficienza renale è necessario modificare il dosaggio: nei pazienti con clearance della creatinina di 50-80ml/min il range posologico è di 500-1.000mg ogni 12 ore, in quelli con clearance della creatinina di 30-50ml/min è di 250-750mg ogni 12 ore, in quelli con clearance della creatinina <30ml/min di 250-500mg ogni 12 ore. ZONISAMIDE derivato sulfamidico efficace nelle forme di epilessia parziale e in quelle generalizzate tonico-cloniche ACETAZOLAMIDE diuretico inibitore dell‘ Anidrasi Carbonica. E‘ 1 coadiuvante x la terapia dello stato epilettico del piccolo male: il suo meccanismo d‘ azione come anticonvulsivante si pensa sia dovuto, o all‘accumulo della CO2 nel cervello (dona 1 stato di ipossia), oppure alla diminuzione degli ioni bicarbonato nelle sinapsi GABA-ergiche ( gli ioni bicarbonato hanno 1 azione depolarizzante-eccitante fuoriuscendo dai neuroni attraverso il complesso recettoriale del GABA). SULTIAME come l‘acetazolamide è 1 diuretico inibitore dell‘ Anidrasi Carbonica. E‘ 1 coadiuvante x la terapia dello stato epilettico del piccolo male. CLOMETIAZOLO x via e.v. lenta: x trattare le convulsioni LIDOCAINA blocca i canali del Na+: x trattare le convulsioni PARALDEIDE x via e.v. lenta: x trattare le convulsioni 13 ANESTETICI GENERALI Gli anestetici generali determinano la massima depressione dell‘ eccitabilità neuronale e vengono utilizzati per indurre narcosi. Questi farmaci vengono utilizzati dall‘anestesista . L‘anestesia chirurgica è in pratica un coma che viene suddiviso in fasi tenendo conto delle funzioni che si perdono. Si deve raggiungere il terzo stadio; nel quarto stadio la differenza tra la dose per la narcosi e la dose letale è minima. Nei pazienti intubati il margine per la maneggevelozza dei farmaci è molto ristretto. Viene somministrata una dose pre-anestetica per indurre il sonno e diminuire l‘ansia per permettere di espletare le pratiche necessarie per attuare l‘anestesia generale. 418 I curarici agiscono sui recettori nicotinici postgiunzionali della placca neuromuscolare determinandone il blocco. I principali anestetici generali possono essere inalatori (gassosi come il protossido d‘azoto o volatili come l‘alotano)o somministrati per via endovenosa (per l‘induzione e il mantenimento dell‘anestesia). Anestetici somministrati per via endovenosa: barbiturici: ad azione breve o ultrabreve, es. tiopentale benzodiazepine: es. diazepam che agisce meno rapidamente e può essere utilizzato per produrre sedazione prima dell‘anestesia ketamina: per interventi di breve durata su organi viscerali in associazione con una benzodiazepina, determina anestesia dissociativa senza perdita di coscienza. oppioidi: fentanil, alfentanil, sulfentanil droperidolo: neurolettico etomidato: simile al tiopentale propanidide e altesin non vengono più utilizzati in quanto determinano ipotensione e brococostrizione Anestesia STADI DELL‘ ANESTESIA: Stadio I. ANALGESIA: il soggetto è cosciente, ma assopito. Le risposte agli stimoli dolorifici sono ridotte. In questo stadio il grado di anestesia è marcato con l‘etere ed il protossido d‘azoto, ma non lo è con l‘alotano. Stadio II. ECCITAZIONE: il soggetto perde conoscenza, non risponde più agli stimoli non dolorifici, ma risponde agli stimoli dolorifici per via riflessa. Il riflesso del vomito dopo stimolazione faringea e della tosse, sono presenti e spesso esagerati. La ventilazione può essere irregolare, causando interferenze nell‘assorbimento del farmaco. Questo stato è pericoloso, e con le moderne tecniche di anestesia viene eliminato. Stadio III. ANESTESIA CHIRURGICA: cessano i movimenti spontanei e la respirazione diventa regolare. Se l‘anestesia è leggera alcuni riflessi sono ancora presenti, ed i muscoli mostrano un tono apprezzabile. Quando l‘anestesia si fa profonda il tono muscolare sparisce; la respirazione diventa via via più piatta, ed i muscoli intercostali perdono la capacità di contrarsi, prima del diaframma. Stadio IV. PARALISI MIDOLLARE: la respirazione ed il controllo vasomotorio si interrompono, e la morte sopraggiunge in pochi minuti. Gli anestetici inalatori. L‘anestesia ha ricapitolando varie fasi in progressione: - perdita della coscienza - perdita della risposta alla stimolazione dolorosa - perdita del riflesso motorio - La morte può sopraggiungere per perdita del riflesso cardiovascolare. La depressione cardiovascolare può determinare lesione del miocardio e della 419 muscolatura vascolare.Gli anestetici inibiscono la conduzione del potenziale d‘azione e la trasmissione sinaptica. L‘inibizione sulla trasmissione sinaptica è dovuta a - riduzione della liberazione del trasmettitore - riduzione della risposta postsinaptica. La perdita di coscienza è determinata dall‘inibizione della sostanza reticolare. TEORIE SULL‘ANESTESIA Azione narcotica La potenza anestetica è strettamente correlata alla liposolubilità (per attraversare la barriera ematoencefalica) e non alla struttura chimica.Le due principali teorie sull‘anestesia ipotizzano un‘interazione con il doppio strato lipidico della membrana o con siti di legame idrofobici localizzati sulle proteine. Le teorie che coinvolgono il doppio strato lipidico della membrana prevedono due possibili meccanismi: - espansione del volume (il farmaco tende ad aumentare il volume dei foglietti lipidici delle membrane) - blocco della fluidità delle membrane e loro scompaginamento. La capacità di risposta dei neuroni è fortemente inibita; si ha: - ritardo del potenziale d‘azione - innalzamento della soglia di eccitabilità Gli anestetici generali quindi si ripartiscono nella fase lipidica della membrana disorganizzandola e scompaginando le strutture proteiche immerse in essa (proteine Canali). Alcuni studi provano il legame di tali farmaci col recettore canale aperto dal gaba, provocando 1 lunga iperpolarizzazione del neurone A. IDROCARBURI ALOGENATI - CLOROFORMIO e‘ epatotoxico. Se somministrato con Adrenalina provoca nefrotoxicita‘, depressione cardio circolatoria dando luogo alla sindrome ―Adrenalina-Cloroformio‖ con aritmie e fibrillazione - ALOTANO (vedi anche tossicita e fegato) È l‘agente anestetico inalatorio più usato. Non è né irritante né esplosivo. È dotato di una elevata potenza e può facilmente produrre scompenso cardiocircolatorio e respiratorio (non va quindi usato nei pazienti cardiopatici). Induzione e recupero sono relativamente rapidi. La somministrazione di dosi ripetute di alotano è associata a danno epatico. Ha un effetto rilassante sulla muscolatura uterina, non è quindi utilizzato in ostetricia. Tox: provoca ipertensione, epatite (detta ―da Alotano‖) a causa di alcuni metaboliti, è nefrotoxico perche‘ libera F- , che compete col Cl- a livello del TCD(necrosi del TCD) provocando poliurea, disidratazione, azotemia. . Inoltre l‘ F- nel sangue precipita come F2 a forma di aghi, con difetti della coagulazione. - ENFLURANO provoca anestesia profonda con possibile depressione respiratoria e circolatoria, ad alte dosi puo‘provocare bradicardia e aumento della salivazione con convulsioni. Ha azione molto più veloce del metossiflurano , si accumula meno nel grasso corporeo e presenta un metabolismo limitato che non provoca grossi danni 420 renali. Può provocare attacchi epilettici durante l‘induzione o dopo il recupero dall‘anestesia. - METOSSIFLURANO Ha una elevatissima potenza dovuta alla sua eccezionale liposolubilità. Il suo coefficiente di ripartizione sangue : gas è più elevato di quello dell‘alotano, presenta quindi un‘induzione ed un recupero più lenti. La sua elevata liposolubilità determina la sua deposizione nel grasso corporeo: questo fa sì che se viene somministrato per un lungo periodo si abbia un recupero lento. Come analgesico è più efficace dell‘alotano, e causa un minor rilasciamento uterino. Può dare danni renali anche gravi, a causa della sua metabolizzazione a fluoruro. Viene ora scarsamente utilizzato, se non per interventi molto brevi. Tox: epatotoxico (necrosi epatica) e nefrotoxico, perche‘ come l‘ alotano libera F- , che compete col Cl- a livello del TCD (necrosi del TCD) provocando poliurea, disidratazione, azotemia. Inoltre l‘ F- nel sangue precipita come F2 a forma di aghi, con difetti della coagulazione. - ISOFLURANO Ha scarsa tossicità e non presenta gli effetti convulsivanti dell‘enfluorano; non deve essere utilizzato in pazienti con problemi coronarici, in quanto aumenta l‘incidenza di attacchi ischemici coronarici. - DESFLURANO - SEVOFLURANO B. ETERI Sono infiammabili e hanno 1 tempo di induzione e di risveglio molto lenti. Provocano nausea e vomito. - ETERE ETILICO - ETERE VINILICO Ci sono poi coadiuvanti dell‘ anestesia: A. BARBITURICI (vedi capitolo 11- ipnotici ) Modulatori allosterici del canale del Cl+ aperto dal Gaba METOESITAL ESOBARBITAL TIOPENTAL (Pentotal) E‘ un barbiturico depressivo del SNC. Ha una elevata liposolubilità, responsabile della sua velocità d‘azione e della sua breve durata quando iniettato ev. E‘ insolubile, quindi viene iniettato come sale sodico. Agisce in circa 15 secondi, ed il suo effetto dura 5-10 minuti. Presenta un picco iniziale di concentrazione che declina rapidamente a causa della sua ridistribuzione nei tessuti: prima in quelli con grande vascolarizzazione e poi più lentamente nel muscolo. La captazione da parte del grasso corporeo avviene più lentamente nonostante la sua elevata liposolubilità, a causa della scarsa vascolarizzazione di questo tess uto. Dopo poche ore la concentrazione di tiopentale nell‘organismo è rappresentata dal farmaco presente a livello del grasso corporeo, in quanto il resto è stato metabolizzato. Questo 421 significa che i postumi del tiopentale sono lunghi, e che non deve essere utilizzato per anestesie lunghe, ma solo come induttore. Per il 70% si trova legato all‘albumina. Non presenta attività analgesica, e può provocare profonda depressione respiratoria anche a concentrazioni non sufficienti per eliminare la risposta agli stimoli dolorosi. Come altri barbiturici può precipitare attacchi di porfiria in soggetti sensibili. Tox: provoca tosse, laringospasmo, broncospasmo, ipotensione intracranica. Si associa alla Succinilcolina (antagonista colinergico nicotinico) che rilascia invece la laringe x blocco neuromuscolare. Provoca porfiria (aumento delle porfirine, cioè di emoglobina, mioglobina e citocromi). Provoca 1 rapida induzione dall‘ anestesia ed 1 rapido risveglio (x interventi di piccola chirurgia) B. ANESTETICI OPPIOIDI Agiscono sui nocicettori dolorifici (rec accoppiati a 1 Gi\Go) producendo 1 iperpolarizzazione, alzando la soglia del dolore e diminuendo la sua sensazione FENTANIL ALFENTANIL REMIFENTANIL SUFENTANIL FENOPERIDINA C. NEUROLEPTOANALGESIA E‘ l‘ associazione di 1 neurolettico (come il Droperidolo) + 1 analgesico (come il Fentanyl) + H2O. Il neurolettico, infatti, antagonizzando i recettori dopaminergici centrali, provoca tranquillita‘e riduzione della funzione motoria; l‘ analgesico provoca, invece, analges ia e miorilassamento. Importante è la velocita‘ di infusione : troppo lenta = delirio; troppo veloce = spasmi alla muscolatura toracica. D. ALTRI COADIUVANTI dell‘ ANESTESIA - KETAMINA: blocca i recettori ionotropici del glutammato (antagonista dei recettori NMDA), è usato x l‘ analgesia dissociativa (isolamento dall‘ambiente circostante). Somministrata per ev inizia il suo effetto in 2-5 minuti, e produce l‘anestesia dissociativa: marcata perdita dell‘attività sensoriale, analgesia, amnesia e paralisi dei movimenti, senza produrre perdita di coscienza. Durante l‘induzione ed il recupero si possono verificare movimenti involontari, e possono essere percepite particolari esperienze sensoriali. Provoca aumento della Fc e della PA, e la respirazione non è influenzata da dosi anestetiche efficaci. Può portare allucinazioni, delirio e comportamento irrazionale: questi effetti sono meno marcati nei bambini. Per questo motivo la Ketamina, associata ad una benzodiazepina viene spesso utilizzata per procedure chirurgiche minori in pediatria. Provoca sedazione, analgesia, immobilita‘. La dissociazione dura 15‘ , la perdita di coscienza 30‘. Comporta aumento della pressione, aumento del flusso ematico cerebrale e conseguenti allucinazioni. 422 - METOMIODATO agonista del rec GABAb - IDROSSIDIONE EMISUCCINATO è stato utilizzato in passato. Deriva dall‘ esterificazione dell‘ anello ciclopentano peridro fenantrenico con un solo gruppo carbossilico dell‘ acido succinico al fine di ottenere una molecola molto più solubile in acqua e quindi somministrabile a concentrazioni più elevate per via endovenosa. - ETOMIODATO agonista del rec GABAb. Esiste un margine maggiore fra la dose anestetica e quella che produce depressione respiratoria e cardiovascolare. Viene metabolizzato più rapidamente rispetto al tiopentale, riducendo quindi i postumi. Può provocare movimenti durante l‘induzione e nausea e vomito post-operatori. L‘uso prolungato può determinare soppressione del surrene, risultando alquanto pericoloso in pazienti gravemente ammalati. - DROPERIDOLO: blocca le azioni della dopamina a livello dei gangli della base e delle porzioni limbiche del parencefalo (antagonista D2) e in uso x 1 neuroleptoanalgesia - PROPOFOL - PROTOSSIDO D‘ AZOTO (NO2) spiazza l‘ O2 dalle cellule cerebrali, è 1 anestetico detto ―ultrabreve‖ perchè ha emivita breve, con 1 rapida induzione e risveglio dall‘ anestesia (è quindi privo di attivita‘ miorilassante). Serve x indurre l‘ anestesia generale. E‘ somministrato assieme al 20% di O2 per evitare l‘ ipossia cerebrale. Non è infiammabile , non è irritante ed è 1 potente analgesico È un gas inodore e inesplosivo. Ha un basso coefficiente di ripartizione sangue : gas, ed ha quindi una azione rapida. È un efficace agente analgesico a concentrazioni molto inferiori rispetto a quelle necessarie per causare incoscienza: viene utilizzato per ridurre il dolore durante il parto. Ha una potenza molto bassa: in miscele all‘80% (il massimo possibile per non ridurre il contenuto di O2) non produce anestesia chirurgica. Viene quindi spesso usato in associazione con l‘alotano. Ha effetti metabolici importanti, come la ossidazione del cobalto nella vitamina B12: questo può determinare inibizione della divisione cellulare e quindi anemia e leucopenia. Questi effetti non sono visibili con un‘unica somministrazione grazie alle riserve del midollo osseo, ma non viene solitamente utilizzato in anestesie lunghe, o in pazienti con anemie correlabili alla carenza di B12. - CURARICI (non depolarizzanti : tubocurarina, rocuronio, vecuronio ,atracurio, pancuronio\ depolarizz: succinilcolina, decametonio ) sono bloccanti della placca neuromuscolare (rec N2) 14 ANESTETICI LOCALI Gli anestetici locali sono farmaci che inducono la perdita di sensibilità termica e dolorifica in un distretto circoscritto dell‘organismo. Esistono delle caratteristiche, delle qualità che contraddistinguono gli anestetici locali e una diversa estensione dell‘anestetico locale a seconda della localizzazione e della