06.Prima guerra mondiale (1914-1918)

Prima guerra mondiale (1914-1918)
1
INTRODUZIONE
Prima guerra mondiale Guerra combattuta tra il 1914 e il 1918 da ventotto nazioni, raggruppate
negli opposti schieramenti delle Potenze alleate (comprendenti tra le altre Gran Bretagna,
Francia, Russia, Italia e Stati Uniti) e degli Imperi Centrali (Germania, Austria-Ungheria, Turchia e
Bulgaria). Causa immediata della guerra fu l'assassinio, il 28 giugno 1914 a Sarajevo,
dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austroungarico, per mano del nazionalista
serbo Gavrilo Princip; le cause fondamentali del conflitto vanno tuttavia ricercate nelle
contrastanti mire imperialistiche delle potenze europee, cresciute in un clima di esasperato
nazionalismo.
Soprattutto a partire dal 1898, i contrapposti interessi di Francia, Gran Bretagna e Germania (e in
misura minore di Austria, Russia e Giappone) alimentarono uno stato di costante tensione
internazionale, che spinse i governi a mantenere permanentemente in stato di allerta eserciti
sempre più armati e ad accrescere la potenza delle proprie marine militari. I tentativi di fermare
questa corsa al riarmo (che furono oggetto delle conferenze dell'Aia del 1899 e del 1907) ebbero
scarso effetto, e non riuscirono a impedire lo strutturarsi dell'Europa attorno a due coalizioni
ostili: la Triplice Alleanza tra Germania, Austria-Ungheria e Italia, e la Triplice Intesa tra Gran
Bretagna, Francia e Russia.
2
CRISI CHE PRECEDETTERO LA GUERRA (1905-1913)
Tra il 1905 e il 1913 varie crisi e guerre locali portarono la situazione al limite del conflitto
generale.
-
Due di queste (crisi marocchine) furono il risultato del tentativo tedesco di sostenere
l'indipendenza del Marocco nei confronti dell'occupazione francese, questione poi risolta
pacificamente dalla conferenza di Algeciras.
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Un'altra crisi si aprì nei Balcani nel 1908 (vedi Questione balcanica), in seguito all'annessione
della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria-Ungheria; in questo caso la guerra fu evitata
solo perché la Serbia, che coltivava mire espansionistiche sulla regione, non poteva agire
senza il sostegno della Russia, all'epoca non ancora disposta al conflitto.
Approfittando del fatto che l'attenzione delle grandi potenze era rivolta alla questione marocchina,
l'Italia dichiarò guerra alla Turchia nel 1911 per annettersi la regione di Tripoli (guerra italoturca), mentre le guerre balcaniche del 1912-13 ebbero il risultato di rafforzare le tendenze
aggressive del regno di Serbia nella regione peggiorando ulteriormente i suoi rapporti con Vienna,
e di suscitare desideri di vendetta e di riscatto nella Bulgaria e nella Turchia.
L'assassinio dell'arciduca austriaco agì perciò da detonatore in un'Europa già profondamente
lacerata da rivalità nazionalistiche, con effetti catastrofici.
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DICHIARAZIONI DI GUERRA
Il governo di Vienna, ritenendo l'assassinio opera del movimento nazionalista serbo, assicuratosi
l'appoggio della Germania inviò un ultimatum alla Serbia ritenuta responsabile di un piano
antiaustriaco. A quel punto la catena delle alleanze fece precipitare la situazione e in rapida
successione si ebbero la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia (28 luglio), la
mobilitazione della Russia, le dichiarazioni di guerra della Germania alla Russia (1° agosto) e alla
Francia con la conseguente invasione del Belgio (3 agosto), e l'entrata in guerra della Gran
Bretagna a sostegno dei belgi (5 agosto) che provocò la reazione tedesca. Mentre l'Italia si
dichiarava neutrale, anche il Giappone (alleatosi con gli inglesi nel 1902) dichiarò guerra al Reich
il 23 agosto, attaccandone subito dopo i possedimenti asiatici. La firma del trattato di Londra,
avvenuta il 5 settembre 1914, sanciva l'alleanza tra Francia, Gran Bretagna e Russia.
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1914-1915: DALLA GUERRA-LAMPO ALLA GUERRA DI TRINCEA
Le operazioni militari si svolsero su tre diversi fronti:
-
occidentale, o franco-belga;
-
orientale, o russo;
-
meridionale, o serbo.
Nel novembre del 1914 la Turchia entrò in guerra a fianco degli Imperi Centrali, estendendo così
il quadro delle operazioni al Medio Oriente.
