Agricoltura biologica L’agricoltura biologica è nata grazie al grande sviluppo della biologia e dell’ecologia dell’ultimo cinquantennio, la scienza ha così messo a punto un sistema di produzione che non danneggia l’ambiente, non avvelena l’organismo, ma fornisce alimenti d’alta qualità nutrizionale e di gusto superiore. Trasferendo i concetti della biologia nell’agricoltura n’è scaturita una serie di regole fondamentali per definire la nuova agricoltura. L’agricoltura biologica è una tecnica moderna e raffinata, fondata su regole che, tutte insieme nel loro complesso, la determinano. Le coltivazioni devono essere esenti da prodotti chimici costruiti in laboratori e privi d’organismi geneticamente modificati. La difesa da malattie, organismi parassiti e infestanti avviene ad opera di difese proprie delle colture e del suolo; importante è anche l’uso delle consociazioni vegetali (le piante si offrono aiuto reciproco nella difesa) ed evitare la stagnazione delle acque favorendo le migliori condizioni di drenaggio del suolo. La messa a coltivazione di piante diverse, in stretto contatto, permette anche una resa naturalmente maggiore. Occorre mantenere l’equilibrio del terreno e fertilizzarlo soltanto con materie organiche e minerali naturali. Bisogna inoltre impiegare tecniche e lavorazioni dolci: il terreno è un organismo vivente e trasformare l’azienda agricola in un organismo differenziato, ecologicamente completo e perciò complesso (flora, fauna, humus etc.). La scelta delle specie da coltivare è fatta in base alle condizioni di predisposizione al clima e al luogo (non per rincorrere la produttività esasperata), per questo si tendono a privilegiare le varietà locali. Si evitano anche e soprattutto le sementi ibride perché meno capaci di mettere in atto propri sistemi di difesa, quindi necessitanti di pesticidi sintetici. In sostanza l’agricoltura biologica è andata alla ricerca di come funziona la natura, nei suoi meccanismi delicatissimi, per produrre alimenti per l’uomo in modo continuo (abbandonando le monoculture), senza rischiare di rovinare il terreno. Questo avviene solo se si producono alimenti rispettando le leggi ecologiche del terreno stesso. L’agricoltura biologica non è quindi soltanto un’agricoltura senza veleni chimici, ma un’agricoltura che produce alimenti necessari al mantenimento della salute dell’uomo, preservando nel contempo terreno e ambiente. Agricoltura biodinamica La nascita dell’agricoltura biodinamica avviene nei primissimi decenni del ventesimo secolo come risposta alla comprensione dei limiti di una scienza agraria, fondata sull’applicazione di schemi di natura fisico-chimica. Nacque una concezione dell’azienda agricola in relazione con l’ambiente circostante, col pianeta e, infine con il cosmo dei pianeti e costellazioni. Tutto è interconnesso in una complessità di relazioni. In biodinamica si parla d’organismi intendendo con essi le piante, gli animali, il terreno, l’azienda, il pianeta, etc. Riconoscere queste realtà e operare non seguendo solo pensieri di causa-effetto chimico-fisici, significa sperimentare una nuova filosofia. L’agricoltura biodinamica non è quindi un metodo, ma un percorso che, attraverso metodi e tecniche, a misura dei singoli casi, porta l’agricoltore ad essere creatore di un organismo aziendale vitale e dispensatore di prodotti sani. Una delle prerogative della biodinamica è il superamento di una visione meccanicistica dei fenomeni, per acquisirne una più complessa e maggiormente fondata sull’uso dei sensi. L’uso delle nostre percezioni acquista una fondamentale importanza in quanto i processi della natura che sono tipici dell’azienda possono essere sperimentati ed elaborati, nel tempo, in un’immagine del proprio organismo agricolo con la quale l’agricoltore lavorerà trovando le soluzioni ai problemi tecnici e pratici. Lavorare con le forze che generano e muovono la vita, non può essere solo determinato dall’uso degli strumenti derivati dalla chimica e dalla fisica. Il mondo animale e vegetale faticano a produrre sempre più vita, nell’ambito del sistema ecologico planetario, quando li si approci e li si modifichi solo dal punto di vista della componente, per così dire, minerale. Il minerale non determina da se stesso organismi viventi, perché ciò che vive può nascere solo da ciò che già possiede vita. Lo scopo fondamentale dell’agricoltore biodinamico è quello di produrre alimenti di più alta qualità e vitalità possiede affinché gli esseri umani possano trarre forze sane per il proprio sviluppo fisico, animico e spirituale. Gli strumenti operativi più importanti dell’agricoltore biodinamico sono: le rotazioni agricole, i preparati biodinamici, il compostaggio, il calendario lunare e planetario delle semine, le lavorazioni non distruttive del terreno, la concimazione di qualità. Cosa scegliere? Sia l’agricoltura biologica sia quella biodinamica sono la risposta alla crisi annunciata delle tecniche di coltivazione basate sul largo impiego delle sostanze chimiche sintetiche e del metodo di coltivazione intensivo. Il loro punto di forza è quindi comune: produrre alimenti sani perché privi di veleni, inventati dall’uomo contemporaneo alla ricerca della produzione quantitativa e non qualitativa. L’agricoltura biodinamica nasce cronologicamente prima di quella biologica e probabilmente n’è il germe: l’individuazione o meglio la riscoperta dell’equilibrio tra gli organismi, terreno, pianeta, accompagnato al rifiuto del meccanicismo come unico perno scientifico, l’embrione della moderna e recentissima scienza dell’ecologia. Sicuramente “pensare biodinamico” ha aspetti che si potrebbero definire quasi animistici ed è soprattutto anche una filosofia. La domanda: “Cosa scegliere?” appare ora chiaramente finalizzata alla riflessione sull’agricoltura che ci aspetta. Certamente siamo oramai ad una svolta nel campo delle applicazioni delle scienze agrarie, bisogna scegliere tra una produzione finalizzata alla quantità e una alla qualità del prodotto. Riflettendo sulla vocazione naturale dell’Italia, legata alla sua conformazione naturale, appare chiara la necessità di puntare verso la strada della qualità e della differenziazione delle culture, verso la riscoperta dei prodotti tipici locali e delle tradizioni antiche reinterpretate in chiave moderna alla luce del progresso scientifico. Tale scelta non deve essere il frutto di un’imposizione dall’alto, operata dal governo nazionale od europeo. Bisogna convincersi che sarà il mercato, che nella fase di globalizzazione dell’economia, guiderà le imprese agricole europee a riscoprire e sfruttare la propria tradizione millenaria anche in quest’ambito. Infatti, appare chiara la non convenienza a competere con Paesi quali ad esempio gli Stati Uniti d’America sul piano della produzione quantitativa e delle monocolture, tenuto conto soprattutto della grande variabilità degli ambienti naturali europei in rapporto alla limitata estensione territoriale. Gianluca Massimo Boari