località di somministrazione dello stesso.Ci possono essere diversi modi di ridurre o abolire la sensibilità dolorifica. A volte gli anestetici locali, se sono modificati, come la 423 BENZOCAINA, hanno un‘azione, per esempio, di contatto o di superficie e vengono applicati sulla cute o sulle mucose e in quella zona determinano abolizione della sensibilità.L‘efficacia era già nota per questa via di somministrazione, ma per piccoli interventi chirurgici. La forma più comune di somministrazione è l‘INFILTRAZIONE SOTTOCUTANEA o a livello delle mucose, in genere in prossimità di un decorso nervoso, e per questo motivo l‘anestesia è detta TRONCULARE. Talvolta si vuole anestetizzare un‘area più ampia rispetto a quella innervata dal solo tronco nervoso, in genere a conduzione mista, cioè sia della sensibilità che motoria: allora si porta l‘anestetico in vicinanza dell‘emergenza dei prolungamenti nervosi a livello del midollo spinale. In questo caso si può iniettare l‘anestetico in vicinanza della radice spinale, in questo caso l‘anestesia locale si chiama ANESTESIA RADICOLARE .Altre volte si vuole un campo più ampio, un intero distretto innervato da un plesso; può essere anestetizzato e in questo caso l‘anestesia verrà iniettata in vicinanza della confluenza delle radici che costituis cono il plesso (brachiale, lombare, sacrale). In questo caso l‘anestesia locale sarà detta ANESTESIA PLESSURALE. Si potrà raggiungere una maggiore estensione dell‘anestesia, per esempio al peritoneo e agli arti inferiori: in questo caso l‘anestetico deve essere iniettato in vicinanza di tutte le emergenze del midollo spinale a livello sacrale e in questo caso è iniettato nella superficie esterna, o meglio ancora tra la dura madre e l‘aracnoide del midollo spinale.In realtà questa anestesia che dovrebbe essere all‘esterno della dura madre, si chiama EPIDURALE. L‘ultima anestesia che determina l‘anestesia di un distretto molto esteso, dal bacino agli arti inferiori, è la SPINALE. L‘anestetico viene iniettato direttamente nel liquido cefalo-rachidiano. Esiste un livello ben preciso sopra il quale non si può iniettare l‘anestetico locale: questo punto è individuato sopra la 12° vertebra toracica; il passaggio tra le vertebre toraciche e le lombari lo si rintraccia col paziente in posizione assisa, perché se il paziente viene posto in posizione supina, per la legge dei vasi comunicanti l‘anestesia si ridistribuisce nel liquido cefalo-rachidiano, e può risalire fino alle giunture del tronco encefalico, quindi in quelle bulbo-spinali e bulbari che controllano il centro cardiovascolare e il centro respiratorio, determinando una inibizione della regolazione di questi centri. Pur se questo è molto raro, è un incidente che può avvenire, a volte per sbadataggine, perché l‘infermiere o il tecnico in sala operatoria non sa a che tipo di anestesia è stato sottoposto il paziente che è in attesa di subire un intervento chirurgico. Il primo anestetico è la PROCAINA (1905): il nome commerciale è la MONOCAINA. Questi anestetici, come la procaina e la metacaina sono caratterizzati da 1 legame estereo; questi sono degli esteri dell‘acido para-amino-benzoico(PABA). Intorno agli anni ‘40 venne identificata un‘altra categoria di anestetici locali, che sono caratterizzati da un altro tipo di legame tra un carbonio e un azoto: il legame amidico.Gli anestetici locali si distinguono in ESTERI e in AMIDI. In realtà, per quel che riguarda l‘efficacia non esistono grandi distinzioni tra esteri ed amidi. Le amidi dimostrano di essere più efficaci, di avere una potenza anestetica superiore a quella 424 degli esteri e di dare minori effetti collaterali, in particolare di dare una minore tossicità. Sono state individuate 3000 sostanze con una discreta potenza anestetica locale; di questi ve ne sono meno di una trentina in commercio a causa dell‘INDICE TERAPEUTICO che mette in rapporto la tossicità tra i farmaci considerando la dose e la tossicità. Se un farmaco per esempio ha una efficacia 100 volte rispetto alla procaina , ma ha tossicità 400 volte superiore alla stessa, il rapporto è svantaggioso: è vero che si ottengono risultati con dosi più piccole, ma spesso si hanno più facilmente effetti tossici e quindi il farmaco non è vantaggioso. Quindi si sono selezionati i farmaci che hanno un indice terapeutico più favorevole, che innanzitutto garantiscono in modo assoluto la totale reversibilità della loro azione. Tra gli anestetici di natura amidica, ricordiamo la lidocaina, la mepivacaina (che è il farmaco più diffuso e più utilizzato) e la prilocaina. Questi anestetici hanno piccole differenze per quel che riguarda la rapidità di azione, per la velocità di assorbimento e di intervento sulle fibre del sistema nervoso vegetativo che controllano il tono vasale da cui dipende l‘assorbimento. La cosa più auspicata dalle aziende che producono gli anestetici locali è che questo si mantenga per più tempo nel punto di inoculazione senza produrre nessun effetto collaterale a livello locale e sistemico, e che determini una blanda azione costrittrice perché l‘anestesia rimanga nel punto di inoculazione. In realtà non esiste nessuna anestesia con questa proprietà, perché determinando la paralisi dei terminali e del vegetativo, al massimo lasciano il tono vasale per quello che è, cioè senza azione di tipo vasodilatante o vasocostrittrice. Tra le due sicuramente un‘azione deve prevalere, ed è quella vasodilatante. Se ho un‘anestetico locale come la mepivacaina, che ha un‘azione vasocostrittrice, non la posso utilizzare senza vasocostrittore, perché la mepivacaina interessa meno il tono vasale e quindi non va inalataperchè viene assorbita più lentamente rispetto ad altri anestetici locali.La mepivacaina può mantenere la sua azione in sede locale più prolungata; ma la sua azione vasocostrittrice non è stata documentata .Gli anestetici locali sono forniti di due tipi di forme farmaceutiche: - SINGOLA: fornita di colori suggestivi e facilmente distinguibili - CON VASOCOSTRITTORI. I vasocostrittori che si utilizzano in associazione con gli anestetici locali sono le AMINE SIMPATICOMIMETICHE FISIOLOGICHE: noradrenalina e adrenalina. Si trovano anestetici senza o con vasocostrittori in diluizioni molto elevate, da 1:50000 a 1:100000 di noradrenalina. Sono distinte quelle senza vasocostrittore (azzurrino) da quelle con vasocostrittore (rosa), in modo che sia facilmente riconoscibile.Usiamo amine simpaticomimetiche naturali perché la potenziale esposizione ad un determinato anestetico locale è estremamente elevata nella popolazione e pur essendo farmaci estremamente stabili con un bassissimo potere immunogenico, hanno dimostrato di dare dei fenomeni di tipo idiosincrasico, cioè un‘intolleranza su base genetica che ci da imprevedibilità nell‘azione del farmaco. L‘idiosincrasia è l‘intolleranza su base genetica ed è imprevedibile, cioè non si può 425 sapere se il paziente è privo di determinati sistemi enzimatici, fino a quando non vi è l‘esposizione a quella determinata sostanza. Tutto ciò è rarissimo, ma un elemento da tenere in considerazione. Come posso sapere se il paziente ha avuto una idiosincrasia per l‘anestetico locale oppure per il vasocostrittore? Usando l‘amina simpaticomimetica naturale l‘idiosincrasia è impossibile : È qualcosa di endogeno, non si può essere idiosincrasici ad essa. Ecco perché la scelta della amina simpaticomimetica naturale: perché avremo 1 vasocostrittore farmacologicamente molto più efficace e che funziona a dosi enormemente inferiori. Uno dei rischi del MAL PRACTICE dell‘associazione dell‘anestetico locale e del vasocostrittore è quello di avere un eccesso di vasocostrittore inoculato nella sede locale; ciò determina un così intenso vasospasmo delle arteriole e dei capillari nell‘area , tale da determinare un‘ischemia che può evolvere in senso ipossico e quindi necrotico, inducendo in determinate strutture (ad esempio le mucose del cavo orale) lesioni necrotiche (più frequenti di quanto non si creda). MECCANISMO D‘ AZIONE Normalmente la conduzione nervosa avviene nei nervi (insieme di + assoni) sottoforma di potenziale d‘ azione composto, che è 1 rapidissima modificazione del potenziale di membrana(depolarizzazione) di ogni assone, che dura meno di 1 millisec. La depolarizzazione è dovuta ad un rapido influsso di ioni Na+ nell‘ assone nervoso attraverso proteine-canali di membrana permeabili al Na+ lungo il gradiente chimico ([Na+] ext. = 150mM ; [Na+]int 7mM) e nella forma aperta-attivata. Gli anestetici locali agiscono proprio bloccando a livello periferico la conduzione nervosa, tramite il blocco reversibile dei canali del Na+ sull‘ assone in 2 possibili modi: 1) Blocco direttamente dall‘ esterno (quando il canale è aperto). Agiscono così le sostanze non anfifile. 2) Blocco dall‘interno: entrano nella cellula in forma zwitterionica e successivamente protonandosi, vanno a bloccare il canale del Na+ dall‘ interno, quando il canale sara‘ nello stato inattivabile. La maggior parte degli anestetici locali preferisce tale via, essendo in forma anfifila Gli anestetici agiscono selettivamente a livello dei nodi di Ranvier dove sono stati identificati con maggiore densità i canali per il Na+. Intorno ai primi anni ‘90 sono stati isolati, purificati e solubilizzati i canali per il Na; inoltre si è identificata la struttura e infine sono stati clonati. A questo punto si è potuto studiare dove avveniva l‘interazione tra l‘anestetico locale e le strutture proteiche del canale del Na e se si trattasse di un vero e proprio sito recettoriale oppure semplicemente un sito di legame. Le caratteristiche dei recettori sono: selettività saturabilità reversibilità Si è visto che gli anestetici locali hanno un legame con un sito che è caratterizzato da: 426 selettività non saturabilità irreversibilità Gli anestetici locali identificano un particolare sito di legame in una zona caratteristica del canale del Na+: nel 6° dominio transmembrana della 4° subunità di tipo A.Proprio questo pezzo di proteina va a legarsi all‘anestetico locale perché proprio in tale zona quella proteina (nel passaggio di membrana) ha un andamento detto ―spiroide‖ ed espone degli aa come la fenilalanina e la tirosina e più in alto, quasi a orientare l‘anestetico locale, la isoleucina. L‘anestetico locale penetra nel canale, si orienta con la sua estremità lipofila e si lega a questi aa che sono esposti sulla proteina. Determinandosi questo legame si instaurano due tipi di azione: a. di tipo CONFORMAZIONALE del canale b. di tipo IONICO. a. In quello conformazionale la proteina si accorcia, si spiralizza ancora di più. Quindi c‘è una maggior difficoltà al passaggio degli ioni su una base di tipo meccanico, ma questo non è ancora sufficiente .Abbiamo detto che questo rapporto è caratteristico dei pH che si trovano nella membrana cellulare e nel canale ed hanno: una breve catena laterale semirigida un N che può essere polarizzabile. Questo N si carica positivamente e quindi respinge in ingresso gli ioni omologhi, cioè gli ioni carichi positivamente: gli ioni Na. b. Esiste un ostacolo all‘ingresso del Na che ha un duplice meccanismo: ionico e meccanico. Se questo anestetico pur non avendo un‘attività così elevata come quella per i canali del Na ,ma riesce a penetrare nei canali anche del K, questo svolge la medesima azione. L‘azione meccanica è minore per l‘interazione con la proteina che costituisce il canale del K ,è simile ma non è così precisa come quella del canale del Na e nello stesso tempo, l‘azoto polare respinge, in questo caso, in uscita, gli ioni K Ecco quindi il blocco della formazione e della conduzione dell‘impulso nervoso. Gli esteri e le amidi sono farmaci molto sicuri, introducono effetti secondari tossici a meno che non si commettano degli errore. L‘anestetico deve tenere conto del TIPO DI STRUTTURA: ad esempio, la mucosa orale è riccamente vascolarizzata, anche la lingua e la glottide ha una grossissima vascolarizzazione, e quindi erroneamente si può andare in vena. A questo punto, le alte concentrazioni di anestetico locale vanno in circolo: per molto tempo si è temuto l‘azione simpaticomimetica per esempio a livello cardiovascolare e a livello del tono vasale, perché se queste amine simpaticomimetiche vengono assorbite troppo velocemente possono causare effetti collaterali, tachicardia o fibrillazione. Esistono due anestetici che attraverso questo meccanismo d‘azione possono svolgere un‘azione di tipo secondario e nel frattempo possono essere sfruttati terapeuticamente 427 e sono la LIDOCAINA e la PROCAINAMIDE, cioè l‘amide della procaina. Questi vengono utilizzati in terapia con dosi elevate e per somministrazione endovenosa come farmaci antiaritmici. Il meccanismo d‘azione è analogo e lo svolgono su strutture molto simili ai neuroni e che si trovano a livello cardiaco, cioè le cellule del Purkinje ( a livello della struttura del nodo seno-atriale sistema di formazione del PACEMAKER sistema di conduzione atrio ventrico-lare). ERRORI DI SOMMINISTRAZIONE Cosa avviene se queste sostanze vengono somministrate ad una persona che ha dei disturbi del ritmo oppure che prende altri farmaci antiaritmici? Una sommazione degli effetti, cioè l‘azione di tipo batmotropo e cronotropo negativo e quindi la possibilità di determinare delle aritmie gravi, in genere delle bradiaritmie che possono arrivare all‘arresto cardiaco. L‘errore più grave è la somministrazione per via arteriosa dell‘anestetico locale.