Nel 1915 si aprirono due ulteriori fronti:
-
quello austro-italiano, dopo l'entrata in guerra dell'Italia, alleata dell'Intesa in virtù del patto
di Londra firmato il 26 aprile;
-
quello sulla frontiera greca a nord di Salonicco, a seguito dell'intervento della Bulgaria a
fianco degli Imperi Centrali nell'ottobre successivo.
4.1
Il fronte occidentale
Il piano strategico tedesco (noto come "piano Schlieffen", dal nome del capo di stato maggiore
che lo aveva elaborato già nel 1905), affidato al generale Helmuth von Moltke, prevedeva una
rapida guerra di movimento contro la Francia (la cui invasione doveva avvenire attraverso il
Belgio) per poi volgersi contro la Russia, ma fu bloccato dall'esercito francese al comando del
generale Joseph Joffre nella prima battaglia della Marna (6-9 settembre). I tedeschi, costretti alla
ritirata sino al fiume Aisne, estesero il fronte fino alla Mosa, a nord di Verdun. Ne seguì una sorta
di gara in velocità verso il Mare del Nord, con l'obiettivo di acquisire il controllo dei porti sulla
Manica (strategicamente nevralgici poiché vi confluivano i rinforzi britannici), che vide i tedeschi
frenati nella loro avanzata dall'inondazione del fiume Yser, provocata nella regione dai belgi, e da
una serie di scontri con le forze inglesi, noti collettivamente come battaglia delle Fiandre. Questa
segnò la fine della guerra di movimento sul fronte occidentale e portò alla guerra di logoramento,
di cui furono protagonisti la trincea, l'assalto con la baionetta, l'artiglieria, e che si ridusse a una
sequenza di conquiste e di perdite di pochi lembi di terreno con un costo elevatissimo di vite
umane (vedi Guerra di trincea).
Nel marzo del 1915 gli inglesi tentarono, senza esito, di rompere il fronte nemico; in aprile
l'esercito tedesco attaccò Ypres, occupata dalle forze inglesi, usando per la prima volta il gas di
cloro, chiamato ufficialmente da allora "iprite": fu la prima volta che la guerra chimica venne
praticata su vasta scala. Successive offensive franco-inglesi portarono allo sfondamento della
prima linea delle trincee tedesche, ma in termini generali nel corso del 1915 non si produssero
sostanziali modifiche rispetto alle posizioni stabilite alla fine dell'anno precedente. Il fallimento
della guerra-lampo portò alla sostituzione di von Moltke con il generale Erich von Falkenhayn al
comando supremo delle forze tedesche.
4.2
Il fronte orientale
Nell'agosto del 1915 due armate russe attraversarono il confine orientale della Germania, ma
furono fermate dalle divisioni dei generali von Hindenburg e Ludendorff che inflissero agli invasori
una sconfitta decisiva nella battaglia di Tannenberg (26-30 agosto) e in quella dei laghi Masuri
(6-14 settembre). Nel frattempo altre quattro armate russe, invaso il territorio austriaco,
avanzarono in Galizia senza incontrare resistenza sino ai confini con l'Ungheria (fine marzo
1915); l'azione venne però bloccata dalla controffensiva austro-tedesca che dai monti Carpazi
proseguì in Polonia centrale (maggio), Lituania e Curlandia (settembre), obbligando i comandi
russi a richiamare le truppe dalla Galizia.
4.3
La guerra in Serbia
Da parte loro i serbi riuscirono a respingere tre tentativi di invasione senza operarne alcuno ai
danni dell'Austria-Ungheria, così che il fronte rimase inattivo fino all'ottobre del 1915. All'inizio
dello stesso mese, al fine di aiutare la Serbia in caso di un attacco bulgaro, giudicato sempre più
probabile, truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco: a quel punto gli austro-tedeschi
attaccarono nuovamente le postazioni serbe (6 ottobre), sconfiggendole insieme al corpo di
spedizione alleato sopraggiunto in soccorso dalla Grecia occidentale.
4.4
Il fronte turco
La Turchia entrò in guerra il 29 ottobre 1914, cooperando da subito con la Germania con il
bombardamento navale delle coste russe del Mar Nero e l'invasione del Caucaso in dicembre; in
risposta, forze navali inglesi bombardarono le fortificazioni turche sullo stretto dei Dardanelli nel
febbraio del 1915, mentre tra aprile e agosto furono costituite due teste di ponte nella penisola di
Gallipoli. L'obiettivo alleato di acquisire il controllo degli Stretti fallì miseramente, e fu seguito dal
ritiro di tutte le truppe presenti nella regione entro il gennaio del 1916.
