Capitolo 10 I FORNI AD ARCO Indice: 1. I forni ad arco Generalità Cenni sull’arco elettrico L’arco in corrente continua L’arco in corrente alternata Pag. 2 Pag. 2 Pag. 6 Pag. 8 Pag. 10 2. Caratteristiche di funzionamento dei forni ad arco Generalità Funzionamento dei forni ad arco Caratteristiche forni ad arco diretto monofase e trifase Pag. 13 Pag. 13 Pag. 13 Pag. 16 3.Perturbazioni prodotte sulle reti di alimentazione da forni ad arco Le variazioni di carico del forno Il flicker nel punto di accoppiamento comune Le cause del flicker generato dal forno Pag. 24 Pag. 24 Pag. 25 Pag. 26 4.Il flicker Generalità La misura del disturbo Il flickermetro internazionale U.I.E. Pag. 30 Pag. 30 Pag. 30 Pag. 31 5. Modello di un forno ad arco monofase Descrizione del modello Caratteristica tensione-corrente al variare della lunghezza d’arco Compensazione del flicker Compensazione della distorsione armonica Circuito di simulazione e risultati ottenuti La misura del flicker nelle simulazioni Pag. 36 Pag. 36 Pag. 38 Pag. 39 Pag. 44 Pag. 44 Pag. 46 Appendice A al Cap. 10 - Calcolo delle curve di assorbimento di un forno ad arco Pag. 48 1 1. I FORNI AD ARCO Generalità. I forni sono usati in siderurgia per la produzione di materie prime o leghe, mediante fusione dei componenti per riscaldamento. Il riscaldamento viene ottenuto tramite vari metodi: 1) combustione di nafta; 2) bruciatura di carbone; 3) impiego di energia elettrica. I forni che impiegano energia elettrica sono detti forni ad arco. Negli ultimi anni si è verificato un incremento della produzione di acciaio mediante forni ad arco. Questo fenomeno è legato sia all'aumento del numero di impianti funzionanti, sia alla loro dimensione, sia soprattutto ai vantaggi offerti dai forni ad arco. I forni ad arco sono ampiamente utilizzati nonostante il costo della caloria ottenuta dalla nafta, o dal carbone, sia inferiore a quello ottenuto dall'energia elettrica. Infatti considerando che: • 1 kg di nafta può sviluppare circa 10.000 Cal,cioè wnafta = 10000 Cal/kg; • 1 kWh sviluppa solo 860 Cal, cioè we.elett = 860 Cal/kWh ; • il prezzo di 1 Kg di nafta è solo 2÷2.5 volte quello di 1 kWh; assumendo come unità economica di prezzo (u.e.) il prezzo di 1 kWh, si ottiene: Cnafta (1 kg ) = 2,5 Ce.elett (1 kWh) Cnafta wnafta = 2,5 = 2.5 10 − 4 u.e. /(Caloria Termica) 10000 Ce.elett 1 = ≈ 10 − 3 u.e. /(Caloria Elettrica) we.elett 860 ⎛ Ce.elett ⎜⎜ ⎝ we.elett ⎞ ⎛⎜ Cnafta ⎞⎟ 10 −3 u.e. per Caloria Elettrica ⎟⎟ / ≈ ≈4 − 4 ⎟ ⎜ u.e. per Caloria Termica ⎠ ⎝ wnafta ⎠ 2.5 10 il costo del calore prodotto a partire dall'energia elettrica è dunque circa 4 volte quello del calore prodotto a partire dai combustibili convenzionali. L'impiego dei forni ad arco offre però i seguenti vantaggi: 1. maggiori temperature ottenibili (superiori alle temperature che si possono raggiungere nei forni a combustibile); 2. regolazione facile e precisa della potenza dissipata; 3. altissima densità di energia messa in gioco dal plasma nell'arco elettrico; 4. minori investimenti economici necessari per la costruzione dell'impianto. Il forno ad arco rappresenta l'unico equipaggiamento di fusione universale, nel quale, con completa indipendenza dai materiali di carica, può essere fabbricata l'intera gamma odierna degli acciai, da quelli correnti a quelli speciali di più elevato valore. I tipi di forni ad arco più usati in siderurgia possono essere classificati come: - forni ad arco diretto (o ad arco scoperto); - forni ad arco indiretto (o ad arco radiante), dove l’arco elettrico non interessa il rottame e il riscaldamento avviene per irraggiamento; - forni a resistenza (o ad arco sommerso), dove l’arco è sommerso dalla materia fusa. 2 forno ad arco diretto (arco scoperto) forno ad arco indiretto (arco radiante) forno arco-resistenza (arco sommerso) Fig. 1 Tipi di forni ad arco. I forni ad arco diretto sono i più diffusi per la produzione dell'acciaio, raggiungono temperature superiori ai 3000 °C, hanno una carica che può variare da una a trecento tonnellate e l'arco scocca fra i tre elettrodi (per forni trifase) verticali di grafite e la carica del rottame o bagno fuso di acciaio. I forni ad arco diretto sono di diverso tipo, soprattutto per quanto riguarda la carica. In via più generale (v. Fig. 2) sono trifase con crogiolo cilindrico e fondo bombato, con coperchio in mattoni di silice, disposti a volta, appoggiata su una armatura di ferro e raffreddata con circolazione di acqua. I tre elettrodi sono alimentati da un sistema trifase, normalmente alla frequenza di rete, in cui la carica (il materiale da fondere), dal punto di vista elettrico, rappresenta il centro stella e ciascuno dei tre archi, che si stabiliscono fra ogni elettrodo e il metallo che si trova nel crogiolo isolante refrattario, rappresentano i carichi monofase. 3 5 1. Interruttore 2. Sezionatore 3. Autotrasformatore AT/MT 4. Trasformatore MT/MT(regolatore) 5. Sbarra primaria 6. Blocco fisso 7. Flessibile 8. Blocco mobile 9. Crogiolo 10. Elettrodi Fig. 2 - Vista di un forno ad arco diretto. 4 11. Morse 12. Braccia porta-elettrodi 13. Volta del crogiolo 14. Culle basculanti 15. Servomotore Nella Fig. 3 sono schematizzati i principali componenti dell'impianto elettrico di alimentazione di un forno ad arco diretto. 