1 Spunti di riflessione La teoria del Gender e l

Spunti di riflessione
La teoria del Gender e l’identità della famiglia cristiana
di don Ignazio Schinella
Copia ad uso interno
1. La teoria del genere e la negazione dell’identità sessuata o differenza sessuale 1
All’inizio di questa nuova visione della sessualità umana, vi è «l’affermazione, diventata famosa, di
Simone de Beauvoir: “Donna non si nasce, lo si diventa” (“On ne naît pas femme, on le devient”).
In queste parole è dato il fondamento di ciò che oggi, sotto il lemma “gender”, viene presentato
come nuova filosofia della sessualità. Il sesso, secondo tale filosofia, non è più un dato originario
della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del
quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. La profonda erroneità di
questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente è evidente. L’uomo contesta di
avere una natura precostituita dalla sua corporeità, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria
natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela.
Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere
stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano,
così come Dio l’ha dato. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più
valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen 1,27).
No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina, ma finora è stata la società a
determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della
creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura.
Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto
riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso. Esiste ormai
solo l’uomo in astratto, che poi sceglie per sé autonomamente qualcosa come sua natura. Maschio e
femmina vengono contestati nella loro esigenza creazionale di forme della persona umana che si
integrano a vicenda. Se, però, non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione,
allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione. Ma in tal caso
anche la prole ha perso il luogo che finora le spettava e la particolare dignità che le è propria.
Bernheim mostra come essa, da soggetto giuridico a sé stante, diventi ora necessariamente un
oggetto, a cui si ha diritto e che, come oggetto di un diritto, ci si può procurare. Dove la libertà del
fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò,
infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del
suo essere. Nella lotta per la famiglia è in gioco l’uomo stesso. E si rende evidente che là dove Dio
viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo. Chi difende Dio, difende l’uomo» (Benedetto
XVI, 22 dicembre 2012).
1
A riguardo si può leggere con profitto, A: FUMAGALLI, «Genere e generazione. Rivendicazioni e implicazioni
dell’odierna culktura sessuale», in La Rivista del clero italiano 2014/2.
1
3.1. La distinzione tra “identità sessuata, “identità sessuale”, “identità di genere” e
“orientamento sessuale”
Si sente spesso l’utilizzo di identità omosessuale. Per una corretta interpretazione dell’espressione
e l’individuazione della figura omosessuale, bisogna distinguere tra identità sessuata, identità
sessuale, identità di genere e orientamento sessuale. L’identità sessuata, che è un dato irriducibile,
ancorato nel corpo marca ogni assetto cromosomico delle cellule somatiche (XX, XY), e si
definisce in relazione alla generazione- Maschio è chi nasce da un corpo di sesso differente, mentre
femmina è chi nasce da un corpo dello stesso sesso: la relazione con la generazione non è identico
nel maschio e nella femmina, così come nel sistema di parentela. Essa si riceve e si ha, ma non si
costruisce, alla nascita (si ha qui il significato originario e primario del significato della legge
morale naturale, che significa appunto ciò che si riceve alla nascita, da natus). Essa è determinata,
oltre che dall’assetto cromosomico ormonale e gonadico, dai genitali, termine che deriva da genere
= generare, e dai caratteri sessuali secondari.dal punto di vista del sesso corporeo e si identifica con
il sesso corporeo piscologicamente e socialmente, ma prova attrazione prevalente o esclusiva ve
L’identità sessuale, è la modalità soggettiva con cui viene percepita l’identità sessuata. Per
esempio, il transessuale rifiuta l’identità sessuata, perché, se maschio, è convinto di essere donna in
un corpo di maschio, e chi è femmina, è convinto di essere maschio in un corpo di donna. Per cui
l’identità sessuale non è solo biologica, ma è frutto di un’elaborazione progressiva, in cui giocano
sia gli elementi biologici dell’identità sessuata ma anche quelli educativi, psicologici e sociali. In tal
senso si recupera la dimensione storica e culturale della legge morale natyurale, presente nella parla
nascita che è non solo natus, ma anche naturus. Non solo ciò che è nato e si è ricevuto in dono, ma
anche ciò che nascerà e impegna perciò una promessa e una corresponsabilità. Fino a costituire
l’identità di genere «cioè l’autopercezione di se stessi come maschi o come femmine, e il ruolo di
genere, cioè tutto quello che una persona fa o dice per indicare a se stessa e agli altri la sua
appartenenza a un sesso che, in età matura, include sessualità nel senso erotico».
L’orientamento sessuale, indica l’oggetto sessuale, maschile o femminile, verso cui la
persona è orientata o attratta e si sviluppa dopo della formazione dell’identità sessuata e identità
sessuale, che ha luogo nella prima infanziaPer cui l’omosessualità non è dell’ordine dell’identità sessuata e sessuale e di genere, ma
dell’orientamento. Nell’omosessualità, la persona è strutturata in senso maschile o femminile dal
punto di vista del sesso corporeo e si identifica con il sesso corporeo psicologicamente e
socialmente, ma prova attrazione prevalente o esclusiva verso persone dello stesso sesso.
Nell’omosessualità il corpo non viene vissuto in modo conflittuale: la persona non desidera
cambiare sesso, ma avere rapporti con persone dello stesso sesso. Nella realtà clinica, le frontiere
non sono, però, così ben definite
3.2.Cosa promette dunque la teoria del genere (gender theory)?

