IL DOPOGUERRRA IN ITALIA : IL FASCISMO prima

IL DOPOGUERRRA IN ITALIA : IL FASCISMO prima parte
La crisi del dopoguerra: l’economia
Anche i paesi vincitori come l’Italia hanno:
Difficoltà finanziarie:
Forte indebitamento dello Stato (per i costi della guerra) >
conseguente debolezza monetaria: inflazione e svalutazione; l’inflazione penalizza i redditi fissi e i risparmi, che
perdono progressivamente valore: sono quindi danneggiati i salariati (operai, braccianti agricoli) ma anche i ceti
medi (impiegati che percepiscono uno stipendio eroso dall'inflazione, risparmiatori che hanno depositi bancari e
titoli di stato).
Difficoltà economiche:
Riconversione delle industrie: dalla produzione bellica a quella di pace.
La crisi del dopoguerra: aspetti sociali e culturali
Problema dei reduci: difficile reinserimento nella vita civile dei giovani ufficiali borghesi, abituati a posizioni di
comando, spesso frustrati nel loro desiderio di veder riconosciuti i loro meriti per la vittoria
La violenza della guerra ha reso abituale il ricorso alla violenza nei conflitti politici e sociali.
Delusione delle aspettative di maggior benessere, maggiore libertà e giustizia, alimentate durante la guerra.
Tendenze rivoluzionarie (l’esempio della Russia comunista alimenta e rafforza queste tendenze, già presenti
nell’Italia pre-bellica – si ricordi la “settimana rossa” del 1914)
Delusione per la “vittoria mutilata” (l’Italia non ha avuto dai Trattati di pace ciò che le spettava); questa delusione è
sentita soprattutto dai più accesi interventisti e nazionalisti.
1919-20: Il “Biennio rosso”
Il dopoguerra vede un incremento della conflittualità sociale e degli scioperi:
L’esperienza del fronte ha favorito il maturare di una “coscienza di classe” tra i proletari;
il numero degli iscritti a leghe e sindacati cresce enormemente;
l’inflazione spinge alla lotta sociale per adeguare i salari al costo della vita;
i contadini chiedono (e spesso occupano) le terre promesse dopo Caporetto.
I lavoratori ottengono successi nella difesa del potere d’acquisto e nel miglioramento degli orari e delle condizioni di
lavoro
La reazione borghese
Proprietari e industriali guardano con preoccupazione al nuovo “clima”:
Vorrebbero mantenere i vantaggi sociali ed economici di cui hanno goduto durante la guerra (che per molti è stato
un ricco affare: “pescecani” = speculatori).
Sentono l’esigenza di un potere forte per far fronte alla “minaccia bolscevica”
Di fronte al nuovo potere sindacale anche gli industriali si organizzano: nel 1919 nasce la Confindustria.
Lo scontento dei ceti medi
La piccola-media borghesia:
subisce gli effetti dell’inflazione su stipendi e risparmi ( e non è difesa dai sindacati);
è turbata dai disordini sociali e dalla debolezza del governo;
La gioventù borghese, dopo aver ricoperto ruoli di responsabilità in guerra, fatica a rientrare nella vita civile;
Sinceramente interventista, è delusa dei risultati delle trattative di pace e dalla “vittoria mutilata”.
L’impresa di Fiume
Nel settembre del 1919, d’Annunzio, insieme a volontari e reparti insubordinati dell’esercito occupa Fiume che gli
alleati intendevano assegnare alla Jugoslavia.
Il governo Italiano, presieduto da Nitti, non interviene.
Fiume resta in mano ai dannunziani fino al Natale 1920.
