CHIESA CRISTIANA MILLENARISTA
PESCARA
CORSO DI STUDI BIBLICI
(AD USO INTERNO)
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LEZIONE XI
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“IO TI SCRIVO
QUESTE COSE AFFINCHĔ TU SAPPIA
COME BISOGNA COMPORTARSI NELLA CASA DI DIO,
CHE Ĕ LA CHIESA DELL’ IDDIO VIVENTE, COLONNA E
BASE DELLA VERITĂ” ( 1. Timoteo cap. 3 vss. 14/15 ).
LEZIONE XI
Terza
Parte
------- L A
C H I E S A -------
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I
I grandi capovolgimenti politici dei secoli XIX e XX hanno modificato
profondamente la struttura della Società, portando le masse popolari alla
conquista del potere in molte nazioni, mentre in altre le forze del lavoro,
organizzate in potenti sindacati, sono in grado di condizionare l’equilibrio
economico e politico dello Stato, determinando il crollo delle strutture feudali
della Società. Due conflitti mondiali hanno inoltre provocato il crollo di potenti
imperi coloniali, determinando il sorgere di numerosi stati indipendenti in Africa
ed in Asia, i quali si affacciano per la prima volta alla ribalta della storia.
Il secolo XX si caratterizza in particolar modo per il progresso scientifico
che tocca tutti gli altri campi dell’attività umana. Oltre alla scoperta ed al
controllo dell’energia nucleare ed alle mirabolanti conquiste spaziali, le quali da
sole hanno inaugurato una nuova epoca, non vi è ramo dell’attività umana che
non venga studiato e sviluppato, né settore della produzione che non venga
potenziato e sfruttato al massimo. Ciò ha provocato l’abbandono di vecchi
sistemi e di concetti patriarcali della vita, lo spopolamento graduale delle
campagne, il sorgere della civiltà industriale, che ha portato grandi masse verso
le città.
La Società odierna si trasforma continuamente; rimette in discussione e
rigetta tutti quei principî etici e spirituali che per millenni guidarono il cammino
dell’umanità; distrugge tutti i miti del passato, indirizzando l’individuo verso più
realistiche concezioni di vita. L’uomo oggi non si interessa più di problemi
spirituali, non ama la speculazione teologica, rimane indifferente davanti al
sentimento religioso, sottoponendosi solo all’osservanza formale di alcuni riti
praticati dalle Chiese, più che altro per quieto vivere o per una vaga
superstizione non ancora scomparsa. Se la Società odierna ha una religione,
essa è rappresentata dalla scienza e dal tecnicismo; se ha un Dio, esso è il “dio
macchina”. Ma vi è anche un’altra forma di religione che ha conquistato le
masse oggidì; una religione con migliaia di idoli, molto più numerosi di quelli
dell’antico Egitto, di Babilonia, della Grecia e di Roma, anzi di tutti essi messi
insieme, costituiti dalle varie “stelle” del firmamento cinematografico, musicale,
sportivo, i cui altari sono costituiti dalla celluloide, dai dischi a non so quanti
“giri” o prese in giro, dagli stadi entro i quali folle immense vanno ad “adorare”.
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DOMANDE: a) Quali trasformazioni hanno portato in seno alla Società del
nostro tempo i capovolgimenti di questi ultimi due secoli?
b) In che cosa si caratterizza questo ventesimo secolo?
c) Quali sono gli indirizzi della Società odierna?
d) Qual è la nuova professione “religiosa” delle masse?
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II
Preso atto di questo processo evolutivo della Società, i vari conduttori della
Cristianità si chiedono se sia lecito che la “Chiesa” vi rimanga assente o se una
sua partecipazione alle attività secolari possa correggere certe storture, evitare o
limitare alcune degenerazioni pur senza impedirne il progresso, ma
indirizzandolo verso concezioni più cristiane della vita.
L’argomento è di attualità ed interessa più o meno tutte le Chiese della
Cristianità, molte delle quali (Cattolicesimo romano, Ortodossìa,
Anglicanesimo, Protestantesimo) già da diversi secoli collaborano attivamente
con il potere civile, mentre le altre, vissute sino ad ora in una condizione di
isolamento, si pongono per la prima volta il problema della loro unificazione e
del loro inserimento nelle attività secolari, sotto lo specioso pretesto di far
sentire la “presenza” della Chiesa ovunque.