2 3 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. sezionatore TV misure amperometro voltmetro kwattmetro cosfimetro TA misure interruttore bobina di reattanza (v.seguito) interruttore per c.c. reattanza trasf. del forno variatore di tensione sotto carico TA misure flessibili amperometri voltmetri forno ad arco Fig. 3 - Schema elettrico dei principali componenti dell'impianto di alimentazione di un forno ad arco diretto Dallo schema elettrico si nota che: 1. Il trasformatore del forno (11) è dotato di avvolgimenti stella - triangolo perché si comporta meglio in caso di sistemi trifase squilibrati al secondario (infatti la corrente omopolare di squilibrio può circolare liberamente all’interno dell’avvolgimento secondario del trasformatore non perturbando la forma d’onda sinusoidale della tensione); 2. La bobina di reattanza è la reattanza necessaria alla stabilizzazione dell’arco (come verrà spiegato in seguito). I forni ad arco indiretto sono poco usati, hanno piccole dimensioni e l’arco scocca tra i due elettrodi (forni monofase) o tra le 3 coppie di elettrodi (forni trifase) orizzontali contrapposti, sopra il bagno fuso. In questo caso si ha riscaldamento per irraggiamento. I forni ad arco-resistenza sono usati per la produzione di ferro-leghe ed hanno gli elettrodi sempre immersi nel bagno fuso, per cui la corrente elettrica passa non solo attraverso gli archi che scoccano fra le punte degli elettrodi ed il bagno fuso, ma anche lateralmente agli elettrodi, attraverso la resistenza della carica di materie prime. 5 Cenni sull'arco elettrico Proprietà e caratteristiche dell'arco elettrico. L'arco elettrico è una scarica che avviene tra due conduttori (elettrodi) con un gas interposto, collegati a un generatore. La caratteristica volt-amperometrica dinamica di un arco è illustrata in Fig. 4. Se mediante il circuito di Fig. 4.a si applica una tensione progressivamente crescente fra due elettrodi, inizialmente alla temperatura ambiente e posti in un gas, ad es. aria alla pressione atmosferica, la corrente (a parte la componente capacitiva se la tensione è alternata) si mantiene praticamente nulla fino a quando la tensione non raggiunge un valore sufficientemente elevato, la "tensione di innesco" Vi (vedi Fig. 4.b). Una volta innescatosi, l'arco presenta una caduta di tensione che decresce al crescere della corrente fino a raggiungere un valore pressoché costante. Tale comportamento si può spiegare se si pensa che la sezione trasversale dell'arco aumenti all'aumentare della corrente ed aumenti con essa anche la conducibilità del mezzo sempre più ionizzato. Ne risulta che l'arco funziona con densità di corrente pressoché costante (in aria ≈ 1 A/mm2), diversamente da un normale conduttore. Infatti, qualitativamente si ha quanto segue: Varco = Rarco I arco (1.1) ↓ ρ arcolarco ↑ Sarco (1.2) Rarco = dove Varco è la caduta di tensione ai capi dell’arco (o tensione d’arco), Rarco è la resistenza elettrica dell’arco, Iarco è la corrente elettrica che percorre l’arco, ρarco è la resistività elettrica dell’arco, larco è la lunghezza totale dell’arco e Sarco è la sezione trasversale dell’arco. Quindi Rarco cala doppiamente al crescere della corrente; ne consegue che Varco cala al crescere della corrente (vedi ramo a della Fig. 4.b). Inoltre si ha che: J arco = ↑ I arco = cos t ↑ S arco (1.3) Se, una volta instaurato l'arco, si riduce la corrente sino ad annullarla, la tensione d'arco è caratterizzata (curva b di Fig. 4) da valori inferiori rispetto a quelli che si avevano in precedenza (curva a) cosicché la tensione di estinzione (Ve) risulta notevolmente inferiore a quella necessaria per innescare il fenomeno. Ciò si deve al fatto che all'istante dell'estinzione il dielettrico è ancora ionizzato e si fa maggiore fatica ad estinguere l’arco essendo ρarco bassa. Zg Vg ∼ Fig. 4.a: circuito elettrico per la determinazione della caratteristica volt-amperometrica dinamica di un arco elettrico 6 Fig. 4.b - Caratteristica dinamica volt-amperometrica di un arco elettrico con lunghezza d’arco costante. Il tratto a è relativo al funzionamento con corrente crescente, mentre il tratto b al funzionamento con corrente decrescente. Si noti che la caratteristica voltamperometrica dell’arco di Fig. 4.b è detta dinamica in relazione al fatto che il valore istantaneo della tensione Vg varia di ampiezza nel tempo. Nel tratto a) Vg cresce fino ad ottenere un valore asintotico per Va; nel tratto b) Vg cala fino all’estinzione dell’arco stesso. Sia questa caratteristica dinamica, sia la caratteristica statica a cui si fa riferimento più oltre nel testo, sono entrambe ottenute supponendo una lunghezza d’arco costante, ma: • le caratteristiche statiche sono luoghi di punti a (V,I) costante nel tempo, ottenute con diversi regimi, ciascuno con una data Vg continua; • le caratteristiche dinamiche sono ottenute in un unico funzionamento a Vg variabile, in genere con legge sinusoidale nel tempo, o da zero a un massimo e poi di nuovo a zero (singola semionda positiva: caratteristica voltamperometrica a un solo quadrante) oppure su tutto il periodo (semionda positiva e negativa, caratteristica voltamperometrica a più quadranti). La tensione di innesco dipende dall'atmosfera gassosa fra i 2 elettrodi, dal tipo di materiale degli elettrodi e dalla lunghezza dell'arco. Nell'arco si distinguono tre zone: 1. Macchia catodica: zona brillante che copre solo in parte l'estremità del catodo e che si muove rapidamente, allargandosi o restringendosi al variare dell’intensità di corrente; 2. Macchia anodica: zona altrettanto brillante all'estremità dell'anodo, generalmente più estesa della macchia catodica 3. Plasma: si presenta come una colonna gassosa meno brillante delle macchie, circondata o no da una “aureola" a temperatura più bassa, che assume vari aspetti a seconda delle condizioni in cui si manifesta l'arco (un pennello nei forni ad arco, un fuso nelle saldatrici). Ad una indagine sperimentale, la tensione d'arco risulta essere somma delle seguenti tre cadute di tensione, come illustrato qualitativamente in Fig. 5: ¾ Caduta di tensione anodica Van (2 ÷ 10 volt) ; ¾ Caduta di tensione catodica Vc (10 ÷30 volt) (valori legati alle sostanze che costituiscono anodo e catodo e al tipo di gas fra gli elettrodi) ¾ Caduta di