4.5
Il fronte italiano
L'Italia stipulò un trattato segreto, il cosiddetto patto di Londra (26 aprile 1915), con Gran
Bretagna, Francia e Russia, in base al quale si impegnava a entrare in guerra in cambio di
compensi territoriali in Trentino, Alto Adige, Istria, Dalmazia, Albania e nel Dodecaneso. Il 24
maggio dichiarò guerra all'Austria-Ungheria, impegnando quest'ultima su un secondo fronte. Le
prime quattro battaglie dell'Isonzo (29 giugno-7 luglio, 18 luglio-10 agosto, 18 ottobre-3
novembre, 10 novembre-10 dicembre) ebbero un esito incerto per le forze italiane, che fallirono
l'obiettivo di spezzare le linee austriache e conquistare Trieste. Come per tutte le potenze
belligeranti, anche per l'Italia la guerra si tradusse in un logorante conflitto di posizioni, per di più
affrontato in condizioni sfavorevoli in quanto gli austriaci controllavano le postazioni più elevate
nel Trentino, nel Friuli e in Carnia. Gli austriaci allentarono la pressione italiana con una violenta
controffensiva in Trentino (la Strafexpedition, spedizione punitiva) i cui effetti risultarono più
dirompenti sul piano psicologico e politico che non su quello militare: si spense allora la speranza
ancora diffusa in Italia di un'imminente vittoria.
5
1916: LA GUERRA DI POSIZIONE
Nel 1916, dopo aver trasferito 500.000 uomini dal fronte orientale a quello occidentale, l'esercito
tedesco al comando del generale von Falkenhayn sferrò un massiccio attacco alla Francia: primo
obiettivo fu la cittadina fortificata di Verdun (21 febbraio), ma l'avanzata tedesca fu contenuta e
le forze alleate poterono rispondere con una controffensiva sulla Somme, iniziata il 1° luglio e
protrattasi fino al mese di novembre. Né l'una né l'altra operazione furono tuttavia decisive: la
spaventosa carneficina (1.600.000 morti) risultò inutile ai fini della guerra. Von Falkenhayn fu
sostituito dal generale Ludendorff; sul fronte alleato al posto del generale Joffre alla testa degli
eserciti francesi impegnati a nord e a nordest fu posto il generale Nivelle.
5.1
Perdite russe e sconfitta rumena
Sul fronte orientale, i russi lanciarono un'offensiva nella regione del lago Narocz per forzare i
tedeschi a spostare le truppe da Verdun, ma l'operazione si risolse in un fallimento che costò loro
oltre 100.000 uomini. Maggior successo ebbe invece in giugno la risposta alla richiesta italiana di
un'azione diversiva che alleviasse la pressione dell'offensiva austriaca in Trentino: l'avanzata
russa da Pinsk verso sud costò tuttavia perdite tali (quasi un milione di morti) da far precipitare
l'esercito in uno stato di demoralizzazione e scoramento che influì non poco sugli sviluppi politici
interni russi. La dimostrazione di forza indusse la Romania a entrare in guerra al fianco degli
Alleati (27 agosto 1916), ma le operazioni militari si risolsero in una netta sconfitta a opera delle
forze austro-tedesche e bulgaro-turche, che assicurò agli Imperi Centrali il controllo della
Romania e delle sue risorse (grano e petrolio).
5.2
L'Italia e i Balcani
Sul fronte italiano il 1916 fu segnato dalla quinta inconcludente battaglia dell'Isonzo e
dall'offensiva austriaca in Trentino, i cui risultati furono comunque annullati dalla reazione italiana
nella campagna estiva. Tra agosto e novembre altre quattro battaglie ebbero luogo sull'Isonzo,
ancora senza risultati a parte la conquista italiana di Gorizia (9 agosto).
Nei Balcani gli Alleati posero sotto controllo politico la Grecia, sostenendo che il re Costantino I
favoriva gli Imperi Centrali a dispetto della sua dichiarata neutralità; l'intervento alleato provocò
la costituzione di un governo provvisorio a Salonicco (29 settembre) guidato da Eleutherios
Venizelos, che fu riconosciuto ufficialmente dalla Gran Bretagna e che il 3 novembre dichiarò
guerra a Germania e Bulgaria. Nel frattempo l'esercito serbo si univa alle truppe russe e italiane
per lanciare un'offensiva congiunta contro le forze bulgare e tedesche, che fu seguita all'inizio di
ottobre da un massiccio attacco alleato in Macedonia che si spinse fino ai confini con l'Albania.
