Novembre 2004, volume VI, numero 3 O2 Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto N. Pescosolido, L. Paffetti 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” L. Boccardo Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Birmingham 20-23 maggio 2004 BCLA 28th Clinical Conference and Exibition L. Boccardo Poste Italiane. Spedizione in a. p. - 70% - DC/DCI/VC nr 3- 2004 P. Gheller, A. Rossetti “Da un punto di vista clinico non è possibile rilevare nessuna differenza tra una cornea che indossa una lente in silicone idrogel con una che non indossa alcuna lente” dice Lyndon Jones Ph.D.F.C. Optom, Centro di Ricerca per Lenti a Contatto (CCLR) Scuola di Optometria, Università di Waterloo (Fonte: Primer on Silicone Hydrogel Soft Contact Lenses. Review of Optometry 2/2, January 2004) O2 lac lenti a contatto contact lenses Codirettori scientifici L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma) Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma), A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto) Ringraziamenti Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma) Segreteria O. De Bona via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE) tel. 041.5939411 e-mail: [email protected] Nome della rivista LAC Direttore responsabile Marco Perini Proprietario testata BieBi Editrice Editore BieBi Editrice di Mauro Lampo Via Losana, 4 - 13900 Biella Tiratura Quadrimestrale, 32 pagine Tipografia Arti Grafiche Biellesi via Biella 58 - 13878 Candelo (Biella) Registrazione Tribunale Biella, in data 6/5/99 al n. 487 Sped. gratuita Numeri arretrati 1 Presso la segreteria sommario novembre 2004 vol.VI, n. 3 Articoli Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto N. Pescosolido, L. Paffetti pag. 4 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” L. Boccardo pag. 14 Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? P. Gheller, A. Rossetti pag. 19 Birmingham 20-23 maggio 2004 BCLA 28th Clinical Conference and Exibition L. Boccardo pag. 26 Rubriche 3 In libreria L. Boccardo pag. 29 Tips & tricks L. Boccardo pag. 30 Immagini di lac F. Zeri pag. 31 a r t i c o l o Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto Nicola Pescosolido* Lorenzo Paffetti** Università degli Studi di Roma “La Sapienza” * Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento ** Dipartimento di Scienze Oftalmologiche Sommario Lo scopo di questo articolo è quello di riportare il complesso eziopatogenico del cheratocono, descrivendone i diversi aspetti: genetico, apoptotico, alterazioni della matrice, degli enzimi e degli inibitori, danni ossidativi, innervazione anomala. Inoltre, dove possibile, sono introdotti cenni sull’influenza delle lenti a contatto ed evoluzione della patologia. Parole chiave cheratocono, eziopatogenesi Introduzione Il cheratocono è una ectasia, non infiammatoria, della porzione para centrale della cornea ad evoluzione cronica che porta la medesima ad assumere una progressiva forma conica, con un assottigliamento della punta. A questa deformazione corneale consegue un forte astigmatismo, spesso contro regola, corretto nei limiti del possibile con lenti corneali rigide gas permeabili. Solo raramente vengono prese in considerazione l’epicheratoplastica, la cheratectomia fotorefrattiva o l’uso di anelli intracorneali (INTACTS)1-5, e anche l’utilizzo di lac RGP (Rigide Gas Permeabili) associate a quest’ultimo intervento, anche se per ora non si sono rilevati evidenti miglioramenti visivi105. Tutte queste tecniche correggono solo i difetti rifrattivi ma non risolvono la causa dell’ectasia corneale e quindi non fermano la progressione del cheratocono, che nella sua maggiore gravità prevede un trapianto di cornea6-9. Ricevuto il 19 febbraio 2004. Accettato per la pubblicazione il 16 aprile 2004. L’incidenza del cheratocono è di 1 individuo su 2000 soggetti3,10 (sebbene l’incidenza sia un tasso dinamico, numero di nuovi casi in un periodo di tempo specificato, sulla popolazione a rischio nello stesso periodo, e quindi variabile col tempo, ad esempio basta vedere altri lavori come quello di Kennedy et al.11 dove l’incidenza del cheratocono nel 1986 è di 2 su 100.000) con una prevalenza (tasso statico, che esprime il numero di casi presenti nella popolazione in un certo periodo, sul numero totale della popolazione nello stesso periodo.) di 54.5 su 100.00011. inoltre con l’avvento della topografia corneale, che permette di individuare stadi più precoci di questa patologia, l’incidenza potrebbe essere maggiore. Inizia con la pubertà e nel 20% dei casi si arriva alla cheratoplastica penetrante.11,12 Studi passati non hanno portato a rilevanti risultati circa la conoscenza della fisiopatologia di questa malattia ma solo più recentemente, con lo sviluppo delle tecniche molecolari, si sono fatti passi avanti sulla comprensione di tale anormalità. Genetica del cheratocono Spesso il cheratocono è associato ad altre patologie quali ad esempio: la trisomia del cromosoma 21 o sindrome di Down13-16, amaurosi congenita di Leber17-20, la sindrome di Ehlers-Danlos21,22 e l’osteogenesi imperfetta23-25. Il cheratocono è stato anche associato ad una anomalia del cromosoma 13 26. L’associazione del cheratocono con la distrofia granulare corneale è stata documentata istologicamente27,28. Mutazioni nel gene BIGH3 (beta trasforming growth factor-induced gene), situato nel cromosoma 5, sono associate con la distrofia granulare corneale29 ma screenings sul cheratocono per simili mutazioni sono risultati essere negativi. Nella popolazione giapponese esistono tre antigeni HLA, il HLA-A26, B40 ed il DR9, che sono associati con cheratoconi sintomatici30. Ciò fa sospettare che il cheratocono ha, oltre ad una componente ambientale, una componente genetica nella sua fisiopatologia10. Questa patologia è stata rilevata in gemelli omozigoti 4 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto ed in famiglie con una storia di cheratocono in una o due generazioni31-36. La prevalenza del cheratocono in parenti di primo grado è relativa al 3.34 %, vale a dire dalle 15 alle 67 volte maggiore rispetto alla popolazione generale37. Da tutte queste circostanze è facile intuire che il cheratocono è prodotto da multipli difetti genetici e non un singolo gene mutato. Gli studi futuri inerenti il cheratocono includeranno l’analisi dei geni candidati e la scansione del genoma con marker genetici casuali al fine di identificare regioni di linkage. Comunque studi sui topi riportano una trasmissione della patologia con eredità autosomica recessiva38. Caratterizzazione della matrice abnorme Gli studi iniziali riferiscono informazioni poco indicative poiché la sensibilità del metodo analitico era ridotta dalla richiesta di analizzare insieme più fattori. Metodiche più sofisticate permettono oggi lo studio dei tessuti corneali per ogni singola patologia. Per anni, specialisti delle lenti a contatto, hanno riferito nel cheratocono una maggiore morbidezza e assottigliamento della cornea patologica rispetto alla cornea normale. Fino agli anni 80 non erano ben chiare, nel cheratocono, le basi molecolari dell’anomalia strutturale. I ricercatori hanno esaminato proteine di collagene legate assieme (crosslinking), proteine totali, vari tipi di collagene e proteoglicani. I risultati, rispetto alla cornea normale, sono stati: - le proteine totali risultano diminuite - i legami crosslinking del collagene sono risultati normali - il quantitativo di collagene totale è diminuito39,40 - i livelli di proteoglican solfato sono ridotti41,42 Molti di questi cambiamenti sono stati rilevati anche in processi di guarigione cicatriziale, quindi non sono specifici del cheratocono. Recentemente, con la disponibilità di vari anticorpi specifici, il cheratocono è stato confrontato alla cornea normale e ad altre patologie corneali (Fig.1). Tali indagini hanno evidenziato che nella membrana di Bowman si osserva una destrutturazione con riduzione di fibronectina, laminina, entactina, collagene di tipo IV e XII43-45. Si è osservato qualche cenno di fibrosi associato alla matrice extracellulare sottoepiteliale per incremento della tenascina-C, fibrillina-1 e collagene di tipo III43,44,46. Molti di questi cambiamenti della matrice extracellu5 2004, vol. VI, n. 3 Figura 1 Schema dei cambiamenti della matrice extracellulare ed anomalie degli enzimi e degli inibitori in una cornea con cheratocono. A: distruzione della membrana di Bowman per ridotti livelli di fibronectina, laminina, entactina e collagene di tipo IV. B: fibrosi sottoepiteliale per incremento di livelli di tenascina-C, collageno di tipo III e fibrillina-1. C: assottigliamento dello stroma per incremento dell’attività enzimatica proteolitica e riduzione degli enzimi inibitori (TIMP-1, inibitore dell’alfa-1 proteasi e della alfa-2 macroglobulina (Kenney e Brown, 2003). lare non sono specifici del cheratocono in quanto si sono rilevati anche in altre patologie oculari (cheratopatia bollosa ed erosioni corneali). Riassumendo, non possiamo affermare l’esistenza nel cheratocono di anomalie uniformi e specifiche. Ci sono aree dove gli elementi della membrana basale sono assenti indicando un’attività proteolitica in atto, e ci sono aree in cui si osservano depositi di sostanza fibrotica riscontrata anche in altre patologie. Anomalie degli enzimi e degli inibitori Verso gli anni ‘80 molti laboratori hanno riferito, nel cheratocono, esserci un’elevata attività delle gelatinasi47,48. Altri riportano livelli elevati di enzimi lisosomiali come le esterasi, fosfatasi e le lipasi acide49-51. Si è osservato anche un decremento del TIMP-1 (inibitore della metallo proteasi 1)52. Inoltre, dopo l’inattivazione chimica dei TIMP, si è rilevato un incremento dell’attività delle gelatinasi rispetto alla cornea normale 53-56. Collier et al. (2000)57 hanno notato che l’MT1-MMP (MMP-14), una metalloproteina di membrana che attiva la MMP-2, nel cheratocono è maggiormente espressa. Il ruolo che giocano le metalloproteine nel cheratocono non è ancora chiaro ma alcuni studi si stanno concentrando anche su questo aspetto58. Qual è il ruolo degli inibitori su questi enzimi distruttori? Studi dimostrano che tre differenti enzimi ini- a r t i c o l o Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto bitori sono quantitativamente ridotti nel cheratocono, l’inibitore dell’alfa1-proteasi, l’alfa 2-macroglobulina ed il TIMP-159,50. Il livello di decremento di questi inibitori è correlato con l’incremento dell’attività degli enzimi degradativi53,36,60. L’alfa-1-proteasi inibisce la tripsina, la chimotripsina, l’elastasi e la plasmina; l’alfa-2-macroglobulina blocca la tripsina, la chimotripsina, la collagenasi, l’elastasi, la papaina, la trombina, la plasmina e la callicreina; la TIMP-1 inibisce le metalloproteasi-1 ma inibisce anche l’apoptosi61,62. I ridotti livelli di TIMP-1 nel cheratocono potrebbero essere correlati alla presenza di perossinitriti, sostanze citotossiche derivate dall’ossido nitrico in combinazione con radicali liberi63. Tale ipotesi è avvalorata dai risultati di recenti studi in vitro che dimostrano che i processi ossidativi possono degradare la proteina TIMP-152. Riassumendo, la cornea