(Si dovrebbe vedere anche senza aspirazione l‘afflusso del sangue nell‘interno della siringa!!). Questo è l‘incidente più frequente. Gli anestetici locali derivano dalla cocaina. Molte delle azioni della cocaina si riscontrano anche a livello degli anestetici locali e con un meccanismo non del tutto chiarito. Si determinano due fasi: a. Estrema eccitazione neuronale che può arrivare a produrre manifestazioni di tipo convulsivo. Questa fase, che non è sempre presente, è di breve durata: da alcuni secondi ad uno o due minuti. b. È gravissima ed inizia con la depressione e inibizione. La maggior parte dei neuroni sono depolarizzati e non sono più in grado di ripolarizzarsi. Si hanno depressioni a livello delle giunzioni neuronali che determinano un‘inibizione, cioè uno shock neurogeno, che arriva alla sua conclusione estrema con la depressione del centro cardiovascolare e del centro respiratorio fino al collasso e alla morte. È estremamente difficile invertire questa fase perché è detta fase di esaurimento, perché i neuroni non possono più ricaricarsi. Tox: avviene se gli anestetici locali vanno in circolo. Per evitare ciò si somministrano insieme all‘ anestetico locale dei vasocostrit-tori come l‘adrenalina (se diabetico la noradrenalina, che non ha l‘effetto beta 2 agonista che provoca iperglicemia). - al SNC abbiamo euforia, vuoto mentale, disturbi visivi, irrequiatezza, convulsioni; - al CUORE abbiamo blocco dei canali del Na+ con aritmie, depressione della forza di contrazione cardiaca, dilatazione arteriolare I principali effetti indesiderati si manifestano a carico del SNC: si ha una stimolazione che produce tremore il quale può evolvere fino alle convulsioni; ulteriori aumenti della dose producono depressione del SNC: in questa fase la depressione respiratoria determina il maggior rischio di morte. La cocaina è l‘anestetico locale che maggiormente determina effetti sul SNC. Anche la procaina determina marcati effetti centrali, ed è stata sostituita in clinica da lidocaina e prilocaina. Producono anche effetti a livello cardiovascolare che sono la riduzione della contrattilità miocardica dovuta al blocco dei canali del Na+ che determina una diminuzione della [Na+]i e quindi della [Ca++]i. Determinano inoltre vasodilatazione soprattutto a carico delle arteriole: questo effetto sommato alla diminuzione della 428 contrattilità del miocardio determina riduzione della PA. A livello locale si possono osservare dermatiti allergiche, e a livello sistemico reazioni anafilattiche acute. - COCAINA fu scoperta occasionalmente dal giovane medico Sigmund Freud, che chiese la collaborazione del collega Carl Koller in esplorazioni personali degli effetti della Cocaina nell‘ambito di un tentativo non riuscito di curare un morfinomane. Koller però scoprì l‘azione di anestetico locale e l‘utilizzò x interventi di chirurgia sugli occhi. Solo successivamente se ne valutò l‘effetto stimolante (ha come effetto centrale quello di bloccare il reuptake delle amine biogene, cioè indifferenziatamente di noradrenalina,dopamina e serotonina- Cfr negli Stimolanti). La cocaina ha anche 1 effetto vasocostrittore ed è usata x fermare il sanguinamento da lesioni delle mucose orofaringee. - BENZOCAINA - PROCAINA 30 min (ritarda l‘ azione della Penicillina G) - TETRACAINA 180 min - DIBUCAINA 75 min - PROPOSSICAINA - CLORPROCAINA - PROCAINAMMIDE - LIDOCAINA 60 min - PRILOCAINA 60 min - MEPIVACAINA 90 min - BUPIVACAINA 180 min - ARTICAINA 60 min - ROPIVACAINA 400 min - LEVOBUPIVACAINA - (Chirocaine) Indicazioni approvate: Anestesia chirurgica maggiore (anestesia epidurale, spinale, blocco della conduzione nervosa periferica) e minore (infiltrazione locale, blocco peribulbare). Trattamento del dolore postoperatorio o analgesia del parto.Analgesia pediatrica (blocco del nervo ileoinguinale/ileoipogastrico).La levobupivacaina è l'isomero levogiro della bupivacaina racemica (Marcaina), proposto in sostituzione della bupivacaina stessa in virtù di un migliore profilo di sicurezza sul sistema cardiovascolare. Al pari degli altri anestetici locali, la levobupivacaina blocca la conduzione nervosa nei nervi sensitivi e motori, interagendo con i canali del sodio presenti sulla membrana cellulare, sensibili agli stimoli elettrici, ma blocca anche i canali del potassio e del calcio. L'effetto compare entro 15 minuti e ha una durata dose-dipendente. In studi condotti in anestesia chirurgica, la levobupivacaina ha prodotto un blocco sensitivo della durata massima di 9 ore dopo somministrazione epidurale (dose massima di 202,5 mg), della durata di 6,5 ore (15 mg per via intratecale) e della durata di 17 ore dopo blocco del plesso brachiale (2 mg/kg). Vari studi randomizzati, in doppio cieco, hanno dimostrato che alle stesse concentrazioni, il tempo di comparsa dell'effetto anestetico, la qualità e la durata del blocco sensorio e motorio della levobupiva-caina sono molto simili a quelli della bupivacaina. La sovrapponibilità clinica dei due anestetici è stata 429 documentata sia per somministrazione epidurale nella chirurgia addominale, nella chirurgia vascolare elettiva degli arti inferiori e nel parto cesareo, sia per somministrazione spinale in interventi di artroprotesi d'anca. Nel trattamento del dolore, l'analgesia ottenuta con levobupivacaina per via epidurale e intratecale è stata analoga, per inizio e durata, a quella prodotta dalla bupivacaina. Negli studi clinici, il profilo di tollerabilità dei due anestetici è stato, anch'esso, molto simile. Gli effetti indesiderati più frequenti della levobupivacaina sono stati nausea (21%), dolore postoperatorio (18%), febbre (17%), vomito (14%) e anemia (12%). Non sono emerse differenze con la bupivacaina nella incidenza di ipotensione (12-32% vs.7-32%) e nella comparsa di variazioni clinicamente significative dell'ECG. I temuti, quanto rari, effetti indesiderati a carico dell'apparato cardiovascolare della bupivacaina, come ipotensione e modificazioni dell'ECG indicativi di blocco cardiaco, bradicardia o aritmie ventricolari, generalmente preceduti da sintomi prodromici a carico del SNC (convulsioni), sono legati ad una depressione del sistema di conduzione e ad una diminuita eccitabilità e contrattilità miocardica. Possono verificarsi in seguito a sovradosaggio o a iniezione intravascolare accidentale soprattutto in condizioni nelle quali si debbano utilizzare dosi elevate per via epidurale (es. parto cesareo). L'incidenza di eventi cardiaci gravi con bupivacaina, di per sé già bassa, è stata ulteriormente ridotta grazie al miglioramento delle tecniche anestesiologiche (frazionamento della dose, uso di dose-test, accurata aspirazione prima e durante la somministrazione per evitare l'iniezione intravascolare). I due casi di somministrazione intravascolare accidentale con bupivacaina verificatisi negli studi comparativi con levobupivacaina si sono risolti in poco tempo senza alcuna conseguenza. Il minore potenziale aritmogeno della levobupivacaina rispetto alla bupivacaina è stato dimostrato solo in vitro, in studi su animali (necessità di dosi più alte per indurre aritmie) e in volontari sani (minore prolungamento dell'intervallo QT ad alte dosi). Mancano però a tutt'oggi dati clinici che confermino la maggiore sicurezza cardiovascolare della levobupivacaina, così come non esistono dati comparativi sul grado di reversibilità delle aritmie o dell'arresto cardiaco indotti dai due anestetici. La stessa controindicazione all'utilizzo della soluzione più concentrata di levobupivacaina (7,5 mg/ml) in ostetricia per il maggior rischio di cardiotossicità ricalca le precauzioni già valide per la bupivacaina. Non sono disponibili studi di confronto con la ropivacaina (Naropina) che "vanta" caratteristiche farmacodinamicocliniche analoghe. Il tentativo di sostituzione accelerata della bupivacaina appare dettato più da interessi commerciali che da reali esigenze cliniche. La levobupivacaina ha un costo mediamente superiore del 25% a quello delle bupivacaina. Classificazione chimica 1. AMMINOESTERI Danno maggiore probabilita‘ di reazioni allergiche in quanto sono metabolizzati a derivati del PABA (acido para amminobenzoico), responsabili delle possibili reazioni allergiche 430 - ESILCAINA BUTACAINA CLOROPROCAINA PROPOSSIPROCAINA PROPARACAINA MEPRILCAINA BENOXINATO BUTAMBEN 2. - AMMINOAMMIDI PIRROCAINA BUPIVACAINA MEPIVACAINA ETIDOCAINA PRILOCAINA DIBUCAINA 3. AMMINOETERI - DIMETISOCHINA - PRAMOXINA 4. AMMINOCHETONI - DICLONINA 5. AMMINOCARBAMMATI - DIPERODON 6. AMMIDINE - FENACAINA 7. ALTRI Sono composti privi di cariche che interferiscono con la conduzione nervosa scompaginando l‘ ordinamento strutturale della membrana: a. ALCOLI - ALCOOL BENZILICO - CLOROBUTANOLO b. FENOLI - FENOLO - EUGENOLO dai chiodi di garofano 431 15 ANTIARITMICI Potenziale d‘ azione cardiaco e correnti ioniche: Mediante 1 microelettrodo intracellulare sipuò misurare il potenziale a livello della membrana di 1 ellula muscolare cardiaca. Durante l‘ attivazione elettrica, il potenziale di membrana si modifica in modo caratteristico: si ha il potenziale d‘ azione provocato da correnti ioniche a decorso temporale fasico. Abbiamo: 1) FASE 0: Depolarizzazione rapida - I canali del Na+ si aprono (―canali rapidi‖) e ciò da luogo a 1 corrente rapida verso l‘interno - La depolarizzazione rapida termina quando i canali del Na+ sono rapidamente inattivati - La corrente del Na+ è bloccata dagli antiaritmici di classe I 2) FASE 1: Parziale ripolarizzazione - La iniziale fase rapida di ripolarizzazione è dovuta a: a) inattivazione dei canali del Na+ b) apertura e chiusura rapida dei canali del K+, con 1 transitoria corrente di K+ verso l‘ esterno 3) FASE 2: Plateau - I canali del Ca+2 sensibili al voltaggio (bloccati dagli antiaritmici di classe IV) si aprono, e ciò dà luogo a 1 corrente verso l'‘interno (depolarizzante) lenta, che controbilancia la lenta fuoriuscita (iperpolarizzante) di K+ 4) FASE 3: Ripolarizzazione: - I canali del Ca+2 si chiudono - I canali del K+ (bloccati dagli antiaritmici di classe III) si aprono e ciò da luogo a 1 corrente verso l‘ esterno che porta a ripolarizzazione della membrana - Il risulato netto dell‘ azione a questo punto è 1 guadagno netto di Na+ e perdita di K+. Questo squilibro è corretto dalla pompa Na+\ K+ ATPasi 5) FASE 4: Depolarizzazione lenta - Questa crescente depolarizzazione è la conseguenza del graduale aumento della permeabilità al Na+ - La depolarizzazione spontanea porta automaticamente la cellula alla soglia del successivo potenziale d‘ azione Tipi di Aritmie e trattamento farmacologico: 1) Extrasistoli: raramente richiedono trattamento; se fastidiose i Betabloccanti (Propranololo) sono il trattamento d‘ elezione 2) Fibrillazione Atriale (è 1 aritmia atriale ectopica caratterizzata da 1 depolarizzazione irregolare degli atri): Digossina + verapamil; Digossina + Betabloccante; Anticoagulanti(Warfarin) 432 3) Flutter atriale (Tachicardia atriale ectopica): Digossina; Amiodarone; Sotalolo; Anticoagulanti(Warfarin) 4) Tachicardia Parossistica Sopraventricolare (ritmo cardiaco con frequenza superiore a 100 batt\ min): Adenosina x e.v.; Verapamil; Propafenone; Flecainide; 5) Bradicardia (ritmo cardiaco con frequenza inferiore a 60 batt\ min): Atropina x e.v.; 6) Tachicardia ventricolare (è 1 ritmo ventricolare ectopico con frequenza di 100170 batt\ min) : Lidocaina x l‘emergenza nella fase acuta di infarto; Betabloccante; FARMACOLOGIA CARDIOVASCOLARE Eventi ischemici Più aumenta il lavoro più aumenta la richiesta di ossigeno che deve essere impiegato per le reazioni metaboliche, le coronarie possono variare di tono oppure essere in parte occluse e quest‘ultima è la principale causa di malattia ichemica cardiaca, vi sono però fenomeni temporanei legati a vasospasmi coronarie che danno angina pectoris.(lucido patologie ischemiche del miocardio)Acute per interruzione del flusso locale in alcuni distretti dando infarto, Croniche: angina pectoris: stabile da occlusione coronarica aterosclerotica deficit di perfusione permanente, instabile da parziale occlusione trombotica coronarica è temporanea e cessa con la rimozione del trombo, variante da vasospasmo coronarico detta anche di PRINZ-METAL. Scopo della terapia antischemica è: ridurre il fabbisogno di ossigeno riducendo il lavoro cardiaco attraverso riduzione di frequenza, contrattilità, postcarico e precarico ossia riducendo la pressione telediastolica ventricolare; migliorare la fornitura di ossigeno se c‘è fenomeno aterosclerotico si cerca di evitare che si ingrossi o meglio ancora farlo sparire (è in sperimentazione il trattamento con vitamina E che comunque va integrato con dieta ed attività fisica). In genere nel paziente che soffre di angina, la dilatazione coronarica non può essere aumentata più di tanto, in quanto nel soggetto anginoso vi è già un compenso e quindi vi è già una completa dilatazione coronarica. I farmaci coronaro dilatatori in un soggetti in cui la dilatazione coronarica è massima perdono di efficacia. Importante evitare i quadri degenerativi tessutali che dipendono da un accumulo di colesterolo e la formazione di colesterolo a livello dell‘endotelio con formazione di radicali liberi. I farmaci per il trattamento dell‘ ischemia miocardica sono: - Farmaci antianginosi: vasodilatatori agiscono in periferia sull‘emodinamica creando condizioni favorevoli per ridurre la tensione ventricolare e migliorare la perfusione del miocardio; inotropi negativi come i b-bloccanti agiscono riducendo il lavoro cardiaco. - Anti-aterosclerotici: se il paziente ha quadro dismetabolico, condizione assai frequente, come una iperlipidemia con ipercolesterolemia il trattamento è dieta e farmaci antidislipidemici; 433 - Antiaggreganti e antitrombotici: occorre prevenire l‘ aggregazione piastrinica, l‘aggregabilità, quindi l‘eventuale formazione di un trombo: usiamo come trattamento profilattico degli antitrombotici Paziente anginoso diabetico con squilibri del metabolismo della coaugulazione; Paziente anginoso iperteso; Paziente anginoso aritmico; Questi sono i quadri fino ad arrivare a quadri multipli in cui bisogna intrecciare ovviamente più terapie e fare una terapia ideale per curare più patologie coesistenti Nel paziente anginoso iperteso vi sono farmaci che danno risultati nelle due disfunzioni sia come antianginosi sia come antipertensivi (ovviamente vi è una associazione tra farmaci per es. ipolipidemici + farmaci antianginosi o farmaci antidiabetici + farmaci antianginosi. Antianginosi vasodilatatori: sono miolitici in quanto rilasciano la muscolatura liscia vasale: nitrovasodilatatori, cioè i nitroderivati in quanto nella loro molecola è presente un gruppo nitroso ( farmaci che non hanno gruppo nitroso sono detti non nitrovasodilatatori come i calcio antagonisti miolitici che bloccano i canali del cacio). Vasodilatatori dei distretti venosi ed arteriosi: i calcio antagonisti sono prevalentemente vasodilatatori del distretto arterioso; farmaci misti con eventuale prevalente attività sul distretto venoso come i nitroderivati. I Misti riducono sia il precarico sia il postcarico; i Calcio antagonisti riducono prevalentemente il postcarico. I farmaci inotropi negativi riducono il lavoro cardiaco riducendo la frequenza : questi sono i Beta-bloccanti. I B-bloccanti sono bivalenti: sono sia antianginosi, sia antipertensivi. NITRATI ORGANICI Il più antico farmaco usato nella terapia dell‘ angina è stato il Nitrito di amile, ormai abbandonato (venivano inspirati i vapori di esso provenienti da una fiala). Antianginosi = nitrovasodilatatori organici: sono la Trinitroglicerina (con tre gruppi NO2), l‘Isosorbide Dinitrato e il suo metabolita Isosorbide 5-mononitrato, Eritrile tetranitrato, Molsidomina nella quale il gruppo NO2 è assente. Gli effetti farmacologici dei nitroderivati sono: Effetti sistemici dando una vasodilatazione venosa maggiore di quella arteriosa, e questo porta a riduzione del precarico ma anche del postcarico, con una riduzione della pressione diastolica. La riduzione della pressione diastolica porta ad una migliore ridristibuzione del flusso coronarico agli strati del miocardio durante la dilatazione ventricolare, vi è un furto di sangue che viene dirottato nelle zone subendocardiche, non sono coronarodilatatori, ma quello che si osserva è una ridistribuzione del flusso ematico a cui segue una minore richiesta di irrorazione delle aree subendocardiche. Non si traggono benefici nel trattare un paziente anginoso vasospastico con nitroderivati