i forni ad arco

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Capitolo 10
I FORNI AD ARCO
Indice:
1. I forni ad arco
Generalità
Cenni sull’arco elettrico
L’arco in corrente continua
L’arco in corrente alternata
Pag. 2
Pag. 2
Pag. 6
Pag. 8
Pag. 10
2. Caratteristiche di funzionamento dei forni ad arco
Generalità
Funzionamento dei forni ad arco
Caratteristiche forni ad arco diretto monofase e trifase
Pag. 13
Pag. 13
Pag. 13
Pag. 16
3.Perturbazioni prodotte sulle reti di alimentazione da forni ad arco
Le variazioni di carico del forno
Il flicker nel punto di accoppiamento comune
Le cause del flicker generato dal forno
Pag. 24
Pag. 24
Pag. 25
Pag. 26
4.Il flicker
Generalità
La misura del disturbo
Il flickermetro internazionale U.I.E.
Pag. 30
Pag. 30
Pag. 30
Pag. 31
5. Modello di un forno ad arco monofase
Descrizione del modello
Caratteristica tensione-corrente al variare della lunghezza d’arco
Compensazione del flicker
Compensazione della distorsione armonica
Circuito di simulazione e risultati ottenuti
La misura del flicker nelle simulazioni
Pag. 36
Pag. 36
Pag. 38
Pag. 39
Pag. 44
Pag. 44
Pag. 46
Appendice A al Cap. 10 - Calcolo delle curve di assorbimento di un forno ad arco
Pag. 48
1
1. I FORNI AD ARCO
Generalità.
I forni sono usati in siderurgia per la produzione di materie prime o leghe, mediante fusione dei componenti
per riscaldamento.
Il riscaldamento viene ottenuto tramite vari metodi:
1) combustione di nafta;
2) bruciatura di carbone;
3) impiego di energia elettrica.
I forni che impiegano energia elettrica sono detti forni ad arco.
Negli ultimi anni si è verificato un incremento della produzione di acciaio mediante forni ad arco. Questo
fenomeno è legato sia all'aumento del numero di impianti funzionanti, sia alla loro dimensione, sia
soprattutto ai vantaggi offerti dai forni ad arco.
I forni ad arco sono ampiamente utilizzati nonostante il costo della caloria ottenuta dalla nafta, o dal
carbone, sia inferiore a quello ottenuto dall'energia elettrica. Infatti considerando che:
• 1 kg di nafta può sviluppare circa 10.000 Cal,cioè wnafta = 10000 Cal/kg;
• 1 kWh sviluppa solo 860 Cal, cioè we.elett = 860 Cal/kWh ;
• il prezzo di 1 Kg di nafta è solo 2÷2.5 volte quello di 1 kWh;
assumendo come unità economica di prezzo (u.e.) il prezzo di 1 kWh, si ottiene:
Cnafta (1 kg ) = 2,5 Ce.elett (1 kWh)
Cnafta
wnafta
=
2,5
= 2.5 10 − 4 u.e. /(Caloria Termica)
10000
Ce.elett
1
=
≈ 10 − 3 u.e. /(Caloria Elettrica)
we.elett 860
⎛ Ce.elett
⎜⎜
⎝ we.elett
⎞ ⎛⎜ Cnafta ⎞⎟
10 −3
u.e. per Caloria Elettrica
⎟⎟ /
≈
≈4
−
4
⎟
⎜
u.e. per Caloria Termica
⎠ ⎝ wnafta ⎠ 2.5 10
il costo del calore prodotto a partire dall'energia elettrica è dunque circa 4 volte quello del calore prodotto a
partire dai combustibili convenzionali.
L'impiego dei forni ad arco offre però i seguenti vantaggi:
1. maggiori temperature ottenibili (superiori alle temperature che si possono raggiungere nei forni a
combustibile);
2. regolazione facile e precisa della potenza dissipata;
3. altissima densità di energia messa in gioco dal plasma nell'arco elettrico;
4. minori investimenti economici necessari per la costruzione dell'impianto.
Il forno ad arco rappresenta l'unico equipaggiamento di fusione universale, nel quale, con completa
indipendenza dai materiali di carica, può essere fabbricata l'intera gamma odierna degli acciai, da quelli
correnti a quelli speciali di più elevato valore.
I tipi di forni ad arco più usati in siderurgia possono essere classificati come:
- forni ad arco diretto (o ad arco scoperto);
- forni ad arco indiretto (o ad arco radiante), dove l’arco elettrico non interessa il rottame e il
riscaldamento avviene per irraggiamento;
- forni a resistenza (o ad arco sommerso), dove l’arco è sommerso dalla materia fusa.
2
forno ad arco diretto
(arco scoperto)
forno ad arco indiretto
(arco radiante)
forno arco-resistenza
(arco sommerso)
Fig. 1 Tipi di forni ad arco.
I forni ad arco diretto sono i più diffusi per la produzione dell'acciaio, raggiungono temperature superiori ai
3000 °C, hanno una carica che può variare da una a trecento tonnellate e l'arco scocca fra i tre elettrodi
(per forni trifase) verticali di grafite e la carica del rottame o bagno fuso di acciaio.
I forni ad arco diretto sono di diverso tipo, soprattutto per quanto riguarda la carica. In via più generale (v.
Fig. 2) sono trifase con crogiolo cilindrico e fondo bombato, con coperchio in mattoni di silice, disposti a
volta, appoggiata su una armatura di ferro e raffreddata con circolazione di acqua.
I tre elettrodi sono alimentati da un sistema trifase, normalmente alla frequenza di rete, in cui la carica (il
materiale da fondere), dal punto di vista elettrico, rappresenta il centro stella e ciascuno dei tre archi, che si
stabiliscono fra ogni elettrodo e il metallo che si trova nel crogiolo isolante refrattario, rappresentano i
carichi monofase.
3
5
1. Interruttore
2. Sezionatore
3. Autotrasformatore AT/MT
4. Trasformatore MT/MT(regolatore)
5. Sbarra primaria
6. Blocco fisso
7. Flessibile
8. Blocco mobile
9. Crogiolo
10. Elettrodi
Fig. 2 - Vista di un forno ad arco diretto.
4
11. Morse
12. Braccia porta-elettrodi
13. Volta del crogiolo
14. Culle basculanti
15. Servomotore
Nella Fig. 3 sono schematizzati i principali componenti dell'impianto elettrico di alimentazione di un forno ad
arco diretto.
