Calcolo della quantità minima di propellente

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M. Giancola
Calcolo della quantità minima…
Calcolo della quantità minima di propellente
necessaria a raggiungere la Luna
di Marco Giancola
Un aspetto molto importante della progettazione di una missione spaziale è rappresentato dalla
minimizzazione della quantità di propellente di cui deve essere dotato il veicolo spaziale. Infatti la
massima massa che può essere trasportata dal veicolo costituisce uno dei principali vincoli della
missione.
Un veicolo spaziale, per modificare la sua traiettoria (ad esempio per passare da un’orbita circolare
ad una ellittica), deve eseguire delle manovre impulsive, ossia deve azionare il proprio propulsore,
il quale genera una spinta che modifica bruscamente la velocità del veicolo e lo porta sulla nuova
traiettoria desiderata. Ad ogni manovra impulsiva corrisponde quindi una certa variazione di
velocità, detta anche impulso, che è pari a
r r
∆V = V2 − V1
r
r
dove V1 e V2 sono le velocità dell’astronave rispettivamente prima e dopo la manovra (con V, in
genere, si indica la velocità del veicolo rispetto ad un sistema di riferimento concentrico e solidale
con il corpo celeste che, col proprio campo gravitazionale, influenza maggiormente il moto del
veicolo).
La somma dei ∆V associati alle varie manovre impulsive, che il veicolo deve compiere, costituisce
il ∆V totale di cui necessita il veicolo per poter percorrere la sua traiettoria. E’ ovvio che il consumo
di propellente è direttamente proporzionale al ∆V totale, quindi minimizzare il ∆V totale equivale a
minimizzare il consumo di propellente.
Noto il ∆V, la quantità di propellente di cui necessita il veicolo si ricava dall’equazione di
Tsiolkovsky:
 ∆V