5.3
Il fronte mediorientale
Le operazioni militari in Medio Oriente ebbero come teatri di scontro la Mesopotamia, la Palestina
e l'Arabia, dove nel giugno del 1916 scoppiò un'insurrezione nella regione dell'Higiaz contro il
dominio ottomano, appoggiata dagli inglesi. Al fine di un allargamento della rivolta araba le forze
britanniche dislocate in Egitto cominciarono ad avanzare fino alla penisola del Sinai e in Palestina,
conquistando varie postazioni all'inizio del gennaio 1917.
5.4
Tentativi di negoziato
Nel corso del 1916 il presidente degli Stati Uniti (a quel tempo ancora neutrali) Woodrow Wilson
cercò di spingere al negoziato le potenze belligeranti sulla base di una "pace senza vittoria". A
fine anno il governo tedesco rese nota la disponibilità in tal senso degli Imperi Centrali, alla quale
tuttavia la Gran Bretagna non diede credito.
6
1917: L'ENTRATA IN GUERRA DEGLI STATI UNITI E IL RITIRO RUSSO
La posizione di Wilson riguardo alla guerra mutò decisamente nel gennaio del 1917, quando la
Germania annunciò che a partire dal successivo 1° febbraio sarebbe ricorsa alla guerra
sottomarina indiscriminata contro le imbarcazioni in arrivo in Gran Bretagna o in partenza da
essa, contando in questo modo di poterne piegare la resistenza entro sei mesi. Gli Stati Uniti
avevano già ammonito in precedenza che questo genere d'azione violava palesemente i diritti
delle nazioni neutrali, così che il 3 febbraio il presidente americano decise di sospendere le
relazioni diplomatiche con la Germania, seguito da diverse nazioni dell'America latina. Il 6 aprile
gli Stati Uniti entrarono in guerra.
6.1
Arras e Ypres
Nel 1917 gli Alleati scatenarono due offensive su vasta scala per rompere le linee tedesche sul
fronte occidentale. Il primo tentativo ebbe luogo tra il 9 aprile e il 21 maggio nei pressi di Arras. I
tedeschi si ritirarono dalla linea sull'Aisne attestandosi sulla cosiddetta "linea Hindenburg", dove
le forze alleate concentrarono l'attacco, durante il quale si susseguirono la terza battaglia di Arras
e cruenti scontri sull'Aisne e nella regione della Champagne. L'offensiva si concluse con limitate
conquiste da parte dei francesi, ma con un costo in vite umane talmente elevato da provocare un
ammutinamento nelle file dell'esercito francese e la sostituzione del loro comandante, il generale
Nivelle, con il generale Pétain. La seconda offensiva fu sferrata in giugno, quando il corpo di
spedizione inglese al comando del maresciallo Douglas Haig attaccò le postazioni tedesche nelle
Fiandre: la battaglia di Messines e la terza battaglia di Ypres non produssero tuttavia esiti
sostanziali per gli Alleati.
6.2
Lo sbarco degli americani
Dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, il governo degli Stati Uniti organizzò rapidamente
una forza di spedizione in Europa al comando del generale John Pershing. Entro la fine di maggio
175.000 soldati americani erano già dislocati in Francia; sarebbero ammontati a quasi due milioni
verso la fine della guerra.
6.3
La guerra sottomarina
Sempre nel 1917 i tedeschi dovettero riconoscere fallito il tentativo di spingere la Gran Bretagna
alla resa mediante il blocco sottomarino delle sue isole. Inoltre, già dagli inizi del 1918 gli Alleati
(grazie soprattutto al contributo degli Stati Uniti) producevano nuove navi più di quante i tedeschi
riuscissero a distruggerne.
6.4
La Russia si ritira
Lo scoppio nel marzo 1917 dell'insurrezione popolare contro il governo imperiale portò
all'abdicazione dello zar Nicola II. Appena insediato, il governo provvisorio si impegnò a
proseguire la guerra, ma la successiva Rivoluzione bolscevica (6-7 novembre, 24-25 ottobre
secondo il calendario giuliano) avrebbe portato al ritiro della Russia dalla guerra. Sul fronte
militare, le forze russe al comando del generale Aleksej Brusilov avanzarono sul fronte della
Galizia, perdendo successivamente gran parte del territorio conquistato; la controffensiva tedesca
ebbe come risultato la conquista di Riga, difesa dal generale russo Lavr Kornilov, di gran parte
della Lettonia e di alcune isole russe nel Baltico. Il 20 novembre il nuovo governo offrì alla
Germania la sospensione delle ostilità: l'armistizio, che determinò la fine dei combattimenti sul
fronte orientale, fu firmato dai rappresentanti di Russia, Austria e Germania il 15 dicembre.