Prima di esaminare la Parola di Dio, sarà bene tuttavia tracciare una breve
sintesi della cooperazione tra lo Stato e la Chiesa, nel corso dell’età del Vangelo.
Diciamo subito senza equivoci che tale cooperazione iniziò dopo l’editto di
Milano, allorché si avviò quel processo di trasformazione e mondanizzazione
della Società cristiana. Questa aveva tentato, con successo, di conquistare
l’Impero alla fede di Cristo; questa fede si sparse ovunque, trionfando sul
paganesimo che, dopo una lenta agonìa, cesso di esistere. Ma, come scrive uno
scrittore contemporaneo, più che la conversione di Cesare al Cristianesimo,
avviene la conversione del Cristianesimo al cesarismo, che è come dire al
paganesimo, risorto sotto la vernice cristiana. Questa collaborazione portò a
maturazione l’episcopato monarchico (che nel linguaggio apocalittico viene
chiamato “nicolaismo”), il quale sfociò inevitabilmente nel cesaro-papismo
prima e nel papato poi.
D’altra parte, come non vedere nella conversione della Roma pagana al
Cristianesimo una manifestazione dell’avvento del regno di Cristo? Agostino,
nel “De Civitate Dei” sostenne che la “Città di Dio” e la “Città terrena” o “Città
di Satana”, nel corso dei secoli, si sarebbero strettamente legate e mescolate
l’una all’altra, in modo che cittadini dell’una città amministrino le cose
dell’altra, rimanendo così intricate e confuse fino alla loro separazione, nel
giudizio finale (Libro 1°, cap. xxxv). Questa tesi, in contrasto con la Scrittura,
fornì la piena giustificazione teologica alla collaborazione ed al connubio tra la
Chiesa e lo Stato.
Per diversi secoli l’imperatore viene considerato come colui che viene
subito dopo Dio “poiché non lo Stato è nella Chiesa, ma la Chiesa è nello Stato,
cioè nell’Impero romano, che Cristo nel Cantico dei Cantici chiama Libano”
(Ottato, vescovo di Mileto, in “De Schismate Donatistarum” III, 3).
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DOMANDE: a) Qual è la domanda che si pongono oggi molte Chiese cristiane, di
fronte al processo evolutivo della Società?
b) Quando iniziò la cooperazione tra la Chiesa e lo Stato?
Di fatto che cosa significò questa cooperazione? Quali
conseguenze produsse?
c) Chi pose le basi dottrinali a questa cooperazione? Come ?
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III
Durante tutto il medio evo, la Chiesa e lo Stato legarono assieme i loro
destini appoggiandosi a vicenda nei periodi più tenebrosi della storia. Spada e
pastorale, mitra e corona si divisero il potere politico e quello religioso, con la
prevalenza or dell’una or dell’altra; una cooperazione, un connubio non scevro
da momenti drammatici.
Due istituzioni caratterizzarono e monopolizzarono la vita politica e quella
religiosa del medio evo: Sacro Romano Impero e Papato, così come nei secoli
IV,V, VI, l’Impero Romano Cristiano – con i suoi imperatori che assumevano il
titolo di Pontefice massimo – aveva fatto altrettanto. Tuttavia, mentre
nell’Impero Romano Cristiano, iniziato con Costantino, i vescovi di Roma si
trovavano in una condizione di soggezione e di sottomissione alla massima
autorità imperiale, con il Sacro Romano Impero la sede di Roma è sede papale
ed il Papa in primo momento si affianca all’Impero da pari a pari e poi tende
gradualmente (e per un certo tempo ci riesce) a dominarlo. Il Sacro Romano
Impero sorge nell’anno 800, con la dinastia Carolingia, allorché Carlo Magno
viene incoronato a Roma Imperatore da Papa Leone III, nel giorno di Natale.
Questa cooperazione fu funesta per il popolo di Dio, perché significò
perdita della libertà, persecuzioni, morte. si rinnovarono così le terribili
persecuzioni pagane, in una società che si diceva cristiana!
