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Servizi - QT n. 5, maggio 2013
Cure miracolose e campagne stampa
Metodo Stamina: le speranze e la realtà
di Ivan Zadra, Laura Pezzè, Federica Costa
Il “metodo Vannoni” è argomento di ampia discussione negli ultimi tempi ed è diventato un caso mediatico grazie
all’intervento tv delle “Iene”, che hanno mandato in onda un servizio strappalacrime sulla piccola Sofia, affetta da
leucodistrofia metacromatica (malattia che colpisce il sistema nervoso centrale e periferico). Ne è scaturita una polemica
contro il ministro della salute Balduzzi e i giudici che non permettono l’accesso alla cura proposta dalla Stamina Foundation a
lei e ad altri bambini italiani affetti da malattie neurodegenerative gravissime. Prima di parlare di cosa sia realmente la cura, è
interessante capire chi sia il prof. Vannoni, di certo laureato, ma in Lettere. Docente di “Psicologia della comunicazione”
all’università di Udine, ha un’attività scientifica che consiste in due pubblicazioni di architettura e altre esperienze simili a
quelle di Stamina in giro per l’Europa. La sua storia parte nel 2004, quando viene colpito da una paresi facciale e per curarla
si reca in Russia dove, tramite una cura con cellule staminali, recupera il 50% del nervo danneggiato. Questo evento lo
convince a importare la terapia in Italia. Nel 2007 la Giunta regionale del Piemonte delibera un finanziamento di 500.000
euro per avviare una clinica, una cifra insufficiente, per cui Vannoni si trova a chiedere prestiti alle banche. Quando poi la
giunta del Piemonte congela il finanziamento, il professore si appoggia a una clinica privata di Torino, dove chiede
direttamente ai pazienti più facoltosi di contribuire finanziariamente al progetto. Sempre nel 2007 viene approvata una
nuova legge sulle staminali per la quale in Italia non è più possibile lavorare con questa nuova metodica di cura, e allora
Vannoni si trasferisce a San Marino, dove conosce il dottor Marino Andolina, medico esperto in trapianti di midollo in casi
pediatrici. Andolina lo convince che il metodo con cellule staminali può tornare in Italia in quanto può essere considerato
trapianto e assieme si appoggiano al Centro Trapianti di Trieste. Proprio qui i NAS bloccano il laboratorio in seguito alla
denuncia di quattro pazienti che non avevano ottenuto miglioramenti con la “cura”. A questo punto il laboratorio si sposta a
Brescia. L’indagine di Trieste porta alla luce molte irregolarità: in uno dei campioni analizzati, pronti per essere utilizzati, si
riscontrano inquinanti in grado di determinare rilevanti effetti biologici come il rigetto cellulare e di conseguenza gravi
infezioni. L’accusa formulata dal pm Guariniello per 12 medici (tra cui anche Andolina) e il prof. Vannoni, è di “associazione
a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di prodotti medicinali imperfetti e pericolosi per la salute
pubblica”. Dopo lo stop recentemente avvenuto anche agli Spedali Civili di Brescia, dove Stamina Foundation opera
nuovamente, entrano in campo alcuni genitori che, vedendo lievi miglioramenti nei loro figli, si sentono deprivati della
speranza come dei diritti, e con virulenza e disperazione partono all’attacco. Ne nasce un caso mediatico, con parte
dell’informazione che fiuta la notizia sconvolgente e si schiera a favore di Stamina Foundation e si cominciano a organizzare
in tutta Italia manifestazioni a favore della “cura”, concluse con la concessione alla piccola Sofia, fatta dal ministro della
salute, di riprendere le cure. Anche Trento è sede di tali manifestazioni: il 29 marzo, di fronte al Palazzo di Giustizia, si
ritrovano numerose persone che manifestano a favore di Stamina. In aula si stava infatti decidendo se fosse possibile
l’accesso alle cure per Desirée, una bambina della Val di Non affetta da atrofia muscolare spinale.