6.5
Sconfitte italiane
Durante i primi otto mesi dell'anno, nonostante le carenze in effettivi, artiglieria e munizioni, le
forze italiane al comando del generale Luigi Cadorna proseguirono gli sforzi per sfondare le linee
austriache sul fiume Isonzo e conquistare Trieste (decima e undicesima battaglia dell'Isonzo),
senza che si producessero risultati di rilievo. L'ultimo trimestre dell'anno fu invece segnato da una
decisa offensiva mossa da nove divisioni austriache e sei tedesche, sopraggiunte dall'ormai
inattivo fronte orientale: attaccando sulla parte alta dell'Isonzo, riuscirono a rompere le linee
italiane, costringendo il contingente nemico a ripiegare disordinatamente sul fiume Piave. Nella
disastrosa battaglia di Caporetto, oltre alle vittime le truppe italiane contarono 300.000 prigionieri
e quasi altrettanti disertori, sfiorando la disfatta. Sull'estrema linea del Piave venne fermata la
controffensiva che avrebbe potuto costringere l'Italia alla resa definitiva; in novembre truppe
inglesi e francesi giunsero di rinforzo, mentre Cadorna veniva sostituito dal generale Armando
Diaz.
6.6
L'entrata in guerra della Grecia
Vista la situazione di stallo sul piano delle operazioni militari sul fronte dei Balcani, gli Alleati
esercitarono pressioni sul re Costantino I con l'obiettivo di ottenere la sua abdicazione.
L'invasione della Grecia fu avviata nel giugno del 1917: il monarca greco rinunciò alla corona in
favore del figlio Alessandro e Venizelos assunse la guida del nuovo governo, dichiarando guerra
agli Imperi Centrali il 27 giugno.
6.7
Il Medio Oriente
In Palestina, sotto il comando del generale Edmund Allenby, gli inglesi spezzarono le linee turche
a Beersheba, obbligandole prima a evacuare Gaza (novembre), per poi prendere Gerusalemme (9
dicembre). Nella regione l'anno era stato caratterizzato dalla brillante azione del colonnello
Thomas Edward Lawrence (più noto come Lawrence d'Arabia), animatore della rivolta araba
contro la Turchia. Le truppe arabe da lui guidate presero in luglio il porto di Aqaba, effettuando in
seguito diverse sortite contro le linee ferroviarie nella regione dell'Higiaz. Altri successi furono
ottenuti dagli inglesi nel corso del 1917 in Mesopotamia, con la presa di Baghdad in marzo e
un'avanzata che in settembre li portò ai fiumi Eufrate e Tigri.
7
1918: LA FINE DEL CONFLITTO
Il 3 marzo 1918 la Russia firmò la pace di Brest-Litovsk, che poneva ufficialmente fine alla guerra
con gli Imperi Centrali in termini decisamente favorevoli a questi ultimi; il 7 maggio fu la Romania
a sottoscrivere la pace: il trattato di Bucarest sanciva la cessione della Dobrugia alla Bulgaria e
quella dei passi sui monti Carpazi all'Austria-Ungheria, garantendo inoltre alla Germania
concessioni a lungo termine sui pozzi di petrolio rumeni.
7.1
Ritiro della Bulgaria e dell'Austria-Ungheria
Proprio sul fronte dei Balcani, tuttavia, l'esito finale dei combattimenti risultò disastroso per gli
Imperi Centrali: in settembre 700.000 soldati alleati avviarono contro le truppe nemiche di stanza
in Serbia un'offensiva congiunta che alla fine del mese costrinse la Bulgaria a chiedere
l'armistizio; ciò indusse la Romania a rientrare in guerra. Intanto la Serbia continuava l'avanzata
nei Balcani sino a occupare Belgrado (1° novembre), mentre l'esercito italiano invadeva e
occupava l'Albania. Sul fronte italo-austriaco le forze italiane ottennero quindi la vittoria decisiva
nella battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre-4 novembre): il 3 novembre Trieste cadde in mano
italiana, così come Fiume (odierna Rijeka) il giorno 5. La sconfitta fece precipitare la situazione
interna nell'impero asburgico: cechi, slovacchi e slavi del Sud proclamarono la loro indipendenza;
a nove giorni dalla firma dell'armistizio con gli Alleati (3 novembre), l'imperatore Carlo I abdicò e
il giorno seguente un moto rivoluzionario popolare proclamò la Repubblica austriaca, mentre gli
ungheresi istituivano un governo indipendente.