tensione Vl della colonna d’arco, di lunghezza l; tale caduta di tensione è proporzionale appunto alla lunghezza dell'arco (dipendente dalla distanza fra gli elettrodi), secondo un coefficiente di proporzionalità che dipende dal tipo di gas fra gli elettrodi. Essa è la vera componente variabile della caduta di tensione d’arco. 7 Fig. 5 - Distribuzione della tensione lungo l'intero percorso d'arco ove si distinguono una regione anodica, una colonna d'arco e una regione catodica. Le cadute catodica e anodica sono dovute a concentrazione di cariche positive e negative rispettivamente di fronte al catodo e all'anodo, e sono concentrate nella zona prospiciente i rispettivi elettrodi in un intervallo dell'ordine del micron, cosicché il campo elettrico è molto elevato. Queste due cadute sono essenzialmente costanti a variare della lunghezza d’arco. Invece la colonna d'arco è caratterizzata da un gradiente di tensione molto ridotto (da 1 a 10 V/mm; i valori più alti corrispondono al caso di arco raffreddato efficacemente). Nella fattispecie, si noti che la Fig. 5 non si presta a descrivere quantitativamente la relazione fra Van, Vc e Vl per un forno ad arco, se si pensa che in tal caso l’arco è lungo alcune decine di centimetri. Ad esempio, se l=20 cm e il gradiente di tensione è di 5 V/mm, si avrebbe Vl=200 5 = 1000 V, quindi assai maggiore di Van e Vc, a differenza di quanto illustrato in Fig. 5. L'arco in corrente continua. Per archi in corrente continua relativamente corti (qualche centimetro di lunghezza) e con correnti non molto intense (inferiori al migliaio di ampere) le caratteristiche statiche (ottenute con Vg continua) dell'arco possono essere espresse tramite la seguente legge (iperbolica) di Ayrton: Va = a + con b I legge di Ayrton (1.4) a = α + γl (1.5) b = β + δl dove (α,β,γ,δ) sono opportuni coefficienti e l è la lunghezza dell’arco. Il circuito equivalente di un impianto con arco elettrico in continua è rappresentato nella Fig. 6.a, dove l'arco si forma per l'apertura di un contatto. L'inserzione di una resistenza R in serie all'arco (Fig. 6.a) ha un effetto stabilizzatore che si verifica considerando la Fig. 6.b; si noti che, essendo V0 < Vi, si suppone che l'arco si sia innescato nel transitorio 8 che ha preceduto l’attuale funzionamento (ovvero, con il generatore chiuso sulla resistenza R si sono aperti i contatti, allontanandoli poi sino alla distanza desiderata l; a quel punto la V0 applicata dal generatore è inferiore alla tensione Vi che sarebbe necessaria per innescare l’arco ex-novo su quella distanza interelettrodica l). Per R = 0, l'unico punto di possibile funzionamento dell'arco sarebbe quello contrassegnato con 1: ma è sufficiente una piccola perturbazione dell'equilibrio in tale punto per fare sì che l'arco si estingua, oppure che la corrente raggiunga valori sempre più alti, tendenti all'infinito. Per R ≠ 0, i punti di possibile funzionamento sono quelli che, stando sulla caratteristica d'arco, nello stesso tempo verificano la condizione V = V0 - RI (questa è l'equazione del tratto di circuito AB di resistenza totale R e comprendente il generatore di f.e.m. V0). Nel caso della Fig. 6.b, i punti di equilibrio sono due, precisamente quelli contraddistinti con 2 e 3. La condizione di stabilità è però verificata solo nel punto 3. Fig. 6 - Apertura di un circuito puramente resistivo in corrente continua (a); caratteristica d'arco, con arco supposto di lunghezza costante (curva p) e tensione disponibile ai capi di esso (è la retta q) (b). La stabilità dell’arco può essere spiegata con il principio dei lavori virtuali. Si consideri, infatti, il funzionamento che corrisponde al punto 2: supponendo che per una causa qualsiasi la corrente aumenti, la tensione V = V0 - RI prevale sulla caduta d'arco Va e si ha quindi un ulteriore aumento di corrente fino a che non viene raggiunto il punto 3. Supponendo, viceversa, che la corrente diminuisca, si ha V < Va e quindi l'arco si estingue, vale a dire il funzionamento si sposta nel punto 0. Nel punto 3, invece, se la corrente cresce si ha V < Va , se la corrente diminuisce V > Va : il sistema reagisce quindi alla perturbazione riportando il funzionamento all'equilibrio. Un arco è tanto più stabile quanto maggiore è la sua conducibilità elettrica ( infatti minore conducibilità significherebbe R d’arco maggiore) e la stabilità è favorita da un elevato potere termoionico del catodo1, da un basso potenziale di ionizzazione dei gas e da una elevata temperatura del plasma, che a sua volta è favorita da una bassa conducibilità termica del gas. Nell'impianto elettrico che alimenta l'arco esistono comunque valori limiti di lunghezza d'arco, di tensione a vuoto e di resistenza stabilizzatrice oltre i quali il funzionamento dell'arco o non avviene o non si mantiene. Fissati due dei tre parametri, il valore limite del terzo è dato dalla tangente alla curva caratteristica di un arco di determinata lunghezza Fig. 7 a, b, c . 1 Capacità di emettere elettroni all’aumentare della temperatura. 