Come funziona
Ma in cosa consiste questa “cura”? Vannoni dichiara che quella delle staminali è la sua passione, passione però che vuole
tenere tutta per sé. Quello che lui e la sua fondazione propongono è una cura a base di cellule staminali mesenchimali
presenti nel midollo osseo che vengono prelevate dall’anca del paziente o della madre attraverso un piccolo intervento
chirurgico, e poi processate in maniera che non è dato conoscere; si sa solo che vengono trattate in modo diverso dagli altri
laboratori autorizzati. In seguito queste cellule endovenosa nella maggior parte dei casi o, più raramente, tramite iniezione
spinale. Stamina non presenta i protocolli di trattamenti cellulare, non ha fatto alcuna pubblicazione su nessuna rivista
scientifica e addirittura la proposta di far controllare le cellule in un centro specifico autorizzato dal Ministero viene ignorata.
Nonostante questo, la cura, o meglio, la passione di Vannoni, secondo Stamina Foundation e alcuni giudici rientra nella
tipologia delle cure compassionevoli, sancite da un decreto ministeriale del 2003. Questo decreto permette di somministrare
a un paziente un farmaco (le cellule staminali rientrano in tale categoria) che potrebbe portare benefici anche se non è ancora
stato approvato, ma è in fase avanzata di sperimentazione. Quindi, se Stamina avesse dei dati sperimentali adeguati,
giustamente questa cura rientrerebbe nella categoria; ma i dati forniti dall’associazione sono del tutto carenti. Ovviamente i
genitori con bambini affetti da disturbi neurodegenerativi gravi hanno a che fare quotidianamente con la realtà di queste
malattie, che colpiscono già a pochi mesi dalla nascita e con prognosi sempre infausta, per cui davanti alla possibilità di cura
si trovano a lottare con le unghie e con i denti. Affidare però bambini a chi utilizza una sostanza della quale non si conosce
bene la composizione è disumano: il paziente diventa la cavia della sua stessa “cura”. Di certo non è accettabile il modo in cui
il metodo di Vannoni è stato dato in pasto all’opinione pubblica. I media, senza nessuna competenza in merito, hanno fatto in
modo che in Italia si facesse strada una “cura mediatica” che scientificamente una cura non è, suscitando false speranze in
molte persone malate.
Il bis del “miracolo” Di Bella
Non è certo la prima volta che i media, portando all’attenzione pubblica casi come questo, inducono la popolazione a creare il
falso mito di un eroe che combatte contro le istituzioni per poter curare le persone da gravi malattie. Si ricorda ad esempio il
caso del metodo Di Bella, che qualche anno fa aveva suscitato grande scalpore nella cittadinanza: si diffondeva infatti la
speranza e l’illusione di poter curare i tumori, non solo senza alcuna prova scientifica della validità della cura, ma anzi con
prove scientifiche di un peggioramento nei pazienti sottoposti alla sperimentazione, come l’insorgenza di effetti collaterali.
Certo è naturale che chiunque, davanti alla possibilità di curare le persone che ama, si appoggi a qualsiasi speranza
difendendola con tutte le forze che ha, ma è importante che chi ha la responsabilità del potere prenda decisioni senza
trascurare l’obiettività. È quindi una scelta migliore accettare le proprie condizioni di vulnerabilità di fronte ad alcune
malattie che la medicina non sa ancora curare, e diffidare di chi propina cure fantasiose e senza alcuna base scientifica.
Cellule staminali mesenchimali
Le cellule staminali sono cellule il cui destino non è ancora stato deciso potendo così diventare (o meglio differenziarsi) in
diversi tipi cellulari. In particolare, le cellule staminali mesenchimali sono cellule staminali adulte multipotenti, cioè in grado
di autorigenerarsi e differenziarsi in alcuni tipi di cellule adulte quali miociti (cellule muscolari), osteociti (cellule dell’osso) e
condrociti (cellule del tessuto cartilagineo). Le staminali mesenchimali differiscono quindi dalle staminali embrionali in
quanto non sono capaci, come queste, di differenziarsi in qualunque tipo cellulare e quindi di divenire una qualunque cellula
dell’organismo, ma possono differenziarsi solo in alcune linee cellulari.
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