L’esperienza del passato insegna che la cooperazione tra Stato e Chiesa
porta sempre di tali frutti!
Sopraggiunse la Riforma Protestante e si sperava che essa avrebbe potuto
rimediare agli errori della Chiesa madre, ma circostanze storiche vollero che il
nuovo corso religioso dell’Europa venisse tenuto a battesimo proprio da quel
braccio secolare (Federico il Saggio, principe elettore di Sassonia), già
manifestatosi come deleterio per la libertà e la spiritualità della Chiesa. Si
ripeterono così esattamente gli stessi errori del passato, si tollerarono i medesimi
abusi e si perpetrarono le stesse violazioni.
Se Agostino, vescovo d’Ippona, fornì al Cristianesimo del suo tempo ed a
quello successivo la base teologica per una stretta cooperazione tra Chiesa ed
Impero, anche Lutero fece altrettanto (non per niente egli era un ex monaco
agostiniano), spingendosi fino a sostenere che la cooperazione tra il regno di Dio
ed il regno della terra “si accorda magistralmente” al punto che il cristiano,
allorché l’autorità dello Stato viene disprezzata, se difettano i carnefici, sbirri,
giudici e principi, può espletare questi incarichi” (Lutero: “Sull’autorità
secolare”, dagli “Scritti Politici”, pagg. 401/409, Torino 1949).
Per Lutero il Cristiano può partecipare solo ad una guerra giusta o ad una
guerra di cui non sia in grado di capire le motivazioni. In guerre siffatte “è
opera cristiana, è opera dell’amore, uccidere di buon animo i nemici, predare e
bruciare e fare tutto quello che arreca danno affinché li si vinca” (ibidem, p. III,
pag. 438).
Guerre giuste! Ma quando una guerra può dirsi giusta?
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DOMANDE: a) Quali furono le due massime istituzioni della società
medioevale? Come si chiamava l’istituzione precedente
sorta dalla collaborazione tra l’Impero e la Chiesa?
b) Quale fu la posizione del Vescovo di Roma nel
periodo dell’Impero Romano Cristiano ed in quello
successivo del Sacro Romano Impero?
c) Che cosa significò questa cooperazione per il popolo di Dio
nel medio evo? Chi aveva posto le basi teologiche per
quella cooperazione?
d) Quale reale beneficio apportò la Riforma Protestante ai fini
della cessazione del connubio tra Chiesa e Stato? Chi ne
perpetuò l’errore anche in campo protestante? Come
giustifica Lutero la cooperazione tra la Chiesa e lo Stato e
fino a qual punto?
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IV
Esaminiamo brevemente l’insegnamento dei Pontefici romani e del
Concilio Vaticano II, sui rapporti tra la Chiesa e lo Stato.
“La spada temporale è posta nella mano dei re e dei soldati, ma al comando
ed agli ordini del sacerdote” (Bonifacio VIII – Bolla Unam, Sanctam,
Ecclesiam Catholicam – 1302).
“I re .....sono i figli più cari della Chiesa e i suoi protettori; a loro spetta
mantenere i suoi diritti e difendere i suoi interessi” (Clemente XIV – Enciclica
“Inscrutabili divinae 1769).
“La regia podestà è a loro conferita non solamente per governare il mondo,
ma socialmente per sostegno della Chiesa” (Pio IX, Enciclica “Qui Pluribus” –
1846).
Il Concilio Vaticano II ha espresso in termini meno compromettenti, ma
non biblicamente esatti, i rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Nella costituzione
pastorale “Gaudium et spes”, che tratta della Chiesa nel mondo contemporaneo,
si legge:
La Chiesa... è composta da uomini i quali appunto sono membri della città
terrena, chiamati a formare già nella storia dell’umanità la famiglia dei figli di
Dio, che deve crescere costantemente fino all’avvento del Signore. Unita in
vista di beni celesti e da essi arricchita, tale famiglia fu da Cristo “costituita ed
ordinata come Società in questo mondo”, e fornita di “convenienti mezzi di
unione visibile e sociale”...“La Comunità politica e la Chiesa sono indipendenti
ed autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo
diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone
umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera
tanto più efficiente, quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra
di loro.....”.