2
3
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
sezionatore
TV misure
amperometro
voltmetro
kwattmetro
cosfimetro
TA misure
interruttore
bobina di reattanza (v.seguito)
interruttore per c.c. reattanza
trasf. del forno
variatore di tensione sotto carico
TA misure
flessibili
amperometri
voltmetri
forno ad arco
Fig. 3 - Schema elettrico dei principali componenti dell'impianto di alimentazione di un forno ad arco diretto
Dallo schema elettrico si nota che:
1. Il trasformatore del forno (11) è dotato di avvolgimenti stella - triangolo perché si comporta meglio in
caso di sistemi trifase squilibrati al secondario (infatti la corrente omopolare di squilibrio può
circolare liberamente all’interno dell’avvolgimento secondario del trasformatore non perturbando la
forma d’onda sinusoidale della tensione);
2. La bobina di reattanza è la reattanza necessaria alla stabilizzazione dell’arco (come verrà spiegato
in seguito).
I forni ad arco indiretto sono poco usati, hanno piccole dimensioni e l’arco scocca tra i due elettrodi (forni
monofase) o tra le 3 coppie di elettrodi (forni trifase) orizzontali contrapposti, sopra il bagno fuso. In questo
caso si ha riscaldamento per irraggiamento.
I forni ad arco-resistenza sono usati per la produzione di ferro-leghe ed hanno gli elettrodi sempre immersi
nel bagno fuso, per cui la corrente elettrica passa non solo attraverso gli archi che scoccano fra le punte
degli elettrodi ed il bagno fuso, ma anche lateralmente agli elettrodi, attraverso la resistenza della carica di
materie prime.
5
Cenni sull'arco elettrico
Proprietà e caratteristiche dell'arco elettrico.
L'arco elettrico è una scarica che avviene tra due conduttori (elettrodi) con un gas interposto, collegati a un
generatore. La caratteristica volt-amperometrica dinamica di un arco è illustrata in Fig. 4.
Se mediante il circuito di Fig. 4.a si applica una tensione progressivamente crescente fra due elettrodi,
inizialmente alla temperatura ambiente e posti in un gas, ad es. aria alla pressione atmosferica, la corrente
(a parte la componente capacitiva se la tensione è alternata) si mantiene praticamente nulla fino a quando
la tensione non raggiunge un valore sufficientemente elevato, la "tensione di innesco" Vi (vedi Fig. 4.b).
Una volta innescatosi, l'arco presenta una caduta di tensione che decresce al crescere della corrente fino a
raggiungere un valore pressoché costante. Tale comportamento si può spiegare se si pensa che la sezione
trasversale dell'arco aumenti all'aumentare della corrente ed aumenti con essa anche la conducibilità del
mezzo sempre più ionizzato.
Ne risulta che l'arco funziona con densità di corrente pressoché costante (in aria ≈ 1 A/mm2), diversamente
da un normale conduttore. Infatti, qualitativamente si ha quanto segue:
Varco = Rarco I arco
(1.1)
↓ ρ arcolarco
↑ Sarco
(1.2)
Rarco =
dove Varco è la caduta di tensione ai capi dell’arco (o tensione d’arco), Rarco è la resistenza elettrica dell’arco,
Iarco è la corrente elettrica che percorre l’arco, ρarco è la resistività elettrica dell’arco, larco è la lunghezza totale
dell’arco e Sarco è la sezione trasversale dell’arco. Quindi Rarco cala doppiamente al crescere della corrente;
ne consegue che Varco cala al crescere della corrente (vedi ramo a della Fig. 4.b). Inoltre si ha che:
J arco =
↑ I arco
= cos t
↑ S arco
(1.3)
Se, una volta instaurato l'arco, si riduce la corrente sino ad annullarla, la tensione d'arco è caratterizzata
(curva b di Fig. 4) da valori inferiori rispetto a quelli che si avevano in precedenza (curva a) cosicché la
tensione di estinzione (Ve) risulta notevolmente inferiore a quella necessaria per innescare il fenomeno. Ciò
si deve al fatto che all'istante dell'estinzione il dielettrico è ancora ionizzato e si fa maggiore fatica ad
estinguere l’arco essendo ρarco bassa.
Zg
Vg
∼
Fig. 4.a: circuito elettrico per la determinazione della caratteristica volt-amperometrica dinamica di un arco elettrico
6
Fig. 4.b - Caratteristica dinamica volt-amperometrica di un arco elettrico con lunghezza d’arco costante. Il tratto a è relativo al
funzionamento con corrente crescente, mentre il tratto b al funzionamento con corrente decrescente.
Si noti che la caratteristica voltamperometrica dell’arco di Fig. 4.b è detta dinamica in relazione al fatto che
il valore istantaneo della tensione Vg varia di ampiezza nel tempo. Nel tratto a) Vg cresce fino ad ottenere
un valore asintotico per Va; nel tratto b) Vg cala fino all’estinzione dell’arco stesso. Sia questa caratteristica
dinamica, sia la caratteristica statica a cui si fa riferimento più oltre nel testo, sono entrambe ottenute
supponendo una lunghezza d’arco costante, ma:
• le caratteristiche statiche sono luoghi di punti a (V,I) costante nel tempo, ottenute con diversi regimi,
ciascuno con una data Vg continua;
• le caratteristiche dinamiche sono ottenute in un unico funzionamento a Vg variabile, in genere con
legge sinusoidale nel tempo, o da zero a un massimo e poi di nuovo a zero (singola semionda
positiva: caratteristica voltamperometrica a un solo quadrante) oppure su tutto il periodo (semionda
positiva e negativa, caratteristica voltamperometrica a più quadranti).
La tensione di innesco dipende dall'atmosfera gassosa fra i 2 elettrodi, dal tipo di materiale degli elettrodi e
dalla lunghezza dell'arco.
Nell'arco si distinguono tre zone:
1. Macchia catodica: zona brillante che copre solo in parte l'estremità del catodo e che si muove
rapidamente, allargandosi o restringendosi al variare dell’intensità di corrente;
2. Macchia anodica: zona altrettanto brillante all'estremità dell'anodo, generalmente più estesa della
macchia catodica
3. Plasma: si presenta come una colonna gassosa meno brillante delle macchie, circondata o no da una
“aureola" a temperatura più bassa, che assume vari aspetti a seconda delle condizioni in cui si
manifesta l'arco (un pennello nei forni ad arco, un fuso nelle saldatrici).
Ad una indagine sperimentale, la tensione d'arco risulta essere somma delle seguenti tre cadute di
tensione, come illustrato qualitativamente in Fig. 5:
¾ Caduta di tensione anodica Van (2 ÷ 10 volt) ;
¾ Caduta di tensione catodica Vc (10 ÷30 volt)
(valori legati alle sostanze che costituiscono anodo e catodo e al tipo di gas fra gli elettrodi)
¾ Caduta di tensione Vl della colonna d’arco, di lunghezza l; tale caduta di tensione è proporzionale
appunto alla lunghezza dell'arco (dipendente dalla distanza fra gli elettrodi), secondo un coefficiente
di proporzionalità che dipende dal tipo di gas fra gli elettrodi. Essa è la vera componente variabile
della caduta di tensione d’arco.