9 a) fissate: tensione a vuoto(sull’asse delle ordinate) e resistenza esterna(pendenza) Se fisso l’ordinata di origine e la pendenza della retta descritta dell’equazione V0 –RI, posso costruire una famiglia di curve a l variabile e vedere qual è la l limite per la formazione dell’arco. Quest’ultima è quella lunghezza d’arco che si riferisce alla curva tangente alla retta sopracitata. b) fissate: lunghezza d'arco e resistenza esterna Si calcola Vm = tensione di alimentazione minima, perché se questa tensione fosse minore di quella mostrata in figura non ci sarebbe intersezione fra le 2 curve e non si formerebbe l’arco c) fissate: lunghezza d'arco e tensione a vuoto Si calcola la pendenza limite della retta, Rm = resistenza esterna massima, affinché l’arco possa formarsi. Fig. 7 - Caratteristiche limite L'arco in corrente alternata. Se la corrente, partendo dallo zero, viene fatta aumentare e poi diminuire, la caratteristica (dinamica) voltamperometrica dell'arco risulta costituita da due rami, uno per corrente crescente e l’altro per corrente decrescente, come già visto nella Fig. 4. Il fenomeno, che è chiamato isteresi dell'arco è legato all'inerzia termica dei sistema arco-elettrodi, per cui la temperatura è in ogni istante legata ai valori di corrente precedenti. I rami della caratteristica d'arco possono risultare più o meno discosti tra loro, cioè Vi e Ve più o meno vicini (purché la corrente abbia intensità non troppo piccola), a seconda che la conducibilità termica degli elettrodi permetta o no rapide variazioni della temperatura. La caratteristica d'arco in corrente alternata, valida per frequenze non molto alte ed elettrodi altamente conduttori, è riportata nella Fig. 8. Questa caratteristica, a differenza della Fig. 4, si riferisce ad un’onda completa di tensione di alimentazione, che assume sia valori positivi, sia negativi. 10 Fig. 8 - Caratteristica dinamica d'arco in corrente alternata valida per elettrodi di rame. Il segmento 0’ 0’’ è molto piccolo. L'arco, una volta innescatosi tra due punti di un circuito in corrente alternata, continua a bruciare con polarità alternata, comportandosi come un’impedenza non lineare di valore relativamente basso. Se questa è trascurabile rispetto all'impedenza totale del circuito e se quest'ultimo risulta alimentato da tensione sinusoidale, la corrente potrà ritenersi pressoché sinusoidale. In tale caso la tensione d'arco assume la forma d'onda rappresentata nella Fig. 9, in cui si vede chiaramente come la corrente nel circuito sia sinusoidale, mentre la tensione d’arco sia fortemente distorta. In realtà, anche la forma d'onda di corrente è distorta, come si vedrà in seguito. Fig. 9 - Andamento della tensione d'arco tra elettrodi di rame in corrente alternata. 11 Nel funzionamento a lunghezza costante in alternata, l'arco si estingue ad ogni passaggio della corrente per lo zero ma, in genere, si riadesca a causa dell'inerzia termica che impedisce alla temperatura, e quindi alla ionizzazione del dielettrico, di seguire istantaneamente le variazioni di corrente. Avviene così che, anche durante il passaggio della corrente per lo zero, gli elettrodi ed il mezzo interposto tra gli stessi conservino una temperatura elevata che permette il riadescamento per tensioni molto inferiori a quelle necessarie per l'innesco a temperatura ambiente. L'andamento asimmetrico della tensione d'arco e' da imputarsi alla notevole differenza tra i valori della tensione di innesco e quella di estinzione. In conclusione, nel funzionamento in corrente alternata gli elementi che influiscono sulla stabilità dell'arco sono: ¾ LUNGHEZZA DELL'ARCO: gli archi più corti sono più stabili (come in continua); ¾ ATMOSFERA in cui scocca l'arco: quanto più è ionizzabile, tanto più l'arco è stabile (come in continua); ¾ FREQUENZA DELLA CORRENTE: l’arco è più stabile a frequenza più alta perché alle alte frequenze il ∂v / ∂t è più elevato e la velocità di salita della tensione dopo uno zero di corrente è più alta. Questo facilita l’emissione di cariche dagli elettrodi e il riinnesco dell’arco. Inoltre, maggiore è la frequenza, maggiori sono gli effetti favorevoli al riinnesco dell’arco dovuti all’inerzia termica. 12 2. CARATTERISTICHE DI FUNZIONAMENTO DEI FORNI AD ARCO Generalità Un forno elettrico ad arco è una macchina che trasforma energia elettrica in energia termica. Quest'ultima viene utilizzata per operare delle fusioni di materiali o per fare avvenire delle reazioni chimiche che trasformano materie prime in prodotti che trovano largo impiego nell'industria. Il forno ha quindi una doppia natura: 1. 2. macchina elettrica reattore o fusore. Il suo studio teorico ed il suo dimensionamento sono condotti in modo da tenere in conto: 1. aspetti elettrici 2. aspetti termochimici 3. aspetti termici Funzionamento dei forni ad arco. A) Dalla carica del rottame alla colata dei metallo fuso. Prima di iniziare una fusione, si carica il forno con rottami ferrosi che vengono introdotti nel crogiolo dopo averne sollevato il coperchio. Successivamente si abbassano gli elettrodi fino ad innescare gli archi fra questi ed il rottame. In questo primo periodo di funzionamento il forno viene fatto lavorare con potenza ridotta per l'elevata instabilità dell'arco. In seguito la potenza viene portata al suo valore massimo per terminare la fusione della carica di materiale ferroso introdotto. Prima di effettuare la colata, il forno viene riaperto una o più volte per introdurvi ulteriori quantità di rottami. Quando tutto il rottame è stato fuso si procede ad una prima affinazione2 ed infine si effettua la colata. Nel diagramma della Fig. 10 è descritto l'andamento qualitativo della potenza apparente assorbita da un forno durante un ciclo completo di funzionamento Fig. 10 - Potenza assorbita da un forno durante un ciclo di funzionamento. Ogni giorno vengono effettuati da 18 a 24 cicli come quello descritto, mentre qualche anno fa si arrivava appena ad 8 o 10. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l'affinazione del prodotto fuso viene fatta fuori dal forno, in siviera, grazie alla limitata potenza che è necessaria in questa fase del processo di lavorazione. Il forno viene quindi sfruttato al massimo della potenza solo per la fusione del rottame e per 2 In metallurgia affinazione significa operazione atta a rimuovere elementi indesiderati da un bagno di metallo fuso, al fine di omogeneizzare il bagno stesso 13 una breve affinazione. Durante il funzionamento, l'alimentazione del forno può essere sospesa per brevi periodi: 1) per prelevare dei campioni di materiale per analizzarne le composizioni reali (durante l'affinazione); 2) per interventi di manutenzione diversa; 3) per raggiunti limiti di potenza assorbita dall'impianto. Fra i tre casi, quest'ultimo risulta il più gravoso, perché l'utente che usa il forno si impegna a mantenere la potenza attiva media utilizzata al di sotto di un certo valore prefissato nel proprio contratto stipulato con la società distributrice di energia elettrica. Quindi, se per un qualsiasi motivo si verifica una tendenza a superare tale limite, la scelta obbligata di chi gestisce il forno è di interromperne il funzionamento per brevi periodi. Tenendo conto che il calcolo della potenza attiva media è fatto su periodi di 15 minuti, risulta chiaro che una sospensione dell'ordine dei minuto è generalmente sufficiente per rientrare nei limiti contrattuali. Nel grafico della Fig. 11 è riportata la registrazione della potenza apparente totale (in MVA), della potenza attiva totale (in MW) e della corrente di fase totale (in kA) assorbite da un forno durante un ciclo di funzionamento, nonché del relativo cosϕ (vedi le prime quattro colonne a sinistra). Per ciascuna di queste grandezze, la relativa scala è riportata in corrispondenza della rispettiva colonna. Fig. 11 – Grandezze significative durante un ciclo di funzionamento del forno ad arco B) Collegamento alla rete di distribuzione. Nella rete di distribuzione, le fonderie che utilizzano forni ad arco sono utenze con potenza impegnata elevata. L'energia elettrica viene prelevata direttamente in Alta Tensione, a 145 o 245 KV, cioè dalla cosiddetta rete di distribuzione primaria. Nella Fig. 12 è rappresentato lo schema di alimentazione di un forno ad arco. 14 Schema di regolazione diretta su avvolgimento primario Schema di regolazione tramite autotrasformatore di regolazione Schema di regolazione con trasformatore in serie sul primario che preleva solo una parte della tensione primaria. Schema di regolazione con trasformatore in serie sul secondario che preleva solo una parte della tensione secondaria Fig. 12 - Schema di alimentazione. Fig. 13 - Schemi di regolazione della tensione Il trasformatore MT/MT, che serve da regolatore per variare la tensione secondaria, cioè quella ai capi dell’arco, è caratterizzato da: 1) forti correnti secondarie con frequenti possibilità di funzionamento in corto circuito (l’impedenza secondaria è spesso molto bassa); 2) forti sollecitazioni elettrodinamiche; 3) necessità di regolazione della tensione secondaria, entro limiti piuttosto ampi (vista la grande variabilità dell’impedenza equivalente totale del circuito a valle) e sotto carico. Dati i valori delle correnti secondarie ed il forte rapporto di riduzione delle tensioni, il secondario è quasi sempre costituito da un parallelo di molte singole spire od, al massimo, di coppie di spire. La potenza del forno viene regolata attraverso la regolazione della tensione di alimentazione e della intensità di corrente negli elettrodi. La regolazione della tensione viene effettuata mediante commutazioni sotto carico realizzate quasi sempre con prese supplementari sul primario del trasformatore. Gli schemi più usuali sono rappresentati nella Fig. 13. 15 Si noti che la caduta di tensione al secondario del trafo MT/MT, che alimenta gli elettrodi tra i quali si innesca l’arco elettrico, è esprimibile approssimativamente come segue: ΔV = R ΔP + X ΔQ (2.1) con: X >> R (2.2) dove: ΔP , ΔQ = variazione di potenza attiva e reattiva richieste dal carico R = resistenza equivalente di Thevenin vista ai capi dell’arco X = reattanza equivalente di Thevenin vista ai capi dell’arco quindi, in base alla (2.2), si deduce che la tensione al secondario del trafo MT/MT è molto sensibile alle variazioni di potenza reattiva nel circuito. Per regolare la corrente e quindi compensare parzialmente le variazioni di potenza reattiva, sono usati in generale regolatori automatici che comparano una tensione derivata dal circuito d'arco con una di riferimento e, mediante un motore, alzano o abbassano gli elettrodi rispetto al bagno per mantenere la lunghezza dell'arco, e dunque la corrente, al valore prefissato. In questo modo si controllano la potenza dell'arco e, in definitiva, tutto il processo produttivo. Caratteristiche del forno ad arco diretto monofase e trifase. Introducendo opportune ipotesi semplificative, è possibile studiare analiticamente il comportamento del forno. Si riportano di seguito le equazioni risolutive ed i diagrammi delle caratteristiche principali sia del forno monofase sia di quello trifase. In entrambi i casi l'arco viene schematizzato come una resistenza non lineare avente una caratteristica tensione-corrente come nella Fig. 14. Va +Va ia -Va Fig. 14 - Caratteristica semplificata tensione-corrente con cui viene schematizzato l'arco. Nella Fig. 15 è rappresentato lo schema elettrico di un forno ad arco monofase. 16 Fig. 15 - Schema di un forno ad arco monofase. Fig. 16 - Circuito equivalente Nello schema equivalente della Fig. 16, tutte le impedenze sono state riportate allo stesso livello di tensione. Rt1, Xt1, Rt2, Xt2, sono rispettivamente, resistenza e reattanza equivalenti dei trasformatori T1 (AT/MT) e T2 (MT/MT), dei quali si è trascurata la corrente a vuoto (non si sono considerati i parametri trasversali dei trasformatori); Rc ed Xc sono la resistenza e reattanza delle connessioni a valle del secondario del trasformatore da forno. Ponendo: R = Rt1 + Rt2 + Rc resistenza totale equivalente dei circuito (2.3) X = Xt1 + Xt2+ Xc reattanza totale equivalente del circuito (2.4) il circuito può essere schematizzato come in Fig. 17: Fig. 17 - Circuito semplificato Fig. 18 - Circuito semplificato in modo definitivo Le ipotesi semplificative per la soluzione analitica del circuito equivalente del forno sono: 1a ipotesi R=0 Questa ipotesi è valida se R è molto piccola rispetto ad X (molto spesso il rapporto tra X ed R è maggiore di 10) ed è piccola anche rispetto ad Ra (resistenza dell’ arco). Allora il circuito equivalente viene ulteriormente semplificato come in Fig 18. 