con cheratocono presenta dei livelli bassi di enzimi inibitori ed una maggiore attività degli enzimi che possono degradare la matrice extracellulare. Gli inibitori giocano un ruolo predominante nello spessore dello stroma e nella stabilità della membrana di Bowman, caratteristicamente interrotta nel cheratocono (Fig.1). In più il decremento di uno di questi inibitori, il TIMP-1, potrebbe giocare un fattore importante sull’apoptosi o sul comportamento anomalo delle cellule riscontrato nel cheratocono. Un recente studio si è proposto di utilizzare l’impiego di riboflavina e degli UVA63 per confermare l’ipotesi patogenetica del cedimento del collagene indotto dall’attività delle collagenasi e MMP. Le due componenti, riboflavina e UVA, associate inducono reazioni di crosslinking nel collagene e ciò rallenta la progressione del cheratocono. Sono stati così sottoposti a trattamento 22 pz. (10 donne; 12 uomini) di età 31,7 ± 11,9 anni. La diagnosi di cheratocono in progressione con massimo valore cheratometrico compreso 48 e 72 diottrie è stato eseguito in 23 occhi. Due pazienti portavano lac rigide prima e dopo il trattamento. Tecnicamente: - 7 mm di epitelio corneale centrale venivano rimossi meccanicamente; - come agente fotosensibilizzante : soluzione di riboflavina 0.1% (10 mg di riboflavina-5-fosfato in 10 ml di soluzione al 20% di destano T-500) instillata 5 minuti prima della irradiazione UVA ed ogni 5 minuti durante l’irradiazione; - irradiazione per 30 minuti ad un cm di distanza con 3mW/cm2. Lo studio ha dimostrato che le reazioni di crosslinking del collagene sono efficaci nel fermare la progressione del cheratocono. Si è osservata una regressione del cheratocono postoperatoria nel 70% dei pazienti trattati (16 occhi) con un decremento dei valori cheratometrici di 2.01 diottrie, evento che non si manifesta nel naturale corso della malattia; prima del trattamento era documentata una progressione di 1,42 D nel 52% degli occhi. Nel gruppo non trattato si è dimostrata invece una progressione della cheratectasia di 1,48D nel 22% dei soggetti. In contrasto con altre misure terapeutiche per il trattamento del cheratocono, quali la termo cheratoplastica, gli anelli intracorneali o l’epicheratoplastica1,2,4,5 questo nuovo trattamento risulta essere minimamente invasivo e riduce la progressione del cheratocono. Un arresto del cheratocono è stato anche descritto con le lac rigide solo in reports anedottici ma non è stato mai confermato in uno studio sistematico3. Un recente studio78 ha comunque dimostrato, su un campione di pazienti con cheratocono, che l’utilizzo di lenti a contatto rigide gas permeabili, non studiate per il cheratocono, risultano comunque essere un ottimo intervento correttivo nel cheratocono ai primi stadi. Il successo del trattamento crosslinking del cheratocono non sorprende perché una significativa riduzione tensile era stata misurata biomeccanicamente64 nel cheratocono ed un significativo incremento della rigidità corneale era stata misurata nelle cornee del maiale e del ratto con riboflavina/UVA65,66. Sotto il profilo patoistologico era già stato anche dimostrato un aumento significativo del diametro delle fibre di collagene. Aumento nel diametro delle fibre collagene e rigidità corneale aumentata sono stati anche descritti nel diabete mellito e nell’invecchiamento dove è risultato aumentato il crosslinking del collagene 67-69. In queste condizioni il cheratocono raramente si manifesta70. Dopo le reazioni di crosslinking, inoltre, aumenta la resistenza alla digestione dovuta alla pepsina. Ciò potrebbe essere molto importante perché nel cheratocono è stata evidenziata una elevata attività, come detto, della collagenasi 43,71. Se questi buoni risultati saranno confermati nel corso del tempo, la nuova metodica dovrà essere impiegata sin dagli stadi iniziali della malattia in modo da preservare l’acuità visiva e ripetuta ogni 2-3 anni (tur6 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto Figura 2 Rappresentazione schematica di una cornea con cheratocono vedi Fig.1 + D: cellule dello stroma in apoptosi con addensamento della cromatina nucleare (Kenney e Brown, 2003). Inoltre, si osserva un incremento dei livelli di leucociti comunemente correlati all’antigene proteico LAR presente nel cheratocono ma non nelle cornee normali 85. La LAR è una fosfotirosina transferasi di trans membrana capace di stimolare l’apoptosi 86-90. Un terzo meccanismo di attivazione dell’apoptosi è che essa è inibita dal TIMP-1 61,62 che nel cheratocono risulta essere ridotto, come precedentemente riportato. In pratica, considerate queste affermazioni, il fenomeno apoptotico potrebbe avere un qualche ruolo importante nella patogenesi del cheratocono. Segnale di traduzione anormale Apoptosi nel cheratocono L’espressione di uno specifico gene è regolato da fattori di trascrizione. Uno di questi fattori, l’Sp1, nel cheratocono risulta essere elevato 91. Alcuni studi evidenziano che l’Sp1, può reprimere l’attività del promotore dell’inibitore dell’alfa1-proteasi in vitro 82, inibitore che risulta essere ridotto nel cheratocono59. Comunque è probabile che i livelli anormali di Sp1 non siano i soli fattori in gioco, perché anche altri enzimi lisosomiali ed inibitori sono alterati nel cheratocono e non sono regolati dall’Sp160. Altri studi sui geni, inerenti il cheratocono, evidenziano l’espressione di un’enzima fosfotirosin fosfatasi (LAR) assente nella cornea normale e in altre patologie corneali 85. Questo enzima opera una defosforilazione della tirosina per la quale si attivano molti processi tra cui l’apoptosi 88,89. In sintesi, nel cheratocono esiste un’alterata regolazione dei fattori di trascrizione anche se non è ancora chiaro come essi siano correlati tra loro. L’apoptosi è la morte programmata delle cellule. Tale morte è necessaria per la ricostruzione di cellule danneggiate e per il normale turnover cellulare di molti tessuti. Nel cheratocono l’apoptosi è stata trovata più presente nello stroma79 che in altri strati corneali80 (Fig.2). Studi su animali hanno anche dimostrato che la rimozione cronica di strati epiteliali può stimolare l’apoptosi dello stroma81,82. Questa osservazione è importante perché la cornea con cheratocono è soggetta ad una irritazione cronica indotta dalle lenti a contatto rigide gas permeabili, ad un maggior stropicciamento e ad una moderata o severa atopia. Wilson suggerisce che un trauma meccanico sull’epitelio potrebbe causare l’apoptosi nelle cellule stromali del cheratocono 83,84. Figura 3 Diagramma degli eventi che portano alle lesioni ossidative corneali (Kenney e Brown, 2003). nover del collagene)72,73. Lo spessore corneale residuo dovrebbe essere però di almeno 400 µm per non danneggiare l’endotelio, così non sono state osservate né complicazioni né effetti, collaterali. Il metodo, inoltre, è di facile applicazione e non è costoso. Questo nuovo metodo potrebbe essere impiegato anche per le cherectasie iatrogene post laser74,75, nella profilassi e nel trattamento di lesioni corneali o ulcere superficiali76 . Risulta interessante anche osservare che nei due portatori di lac rigide la riduzione cheratometrica è stata ben influenzata con un effetto ortocheratologico77 senza aversi regressione. Le lenti a contatto sono state ben tollerate dopo crosslinking ed il loro utilizzo non è stato eliminato. 7 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto Danni ossidativi nel cheratocono Un’ipotesi sul come molti dei vari elementi, considerati nel cheratocono, possono essere correlati è la “cascata delle ipotesi” riconducibile ad un’alterata capacità antiossidativa della cornea con cheratocono. Nel cheratocono si osserva un gran quantitativo di prodotti citotossici dalle perossidasi lipidiche all’ossido nitrico 92,93. Inoltre, è noto che nel cheratocono ci sono ridotti livelli di aldeide deidrogenasi di classe 3 (ALDH3), un importante enzima corneale responsabile dell’eliminazione di aldeidi reattive derivate dalla perossidasi lipidica94,95. Così alcune ricerche riferiscono nel cheratocono livelli bassi di superossidodismutasi, un importante antiossidante per eliminare i radicali liberi96. (Fig. 3). Nell’insieme le cornee con cheratocono sono deficitarie di due o più elementi antiossidanti che come risultato danno un accumulo di malondialdeide (MDA), un’aldeide citotossica derivata dalla perossidazione dei lipidi e di nitrotirosine (NT) rappresentanti i perossinitriti, citototossici derivati dalla via dell’ossido nitrico (Fig. 4 e 5) 92,93. La conseguenza di questo accumulo è la frammentazione di alcune proteine con la loro perdita di funzione (Fig. 4). Tra queste proteine il TIMP-1 in vitro viene degradato e le colture presentano una intensa attività gelatinolitica. L’accumulo della MDA potrebbe essere dovuta al rilascio da parte di enzimi lisosomiali (Fig. 5). È stato dimostrato che le aldeidi, derivate dalle perossidasi lipidiche, possono distruggere le membrane dei lisosomi con conseguente rilascio degli enzimi contenuti 97-99. In altre parole la produzione di radicali citotossici come i perossintriti o l’MDA può alterare la funzione di proteine con conseguenze come l’attivazione dell’apoptosi e l’incremento di attività enzimatiche. In pratica, la cornea con cheratocono presenta più lesioni ossidative rispetto ad una cornea normale, per cui potrebbe essere vantaggioso ridurre i traumi o insulti che possono indurre aumento di processi ossidativi, come UVA, allergie, traumi meccanici. Innervazione corneale anormale Uno studio recente di Brokes et al. (2003)100 hanno voluto osservare quali correlazioni potessero esserci con le terminazioni nervose sensitive e la cornea nel cheratocono. L’idea di questo studio nasce da alcuni aspetti preliminari: Figura 4 Diagramma delle conseguenze relative all’accumulo di perossinitriti/nitrotirosine in una cornea con cheratocono. TIMP-1, inibitore tissutale della metalloproteasi 1 (Kenney e Brown, 2003). Figura 5 Diagramma delle conseguenze relative all’accumulo di aldeide citotossica e/o MDA nella cornea con cheratocono. SOD: superossidodismutasi (modificata da Kenney e Brown, 2003). - le fibre nervose sensitive, derivanti dal nervo oftalmico, branca del trigemino, non giocano solo un ruolo di protezione da stimoli esterni, ma mantengono trofico il tessuto corneale, mantenendo integro l’epitelio, modulando la proliferazione cellulare, stimolando la diffusione egli ioni ecc.101; - è noto che le lesioni corneali nel cheratocono si concentrano all’apice corneale con una maggiore evidenza a livello del passaggio delle terminazioni nervose che dallo stroma anteriore passano attraverso la lamina di Bowman e terminano nell’epitelio. 