CINEMA E FILOSOFIA MATRIX regia di Andy e Larry Wachowski Soggetto e sceneggiatura: Andy e Larry Wachowski; fotografia: Bill Pope; musica: Don Davis, John Reitz, Greg Rudloff, David Campbell, David Lee; scenografia: Owen Paterson; costumi: Kym Barrett; montaggio: Zach Staenberg; effetti speciali: John Gaeta, Janek Sirrs, Steve Courtley, John Thum, Dane Davis; interpreti principali: Neo (Keanu Reeves), Trinity (Carrie Ann Moss), Morpheus (Laurence Fishburne), Agente Smith (Hugo Weaving), Cypher (Joe Pantoliano), Oracolo (Gloria Foster), Tank (Marcus Chong), Apoc (Julian Arahanga), Mouse (Matt Doran), Switch (Belinda Mcclory), Agente Brown (Paul Goddard). produzione: Silver Pictures; origine: Usa distribuzione: Warner Bros; anno: 1999 durata: 133 minuti 4 PREMI OSCAR 2000: MIGLIOR MONTAGGIO - MIGLIORI EFFETTI VISIVI - MIGLIORI EFFETTI SONORI - MIGLIOR SONORO. Capisco che cosa intendi dire, o Menone. Guarda che argomento eristico adduci: che non è possibile per l’uomo ricercare né ciò che sa né ciò che non sa; infatti, né potrebbe cercare ciò che sa – perché lo sa già, e intorno a ciò non occorre ricercare – né ciò che non sa – infatti, in tal caso, non sa cosa ricercare. (Platone, Menone, 80 d-e) In seguito, continuai, paragona la nostra natura, per ciò che riguarda educazione e mancanza di educazione, a un’immagine come questa. Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, con l’entrata aperta alla luce e ampia quanto tutta la larghezza della caverna, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, sì da dovere restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di vedere costruito un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti alle persone per mostrare al di sopra di essi i burattini. – Vedo, rispose. – Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre figure di pietra e di legno, in qualunque modo lavorate; e, come è naturale, alcuni portatori parlano, altri tacciono. – Strana immagine è la tua, disse, e strani sono questi prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? (Platone, Repubblica, VII, 514a – 515a) Quante volte m’è accaduto di sognare, la notte, che io ero in questo luogo, che ero vestito, che ero presso il fuoco, benché stessi spogliato dentro il mio letto? E’ vero che ora mi sembra che non è con occhi addormentati che io guardo questa carta, che questa testa che io muovo non è punto assopita, che consapevolmente di deliberato proposito io stendo questa mano e la sento: ciò che accade nel sonno non sembra certo chiaro e distinto come tutto questo. Ma, pensandoci accuratamente, mi ricordo d’essere stato spesso ingannato, mentre dormivo, da tali illusioni. E arrestandomi su questo pensiero, vedo così manifestamente che non vi sono indizi concludenti, né segni abbastanza certi per cui sia possibile distinguere nettamente la veglia dal sonno, che ne sono del tutto stupito; ed il mio stupore è tale da essere quasi capace di persuadermi che io dormo (Cartesio, Meditazioni metafisiche sulla filosofia prima, Roma-Bari, Laterza, 1986, pp.18-19) Io supporrò, dunque, che vi sia […] un qualche genio maligno non meno astuto e ingannatore che possente, che abbia impiegato tutta la sua operosità ad ingannarmi. Io penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non siano che illusioni e inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità. Considererò me stesso come privo del tutto di mani, di occhi, di carne, di sangue, come non avente alcun senso, pur credendo falsamente tutte queste cose. (Cartesio, Meditazioni metafisiche sulla filosofia prima, Roma-Bari, Laterza, 1986, pp.21-22) Immaginate che un essere umano (potete immaginare di essere voi) sia stato sottoposto ad un’operazione da parte di uno scienziato malvagio. Il cervello di quella persona (il vostro cervello) è stato rimosso dal corpo e messo in un’ampolla piena di sostanze chimiche che lo tengono in vita. Le terminazioni nervose sono state connesse ad un computer superscientifico che fa sì che la persona a cui appartiene il cervello abbia l’illusione che tutto sia perfettamente normale. Sembra che ci siano persone, oggetti, il cielo ecc., ma in realtà l’esperienza della persona (la vostra esperienza) è in tutto e per tutto il risultato degli impulsi elettronici che viaggiano dal computer alle terminazioni nervose. Il computer è così abile che se la persona cerca di alzare il braccio la risposta del computer farà sì che “veda” e “senta” il braccio che si alza. Inoltre, variando il programma lo scienziato malvagio può far sì che la vittima “esperisca” (ovvero allucini) qualsiasi situazione o ambiente lo scienziato voglia. Può anche offuscare il ricordo dell’operazione al cervello, in modo che la vittima abbia l’impressione di essere sempre stata in quell’ambiente […] Potremmo anche immaginare che tutti gli esseri umani … siano cervelli in un’ampolla. Naturalmente lo scienziato malvagio dovrebbe trovarsi al di fuori. Dovrebbe? Magari non esiste nessuno scienziato malvagio; magari l’universo … consiste solo di macchinari automatici che badano a un’ampolla piena di cervelli. Supponiamo che il macchinario automatico sia programmato per dare a tutti un’allucinazione collettiva … quando sembra a me di star parlando a voi, sembra a voi di star ascoltando le mie parole. Naturalmente le mie parole non giungono per davvero alle vostre orecchie, dato che non avete (vere) orecchie, né io ho una vera bocca e una vera lingua. Invece, quando produco le mie parole quel che succede è che gli impulsi efferenti viaggiano dal mio cervello al computer, che fa sì che io “senta” la mia stessa voce che dice quelle parole e “senta” la lingua muoversi ecc., e anche che voi “udiate” le mie parole, mi “vediate” parlare, ecc. In questo caso, in un certo senso io e voi siamo davvero in comunicazione. Io non mi inganno sulla vostra esistenza reale, ma solo sull’esistenza del vostro corpo e del mondo esterno, cervelli esclusi. (H. Putnam, Ragione, verità e storia, Milano, Il Saggiatore, 1985, pp. 7-8)