propio perché questi non sono spasmolitici, ma miolitici vasali. A dose terapeutica il nitroderivato non dà il fenomeno di rimbalzo (aumento della frequenza cardiaca; a dosi sovraterapeutiche vi è aumento della freq. cardiaca con 434 annullamento dell‘effetto desiderato di riduzione del lavoro cardiaco dato dalla azione farmacologica di vasodilatazione periferica). Meccanismo di azione dei nitrovasodilatatori: L‘ossido nitrico, N0, viene prodotto dalle cellule endoteliali, va ad agire su una guanililciclasi, attivandola, aumenta il cGMP desfosforilando miosina-LC della cellula muscolare liscia, dando rilasciamento. Ciclo biosintetico dell‘NO L‘ NO deriva dal metabolismo dell‘arginina che viene trasformata in citrullina da NO-sintasi. Trinitroglicerina e farmaci che hanno un gruppo N02 Ad opera di una glutatione riduttasi c‘è il distacco del gruppo nitroso e formazione di un radicale N0 che agisce sulla guanililciclasi: sono donatori di NO.La Molsidomina ha metabolita che agisce su guanililciclasi, come il nitroprussiato di torio, un potente vasodilatatore sistemico. Per questi non c‘è tolleranza. Per la Trinitroglicerina (TNT) c‘è bisogno di glutatione riduttasi e glutamil-cistenilglicina , perché possa agire sempre. La limitazione della TNT è dovuta allo sviluppo di tolleranza causato da un deficit di glutamil-cistenil-glicina secondario a un deficit di cisteina.Questa tolleranza si instaura in alcune settimane, ritardare l‘insorgenza con dosi appropriate che non portino a depauperamento di cisteina.TNT per os subisce un primo passaggio epatico che ne riduce notevolmente la concentrazione ematica, inoltr i suoi metaboliti al contrario dell‘ISDN non sono attivi.Quindi la TNT non può essere somm.per os, ma per via sublinguale, parenterale e transdermica. Trattamento attacco acuto via sublinguale e parenterale dell‘angina per quelli cronici o mantenimento via transedrmica (cerotti). L‘ ISDN ha un‘emivita più lunga di TNT, per due motivi: 1) Metabolismo più lento; 2) Formazione metaboliti mononitrati: IS2MN, IS5MN. L‘ISDN può essere dato per via orale ed essere usato nella terapia di mantenimento, anche TNT per via transdermica trova impiego nella terapia di mantenimento. Effetti indesiderati dei Nitroderivati: per via sublinguale si ha bruciore mucose e alitosi, per via transdermica irritazioni cutanee prurito, TNT transdermica dà problemi legati alla preparazione della cute , sudorazione, seborrea. CALCIO ANTAGONISTI La muscolatura liscia richiede Calcio per contrarsi: se blocchiamo i canali del calcio con dei calcio antagonisti abbiamo azione vasodilatatrice. I DIIDROPIRIDINICI hanno prevalente attività vasodilatatrice: la NIFEDIPINA è il classico calcio antagonista; l‘ AMLODIPINA ha una più lunga durata di azione, la NICARDIPINA e la FELODIPINA hanno maggiore attività a livello coronarico; in questi non vi sono effetti a livello cardiaco. Con prevalente attività cardiodepressiva abbiamo invece le FENILALCHILAMINE oltre ad azione vasodilatatrice agiscono sul nodo del seno riducendo la frequenza cardiaca (non paragonabili però come efficacia ai Beta-BLOCCANTI) agendo come cardiodepressivi, questi sono il VERAPAMILE e il DILTIAZEM; nei pazienti con aritmia atriale ed angina vasospastica si preferisce dare il verapamile perché riduce frequenza cardiaca e agisce come sposmolitico. I Beta-BLOCCANTI trovano impiego a scopo profilattico, tenendo il cuore frenato in caso di sforzi, riducendo gli attacchi anginosi; se associati a nitroderivati riducono il 435 rimbalzo di aumento di frequenza cardiaca . Se i Beta-BLOCCANTI sono ben tollerati sono un sistema per modulare terapie con nitroderivati e diidropiridinici (mezza compressa di atenololo nel paziente lievemente iperteso riduce l‘incidenza di infarto in quanto riduce gli influssi catecolaminergici sui vasi e sul cuore. Esempi Meccanismo Chinidina Blocco canali del Na+ Procainamide Disopiramide Lidocaina Blocco canali del Na+ Flecainide Blocco canali del Na+ Propranololo Metoprololo Amiodarone Sotalolo Verapamil Antagonisti del recettore BETAadrenergico Blocco canali del K+ Blocco canali del Ca++ MR APD ER Cond. Contr. Utilizzi D P AV -+ + --+ + --+ + --- Tachicardia atriale e ventricolare ++ Aritmie ventricolari da attacchi ----- Tachicardia ventricolare con Rischio di morte No -- Tachicardie da stress -+++ ++ +++ + -- - -- Tachiaritmie atriali e ventricolari Tachiaritmie -- --- Tachiaritmie atriali CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTIARITMICI SECONDO VANGHAN-WILLIAMS 1. CLASSE I Bloccanti i canali del Na+ cardiaci Si divide in 3 classi: - IA Breve blocco dei canali del Na+ Bloccano i canali del sodio voltaggio sensibili, come gli anestetici locali. L‘effetto di questi farmaci è quello di ridurre la velocità di depolarizzazione del potenziale d‘azione durante la fase 0. I farmaci principali appartenenti a questa classe sono chinidina, procainamide, disopiramide. Chinidina e disopiramide hanno azione antimuscarinica. Disopiramide è efficace nelle aritmie atriali. Procainamide e chinidina sono indicati nel trattamento di fibrillazioni atriali ed alterata eccitabilità atriale, previa cardioversione. Nella tachicardia ventricolare sostenuta si fa cardioversione e poi si tratta con chinidina. Effetti collaterali CHINIDINA: a concentrazioni superiori ai 2 microg/ml si ha allungamento del QRS e dell‘intervallo Q-T. Si può avere ipotensione a causa dell‘alfa blocco. Embolismo arterioso: con l‘aritmia si possono formare trombi lungo le pareti degli atrii: il controllo dell‘aritmia può portare all‘espulsione dei trombi dando origine 436 all‘embolismo: è meglio scoagulare il paziente prima della cardioversione. Le reazioni più comuni sono quelle gastrointestinali. Si possono avere iperpiressia e trombocitopenia che recedono con la sospensione della terapia. PROCAINAMIDE: la tossicità è meno grave rispetto a quella causata dalla chinidina. Questo farmaco dopo 1-12 mesi di trattamento (nel 60-70%dei pazienti) può provocare la formazione di ab anti-istoni, dando origine al LES con pericardite, pleuropneumotorace, febbre ed epatomegalia. La complicanza più grave è la pericardite emorragica. Il LES e le sue complicazioni possono recedere con la sospensione del trattamento. DISOPIRAMIDE: l‘effetto antimuscarinico provoca secchezza delle fauci, costipazione ed annebbiamento della vista. Può causare un aumento delle resistenze periferiche ed una diminuzione della gettata cardiaca e della funzionalità ventricolare che risultano pericolosi in pazienti con queste patologie preesistenti. CHINIDINA(8R, 9S) PROCAINAMMIDE PROCAINA DISOPIRAMIDE SPARTEINA AJMALINA PRAJMALINA LORAIMINA DIIDROCHINIDINA - IB Medio blocco dei canali del Na+ I farmaci di questa classe sono utili soprattutto nel controllo delle aritmie ventricolari post-ischemiche. Questi farmaci sono selettivi per i canali in stato refrattario, cioè quando le cellule sono depolarizzate, come durante l‘ischemia: prevengono i battiti prematuri. A questa classe appartengono lidocaina e fenitoina. Lidocaina: è il farmaco di classe I più importante. Viene utilizzato, in infusione ev, nella prevenzione delle aritmie nel periodo subito successivo ad un infarto miocardico. Non è comunque provata la sua efficacia nell‘allungare la sopravvivenza in queste situazioni. È utilizzata anche come anestetico locale. Ha una emivita plasmatica di circa 2 h, e viene rimossa dal fegato attraverso il metabolismo di primo passaggio: per questo motivo non può essere somministrata oralmente. Provoca, a causa degli effetti sul SNC, sonnolenza, disorientamento e convulsioni. Fenitoina: viene principalmente utilizzata come antiepilettico, ma ha anche proprietà antiaritmiche. Viene utilizzata soprattutto per contrastare le aritmie provocate dai glicosidi cardioattivi. LIDOCAINA TOCAINIDE MEXILETINA FENITOINA APRINDINA 437 - IC Lungo blocco dei canali del Na+ Questi farmaci non sono specifici per il miocardio danneggiato in quanto non sono selettivi per i canali in stato refrattario. Tendono a sopprimere le aritmie da rientro, ma non sono utili nella prevenzione dei battiti ectopici occasionali, come si mostrano invece i farmaci di classe Ib. Flecainide: sopprime i foci ectopici ventricolari, ed è efficace dopo somministrazione orale. Questo farmaco aumenta però l‘incidenza di morti dopo IMA a causa di fibrillazioni ventricolari non spiegate. Il suo uso è quindi limitato. FLECAINIDE ENCAINIDE MORICIZINA LORCAINIDE PROPAFENONE ( Rytmonorm), è un farmaco antiaritmico di classe IC, secondo Vaughan Williams, dotato di un effetto anestetico locale, indicato nel trattamento della fibrillazione atriale. Il Propafenone è quasi completamente assorbito dopo sommninistrazione orale con livelli plasmatici di picco dopo circa 3,5 ore dalla somministrazione nella maggioranza dei pazienti. Il Propafenone presenta un'elevata biotrasformazione pre-sistemica ( effetti di primo passaggio epatico). La biodisponibilità è dose dipendente, e può essere aumentata in caso di ridotta insufficienza epatica. Il Propafenone segue una farmacocinetica non lineare, probabilemnte dovuta alla saturazione del metabolismo epatico 1. CLASSE II – BETA-BLOCCANTI - Blocco indiretto dei canali del Ca++, x riduzione della stimolazione adrenergica cardiaca A. NON SELETTIVI (Blocco dei Beta1-cardiaci + Beta2-bronchiali) PROPRANOLOLO PINDOLOLO SOTALOLO TIMOLOLO NANDOLOLO B. SELETTIVI (Blocco solo dei Beta1-cardiaci) ACEBUTOLOLO ATENOLOLO BETAXOLOLO BISOPROLOLO CELIPROLOLO ESMOLOLO METOPROLOLO 438 NEBIVOLOLO (è anche dotato di lievi proprieta‘ vasodilatatrici dovute ad 1 interazione con la via L-arginina\ossido nitrico con rilascio di NO) 2. CLASSE III (Bloccanti i canali del K+ con rallentamento della fase di ripolarizzazione cardiaca) Questi farmaci sono invece in grado di prolungare il potenziale d‘azione: questo aumento è legato ad un aumento del periodo refrattario che rende ragione delle loro proprietà antiaritmiche sia ventricolari che sopraventricolari (soprattutto nelle aritmie da rientro). Amiodarone: è caratterizzato da in forte legame ai tessuti e da una emivita molto lunga: questo fa sì che debbano passare giorni o settimane affinché il farmaco sviluppi la sua azione. Per questo deve essere somministrata una dose di carico per ev. Purtroppo gli effetti sfavorevoli di questo farmaco sono molti: irritazioni cutanee da fotosensibilità; alterazione della pelle verso il nero-grigio/blu; anormalità della tiroide (ipo e iper) dovute al suo elevato contenuto di iodio; fibrosi polmonare, che si sviluppa lentamente; depositi corneali; disturbi neurologici; disturbi gastrointestinali. Come tutti gli antiaritmici può dare origine ad aritmie, come la torsades de pointes: questo può succedere in pazienti con la sindrome del Q-T lungo o che assumono antagonisti del recettore H1 o il probucolo (farmaco ipolipemico). Sotalolo: è un beta-bloccante, ma a differenza degli altri prolunga il potenziale d‘azione ed il QT. È efficace nella prevenzione delle tachiaritmie maligne non associate ed IMA. Può causare torsades de pointes, ma non presenta gli altri effetti sfavorevoli dell‘amiodarone. - AMIODARONE possiede un'emivita di 30-110 giorni, rendendo difficile la sua sostituzione con un altro farmaco antiaritmico. L'Amiodarone (Amiodar , Cordarone ) è stato sintetizzato in Belgio negli anni 60, ed è entrato in commercio come farmaco antianginoso, per la sua azione vasodilatatrice coronarica. Poi nel tempo, grazie anche ai cardiologi italiani, il farmaco è stato sempre più impiegato nel trattamento delle aritmie. L'Amiodarone è un farmaco antiaritmico di classe III secondo la classificazione di Vaughan Williams, dotato di proprietà anche di classe II (azione beta-bloccante). Allunga l'intervallo QT, cioè la fase di ripolarizzazione. L'Amiodarone è dotato di una particolare farmacocinetica: subisce un importante effetto di primo passaggio epatico. L'emivita dell'Amiodarone varia da 30 giorni a 110 . Questo comporta dei problemi nel momento in cui si tende a sostituire l'Amiodarone con un altro farmaco antiaritmico. Gli effetti terapeutici si presentano generalmente dopo 10-15 giorni. Per ovviare a questo problema si tende a somministrare nella prima settimana una dose di carico. L'Amiodarone possiede un ampio range di utilizzo, ma per il non buono profilo di sicurezza questo farmaco non 439 dovrebbe essere utilizzato come prima scelta in un'aritmia benigna, quale è la fibrillazione atriale. Purtroppo gli effetti sfavorevoli di questo farmaco sono molti: irritazioni cutanee da fotosensibilità; alterazione della pelle verso il nero-grigio/blu; anormalità della tiroide (ipo e iper) dovute al suo elevato contenuto di iodio; fibrosi polmonare, che si sviluppa lentamente; depositi corneali; disturbi neurologici; disturbi gastrointestinali. - DRONEDARONE è un derivato de-ionizzato dell'Amiodarone, privo di molti effetti indesiderati dell'Amiodarone, riconducibili alla presenza di iodio. Il nuovo farmaco antiaritmico presenta un effetto antiadrenergico, che riduce la frequenza cardiaca. Non ha effetto inotropo negativo, possiede un'azione di vasodilatazione coronarica. Il Dronedarone è efficace sia nel trattamento delle aritmie ventricolari che atriali. - BRETILIO - SOTALOLO - AZIMILIDE - DOFETILIDE - IBUTILIDE - TEDISAMIL - SEMATILDE - BUNAFTINA 3. CLASSE IV Bloccanti i canali del Ca++ ( calcio-antagonisti) Questi farmaci influenzano l‘ingresso di calcio nelle cellule. I loro effetti principali sono confinati al sistema cardiovascolare, in quanto pare che agiscano su un solo tipo di canale. L‘ingresso di calcio nelle cellule è regolato da diversi canali: 1. canali voltaggio-attivati che si aprono quando la membrana è depolarizzata; 2. scambio sodio-calcio; 3. ROS: canali attivati da recettori che si aprono quando il ligando si lega al recettore. Né lo scambiatore sodio-calcio, né i ROS sembrano essere il bersaglio dei calcio antagonisti, che quindi sviluppano la loro azione a carico dei canali voltaggio-attivati. Sono stati trovati tre tipi di canali del calcio voltaggio-attivati: L, N e T. Vi sono alcune differenze fra questi canali, che sono ad esempio l‘intervallo di voltaggio al quale si aprono, la tendenza ad inattivarsi. Probabilmente i canali responsabili dell‘ingresso di calcio nelle terminazioni nervose e quindi del rilascio del neurotrasmettitore sono quelli N, mentre i canali presenti a livello della muscolatura liscia (principalmente quella dei vasi) sono quelli L. Si ritiene che i calcio antagonisti agiscano a livello dei canali L, e sarebbe quindi per questo che non hanno effetti a carico del sistema nervoso. 