m p = m e v − 1


Dove m p è la massa del propellente, m quella del veicolo privo di propellente, mentre v è la
velocità (rispetto al veicolo) con la quale viene espulso il propellente combusto.
Nel 1991, il matematico Theodore H. Sweetser, ricercatore del Jet Propulsion Laboratory, calcolò il
∆V totale minimo teorico necessario per realizzare un trasferimento lunare. Il suo calcolo è basato
sull’analisi della costante di Jacobi. La formula che esprime tale costante è uno dei risultati che ha
ottenuto Jacobi, nella prima metà del 19° secolo, studiando il problema ristretto dei tre corpi,
problema che approssima quello del trasferimento Terra-Luna. Il lavoro di Sweetser faceva parte
della progettazione di una missione lunare della NASA, che consisteva nel trasferire una sonda,
chiamata Lunar Observer, da un’orbita circolare terrestre di 167 km di altitudine ad un’orbita
circolare lunare di 100 km di altitudine.
Consideriamo il moto di un veicolo spaziale diretto verso la Luna. Supponiamo che tale moto si
svolga esclusivamente nel piano dell’orbita lunare e che le uniche forze agenti sul veicolo siano
l’attrazione gravitazionale terrestre e quella lunare. Ipotizziamo inoltre che l’orbita della Luna sia
perfettamente circolare. Grazie a queste ipotesi, il calcolo della traiettoria del veicolo si traduce in
un problema ristretto dei tre corpi.
Utilizziamo un sistema di riferimento cartesiano xy individuante il piano nel quale si svolge il moto
dei tre corpi, la cui origine coincide col baricentro del sistema Terra-Luna, con l’asse x passante per
i centri dei due corpi celesti e orientato verso la Luna. Tale sistema di riferimento viene denominato
sinodico.
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(x(t),y(t)) = posizione del veicolo nel sistema sinodico all’istante t;
r
v = ( x& (t ), y& (t )) = velocità rotazionale = velocità del veicolo nel sistema sinodico;
r
v = v = x& 2 + y& 2 = modulo della velocità rotazionale del veicolo;
ω = velocità angolare con cui il sistema Terra-Luna ruota intorno al proprio baricentro
= 2,66 ⋅ 10 −6 rad/s;
ρ = x 2 + y 2 = distanza del veicolo dal baricentro del sistema Terra-Luna;
rT = distanza del veicolo dal centro della Terra;
rL = distanza del veicolo dal centro della Luna;
µ T = costante gravitazionale terrestre = 398600,49 km 3 / s 2 ;
µ L = costante gravitazionale lunare = 4902,79 km 3 / s 2 .
Se l’astronave non esegue nessuna manovra propulsiva, e quindi le uniche accelerazioni che subisce
sono quelle causate dall’attrazione gravitazionale del sistema Terra-Luna, la quantità
− v2 + ω 2 ρ 2 +
2µ T 2µ L
+
,
rT
rL
che prende il nome di integrale di Jacobi, rimane costante lungo tutta la sua traiettoria, ovvero
− v 2 (t ) + ω 2 ρ 2 (t ) +
2µ T 2 µ L
2µ T
2µ L
+
= −v 2 (t i ) + ω 2 ρ 2 (t i ) +
+
∀t t i ≤ t ≤ t f
rT (t ) rL (t )
rT (t i ) rL (t i )
o, più semplicemente,
− v2 + ω 2ρ 2 +
2µT 2µ L
+
=C
rT
rL
(1)
dove t i è l’istante in cui l’astronave comincia a percorrere la sua traiettoria, t f è l’istante in cui
termina il percorso e C è la costante di Jacobi. Ponendo:
J=
ω2ρ 2
2
+
µT
rT
+
µL
rL
la (1) diventa:
2J − v 2 = C
(2)
che, per v = 0, si riduce a
J =C 2
Quest’ultima è l’equazione della curva di Hill, o curva a velocità zero, corrispondente al valore C
della costante di Jacobi.
Le condizioni iniziali del moto del veicolo (posizione e velocità iniziali) determinano il valore di C
tramite la (1). Di conseguenza, rimane anche individuata la curva di Hill corrispondente e la zona
dello spazio nella quale, essendo v 2 > 0 , può avere luogo il moto del veicolo e dalla quale esso non
può uscire. Ogni manovra impulsiva causerà una variazione ∆C della costante di Jacobi, facendole
assumere un nuovo valore che rimarrà costante fino alla manovra successiva.
Sia C Li il valore della costante di Jacobi corrispondente alla curva di Hill passante per il punto