7
Fig. 5 - Distribuzione della tensione lungo l'intero percorso d'arco ove si distinguono una regione anodica, una colonna d'arco e
una regione catodica.
Le cadute catodica e anodica sono dovute a concentrazione di cariche positive e negative rispettivamente
di fronte al catodo e all'anodo, e sono concentrate nella zona prospiciente i rispettivi elettrodi in un
intervallo dell'ordine del micron, cosicché il campo elettrico è molto elevato. Queste due cadute sono
essenzialmente costanti a variare della lunghezza d’arco. Invece la colonna d'arco è caratterizzata da un
gradiente di tensione molto ridotto (da 1 a 10 V/mm; i valori più alti corrispondono al caso di arco
raffreddato efficacemente).
Nella fattispecie, si noti che la Fig. 5 non si presta a descrivere quantitativamente la relazione fra Van, Vc e
Vl per un forno ad arco, se si pensa che in tal caso l’arco è lungo alcune decine di centimetri. Ad esempio,
se l=20 cm e il gradiente di tensione è di 5 V/mm, si avrebbe Vl=200 5 = 1000 V, quindi assai maggiore di
Van e Vc, a differenza di quanto illustrato in Fig. 5.
L'arco in corrente continua.
Per archi in corrente continua relativamente corti (qualche centimetro di lunghezza) e con correnti non
molto intense (inferiori al migliaio di ampere) le caratteristiche statiche (ottenute con Vg continua) dell'arco
possono essere espresse tramite la seguente legge (iperbolica) di Ayrton:
Va = a +
con
b
I
legge di Ayrton
(1.4)
a = α + γl
(1.5)
b = β + δl
dove (α,β,γ,δ) sono opportuni coefficienti e l è la lunghezza dell’arco.
Il circuito equivalente di un impianto con arco elettrico in continua è rappresentato nella Fig. 6.a, dove l'arco
si forma per l'apertura di un contatto.
L'inserzione di una resistenza R in serie all'arco (Fig. 6.a) ha un effetto stabilizzatore che si verifica
considerando la Fig. 6.b; si noti che, essendo V0 < Vi, si suppone che l'arco si sia innescato nel transitorio
8
che ha preceduto l’attuale funzionamento (ovvero, con il generatore chiuso sulla resistenza R si sono aperti
i contatti, allontanandoli poi sino alla distanza desiderata l; a quel punto la V0 applicata dal generatore è
inferiore alla tensione Vi che sarebbe necessaria per innescare l’arco ex-novo su quella distanza
interelettrodica l).
Per R = 0, l'unico punto di possibile funzionamento dell'arco sarebbe quello contrassegnato con 1: ma è
sufficiente una piccola perturbazione dell'equilibrio in tale punto per fare sì che l'arco si estingua, oppure
che la corrente raggiunga valori sempre più alti, tendenti all'infinito.
Per R ≠ 0, i punti di possibile funzionamento sono quelli che, stando sulla caratteristica d'arco, nello stesso
tempo verificano la condizione V = V0 - RI (questa è l'equazione del tratto di circuito AB di resistenza totale
R e comprendente il generatore di f.e.m. V0). Nel caso della Fig. 6.b, i punti di equilibrio sono due,
precisamente quelli contraddistinti con 2 e 3. La condizione di stabilità è però verificata solo nel punto 3.
Fig. 6 - Apertura di un circuito puramente resistivo in corrente continua (a); caratteristica d'arco, con arco supposto di
lunghezza costante (curva p) e tensione disponibile ai capi di esso (è la retta q) (b).
La stabilità dell’arco può essere spiegata con il principio dei lavori virtuali.
Si consideri, infatti, il funzionamento che corrisponde al punto 2: supponendo che per una causa qualsiasi
la corrente aumenti, la tensione V = V0 - RI prevale sulla caduta d'arco Va e si ha quindi un ulteriore
aumento di corrente fino a che non viene raggiunto il punto 3. Supponendo, viceversa, che la corrente
diminuisca, si ha V < Va e quindi l'arco si estingue, vale a dire il funzionamento si sposta nel punto 0.
Nel punto 3, invece, se la corrente cresce si ha V < Va , se la corrente diminuisce V > Va : il sistema
reagisce quindi alla perturbazione riportando il funzionamento all'equilibrio.
Un arco è tanto più stabile quanto maggiore è la sua conducibilità elettrica ( infatti minore conducibilità
significherebbe R d’arco maggiore) e la stabilità è favorita da un elevato potere termoionico del catodo1, da
un basso potenziale di ionizzazione dei gas e da una elevata temperatura del plasma, che a sua volta è
favorita da una bassa conducibilità termica del gas.
Nell'impianto elettrico che alimenta l'arco esistono comunque valori limiti di lunghezza d'arco, di tensione a
vuoto e di resistenza stabilizzatrice oltre i quali il funzionamento dell'arco o non avviene o non si mantiene.
Fissati due dei tre parametri, il valore limite del terzo è dato dalla tangente alla curva caratteristica di un
arco di determinata lunghezza Fig. 7 a, b, c .
1
Capacità di emettere elettroni all’aumentare della temperatura.
9
a) fissate: tensione a vuoto(sull’asse delle ordinate) e
resistenza esterna(pendenza)
Se fisso l’ordinata di origine e la pendenza della retta
descritta dell’equazione V0 –RI, posso costruire una
famiglia di curve a l variabile e vedere qual è la l limite
per la formazione dell’arco. Quest’ultima è quella
lunghezza d’arco che si riferisce alla curva tangente alla
retta sopracitata.
b) fissate: lunghezza d'arco e resistenza esterna
Si calcola Vm = tensione di alimentazione minima,
perché se questa tensione fosse minore di quella mostrata
in figura non ci sarebbe intersezione fra le 2 curve e non
si formerebbe l’arco
c) fissate: lunghezza d'arco e tensione a vuoto
Si calcola la pendenza limite della retta, Rm = resistenza
esterna massima, affinché l’arco possa formarsi.
Fig. 7 - Caratteristiche limite
L'arco in corrente alternata.
Se la corrente, partendo dallo zero, viene fatta aumentare e poi diminuire, la caratteristica (dinamica) voltamperometrica dell'arco risulta costituita da due rami, uno per corrente crescente e l’altro per corrente
decrescente, come già visto nella Fig. 4. Il fenomeno, che è chiamato isteresi dell'arco è legato all'inerzia
termica dei sistema arco-elettrodi, per cui la temperatura è in ogni istante legata ai valori di corrente
precedenti.