Questa costituzione conciliare non è in armonia con la Parola di Dio e
ripresenta in termini più aggiornati e moderni le vecchie e stantie formule
medioevali di connubio tra Stato e Chiesa. La Chiesa infatti, non dev’essere
costituita da uomini che sono membri della città terrena, perché il Cristiano ha
una sola cittadinanza, quella celeste, come vedremo nei successivi capitoli. Ma
poiché il Cattolicesimo romano e tante altre Chiese cristiane sono uscite fuori
del loro alveo spirituale, divenendo grandi, potenti, numericamente forti e
ricche, il dover stringere alleanze con i governatori ed i potenti della Città
terrena è divenuta una necessità umana. La Cristianità ufficiale ha totalmente
dimenticato che la Chiesa è costituita da un “piccolo gregge” ed è
profeticamente paragonata ad una donna che fugge nel deserto; perciò essa è
divenuta la Babilonia. Questa è una realtà obiettiva e non affermiamo ciò con
acerbità, ma con pacatezza ed amore. Anche questo stato di cose può trovare la
sua giustificazione nel Piano di Dio: è necessario che ci sia una Cristianità
nominale, mondana, perché il Signore possa chiamar fuori da essa coloro che
dovranno formare la sua Sposa: il piccolo gregge.
Quanto alla collaborazione che il Cattolicesimo romano intende coltivare con
la Città terrena, la verità è che essa, pur avendo dovuto rinunziare – costretta
dalla forza degli eventi – al potere temporale, domina ugualmente la politica di
molti Stati del mondo a mezzo di partiti confessionali e di una miriade di
associazioni laiche, pure confessionali.
Noi esaminiamo serenamente questo stato di cose esclusivamente allo
scopo di trarre insegnamento onde vivere in armonia con la volontà di Dio,
espressa nella Sua Parola. E questa divina Volontà ci dice che l’atteggiamento
del Cristiano e della Chiesa nei riguardi dello Stato deve essere un
atteggiamento di rispettosa neutralità e di non collaborazione e sempreché lo
Stato non costringa il Cristiano a violare le leggi del Regno di Dio alle quali, in
ultima analisi, deve sottostare.
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DOMANDE: a) Esaminate brevemente la dottrina di alcuni Pontefici
romani sui rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Quali sono state
le determinazioni del Concilio Vaticano II?
b) In che cosa questo Concilio, nella costituzione “Gaudium et
spes”, ha riconfermato di essere lontano dall’insegnamento
della Parola di Dio?
c) In che modo il Cattolicesimo romano ricalca i pesanti errori
del medioevo? Da che cosa è stata imposta ieri ed oggi questa
cooperazione?
d) Quale dev’essere l’atteggiamento del Cristiano singolo e della
Chiesa di fronte allo Stato?
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-v –
Per il popolo di Dio rimangono più che mai validi i motivi che determinarono
la sua separazione dal mondo e questa decisa presa di posizione affonda le
radici nella vocazione e nel ministerio profetico da Dio affidata alla Chiesa, la
cui formazione costituisce un “mistero” per il mondo e tale sarà fino a quando la
sua glorificazione non sarà un fatto compiuto: “il mistero che è stato occulto da
tutti i secoli e da tutte le generazioni è stato manifestato ai santi di Lui ai quali
Iddio ha voluto far conoscere qual sia la ricchezza della gloria di questo
ministerio fra i gentili, che è Cristo in noi speranza di gloria”(Coloss. 1: 26,27).
Durante l’età del Vangelo non esistono “nazioni cristiane” nel senso
vero della parola, né Iddio elegge le Nazioni così come elesse Israele, e perciò
la chiamata per l’“alta”, la “celeste”, la “superna” vocazione in Cristo Gesù
viene rivolta esclusivamente agli individui e problema individuale rimane pure
l’accettazione dell’Evangelo. Se tale è la posizione del Cristiano di fronte al
mondo, quale deve essere la posizione della Chiesa, costituita da coloro che
sono morti al mondo ed alle sue concupiscenze? Non crediamo alla presenza ed
alla missione storica della Chiesa nel mondo perché questa concezione porta al
giuridismo ecclesiastico, alla chiesa dei “canonisti” e dei “teologi”, al
clericalismo, alla mondanizzazione. Crediamo invece alla missione profetica
della Chiesa, crediamo allo “spirito di profezia” nella Chiesa, Spirito il quale
costituisce “la testimonianza di Gesù” (Apocalisse 19:10).