lagrangiano interno Li . Tale curva è costituita da tre ovali, due dei quali sono congiunti in Li . Il più
grande di questi due ovali circonda la Terra e lo indicheremo con OT , l’altro, che circonda la Luna,
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lo indicheremo con OL . È evidente che il veicolo spaziale, per raggiungere la Luna, deve uscire da
OT ed entrare in OL . Affinché ciò sia possibile, il valore della costante di Jacobi, relativo al moto
del veicolo in prossimità di Li , deve essere inferiore a C Li . Se coincide esattamente con CLi , il
veicolo è obbligato a transitare in Li , per poter dirigersi verso la Luna. Se invece è maggiore, allora
la navicella spaziale è costretta a rimanere all’interno dell’ovale che circonda la Terra e che fa parte
della curva di Hill corrispondente a quel valore di C. L’unico modo, per poter uscire da quella
regione dello spazio, è quello di eseguire una manovra propulsiva che riduca il valore della costante
di Jacobi.
Enunciamo ora due lemmi, mediante i quali dimostreremo un teorema che fornisce il massimo
valore che può assumere il modulo della somma delle variazioni di C (il ∆C totale), dovute a
manovre impulsive eseguite all’interno di uno dei due ovali. Tale teorema, come vedremo, ci
servirà per calcolare il ∆V totale minimo teorico necessario ad un trasferimento lunare.
LEMMA 1. La variazione di velocità ∆V e la variazione della costante di Jacobi ∆C, determinate
da una manovra impulsiva eseguita in un punto qualsiasi di una traiettoria, soddisfano la seguente
diseguaglianza:
∆C ≤ 2v1 ∆V + (∆V )
2
dove v1 è il modulo della velocità rotazionale che il veicolo possiede quando sta per iniziare la
r
manovra. L’uguaglianza vale quando l’impulso è applicato nella stessa direzione di v1 .
Dimostrazione. Sia C1 il valore della costante di Jacobi prima della manovra. Per la (1) abbiamo:
C1 = −v12 + ω 2 ρ 2 +
2µ T 2µ L
+
rT
rL
e
C1 + ∆C = −(v1 + ∆v ) + ω 2 ρ 2 +
2
2µ T 2µ L
+
rT
rL
dove ∆v è la variazione, prodotta dalla manovra, del modulo della velocità rotazionale. Sottraendo,
membro a membro, la prima equazione dalla seconda, otteniamo:
∆C = −(v1 + ∆v ) + v12 = −2v1 ∆v − (∆v )
2
2
ovvero
∆C = 2v1∆v + (∆v )
2
r
r
Si dimostra facilmente che la velocità rotazionale v di un veicolo e quella, indicata con V , che il
veicolo ha rispetto alla Terra o alla Luna, soddisfano la seguente relazione:
r
r r
r
r
r r
V + dω = v + ρ ω ⇒ v = V + (d − ρ )ω
(3)
dove d è la distanza del centro del corpo celeste dall’origine del sistema sinodico. Siccome
r r
r
∆V = V2 − V1
e
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r
r
∆v = v 2 − v1
allora, per la (3), si ha:
r
r
r r
r
r
r
r r
∆v = v 2 − v1 ≤ v 2 − v1 = V2 + (d − ρ )ω − V1 − (d − ρ )ω = ∆V = ∆V
r
r
Supponiamo ora che ∆V sia parallelo e concorde con v1 . Dato che
r r r
∆V = v 2 − v1
abbiamo:
r
r r
r
r
r r
v1 ↑↑ v 2 − v1 ⇒ v 2 − v1 = v 2 − v1 ⇒ ∆v = ∆v = ∆V
(il simbolo ↑↑ significa “parallelo e concorde”). Quindi, abbiamo dimostrato che
∆v ≤ ∆V
dove l’uguaglianza vale quando l’impulso ∆V è applicato nella stessa direzione della velocità
r
rotazionale v1 . Pertanto, concludendo, possiamo scrivere:
∆C = 2v1∆v + (∆v ) ≤ 2v1 ∆v + ∆v ≤ 2v1∆V + (∆V )
2
2
2
Anche in questo caso, l’uguaglianza vale quando l’impulso è applicato nella stessa direzione della
velocità rotazionale, infatti
r
r
2
2
2
∆V ↑↑ v1 ⇒ ∆C = 2v1 ∆v + (∆v ) = 2v1 ∆v + (∆v ) = 2v1∆V + (∆V )
Il lemma è dunque dimostrato.
Osservazioni
r
r
2
1)
∆V ↑↑ v1 ⇒ ∆v > 0 ⇒ ∆C = −2v1 ∆v − (∆v ) < 0 ;
r
r
2)
∆V ↑↑ v1 ⇒ v 2 = v1 + ∆V .
Questo lemma ci dice che, per massimizzare la variazione della costante di Jacobi, occorre
effettuare la manovra impulsiva dove è massima la velocità rotazionale del veicolo e l’impulso deve
essere applicato nella stessa direzione di quest’ultima. Per l’osservazione 1, tale variazione massima