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Novità politiche del 1919:
il Partito Popolare
In gennaio Don Luigi Sturzo, con il consenso del papa, fonda il Partito Popolare (partito cattolico ma autonomo
rispetto alla Chiesa); punti programmatici: riforma elettorale proporzionale e voto alle donne, riforma agraria,
riforma fiscale, legislazione sociale, rifiuto della lotta di classe, collaborazione tra le classi sociali (interclassismo),
libertà religiosa, libertà d’azione pastorale per la Chiesa. 101 deputati eletti nel 1919
Novità politiche del 1919:
I Fasci italiani di combattimento
In marzo Mussolini a Milano fonda il Movimento dei Fasci di Combattimento, con il “programma di San Sepolcro” in
cui convivono istanze rivoluzionarie e nazionalismo (antimonarchico, anticlericale, democratico, anticapitalista, ma
anche nazionalista, interventista, antisocialista);
Mussolini: “noi fascisti ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti,
reazionari e rivoluzionari, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente (…) i fascisti non hanno
dottrine prestabilite: la loro unica dottrina è l’azione”. Dunque il Fascismo non ha un programma preciso, ma si
propone di organizzare i reduci e la piccola borghesia danneggiata dalla situazione postbellica, ma non tutelata dalle
organizzazioni politiche e sindacali di sinistra.
Il movimento dei Fasci non ha nessun eletto al Parlamento nel le elezioni del 1919.
Aprile 1919: a Milano, durante uno sciopero generale, aggressione fascista alla sede dell’Avanti. Ciò che oppone
nettamente i fascisti ai socialisti è il nazionalismo e l’interventismo
I vecchi partiti
Partito liberale: non è organizzato come un partito di massa, è costituito da “notabili” , esprime idee e interessi
dell’alta borghesia, è diviso in gruppi e correnti (Giolitti ne è l’esponente più autorevole).
Partito Socialista Italiano: nel dopoguerra vi prevale la corrente massimalista, rivoluzionaria > il PSI aderisce al
Comintern – dichiara di voler seguire l’esempio dei bolscevichi russi, ma non traduce in pratica l’istanza
rivoluzionaria; tuttavia i proclami rivoluzionari del PSI – sebbene non accompagnati da azioni veramente eversive spaventano la borghesia e i moderati.
Elezioni politiche del 1919
Sono le prime che si svolgono con il sistema proporzionale, che premia i partiti di massa.
La camera risulta suddivisa in tre “poli” (liberali, popolari e socialisti) senza che alcuna forza possieda la maggioranza
assoluta.
Ne deriverà una forte instabilità politica (6 governi tra 1919 e 1922).
Il quinto governo Giolitti - l’occupazione delle fabbriche
Nel 1920 Giolitti è chiamato al governo per far fronte ad una situazione sociale sempre più difficile.
I contrasti tra metalmeccanici e imprenditori portano in autunno alle occupazioni delle fabbriche: si formano i
Consigli di fabbrica
(= soviet?) (episodi di violenza).
I socialisti del gruppo di “Ordine nuovo” (leader: Antonio Gramsci), vogliono trasformare la lotta sindacale in
rivoluzione politica.
La mediazione di Giolitti
Il governo Giolitti si mantiene neutrale (rinnovando ll’atteggiamento che Giolitti aveva assunto nel periodo 19011013) ed offre una mediazione tra operai e imprenditori che porta alla fine delle occupazioni (gli industriali sono
costretti a fare concessioni salariali).
PSI e Sindacati accettano la risoluzione della vertenza – la linea rivoluzionaria di Ordine Nuovo non viene accolta dal
PSI.
Giolitti supera la crisi….
Giolitti ottiene la fine dell’occupazione delle fabbriche
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Giolitti, per risanare le finanze statali, abolisce il prezzo politico del pane (ciò danneggia i ceti popolari), ma
introduce la tassa di successione e la nominatività dei titoli (ciò danneggia i “ricchi”).
Col trattato di Rapallo (1920) Giolitti ottiene che Fiume diventi città libera: l’esercito italiano sgombera la città dai
dannunziani (Natale di sangue)
…ma Giolitti “perde” i moderati
Ma le mediazioni giolittiane vengono percepite come cedimenti e manifestazioni di debolezza all’opinione pubblica
moderata:
Gli imprenditori, costretti a fare concessioni, avrebbero voluto dal governo l’uso della forza
Il ceto medio è turbato dalla situazione di disordine e illegalità ed è preoccupato per il successo dei sovversivi.