I rami della caratteristica d'arco possono risultare più o meno discosti tra loro, cioè Vi e Ve più o meno vicini
(purché la corrente abbia intensità non troppo piccola), a seconda che la conducibilità termica degli
elettrodi permetta o no rapide variazioni della temperatura.
La caratteristica d'arco in corrente alternata, valida per frequenze non molto alte ed elettrodi altamente
conduttori, è riportata nella Fig. 8. Questa caratteristica, a differenza della Fig. 4, si riferisce ad un’onda
completa di tensione di alimentazione, che assume sia valori positivi, sia negativi.
10
Fig. 8 - Caratteristica dinamica d'arco in corrente alternata valida per elettrodi di rame. Il segmento 0’ 0’’ è molto piccolo.
L'arco, una volta innescatosi tra due punti di un circuito in corrente alternata, continua a bruciare con
polarità alternata, comportandosi come un’impedenza non lineare di valore relativamente basso. Se questa
è trascurabile rispetto all'impedenza totale del circuito e se quest'ultimo risulta alimentato da tensione
sinusoidale, la corrente potrà ritenersi pressoché sinusoidale.
In tale caso la tensione d'arco assume la forma d'onda rappresentata nella Fig. 9, in cui si vede
chiaramente come la corrente nel circuito sia sinusoidale, mentre la tensione d’arco sia fortemente distorta.
In realtà, anche la forma d'onda di corrente è distorta, come si vedrà in seguito.
Fig. 9 - Andamento della tensione d'arco tra elettrodi di rame in corrente alternata.
11
Nel funzionamento a lunghezza costante in alternata, l'arco si estingue ad ogni passaggio della corrente
per lo zero ma, in genere, si riadesca a causa dell'inerzia termica che impedisce alla temperatura, e quindi
alla ionizzazione del dielettrico, di seguire istantaneamente le variazioni di corrente.
Avviene così che, anche durante il passaggio della corrente per lo zero, gli elettrodi ed il mezzo interposto
tra gli stessi conservino una temperatura elevata che permette il riadescamento per tensioni molto inferiori
a quelle necessarie per l'innesco a temperatura ambiente.
L'andamento asimmetrico della tensione d'arco e' da imputarsi alla notevole differenza tra i valori della
tensione di innesco e quella di estinzione.
In conclusione, nel funzionamento in corrente alternata gli elementi che influiscono sulla stabilità dell'arco
sono:
¾ LUNGHEZZA DELL'ARCO: gli archi più corti sono più stabili (come in continua);
¾ ATMOSFERA in cui scocca l'arco: quanto più è ionizzabile, tanto più l'arco è stabile (come in
continua);
¾ FREQUENZA DELLA CORRENTE: l’arco è più stabile a frequenza più alta perché alle alte
frequenze il ∂v / ∂t è più elevato e la velocità di salita della tensione dopo uno zero di corrente è più
alta. Questo facilita l’emissione di cariche dagli elettrodi e il riinnesco dell’arco. Inoltre, maggiore è
la frequenza, maggiori sono gli effetti favorevoli al riinnesco dell’arco dovuti all’inerzia termica.
12
2. CARATTERISTICHE DI FUNZIONAMENTO DEI FORNI AD ARCO
Generalità
Un forno elettrico ad arco è una macchina che trasforma energia elettrica in energia termica.
Quest'ultima viene utilizzata per operare delle fusioni di materiali o per fare avvenire delle reazioni chimiche
che trasformano materie prime in prodotti che trovano largo impiego nell'industria.
Il forno ha quindi una doppia natura:
1.
2.
macchina elettrica
reattore o fusore.
Il suo studio teorico ed il suo dimensionamento sono condotti in modo da tenere in conto:
1. aspetti elettrici
2. aspetti termochimici
3. aspetti termici
Funzionamento dei forni ad arco.
A) Dalla carica del rottame alla colata dei metallo fuso.
Prima di iniziare una fusione, si carica il forno con rottami ferrosi che vengono introdotti nel crogiolo dopo
averne sollevato il coperchio. Successivamente si abbassano gli elettrodi fino ad innescare gli archi fra
questi ed il rottame. In questo primo periodo di funzionamento il forno viene fatto lavorare con potenza
ridotta per l'elevata instabilità dell'arco. In seguito la potenza viene portata al suo valore massimo per
terminare la fusione della carica di materiale ferroso introdotto. Prima di effettuare la colata, il forno viene
riaperto una o più volte per introdurvi ulteriori quantità di rottami. Quando tutto il rottame è stato fuso si
procede ad una prima affinazione2 ed infine si effettua la colata. Nel diagramma della Fig. 10 è descritto
l'andamento qualitativo della potenza apparente assorbita da un forno durante un ciclo completo di
funzionamento
Fig. 10 - Potenza assorbita da un forno durante un ciclo di funzionamento.
Ogni giorno vengono effettuati da 18 a 24 cicli come quello descritto, mentre qualche anno fa si arrivava
appena ad 8 o 10. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l'affinazione del prodotto fuso viene fatta fuori
dal forno, in siviera, grazie alla limitata potenza che è necessaria in questa fase del processo di
lavorazione. Il forno viene quindi sfruttato al massimo della potenza solo per la fusione del rottame e per
2
In metallurgia affinazione significa operazione atta a rimuovere elementi indesiderati da un bagno di metallo fuso, al fine di
omogeneizzare il bagno stesso
13
una breve affinazione. Durante il funzionamento, l'alimentazione del forno può essere sospesa per brevi
periodi:
1) per prelevare dei campioni di materiale per analizzarne le composizioni reali (durante l'affinazione);
2) per interventi di manutenzione diversa;
3) per raggiunti limiti di potenza assorbita dall'impianto.
Fra i tre casi, quest'ultimo risulta il più gravoso, perché l'utente che usa il forno si impegna a mantenere la
potenza attiva media utilizzata al di sotto di un certo valore prefissato nel proprio contratto stipulato con la
società distributrice di energia elettrica. Quindi, se per un qualsiasi motivo si verifica una tendenza a
superare tale limite, la scelta obbligata di chi gestisce il forno è di interromperne il funzionamento per brevi
periodi. Tenendo conto che il calcolo della potenza attiva media è fatto su periodi di 15 minuti, risulta chiaro
che una sospensione dell'ordine dei minuto è generalmente sufficiente per rientrare nei limiti contrattuali.