è un decremento, pertanto, massimizzare la variazione di C, tramite una manovra impulsiva,
equivale a minimizzare il valore che C assume dopo la manovra.
LEMMA 2. Per ogni manovra impulsiva eseguita all’interno di uno dei due ovali ( OT od OL ), si
ha:
v max 2 ≤ v max 1 + ∆V
essendo v max 1 e v max 2 le massime velocità rotazionali possibili del veicolo spaziale, rispettivamente
prima e dopo la manovra.
Dimostrazione. Supponiamo che non esista alcun vincolo che ostacoli il moto del veicolo
all’interno dell’ovale. Ciò vuol dire che esso teoricamente potrebbe transitare anche per il centro del
corpo celeste (la Terra o la Luna) circondato dall’ovale (anche se nella realtà ciò è impossibile),
rendendo così infinita la sua velocità rotazionale, infatti dalla (1) si evince che
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lim v = lim v = +∞
rT →0
rL →0
Perciò, in questo caso si ha:
v max 2 = v max 1 = v max 1 + ∆V = +∞
ed il lemma è quindi dimostrato.
Supponiamo ora che la distanza dell’astronave dal centro del corpo celeste non sia mai inferiore ad
un certo valore costante R maggiore o uguale al raggio del globo. La funzione J(x,y), all’interno
dell’ovale, assume il valore massimo nei punti appartenenti alla circonferenza di raggio R e centro
coincidente con quello del corpo celeste. Chiamiamo J max il valore che J assume in tali punti. Dalla
(2) ricaviamo:
v = 2J − C
(4)
quindi si ha:
v max 1 = 2 J max − C1
essendo C1 il valore della costante di Jacobi prima della manovra impulsiva. Grazie alla (4),
comprendiamo che, affinché sia massima la velocità rotazionale che il veicolo acquisisce grazie alla
manovra, occorre massimizzare J, ovvero deve essere J = J max , e minimizzare il valore C 2 che C
assume in seguito all’impulso. Ma, per il lemma 1 e per quanto esplicato finora, tutto ciò avviene
quando l’impulso è applicato in un punto della traiettoria dove J assume il suo valore massimo J max
(ovvero un punto che dista R dal centro del globo) e quindi v assume il valore v max 1 , nella stessa
r
direzione di v max 1 . La velocità rotazionale così ottenuta è (vedi osservazione 2):
v max 1 + ∆V
ed è la massima velocità rotazionale ottenibile con una manovra propulsiva. Pertanto abbiamo:
v max 2 ≤ v max 1 + ∆V
r
dove l’uguaglianza vale quando l’impulso è parallelo e concorde a v .
TEOREMA. Supponiamo che un veicolo spaziale percorra una traiettoria interna ad uno dei due
ovali ed esegua n manovre impulsive, mantenendo sempre una distanza dal centro del corpo celeste
non superiore ad un certo valore fissato. In questo caso, il ∆C totale è, in modulo, minore o uguale
al modulo della variazione della costante di Jacobi che si avrebbe se, nel punto in cui è massima la
velocità rotazionale, fosse eseguita un’unica manovra caratterizzata da un ∆V, applicato nella
r
direzione di v , pari alla somma degli n impulsi corrispondenti alle n manovre.
Dimostrazione. Sia vi la velocità rotazionale che l’astronave ha nell’istante in cui sta per iniziare la
i-esima manovra impulsiva e siano ∆Vi e ∆C i le variazioni, rispettivamente della velocità e della
costante di Jacobi, causate da tale manovra. Sia inoltre v max i la massima velocità rotazionale che il
veicolo può assumere tra la (i – 1)-esima manovra e la i-esima. Indicheremo quindi con v max 1 la
massima velocità rotazionale che il veicolo può avere quando ancora non ha eseguito alcuna
manovra impulsiva. Tale velocità, come abbiamo visto nella dimostrazione del lemma 2, può essere
raggiunta solo alla distanza minima fissata dal corpo celeste. Per il lemma 1, si ha:
∆C i ≤ 2vi ∆Vi + (∆Vi )
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2
∀i ∈ N 1 ≤ i ≤ n
(5)
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mentre dal lemma 2 segue:
v max 1 + ∆V1 ≥ v max 2 
i −1
v max 2 + ∆V2 ≥ v max 3 
 ⇒ v max 1 + ∑ ∆V j ≥ v max i ≥ vi ∀i ∈ N 2 ≤ i ≤ n + 1
M
j =1