7.2
Ritiro della Turchia
Anche la campagna in Palestina si concluse vittoriosamente per gli Alleati. In settembre gli inglesi
misero in fuga l'esercito turco e il corpo di spedizione tedesco che lo assisteva; nel frattempo le
forze francesi conquistavano il Libano e la Siria. Il governo ottomano chiese allora l'armistizio,
firmato il 30 ottobre.
7.3
Ultime offensive tedesche
La politica di pacificazione del presidente americano Wilson, riassunta nei famosi Quattordici
punti, aveva come obiettivo il conseguimento di una pace giusta e indusse gli Imperi Centrali a
cessare le ostilità alcuni mesi dopo. All'inizio del 1918, rendendosi conto della necessità di portare
a conclusione il confronto sul fronte occidentale prima che gli americani potessero attestarvisi, i
tedeschi decisero l'attacco finale che avrebbe dovuto portarli fino a Parigi. L'offensiva, iniziata il
21 marzo, fu diretta contro il fronte britannico dislocato a sud di Arras; gli Alleati incaricarono del
collegamento delle operazioni il generale Foch, che assunse il comando generale di tutti gli
eserciti alleati in Francia. Da aprile a giugno le forze tedesche avanzarono fino a giungere a 60
km da Parigi, ma furono bloccate e, nonostante il successo conseguito nella seconda battaglia
della Marna tra il luglio e l'agosto, furono respinte dalle truppe alleate.
Tra la fine di agosto e i primi di settembre le forze britanniche e francesi conseguirono una serie
di vittorie, obbligando i tedeschi a retrocedere fino alla linea Hindenburg; l'avanzata continuò tra
ottobre e novembre, quando forze angloamericane raggiunsero Cambrai, la foresta delle Argonne
e Sedan, costringendo le truppe tedesche a ritirarsi progressivamente da tutto il fronte
occidentale. Nel frattempo, su richiesta del generale Ludendorff, il governo tedesco tentava di
avviare trattative per un armistizio, subito arenatesi però per il rifiuto del presidente Wilson di
negoziare con governi non democratici. La disfatta militare ebbe ripercussioni nella situazione
politica interna tedesca: la flotta si ammutinò, l'imperatore Guglielmo II abdicò e cercò rifugio in
Olanda, mentre in Germania veniva proclamata la Repubblica (9 novembre 1918). Due giorni
dopo, nella foresta di Compiègne, la Germania firmava l'armistizio di Rethondes, accettando tutte
le condizioni imposte dagli Alleati.
7.4
La guerra nelle colonie
Nel corso di tutto il conflitto, le scarse forze tedesche presenti nelle colonie in Africa (con la sola
eccezione di quelle di stanza nel Corno d'Africa) furono costrette a cedere sotto gli attacchi
alleati, che si conclusero con la conquista del Camerun, dell'Africa del Sud-Ovest (vedi Namibia) e
dell'Africa Orientale Tedesca (vedi Tanzania). Nel Pacifico, un contingente anglo-australiano
proveniente dalla Nuova Zelanda si assicurò sin dalle prime fasi del conflitto i territori tedeschi di
Samoa, delle Bismarck e della Nuova Guinea. A loro volta i giapponesi strapparono ai tedeschi il
porto di Qingdao nella provincia cinese dello Shantung nel novembre del 1914 e,
successivamente, le isole Marshall, Marianne, Caroline e l'arcipelago di Palau.
8
LA GUERRA SUL MARE
Il più importante scontro navale fu la battaglia dello Jutland, combattuta fra il 31 maggio e il 1°
giugno 1916 tra le flotte inglese e tedesca. Seppure le perdite inglesi, sia in navi sia in vite
umane, superassero quelle della Germania, la flotta del Reich rientrò nei porti nazionali per non
tornare più in azione. Nel 1917 i responsabili militari tedeschi fecero nuovamente ricorso alla
guerra sottomarina indiscriminata, convinti che questo fosse l'unico modo per contrastare la Gran
Bretagna. Il calcolo non solo non portò il risultato cercato, ma provocò l'entrata in guerra degli
Stati Uniti. Secondo i termini dell'armistizio di Compiègne, i tedeschi consegnarono agli Alleati
l'intera flotta (10 navi da guerra, 17 incrociatori, 50 torpediniere e più di 100 sottomarini);
quando il successivo trattato di pace firmato il 28 giugno 1919 dispose che essa sarebbe
definitivamente divenuta di proprietà degli Alleati, i marinai tedeschi la autoaffondarono.