Nel grafico della Fig. 11 è riportata la registrazione della potenza apparente totale (in MVA), della potenza
attiva totale (in MW) e della corrente di fase totale (in kA) assorbite da un forno durante un ciclo di
funzionamento, nonché del relativo cosϕ (vedi le prime quattro colonne a sinistra). Per ciascuna di queste
grandezze, la relativa scala è riportata in corrispondenza della rispettiva colonna.
Fig. 11 – Grandezze significative durante un ciclo di funzionamento del forno ad arco
B) Collegamento alla rete di distribuzione.
Nella rete di distribuzione, le fonderie che utilizzano forni ad arco sono utenze con potenza impegnata
elevata. L'energia elettrica viene prelevata direttamente in Alta Tensione, a 145 o 245 KV, cioè dalla
cosiddetta rete di distribuzione primaria. Nella Fig. 12 è rappresentato lo schema di alimentazione di un
forno ad arco.
14
Schema di regolazione diretta su
avvolgimento primario
Schema di regolazione tramite
autotrasformatore di regolazione
Schema di regolazione con
trasformatore in serie sul primario
che preleva solo una parte della
tensione primaria.
Schema di regolazione con
trasformatore in serie sul
secondario che preleva solo una
parte della tensione secondaria
Fig. 12 - Schema di alimentazione.
Fig. 13 - Schemi di regolazione della tensione
Il trasformatore MT/MT, che serve da regolatore per variare la tensione secondaria, cioè quella ai capi
dell’arco, è caratterizzato da:
1) forti correnti secondarie con frequenti possibilità di funzionamento in corto circuito (l’impedenza
secondaria è spesso molto bassa);
2) forti sollecitazioni elettrodinamiche;
3) necessità di regolazione della tensione secondaria, entro limiti piuttosto ampi (vista la grande variabilità
dell’impedenza equivalente totale del circuito a valle) e sotto carico.
Dati i valori delle correnti secondarie ed il forte rapporto di riduzione delle tensioni, il secondario è quasi
sempre costituito da un parallelo di molte singole spire od, al massimo, di coppie di spire. La potenza del
forno viene regolata attraverso la regolazione della tensione di alimentazione e della intensità di corrente
negli elettrodi. La regolazione della tensione viene effettuata mediante commutazioni sotto carico realizzate
quasi sempre con prese supplementari sul primario del trasformatore. Gli schemi più usuali sono
rappresentati nella Fig. 13.
15
Si noti che la caduta di tensione al secondario del trafo MT/MT, che alimenta gli elettrodi tra i quali si
innesca l’arco elettrico, è esprimibile approssimativamente come segue:
ΔV = R ΔP + X ΔQ
(2.1)
con:
X >> R
(2.2)
dove:
ΔP , ΔQ = variazione di potenza attiva e reattiva richieste dal carico
R = resistenza equivalente di Thevenin vista ai capi dell’arco
X = reattanza equivalente di Thevenin vista ai capi dell’arco
quindi, in base alla (2.2), si deduce che la tensione al secondario del trafo MT/MT è molto sensibile alle
variazioni di potenza reattiva nel circuito.
Per regolare la corrente e quindi compensare parzialmente le variazioni di potenza reattiva, sono usati in
generale regolatori automatici che comparano una tensione derivata dal circuito d'arco con una di
riferimento e, mediante un motore, alzano o abbassano gli elettrodi rispetto al bagno per mantenere la
lunghezza dell'arco, e dunque la corrente, al valore prefissato. In questo modo si controllano la potenza
dell'arco e, in definitiva, tutto il processo produttivo.
Caratteristiche del forno ad arco diretto monofase e trifase.
Introducendo opportune ipotesi semplificative, è possibile studiare analiticamente il comportamento del
forno. Si riportano di seguito le equazioni risolutive ed i diagrammi delle caratteristiche principali sia del
forno monofase sia di quello trifase. In entrambi i casi l'arco viene schematizzato come una resistenza non
lineare avente una caratteristica tensione-corrente come nella Fig. 14.
Va
+Va
ia
-Va
Fig. 14 - Caratteristica semplificata tensione-corrente con cui viene schematizzato l'arco.
Nella Fig. 15 è rappresentato lo schema elettrico di un forno ad arco monofase.
16
Fig. 15 - Schema di un forno ad arco monofase.
Fig. 16 - Circuito equivalente
Nello schema equivalente della Fig. 16, tutte le impedenze sono state riportate allo stesso livello di
tensione. Rt1, Xt1, Rt2, Xt2, sono rispettivamente, resistenza e reattanza equivalenti dei trasformatori T1
(AT/MT) e T2 (MT/MT), dei quali si è trascurata la corrente a vuoto (non si sono considerati i parametri
trasversali dei trasformatori); Rc ed Xc sono la resistenza e reattanza delle connessioni a valle del
secondario del trasformatore da forno.
Ponendo:
R = Rt1 + Rt2 + Rc
resistenza totale equivalente dei circuito
(2.3)
X = Xt1 + Xt2+ Xc
reattanza totale equivalente del circuito
(2.4)
il circuito può essere schematizzato come in Fig. 17:
Fig. 17 - Circuito semplificato
Fig. 18 - Circuito semplificato in modo definitivo
Le ipotesi semplificative per la soluzione analitica del circuito equivalente del forno sono:
1a ipotesi R=0
Questa ipotesi è valida se R è molto piccola rispetto ad X (molto spesso il rapporto tra X ed R è maggiore di
10) ed è piccola anche rispetto ad Ra (resistenza dell’ arco). Allora il circuito equivalente viene
ulteriormente semplificato come in Fig 18.
2a ipotesi Va=costante
Tensione d’arco, o caduta d’arco, costante al variare della corrente assorbita dal forno e funzione della soIa
Iunghezza d’arco. Di fatto ciò implica l’uso della caratteristica di Fig. 14 con Va=cost al variare di I ed Ra non
lineare. Questa ipotesi è verificata con buona approssimazione, in quanto il campo di variazione della
17
corrente è generalmente spostato verso valori molto grandi (decine di migliaia di Ampere), per i quali la
tensione d’arco è costante (Fig. 14).
a)
Forno monofase.