2a ipotesi Va=costante Tensione d’arco, o caduta d’arco, costante al variare della corrente assorbita dal forno e funzione della soIa Iunghezza d’arco. Di fatto ciò implica l’uso della caratteristica di Fig. 14 con Va=cost al variare di I ed Ra non lineare. Questa ipotesi è verificata con buona approssimazione, in quanto il campo di variazione della 17 corrente è generalmente spostato verso valori molto grandi (decine di migliaia di Ampere), per i quali la tensione d’arco è costante (Fig. 14). a) Forno monofase. L’espressione generale della corrente assorbita a regime da un forno monofase si ottiene risolvendo l’equazione differenziale della legge di Ohm ai valori istantanei applicata al circuito di Fig. 18. Nota che la tensione erogata dal generatore è per ipotesi sinusoidale mentre la corrente è distorta per la non linearità della resistenza d’arco: L di = Vm sen(ωt + ϕ ) − Va dt (2.5) V di Vm = sen(ωt + ϕ ) − a dt L L (2.6) V ⎞ ⎛ Vm sen (ω t + ϕ ) − a ⎟dt + c L ⎠ L ∫ di = ∫ ⎜⎝ (2.7) i (t ) = − Vm V 1 ω X cos (ω t + ϕ ) − a t + c → X = ω L → L = → = ωL L ω L X i (t ) = − Vm V cos (ω t + ϕ ) − a ω t + c X X i(t = 0) = − (2.9) Vm V cosϕ + c ⇒c = m cosϕ X X i (t ) = − (2.8) (2.10) Vm V V cos (ω t + ϕ ) − a ω t + m cos ϕ X X X (2.11) dove Vm è il valore massimo della tensione sinusoidale di alimentazione e φ è l’angolo che esprime il ritardo con cui la corrente passa per lo zero rispetto alla tensione. Infatti, per t=0, i(t) è pari a zero mentre V è pari a senφ>0. Si noti che a rigore non si può parlare di tensione in anticipo sulla corrente, in quanto la corrente non è sinusoidale. Di fatto φ esprime solo l’anticipo dello zero della tensione sullo zero dei tempi (se φ=0, v(t)=0 per t=0). Dall’ultima equazione che esprime i(t) possiamo riconoscere che essa è costituita dalla somma di tre termini, i1, i2 e i3, ovvero: i1 = − Vm cos (ω t + ϕ ) X sinusoidale, (2.12) i2 = − Va ωt retta passante per l’origine, X (2.13) i3 = Vm cos ϕ X retta parallela all’asse che riporta ωt. Nella Fig. 19 è rappresentato l’andamento della corrente di regime nei casi in cui sia: a) (Va/Vm)=0.538, b) (Va/Vm)<0.538, c) (Va/ m)>0.538 18 (2.14) Fig. 19 - a) (Va/Vm)=0.538, b) (Va/Vm)<0.538, c) (Va/ m)>0.538 Si può dimostrare che la conduzione è continua (valore di corrente diverso da zero per tutto il semiperiodo) se: Va ≤ 0,538 Vm (2.15) Per spiegare qualitativamente l’equazione precedente, bisogna considerare che Va è costante, quindi affinché vi sia corrente sull’arco e nel circuito, occorre che essa sia controbilanciata dalla tensione erogata dal generatore sommata algebricamente alla caduta di tensione sulla reattanza. E’ chiaro che se la somma delle due è inferiore a Va, allora non si può avere conduzione. Questo non avviene mai (conduzione continua) solo se Va / Vm ≤0,538. Si osservi in Fig. 19 che φ2 è sempre associato al massimo della corrente in un semiperiodo; φ1 all’istante in cui v(t) eccede Va nel primo semiperiodo, φ’ all’istante in cui i(t) diventa <0 nel secondo semiperiodo. 19 Nella condizione c) si nota che i=0 per parte di ciascun semiperiodo. Ovviamente non è una condizione desiderabile, perché si avrebbe un arco intermittente (assai instabile) e con corrente molto distorta, quindi grossi disturbi in rete. Si può dimostrare anche che il valore efficace della corrente assorbita dal forno, espresso in funzione di Va e V (valore efficace della tensione di alimentazione) è dato da V V I = VX 1 − 1.178( Va ) 2 = I cc 1 − 1.178( Va ) 2 (2.16) da cui si ottiene: 2 ⎛⎜ I ⎞⎟ = 1 − 1.178( Va ) 2 ⇒ 1.178( Va ) 2 = 1 − ⎛⎜ I ⎞⎟ V V ⎝ I cc ⎠ ⎝ I cc ⎠ 2 (2.17) Ovvero 2 2 ⎛⎜ V ⎞⎟ = ⎡1 − ⎛⎜ I ⎞⎟ ⎤ / 1.178 ⎢ ⎥ I ⎝ Va ⎠ ⎣ ⎝ cc ⎠ ⎦ (2.18) Si è così espresso, (Va/V) cioè il parametro che compare nell’espressione (2.18), in termini di I/Icc, variabile indipendente delle Fig. 20-21 successive. Si riportano anche le espressioni della potenza attiva P e di quella apparente S assorbite dal forno, nonché del relativo cosϕ. 2 P = 0.9Va = 0.9 2 V V V2 ⎛V ⎞ ⎛V ⎞ 1 −1.232⎜ a ⎟ = 0.9 a 1 −1.232⎜ a ⎟ = X V X ⎝V ⎠ ⎝V ⎠ Va ⎛V ⎞ Qcc 1 −1.232⎜ a ⎟ V ⎝V ⎠ 2 (2.19) da cui: V P ⎛V ⎞ = 0.9 a 1 − 1.232⎜ a ⎟ Qcc V ⎝V ⎠ 2 (2.20) 2 V2 S ⎛V ⎞ ⎛V ⎞ S = VI = 1 − 1.178⎜ a ⎟ → = 1 − 1.178⎜ a ⎟ X Qcc ⎝V ⎠ ⎝V ⎠ cos ϕ = P / S = V P Qcc = 0.9 a Qcc S V ⎛V ⎞ 1 − 1.232⎜ a ⎟ ⎝V ⎠ 2 ⎛V ⎞ 1 − 1.178⎜ a ⎟ ⎝V ⎠ 2 2 (2.21) (2.22) In base a questi risultati è possibile tracciare le curve caratteristiche di funzionamento di un forno ad arco monofase, vedi Fig. 20. Queste curve vengono normalmente tracciate in funzione della grandezza adimensionale I/Icc e sono relative a: fattore di potenza, definito come cosfi=P/S (essendo in regime distorto, esso non va confuso con l’angolo di sfasamento fra componenti fondamentali di corrente e tensione, e 20 neppure col precedente angolo φ, potenza attiva (P), reattiva (Q) ed apparente (S) assorbite dal forno ed espresse in valore relativo rispetto alla potenza di corto circuito Qcc=V²/X. Come si vede dalla Fig. 20, la zona di conduzione continua è relativa a valori di I/Icc compresi nell’intervallo seguente: 0.63≤I/Icc ≤ 1 (2.23) La Fig. 20 mostra, tra l’altro, che la massima potenza attiva ottenibile da un forno ad arco monofase è uguale al 41% della potenza assorbita dal forno in corto circuito e si ottiene per (I/Icc)=0.707, a cui corrisponde un cos φ pari a 0.576. II fattore di potenza è sempre molto basso: (cos φ)max <0.65. b)Forno trifase. Si può dimostrare che il valore efficace