Dal 1920, abbandonate le velleità rivoluzionarie, il movimento fascista si fa difensore delle loro esigenze.
Il fascismo nelle campagne
A partire dalle campagne emiliane, i fascisti organizzano “squadre d’azione” che attaccano leghe, cooperative, sedi
di partito, amministrazioni socialiste (21 novembre 1921: fatti di Palazzo D’Accursio a Bologna1)
Le azioni ottengono l’appoggio e il finanziamento dei possidenti agrari ma anche di piccoli proprietari, stanchi del
potere acquisito dalle organizzazioni “rosse” (nelle campagne padane le Leghe rosse controllano tutta la
manodopera bracciantile e possono trattare con i proprietari da posizioni di forza).
Da un testo scolastico del 1938:
“Intanto il movimento e la sua audacia aggressiva si estende a tutta l’Italia *...+ Nella lotta quotidiana e incessante i
sovversivi [...] sono dapprima costretti alla difensiva, poi il Fascismo ne tronca gli scioperi e ne conquista le posizioni e
in molte province assume i poteri, sostituendosi ai rossi e alle autorità dello Stato, impotenti a difendere l'osservanza
della legge.
Lo squadrismo *…+ si dà ben presto*…+ una gerarchia e un ordinamento militare, con le denominazioni romane di
squadre, manipoli, centurie, coorti, legioni e con l’assunzione dei simboli, dei distintivi, dei canti, della camicia nera e
del berretto o elmo degli « arditi» e si arma, oltre che del celebre manganello, di bombe a mano, di rivoltelle e di
mitragliatrici.”
“All’interno, occupazione delle fabbriche da parte degli operai, scioperi, violenza, anarchia; lo Stato impotente a farsi
obbedire. Ma il Fascismo, colla bellezza e santità dei suoi ideali e col fascino e l’impeto della sua azione ardimentosa,
raccoglie sotto i suoi gagliardetti numerose falangi di ex combattenti, di intellettuali, di studenti, di cittadini,
appartenenti alla borghesia urbana, di industriali, di gruppi di operai, (nazionalisti, liberali, e perfino comunisti) e
oppone sempre più vigorosamente la forza contro la violenza, organizza il lavoro di volontari contro gli scioperi nei
pubblici servizi, moltiplica le spedizioni punitive contro i giornali sovversivi, contro le organizzazioni e assume le difesa
dello Stato, sostituendosi alle autorità costituite impotenti e imbelli.”
Barilli, L’Italiano Nuovo,
Manuale di Cultura Fascista
Lo squadrismo dilaga
Le azioni dimostrative, di intimidazione e punitive si diffondono anche nelle città, praticamente impunite a causa
della connivenza delle forze dell’ordine.
Lo stesso Giolitti mira ad utilizzare i fascisti (continuando la prassi trasformistica già utilizzata nell’anteguerra) e, per
le elezioni del 1921, offre loro posto nelle liste liberali.
35 fascisti entrano così in Parlamento.
Intanto la sinistra si divide
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A Bologna il Partito Socialista vince le elezioni locali: le squadre fasciste vogliono impedire l’insediamento del nuovo sindaco e
del nuovo consiglio comunale a maggioranza socialista, e attaccano il Palazzo comunale. Negli scontri che seguono un reduce e
mutilato di guerra rimane ucciso. I fascisti addossano ai socialisti la responsabilità dell’omicidio e lo “vendicano” con un’ondata
di spedizioni punitive contro le sedi socialiste nella provincia bolognese.
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Nel Congresso di Livorno del Partito Socialista (gennaio 1921) avvenne la scissione che portò alla nascita del Partito
Comunista Italiano; motivi:
1) Il gruppo di Ordine Nuovo contesta la posizione assunta dal PSI nell’occupazione delle fabbriche.
2) Il Comintern esige che il PSI espella i riformisti (tra i quali c’è Turati) e cambi il nome del Partito assumendo quello
di Partito Comunista. La maggioranza dei Socialisti, anche massimalisti, rifiuta queste condizioni.