L’espressione generale della corrente assorbita a regime da un forno monofase si ottiene risolvendo
l’equazione differenziale della legge di Ohm ai valori istantanei applicata al circuito di Fig. 18. Nota che la
tensione erogata dal generatore è per ipotesi sinusoidale mentre la corrente è distorta per la non linearità
della resistenza d’arco:
L
di
= Vm sen(ωt + ϕ ) − Va
dt
(2.5)
V
di Vm
=
sen(ωt + ϕ ) − a
dt
L
L
(2.6)
V ⎞
⎛ Vm
sen (ω t + ϕ ) − a ⎟dt + c
L ⎠
L
∫ di = ∫ ⎜⎝
(2.7)
i (t ) = −
Vm
V
1 ω
X
cos (ω t + ϕ ) − a t + c → X = ω L → L =
→ =
ωL
L
ω
L X
i (t ) = −
Vm
V
cos (ω t + ϕ ) − a ω t + c
X
X
i(t = 0) = −
(2.9)
Vm
V
cosϕ + c ⇒c = m cosϕ
X
X
i (t ) = −
(2.8)
(2.10)
Vm
V
V
cos (ω t + ϕ ) − a ω t + m cos ϕ
X
X
X
(2.11)
dove Vm è il valore massimo della tensione sinusoidale di alimentazione e φ è l’angolo che esprime il ritardo
con cui la corrente passa per lo zero rispetto alla tensione. Infatti, per t=0, i(t) è pari a zero mentre V è pari
a senφ>0. Si noti che a rigore non si può parlare di tensione in anticipo sulla corrente, in quanto la corrente
non è sinusoidale. Di fatto φ esprime solo l’anticipo dello zero della tensione sullo zero dei tempi (se φ=0,
v(t)=0 per t=0).
Dall’ultima equazione che esprime i(t) possiamo riconoscere che essa è costituita dalla somma di tre
termini, i1, i2 e i3, ovvero:
i1 = −
Vm
cos (ω t + ϕ )
X
sinusoidale,
(2.12)
i2 = −
Va
ωt retta passante per l’origine,
X
(2.13)
i3 =
Vm
cos ϕ
X
retta parallela all’asse che riporta ωt.
Nella Fig. 19 è rappresentato l’andamento della corrente di regime nei casi in cui sia:
a) (Va/Vm)=0.538,
b) (Va/Vm)<0.538,
c) (Va/ m)>0.538
18
(2.14)
Fig. 19 - a) (Va/Vm)=0.538,
b) (Va/Vm)<0.538,
c) (Va/ m)>0.538
Si può dimostrare che la conduzione è continua (valore di corrente diverso da zero per tutto il semiperiodo)
se:
Va
≤ 0,538
Vm
(2.15)
Per spiegare qualitativamente l’equazione precedente, bisogna considerare che Va è costante, quindi
affinché vi sia corrente sull’arco e nel circuito, occorre che essa sia controbilanciata dalla tensione erogata
dal generatore sommata algebricamente alla caduta di tensione sulla reattanza. E’ chiaro che se la somma
delle due è inferiore a Va, allora non si può avere conduzione. Questo non avviene mai (conduzione
continua) solo se Va / Vm ≤0,538.
Si osservi in Fig. 19 che φ2 è sempre associato al massimo della corrente in un semiperiodo; φ1 all’istante in
cui v(t) eccede Va nel primo semiperiodo, φ’ all’istante in cui i(t) diventa <0 nel secondo semiperiodo.
19
Nella condizione c) si nota che i=0 per parte di ciascun semiperiodo. Ovviamente non è una condizione
desiderabile, perché si avrebbe un arco intermittente (assai instabile) e con corrente molto distorta, quindi
grossi disturbi in rete.
Si può dimostrare anche che il valore efficace della corrente assorbita dal forno, espresso in funzione di Va
e V (valore efficace della tensione di alimentazione) è dato da
V
V
I = VX 1 − 1.178( Va ) 2 = I cc 1 − 1.178( Va ) 2
(2.16)
da cui si ottiene:
2
⎛⎜ I ⎞⎟ = 1 − 1.178( Va ) 2 ⇒ 1.178( Va ) 2 = 1 − ⎛⎜ I ⎞⎟
V
V
⎝ I cc ⎠
⎝ I cc ⎠
2
(2.17)
Ovvero
2
2
⎛⎜ V ⎞⎟ = ⎡1 − ⎛⎜ I ⎞⎟ ⎤ / 1.178
⎢
⎥
I
⎝ Va ⎠
⎣ ⎝ cc ⎠ ⎦
(2.18)
Si è così espresso, (Va/V) cioè il parametro che compare nell’espressione (2.18), in termini di I/Icc, variabile
indipendente delle Fig. 20-21 successive.
Si riportano anche le espressioni della potenza attiva P e di quella apparente S assorbite dal forno, nonché
del relativo cosϕ.
2
P = 0.9Va
= 0.9
2
V
V V2
⎛V ⎞
⎛V ⎞
1 −1.232⎜ a ⎟ = 0.9 a
1 −1.232⎜ a ⎟ =
X
V X
⎝V ⎠
⎝V ⎠
Va
⎛V ⎞
Qcc 1 −1.232⎜ a ⎟
V
⎝V ⎠
2
(2.19)
da cui:
V
P
⎛V ⎞
= 0.9 a 1 − 1.232⎜ a ⎟
Qcc
V
⎝V ⎠
2
(2.20)
2
V2
S
⎛V ⎞
⎛V ⎞
S = VI =
1 − 1.178⎜ a ⎟ →
= 1 − 1.178⎜ a ⎟
X
Qcc
⎝V ⎠
⎝V ⎠
cos ϕ = P / S =
V
P Qcc
= 0.9 a
Qcc S
V
⎛V ⎞
1 − 1.232⎜ a ⎟
⎝V ⎠
2
⎛V ⎞
1 − 1.178⎜ a ⎟
⎝V ⎠
2
2
(2.21)
(2.22)
In base a questi risultati è possibile tracciare le curve caratteristiche di funzionamento di un forno ad arco
monofase, vedi Fig. 20. Queste curve vengono normalmente tracciate in funzione della grandezza
adimensionale I/Icc e sono relative a: fattore di potenza, definito come cosfi=P/S (essendo in regime distorto,
esso non va confuso con l’angolo di sfasamento fra componenti fondamentali di corrente e tensione, e
20
neppure col precedente angolo φ, potenza attiva (P), reattiva (Q) ed apparente (S) assorbite dal forno ed
espresse in valore relativo rispetto alla potenza di corto circuito Qcc=V²/X. Come si vede dalla Fig. 20, la
zona di conduzione continua è relativa a valori di I/Icc compresi nell’intervallo seguente:
0.63≤I/Icc ≤ 1
(2.23)
La Fig. 20 mostra, tra l’altro, che la massima potenza attiva ottenibile da un forno ad arco monofase è
uguale al 41% della potenza assorbita dal forno in corto circuito e si ottiene per (I/Icc)=0.707, a cui
corrisponde un cos φ pari a 0.576. II fattore di potenza è sempre molto basso: (cos φ)max <0.65.
b)Forno trifase.