La Chiesa agisce nella Società dal di fuori, con spirito profetico, con la
preghiera, con l’esortazione, affinché, in attesa della instaurazione del regno di
Cristo sulla terra, la Città terrena attui la giustizia sociale, la pace, l’elevamento
morale ed intellettuale dei suoi cittadini.
Questa tesi trova numerose conferme nella Parola di Dio, come vedremo.
Per ora citiamo la profezia riportata in Apocalisse 12:1-17, che presenta la
Chiesa di Cristo come una “donna” che fugge nel deserto, alla quale fanno
guerra le potestà malefiche del cielo e della terra (il dragone dalle sette teste e
dalle dieci corna).
Il piano di Dio prevede la conversione di tutti i popoli durante la
dispensazione millenaria del regno di Cristo e non oggi: “Iddio – afferma
Giacomo nella prima assemblea di Gerusalemme – ha primieramente visitato i
Gentili per trarre da questi un popolo per il suo nome”, dopo di che Egli
riedificherà la “tenda di Davide” dalle sue rovine e chiamerà a ravvedimento
tutte le nazioni (Atti 15:14-17; Matteo 24:30).
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DOMANDE: a) Quale giustificazione biblica trova la netta separazione che il
popolo di Dio attua nei riguardi del mondo?
b) Perché durante l’età del Vangelo Iddio non elegge “nazioni
cristiane”, come fece per Israele naturale?
c) Perché non crediamo alla “missione storica” della Chiesa?
Qual è la vera missione che Dio ha assegnata alla Chiesa?
d) In che tempo Iddio attuerà la conversione di tutti i popoli
della terra? Riassumete il concetto espresso da Giacomo nella
prima assemblea di Gerusalemme.
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VI
La conversione del cristiano segna il punto di rottura con gli elementi del
mondo, il rinnegamento di tutto un passato e trova la sua efficace espressione
nel battesimo che simbolizza la morte del vecchio uomo e la nascita dell’uomo
nuovo ad immagine di Cristo: “O ignorate voi che quanti siamo stati battezzati
in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? Noi siamo dunque stati
con Lui seppelliti mediante il battesimo nella sua morte affinché, come Cristo è
risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi
camminassimo in novità di vita” (Romani 6:3-4).
Con la conversione i rapporti tra il cristiano ed il mondo subiscono un
radicale cambiamento: egli da quel momento vive come straniero e pellegrino
sulla terra, avendo assunto la nuova cittadinanza, quella della “Gerusalemme
celeste”, la “Città dell’Iddio vivente”, la “madre di tutti noi” (Filippesi 3:20;
Ebrei 11:13; 12:22; 13:14; Galati 4:26; 1 Pietro 1:1; 2:11). In tal modo il
Cristiano muore al mondo e la sua vita rimane nascosta con Cristo in Dio
(Giovanni 17:11; Colossesi 3:1-4), diviene un “soldato di Cristo” che combatte
“la buona guerra” con le armi spirituali della verità, della giustizia, della pace,
dell’amore, “non contro carne e sangue”, ma “contro i principati, contro i
dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della
malvagità, che sono nei luoghi celesti” (1 Timoteo 1:18; Efesini 6:12). E
poiché va alla “guerra”, egli “non s’impaccia delle faccende della vita ; e ciò
affin di piacere a colui che l’ha arruolato” (2 Timoteo 2:4).
Questa separazione tra il Cristiano ed il mondo dev’essere dunque netta e
definitiva: “non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo; se alcuno
ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui.. .il mondo passa via con la sua
concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio dimora in eterno” (1 Giovanni
2:15-17).
Qual è il motivo di una separazione così netta tra noi ed il mondo? Perché
“noi sappiamo che siamo da Dio, e che tutto il mondo giace nel maligno (1
Giovanni 5:19).