8 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Cheratocono: ipotesi eziopatogenetiche ed influenza delle lenti a contatto La metodica di indagine si è avvalsa di tecniche immuno istochimiche e di microscopica attraverso dei marcatori, anticorpi selettivi e fluorescenti, quali: l’anticorpo anti alfa-tubulina (nervi), anti _2_1 integrina, anti catepsina B e G ed il colorante nucleare DAPI (4’, 6-Diamidino-2-fenilindolo), per meglio caratterizzare i vari strati e comportamenti cellulari della cornea. Le cornee in esame appartenevano a due gruppi: il primo (caso), costituito da dieci cornee con cheratocono, ed il secondo (controllo), costituito da tre cornee integre. Le cornee sono ovviamente umane, quelle dei casi sono bottoni corneali prelevati da pz. sottoposti a cheratoplastica, mentre quelle dei controlli, sono cornee ottenute da donatori deceduti. Da ciò purtroppo si evidenziano alcune lacune, vale a dire che non esiste un modello animale per il quale poter effettuare dei raffronti e che i campioni di cheratocono presentano ovviamente delle lesioni avanzate, per cui non è possibile osservare il processo lesivo fin dall’inizio, ed infine le cornee sane presentano delle lesioni post mortem. Da questi confronti si è osservato comunque che nelle cornee con cheratocono c’è un maggiore incremento di catepsine B e G (enzimi lesivi) rispetto alla norma sia nei nervi ma anche nei cheratociti, specie a livello del passaggio della fibra nervosa dallo stroma all’epitelio. Sebbene non siano chiare le tappe del processo lesivo nel cheratocono, si ipotizza che probabilmente essa ha inizio quando i cheratociti si connettono alla matrice extracellulare tramite i loro recettori per l’integrina. La fenestratura osservata, in micrografia elettronica, nelle membrane dei cheratociti potrebbe essere il sito di attacco 102; questo legame potrebbe dare inizio ad una cascata di eventi incluso il riarrangiamento e la riorganizzazione del citoscheletro. È possibile che i cheratociti dello stroma si sgancino dal normale network ledendo la struttura dello stroma e la lamina di Bowman, probabilmente per stimoli esterni, a livello epiteliale. In questo evento giocano un qualche fattore anche le terminazioni nervose che mostrano nei punti di maggiore lesione, in analogia con i cheratociti una maggiore quantità di catepsine B e G, ma è verosimile che altre catepsine possano essere chiamate in causa. Necessita sapere quali basi molecolari collegano questi tre elementi: cheratociti, cellule epiteliali, fibre nervose. Per quel che concerne la catepsina B, Wasselius et al. (2003), tramite QRT-PCR hanno riscontrato la presenza della catepsina in diverse strutture oculari nel ratto, quali: epitelio, stroma,endotelio, nelle cellule dell’i9 2004, vol. VI, n. 3 ride, nella sottocapsulare del cristallino ed in diverse cellule della retina. In tutte queste cellule la catepsina B è presente in granuli citoplasmatici, presumibilmente i lisosomi 103. Conclusioni In sintesi, le ipotesi patologiche sul cheratocono sono tutt’altro che chiare e solo successivi studi con utilizzo della biologia molecolare potranno chiarire i dubbi su questa malattia di importante rilevanza sociale e come l’utilizzo delle lenti a contatto rigide gas permeabili possa delle volte essere nocivo per l’utilizzazione cronica indotta con successiva apoptosi delle cellule stromali. D’altra parte un utilizzo delle lenti a contatto gas permeabili per una cornea precedentemente trattata con riboflavina/UVA potrebbe apportare un effetto ortocheratologico senza alcuna ripercussione chimica. Studi successivi sarebbero necessari. Summary The aim of this article is to report the eziopathogenic complex of the keratoconus, describing the different following aspects: genetic, apoptosis , change/alteration of the matrix, of the enzymes and of the inhibitors, the oxidation damages and the anomalous innervation. Beside, when it is possible, further information is introduced about the consequences of the contact lenses and about the evolution of the pathology. Key words Keratoconus, eziopathogenesis Bibliografia 1. Jaeger M, Berson P, Kaufinan HE, Green WR (1987): Epikeratoplasty for keratoconus. A clinicopathologic case report Cornea, 6:131-139 2. Dana MR, Putz JL, Viana MAG, Sugar J, McMahon TT(1992): Contact lens failure in keratoconus management. Ophthalm., 99: 1187-1192 3. Rabinowitz YS (1998): Keratoconus. Surv. Ophthalmology, 42:297-319 4. 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TRA I SINTOMI RISCONTRATI DAI PORTATORI DI LENTI A CONTATTO, CI SONO QUELLI CORRELATI ALLA MANCANZA DI OSSIGENO1 Sensazione di presenza della lente 3 Irritazioni oculari 2 11 9 Sensazione di secchezza 3 15 Accumulo depositi/proteine 3 30 59 30 49 Visione non sempre chiara 2 6 Non poter usare le lenti tanto a lungo quanto si vorrebbe 3 56 32 57 12 35 45 9 39 43 Difficoltà a mettere e togliere la lente 2 7 42 35 Abbagliamenti notturni 2 8 57 27 Rottura delle lenti 4 61 30 66 Sempre Spesso Ogni tanto Mai I segni clinici di deficienza di ossigeno corneale possono includere2-5: ❍ Occhio rosso ❍ Edema corneale ❍ Colorazione corneale con fluorescina (staining) ❍ Polimegatismo endoteliale, pleomorfismo e diminuzione della densità cellulare ❍ Neovascolarizzazione ❍ Variazione dell’errore rifrattivo (shift miopico di 0.50D o più) 1. CIBA Vision. Data on file. 2. Sweeney DF. Corneal exhaustion syndrome with long-term wear of contact lenses. Opt Vis Sci. 1992;69(8):601-608. 3. Pence NA. 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Con quale frequenza usa le sue lenti a contatto? ❍ Ogni giorno ❍ Alcuni giorni alla settimana ❍ Una volta ogni tanto 5. In teoria, quante ore al giorno vorrebbe poter portare le sue lenti a contatto? 6. Ha mai avuto problemi con le sue lenti? ❍ No, mai ❍ Ho sensazione di fastidio di tanto in tanto, ma non ho mai cambiato tipo di lenti ❍ Si, ne ho avuti e ho cambiato tipo di lenti 7. Con quale frequenza avverte questi sintomi mentre indossa le lenti a contatto? mai qualche volta spesso Fastidio a fine giornata ❍ ❍ ❍ Non riuscire a portare le lenti quanto avrebbe voluto ❍ ❍ ❍ Occhi irritati o indolenziti ❍ ❍ ❍ Sensazione di secchezza ❍ ❍ ❍ Occhi arrossati ❍ ❍ ❍ Visione annebbiata o non buona ❍ ❍ ❍ 8. Non le è mai capitato di dormire con le sue lenti a contatto? ❍ No, mai ❍ Si, qualche volta mi sono appisolato/a con le lenti a contatto ❍ Si, qualche volta mi è capitato di dormire tutta la notte con le lenti ❍ Si, spesso mi capita di dormire tutta la notte con le lenti 9. Vorrebbe poter dormire con le sue lenti a contatto? ❍ No, non sono interessato/a ❍ Si, ma una volta ogni tanto, o giusto per un pisolino ❍ Si, mi piacerebbe poterle portare per un lungo periodo di tempo A Novartis Company a r t i c o l o 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” Laura Boccardo Optometrista, pratica privata Nelle giornate di domenica 10 e lunedì 11 ottobre scorsi si è tenuto a Roma, presso l’Auditorium della Tecnica, il 2° Convegno Assottica, che quest’anno si è incentrato sui temi di “Contattologia & Comunicazione”. L’idea ispiratrice del convegno è stata quella di affiancare due anime complementari della nostra professione: la competenza clinica e la capacità di rapportarsi in modo efficace con il cliente. L’interesse riscosso da questo evento è stato notevole, facendo registrare il tutto esaurito già nella fase di preiscrizione, con oltre 600 presenze e circa 450 partecipanti accreditati alle sessioni ed ai corsi ECM. L’organizzazione è stata impeccabile e si è avvalsa della collaborazione di esperti ad altissimo livello, sia nel panorama nazionale, sia internazionale, oltre che della partecipazione di tutte le maggiori aziende del settore. Il convegno era strutturato in una serie di sessioni plenarie e di corsi monotematici, in modo tale che ogni partecipante potesse scegliere gli argomenti e le modalità di aggiornamento più adatte alle sue esigenze. Domenica mattina, l’apertura dei lavori congressuali in sala plenaria è stata affidata a Claudio Maffei, uno degli esperti italiani più noti nel campo delle relazioni interpersonali, che ha affrontato “La comunicazione interpersonale: capire, farsi capire, ascoltare gli altri”. La comunicazione permea di sé tutti gli aspetti della nostra vita, ma comunicare con efficacia, soprattutto nella relazione con il cliente, è un’operazione meno semplice di quanto si pensi comunemente. La platea è rimasta colpita nello scoprire che solo il 7% di ciò che si vorrebbe comunicare viene poi effettivamente recepito e ricordato da chi ascolta, a causa di difetti nella trasmissione e nella ricezione dei contenuti. Da questo punto in poi la sfida raccolta da ogni relatore è stata quella di riuscire a sfondare la soglia, o almeno, a far ricadere in questo fatidico 7% i concetti più importanti del proprio intervento. Helmer Schweizer, Presidente di Euromcontact, ha condotto un’analisi dei mercati europei delle lenti a contatto e dei sistemi di manutenzione, tracciando un ritratto del portatore nei diversi Paesi. Euromcontact è una Associazione di Produttori Nazionali e Internazionali di Prodotti per l’Uso delle Lenti a Contatto che, partire dal gennaio 2003, raccoglie dati di mercato di categoria. Grazie a questi dati Euromcontact è in grado di fornire un’analisi della situazione del nostro continente, che si presenta, a dir la verità, piuttosto variegata. Per quanto riguarda la contattologia clinica, la prima Ricevuto il 18 ottobre 2004. Accettato per la pubblicazione il 24 ottobre 2004. 14 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” lezione magistrale è stata affidata a Nathan Efron, professore di optometria clinica presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Università di Manchester (UK) e fondatore di Eurolens Research, che ha trattato le “Complicanze in contattologia nel 21° secolo”, offrendo un aggiornato resoconto sugli studi e sui risultati più recenti. Il campo delle complicanze da lenti a contatto ha subito negli ultimi anni una completa trasformazione, a causa delle innovazioni nel campo dei materiali, in particolare con l’avvento del Silicone-idrogel. Il problema delle complicanze di natura ipossica ha trovato finalmente la sua soluzione, mentre assumono maggiore rilevanza i problemi di carattere meccanico a causa della maggiore rigidità delle attuali lenti in silicone-idrogel rispetto a quelle morbide tradizionali. Anche le complicanze di natura allergica aspettano ancora una soluzione ed assumono sempre maggiore rilevanza nella pratica clinica. Il pomeriggio della domenica ha visto susseguirsi tre interventi di grande attualità, tra loro strettamente correlati. Caroline Christie, esperta di pratica contattologica e membro del British College of Optometry, si è occupata della “Gestione del portatore di lenti a contatto nella pratica quotidiana” ed ha analizzato i diversi stadi di cui si compone il rapporto con il portatore, dal primo contatto all’individuazione dei bisogni, dalla proposta della soluzione più adeguata per la correzione visiva al follow up. Caroline Christie, membro del British College of Optometry, durante il primo intervento. Secondo la Christie, il fattore più importante nel determinare la diffusione delle lenti a contatto in un particolare mercato è costituito dall’atteggiamento dei professionisti: una bassa diffusione può essere attribuita ad un atteggiamento reattivo piuttosto che propositivo, cioè alla tendenza ad applicare le lenti a contatto 15 2004, vol. VI, n. 3 soltanto a chi le chiede. I professionisti devono essere consapevoli dell’effetto esercitato dal loro comportamento sul processo decisionale dei pazienti nell’individuare la correzione più