L’estrema sinistra (guidata da Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga) esce dal Partito e fonda il Partito Comunista che
aderisce al Comintern.
Da antipartito a partito
Mentre si susseguono i deboli governi Bonomi e Facta, incapaci di contenere le violenze, Mussolini intuisce la
possibilità della conquista del potere.
Al congresso di Roma del 1921 il movimento rinuncia all’impostazione repubblicana e anticlericale, si trasforma in
Partito Nazionale Fascista e aspira apertamente al governo. Mussolini si presenta all’opinione pubblica come
“uomo d’ordine”,
La marcia su Roma
Al congresso di Napoli del 1922 i fascisti decidono di portare le proprie “milizie” a Roma per ottenere il governo.
Quindi in ottobre tutte le squadre fasciste convergono sulla capitale, guidate dai “Quadrumviri” Balbo, De Bono, De
Vecchi e Bianchi, mentre Mussolini rimane a Milano, alla direzione del suo giornale, per sostenere la marcia su Roma
attraverso la stampa.
Il re nomina Mussolini capo del governo
Il capo del governo Facta propone al re di far intervenire l’esercito per fermare i fascisti, ma il re rifiuta: il 28 ottobre
le squadre fasciste entrano nella capitale; a Roma non avviene un attacco violento alle istituzioni , ma un’esibizione
minacciosa della forza e del numero degli squadristi.
Il Capo del governo Facta si dimette, il re chiama Mussolini e gli affida l’incarico di formare un nuovo governo:
Mussolini forma un governo con ministri fascisti, nazionalisti, militari, liberali e cattolici di orientamento moderato –
conservatore, e ottiene la fiducia in Parlamento.
Primo discorso alla Camera del Presidente del Consiglio Mussolini:
« Mi sono rifiutato di stravincere e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore
saggezza è quella che non si abbandona dopo la vittoria. Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a
tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di
infangare il Fascismo. Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento
e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto. »
La cosiddetta “rivoluzione fascista”
Il 28 ottobre 1922 è stato celebrato dal regime fascista come il giorno della “rivoluzione fascista”. In realtà Mussolini
ha ottenuto il potere dal re, in modo legale (formalmente), nel rispetto dello Statuto.
E tuttavia lo squadrismo fascista, violento e illegale, (favorito dalla debolezza dei liberali, dalla divisione delle sinistre,
dalla connivenza del re), ha determinato il successo di Mussolini.
Insomma la conquista del potere da parte del fascismo è il frutto di un compromesso tra l’anima “rivoluzionaria” del
fascismo e il “vecchio” Stato sabaudo. Questo compromesso condizionerà la storia del regime fascista negli anni
successivi.
Le fasi del fascismo
Fase legalitaria (1922-1924)
Rimangono ancora in vigore i diritti civili e politici garantiti dallo Statuto albertino. I Fascisti fanno parte di un
governo di coalizione. Termina con le elezioni del 1924 e l’uccisione di Matteotti.
Fase del regime (1925-1936)
Il governo diviene totalitario. Culmina con la proclamazione dell’Impero.
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Fase dell’alleanza con la Germania (1936-1943).
Mussolini segue Hitler fino alla guerra.
Il fascismo “legalitario”
Economia: politica favorevole alla borghesia capitalista > orientamento liberista, riduzione delle imposte, rinviata
l’inchiesta sui sovraprofitti di guerra, abolita nominatività dei titoli . La debolezza della lira favorisce le esportazioni e
la ripresa dell’industria italiana
Esteri: buoni rapporti con l’Intesa (Inghilterra e Francia); Mussolini ottiene anche l’annessione di Fiume all’Italia;
riconoscimento dell’URSS.
Interni: “normalizzazione” del fascismo; inquadramento delle Squadre nella Milizia Volontaria per la Sicurezza
Nazionale (1923); viene istituito il Gran Consiglio del fascismo
La Riforma scolastica di Gentile
Il filosofo neoidealista Giovanni Gentile (1875-1944) fu Ministro della Pubblica Istruzione nel 1° governo Mussolini e
autore della riforma del sistema scolastico.