9
LA GUERRA AEREA
La prima guerra mondiale incoraggiò la produzione e l'uso militare di aeroplani e dirigibili utilizzati
per azioni di perlustrazione, osservazione e bombardamento. Una caratteristica della guerra
furono le incursioni condotte per mezzo di dirigibili o di aeroplani su importanti centri nemici
situati lontano dal fronte di battaglia. La prima incursione aerea tedesca su Parigi ebbe luogo il 30
agosto 1914; la prima ai danni dell'Inghilterra fu scatenata su Dover, il 21 dicembre dello stesso
anno. Durante il 1915 e il 1916 dirigibili tedeschi del tipo Zeppelin effettuarono 60 incursioni
sull'Inghilterra orientale e su Londra, con l'obiettivo di danneggiare l'industria inglese e minare il
morale della popolazione civile.
A partire dalla metà del 1915 i duelli aerei tra singoli aeroplani o tra squadroni nemici
diventarono comuni. I tedeschi imposero la loro superiorità aerea dall'ottobre del 1915 al luglio
del 1916, quando la supremazia passò agli alleati (in particolare agli inglesi), che la mantennero
definitivamente anche grazie all'entrata in guerra degli Stati Uniti. Tra gli assi del volo più famosi,
si ricordano l'italiano Francesco Baracca, abbattuto sull'altopiano del Montello dagli austriaci,
l'americano Eddie Rickenbacker, il canadese William Avery Bishop e il tedesco Manfred von
Richthofen, noto come "Barone Rosso".
10
I TRATTATI DI PACE
Durante la conferenza di Versailles, che vide riunite le 27 nazioni vincitrici della guerra tra il
gennaio del 1919 e l'agosto del 1920, furono concluse le paci separate con le potenze sconfitte:
-
il trattato di Versailles (28 giugno 1919) con la Germania,
-
il trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) con l'Austria,
-
il trattato di Neuilly-sur-Seine (27 novembre 1919) con la Bulgaria,
-
il trattato del Trianon (4 giugno 1920) con l'Ungheria e il trattato di Sèvres (10 agosto 1920)
con la Turchia.
11
BILANCIO DELLA GUERRA
La guerra era durata 4 anni, 3 mesi e 14 giorni di combattimenti, causando circa 12 milioni di
morti tra militari e civili; diversi milioni furono i feriti. Un'intera generazione di europei fu
falcidiata dalla carneficina: francesi, inglesi, tedeschi e russi persero tra il 15 e il 20% dei loro
uomini in età compresa tra i 18 e i 30 anni, appartenenti indifferentemente alle classi inferiori e a
quelle elevate. Infatti, nel carnaio delle trincee e nei massacri delle battaglie morirono tanto i
soldati semplici, reclutati perlopiù tra i contadini, quanto gli ufficiali che li guidavano.
Nonostante la speranza che gli accordi raggiunti alla fine della guerra potessero ristabilire una
pace duratura, la prima guerra mondiale pose al contrario le premesse di un conflitto ancor più
devastante. Gli Imperi Centrali dichiararono la loro accettazione dei "Quattordici punti" del
presidente Wilson come base per l'armistizio, aspettandosi che i loro princìpi ispiratori avrebbero
costituito il fondamento dei trattati di pace. Al contrario, gli Alleati europei si presentarono alla
conferenza di Versailles e a quelle successive determinati a esigere dagli Imperi Centrali
riparazioni equivalenti all'intero costo della guerra, nonché a spartirsi tra loro i territori e i
possedimenti delle nazioni sconfitte, secondo gli impegni presi in accordi segreti stabiliti tra il
1915 e il 1917, prima dunque dell'entrata in guerra degli Stati Uniti.
Il presidente Wilson in un primo tempo insistette affinché la conferenza di pace accettasse il
programma delineato nei "Quattordici punti" nella sua totalità, ma nel tentativo di garantirsi
l'appoggio dei recalcitranti alleati per l'applicazione dell'ultimo – riguardante l'istituzione di una
Società delle Nazioni – finì con l'abbandonare questa posizione. I trattati di pace prodotti dalla
conferenza di Versailles risultarono così squilibrati da divenire fattori di instabilità nel futuro
dell'Europa.