v max(i −1) + ∆Vi −1 ≥ v max i 
Pertanto possiamo scrivere:
i −1


2
∆C i ≤ 2 v max 1 + ∑ ∆V j ∆Vi + (∆Vi ) ∀i ∈ N 2 ≤ i ≤ n
j =1


Inoltre, la (5), per i = 1, ci da:
∆C1 ≤ 2v1 ∆V1 + (∆V1 ) ≤ 2v max 1 ∆V1 + (∆V1 )
2
2
Queste ultime due diseguaglianze ci consentono di scrivere:
∆C =
n
n
n  
i −1

2

(
)
∆
C
≤
∆
C
=
∆
C
+
∆
C
≤
2
v
∆
V
+
∆
V
+
2
v
+
∆V j ∆Vi +

∑
∑
∑
∑
∑
i
i
1
i
max 1
1
1
max 1

i =1
i =1
i=2
i=2 
j =1

 
n

 

2
+ (∆Vi ) ] = 2v max 1  ∑ ∆Vi  +  ∑ ∆Vi 
n
 i =1
n
  i =1
2

Ma, per il lemma 1, l’ultimo membro di questa sequenza di uguaglianze e disuguaglianze
rappresenta il modulo della variazione della costante di Jacobi dovuta ad una manovra propulsiva,
eseguita quando la velocità rotazionale assume il valore v max 1 (e quindi il veicolo si trova alla
distanza minima dal corpo celeste), che determina un impulso
n
∆V = ∑ ∆Vi
i =1
parallelo e concorde a v max 1 .
Vediamo ora come risolvere, utilizzando la teoria di Sweetser appena illustrata, il problema
specifico descritto all’inizio di questo articolo: calcolare il ∆V totale minimo teorico che occorre per
effettuare un trasferimento da un’orbita circolare terrestre, la cui altitudine è di 167 km, ad un’orbita
circolare lunare avente quota pari a 100 km. Semplifichiamo leggermente il problema ipotizzando
che entrambe le orbite appartengano al piano in cui si svolge il moto di rivoluzione della Luna. Ciò
ci consente di supporre che il moto del veicolo sia contenuto interamente in tale piano.
Cominciamo col calcolare, tramite la (3), la velocità rotazionale vT , con la quale il veicolo percorre
l’orbita terrestre, e la velocità rotazionale v L , con cui viene percorsa l’orbita lunare. Dopodiché, una
volta note vT e v L , siamo in grado di calcolarci, utilizzando la (1), il valore iniziale CT della
costante di Jacobi, quello relativo all’orbita terrestre, ed il valore finale C L relativo all’orbita
r
lunare. Le due orbite sono percorse nel verso concorde ad ω .
vT =
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µT
RT
+ [d − (RT + d )]ω =
6
µT
RT
− ωRT = 7,786km / s
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vL =
µL
RL
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+ [r − d − (r − d + RL )]ω =
CT = −vT2 + (RT + d ) ω 2 +
2
RL
− ωRL = 1,628km / s
2µT
2µ L
+
= 61,198km 2 / s 2
RT
r + RT
C L = −v L2 + (r − d + RL ) ω 2 +
2
µL
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2µ T
2µ
+ L = 5,7786km 2 / s 2
r + RL
RL
Essendo:
r = raggio dell’orbita della Luna = 384748 km (è il valore usato da Sweetser, benché non coincida
esattamente con la distanza media Terra-Luna che è 384400 km);
d = distanza che separa il centro della Terra dal baricentro del sistema Terra-Luna = 4662,772 km;
RT = raggio dell’orbita iniziale terrestre = 6545,14 km;
RL = raggio dell’orbita finale lunare = 1838,09 km.
Abbiamo già affermato che un veicolo spaziale, per poter effettuare un trasferimento lunare, deve
uscire da OT ed entrare in OL e, per poter fare ciò, il valore di C relativo al moto del veicolo in
prossimità di Li deve essere minore o uguale a CLi . Sapendo che Li dista 326676,4 km dal centro
della Terra, 58071,6 km dal centro della Luna e 322013,63 km dal baricentro del sistema TerraLuna (sono i valori usati da Sweetser), tramite la (1) (con v = 0) si può calcolare il valore di CLi ,
che è 3,344 km 2 / s 2 . Pertanto le manovre impulsive eseguite dall’astronave all’interno di OT
devono ridurre il valore iniziale CT della costante di Jacobi di una quantità che sia pari almeno a
∆C a = CT − C L3 = 57,854km 2 / s 2
per fare in modo che C assuma un valore non superiore a CLi . Mentre le manovre eseguite
all’interno di OL debbono aumentare quest’ultimo valore assunto da C almeno di
∆C b = C L − C Li = 2,4346km 2 / s 2
per far si che C assuma il valore finale C L .
Siano ∆C OT e ∆C OL le variazioni totali della costante di Jacobi causate dalle manovre impulsive
eseguite rispettivamente all’interno di OT e all’interno di OL . Per quanto affermato sopra, deve
essere:
∆C a ≤ ∆C OT ,
∆C b ≤ ∆C OL
(6)
Siano ∆V1 , ∆V2 ,K, ∆Vn gli n impulsi corrispondenti alle n manovre effettuate internamente a OT .
Per il teorema enunciato e dimostrato prima, si ha:
∆C OT
 n
  n