indicata per i loro difetti visivi. Un atteggiamento proattivo significa offrire lenti a contatto anche a coloro che non le chiedono. Questo atteggiamento propositivo non è mai stato più facile di oggi grazie alla disponibilità di diversi tipi di lenti, a una vasta gamma di poteri e parametri ed alla semplicità delle procedure di applicazione. Vittorio Roncagli, esperto di terapia del comportamento e posturologia e fondatore della European Academy of Sports Vision, ha incentrato il suo intervento su “Stili di vita e lenti a contatto” ed ha evidenziato come, in un mercato sempre più complesso e con esigenze dell’ametrope sempre più specifiche e differenziate, le lenti a contatto costituiscano spesso la migliore soluzione per garantire la qualità della visione. Nonostante queste potenzialità, in Italia la lente a contatto è poco diffusa rispetto ad altri Paesi Europei ed Occidentali. Una motivazione può essere ricercata nel fatto che la lente a contatto dovrebbe essere consigliata ed applicata valorizzando maggiormente tutti i benefici che può produrre, oltre al fatto di garantire una buona acuità visiva. Nella sua relazione Roncagli ha messo l’accento su alcune delle leve che possono essere usate dall’applicatore nel proporre le lenti a contatto: motivazioni estetiche, funzionali e cliniche, che rispondono alle più varie esigenze dei pazienti, ognuno con un proprio particolare stile di vita. Un nuovo intervento di Caroline Christie, ha concluso la sessione in plenaria per la giornata di domenica. Nella relazione in “Ad ognuno la sua soluzione”, la Chiristie ha discusso le varie opportunità nel campo dei sistemi di manutenzione, in modo da guidare la scelta dell’applicatore verso la soluzione più indicata per i diversi tipi di lenti e di utilizzatori. Non esistono formule semplici per raggiungere questo scopo e non esiste un prodotto che possa rappresentare una panacea. È quindi necessario che i professionisti della contattologia sviluppino una conoscenza e una comprensione dei punti di forza e di debolezza di ogni sistema di manutenzione per consigliarli tenendo conto delle necessità individuali. La domenica sera si è svolta la tradizionale Cena di Gala presso la Club House dello Sheraton Golf Hotel Parco de’ Medici. Alla cena è seguita una divertente, quanto inaspettata, esibizione del comico Diego Parassole, noto per la sua presenza a Zelig, nei panni dell’operaio Erminio Pistolazzi. Parassole ha approfittato dell’ospitalità di un con- a r t i c o l o 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” vegno di contattologi per lanciarsi non solo nella spassosa narrazione delle sue classiche disavventure con la polizia stradale, ma anche del suo rapporto, non sempre facile, con occhiali e lenti a contatto. D’altra parte Pisto-lazzi non è il solo a vivere disavventure e, come Diego Parassole. avviene nelle relazioni di coppia, a volte anche l’idillio tra ametrope e lenti a contatto improvvisamente si interrompe. L’abbandono è davvero una fine inevitabile? Per rispondere a questa cruciale domanda Fabrizio Zeri, docente di contattologia e psicologia della percezione presso l’Istituto di Optometria di Roma, ha analizzato le molte ragioni che concorrono all’abbandono dell’uso delle lenti a contatto da parte del portatore, puntando a rintracciare prassi e metodologie idonee a ridurlo. Dalla sua relazione “Il drop out: fine inevitabile di una relazione stanca e consumata?” è emerso che la causa principale di drop out può essere identificata nei sintomi soggettivi di discomfort e secchezza oculare: se quindi vogliamo tenere sotto controllo l’abbandono delle lenti a contatto dobbiamo programmare controlli periodici per individuare i pazienti sintomatici, ma anche quelli destinati a diventarlo, comprendere le cause sottostanti e cercare di eliminarle con tempestività. Eric Papas, direttore degli Studi Clinici presso il Cooperative Research Centre for Eye Research and Technology (CRCERT) a Sidney, Australia, ha focalizzato l’attenzione sugli “Effetti delle lenti a contatto sul flusso sanguigno della superficie oculare”. Il suo intervento, molto didattico, ha evidenziato il ruolo fondamentale della regione limbale nel mantenimento della salute della cornea ed ha analizzato l’interazione delle lenti a contatto morbide con il tessuto corneale, limbale e congiuntivale, spiegando in particolare la genesi e l’evoluzione dei neovasi come reazione a stimoli infiammatori ed ipossici. Ruolo dell’applicatore è quello di eliminare nel più breve tempo possibile dall’insorgenza la causa del neovaso, prima che esso si strutturi in modo definitivo. A chiusura delle relazioni di argomento clinico, Nathan Efron ha descritto la “Microscopia corneale confocale: un modo nuovo nella valutazione degli effetti dell’uso delle lenti a contatto”. Questa metodologia innovativa per lo studio del tessuto corneale permette di “viaggiare” attraverso gli strati della cornea viva, osservando le singole cellule epiteliali ed i loro nuclei, i cheratociti, i nervi stromali e le cellule endoteliali. Nathan Efron, professore di optometria clinica presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Università di Manchester (UK) e fondatore di Eurolens Research. Eric Papas, direttore degli Studi Clinici presso il Co-operative Research Centre for Eye Research and Technology (CRCERT). Lo studio delle interazioni tra lente e tessuti corneali mediante microscopia confocale mostra una riduzione del numero dei cheratociti stromali, riduzione che dovrà ora essere analizzata nella sua rilevanza da un punto di vista clinico. Per allentare la pressione dopo due giorni di impegno, nella relazione conclusiva del convegno “Il valore della 16 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” relazione nel rapporto con il cliente” Claudio Maffei, Pier Andrea Tosetto e Loretta Bert hanno condotto un intervento del tutto non convenzionale. Dopo aver proiettato i primi dieci minuti del film “Il negoziatore”, i relatori hanno analizzato i dialoghi della sceneggiatura dal punto di vista delle tecniche di comunicazione, mettendo ancora una volta in evidenza come ascoltare ed interloquire in modo attivo sia indispensabile per recepire correttamente i segnali che ci vengono trasmessi e di conseguenza impostare adeguatamente la relazione con l’interlocutore, sviluppando un rapporto efficace e duraturo. Al secondo grande tema del Convegno, la comunicazione, sono stati inoltre dedicati due corsi: “Conquistare il cliente” di Pier Andrea Tosetto e“Soddisfare il bisogno” di Loretta Bert. Pier Andrea Tosetto, docente presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, ha spiegato quanto creare un rapporto di fiducia sia indispensabile per la soddisfazione del cliente. Si comunica non solo con le parole ma anche con il comportamento, con l’abbigliamento, con i movimenti, con la gestualità, con la mimica, con gli atteggiamenti. Risulta impossibile non comunicare, dal momento che non è possibile non comportarsi, per questo è indispensabile farlo in modo assolutamente consapevole, studiando e preparando il nostro personale metodo di comunicazione che terrà conto della psicologia della persona che ci troveremo di fronte, cercando di dire le cose come lei è in grado di comprenderle. Loretta Bert, docente di economia ed organizzazione aziendale, ha invece affrontato il tema della vendita come soddisfazione dei bisogni del cliente. La vendita è conclusa, con evidente vantaggio commerciale, quando il cliente ha acquisito un bene o un servizio che va ad appagare un suo bisogno consapevole o latente e in questo modo il successo del venditore corrisponde al successo del cliente. Altri quattro corsi erano invece di argomento clinico. Alessandro Fossetti, docente al corso di optometria presso l’Istituto B. Zaccagnini di Bologna e Pietro Gheller, docente di optometria e contattologia presso l’Istituto B. Zaccagnini di Bologna e presso l’Istituto Professionale Statale per Ottici di Reggio Emilia, hanno condotto il corso ”Il ruolo del film lacrimale nelle applicazioni di successo”. La qualità e la struttura del film precorneale sono fattori determinanti per l’adattamento e l’uso confortevole delle lenti a contatto. Accanto agli esami oggettivi, i relatori hanno focalizzato l’attenzione sull’uso di questionari per la valutazione clinica dell’occhio secco, mediante un’indagine dei sintomi soggettivi e 17 2004, vol. VI, n. 3 Corso ”Il ruolo del film lacrimale nelle applicazioni di successo”. dello stile di vita del paziente. Una volta evidenziata una qualsiasi condizione di occhio secco in un portatore abituale di lenti a contatto o in un aspirante portatore, abbiamo a disposizione vari mezzi, dalla scelta del materiale della lente fino all’uso di integratori lacrimali, per gestire quella condizione, in modo tale che il porto delle lenti a contatto sia confortevole e non vada invece ad aggravare le difficoltà presenti. L’ampia parte finale del corso è stata dedicata in particolare agli integratori lacrimali, al loro ruolo, ai meccanismi di funzionamento e alle modalità del loro utilizzo. Silvio Maffioletti e Roberto Pregliasco, insegnanti nel Corso di Laurea in Ottica e Optometria dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, hanno tenuto il corso “Un nuovo ed adeguato approccio alle lenti a contatto progressive”. Diversi motivi concorrono a rendere la compensazione della presbiopia con lenti a contatto un argomento di Corso “Un nuovo ed adeguato approccio alle lenti a contatto progressive”. a r t i c o l o 2° Convegno Assottica, Roma, 10-11 ottobre 2004 “Contattologia & Comunicazione” grande attualità, in primo luogo l’andamento demografico dei paesi economicamente più avanzati e la dinamicità di vita dei giovani presbiti. Nell’ambito del corso i relatori hanno presentato uno specifico protocollo applicativo, finalizzato ad aumentare le possibilità di successo delle nuove applicazioni di lenti a contatto per la correzione della presbiopia. Attualmente le possibilità applicative in questo campo includono la monovisione semplice, la monovisione modificata, le lenti a contatto a visione alternata e quelle a visione simultanea. I relatori hanno stimolato i partecipanti al corso a considerare con competenza e attenzione l’applicazione di lenti a contatto in soggetti presbiti, evitando sia un approccio grossolano e superficiale, sia un atteggiamento aprioristicamente problematico e negativo, indotto dalla sopravvalutazione delle difficoltà che possono presentarsi. Luigi Lupelli, direttore degli Studi dell’Istituto di Optometria di Roma e docente di contattologia ed optometria all’Istituto Superiore di Stato E. De Amicis di Roma, ha tenuto il corso “L’uso delle scale di gradazione per quantificare le reazioni oculari indotte dall’uso di lenti a contatto”. Il corso ha visto anche la partecipazione di Nathan Efron, autore di una delle grading scales più diffuse in campo contattologico. Le scale di gradazione delle complicanze oculari sono state elaborate da ricercatori e clinici al fine di otti- Corso “L’uso delle scale di gradazione per quantificare le reazioni oculari indotte dall’uso di lenti a contatto”. mizzare la registrazione delle reazioni oculari indotte