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DOMANDE: a) Quale significato ha la conversione del Cristiano e con
quali efficaci parole la descrive Paolo?
b) Quali conseguenze implica questa sua morte e qual è la
sua nuova posizione di “morto al mondo”, ma “vivente a
Cristo”?
c) Qual è la nuova divisa del Cristiano e quale guerra, con quali
armi e contro chi egli combatte?
d) Quale valida giustificazione dà la Sacra Scrittura alla
separazione del Cristiano dal mondo?
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VII
Sia la Chiesa apostolica sia quella successiva del secondo e terzo secolo
attuarono questa linea di rigida separazione con il mondo e le sue istituzioni e
Gesù stesso, quando disse: “rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel
che è di Dio” (Matteo 22:21), non intese assolutamente dettare norme per una
collaborazione tra la Chiesa e lo Stato. “Bisogna restituire a Cesare quello che
è di Cesare e, come opportunamente fu aggiunto, “a Dio quello che è di Dio”.
Che cos’è dunque che appartiene a Cesare? Il tributo, evidentemente, intorno al
quale si faceva questione se dovesse essere pagato a Cesare o no... Altrimenti
che cosa sarebbe di Dio, se tutto fosse di Cesare? (Tertulliano: “De Idolatria”
15, 3/4).
La Chiesa può meglio esercitare la sua benefica influenza sul mondo
vivendo fuori da esso e dalle sue istituzioni; conveniamo che, seguendo una tale
linea d’azione, l’apparato organizzativo, la potenza finanziaria di molte grosse
confessioni religiose, che annoverano nelle loro file milioni di fedeli, verrebbero
ridotti ai minimi termini ed esse diverrebbero povere, nascoste, partecipanti
veramente alle sofferenze di Cristo. Ma appunto per questo Gesù chiama la sua
Chiesa “piccolo gregge”. Tale conclusione appare tanto più logica se si pensa
che le istituzioni politiche e religiose del mondo, costituenti i “vecchi cieli e la
vecchia terra”, devono passar via, “consumati dal fuoco” dell’ira dell’Eterno, e
cedere così il posto ai “nuovi cieli ed alla nuova terra” (2 Pietro 3:11-14;
Sofonia 3:8-9).
Origène, vescovo di Alessandria, che caratterizzò il terzo secolo con la
vastità del suo pensiero e la profondità della sua dottrina, così giustifica
l’assenteismo del Cristiano dalla vita pubblica: “Ricusando le pubbliche cariche
i cristiani non rifuggono dai pesi della vita pubblica, ma si dedicano ad un
servizio più alto e più necessario per la salvezza degli uomini, al ministerio della
Chiesa. E il loro compito è necessario e giusto. Essi si prendono cura di tutti:
di quelli che son dentro, affinché diventino migliori, di quelli che son fuori,
affinché arrivino a parlare e ad agire santamente, secondo la fede” (“Contra
Celsum” - VIII, 75).
Da un opuscolo scritto alla fine del secondo secolo, per fini apologetici, da
un autore ignoto, leggiamo:
“I Cristiani non si distinguono dal resto degli uomini né per paese, né per lingua,
né per maniera di vestire... Pur abitando città greche e barbare... conformandosi
agli usi locali per quanto concerne il vestire e il vitto e la maniera del vivere,
essi rivelano le leggi meravigliose e concordemente paradossali della loro
società. Essi abitano ciascuno la propria patria, ma come stranieri; come
cittadini partecipano a tutti i doveri, e come stranieri tutto sopportano; ogni
terra straniera è per essi una patria ed ogni patria è ad essi straniera.. Sono nella
carne, ma sono cittadini del cielo” (Ad Siognetum V, 1/10).
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DOMANDE: a) Che cosa volle insegnare Gesù con le famose parole: “Date a
Cesare quel ch’è di Cesare ed a Dio quel ch’è di Dio”? Quale
efficace interpretazione ne dà Tertulliano?
b) Quale vantaggio ha la Chiesa nel vivere fuori del mondo? Se le
grosse confessioni religiose cristiane seguissero tale linea, quale
profondo cambiamento avverrebbe in esse?
c) Riassumete il pensiero di Origène e dell’ignoto autore del
secondo secolo sull’assenteismo del Cristiano dalla vita pubblica
dell’epoca.
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