della corrente assorbita dal forno, espresso in funzione di Va ed E (valore efficace della tensione stellata) è dato da: E ⎛V ⎞ I= 1 − 0.97⎜ a ⎟ X ⎝E⎠ 2 (2.24) Si riportano anche le espressioni della potenza attiva P e apparente S assorbite dal forno: 2 2 E E2 ⎛V ⎞ ⎛V ⎞ P = 2.7Va 1 − 0.97⎜ a ⎟ ↔ S = 3 1 − 0.97⎜ a ⎟ = 3EI X X ⎝E⎠ ⎝E⎠ (2.25) dalle quali, con le stesse ipotesi semplificative del caso monofase, si possono ottenere le curve caratteristiche riportate nella Fig.21. L'andamento di queste curve si differenzia da quello relativo al forno monofase per la zona di conduzione continua, notevolmente più estesa nel caso del forno trifase. Per un forno trifase, infatti la condizione di continuità, sempre nell’ipotesi R=0, è espressa da: Va/E ≤ 1 (2.26) che equivale alla condizione: 0.173 ≤ I/Icc (2.27) Se poi si considera il fatto che nella realtà la resistenza R esterna al forno è piccola, ma non nulla come sopra ipotizzato, si ricava che la zona di conduzione continua è ancora più estesa. 21 Fig. 20 - Curve caratteristiche di un forno ad arco monofase Fig. 21 - Curve caratteristiche di un forno ad arco trifase Dalla Fig. 20 si può notare che in corto circuito per definizione la lunghezza d’arco è nulla (Va=0) e quindi la resistenza dell’arco è pure nulla. Pertanto la corrente è puramente induttiva, per cui P=0, S=Q=Qcc e il cos fi=cos φ=0. Si osservi anche che vale la relazione seguente: 22 S VI I = 2 = Qcc V I cc (2.28) X per cui S/Qcc è funzione linearmente crescente di I con coefficiente angolare unitario, come illustrato in Fig. 20. Analoghe considerazioni valgono per la Fig. 21 nel caso trifase. 23 3 - PERTURBAZIONI PRODOTTE SULLE RETI DI ALIMENTAZIONE DA FORNI AD ARCO. Le variazioni di carico del forno. Durante l'esercizio di un forno elettrico ad arco per la produzione di acciaio, si notano due periodi importanti dal punto di vista del comportamento elettrico del forno che si ripetono ciclicamente : 1. 2. periodo di fusione durante il quale la carica fredda viene portata alla temperatura di fusione; periodo di affinazione durante il quale gli elettrodi lavorano sul materiale ormai fuso. II periodo di fusione dei rottami caricati nel forno è il più gravoso dal punto di vista dell'esercizio elettrico del forno stesso. Gli elettrodi, infatti, si trovano ad agire su una massa solida eterogenea ed estremamente instabile; si hanno così frequenti e brusche variazioni del carico assorbito dal forno, che i regolatori possono ridurre, ma non eliminare. In particolare, nei primi minuti di questo periodo la situazione è aggravata dai frequenti cortocircuiti tra i tre elettrodi e, più spesso, fra due elettrodi. Quando gli elettrodi vanno in cortocircuito, la potenza attiva assorbita dal forno si riduce quasi a zero, mentre la potenza reattiva raggiunge il valore massimo (Zcc=Zrete+Ztrafo≈ Xcc). II periodo di fusione è pertanto caratterizzato da: - grandi e rapidissime variazioni di potenza attiva e reattiva, con elevate punte di quest'ultima; - grandi e rapidissime variazioni di corrente assorbita dal forno. Le punte massime sono costituite quasi esclusivamente da corrente reattiva (elettrodi in cortocircuito ); - grandi e rapidissime variazioni del fattore di potenza che in certi momenti diventa quasi uguale a zero. Queste fluttuazioni di potenza reattiva sono causa del disturbo a bassa frequenza comunemente denominato flicker. Il periodo di affinazione del prodotto fuso provoca invece dei disturbi di gran lunga minori agli effetti dell'esercizio elettrico del forno, in quanto il bagno fuso è sufficientemente omogeneo per stabilizzare perfettamente gli archi e quindi il carico. In ogni caso, in questo periodo i regolatori del forno riescono a mantenere praticamente costante l'assorbimento del forno stesso in termini di corrente: varia la V erogata al carico, ma la I resta circa costante . Nella Fig. 22 è riportato l'andamento della potenza attiva e reattiva assorbita da un forno nel periodo di fusione. Fig. 22 24 Il flicker nel punto di accoppiamento comune. Le elevate fluttuazioni della corrente assorbita daI forno ad arco durante il periodo di fusione, causano a loro volta fluttuazioni di tensione nel punto di accoppiamento comune (PCC) la cui entità dipende, fissato il forno e le modalità con cui opera, dalla potenza di cortocircuito della rete nello stesso PCC. La fluttuazione di tensione al PCC, è data da: ΔI S f ΔV ΔI = = Vn I n S cc I cc (3.1) dove ΔI/In = fluttuazioni di corrente nella linea di alimentazione (p.u.); Sf = potenza apparente media assorbita dal forno; Scc = potenza di cortocircuito al PCC. L’equazione (3.1) è ottenuta analizzando il circuito di figura 22-a. In Vo PCC Zrete VPCC Zforno Fig. 22-a. Pertanto è possibile scrivere: V PCC = Vn = 3Z forno ,n I n (3.2) Vn = Vo − 3Z rete I n (3.3) S f = 3Vn I n ⇒ var iazione Z forno → ΔI → ΔV (3.4) ΔV = 3Z rete ΔI (3.5) 3Z rete ΔI ΔV = Vn 3Z forno,n I n (3.6) ma sapendo che Z rete Vn2 Vn2 = e che Z forno = l’equazione 3.6 diventa S CC Sf 2 ΔI S f ΔV Vn S f ΔI = = 2 Vn S CCVn I n I n S CC (3.7) 3Vn I n ΔI ΔV ΔI = = Vn S CC I n I CC (3.8) Per ridurre il flicker, e quindi le fIuttuazioni di tensione, uno o più dei parametri della formula (3.1), deve essere modificato. Normalmente, un aumento della potenza di cortocircuito della rete non è possibile. A volte ciò si potrebbe ottenere allacciando l'impianto ad un punto della rete elettrica con tensione superiore, ma gli elevati investimenti iniziali necessari per la linea e la stazione di trasformazione rendono questa strada non sempre percorribile. Una diminuzione della potenza dell'impianto non è spesso accettabile. L'unica soluzione realistica per ridurre le fIuttuazioni di tensione è ridurre le fIuttuazioni di corrente; a tal fine due sono gli interventi più comuni: 1. uso di un sistema S.V.C. (Static Var Compensator) 25 L'uso di un compensatore statico riduce le variazioni di potenza reattiva, quindi di corrente, assorbite dal sistema S.V.C.