dall’uso delle lenti a contatto, evitando errori di interpretazione ed ambiguità semantiche. Fra le numerose scale proposte in campo contattologico, durante il corso sono state analizzate e comparate quelle che utilizzano una serie di immagini per varie complicanze oculari, facendo riferimento in particolare alle scale di gradazione elaborate da Nathan Efron (Efron Grading Scales –Millennium Edition) ed a quelle elaborate dal Cornea and Contact Lens Research Unit di Sidney (CCLRU Grading Scales). Le Efron Grading Scales sono un esempio di scale con immagini dipinte mentre le CCLRU Grading Scales sono un classico esempio di scale con immagini fotografiche. In conclusione i relatori hanno incitato i partecipanti al corso ad attrezzarsi in modo tale che le scale di gradazione per immagini entrino a far parte del normale armamentario strumentale che si trova in uno studio di contattologia alla stessa stregua del videocheratoscopio, della lampada a fessura o della fluoresceina. Eric Papas è stato relatore del corso “Silicone idrogel: non solo per l’uso continuo”. I materiali in silicone idrogel eliminano il problema dell’ipossia come complicanza che limita l’uso delle lenti a contatto, di conseguenza le possibilità che sono ora disponibili per coloro che fanno uso di lenti a contatto si sono più che moltiplicate. Per molti soggetti l’uso continuo è diventato una vera alternativa, ma soprattutto la possibilità di offrire una vasta gamma di soluzioni prive di complicanze esiste sia per coloro che indossano le lenti tutti i giorni, sia per coloro che ne fanno un uso più flessibile. Senza l’illusione di essere arrivata neppure alla fatidica soglia del 7% nel riassumere i contenuti di un convegno di così largo respiro, vorrei concludere sottolineando il valore di un congresso che permette ai partecipanti di valutare e confrontare la contattologia del nostro paese con esperti che, per nazionalità o competenze, vengono da altre realtà. La presenza di relatori stranieri porta nuova linfa alle nostre conoscenze, ma d’altra parte il valore dei relatori italiani ci conforta del livello elevato della contattologia di casa nostra. La presenza degli esperti di comunicazione ha creato un clima coinvolgente ed entusiasta che ha aiutato tutti, relatori e ascoltatori, a reggere gli intensi ritmi di questa full immersion di contattologia. 18 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Pietro Gheller * optometrista Anto Rossetti, O.D.** * Pratica privata, Imola; Istituto Statale di Ottica Reggio Emilia; Ist. Sup. di Ottica e Optometria B. Zaccagnini, Bologna - Italy ** Istituto Statale di Ottica, Cividale del Friuli UD Sommario L'apprendimento è mediato dai nostri organi di senso: l’83% la visione, l’11% l’udito, il 3,5% l’olfatto, 1,5% il tatto, l1% il gusto. Molti sono stati gli studi che hanno legato l’apprendimento a tratti della personalità e viceversa. L’idea di questo studio è stato di verificare la differenza di alcuni tratti della personalità in ametropi miopi corretti con occhiali e con lenti a contatto. Materiale e metodo. I miopi presentavano valori tra le -10,00 e i -36.00 D. I 2 gruppi di ametropi sono stati confrontati con un gruppo di controllo. A tutti è stato somministrato un test di personalità 16FP di Cattel (form C) di 105 domande. I dati sono stati analizzati secondo metodo t-Student. Conclusione: le donne portatrici di correzione a contatto presentano un significativo miglioramento dei fattori (A – B – F – H) , gli uomini solo i fattori (B –H ). Queste indicazioni promuovono la correzione a contatto per le donne, dimostrando com la correzione oftalmica è una limitazione dell’espressione e della comunicativa affettiva. Posizione quasi opposta per gli uomini: la correzione a contatto migliora le abilità cognitive (fattore B), ma di contro aumenta lo stato di ansia e di incertezza relazionale. Figura 1 Visione normale. Parole chiave Lenti a contatto, personalità, errore refrattivo Figura 2 Visione lenti oftalmiche (-20.00 D a 13 mm dall’apice corneale). Ricevuto il 17 maggio 2004. Accettato per la pubblicazione il 1 luglio 2004. 19 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? METODO Casi N° dei soggetti Miopi 53 Miopi con lenti a contatto 23 Miopi con Occhiali 30 Uomini 25 Uomini con lenti a contatto 10 Uomini con occhiali 15 Donne 28 Donne con lenti a contatto 13 Donne con occhiali 15 Miopia Da -10.00D a -36.00D (media -17.50D) Età Da 24 a 75 anni (media 46 ) Educazione 3 media inferiore Università (media diploma scuola media superiore) Utilizzo delle lenti a contatto da 1 a 20 anni (media 4 anni) Patologia oculare in corso Atrofia del polo posteriore Degenerazione a brina periferica Dispersione del cristallino Acuità visiva corretta da 0.5/10 (20’ MAR) a 7/10 (1,4’ MAR) con occhiali da 1.5/10 (6,6’ MAR) a 10*/10 \ (1’ MAR) con lenti a contatto GRUPPO DI CONTROLLO Partecipanti 28 soggetti Maschi 15 soggetti Femmine 13 soggetti Educazione Primaria università (8th grade) Acuità Visiva 10/10 (1’ MAR) in OU Età 22 – 70 anni (media 40) 20 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Figura 3 Acuità visiva con lenti a contatto dei soggetti esaminati in minuti d’arco (MAR). Figura 4 Distribuzione dei portatori di lenti a contatto in base all’età, al sesso e al livello di scolarizzazione. I “16 fattori della personalità” (16PFs) test di R.B. Cattel, Ph.D q1 Progressista q2 Autosufficente q3 Diligente q4 Teso MD * Poco affidabile al test Distrosione motivazionale Lo studio si è sviluppato su 105 giorni life items, desideri, resistenze, comportamenti sociali. Lo studio è stato eseguito da uno psicologo e da un optometrista 16 e proposto come un’investigazione preliminare al fine di distinguere al meglio un intervento o un adeguato trattamento correttivo per ogni caso. Tutti i pazienti hanno dimostrato interesse all’approccio e fornito il massimo della collaborazione, tanto che la MD (Distorsione motivazionale) 11, un fattore legato al controllo dell’esattezza delle risposte, era molto bassa. Lo studio si basa sul 16-PFs (nel Form C)15. I primi 5 fattori sono i più corretti nell’attendibilità (Karson)11. Fattore A B C E F G H I L M N O Valore > 5.6 Socievole Cognitivamente abile Stabilità emozionale aggressivo Espansivo Super-determinato Audace Creativo Sospettoso Individualista Scaltro Ansioso 21 2004, vol. VI, n. 3 Valore < 4.7 Poco socievole Cognitivamente lento Instabilità emozionale Sottomesso Riservato (timido) Incostante Timido Realistico Confidente Time-server Ingenuo Calmo Conservatore Dipendente al gruppo Stravagante Rilassato Sincero al Test La scala di valutazione si distribuisce su 9 punti. Il valore di equilibrio fra un tratto e il suo complementare va ad 5.6 a 4.7 La media per ogni PFs è stata ottenuta dai dati individuali emersi da ogni gruppo testato (gruppo con occhiali, gruppo con lenti a contatto, emmetropi, ecc) Successivamente abbiamo valutato il significato delle differenze2 fra la media del gruppo per ogni fattore usando il Student’s t-test 1, test ottenuto tramite la metodologia statistica. Il valore ottenuto con il “t” test è stato calcolato con la seguente formula: Ma - Mb t = √ (Sa2 : na + Sb2 nb) M = campione medio S = campioni variabili n = numero dei casi a = Gruppo Lac b = utilizzatori di occhiali c = gruppo di controllo a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Figura 5 Risultati raggiunti dai soggetti maschi esaminati, per ogni fattore della personalità. Figura 6 Risultati raggiunti dalle donne esaminate, per ogni fattore della personalità. L’asterisco (*) evidenzia i fattori statisticamente rilevanti. L’asterisco (*) evidenzia i fattori statisticamente rilevanti. Nel nostro studio, quando il valore del “Student-t” era maggiore di 2.07, il valore relativo all’importanza statistica attribuito era del 95%. Se il valore fosse stato più alto di 2.8, l’importanza statistica avrebbe raggiunto il 99% lenti a contatto anche se la correzione non migliora sensibilmente la loro visione. Al contrario, gli uomini scelgono le lenti a contatto solo se garantiscono un consistente miglioramento. Queste diverse scelte evidenziano, probabilmente, il diverso significato dato agli occhiali dagli uomini e dalle donne 17. Per quanto riguarda il livello di istruzione, solo gli uomini con un basso livello scolastico (3 media inferiore) sono portatori di lenti a contatto, nessuno tra quelli presi in esame possiede un titolo universitario. In merito alle portatrici di lenti a contatto, il 64% ha un basso livello d’istruzione e il 36% uno più alto (maturità superiore o università). La scelta diversa fra gli uomini e le donne potrebbe essere considerata un’ulteriore conferma del fatto che gli occhiali sono considerati un segno socialmente riconosciuto di distinzione e cultura 17. Analizzando il risultato, l’età non sembra essere un fattore discriminante fra uomini e donne. In ogni caso appare chiaro che le persone più giovani sono un po’ più interessate alle lenti a contatto rispetto alle persone più anziane. Risultati L’importanza del “t” Test Solo il fattore B, tra i primi 5 elencati da Karson, porta differenze rilevanti nel gruppo maschile preso in esame. Le sostanziali differenze fra il gruppo con gli occhiali e il gruppo con le lenti a contatto è un aumento delle abilità congnitive di quest’ultimo gruppo. È molto probabile (valore >2.07) che, mantenendo invariate le caratteristiche, i miopi portatori di lenti a contatto manifestino queste stesse differenze. Le probabilità raggiungono il 99% quando il gruppo dei miopi con gli occhiali è comparato con il gruppo di controllo (valore >2.8). Statisticamente non rilevante la differenza fra il gruppo lenti a contatto e il gruppo di controllo (valore <2.07). Il fattore H diminuisce nel gruppo lenti a contatto quando viene comparato sia al gruppo di controllo che al gruppo occhiali. Entrambi i gruppi rispetto al gruppo di controllo mostrano un aumento dell’ansietà nel fattore O. Le donne sono decisamente più attive e le loro risposte molto più interessanti. Comparando la qualità visiva dei portatori di lenti a contatto, abbiamo osservato che le donne scelgono le Discussione Fattore A: Socievolezza, o desiderio di essere amichevoli con gli altri e prendere parte alle attività sociali (Bartussek, 1974)15. L’aver tolto gli occhiali, considerati un vero ostacolo alla comunicazione, porta le donne ad un effettivo miglioramento. La psicodinamica offre importanti suggerimenti a questo proposito. “Il contatto diretto” rap22 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Figura 7 Comparazione fra i risultati relativi ad alcuni fattori di personalità nei diversi gruppi di controllo (uomini). presenta un fattore importante nella capacità di comunicare. Grazie a questa sua innata capacità, la donna affronta la gravidanza e stabilisce un legame con il proprio bambino anche durante i 9 mesi di gravidanza, ma sopratutto può costruire una relazione sensoriale al momento della nascita che il bambino per primo stabilisce. L’“aggancio visivo”, dopo il tatto, il gusto, l’udito e l’olfatto, rappresenta il mezzo di comunicazione fra madre e bambino (Winnicott, 1967)5-13. É pertanto comprensibile come gli occhiali possano