440 La loro azione consiste quindi in una diminuzione della resistenza (per il rilascio della muscolatura liscia) ed in un conseguente aumento del flusso coronarico (soprattutto a livello epicardico). Questi farmaci sono realmente efficaci solo se somministrati in maniera profilattica: non riducono la mortalità se somministrati dopo un IMA. Se somministrati dopo un evento ischemico possono addirittura risultare dannosi in quanto riducono la funzionalità ventricolare. Questo non vale in caso di infarto cerebrale: sembra infatti che la somministrazione di nimodipina dopo l‘insulto cerebrale migliori significativamente il recupero funzionale ed aumenti la sopravvivenza. La nimodipina inoltre riduce il rischio di vasospasmo cerebrale dopo emorragia subaracnoidea. Appartengono a questa classe il varapamil, il diltiazem e le diidropiridine. Nifedipina: è una diidropiridina. Si somministra per os ed ev: provoca un grande aumento del flusso arteriolare, senza grandi effetti sulle vene. Provoca quindi tachicardia e inotropismo riflessi. Ha scarsi effetti diretti sul muscolo cardiaco. Altre diidropiridine sono la nicarpidina e la nimodipina che hanno effetti simili alla nifedipina. La nicarpidina ha maggiore selettività per il circolo coronarico. Le diidropiridine causano rilascio della muscolatura liscia anche di vescica,, tratto biliare ed utero; possono quindi essere utilizzate in caso di coliche biliari. Verapamil: è meno attivo delle diidropiridine, ma il suo effetto inotropo è minore a causa del suo inotropismo negativo intrinseco. Nello scompenso cardiaco provoca una ulteriore diminuzione della contrattilità e della funzionalità ventricolare. Diltiazem: è molto simile al verapamil, ma ha meno effetti inotropi negativi. Gli effetti collaterali di questi farmaci sono causati dall‘eccessiva vasodilatazione che provoca mal di testa. Possono anche dare edema periferico, aggravamento dell‘ischemia e blocco AV. Effetti PA FC GC PVC Res.Perif. Flusso Coron. NITRATI + 0o+ -0o0 BETANIFEDIPINA BLOCCANTI 0o--++ ++ + + -++ VERAPA- DILTIAZEM MIL -++ A. 1,4 DIIDROPIRIDINE(1,4 DHP) bloccano i canali del Ca++, specie a livello dei vasi periferici NIFEDIPINA AMLODIPINA FELODIPINA (1988) ISRADIPINA (1989) NILVADIPINA (1989) 441 NICARDIPINA LACIDIPINA (1991) NIMODIPINA NITRENDIPINA BARNIDIPINA NISOLDIPINA (1990) MANIDIPINA (1990) PRANIDIPINA LERCANIDIPINA B. FENILALCHILAMMINE (blocco dei canali del Ca++, sia a livello vasale, che del cuore) - VERAPAMIL: viene usato per terminare e prevenire le tachicardie parossistiche sopraventricolari e per ridurre la frequenza ventricolare in pazienti con fibrillazione atriale non controllata dalla digossina. Il verapamil può essere utilizzato in associazione con la digossina, ma la dose di quest‘ultima deve essere diminuita e la sua concentrazione plasmatica controllata dopo qualche giorno di terapia. Non è efficace nelle tachicardie ventricolari. Non andrebbe mai usato in associazione con beta-bloccanti in quanto può provocare collasso circolatorio. Rilascia anche la muscolatura vasale, e può quindi essere utilizzato in pazienti con ipertensione. La costipazione è il suo effetto più fastidioso, ma l‘effetto più pericoloso è lo scatenamento di una insufficienza cardiaca causata dall‘inibizione dell‘ingresso del calcio. - GALLOPAMIL (= metossi-Verapamil) - FENDILINA (non selettivo) - BEPRIDIL (non selettivo) C. BENZOTIAZEPINE(blocco dei canali lenti del Ca++, sia a livello vasale, che del cuore) - DILTIAZEM D. PIPERAZINE (DIFENILALCHILAMMINE) ( anti emicrania preventivi, anti-vertigini) - FLUNARIZINA è pure antagonista-H1istaminergico - CINNARIZINA è pure antagonista-H1istaminergico E. - ALTRI Ca++-ANTAGONISTI MIBEFRADILE (con prevalente effetto vascolare) LIDOFLAZINA (non selettivo) PAREXILINA (non selettivo) Le fenilalchilamine, le benzotiazepine e le piperazine bloccano con maggiore affinita‘ i canali del calcio ‗L‘ (lenti) a livello cardiaco e sono considerati antiartmici 442 4. ALTRI ANTIARIMICI - DIGOSSINA: blocca reversibilmente la pompa Na+\K+ ATPasi cardiaca , blocca indirettamente lo scambiatore Ca++\ 2Na+ con aumento delle [Ca++] intracell e aumento della forza di contrazione cardiaca con effetto batmotropo negativo, inotropo positivo, cronotropo negativo . E‘ anche 1 antiaritmico - ADENOSINA: interagisce con specifici recettori accoppiati a 1 Gi\Go con apertura di canali del K+, con 1 accorciamento di durata del potenziale d‘ azione con iperpolarizzazione e rallentamento del normale automatismo cardiaco(azione antiadrenergica) 16 FARMACI ANALGESICI OPPIOIDI . IL SISTEMA OPPIOIDE Nel nostro organisno esiste 1 sistema detto Oppioide che cerca di limitare il dolore. Tale sistema è rappresentato da dei neuroni detti Nocicettori che sfociano su degli altri neuroni noradrenergici, che vanno al SNC e trasportano le sensazioni dolorose dalla periferia al cervello (via del dolore). Il dolore è dovuto ad 1 aumento del potenziale d‘azione normale lungo tale via noradrenergica, con liberazione di neurotrasmettitore (noradrenalina\NA), che stimolando i suoi recettori (alfa1, accoppiati a 1 Gq, con stimolo della PLC) apre canali del Na+ e del Ca++(tipo N), e genera il potenziale d‘ azione con propagazione del dolore. I nocicettori, sfioccando sulla via noradrenergica principale, esercitano 1 controllo presinaptico sulla via del dolore, andando a iperpolarizzare la fibra presinaptica. Nei nocicettori, infatti, s i biosintetizzano delle sostanze endogene, dette Encefaline (o Endorfine), che, se attivate dal neurotrasmettitore liberato (NA) (in seguito a stimoli dolorosi, tramite 1 Gs sul nocicettore) sono capaci di far liberare meno neurotrasmettitore (NA). Esse si legano a 4 tipi di recettori metabotropici detti: mu, kappa, delta e sigma, collegati a 1 Gi\Go, con inibizione dell‘ Adenilato Ciclasi e apertura di 1 canale del K+ (che esce dal neurone), iperpolariz-zando cosi‘ la via noradrenergica principale. La MORFINA e i suoi derivati vanno ad agire da agonisti sui recettori mu, kappa, delta e sigma, mimando l‘azione delle Endorfine o Encefaline. Le Encefaline o Endorfine, quindi, posseggono: 1) Attivazione: Quando sopravviene il dolore c‘è 1 segnale di attivazione con iperproduzione di noradrenalina nella via del dolore, che attiva la sintesi e il rilascio di Encefaline, agendo sul nocicettore. Qui la NA si lega a 1 rec beta, con 1 Gs che attiva l‘ Adenilato Ciclasi 2) Azione antidolore: le Encefaline o Endorfine vengono rilasciate dal nocicettore e si legano ai recettori mu, kappa, delta e sigma, collegati a 1 Gi\Go, inibendo l‘ Adenilato Ciclasi e aprendo 1 canale del K+ (che esce dal neurone), iperpolarizzando cosi‘ la via noradrenergica principale. 3) Spegnimento: una volta rilasciate, le Encefaline si legano ad 1 altro recettore sul nocicettore, bloccando cosi‘ la loro sintesi e il loro rilascio ( si legano a 1 443 recettore collegato a 1 Gi, che inibisce l‘ Adenilato Ciclasi e blocca il nocicettore). Occorre ricordare che la membrana post- e pre- sinaptica principale subisce anche un doppio processo di accomodazione: A) Nella membrana post-sinaptica principale (via del dolore) avviene 1 processo di UP-regulation, x cui vengono biosintetizzati nuovi recettori (alfa1) x il neurotrasmettitore (NA) B) Anche nel neurone pre-sinaptico principale avviene (via del dolore) 1 processo di UP-regulation, x cui vengono biosintetizzate altre molecole di Adenilato Ciclasi, x compensare la riduzione di AMPc, provocata dalle Endorfine. MECCANISMO DELL‘ ASSUEFAZIONE DA OPPIOIDI: Con la prima soministrazione di Morfina, essa va a mimare l‘ azione delle Endorfine a livello presinaptico della via del dolore, ma va a bloccare pure la sintesi e il rilascio di Endorfine a livello del nocicettore, andandosi a legare al recettore di blocco legato a 1 Gi. Gia‘ alla seconda e poi con le successive somministrazioni, si avra‘ 1 fenomeno di assuefazione perché: 1) La quota di Endorfine liberata è sempre + bassa in quanto: a) La Morfina mantiene bassa la quota di neurotrasmettitore (NA) che attiva la sintesi di Endorfine(con 1 Gs), le quali bloccano il dolore b) La Morfina, si lega anche al recettore presinaptico delle Endorfine sul nocicettore, blocca anche il rilascio di Endorfine dal nocicettore 2) Ci saranno, a causa dell‘ UP-regulation, molte Adenilato Ciclasi da inibire nel piede presinaptico della via principale del dolore (a causa dell‘ accomodazione presinaptica descritta prima) 3) Ci saranno, sempre a causa dell‘ UP-regulation, anche molti recettori (alfa1) x il neurotrasmettitore (NA) nel piede post-sinaptico della della via principale del dolore, che trasmettono il segnale di dolore. Per tutti questi motivi c‘è necessita‘ di liberare sempre meno neurotrasmettitore (NA), per non accusare il dolore, e quindi occorreranno sempre dosi maggiori di Morfina, con sviluppo di assuefazione e dipendenza fisica !!! MECCANISMO DELLA DIPENDENZA PSICHICA: La dipendenza psichica da Morfina e derivati si manifesta solo se tali sostanze non sono usate come analgesici (cioè se sono usati quando non c‘è dolore). Quando non c‘è dolore, tali sostanze funzionano da stimolanti il SNC e creano dipendenza psichica. Questa dipendenza è subordinata all‘esistenza di 1 circuito x meta‘ dopaminergico e x meta‘ noradrenergico, presente nel SNC e stimolato idirettamente dagli Oppioidi: è il ―Circuito della Gratificazione‖. Questo circuito parte dal Pavimento del IV° Ventricolo e, attraverso 1 stazione intermedia detta Nucleus Accùmbens, va fino alla Corteccia Pre-frontale. Dal Pavimento del IV° Ventricolo fino al Nucleus Accùmbens la via è Dopaminergica (con prevalenza di recettori D3); 444 dal Nucleus Accùmbens fino alla Corteccia Pre-frontale la via è invece Noradrenergica (con prevalenza di recettori alfa1). Tale Circuito è stimolato o rafforzato da molte sostanze stimolanti il SNC (come la Nicotina, le Amfetamine, la Cocaina, Ecstasy, LSD, THC di Cannabis S. , ecc.), perché su tale circuito sfioccano molti tipi di neuroni e di fibre (colinergiche, serotoninergiche, noradrenergi-che, dopaminergiche, cannabinoidergiche). Per quanto riguarda gli Oppioidi, essi non stimolano direttamente tale circuito, ma lo fanno tramite delle altre fibre presenti su di esso. Infatti sulla via Dopaminergica (D3) del circuito della gratificazione, dal Pavimento del IV° Ventricolo fino al Nucleus Accùmbens, sfioccano delle fibre GABAergiche (con apertura di canali del Cl- e ingresso di Cl- all‘interno del neurone), che iperpolarizzano e riducono il tono dopaminergico nel circuito. Su queste ultime fibre GABAergiche, ci sono pure dei recettori x le Endorfine (mu, kappa, delta e sigma accoppiati a 1 Gi\Go) e quindi x gli Oppioidi. Se assunti quando non c‘è dolore, gli Oppioidi, stimolando tali recettori, diminuiscono la liberazione di GABA, che non aprira‘ i canali del Cl- e non iperpolarizzera‘ la via Dopaminergica, con 1 maggiore rilascio di Dopamina. Si avra‘ cosi‘ un rafforzamento del circuito della gratificazione, che ci spiega la dipendenza fisica da Oppioidi. La dipendenza da oppiacei è un problema sociale, anche se oggi sta diminuendo a vantaggio di altre sostanze, per es. l‘ecstasy. Molti incidenti, alla guida o nell‘edilizia, hanno come concausa questo tipo di droghe, alcune delle quali non sono nemmeno illegali perché non ancora registrate come sostanze stupefacenti (i cannabinoidi invece possono slatentizzare un disturbo dissociativo (provocando allucinazioni) o una personalità schizotipica e la loro azione psicotropa può rivelare un preesistente squilibrio). La crisi d‘astinenza da oppioidi consiste nello scatenamento di fenomeni di tipo simpatico, in un secondo tempo anche parasimpatico. Si ha cute fredda, pelle d‘oca, miosi, agitazione e atteggiamento compulsivo, tentativi di procurarsi la droga con qualsiasi mezzo, aumento della frequenza cardiaca, ipotensione, algie addominali (per improvvisa mancanza di inibizione del sist. vegetativo da parte degli oppioidi). Le azioni dei diversi oppioidi dipendono dall‘affinità per i diversi tipi di recettori e dalla durata d‘azione. Es. fentanil e sufentanil agiscono sui ed hanno breve durata d‘azione, per cui sono usati in chirurgia. Il metadone (derivato sintetico della morfina) è usato nella terapia di disassuefazione. Ha emivita più lunga della morfina e minor rapidità nell‘indurre tolleranza e dipendenza, per cui è dispensato dai SERT e si usa in una terapia a scalare. E‘ comunque difficile eliminare la tossicomania, anche perché spesso questi soggetti non assumono solo eroina, ma anche altre sostanze, quali stimolanti, cocaina.C‘è poi il problema dell‘overdose, che può essere mortale per depressione della funzione respiratoria (azione sui centri respiratori bulbari). In genere avviene se un consumatore saltuario sbaglia dosaggio, o se c‘è un partita di eroina più pura del solito (normalmente è "tagliata" con sostanze varie es. polvere di silice per aumentarne il peso), o quando, dopo un periodo di disintossicazione, si ricomincia ad assumere la dose cui si era abituati, diventata eccessiva per perdita della tolleranza. Contro l‘overdose si usano gli antagonisti (naloxone, naltrexone), utilizzati anche nella terapia di disassuefazione rapida. Può accadere che un tossicodipendente si sottragga alle cure: ciò è pericoloso perché il naloxone ha un 445 effetto di minor durata di quello dell‘eroina, quindi bisogna trattenere il soggetto in osservazione per intervenire in caso tornasse in overdose. Per descrivere gli effetti farmacologici dei farmaci oppioidi descriveremo quelli della Morfina, considerandoli suoi derivati: MORFINA: EFFETTI SUL SNC. a. Analgesia: la morfina è efficace contro quasi tutti i tipi di dolore, sia acuto che cronico, anche se gli oppioidi risultano meno utili in certi tipi di dolore, come in quello causato dall‘arto fantasma o dalla nevralgia del trigemino. b. Euforia: la morfina esplica la sua azione analgesica anche attraverso la riduzione della risposta emotiva al dolore. Se morfina ed eroina vengono somministrate per via endovenosa il soggetto prova una improvvisa eccitazione, chiamata "rush". Nei pazienti abituati al dolore cronico la morfina non causa euforia, benché vi sia una riduzione del dolore. L‘effetto della morfina può a volte essere accompagnato da ansia ed agitazione. L‘euforia è provocata dalla stimolazione dei recettori mu ed è controbilanciata dalla disforia causata dalla stimolazione dei recettori sigma c. Depressione respiratoria: con normali dosi analgesiche di morfina o di composti correlati si osserva un certo grado di depressione respiratoria e quindi un aumento della PCO2 arteriosa. Questo effetto è mediato dai recettori mu. Lo stimolo ipossico mediato dai recettori periferici rimane inalterato. I centri bulbari che controllano le funzioni cardiovascolari non vengono alterati dalle dosi terapeutiche di morfina, mentre un certo grado di depressione respiratoria si manifesta anche a dosi terapeutiche. Questo effetto è la causa più comune di morte in caso di intossicazione acuta da oppiacei. d. Depressione del riflesso della tosse: probabilmente è dovuta all‘intervento di altri recettori. La codeina, a dosi subanalgesiche, determina soppressione della tosse, agendo a livello centrale. e. Nausea e vomito: si presentano nel 40% dei pazienti che fanno uso di oppioidi, anche a dosi analgesiche. Questo fenomeno è correlato alla stimolazione della zona CTZ. L‘effetto emetico della morfina è contrastato dalla somministrazione di naloxone. f. Miosi: questo effetto è mediato centralmente dalla stimolazione dei recettori mu e kappa presenti nel nucleo oculomotore. La miosi è importante per riconoscere il sovradosaggio da morfina o da farmaci simili. EFFETTI SUL TRATTO GASTROINTESTINALE. La morfina causa aumento del tono e riduzione della motilità intestinale, portando ad una costipazione che può essere importante. Inoltre il tempo di svuotamento gastrico si allunga, determinando una diminuzione dell‘assorbimento di altri farmaci. Può aumentare la pressione del tratto biliare a causa della contrazione della cistifellea e della contrazione dello sfintere biliare: questo può causare un temporaneo aumento della concentrazione plasmatica di amilasi e lipasi. ALTRI EFFETTI. 