11.1
La dissoluzione degli imperi
La soluzione diplomatica che prevalse al termine della guerra disegnò un quadro politico
dell'Europa completamente differente da quello del 1914. La scomparsa di tre imperi (russo,
tedesco, austroungarico) fu colmata dalla creazione di nuove unità statali, entro le quali l'identità
nazionale era tutt'altro che omogenea. Si trattò di un autentico terremoto geopolitico che investì
particolarmente l'area centrorientale dell'Europa, laddove oltre 250 milioni di persone (russi,
tedeschi ed ex sudditi austroungarici) videro modificarsi sotto i loro occhi antichi confini e cadere
autorità secolari. Dovettero perciò cominciare a fondare su nuove basi le loro relazioni sociali e
politiche. In Russia la dissoluzione dell'impero zarista, sopraggiunta già prima della fine del
conflitto, era stata accelerata dal processo rivoluzionario sfociato nell'instaurazione del regime
bolscevico.
In Germania e nell'Austria-Ungheria il disfacimento della compagine imperiale coincise con la
sconfitta militare, così che la soluzione al vuoto di potere determinatosi nel 1918 fu in parte
lasciata alle decisioni delle potenze vincitrici. Se per l'ex impero asburgico si trattava di
sanzionare quel frazionamento tra nazioni che era già in atto prima del conflitto, nel caso della
Germania bisognava fare i conti da una parte con lo spirito punitivo della Francia e dall'altra con
la coesione nazionale dei tedeschi. Gran Bretagna e Francia, imponendo pesanti sanzioni
economiche e amputazioni territoriali, ferirono il sentimento nazionale dei tedeschi: l'umiliazione
risultava ancor più grave per il fatto che l'esercito tedesco, a differenza di quello austriaco, non
aveva subito una vera e propria disfatta.
Comunque risultò chiaro sia ai vinti sia ai vincitori che la guerra aveva preparato il declino
dell'Europa. L'instabilità dei suoi confini centrorientali lasciava presagire un futuro di tensioni
interstatali: a est la Russia bolscevica apriva una potente minaccia ideologica all'ordine europeo e
al di là dell'Atlantico irrompevano due nuove grandi potenze, quali gli Stati Uniti e il Giappone,
candidate a rimpiazzare le potenze europee nella conduzione del capitalismo mondiale.
11.1.1
Conseguenze economiche
Ancor più grave fu il dissesto finanziario i cui effetti negativi si aggiunsero ai problemi derivanti
non solo dalla riconversione delle industrie dalla produzione militare a quella civile, ma più in
generale dal riassetto di un intero sistema economico. La guerra per oltre quattro anni aveva
finalizzato la produzione, gli scambi, la gestione monetaria, la macchina burocratica degli stati,
realizzando la mobilitazione totale delle risorse umane e materiali. Ne erano state sconvolte le
regole precedenti.
Per quanto concerne l'aspetto finanziario, la guerra aveva generato un enorme disavanzo nei
bilanci statali, sollecitati alla spesa dalle esigenze militari. Nelle transazioni monetarie l'instabilità
dei cambi aveva prodotto inflazione e svalutazione a livelli incontrollati. In queste condizioni
rimettere sotto controllo le finanze statali si presentava come un problema arduo, dai complessi
risvolti sociali e politici, prima che tecnici. Anche la situazione industriale apparve di difficile
gestione nel momento in cui vennero a mancare le commesse statali, che in tempo di guerra
avevano trainato interi settori, quali il meccanico, il tessile, il chimico. Insorsero gravi problemi
legati alla riconversione dell'industria bellica. Inoltre bisognava trovare un lavoro per i milioni di
reduci dal fronte.
11.1.2
Conflitti sociali
La guerra aveva innescato profondi e ampi sommovimenti in tutte le società coinvolte e aveva
depositato nella coscienza di milioni di uomini il ricordo brutale della violenza. Dal rifiuto morale
che molti soldati e ufficiali elaborarono in risposta ai massacri, scaturì un odio profondo verso la
guerra che si tramutò in un impulso di riscatto. Sentimenti simili furono all'origine della
Rivoluzione russa del 1917, ma anche delle lotte operaie e contadine che si manifestarono in
Germania, in Francia, in Italia tra il 1917 e il 1922. Al contrario, nei soldati che non avevano
avvertito un'opposizione morale alla guerra, l'esperienza sotto le armi aveva lasciato impressioni
di forza bruta, abitudini all'uso della violenza, attitudine alla prevaricazione fisica, tutte
componenti queste che prepararono il clima psicologico delle forze reazionarie attive in Europa
già dal 1919. La crisi del dopoguerra infine, se travolse operai e contadini, agrari e industriali,
turbò ancora di più i ceti medi, esposti ai contraccolpi dell'inflazione e alla perdita di reddito e di
prestigio, predisponendoli a favorire soluzioni autoritarie con le quali liquidare i conflitti ideologici
e gli squilibri sociali.