diventare un ostacolo simbolicamente importante per una donna. Per quanto riguarda gli uomini, questo meccanismo non esiste. In realtà i loro occhiali diventano una barriera positiva fra loro stessi e le loro pulsioni, mentre la loro assenza potrebbe indurre ansietà. La comunicazione maschile non migliora con le lenti a contatto Fattore B: L’attività cognitiva è senza dubbio un fattore essenziale nel nostro lavoro. Wagenknecht (1875) sintetizza la cognizione come la capacità di sentire, sapere, rappresentare, giudicare, memorizzare, imparare, pensare e, molto spesso, anche parlare. Passando dagli occhiali alle lenti a contatto, sia le donne che gli uomini migliorano significativamente le loro capacità congnitive. L’allargamento del campo visivo, l’eliminazione delle aberrazioni periferiche causate dallo spessore delle lenti oftalmiche, l’aumento della acuità e, soprattutto, un più diretto approccio fisico verso il mondo esterno permette a uomini e donne di arricchire le proprie esperienze con ciò che li circonda, migliorando conseguentemente gli scambi con l’esterno. Fattore F: estroversione. Secondo C. G. Jung in “Psychologische Typen” (Zurich, 1920), essere estro23 2004, vol. VI, n. 3 Figura 8 Comparazione fra i risultati relativi ad alcuni fattori di personalità nei diversi gruppi di controllo (donne). versi significa: “…una natura accomodante, apparentemente aperta e disponibile di chi si adatta facilmente ad ogni situazione e stabilisce facilmente relazioni, spesso avventurandosi fiducioso e libero senza preoccupazioni in situazioni difficili, dominando ogni possibile obiezione” 15. Rilevanti miglioramenti nelle donne confermano l’importanza di eliminare gli occhiali, avvertiti come una barriera alla comunicazione. Confermano anche il vantaggio che le donne acquisiscono nel manifestare e ricevere pulsioni e dinamiche interpersonali con miglior fluidità. La valutazione dei risultati mostra che gli uomini ottengono un leggero miglioramento, statisticamente insignificante,e che per loro la condizione con gli occhiali non rappresenta la stessa limitazione che per le donne. Sembra che gli uomini con gli occhiali trovino il loro “modus vivendi” Fattore H: Il coraggio, la capacità di affrontare situazioni nuove e ostili con forza interiore (Bandura 1965)15. Le donne mostrano un lieve miglioramento nelle relazioni interpersonali. Usando le lenti a contatto, gli uomini diventano più pensierosi e prudenti verso le situazioni esterne. Fattore M: Individualità. Anche in questo fattore, le donne mostrano senza dubbio un interessante cambiamento psicologico: per loro è più facile adattarsi, imparare, orientarsi da sole verso un gruppo standard di riferimento (Collins 1969)15. Questa condizione giova all’intento di aumentare l’estroversione e le relazioni con la controparte, cosa che il miope che usa occhiali di solito rifiuta (vedi Fattori A, F, H, M). Gli uomini non mostrano nessun particolare cambiamento. a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Fattore O: Ansietà. Questo è un tratto importante e particolarmente vasto, che può essere visto sostanzialmente come una sorta di minaccia alla base che include l’Io e la sua integrità (May 1950) o “la risposta ad un trauma accaduto durante la nostra vita” (Tuddenham 1965) 15. È rilevante che gli uomini siano molto più vulnerabili in questo contesto rispetto alle donne. Questa peculiarità potrebbe essere spiegata in due modi. Il primo è collegato all’ipotesi che gli occhiali rappresentino una barriera agli stimoli interiori. In loro assenza, la barriera che contiene questi stimoli interni decade e l’io si allerta e genera ansietà, sentendo che il mondo esterno è pericoloso 5. Il secondo, generato da un’osservazione diretta, potrebbe essere identificato nella paura intrinseca del miope elevato di essere forzato da ragioni fisiologiche ad abbandonare la positiva esperienza ambientale acquisita e ritornare ad un sistema ottico frontale ambientalmente limitato. A causa della bassa rilevanza statistica degli altri fattori e sopratutto a causa della loro inattendibilità e della loro importanza secondaria come fattori di personalità, non è stata portata avanti nessuna analisi (Karson 1974)11. Conclusioni La ricerca era diretta ad analizzare il collegamento fra il problema refrattivo (ametropia elevata) e la personalità, l'obiettivo di valutare se la soluzione percettiva potesse portare a cambiamenti di quest’ultima. Dai dati raccolti appare chiaro che la modifica di alcuni tratti caratteriali avviene in particolar modo nelle donne. La scarsità dei casi ci ha impedito di affermare che un cambio positivo nel mondo percettivo possa indurre importanti variazioni caratteriali anche se abbiamo evidenziato la presenza di valutazioni statistiche a supporto. Questo porta la nostra conclusione lontano rispetto alle considerazioni raggiunte da Hirsch and Shapero 4 : l’imprinting caratteriale è il fattore determinante dello stato refrattivo. I risultati della nostra ricerca non coincidono con quelli esposti da Hirsch e Shapero. Speriamo che questo lavoro confermi l’importanza degli strumenti per la correzione che forniamo ai nostri pazienti ametropi e il senso di responsabilità con cui portiamo avanti questo servizio. 24 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Può l’uso delle lenti a contatto influenzare la personalità? Summary Bibliografia 1) Student "The probable error of a mean" Biometrie, vol VI, pag 1-25 2) Scardovi I, Monari P. Metodologia statistica in biologia e medicina;224-299 UTET It is worldly known that vision conveys 83% of our learning, hearing conveys 11%, smell 3.5%, touch 1.5% and taste 1% (5). From a physiological point of view a perception which is reelaborated at a cortical occipital level does not interreact with the unconscios. Perception borders with personality when a central superior integration takes place in the so called interpretative areas of the mesoencephalic and limbic reticular systems. Studies carried out since 1915 by Potzl, in 1935 by Von Senden, in 1946 by Asch, up to Dixon and Haider in 1961 and others more (8) confirm it. We were puzzled by a question: could it possibly be that an improvement or the reestablishment of visual performance would push the psycological sphera towards a "change"? There is a way of at checking the influence of the refractive error and its correction on personality: The patient undergoes a quiz-test aimed at investigating particular personality characteristics; it statistically analyzes them among those who use spectacles lenses or contact lenses. Key words Contact lenses, personality, refractive error Ringraziamenti - Ringraziamo per il supporto nelle ricerche l’azienda di lenti a contatto OptoKontakt, Novara, Italy (www.optokontakt.it) - Ringraziamo per il supporto l’Istituto Superiore di Ottica e Optometria B. Zaccagnini, Bologna, Italy ([email protected]) - Ringraziamo la dott.ssa. Angela Montanari (Università di Bologna, Dipartimento di statistica.) per l’analisi dei dati. 25 2004, vol. VI, n. 3 1991 3) The advanced theory of statistics, MG Kendall, A Stuart, vol II°, (1961), Charles Griffin &C., London 4) Grosvenor "Stato refrattivo e personalità" RIO N. 22; 22-26; 1983 5) Ancona L. "Dinamica della percezione" 95-116 ; EST Mondadori, Milano 1973 6) Magdalen D. Vernon "Esperimenti sulla percezione visiva" 134-151; Boringhieri, Torino 1971 7) Mischel W. " Lo studio della personalità" 542-589; Il Mulino, Bologna 1982 8) Neisser U. " Psicologia Cognitivista" 187-231; Giunti-Martello 1976 9) Barcella-Locati "Principi fondamentali della valutazione sensoriale"; 43-67; GiuntiMartello 1978 10) Barcella-Lassito "Manuale delle metodiche di sperimentazione sensoriale"; 2554; Giunti-Martello 1978 11) Karson S. O'Dell J.W. "Is the 16 PF Fattoreially valid?" journal of personality assessment N. 38; 104-114; 1974 12) Karson S. Pool K.B. " Second order Fattores in personality measurement" Journal of consulting Psychology N.22; 299-303; 1958 13) Line W. "The growth of visual perception in children" Brit. J. Psychol. Monogr. Supplement N. 15; 1931 14) Cattel R.B. "Questionario dei sedici fattori della personalità" forma C, adattamento italiano di Cusin S.G. e Novaga M. Università degli studi di Padova; Manuale suppl. 1978. 15) Wilhelm A. Eysenck H.J. Dizionario di Psicologia, Ediz. Paoline, Friburgo 1975. 16) Rossetti-Gheller. Manuale di optometria e contattologia, Ed. Zanichelli 2004 17) AA. Vari L&O Lenti e occhiali – 123-126; Medical Books 2004 Il seguente studio è stato presentato e commentato come poster alla BCLA (British Contact Lens Association) di Birmimgham 2001 a r t i c o l o Birmingham 20-23 maggio 2004 BCLA 28th Clinical Conference and Exibition Laura Boccardo Optometrista, pratica privata oltre 70, fra relazioni e corsi, che hanno riempito la fitta agenda dei congressisti, ma vogliamo darne comunque una sintesi. Per una rassegna completa degli abstrat delle relazioni rimandiamo a Contact Lens & Anterior Eye di Giugno 2004 (vol 24, no.2, pp. 87107). I lavori congressuali si sono aperti giovedì pomeriggio, con una relazione inaugurale tenuta da Nathan Efron e da Noan Brennan. Efron, esperto nel campo della risposta oculare all’uso di lenti a contatto ed autore di innuFigura 1 merevoli pubblicazioni e Oltre 780 delegati hanno gremito la sala del BCLA Clinical Conference and Exibition. relazioni in giro per tutto il mondo, è stato il vero Dal 20 al 23 maggio scorsi si è svolto a Birmingham mattatore del congresso, con diversi interventi che il 28° Congresso del British Contact Lens Association hanno catturato l’attenzione del pubblico grazie ad (BCLA), l’associazione degli applicatori di lenti a uno stile di esposizione molto dinamico e brillante. contatto inglesi, di cui fanno parte optometristi (oph- La giornata di venerdì è stata interamente occupata talmic opticians), ottici (dispensing opticians), oftal- da un seminario sulla presbiopia: dopo un’introdumologi e rappresentanti dell’industria. Il BCLA è una zione sugli effetti dell’età sulla funzione accomodadelle più autorevoli società di lenti a contatto e rac- tiva illustrarti da Gordon Heron, professore di optocoglie associati non solo nel Regno Unito, ma anche metria al Glasgow Caledonian University, ed i mecda molti paesi stranieri. canismi che regolano l’accomodazione e la preIl BCLA Clinical Conference and Exibition è uno dei sbiopia illustrati in modo magistrale da Adrian più importanti appuntamenti di contattologia nel Glasser, ricercatore all’University of Huston College mondo: quest’anno ha battuto nuovi record, con la of Optometry, sono state illustrate le più recenti partecipazione di oltre 780 delegati da 43 paesi e di innovazioni in campo ottico, contattologico e chi40 espositori. Per quanto riguarda lo svolgimento del rurgico nella correzione della presbiopia. Mo Jalie ha congresso, lo spazio qui a disposizione non ci per- condotto una presentazione a carattere didattico mette di riportare nel dettaglio il contenuto degli sulle geometrie delle lenti oftalmiche progressive, mentre i relatori seguenti hanno illustrato le tecniche di correzione della presbiopia con lenti a contatto: Ricevuto il 7 giugno 2004. Accettato per la pubblicazione Eef Van der Worp ha parlato dell’applicazione di lac RGP bifocali, Bruce Evans della monovisione e Paul il 1 luglio 2004. 