446 La morfina provoca rilascio di istamina dai mastociti: ne derivano orticaria e prurito nel sito d‘iniezione e broncocostrizione ed ipotensione a livello sistemico. A dosi elevate si manifestano ipotensione e bradicardia, a causa dell‘azione sul midollo allungato (anche l‘istamina può contribuire all‘effetto ipotensivo). Gli oppioidi esercitano inoltre un effetto immunosoppressore: nell‘uomo l‘abuso di sostanze oppioidi determina un aumento ella sensibilità alle infezioni. TOLLERANZA. Si sviluppa molto rapidamente, entro 12-24 ore dalla somministrazione. La tolleranza si estende alla maggior parte degli effetti della morfina: analgesia, euforia e depressione respiratoria, ma influisce meno sulla costipazione e sulla miosi. DIPENDENZA FISICA. È rappresentata dalla sindrome di astinenza, caratterizzata da una sindrome similinfluenzale, con vomito, diarrea, midriasi, sbadigli, sudorazione, piloerezione ed insonnia. I sintomi nei tossicodipendenti raggiungono il loro massimo entro 2 giorni, per sparire più o meno completamente nel giro di 8-10 giorni. La somministrazione di morfina abolisce rapidamente la sindrome d‘astinenza. FARMACOCINETICA. La morfina viene assorbita lentamente ed in maniera irregolare: si preferisce somministrarla per via intramuscolare o endovenosa. Nel trattamento del dolore cronico si fanno somministrazioni orali di un preparato a lento rilascio. La codeina viene invece somministrata per via orale in quanto presenta un buon assorbimento. EFFETTI INDESIDERATI. Il sovradosaggio acuto di morfina determina depressione respiratoria, coma e miosi. Il trattamento si effettua con il naloxone: se il paziente non risponde a questo trattamento vuol dire che il coma non è causato da sovradosaggio di oppioidi. Il naloxone può precipitare una sindrome d‘astinenza. CLASSIFICAZIONE CHIMICA 1. ALCALOIDI NATURALI DELL‘ OPPIO MORFINA OPPIO IDROMORFONE NICOMORFINA OXICODONE DIIDROCODEINA DIAMORFINA PAPAVERETUM 2. MORFINANI LEVORFANOLO BUTORFANOLO isomeri LEVO attivi come analgesici DESTRORFANO 447 DESTROMETORFANO isomeri DESTRO attivi come antitoss NALBUFINA 3. BENZOMORFANI PENTAZOCINA CICLAZOCINA FENAZOCINA METAZOCINA 4. FENIL-PIPERIDINE MEPERIDINA KETOBEMIDONE PETIDINA 5. DERIVATI DEL PIPERIDINOLO ALFA E BETA PRODINA ALFA TRIMEPERIDINA GAMMA ISOPROMEDOLO BEMIDONE CHETOBEMIDONE 6. DERIVATI DIFENIL PROPIL AMMINICI METADONE ISOMETADONE PROPOSSIFENE FENAXODONE DIPIPANONE NORMETADONE DESTROMORAMIDE FENTANYL BEZITRAMIDE 7. DERIVATI ORIPAVINICI BUPRENORFINA ETORFINA(potentissima) DIPRENORFINA Dal punto di vista del comportamento sui 4 recettori la maggior parte dei farmaci si comportano da agonisti pieni, tuttavia possiamo distinguere anche dei: 448 8. KAPPA AGONISTI \ MU ANTAGONISTI ( nascono dalla convinzione che l‘effetto analgesico sia mediato soprattutto dal rec kappa, mentre l‘effetto di dipendenza psico-fisica e tolleranza sia mediato dal rec mu. Antagonizzando il rec mu abbiamo meno sviluppo di tolleranza e dipendenza, con maggiore affetto analgesico grazie all‘ agonismo kappa) BUPRENORFINA DIPRENORFINA PENTAZOCINA BUTORFANOLO NALBUFINA Infine abbiamo delle sostanze capaci di bloccare i recettori cerebrali x gli oppioidi, usati dal punto di vista terapeutico nel trattamento della overdose da oppioidi, x il trattamento della rapida detossificazione oppure, dopo la detossificazione, x prevenire il possibile ritorno all‘ abuso nei soggetti ex-tossicodipendenti e negli ex-alcolisti: 9. ANTAGONISTI Usati x il trattamento dell‘ overdose , x la detossificazione rapida e x prevenire la ricaduta all‘abuso di stupefacenti (tipo Eroina) e di alcool NALOXONE NALTREXONE oltre a bloccare i recettori cerebrali x gli oppioidi, può aumentare l‘ efficacia dell‘Azt (Zidovudina) e dell‘Indinavir, usati nel trattamento dell‘HIV\AIDS, perché interviene sui recettori cellulari di attacco del virus HIV, bloccandoli LEVALLORFANO NALORFINA Per trattare la dipendenza da Oppiacei usiamo: a) METADONE è 1 agonista oppioide col vantaggio di avere 1 lunga emivita di 2436 h ed è somministrabile in 1 unica dose (1mg a scalare) x os, viene usato x prevenire la sindrome da astinenza nei dipendenti e x la disassuefazione da oppioidi, regredendo col passare del tempo la dose. b) DIAMORFINA come il metadone c) Levo-ACETIL-METADOLO come il metadone d) BUPRENORFINA è 1 agonista parziale, che nei dipendenti da alte dosi può scatenare sindrome d‘astinenza e) NALTREXONE è 1 antagonista e scatena sindrome d‘astinenza nei tossicodipendenti; viene prescritto agli ex-tossicodipendenti x aiutarli a prevenire le ricadute f) LOFEXIDINA è 1 alfa 2 agonista adrenergico che come la Clonidina, è utilizzata x alleviare i sintomi d‘ astinenza da oppiacei, ma non provoca riduzione della Pressione arteriosa (il meccanismo della Clonidina e degli altri alfa 2 agonisti adrenergici centrali (o Imidazoline , Cfr cap 25 A) è quello di provocare 1 minore rilascio di NA nella via principale del dolore, legandosi a dei recettori presinaptici (autocettori) collegati a 1 Gi\Go con diminuzione dei livelli di AMPciclico 449 17 FANS (FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI) La Cascata dell‘ acido Arachidonico Gli Eicosanoidi sono degli Autacoidi, cioè sostanze liberate da 1 cellula nell‘ ambiente extracellulare dove poi inducono delle risposte biologiche interagendo con dei recettori specifici presenti sulla stessa cellula generatrice e\o su altre cellule nelle immediate vicinanze della sede di produzione. Gli Eicosanoidi si generano a partire dall‘ Acido Arachidonico (acido 5,8,11,14-eicosa-tetra-enoico), 1 acido grasso essenziale con 4 doppi legami, presente in 3 principali fosfolipidi di membrana (nel Fosfatidil Inositolo, nella Fosfatidil Colina e nella Fosfatidil Etanolammina) ed esterificato nella seconda posizione del glicerolo. L‘ Acido Arachidonico esterificato nei fosfolipidi di membrana può essere liberato in seguito all‘interazione di stimoli di diversa natura con la membrana cellulare: 1) Stimoli Fisiologici (istamina, bradichinina, vasopressina, Angiotensina II, Interleuchina-1, Leucotrieni, Fattori di crescita, Proteasi come la Trombina); 2) Stimoli Fisici (shear stress, ischemia); 3) Agenti Farmacologici (esteri del forbolo); Gli stimoli Fisiologici agiscono interagendo con dei recettori specifici presenti sulla membrana cellulare accoppiatia proteine G. Queste a loro volta attivano alcune Fosfolipasi (A2, C e D) capaci di liberare l‘acido Arachidonico dai fosfolipidi di membrana. a) La Fosfolipasi A2 idrolizza il fosfolipide Fosfatidil-Colina e libera subito Ac. Arachidonico. b) La Fosfolipasi C idrolizza il fosfolipide Fosfatidil-Inositolo, ma x liberare Ac. Arachidonico richiede l‘intervento anche di altri 2 enzimi: una Digliceride Lipasi + una Monogliceride Lipasi. c) La Fosfolipasi D idrolizza il fosfolipide Fosfatidil-Etalonam-mina e x liberare Ac. Arachidonico richiede l‘intervento di altri 3 enzimi: una Fosfatasi + una Digliceride Lipasi + una Monogliceride Lipasi. Così le Fosfolipasi (e alcuni enzimi di supporto) provocano l‘idrolisi dei Fosfolipidi di membrana con la liberazione di Ac. Arachidonico. L‘ Acido Arachidonico a sua volta viene metabolizzato attraverso almeno 4 vie principali: 1) La via della PGH-Sintasi(Prostaglandina H Sintasi), che porta alla formazione di Prostaglandine e Trombossani (Prostanoidi); 2) La via delle lipossigenasi (5-, 12- e 15- Lipossigenasi)che porta alla formazione di Acidi Idrossi-Eicosa-tetra-enoici e dei Leucotrieni; 3) La via della P-450-Epossigenasi che porta alla formazione di Acidi Epossi- ed Idrossi- Eicosa-tetra-enoici; 4) La via della perossidazione lipidica non enzimatica catalizzata dai Radicali dell‘ Ossigeno, che però interviene sull‘ Ac. Arachidonico esterificato. Le vie che hanno magiore interesse ed applicazioni Farmacologi-che sono quella della PGH-Sintasi e della 5-Lipossigenasi. 450 A) VIA DELLA PGH SINTASI: L‘ Acido Arachidonico viene convertito in PGH2 tramite l‘enzima PGH-Sintasi, dotato di 2 attività catalitiche: la CICLOSSIGE-NASI ( presente in 2 isoforme Cox-1, o costitutiva, e Cox-2, o indotta), che porta alla formazione di PGG2, e la PEROSSIDASI, che trasforma la PGG2 in PGH2. Successivamente la PGH2 può essere il substrato per ben 5 enzimi, per la formazione dei Prostanoidi: a) TROMBOSSANO-SINTASI: trasforma la PGH2 in Trombossano-A2 (TXA2). Il TXA2 provoca aggregazione piastrinica legandosi al recettore detto TP, presente sulle piastrine, in 2 sottotipi (entrambi accoppiati a 1 Gq con attivazione della PLC ed aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari): TP1 media il cambiamento di forma delle piastrine, con l‘aumento del Ca+2 citoplasmatico; TP2 media la secrezione di granuli e l‘aggregazione piastrinica. Si ricercano degli antagonisti recettoriali potenzialmente utilizzabili come antitrombotici (Sulotroban, Ifetroban, Daltroban) b) PROSTAGLANDINA D-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaglandina-D2 (PGD2). La PGD2 si lega al recettore ( accoppiato a 1 Gs con aumento delle [AMPc] intracellulari ) detto DP presente sulla muscolatura liscia vasale, nelle piastrine e nel cervello. L‘attivazione del recettore provoca inibizione dell‘aggregazione piastrinica ed inibisce il tono della muscolatura liscia vasale c) PROSTAGLANDINA E-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaglandina-E2 (PGE2). La PGE2 si lega al recettore detto EP, presente in ben 4 sottotipi: EP1 è presente sulla muscolatura liscia vasale dove media la sua contrazione (è accoppiato a 1 Gq con attivazione della PLC ed aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ); EP2 è presente anch‘esso sulla muscolatura liscia vasale dove media però il suo rilassamento (è accoppiato a 1 Gs con aumento delle [AMPc] intracellulari); EP3 è distribuito in diversi tessuti dove causa l‘inibizione del rilascio di neurotrasmettitori (è accoppiato a 1 Gi con inibizione dell‘ Adenilato ciclasi e diminuzione delle [AMPc] intracellulari); EP4 si trova a livello renale, dove controlla il riassorbimento di Na+ e H2O (è accoppiato a 1 Gs con aumento delle [AMPc] intracellulari). Sono agonisti di EP1, EP2 ed EP3: Iloprost, Sulprostone, Misoprostolo, Enprostil d) PROSTAGLANDINA F-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaglandina-F2 (PGF2). La PGF2 si lega al recettore detto FP (accoppiato a 1 Gq con attivazione della PLC e aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ) presente a livello uterino, vascolare e bronchiale, dove provoca contrazione di tale muscolatura liscia Il Latanoprost è un agonista selettivo del recettore prostanoide FP che riduce la pressione intraoculare aumentando il deflusso dell'umore acqueo. La diminuzione della pressione intraoculare inizia dopo circa 3-4 ore dopo la somministrazione e raggiunge il massimo effetto dopo 8-12 ore. I valori raggiunti si mantengono per almeno 24 ore. Il farmaco è già presente sul mercato europeo a partire dal 1996. 451 Xalatan può causare una colorazione più scura dell'iride prevalentemente nei pazienti con iridi di colore disomogeneo e ciò è da ascrivere ad un aumento della melanina nei melanociti dello stroma dell'iride. L'incidenza maggiore è stata riscontrata nei pazienti con iridi verde-marrone e giallo-marrone. Il cambiamento del colore ottenuto può essere permanente. Alcuni soggetti possono lamentare dopo somministrazione oculare di Xalatan una leggera sensazione di corpo estraneo, una leggera iperemia congiuntivale, epiteliopatia corneale punctata transitoria. Xalatan può causare inscurimento, ispessimento e allungamento delle ciglia. Raramente può presentarsi edema maculare. e) PROSTAGLANDINA I-SINTASI: trasforma la PGH2 in Prostaciclina (PGI2) che è il prodotto + abbondante del metabolismo dell‘ Ac. Arachidonico nel tessuto vascolare. La PGI2 si lega al recettore detto IP (accoppiato a 1 Gs con aumento delle [AMPc] intracellulari) inibendo l‘ aggregazione piastrinica e inducendo vasodilatazione. Esistono diversi agonisti di tale recettore: Cicaprost, Octimibate, Iloprost, che si sono dimostrati efficaci x il trattamento delle vasculopatie periferiche. Attualmente Iloprost è usato come antitrombotico, anche perché riduce la formazione di TXA2. B) VIA DELLA 5-LIPOSSIGENASI: La 5-Lipossigenasi ha 2 subunità catalitiche che convertono l‘ Acido Arachidonico tramite 1 OSSIGENASI in Acido 5-Idro-Perossi-Eicosa-Tetra-Enoico e quest‘ultimo tramite 1 DEIDRASI in Leucotriene-A4 (LTA4), un epossodo instabile. Successivamente l‘ LTA4 può essere, o trasformato in Leucotriene-B4 (LTB4) tramite l‘ enzima LTA4-Idrolasi, oppure trasformato in Leucotriene-C4 (LTC4) e in altri leucotrieni detti sulfidopeptidici (LTD4 e LTE4) attaverso coniugazione con il Glutatione. - Il Leucotriene-B4 (LTB4) è prodotto principalmente dai leucociti polimorfonucleati neutrofili e, legandosi al recettore OH-LTR (collegato a 1 Gq con attivazione della PLC e con aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ), induce la chemiotassi, l‘aggregazione e la liberazione di granuli lisosomiali - Il Leucotriene-C4 (LTC4) induce contrazione della muscolatura liscia vasale e bronchiale, legandosi a 2 recettori chiamati CysLT1 e CysLT2. Gli altri leucotrieni detti sulfidopeptidici (LTD4 e LTE4) condividono molte delle attività biologiche del LTC4 e si pensa che si leghino agli stessi recettori del LTC4. Si conoscono degli antagonisti recettoriali del recettore CysLT1(collegato a 1 Gq con attivazione della PLC e con aumento delle [IP3] e [DAG] intracellulari ) usati come farmaci Antiasmatici (vedi capitolo): Zafirlukast (peptide) e Montelukast. Essi sono appropriati x la terapia di mantenimento nei pazienti con asma in cui non sia sufficiente l‘uso dei soli broncodilatatori. Possono essere somministrati in pazienti con asma di tipo severo allo scopo di ridurre la dose giornaliera di glucocorticoidi. Si pensa essi siano attivi x trattare 1 forma d‘ asma dovuto alla 452 biosintesi eccessiva di leucotrieni sulfido-peptidici LTC4, LTD4, LTE4 (asma indotto da Aspirina o dall‘esercizio fisico). I FANS sono molecole in grado di bloccare l‘ enzima chiave della cascata dell‘ acido Arachidonico, via deputata alla conversione dell‘ acido arachidonico in prostaglandine ( mediatori dell‘ iniammazione): la CICLOSSIGENASI (COX). Oggi si distingue una COX 1 (o basale , sempre attiva, di tipo costitutivo, presente nella maggior parte dei tessuti e coinvolto nella trasmissione del segnale fra cellula e cellula) e una COX 2 (o indotta dall‘attivazione delle cellule infiammatorie e pare sia responsabile della produzione dei prostanoidi, mediatori dell‘infiammazione) che si esprime durante i processi infiammatorii, per cui distinguiamo farmaci non selettivi, capaci di bloccare entrambe le cox alterando pure il metabolismo basale (gastrolesivita‘) e poi farmaci selettivi x la cox 2 che bloccano solo la cox indotta, progettati sfruttando la differente conformazione spaziale delle 2 cox. La maggior parte dei FANS agisce su entrambi, con una maggiore selettività per una isoforma anziché per l‘altra, ma l‘azione antiinfiammatoria è verosimilmente data dall‘inibizione della COX-2, mentre gli effetti collaterali sono probabilmente dati dall‘azione su COX-1. I farmaci appartenenti a questa categoria fanno parte di classi chimiche diverse, e la maggior parte di loro presenta tre effetti principali: 1. Azione antiinfiammatoria. 