Il rapporto dei Nas su Stamina: nelle infusioni non ci sono staminali Ma sono presenti tracce di diversi contaminanti. Ecco i risultati dalle analisi sui preparati per i pazienti di Brescia Pubblicato dicembre 19, 2013 Nonostante i vari appelli per renderlo pubblico, il metodo Stamina continua a rimanere sotto chiave. Emergono però ora i dati delle ispezioni dei carabinieri dei Nas, – pubblicati su La Stampa – che nel 2012 avevano predisposto l’analisi dettagliata dei campioni biologici manipolati nei laboratori degli Spedali Civili di Brescia. E che già nel maggio 2012 avevano imposto il blocco dei trattamenti in corso per questioni igieniche e di sicurezza per i pazienti. E le analisi parlano chiaro: nei campioni analizzati non c’è, o c’è solamente in piccole tracce, una popolazione di cellule staminali mesenchimali: quelle che dovrebbero, stando alle dichiarazioni di Davide Vannoni, differenziarsi in cellule nervose. Così come non vi è segno di neuroni in formazione. Di fatto, manca quello per cui il metodo dovrebbe, per i fautori del trattamento, funzionare contro una vasta gamma di malattie neurodegenerative, autoimmuni e diversi tipi di cancro. E anzi, nel mix biologico indagato risultano diverse componenti che non dovrebbero esserci, e che quindi sono state bollate dai Nas come contaminanti: antibiotici, frammenti di svariati tessuti e siero bovino non certificato. Tutte sostanze la cui presenza nelle preparazioni è ingiustificata e che potrebbero nascondere il pericolo di reazioni collaterali. Ecco al setaccio i rilevamenti dei Nas e i rischi connessi. Le cellule staminali mesenchimali Il cavallo di battaglia di Stamina Foundation, le cellule staminali mesenchimali, sono presenti in tracce o addirittura risultano assenti nei campioni raccolti dai Nas. Si è registrata infatti (come riporta oggi il quotidiano La Stampa) l’assenza di un marcatore (cioè di una sostanza che aiuta a identificare le sostanze presenti in un campione biologico) specifico per queste cellule. Secondo Vannoni e Marino Andolina, titolari del metodo, sarebbero invece proprio queste staminali la fonte indiscussa dei benefici del trattamento, in quanto materia prima per la generazione o la riparazione delle fibre nervose danneggiate da patologie come la sclerosi laterale amiotrofica, la paralisi cerebrale infantile e il morbo di Parkinson. Di fatto, come ha da sempre sottolineato la nostra comunità scientifica, si tratta però di cellule che, nell’organismo, hanno la possibilità di differenziarsi esclusivamente in tessuto osseo, cartilagine e adipe, che nulla hanno a che vedere con le malattie che Stamina sostiene di poter trattare. Inoltre, nessuna evidenza scientifica, né con questa ne con altre metodiche, ha mai certificato la trasformazione di questi precursori in neuroni. I neuroni Il rapporto dei Nas li dichiara grandi assenti, così come non compare alcun segno che suggerisca la trasformazione di cellule staminali in precursori neuronali. Vannoni sostiene da sempre di riuscire a ottenere, con l’aggiunta di etanolo e acido retinoico, veri e propri neuroni a partire da cellule prelevate dal midollo osseo dei pazienti, e di averli visti con i propri occhi sulle piastre da coltura anche solo dopo un paio d’ore di trattamento. I tentativi di replicare il risultato, che sarebbe stupefacente se potesse essere dimostrato, non sono però riusciti a nessun altro al di fuori del personale di Stamina: un verbale dell’Istituto superiore di Sanità dichiara infatti che non solo in 2 ore, ma neanche in 24, vi fosse traccia di neuroni nelle preparazioni di laboratorio. Il siero bovino Per la coltivazione delle cellule da trapiantare nei pazienti di Stamina a Brescia sarebbe stato usato siero fetale bovino, ha dichiarato a La Stampa il direttore dell’Agenzia italiana del farmaco Luca Pani. Un dato che risuona negli stessi protocolli presentati da Davide Vannoni al momento del via alla sperimentazione, come confermato da alcuni membri del Comitato di valutazione. Si tratta di un liquido che viene spesso impiegato nella ricerca biologica e che altro non è che una frazione del sangue raccolto dal feto di bovini gravidi: il suo scopo è fornire i nutrienti necessari alle cellule in coltura, come per esempio proteine e fattori di crescita. Non ci sarebbero fin qui gli estremi a gridare alla contaminazione dei campioni di Stamina. Se non fosse che per il siero impiegato nelle colture di Brescia non è indicata la certificazione necessaria per normativa europea a fugare i rischi della trasmissione dall’animale al paziente di patologie anche molto gravi. Un esempio? L’encefalopatia spongiforme bovina (Bse), quella che comunemente conosciamo come il morbo della mucca pazza. Ciò non significa che Stamina abbia per forza utilizzato siero non certificato, ma che dai documenti presentati da Vannoni non è possibile capirlo, e il perché risiede nel fatto che il metodo Stamina non è fondato sulle cosiddette Good manufacturing practices, cioè le buone pratiche di laboratorio, nate proprio a garanzia del paziente e del diritto a ricevere trattamenti che siano, prima di tutto, sicuri. Antibiotici Alcune persone sono allergiche agli antibiotici, e a prescindere, l’uso di questi farmaci deve essere ponderato e soprattutto giustificato. A maggior ragione quando i pazienti sono bambini in tenera età. L’uso spregiudicato di antibiotici può infatti non solo portare a reazioni allergiche, ma anche a effetti collaterali anche gravi dovuti, per esempio, a interazioni con altri farmaci. Aspetto da non sottovalutare è anche il rischio di sviluppo di resistenze dei microrganismi al trattamento, poiché essi posso mutare per sopravvivere al farmaco uscendone, nel caso di somministrazioni ripetute, immuni. Frammenti di tessuti Somministrare preparazioni cellulari disomogenee e in cui si registrano frammenti e resti di tessuti è estremamente pericoloso, in quanto può determinare l’insorgenza di vere e proprie ostruzioni nei piccoli vasi sanguigni. Si tratta di un rischio che non va affatto sottovalutato, se pensiamo che il primo “filtro” per un preparato iniettato in via diretta nel sangue sono i polmoni, e che una congestione ai piccoli capillari polmonari può portare a micro-embolie. Di fatto, i contaminanti tissutali ritrovati nei preparati di Stamina, potrebbero rappresentare un rischio concreto di danni al microcircolo degli organi vitali. E non solo i polmoni, ma anche il cervello.