Si può dimostrare che il valore efficace della corrente assorbita dal forno, espresso in funzione di Va ed E
(valore efficace della tensione stellata) è dato da:
E
⎛V ⎞
I=
1 − 0.97⎜ a ⎟
X
⎝E⎠
2
(2.24)
Si riportano anche le espressioni della potenza attiva P e apparente S assorbite dal forno:
2
2
E
E2
⎛V ⎞
⎛V ⎞
P = 2.7Va
1 − 0.97⎜ a ⎟ ↔ S = 3
1 − 0.97⎜ a ⎟ = 3EI
X
X
⎝E⎠
⎝E⎠
(2.25)
dalle quali, con le stesse ipotesi semplificative del caso monofase, si possono ottenere le curve
caratteristiche riportate nella Fig.21. L'andamento di queste curve si differenzia da quello relativo al forno
monofase per la zona di conduzione continua, notevolmente più estesa nel caso del forno trifase.
Per un forno trifase, infatti la condizione di continuità, sempre nell’ipotesi R=0, è espressa da:
Va/E ≤ 1
(2.26)
che equivale alla condizione:
0.173 ≤ I/Icc
(2.27)
Se poi si considera il fatto che nella realtà la resistenza R esterna al forno è piccola, ma non nulla come
sopra ipotizzato, si ricava che la zona di conduzione continua è ancora più estesa.
21
Fig. 20 - Curve caratteristiche di un forno ad arco monofase
Fig. 21 - Curve caratteristiche di un forno ad arco trifase
Dalla Fig. 20 si può notare che in corto circuito per definizione la lunghezza d’arco è nulla (Va=0) e quindi la
resistenza dell’arco è pure nulla. Pertanto la corrente è puramente induttiva, per cui P=0, S=Q=Qcc e il cos
fi=cos φ=0.
Si osservi anche che vale la relazione seguente:
22
S
VI
I
= 2 =
Qcc V
I cc
(2.28)
X
per cui S/Qcc è funzione linearmente crescente di I con coefficiente angolare unitario, come illustrato in Fig.
20. Analoghe considerazioni valgono per la Fig. 21 nel caso trifase.
23
3 - PERTURBAZIONI PRODOTTE SULLE RETI DI ALIMENTAZIONE
DA FORNI AD ARCO.
Le variazioni di carico del forno.
Durante l'esercizio di un forno elettrico ad arco per la produzione di acciaio, si notano due periodi
importanti dal punto di vista del comportamento elettrico del forno che si ripetono ciclicamente :
1.
2.
periodo di fusione durante il quale la carica fredda viene portata alla temperatura di fusione;
periodo di affinazione durante il quale gli elettrodi lavorano sul materiale ormai fuso.
II periodo di fusione dei rottami caricati nel forno è il più gravoso dal punto di vista dell'esercizio elettrico del
forno stesso. Gli elettrodi, infatti, si trovano ad agire su una massa solida eterogenea ed estremamente
instabile; si hanno così frequenti e brusche variazioni del carico assorbito dal forno, che i regolatori
possono ridurre, ma non eliminare. In particolare, nei primi minuti di questo periodo la situazione è
aggravata dai frequenti cortocircuiti tra i tre elettrodi e, più spesso, fra due elettrodi.
Quando gli elettrodi vanno in cortocircuito, la potenza attiva assorbita dal forno si riduce quasi a zero,
mentre la potenza reattiva raggiunge il valore massimo (Zcc=Zrete+Ztrafo≈ Xcc).
II periodo di fusione è pertanto caratterizzato da:
- grandi e rapidissime variazioni di potenza attiva e reattiva, con elevate punte di quest'ultima;
- grandi e rapidissime variazioni di corrente assorbita dal forno. Le punte massime sono costituite quasi
esclusivamente da corrente reattiva (elettrodi in cortocircuito );
- grandi e rapidissime variazioni del fattore di potenza che in certi momenti diventa quasi uguale a zero.
Queste fluttuazioni di potenza reattiva sono causa del disturbo a bassa frequenza comunemente
denominato flicker.
Il periodo di affinazione del prodotto fuso provoca invece dei disturbi di gran lunga minori agli effetti
dell'esercizio elettrico del forno, in quanto il bagno fuso è sufficientemente omogeneo per stabilizzare
perfettamente gli archi e quindi il carico. In ogni caso, in questo periodo i regolatori del forno riescono a
mantenere praticamente costante l'assorbimento del forno stesso in termini di corrente: varia la V erogata
al carico, ma la I resta circa costante .
Nella Fig. 22 è riportato l'andamento della potenza attiva e reattiva assorbita da un forno nel periodo di
fusione.
Fig. 22
24
Il flicker nel punto di accoppiamento comune.
Le elevate fluttuazioni della corrente assorbita daI forno ad arco durante il periodo di fusione, causano a
loro volta fluttuazioni di tensione nel punto di accoppiamento comune (PCC) la cui entità dipende, fissato il
forno e le modalità con cui opera, dalla potenza di cortocircuito della rete nello stesso PCC.
La fluttuazione di tensione al PCC, è data da:
ΔI S f
ΔV
ΔI
=
=
Vn
I n S cc I cc
(3.1)
dove
ΔI/In = fluttuazioni di corrente nella linea di alimentazione (p.u.); Sf = potenza apparente media assorbita dal
forno;
Scc = potenza di cortocircuito al PCC.
L’equazione (3.1) è ottenuta analizzando il circuito di figura 22-a.
In
Vo
PCC
Zrete
VPCC
Zforno
Fig. 22-a.
Pertanto è possibile scrivere:
V PCC = Vn = 3Z forno ,n I n
(3.2)
Vn = Vo − 3Z rete I n
(3.3)
S f = 3Vn I n ⇒ var iazione Z forno → ΔI → ΔV
(3.4)
ΔV = 3Z rete ΔI
(3.5)
3Z rete ΔI
ΔV
=
Vn
3Z forno,n I n
(3.6)
ma sapendo che Z rete
Vn2
Vn2
=
e che Z forno =
l’equazione 3.6 diventa
S CC
Sf
2
ΔI S f
ΔV Vn S f ΔI
=
=
2
Vn
S CCVn I n I n S CC
(3.7)
3Vn I n ΔI
ΔV
ΔI
=
=
Vn
S CC I n
I CC
(3.8)
Per ridurre il flicker, e quindi le fIuttuazioni di tensione, uno o più dei parametri della formula (3.1), deve
essere modificato.
Normalmente, un aumento della potenza di cortocircuito della rete non è possibile. A volte ciò si potrebbe
ottenere allacciando l'impianto ad un punto della rete elettrica con tensione superiore, ma gli elevati
investimenti iniziali necessari per la linea e la stazione di trasformazione rendono questa strada non
sempre percorribile.