26 2004, vol. VI, n. 3 a r t i c o l o Birmingham 20-23 maggio 2004 BCLA 28th Clinical Conference and Exibition Figura 2 Nathan Efron durante uno dei suoi interventi. Figura 3 Paolo Formichella illustra il suo poster. Erkson dei meccanismi ottici e corticali coinvolti nella visione simultanea. Le ultime relazioni della sessione hanno affrontato il problema da un punto di vista medico e chirurgico. Tutte le soluzioni attualmente disponibili presentano alcune limitazioni e necessitano di un certo grado di adattamento. Il futuro guarda verso la messa a punto di tecniche che possano restituire la piena funzionalità al cristallino, ma purtroppo il traguardo non è ancora in vista. Il sabato mattina i lavori si sono svolti in contemporanea in due sale con una sessione di argomenti clinici ed una sessione di ricerca, con particolare riferimento all’uso continuo ed ai materiali siliconeidrogel. Nella sessione clinica, che abbiamo seguito, Nathan Efron ha illustrato come stanno cambiando le complicanze da lenti a contatto con le innovazioni nei materiali degli ultimi anni, quindi Stive Shallhorn ha parlato della chirurgia refrattiva nelle forze armate. Nel pomeriggio si sono svolti un simposio di management e un simposio sulle competenze dell’ophtalmic optician nella terapia delle patologie oculari, argomenti così strettamente calati nella realtà britannica da non essere di grande utilità per gli uditori stranieri. Il sabato è stata inoltre aperta la sessione poster, che comprendeva 60 presentazioni. I poster scientifici sono brevi articoli che vengono esposti durante tutto il congresso, in modo che ogni partecipante li possa leggere liberamente. Questo è un metodo di presentazione non molto utilizzato nei congressi italiani, che permette di ampliare molto il numero di rela- Figura 4 Cena di gala in stile Anni ‘20. 27 2004, vol. VI, n. 3 zioni, senza far dilatare i tempi del convegno. In questa sessione Paolo Formichella, un optometrista italiano che lavora in Scozia, insieme a Luigi Lupelli e Fabrizio Zeri di Roma hanno presentato una rassegna aggiornata dei metodi di acquisizione di immagini da lampada a fessura. Lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali ha messo a disposizione di tutti gli applicatori, e non solo dei centri di ricerca, tecniche di acquisizione sempre più sofisticate. Il sabato sera, la sala congressi è stata completamente trasformata, per ospitare gli oltre 800 ospiti della tradizionale cena di gala, che quest’anno aveva a r t i c o l o Birmingham 20-23 maggio 2004 BCLA 28 Clinical Conference and Exibition th Figura 5 Antonio Calossi durante la sua relazione. come tema i Ruggenti Anni Venti, con tanto di gangster in gessato nero e ballerine Charleston. Le cena di gala è un vero evento mondano, dove è gradito l’abito elegante: tutti partecipano alle danze, senza limiti di età e di titoli accademici, le signore in lungo e gli uomini in smoking. Anche domenica i lavori si sono svolti con due sessioni in contemporanea: una di lenti a contatto e una di chirurgia refrattiva. Nella sessione di lenti a contatto sono stati approfonditi i temi relativi all’uso continuo ed alle lenti ad altissimo Dk, sia morbide, sia rigide. Nella sessione di chirurgia sono state descritte le più recenti tecniche di chirurgia refrattiva corneale ed intraoculare, con un particolare riguardo all’impiego delle tecnologie aberrometriche (wave-front). Le relazioni della domenica pomeriggio, infine, sono state dedicate ad argomenti di contattologia specialistica, come l’applicazioni di lenti sclerali su cheratoplastiche e cheratoconi (Ken Pullum), l’ortocheratologia notturna (Marjorie Rah e Antonio Calossi), l’impiego della topografia corneale in contattologia (Eef van der Worp e Marine Gobbe) e l’utilizzo delle lenti a contatto in ortottica (Bruce Evans). In questa sessione Antonio Calossi di Firenze ha presentato uno studio clinico condotto per valutare i risultati refrattivi e la risposta corneale di un nuovo tipo di lente a geometria inversa esacurva per ortocheratologia notturna che è stata sviluppata in Italia. I risultati dello studio hanno mostrato che l’epitelio corneale è in grado di modellarsi e ridistribuirsi molto rapidamente, con un grado elevato di sicurezza, di efficacia e di prevedibilità, senza reazioni avverse significative. Anche quest’anno il Congresso BCLA ha dimostrato di essere un grande punto di incontro e confronto per la contattologia nel mondo: molte le novità emerse dalle relazioni scientifiche e quelle presentate dalle aziende, che confermano il dinamismo di un settore in continua evoluzione, dove l’aggiornamento è un elemento fondamentale per il successo dell’attività professionale. Quest’anno anche l’Italia ha dato il suo contributo scientifico in un evento così importante. Riteniamo che la presenza di relatori italiani nei congressi internazionali rappresenti un importante riconoscimento per la contattologia del nostro paese. 28 2004, vol. VI, n. 3 r u b r i c a in libreria Laura Boccardo Contact Lens Complications Seconda Edizione Nathan Efron 288 pagine, 374 illustrazioni Maggio 2004, paperback Butterworth Heinemann paziente e dalla scelta della lente, per poi descrivere l’applicazione, le visite di controllo e la gestione delle complicanze. Completamente aggiornato e revisionato rispetto all’edizione precedente, il testo attuale contiene un nuovo capitolo sull’edema e l’ipossia, dati più recenti degli studi a lungo termine e nuove illustrazioni. La prima edizione di questo libro ha avuto un tale successo che è stato necessario rimetterlo in stampa dopo appena tre mesi dalla prima uscita. In questa seconda edizione, Nathan Efron illustra, in forma aggiornata ed ampliata, come identificare, capire ed affrontare le complicanze oculari da lenti a contatto, un aspetto della pratica clinica in grande trasformazione a causa delle innovazioni nei materiali che si sono avute negli ultimi anni. Come il precedente, questo testo è caratterizzato da uno stile schematico e di facile lettura ed è arricchito da numerosi schemi ed immagini. Rispetto alla prima edizione troviamo: 11 nuovi capitoli, ora 30 in totale, 300 nuovi riferimenti bibliografici, ora 900 in totale, 150 nuove illustrazioni, ora 425 in totale, e 8 nuove grading scales, ora 16 in totale. Manual of Gas Permeable Contact Lenses Seconda edizione Edward S. Bennet, Milton M. Hom 418 pagine, 30 illustrazioni Gennaio 2004, paperback Butterworth Heinemann Silicone Hydrogels Continuous Wear Contact Lenses Seconda edizione Debby Sweeny 332 pagine, 157 illustrazioni Giugno 2004, hardback Butterworth Heinemann Questo libro fornisce un’utile guida alla prescrizione e applicazione delle lenti in silicone idrogel per porto continuo. L’argomento viene affrontato in modo ampio, partendo dalla selezione del 29 2004, vol. VI, n. 3 Questo testo illustra i principi teorici e le metodologie pratiche relativi alle attuali tecniche di ortocheratologia. Dictionary of Optometry and Visual Science Sesta edizione Michel Millodot 368 pagine, 193 illustrazioni Giugno 2004, paperback Butterworth Heinemann Questo testo fornisce una guida concisa, ma completa all’applicazione delle lenti a contatto RGP. Include un CD ROM con filmati che illustrano diversi aspetti e tecniche applicative. Completamente aggiornato nei contenuti e ridisegnato nella forma grafica, il dizionario di optometria e scienze visive di Michel Millodot continua ad essere un testo essenziale per tutti gli optometristi, nello studio e nella pratica. Giunto alla sua sesta edizione, il dizionario non ha perso nessuno dei pregi che hanno fatto la fortuna delle edizioni precedenti: definizioni schematiche e comprensibili e grande varietà di tavole ed illustrazioni. RGP Lens Fitting Carolyn A. Begley 97 pagine, 70 illustrazioni Aprile 2004, paperback Butterworth Heinemann Un testo maneggevole per gli applicatori di lenti RGP. Questa rubrica è stata compilata attingendo in larga parte dal catalogo di Elsevier Books, consultabile anche on line all’indirizzo www.intl.elsevierheath.com. Nei prossimi numeri pubblicheremo una recensione di alcuni di questi testi . Orthokeratology Principles & Practice John Mountford, David Ruston, Trusit Dave 320 pagine, 345 illustrazioni Maggio 2004, paperback Butterworth Heinemann r u b r i c a tips & tricks Laura Boccardo A quale età iniziare con le lenti a contatto? Generalmente fra i pazienti circola la convinzione che le lenti a contatto non siano adatte ai bambini e quindi i genitori raramente vi chiedono di farle provare ai loro figli. Siate voi i primi a proporle alla famiglia quando vi trovate di fronte ad un ragazzino o una ragazzina miope dagli 8/10 anni in su. Un articolo pubblicato sul numero di aprile di Optometry & Visual Science (Walline JJ, Long S, Zadnik K. Daily Disposable Contact Lens Wear in Myopic Children. Optometry & Visual Science 2004 Apr;81(4):255-259.) riporta i risultati di uno studio condotto al College of Optometry della Ohio State University in cui sono state applicate lenti disposable giornaliere a 12 bambini fra gli 8 e gli 11 anni. 10 bambini su 12 hanno completato lo studio di sei mesi, con grande soddisfazione e senza reazioni avverse. L.B. Manutenzione e comfort Attualmente si parla molto di soluzioni uniche, della loro capacità di mantenere il comfort per tutto il giorno o se alcune possano causare maggiori fastidi di altre. Alcuni suggeriscono di sciacquare le lenti con soluzione salina o applicare una goccia di umettante prima di indossarle. Questi sistemi sembrano poco pratici, ma in effetti possono essere utili. La cosa più importante da ricordare è che le soluzioni sono diverse una dall’altra. I sintomi lamentati dai pazienti non devono mai essere sottovalutati e bisogna considerare la possibilità che siano dovuti ai liquidi. Fare un giorno di pausa o ridurre i tempi d’uso non sono la risposta adatta a risolvere i problemi dei pazienti. Cambiare le lenti, passare a tecnologie più moderne e fare maggiore attenzione ai programmi di manutenzione può invece ridurre i sintomi e le percentuali di abbandono. Il comitato di redazione di Contact Lens Today, 4 luglio 2004 Il tempo e la temperatura influenzano l’efficacia delle soluzioni per le lenti a contatto Sul numero di maggio di Ophthalmic & Physiological Optics è stato pubblicato uno studio condotto al fine di verificare gli effetti del tempo e della temperatura di conservazione sull’efficacia di alcune soluzioni uniche per la manutenzione delle lenti a contatto (Leung P, Boost MV, Cho P. Effect of Storage Temperatures and Time on Efficacy of Multipurpose Solutions for Contact Lenses Ophthalmic & Physiological Optics 2004 May;24(3):218224.). Quattro soluzioni sono state conservate a diverse temperature per un periodo di tre mesi, alla fine del quale sono state testate contro Staphylococcus aureus, Psuedomonas aeruginosa e Candida albicans. I risultati mostrano che il tempo e la temperatura influenzano l’efficacia delle soluzioni per le lenti a contatto e quindi bisogna sollecitare i pazienti ad un