Scuola centralizzata, gerarchica, selettiva; viene privilegiata la cultura umanistica; viene introdotto l’esame di Stato; il
crocefisso nelle aule e l’insegnamento della religione cattolica alle elementari.
Inizia così l’avvicinamento tra fascismo e Chiesa cattolica (Pio XI, papa dal 1922, non appoggia Don Sturzo e il Partito
Popolare, che ha preso una posizione antifascista)
Il rafforzamento politico
Usando il trasformismo, Mussolini cerca di legare a sé gli uomini dei partiti alleati per sfuggire al loro controllo
(particolari attenzioni sono rivolte ai cattolici, mentre il Partito Popolare – dal ’23 - assume una posizione
antifascista).
Nel 1923 la legge elettorale Acerbo introduce un forte “premio di maggioranza” (il partito che vincerà le elezioni,
anche con maggioranza relativa, otterrà la maggioranza assoluta dei seggi nella Camera dei Deputati)
Mussolini presenta alle elezioni del 1924 un “listone” “contro e fuori dai partiti” per assicurare ai fascisti alleati e
consensi.
Il delitto Matteotti
Il listone vince le elezioni (ottiene la maggioranza assoluta dei voti), ma il deputato socialriformista Giacomo
Matteotti denuncia, in un discorso alla Camera, le violenze fasciste che hanno condizionato le elezioni.
Dopo pochi giorni Matteotti viene rapito e ucciso. (giugno 1924).
L’episodio produce diffusa indignazione e suona come un allarme per quanti hanno sottovalutato il fascismo; molti
moderati si sentono traditi da Mussolini, che ha promesso ordine e legalità.
Il fallimento dell’ “Aventino”
L’opposizione diserta il parlamento (“secessione dell’Aventino”) per ottenere le dimissioni di Mussolini. Anche gli
alleati sono perplessi.
Ma Vittorio Emanuele III non interviene.
Mussolini comprende che nessuno ha la forza per rovesciarlo e, nel gennaio del 1925, sfida gli oppositori:
“Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io
solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. (Vivissimi e reiterati applausi. Molte voci:
“Tutti con voi! Tutti con voi!”).
Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è
stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la
colpa! (Applausi). Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a
delinquere! (Vivissimi applausi. Molte voci: “Tutti con voi!”).
Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la
responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va
dall’intervento ad oggi.” B.Mussolini, Discorso alla Camera del 3 gennaio 1925
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Le leggi “fascistissime”
Profittando di alcuni attentati inizia la costruzione del regime dittatoriale:
Limitazione della libertà di stampa e associazione
Rafforzamento dei poteri del capo del governo (che risponde solo al re)
Divieto di sciopero, solo i sindacati fascisti possono firmare contratti collettivi
Persecuzione degli oppositori (Tribunale speciale per la difesa dello stato, OVRA)
Pena di morte per i reati contro la sicurezza dello Stato
Limitazione delle autonomie locali (i podestà nominati dal governo sostituiscono i sindaci elettivi)
Vengono dichiarati decaduti i deputati aventiniani, sciolti tutti i partiti antifascisti
Nel ’28 nuova legge elettorale che introduce la lista unica (da approvare o respingere), presentata dal Gran Consiglio
del Fascismo, che diventa un organo dello Stato
Corporativismo
La conflittualità sociale viene progressivamente eliminata facendo dello stato l’arbitro dei rapporti tra capitale e
lavoro.
E’ la soluzione corporativa, che appare come una “terza via” tra capitalismo e collettivismo.
I suoi principi sono contenuti nella “Carta del Lavoro” approvata nel 1927.
Nelle Corporazioni si incontrano i rappresentanti degli imprenditori, quelli dei lavoratori, quello dello Stato fascista.
Dalla “Carta del lavoro”
“Nel contratto collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà tra i vari fattori della
produzione, mediante la conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, e la loro
subordinazione agli interessi superiori della produzione.”
Ma di fatto, nelle Corporazioni, i datori di lavoro e i loro interessi sono rappresentati e tutelati molto meglio dei
lavoratori…
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