- forno, senza modificare il funzionamento del forno stesso. 2. stabilizzazione dell'arco con l'inserimento di una reattanza in serie. Maggiore è la lunghezza dell'arco e minori sono le variazioni relative di lunghezza a cui è soggetto durante il periodo di fusione del rottame (osservazioni sperimentali mostrano che le variazioni della lunghezza d'arco non dipendono dal valore assoluto della lunghezza stessa). Dato che la resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza dell'arco, un arco più lungo implica una minore deviazione standard della resistenza d'arco, con conseguente riduzione delle fluttuazioni di corrente nella linea di alimentazione. Per avere archi lunghi, la tensione al secondario del trasformatore deve essere elevata e, se si vuole mantenere costante la potenza attiva dell'arco, Pa3, si deve ridurre la corrente con l'inserimento di una induttanza. La reattanza serie, essendo il mezzo che consente al forno di operare con archi lunghi, permette così di ridurre le fluttuazioni di corrente limitando il flicker al PCC. Per comprendere meglio queste ultime considerazioni occorre riferirsi alle caratteristiche statiche d’arco di Fig 7.c. Se si aumenta V, si ha un arco più lungo. La reattanza Xp (vedi Fig. 22-b) ha allora la stessa funzione della resistenza stabilizzatrice R per l’arco in corrente continua. Se si vuole passare da una lunghezza l1 ad una lunghezza maggiore l2 (vedi Fig. 22-c), occorre aumentare la tensione di alimentazione da V1 a V2. Sia a V1 con lunghezza l1, sia a V2 con lunghezza l2, comunque la corrente sarà tanto minore quanto maggiore è la resistenza R1, ovvero la R2. Il funzionamento in ambo i casi sarà stabile solo finchè R non supera Rmax. Quanto detto per la resistenza R vale sostanzialmente anche per la Xp. Quindi, ricapitolando, per avere arco più lungo (l2> l1) deve essere (vedi Fig. 22-c): V2>V1, Va2>Va1, R2>R1 (in c.a., Z2>Z1, mediante l’inserimento della reattanza stabilizzatrice Xp), I2<I1. Si noti che, essendo Va2>Va1 e I2<I1, è possibile mantenere costante la potenza attiva dell'arco, Pa≈VaI, ottimizzando i valori della tensione di alimentazione e della reattanza stabilizzatrice. I V Xcc Xp Ra Fig. 22-b. Le cause del flicker generato dal forno. Come si è detto, le rapide variazioni della corrente assorbita che si verificano nel forno durante la fase di fusione, sono dovute al movimento dell'arco. I motivi per i quali l'arco varia di lunghezza sono: - movimento del rottame;. - spostamento degli elettrodi comandato dal regolatore; - azione di forze elettromagnetiche. 3 Se si aumenta V ai fini di stabilizzare l’arco, è opportuno mantenere comunque P (potenza attiva totale) ≈ Pa (potenza attiva erogata all'arco) sostanzialmente costante, dato che tale potenza è legata alla potenza termica richiesta per fondere la carica del forno; se poi varia Q, essa varia in modo contenuto grazie alla reattanza serie, e comunque la si può compensare. 26 v V2 R2=0 l2 l1 l V1 R1=0 Va2 Va1 R2 I2 R1 I1 i Fig. 22-c. Illustriamo meglio queste tre cause. I movimenti della massa metallica nel crogiolo e, in particolare, i crolli di materiale nella zona di contatto arco-rottame sono dovuti alla fusione del metallo. Ci sono opinioni contrastanti circa l'influenza del tipo di rottame impiegato sulle variazioni di lunghezza d'arco. Misure di flicker condotte dall'ENEL utilizzando rottami calibrati non hanno mostrato riduzioni dell’indice di flicker Pst (vedi seguito) rispetto alle condizioni normali di funzionamento del forno soggetto a misura. Nella stessa campagna di misure si è provato ad iniettare negli archi polverino di carbone nel tentativo di influire sulla ionizzazione del gas su cui gli archi bruciano, ma anche in questo caso non sono state osservate riduzioni di flicker. Per controllare la potenza del forno si agisce sulla posizione degli elettrodi. Nella regolazione ad impedenza d'arco costante, schematizzata nella Fig. 23, viene prelevato oltre al segnale aI, proporzionale alla corrente I, un segnale bE, proporzionale alla tensione E misurata tra l'uscita del secondario del trasformatore ed il fondo del crogiolo. I due segnali vengono confrontati nel comparatore da cui esce il segnale errore aI-bE. 27 E Fig. 23 - Schema del circuito di regolazione ad impedenza d’arco costante. II regolatore funziona nel senso di mantenere aI - bE = O e quindi E/I = cost. Quest'ultimo rapporto ha le dimensioni di una impedenza, cioè dell'impedenza equivalente del forno (non solo dell'arco). Questo tipo di regolazione tende a mantenere costanti ed uguali fra loro le potenze nei tre archi. II movimento dell'arco è, infine, dovuto anche all'azione di forze elettromagnetiche. L'arco è sottoposto ad una forza di natura elettromagnetica che tende a spingerIo verso l'esterno, cioè verso la parete del forno. Questo avviene perché l'arco fa parte della spira che include anche la carica metallica in fusione e, per le leggi di Maxwell, una spira tende ad aumentare il proprio coefficiente di autoinduzione, ciò che si ottiene con lo spostamento dell’arco verso le pareti del forno. Tale forza, che nella Fig. 24 è indicata con Fh, è approssimativamente proporzionale al quadrato della corrente che passa nell'arco e ne determina uno spostamento verso l'esterno che termina con lo spegnimento dell'arco stesso (che si riaccende sulla punta più bassa dell'elettrodo). Questo fenomeno si ripete con una frequenza di 2÷8 voIte al secondo, la quale corrisponde alla zona di maggiore sensibilità dell'occhio alle fluttuazioni di luce. 28 Fig. 24 - Migrazione dell’arco soggetto alla forza elettromagnetica 29