2. Azione analgesica. 3. Azione antipiretica. Tutti questi effetti sono dovuti principalmente all‘inibizione della ciclo-ossigenasi dell‘acido arachidonico, e di conseguenza all‘inibizione della produzione di prostaglandine e trombossani. La COX ha come substrato l‘Acido Arachidonico che si lega con 2 legami a H nella COX: a) il –CO del –COOH si lega con la Ser 530 o 525 b) l‘ –OH del –COOH si lega con l‘ Arg 120 o 129 Il C sp3 in 11 dell‘Acido Arachidonico subisce la perossidazione. A. INIBITORI NON SELETTIVI DELLA COX 1e 2 EFFETTO ANTIPIRETICO. La temperatura normale è regolata da un centro che si trova a livello dell‘ipotalamo che funziona da termostato. In alcuni casi il termostato può essere alzato, producendo così la febbre: i FANS agiscono riportando il termostato a valori normali. Una volta impostato vengono attuati i meccanismi per riportare la temperatura a valori normali. I FANS sono probabilmente in grado di inibire la produzione di prostaglandine a livello ipotalamico. Pare che durante la reazione infiammatoria, le endotossine batteriche determinino il rilascio dell‘IL-1, un pirogeno, che può stimolare la produzione di prostaglandine da parte dell‘ipotalamo. 453 EFFETTI ANALGESICI Molte prostaglandine sono in grado di sensibilizzare le terminazione nervose afferenti a mediatori chimici come la bradichinina. Quindi, in presenza di PGE1 o PGE2 il dolore sarà avvertito con concentrazione minori dei mediatori dell‘infiammazione. I FANS sono quindi analgesici quando il dolore è associato all‘infiammazione o al danno tissutale quindi in quei casi in cui il dolore è provocato dalla liberazione delle PGE: Artrite; Borsite; Dolore di origine articolare e/o vascolare; Mal di denti, Dismenorrea; Dolore post-partum; Dolore associato alla presenza di metastasi ossee. Possono essere utili nel diminuire il mal di testa probabilmente annullando l‘effetto dilatatorio delle PGE sulla circolazione cerebrale. Sono anche utilizzati, in associazione con gli oppiacei, nel trattamento del dolore post-operatorio e possono ridurre di un terzo la quantità di oppiacei utilizzati. Alcuni FANS, come l‘indometacina ed il naproxene, possono ridurre anche dolori di tipo non infiammatorio. EFFETTI ANTIINFIAMMATORI I FANS sono in grado di ridurre le componenti dell‘infiammazione e della risposta immunitaria in cui sia coinvolta la COX-2, cioè: Vasodilatazione; Edema; Dolore. Altri effetti dei FANS sono rappresentati, ad esempio, dalla capacità dell‘aspirina di bloccare la diarrea provocata dal trattamento radioterapico di tumori pelvici, che è probabilmente determinata dalla produzione di PGE a livello intestinale. Il sulindac invece, è anche un potente inibitore dell‘enzima aldoso-reduttasi, che si trova a livello del cristallino e riduce il glucosio a sorbitolo. Questo enzima pare sia coinvolto nello sviluppo della cataratta e della neuropatia diabetica. MECCANISMO D‘AZIONE Tutti i FANS agiscono sulla ciclo-ossigenasi dell‘acido arachidonico, che è un enzima che possiede due attività distinte: 1. Formazione di PGG2 (attività di ciclo-ossigenasi); 2. Conversione di PGG2 a PGH2 (attività perossidasica). I FANS agiscono diversamente su questo enzima, ma tutti agiscono sulla formazione di PGG2. A livello della COX-1 il sito ciclo-ossigenasico è un lungo canale idrofobico. L‘aspirina causa una inibizione irreversibile dell‘enzima in quanto si lega ad una 454 serina che si trova all‘apice del canale, inibendo così l‘ingresso dell‘acido arachidonico. Altri FANS si legano ad altri siti dell‘enzima, ma l‘aspirina è l‘unico che causa una modificazione covalente e irreversibile. Il recupero della funzionalità dell‘enzima richiede la sintesi di nuovi enzimi, quindi l‘effetto farmacologico dell‘aspirina dura anche quando il farmaco è già stato eliminato dal tessuto. EFFETTI INDESIDERATI COMUNI 1. Disturbi gastrointestinali Questi sono i disturbi più comuni provocati dall‘assunzione di FANS. Il rischio di questi disturbi è tre volte maggiore nei soggetti che assumono FANS rispetto alla popolazione che non li assume. Gli effetti comuni sono: diarrea, o costipazione, dispepsia, nausea e vomito. È noto inoltre che circa un quinto delle persone che fanno uso cronico di FANS soffrono di un danno gastrico, che può essere silente, ma che porta con sé un piccolo, ma preciso rischio di perforazione o emorragia. Il piroxicam è il FANS a maggior rischio di queste complicanze, mentre l‘ibuprofene presenta il rischio minore. Il danno gastrico è principalmente dovuto all‘inibizione delle PGE che, a livello gastrico, inibiscono la secrezione acida, svolgono un‘azione protettiva sulla mucosa e modulano il flusso ematico. 1. Reazioni cutanee Rappresentano il secondo effetto indesiderato più comune. Si hanno reazioni cutanee principalmente in seguito all‘assunzione di acido mefenamico e di sundilac. I danni sono rappresentati da eruzioni cutanee, irritazioni, fotosensibilità e solo molto raramente da malattie molto serie e potenzialmente mortali. 2. Effetti renali In alcuni pazienti il trattamento con FANS può provocare IRA. Questo effetto è dovuto all‘inibizione della sintesi delle PGE1 e PGE2 che sono coinvolte nel mantenimento del flusso renale e all‘inibizione della vasodilatazione in risposta alle catecolamine e all‘angiotensina II. L‘IRA è reversibile con la sospensione del trattamento, e solitamente non si sviluppa in persone sane, ma in pazienti con patologie a carico del flusso renale. Il consumo cronico di FANS può provocare la comparsa di NEFROPATIA DA ANALGESICI che comprende la nefrite cronica e la necrosi papillare renale. Questa patologia si sviluppa con l‘assunzione di massicce dosi di FANS: pare che l‘uso, anche quotidiano, di basse dosi di aspirina non provochi questi danno. INDICAZIONI 1) Antipiresi (paracetamolo, ibuprofene, salicilati, altri) 2) Reumatismi acuti e cronici (salicilati, indometacina, tolmetina, naprossene) 3) Analgesia (paracetamolo, salicilati, Ketorolac, altri) 455 4) 5) 6) 7) 8) Dismenorrea primaria (ibuprofene, naprossene, acido mefenamico, nimesulide) Coliche renali ed epatiche (Ketorolac, diclofenac) Azione antiaggregante piastinica (acido acetilsalicilico) Azione antinfiammatoria (analgesica e antipiretica) nelle infezioni respiratorie Trattamento dell‘artrite reumatoide e dell‘osteoartrosi(coxibi come Celecoxib, nimesulide) 9) Infiammazioni Muscolo sheletriche (Ketorolac, diclofenac, nimesulide) 10) Trattamento di flebiti, tromboflebiti, linfangiti (Ketoprofene, ibuprofene) 1. SALICILATI I primi salicilati ad essere sintetizzati furono l‘acido salicilico e l‘acido acetilsalicilico. STORIA DELL‘ASPIRINA Le origini dell'Aspirina vanno ricercate nella natura. La storia dell‘aspirina, che è poi la storia della corteccia e della foglia del salice, incomincia nel 400 a.C. Anche se le sue virtù terapeutiche vengono menzionate già nel papiro di Ebers, all'incirca 2000 anni prima di Cristo. Già Ippocatre di Kos (460-377 a.C.), il padre della medicina, si accorse delle proprietà antidolorifiche contenute nella corteccia e nelle foglie di salice e consigliò ai suoi pazienti afflitti dai più svariati dolori, di curarsi con un infuso di quelle foglie. Troviamo infatti segnalata negli scritti del medico ateniese (―Corpus Hippocraticum‖, V secolo a.C.) l'azione analgesica della linfa estratta dalla corteccia di salice che conteneva, come oggi sappiamo, l'acido salicilico. Dall‘epoca della grande intuizione di Ippocrate gli uomini per secoli hanno fatto uso del salice per combattere mali di testa, febbri, reumatismi. Ancora oggi i contadini greci masticano le sue foglie per combattere e addirittura prevenire i dolori reumatici. Le proprietà della corteccia del Salix alba vulgaris contro febbri, dolori in genere ed "eccitazione sessuale" furono celebrate un secolo dopo Cristo dal medico greco Dioscoride e, ancor prima, dagli Egizi con infusi a base di corteccia. Anche Plinio, nel I secolo d.C. concorda nell'attribuire agli infusi a base di Salice proprietà febbrifughe ed analgesiche. L‘ Acido Acetil-Salicilico o ASA o Aspirina, oltre che nell‘infiammazione può essere utile in molte altre situazioni: Grazie alla sua attività di antiaggregante piastrinica, è stato dimostrato che basse dosi di aspirina riducono l‘incidenza di IMA, di infarto cerebrale e della mortalità dei pazienti ad alto rischio; Basse dosi di aspirina aumentano la pervietà dei trapianti coronarici e possono ridurre il rischio di tromboembolia venosa; Un uso regolare e continuo di aspirina, pare che riduca, virtualmente della metà, il rischio di cancro al colon e al retto; Una meta-analisi mostrò che basse dosi di aspirina riducevano il rischio di ipertensione durante la gravidanza, senza effetti nocivi sulla madre e sul feto, 456 ma studi clinici più recenti hanno dimostrato che i risultati non sono soddisfacenti; L‘aspirina è utile nel trattamento della diarrea causata dalla radioterapia. Farmacocinetica. I salicilati sono acidi deboli, quindi sono poco ionizzati al pH dello stomaco, e vengono quindi assorbiti bene. L‘aspirina viene idrolizzata nel plasma e nei tessuti ad opera delle esterasi e viene trasformata in salicilato. A basse dosi la maggior parte del salicilato è legata alle proteine plasmatiche, ma ad alte concentrazioni la parte legata è minore, quindi disponibile nei tessuti. Il 25% del salicilato viene ossidato, una parte viene coniugata per dare glucuronato o solfato prima dell‘escrezione e circa il 25% viene escreto intatto. L‘escrezione urinaria è maggiore se le urine sono alcaline in quanto la maggior parte del salicilato escreto inalterato a pH alcalino si ionizza risultando meno riassorbibile dai tubuli. A basse dosi il t1/2 è di circa 4 h e l‘eliminazione segue una cinetica di primo ordine, con alte dosi invece (> 4 g/die), l‘eliminazione segue cinetiche di saturazione e il farmaco è reperibile nel sangue per più di 15 h. Effetti indesiderati A livello locale l‘aspirina può provocare gastriti ed erosioni della mucosa, dovute alla inibizione della produzione di PGE che proteggono la mucosa. Uno studio su 200 soggetti sani a cui veniva somministrata aspirina, ha dimostrato che buona parte di essi eliminava con le feci da 2 a 6 ml di sangue al giorno, ed alcuni avevano anche sanguinamenti maggiori. Oltre all‘azione sulla mucosa gastrica, contribuisce al sanguinamento, anche l‘azione antiaggregante piastrinica. A livello sistemico si può verificare una condizione di tossicità cronica moderata, in seguito ad ingestioni ripetute di alte dosi di salicilati. Questa condizione prende il nome di salicilismo, ed è caratterizzata da tinnito, vertigini, diminuzione dell‘udito, e qualche volta nausea e vomito. È stata riscontrata una associazione fra assunzione di aspirina, da parte di bambini con infezioni virali, e la sindrome di Reye, una patologia rara in cui sono presenti epatopatia ed encefalopatia che mostra una mortalità del 20-40%. Dosi terapeutiche elevate possono causare disturbi dell‘equilibrio acido-base: i salicilati disaccoppiano le fosforilazioni ossidative, portando ad un maggior consumo di O2 e quindi ad una maggior produzione di CO2: questo evento causa iperventilazione. I salicilati stimolano la respirazione attraverso un‘azione diretta sul centro del respiro: tutto ciò provoca da parte di un rene sano, un aumento dell‘escrezione di bicarbonati. Il risultato sarà quindi una alcalosi respiratoria compensata. Dosi maggiori di salicilati possono provocare depressione del centro respiratorio, con ritenzione di CO2, e quindi aumento della PCO2: questo evento si sovrappone ad una alcalosi respiratoria compensata, e quindi ad una diminuzione dei bicarbonati plasmatici: in questo caso si sviluppa quindi una acidosi respiratoria scompensata. Questa può essere inoltre aggravata dalla presenza di una acidosi 457 metabolica dovuta alla produzione di piruvati, lattati, acido acetico e al carico acido dovuto all‘assunzione del salicilato stesso. L‘iperpiressia è causata dall‘aumento del metabolismo, e la disidratazione può essere aggravata dalla presenza di vomito. Dosi tossiche possono anche provocare una alterazione dell‘emostasi. Questa descrizione riguarda l‘avvelenamento da salicilati, che è più frequente e più grave nei bambini, dove generalmente causa acidosi metabolica. La terapia si basa sul lavaggio gastrico e sulla diuresi alcalina forzata (con somministrazione di citrato di sodio o di potassio) che può essere attuata se il paziente presenta buone condizioni circolatorie e renali. L‘aspirina interagisce con diversi farmaci: l‘interazione con il warfarin può essere pericolosa, in quanto si ha un aumento dell‘effetto del farmaco, sia per lo spiazzamento dalle proteine plasmatiche, sia per l‘effetto dell‘aspirina sulle piastrine. L‘aspirina può ridurre l‘escrezione di urato, non andrebbe quindi utilizzata nella gotta. - AC. ACETIL SALICILICO o ASPIRINA (si lega all‘ Arg 120 o 129 con legame ionico ed esterifica con legame covalente la Ser 525 o 530) - SALICILAMMIDE - TIOSALICILATO - SALSALATO - DIFLUNISAL ( inibitore Reversibile xchè si lega solo all‘ Arg 120 o 129 con legame ionico) 2. DERIVATI DELL‘ ACIDO ANTRANILICO - ACIDO FLUFENAMICO - AC. MEFENAMICO - AC. MECLOFENAMICO 3. DERIVATI FENIL- ACETICI Con tali molecole l‘ effetto analgesico viene ottenuto nella sua piena espressione in una settimana, mentre x realizzare un effetto antinfiammatorio completo occorrono in genere 2-3 settimane - ALCLOFENAC - BUFENAC - DICLOFENAC - FENCLOFENAC - KETOROLAC emivita 5h - ETODOLAC - FENTIAZAC - ACECLOFENAC ha un effetto di stimolo sulla sintesi della matrice cartilaginea e una certa selettività x la Cox-2. 