Una diminuzione della potenza dell'impianto non è spesso accettabile.
L'unica soluzione realistica per ridurre le fIuttuazioni di tensione è ridurre le fIuttuazioni di corrente; a tal
fine due sono gli interventi più comuni:
1. uso di un sistema S.V.C. (Static Var Compensator)
25
L'uso di un compensatore statico riduce le variazioni di potenza reattiva, quindi di corrente, assorbite dal
sistema S.V.C.- forno, senza modificare il funzionamento del forno stesso.
2. stabilizzazione dell'arco con l'inserimento di una reattanza in serie.
Maggiore è la lunghezza dell'arco e minori sono le variazioni relative di lunghezza a cui è soggetto durante
il periodo di fusione del rottame (osservazioni sperimentali mostrano che le variazioni della lunghezza
d'arco non dipendono dal valore assoluto della lunghezza stessa). Dato che la resistenza è direttamente
proporzionale alla lunghezza dell'arco, un arco più lungo implica una minore deviazione standard della
resistenza d'arco, con conseguente riduzione delle fluttuazioni di corrente nella linea di alimentazione. Per
avere archi lunghi, la tensione al secondario del trasformatore deve essere elevata e, se si vuole
mantenere costante la potenza attiva dell'arco, Pa3, si deve ridurre la corrente con l'inserimento di una
induttanza. La reattanza serie, essendo il mezzo che consente al forno di operare con archi lunghi,
permette così di ridurre le fluttuazioni di corrente limitando il flicker al PCC.
Per comprendere meglio queste ultime considerazioni occorre riferirsi alle caratteristiche statiche d’arco di
Fig 7.c. Se si aumenta V, si ha un arco più lungo. La reattanza Xp (vedi Fig. 22-b) ha allora la stessa
funzione della resistenza stabilizzatrice R per l’arco in corrente continua. Se si vuole passare da una
lunghezza l1 ad una lunghezza maggiore l2 (vedi Fig. 22-c), occorre aumentare la tensione di alimentazione
da V1 a V2. Sia a V1 con lunghezza l1, sia a V2 con lunghezza l2, comunque la corrente sarà tanto minore
quanto maggiore è la resistenza R1, ovvero la R2. Il funzionamento in ambo i casi sarà stabile solo finchè R
non supera Rmax. Quanto detto per la resistenza R vale sostanzialmente anche per la Xp.
Quindi, ricapitolando, per avere arco più lungo (l2> l1) deve essere (vedi Fig. 22-c):
V2>V1, Va2>Va1, R2>R1 (in c.a., Z2>Z1, mediante l’inserimento della reattanza stabilizzatrice Xp), I2<I1.
Si noti che, essendo Va2>Va1 e I2<I1, è possibile mantenere costante la potenza attiva dell'arco, Pa≈VaI,
ottimizzando i valori della tensione di alimentazione e della reattanza stabilizzatrice.
I
V
Xcc
Xp
Ra
Fig. 22-b.
Le cause del flicker generato dal forno.
Come si è detto, le rapide variazioni della corrente assorbita che si verificano nel forno durante la fase di
fusione, sono dovute al movimento dell'arco. I motivi per i quali l'arco varia di lunghezza sono:
- movimento del rottame;.
- spostamento degli elettrodi comandato dal regolatore;
- azione di forze elettromagnetiche.
3
Se si aumenta V ai fini di stabilizzare l’arco, è opportuno mantenere comunque P (potenza attiva totale) ≈ Pa
(potenza attiva erogata all'arco) sostanzialmente costante, dato che tale potenza è legata alla potenza termica
richiesta per fondere la carica del forno; se poi varia Q, essa varia in modo contenuto grazie alla reattanza serie, e
comunque la si può compensare.
26
v
V2
R2=0
l2
l1
l
V1
R1=0
Va2
Va1
R2
I2
R1
I1
i
Fig. 22-c.
Illustriamo meglio queste tre cause. I movimenti della massa metallica nel crogiolo e, in particolare, i crolli
di materiale nella zona di contatto arco-rottame sono dovuti alla fusione del metallo.
Ci sono opinioni contrastanti circa l'influenza del tipo di rottame impiegato sulle variazioni di lunghezza
d'arco. Misure di flicker condotte dall'ENEL utilizzando rottami calibrati non hanno mostrato riduzioni
dell’indice di flicker Pst (vedi seguito) rispetto alle condizioni normali di funzionamento del forno soggetto a
misura. Nella stessa campagna di misure si è provato ad iniettare negli archi polverino di carbone nel
tentativo di influire sulla ionizzazione del gas su cui gli archi bruciano, ma anche in questo caso non sono
state osservate riduzioni di flicker.
Per controllare la potenza del forno si agisce sulla posizione degli elettrodi. Nella regolazione ad
impedenza d'arco costante, schematizzata nella Fig. 23, viene prelevato oltre al segnale aI, proporzionale
alla corrente I, un segnale bE, proporzionale alla tensione E misurata tra l'uscita del secondario del
trasformatore ed il fondo del crogiolo. I due segnali vengono confrontati nel comparatore da cui esce il
segnale errore aI-bE.
27
E
Fig. 23 - Schema del circuito di regolazione ad impedenza d’arco costante.
II regolatore funziona nel senso di mantenere aI - bE = O e quindi E/I = cost. Quest'ultimo rapporto ha le
dimensioni di una impedenza, cioè dell'impedenza equivalente del forno (non solo dell'arco). Questo tipo di
regolazione tende a mantenere costanti ed uguali fra loro le potenze nei tre archi.
II movimento dell'arco è, infine, dovuto anche all'azione di forze elettromagnetiche. L'arco è sottoposto ad
una forza di natura elettromagnetica che tende a spingerIo verso l'esterno, cioè verso la parete del forno.
Questo avviene perché l'arco fa parte della spira che include anche la carica metallica in fusione e, per le
leggi di Maxwell, una spira tende ad aumentare il proprio coefficiente di autoinduzione, ciò che si ottiene
con lo spostamento dell’arco verso le pareti del forno. Tale forza, che nella Fig. 24 è indicata con Fh, è
approssimativamente proporzionale al quadrato della corrente che passa nell'arco e ne determina uno
spostamento verso l'esterno che termina con lo spegnimento dell'arco stesso (che si riaccende sulla punta
più bassa dell'elettrodo).
Questo fenomeno si ripete con una frequenza di 2÷8 voIte al secondo, la quale corrisponde alla zona di
maggiore sensibilità dell'occhio alle fluttuazioni di luce.
28
Fig. 24 - Migrazione dell’arco soggetto alla forza elettromagnetica
29
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