corretta conservazione dei loro liquidi. In caso contrario le capacità disinfettanti delle soluzioni multiuso potrebbero non essere mantenute per il periodo di validità dall’apertura che viene indicato in etichetta. Generalmente i prodotti per la manutenzione devono essere conservati a temperatura ambiente, fra 15° e 25° C. L.B. Quali liquidi usano i nostri pazienti? Quando chiedo ai miei pazienti quale tipo di liquido usano per la manutenzione delle lenti, spesso non si ricordano il nome. Prima ho provato a farmi descrivere l’aspetto della bottiglia, ora invece tengo sullo scaffale del mio studio un campione dei prodotti più diffusi e lascio che ne scelgano uno liberamente quando si tolgono le lenti. In questo modo so cosa usano abitualmente, senza fare molte domande. Brent Allen, Contact Lens Today, 16 maggio 2004 Questo è un bel suggerimento. Il problema sorge se non ne riconoscono alcuno. In questo caso probabilmente utilizzano un prodotto a marchio: in questo caso potete consigliargli il vostro preferito e sperare che passi a quello. Oppure potete fare il giro di tutte le catene, le farmacie ed i supermercati per riempirvi lo scaffale di flaconi, o farvi portare una bottiglia dal paziente stesso, o chiedergli dove l’ha comprata, per guardare che componenti ci sono dentro, specialmente se se presenta qualche tipo di problema. Sfortunatamente, con i prodotti a marchio può succedere che cambi il produttore o la formulazione di volta in volta. Anche se costano meno, spesso i prodotti a marchio utilizzano tecnologie sorpassate e sono fonte di irritazione più volte di quello che si creda. Joseph Barr, editor di Contact Lens Today, 16 maggio 2004 Davanti al computer Usare frasi semplici e giochi di parole aiuta i pazienti a ricordare cosa devono fare per limitare il discomfort da videoterminale. Negli U.S.A. usano trucchi come le “3 B: Blink, Breath & Breack”, che in italiano significa: batti le palpebre, respira ed interrompi, ed il “metodo 20/20/20” che significa: ogni 20 minuti, interrompi per 20 secondi e guarda lontano a 20 piedi (6 m). Naturalmente nella traduzione questi slogan perdono tutta la loro efficacia, quindi chi fosse in grado di fornire traduzioni ed interpretazioni più efficaci, o frasi di uso analogo, ce ne renda partecipi. Questi giochi di parole restano impressi nella mente dei pazienti e li possono aiutare realmente ad assumere un comportamento più corretto. Piccoli trucchi, uniti ad una appropriata valutazione della visione per vicino e delle condizioni ambientali, possono risolvere i problemi dei nostri pazienti che lavorano al videoterminale. Jeffrey Anshel, Contact Lens Today, 9 maggio 2004 30 2004, vol. VI, n. 3 r u b r i c a immagini di lac Fabrizio Zeri L’ortocheratologia, anche conosciuta con l’acronimo di ortok, è una tecnica di riduzione miopica effettuata modificando la curvatura corneale grazie all’azione di lenti a contatto rigide. La tecnica, introdotta con scarso successo agli inizi degli anni ’60 negli Stati Uniti, ha cominciato a diffondersi con più vigore solo negli ultimi dieci anni. Le ragioni più importanti che hanno consentito all’orto-k di ridestarsi sono (Caroline e Norman, 2003): - l’avvento dei topografi corneali; - la possibilità di realizzare, grazie a torni sempre più sofisticati, lenti con geometrie innovative come quella inversa; - la disponibilità di materiali GP ad altissimo dk/t che hanno consentito l’uso notturno; - la comprensione dei principi che regolano il modellamento corneale. In figura 1 si riporta l’immagine fluoroscopica sorprendentemente “sorridente” di una lac inversa applicata per un trattamento di orto-k in regime notturno. Il “sorriso” è una bolla d’aria che segue l’andamento della zona d’inversione dove è presente il serbatoio di lacrime. Analizzando il pattern fluoresceinico sono facilmente visibili la zona di tocco centrale con cui si produce il modellamento epiteliale, l’anello fluoresceinico che contiene la bolla creato dalla zona inversa di incurvamento (che favorisce la “migrazione” epiteliale centrifuga), l’anello periferico di allineamento in grado di garantire la centratura della lente e il clearence periferico dell’ultima curva. Questo pattern applicativo tipico della moderna 31 2004, vol. VI, n. 3 orto-k genera frequentemente, soprattutto appena dopo l’inserimento della lente, la formazione di bolle d’aria nella zona d’inversione. La domanda che ci si pone è se una bolla d’aria di queste dimensioni può rappresentare un problema a livello fisiologico e/o compromettere il risultato ortocheratologico. In generale le bolle d’aria sotto una lente a contatto sono un fenomeno che si sviluppa piuttosto frequentemente in presenza di un ampio spazio tra lente e cornea, come sotto la zona centrale di lac applicate con un BOZR sensibilmente più curvo del K corneale o come nello spazio nella zona d’inversione di un applicazione ortocheratologica (Fig. 2). Le bolle d’aria possono determinare compressioni e leggere increspature dell’epitelio (dellen e dimple) e, se la loro dimensione è ampia, fenomeni di secchezza corneale (Calossi, 2002; Lupelli, 1999; Zeri, 1995). È sempre necessario cercare di ridurre la presenza di bolle? Credo che la risposta a questa domanda non possa essere teorica ma semplicemente clinica. E cioè si deve evitare la presenza di bolle se ci sono problemi di rilievo clinico come ad esempio dei segni di sofferenza epiteliale indotti da secchezza epiteliale o una perdita di qualità ottica dell’epitelio con conseguente riduzione dell’AV. Nel caso in questione la bolla a sorriso si riduce rapidamente con il tempo d’uso (le lacrime riempiono velocemente lo spazio del serbatoio); non interessa la zona centrale (ottica) della cornea; non interferisce con la ridistribuzione epiteliale centrifuga quindi con l’effetto ortocheratologico; non provoca sofferenze epiteliali. Anche se una simile applicazione potrebbe essere quindi accettata, le strategie per ridurre la presenza della bolla sono essenzialmente due: appiattire la zona d’inversione; praticare in corrispondenza di essa dei fori di ventilazione (questa seconda opzione non è diffusa in ortocheratologia con lac corneali, viene usata per lo più nelle lenti sclerali). Appiattire la curva d’inversione è l’opzione più diffusa ma considerando che così facendo si rischia di modificare la stabilità della lente e il risultato ortocheratologico, si deve procedere cercando il compromesso migliore. Un piccolo suggerimento pratico, utile a ridurre la formazione delle bolle d’aria al momento dell’inserimento della lente, è quello di colmare la concavità della lente con della soluzione fisiologica o una lacrima artificiale ed applicare la lente tenendo il piano frontale del viso ortogonale alla forza di gravità. Così facendo l’ampio spazio lente cornea verrà subito riempito con del liquido che impedirà la formazione delle bolle. In conclusione quindi, è sempre importante controllare con attenzioni i fenomeni delle bolle d’aria sotto lac rgp, anche quando questi si prodigano in un radioso e smagliante sorriso. Bibliografia Calossi A. Le mille bolle blu. LAC 1999; 1-2: 32. Caroline P, Norman C. Reshaping the way we approach refractive errors. Lecture at BCLA clinical conference and exhibition 6-8 June 2003; Brighton, UK. Lupelli L. Contattologia. Una guida clinica. Palermo, Medical Books, 1995, 165. Zeri F. Arciforme, dimpling e solchi epiteliali: colorazioni sospette. Riv It Optom 1995; 19, 2:54-5. Note per gli autori Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella fisiologia e patologia dell’occhio esterno. Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca, rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli eventi del settore. Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di: Marica Lava o Oscar De Bona CIBA Vision s.r.l. Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE) I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini, deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato. Il lavoro deve pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees, l’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. Nel caso d’accettazione del lavoro presentato, farà seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti. Dattiloscritto, dischetto e immagini originali, anche se non pubblicati, non saranno necessariamente restituiti. Preparazione del dattiloscritto e del supporto magnetico I dattiloscritti devono pervenire su fogli A4. Impostazione margine superiore 2,50 cm, inferiore e laterale, destro e sinistro, 2 cm. Per il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia, le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times New Roman corpo 12. Le pagine devono essere numerate in modo progressivo iniziando dal frontespizio. Tutti i lavori accettati per la pubblicazione debbono pervenire anche su supporto magnetico, nei formati Macintosh e IBM compatibili elencati: MacWrite, Microsoft Word, Solo testo, R.T.F. Frontespizio La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per la corrispondenza. Sommario Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130 parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230 parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni. Parole chiave Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari. Testo Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio. Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio, mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. La discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati. Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi strumenti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti. Bibliografia I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con un corpo più piccolo ad apice. L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati: Articoli di riviste Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo. Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo. Esempio di articolo da rivista Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866 Libri Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine. Esempio di libro Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction. Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60. Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro: Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500. Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico. Illustrazioni Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero mentre immagini a colori devono pervenire, preferibilmente, in diapositiva. Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia. Il retro di ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni: - titolo del lavoro - numero della figura - nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della fotografia. Organizzazione e spedizione del supporto magnetico È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo. L’etichetta del supporto deve riportare: - il nome dell’autore corrispondente - un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto - il sistema operativo - il formato - il processore word utilizzato, con versione e numero Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda. 32 2004, vol. VI, n. 3