458 4. DEIVATI 2- FENILPROPIONICI (dell‘ acido propionico) Questi farmaci avendo 1 C chirale posseggono 2 isomeri con differente attività: nonostante ciò, però viene somministrata la forma racemica, perché pur essendoci 1 eutomero (isomero con max attivita‘) e 1 distomero (isomero con minima attività), c‘è 1 enzima Isomerasi specifica, che converte anche il distomero in eutomero, con incremento di attività ! - IBUPROFENE emivita 2 h - KETOPROFENE - DEXKETOPROFENE - ACIDO TIAPROFENICO - NAPROSSENE - FENOPROFENE - INDOPROFENE - FLURBIPROFENE - OXAPROZINA - PIRPROFENE - FURPROFENE 5. - DERIVATI INDOL-ACETICI INDOMETACINA (introdotta nel 1965) emivita di 3 h SULINDAC ACEMETACINA PROGLUMETACINA ZOMEPIRAC BENDAZAC FELBINAC IBUPROXAM BUFEXAMAC 6. OXICAMI ( FANS CON GRUPPO CARBOSSILICO MASCHERATO) Abbiamo la formazione di forme tautomeriche a pH acido, con 1 carica negativa delocalizzata, paragonabile a 1 COOH (gruppo carbossilico). Perciò essi hanno 1 azione fortemente inibitrice della Cox e 1 emivita più lunga. - PIROXICAM emivita di 40 h - TENOXICAM emivita di 72 h - DROXICAM - MELOXICAM - CINNOXICAM - LORNOXICAM 7. PIRAZOLONI (3,5 PIRAZOLIDIN DIONI) - 3,5 PIRAZOLIDINDIONE - ANTIPIRINA - AMINOPIRINA 459 - FENILBUTAZONE - OSSIFENBUTAZONE - NORAMMINOPIRINA (metamizolo-novalgina) solubile in H2O 8. DERIVATI DELL‘ ANILINA (Sono degli Antipiretici ; bloccano la CICLOSSIGENASI a livello del SNC) - PARACETAMOLO è uno dei farmaci più utilizzati come analgesico non narcotico e antipiretico. Ha solo una lieve attività antiinfiammatoria. Farmacocinetica Viene somministrato per os ed ha un buon assorbimento. È inattivato dal fegato mediante glucuronazione o formazione di solfato. A dosi terapeutiche l‘emivita del farmaco è di 2 o 3 h, ma con dosi tossiche può arrivare a 48 h. Effetti indesiderati. Ha pochi e poco frequenti effetti indesiderati, che sono perlopiù reazioni allergiche cutanee. Però la regolare assunzione di paracetamolo per lunghi periodi può aumentare il rischio di danno renale. L‘assunzione di dosi tossiche ( 2 o 3 volte la massima dose terapeutica) può causare una seria, e a volte fatale, epatotossicità. Questa condizione si sviluppa quando gli enzimi epatici che catalizzano l‘eliminazione del farmaco vengono saturati. In questo modo il farmaco viene metabolizzato dalle ossidasi ad azione mista. Il metabolita tossico che ne risulta viene inattivato per coniugazione con il glutatione; quando questo esaurisce il metabolita tossico si accumula e reagisce con i costituenti nucleofili della cellula: questo provoca necrosi dell‘epatocita e a volte anche della cellula renale. I sintomi dell‘avvelenamento acuto sono nausea e vomito, in quanto l‘epatotossicità si sviluppa 24-48 h più tardi. Il trattamento prevede il lavaggio gastrico e la somministrazione i carbone attivo. - ACETANILIDE - FENACETINA - LACTOFENINA 9. ALTRI NON SELETTIVI - ACIDO NIFLUMICO - NABUMETONE - BENZIDAMINA - ACIDO MORNIFLUMICO( Estere beta-morfolin-etilico dell‘ acido niflumico- è 1 profarmaco) - TOLMETINA - AMTOLMETINA B. INIBITORI SELETTIVI DELLA COX 2 (cox indotta) 460 Dal punto di vista chimico cio‘ che li caratterizza è 1 gruppo a Y (NH-SO2; NHCH3) , capace di entrare solo nella cox2: sono poco o x nulla gastro-lesivi. Usati x osteoartrosi, artrite reumatoide, trattamento del dolore anche cronico. Sono in sperimentazione come terapia dei tuori del colon-retto, della mammella, della prostata e x la terapia dell‘asma, dell‘ aterosclerosi e dell‘Alzheimer (?) - NIMESULIDE - CELECOXIB - ROFECOXIB - VALDECOXIB C. ALTRI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI - VIMINOLO è in grado di inibire la percezione degli stimoli algogeni e la loro elaborazione. Tale azione si esplica sul SNC, a livello subcorticale, ed è notevolmente specifica. Si pensa abbia 1 azione euforizzante a causa della sua analogia nella formula di struttura a quella dell‘ ecstasy (metilen-diossi-metaamfetamina o MDMA) e dell‘ efedrina - NEFOPAM agisce a livello centrale modificando la percezione cosciente del dolore senza compromettere l‘efficienza intellettuale. BOX di Approfondimento: L‘ OSTEOARTROSI È una malattia articolare cronica caratterizzata da lesioni degenerative e produttive a carico della cartilagine diartrodale che provocano delle artralgie a lento ma progressivo sviluppo. La limitazione funzionale iniziale lascia, infatti, posto alla rigidità articolare ed infine alla deformità. Per quanto riguarda l‘incidenza l‘Osteoartrosi è la più comune di tutte le patologie articolari ed inizia in modo asintomatico nel II e nel III decennio, diventando universalmente diffusa all‘età di 70 anni. In Italia ci sono circa 3.500.000 di pz sintomatici per l‘OA. Da un punto di vista classificativo distinguiamo due forme: 1. OSTEOARTROSI PRIMARIA: può essere localizzata o generalizzata. La forma localizzata prevede l‘interessamento delle articolazioni di: Interfalangee distali e prossimali (provocando la formazione dei noduli di Heberden e di Bouchard) La prima articolazione carpo-metacarpale (pollice) I tratti cervicale e lombare della colonna vertebrale (cervico-disco-artrosi e lombo-disco-artrosi) La prima articolazione tarso-metatarsale (alluce) L‘anca (coxartrosi) Il ginocchio I dischi intervertebrali (disco-artrosi) 461 Le apofisi articolari vertebrali della colonna La forma generalizzata prevede l‘interessamento di almeno tre delle articolazioni sopra citate. 2. OSTEOARTROSI SECONDARIA: si presenta in seguito a: Traumi Malattie congenite o malattie dello sviluppo (displasie ossee, diabete) Deposito di sali di calcio (condrocalcinosi, cristalli di idrossiapatite, gotta) Altre malattie osteoarticolari (osteonecrosi asettica, Paget, ecc). L‘eziologia dell‘osteoartrosi non è nota ma si suppone che sia d‘origine multifattoriale. Da un punto di vista fisiopatologico la cartilagine articolare ha il compito di favorire il movimento dell‘articolazione riducendone l‘attrito, disperdere stress meccanici. Le articolazioni normali hanno un coefficiente di frizione così basso, che senza un uso veramente eccessivo o un trauma, esse non possono logorarsi. La cartilagine ialina non presenta vascolarizzazione, né innervazione, né vasi linfatici; soltanto il 5% del suo volume è occupato da cellule. È costituita da condrociti, che sono le cellule della cartilagine e possono sintetizzare collagene glicosaminoglicani ed enzimi e da una matrice extracellulare costituita da fibre collagene acqua e proteoglicani. Lo stato di salute della cartilagine dipende dall‘azione di pompa (compressione-rilasciamento) esercitata dal peso del corpo e dal movimento: durante lo sforzo il liquido sinoviale (funzione trofica) si sposta nello spazio articolare e da qui nelle venule; nella fase di riposo si verifica una riespansione iperidratazione ed assorbimento delle sostanze nutritive da parte della cartilagine. L‘osteoartrosi si presenta in conseguenza della una modificazione di questo microambiente che può verificarsi in seguito a due eventi patogeni: 1. ABNORME STRESS ARTICOLARE: FATTORI MECCANICI: malformazioni articolari o malposizioni (coxa valga, ginocchio valgo, ginocchio varo) INSTABILITA‘ ARTICOLARE: iperlassità legamentosa (eccessivo uso, microtraumi, lussazioni) ATTIVITA‘ PROFESSIONALI O SPORTIVE TRAUMA CON FRATTURA OBESITA‘ 2. ALTERAZIONI DELLA STRUTTURA CARTILAGINEA: INVECCHIAMENTO: si verifica una perdita d‘elasticità e resistenza alle sollecitazioni che favorisce l‘azione lesiva d‘altri fattori. MALATTIE METABOLICHE: diabete, gotta MALATTIE EREDITARIE: emocromatosi, condrocacinosi familiare, displasie MALATTIE ENDOCRINE: acromegalie, ipotiroidismo 462 INFIAMMAZIONE: artrite reumatoide, artriti sieronegative, artriti da microcristalli In seguito ad una o più di queste alterazioni il microambiente articolare si modifica. Le alterazioni di base sono probabilmente date da una riduzione dei proteoglicani e della quota idrica che provocano diminuzione della resistenza meccanica frammentazione delle fibre collagene necrosi del condrocita. I condrociti rispondono al danno replicandosi attivamente (nidi di proliferazione) ed aumentando la produzione di collagene di tipo II e proteoglicani che possono risultare difettosi. Inoltre vengono prodotte delle sostanze litiche per la matrice (interleuchine) ed in seguito ai microtraumi si liberano nell‘ambiente degli antigeni di provenienza cartilaginea e sinoviale. Il secondo evento è un‗aumentata attività osteoblastica a livello dell‘osso subcondrale che va incontro a sclerosi. Il terzo evento è la metaplasia delle cellule sinoviali periferiche, con formazione di osteofiti (costituiti da osso spugnoso e cartilagine) che circondano la periferia dell‘articolazione nelle zone non sottoposte a carico. Il quarto evento è la formazione di cisti ossee (pseudocisti o geodi) nella cavità midollare situata al di sotto dell‘osso subcondrale. Il meccanismo che porta alla formazione delle cisti è l‘espulsione del liquido sinoviale nel midollo, attraverso fissurazioni della cartilagine alla quale segue una reazione osteoblastica attorno al liquido sinoviale. Quando scompare del tutto la cartilagine articolare l‘osso subcondrale va incontro ad eburneizzazione cioè s‘ispessisce e funge da cartilagine. Il danno si estende anche dall‘altro versante articolare cioè a livello della membrana sinoviale dove si rilevano edema e congestione che evolvono in sinovite con ipertrofia villosa. A differenza dell‘AR non si formano né panno articolare né le erosioni. Anche la capsula articolare viene danneggiata e va incontro a fenomeni di ispessimento e fibrosi che provocano deficit di movimento e di drenaggio venoso. Ciò complica ulteriormente il quadro attraverso anossia, permanenza di sostanze nocive nell‘articolazione e versamento articolare che provoca dolore. Riassumendo l‘osteoartrosi è una patologia caratterizzata da due tipologie di lesioni che si susseguono: 1. LESIONI REGRESSIVE: si ha una perdita di sostanza a carico della superficie della cartilagine ialina che diviene bucherellata e irregolare, fino alla formazione ulcere diffuse 2. LESIONI PRODUTTIVE: si verifica una proliferazione di tutti gli elementi strutturali dell‘articolazione: osso, capsula, tendine, cartilagine e sinovia. Per quanto riguarda il quadro clinico, l‘esordio è in genere subdolo e graduale con interessamento di una o alcune articolazioni. Il dolore (sordo) è il sintomo più precoce, si aggrava con il movimento e viene attenuato dal riposo. Non è presente a riposo poiché l‘OA non è una malattia infiammatoria (almeno non lo è nella fase iniziale quando la sinovia non è ancora interessata). E‘ presente rigidità articolare che è maggiore al risveglio o dopo inattività. È in ogni modo di breve durata (5-10 min.) e non supera mai i 30 min. (diagnosi differenziale con AR). Con il progredire della malattia la motilità articolare diminuisce, si verificano contratture muscolari in flessione e si avvertono crepitii e scrosci dovuti ad irregolarità delle superfici articolari. Si sviluppa infine una lassità legamentosa che aumenta l‘instabilità 463 dell‘articolazione ed il dolore. La deformità e le sublussazioni sono l‘evento finale dell‘osteoartrosi e sono la conseguenza di: Riduzione di volume della cartilagine Collasso dell‘osso subcondrale Osteofiti (speroni) Atrofia muscolare Pseudocisti La tumefazione articolare è molle se è presente un versamento mentre è dura se è assente poiché prevalgono gli osteofiti. In base alla localizzazione dell‘OA avremo: 1. CERVICO-DISCO-ARTROSI: localizzata a livello dell‘apofisi posteriore delle vertebre cervicali (C5-C6-C7) provoca alterazioni a livello del disco intervertebrale con schiacciamento del disco stesso e protrusione del nucleo polposo. Le fibre più esterne del disco vengono erose e sostituite da tessuto osseo (sindesmofita).Il quadro è dominato da dolore cervicale che s‘irradia alle spalle o alla nuca. Si verificano due sindromi distinte: Sindromi cervicali basse: dominate da cervico-brachialgie; Sindrome di Neri-Barret: caratterizzata da dolore cervicale, dolore lombare, dolore labirintico, oculare e faringeo. Più che a compromissione del rachide cervicale sembra dovuta ad un deficit di irrorazione da compressione dell‘arteria vertebrale. 2. LOMBO-DISCO-ARTROSI: si distinguono due forme: ACUTA: è data dalla sindrome del canale lombare che provoca una compressione della cauda equina con conseguente sintomatologia a carico degli arti inferiori, dell‘apparato genitourinario. CRONICA: è caratterizzata da un dolore lombare basso che s‘irradia al sacro e alle natiche. La causa è sconosciuta e si verificano episodi di remissione alternati a riacutizzazioni. È favorita da scoliosi, iperlordosi, coxopatie croniche, dismetrie degli arti inferiori, sacralizzazione della V vertebra lombare e microtraumi (martello pneumatico). La diagnosi differenziale va posta con lombalgie muscolari e psicolgene, pseudolombalgie riflesse (eco rene, stomaco, pelvi), patologie del rachide (metastasi, mieloma, osteoporosi) e spondiloartriti. 3. COXARTROSI 4. ARTROSI DELLE MANI La diagnosi viene effettuata generalmente sulla base dei segni e dei sintomi clinici e nei pz asintomatici sui reperti radiografici. È utile effettuare un emocromocitometrico per escludere altre cause di artrite (gotta, AR) o per evidenziare patologie primitive. Lo stesso vale per l‘esame del liquido sinoviale che sarà di natura non infiammatoria (a volte possono essere presenti microcristalli). Gli indici di flogosi ed i parametri immunitari sono nella norma. La radiografia rileva: Riduzione della rima articolare da perdita di tessuto cartilagineo 464 Sclerosi subcondrale da ispessimento osseo riparativo Osteofitosi marginale da proliferazione ossea e cartilaginea Geodi o pseudocisti da microfratture subcondrali con fuoriuscita di liquido sinoviale La terapia dell‘Osteoartrosi è multidisciplinare. La terapia medica prevede un duplice approccio: SINTOMATICO: si somministrano FANS e salicilati. Gli steroidi per Os sono di norma controindicati a meno che non sia presente una flogosi sistemica. Si preferisce effettuare delle infiltrazioni intrarticolari con cicli di 4-5 mesi intervallati da un mese di pausa per un periodo massimo di 4-5 anni. Si somministra inoltre acido ialuronico. "DI FONDO": si somministrano dei ―Condroprotettori‖, cioè sostanze capaci di: - inibire gli enzimi litici (elastasi, proteasi, jaluronidasi, glucuronidasi, betaacetilglucaminidasi) che degradano la cartilagene articolare, aumentando la disponibilità del substrato da parte del condrocita - stimolare la biosintesi dei proteoglicani e quindi i processi riparativi della cartilagine - inibire gli immunocomplessi originatisi dal processo flogistico. Queste sostanze sono il Galatturoglicano solfato(Condral), la Glucosammina (Dona), Diacereina (Fisiodar), Acido Ialuronico (Hyalgan) La fisioterapia e la chinesiterapia sono effettuate per prevenire le alterazioni funzionali o per ridurne la gravità. La fisioterapia comprende: TERMOTERAPIA ESOGENA: si avvale dell‘utilizzo di paraffina, infrarossi, fangoterapia. TERMOTERAPIA ENDOGENA: si avvale della radar terapia. ELETTROTERAPIA: si avvale di