≤ 2vT  ∑ ∆Vi  +  ∑ ∆Vi 
 i =1
  i =1

2
(7)
Il 2° membro di questa diseguaglianza esprime il modulo della variazione di C prodotta da una
manovra impulsiva, eseguita in un punto qualsiasi dell’orbita terrestre iniziale, caratterizzata da una
r
variazione di velocità parallela e concorde a vT e pari in modulo alla somma degli n impulsi. Dalla
(7) e dalla prima delle (6) otteniamo:
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 n
  n

∆C a ≤ 2vT  ∑ ∆Vi  +  ∑ ∆Vi 
 i =1
  i =1

2
tale disuguaglianza è equivalente alla seguente equazione:
∆C a = 2vT ∆VT + (∆VT )
2
(8)
con
n
∆VT ≤ ∑ ∆Vi
i =1
In altre parole, la somma degli n impulsi deve essere maggiore o uguale a quell’impulso ∆VT che,
r
applicato in un punto qualsiasi dell’orbita iniziale terrestre, nella stessa direzione di vT , determina
la variazione ∆C a . Osserviamo che, per il lemma 1, ∆VT è l’impulso minimo necessario per
produrre ∆C a che a sua volta, come abbiamo visto, è la variazione minima di C che deve avvenire
in OT . Pertanto l’impulso minimo che consente alla navicella spaziale di abbandonare l’orbita
terrestre e di raggiungere il punto lagrangiano interno Li , per poter uscire da OT ed entrare in OL ,
è proprio ∆VT . Per calcolarlo, basta risolvere la (8):
(∆VT )
2
+ 2vT ∆VT − ∆C a = 0 ⇒ ∆VT =
− 2vT ± 4vT2 + 4∆C a
2
= −vT ± vT2 + ∆C a
Naturalmente la soluzione col segno meno, in quanto negativa, va scartata. Quindi si ha:
∆VT = vT2 + ∆C a − vT = 3,099km / s
Analogamente si dimostra che la variazione minima di velocità che consente al veicolo di
percorrere il segmento della traiettoria interno ad OL ed inserirsi nell’orbita lunare desiderata è
∆VL = v L2 + ∆C b − v L = 0,627km / s
Concludendo, il ∆V totale minimo teorico che necessita per trasferire un veicolo spaziale dall’orbita
circolare terrestre complanare con l’orbita della Luna e avente raggio pari a 6545,14 km all’orbita
circolare lunare equatoriale di 1838,09 km di raggio è
∆VTOT = ∆VT + ∆VL = 3,726km / s
E’ fondamentale osservare che per minimizzare la variazione totale della costante di Jacobi, ovvero
per renderla pari a ∆C a + ∆C b , è indispensabile che il veicolo transiti per il punto lagrangiano
interno Li . Pertanto, se esiste una traiettoria lunare per la quale sia sufficiente il ∆V minimo teorico,
essa deve necessariamente intersecare i due ovali in Li .
BIBLIOGRAFIA
• Boccaletti D., Pucacco G.: Theory of Orbits, Vol. 1; Berlino, Springer-Verlag, 1996.
• Sweetser T. H.: An Estimate of the Global Minimum DV Needed for Earth-Moon Transfer,
AAS Paper No. 91 – 101, 1991.
• Szebehely V.: Theory of Orbits: The Restricted Problem of Three Bodies; New York,
Academic Press, 1967.
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