La liberazione soggettiva della differenza sessuata e sessuale con l’avanzamento della
proposta di un’altra definizione del genere sessuale, così articolato:
1. Dal punto di vista anagrafico, si può giungere a pensare sulla base degli stati di
intersessualità, ovvero in quelle situazioni che manifestano ambiguità del fenotipo sessuale,
di chiedere che al momento della nascita, invece che segnare maschio o femmina, si
riconosca il diritto di essere dichiarati X in attesa dell’età adulta, quando la persona
2
informata può autonomamente assegnare alla X il contenuto dell’orientamento sessuale e
dell’identità sessuale bella negazione/cancellazione del’identità sessuata inscritta in tute le
cellule somatiche che lo costituiscono. A ben vedere non è che l’esilio, se non la “damnatio
memoriae” del corpo e il trionfo dell’autodeterminazione, dello psicologico e del volontario
che definisce l’uomo in chiave angeica e disincarnata.
2. Dal punto di vista sociologico, l’identità sessuale si deve solo ai ruoli sociali attribuiti agli
uni e agli altri da una cultura: essa è solo il costrutto culturale di una società. Negando così
la realtà del corpo, in cui si dà nativamente e originariamente la persona umana. Noi
nasciamo come esseri umani che si costruiscono culturalmente come maschi e come
femmine. Se la mascolinità e la femminilità sono un costrutto sociale, esse possono essere
de/costuite e ricostruite non solo una volta ma tante volte secondo le stagioni della vita, della
cultura e della psiche. In una fluttuazione storica perpetua. A ben vedere, una tale visione
dell’uomo che vorrebbe essere storica ed esistenzialista in realtà non è che una concezione
idealista, per la quale l’io «non è né maschio, né femmina, né greco né barbaro, né giudeo né
gentile, né schiavo né libero. Non soffre né muore» 2. Ma noi sì, e nasciamo nella storia
come maschi e femmine, con i limiti dell’uno e dell’altro, e moriamo 3. È cosa che non fa
pensare che la “coppia omosessuale” mentre rifiuta e nega la differenza sessuale a nome
dell’orientamento lo ricrea nel gioco di coppia perché uno simila il ruolo di donna e l’altro
di maschio? Così facendo,essi dicono che la differenza sessuata e sessule sono costrutti
ontologici della persona3. Dal punto di vista psicologico, la filosofia del gender sostiene che ognuno costruisce la
propria identità sessuale potendoli cambiare nel percorso della parabola esistenziale secondo
la fluttuazione delle proprie tendenze. Non per nulla, gli omosessuali fanno parte dei
militanti LGBT (=Lesbische Gay Bisessuali Transessuali). Si deve riconoscere la plasticità
della sessualità umana dovuta alla sua bisessualità iniziale che la società costringe a
rimuovere. Se lo stato o lo stadio della sessualità umana passa per una fase di bisessuaòlità
psichica, ciò permette al bambino di potersi identificare psicologicamente all’altro sesso,
ma ciò non significa che è soggetto di due sessi, quasi un ermafrodita, e che lo stato iniziale
sia anche quello finale della sessualità umana. Si fa volutamente confusione tra l’identità –
uomo o donna che si riceve e si organizza nel gioco dialettico dell’identità corporea e
dell’identità sessuale con l’apporto dell’educazione e della cultura – e l’orientamento che si
elabora nello sviluppo affettivo del bambino e dell’adolescente- Nelle migliori delle ipotesi,
l’orientamento si articola sull’identità sessuata e sessuale. Ma quando ciò non avviene,
l’orientamento rivela un conflitto e una disfunzione psichica.
4. Dal punto di vista politico, la queer theory afferma che anche «ciò che si chiama sesso è
una costruzione culturale allo stesso titolo del genere». Viene così affermata una
correlazione tra la valorizzazione del sesso come differenza e quella del modello
eterosessuale, costruito per legittimare i rapporti di violenza e di dominazione de maschio
sulla donna. Per cui si impone il principio di autonomia e di autodeterminazione sessuale per
favorire la liberaizone di coloro che subiscono delle tutele abusive. E più radicalmente,
l’eliminazione e negazione della differenza che fonda tale violenza- A parte che non si
considerano i raporti di dominio che vengono as configurarsi con la sostituzione del modello
matrimoniale eterosessuale con la sostituzione di quello omosessuale,«la problematica è
allora capovolta:invece di ricevere la differenza sessuale del corpo per domandarsi
successivamente come tradurla nell’universo della cultura e della vita politica, si parte dal
politico per affermare una pretesa egemonia del gruppo detto “eterossuale”, che accorda alla
differenza sessuale un valore che, a sua volta, influenza la loro lettura del biologico. Ma tale
interpretazione da parte del politico, non presta attenzione che ai discorsi e alle
2
3
B. LONERGAN, Sull’educazione, 127.
Cf anche per una chiarificazione essenziale, O. BOLUNOIS, «Ontologia e ordine simbolico», in Communio 206, 40-53.
3
rappresentazioni, mentre ciò che è primario è il sensibile, il sentire e l’umile vissuto
corporeo» (LACROIX, 113).
5. Si confonde qui il piano intrapsichico e quello sociale del desiderio: a considerare solo il
registro individuale senza considerare la dimensione sociale e la simbolica sociale
dell’organizzazione della differenza sessuale, si giunge a dare diritto di onnipotenza a
qualsiasi desiderio e forma di desiderio quando dovrebbe essere criticato. Avviene un
processo di diluizione del campo psichico in quello sociale, quando siamo di fronte a due
logiche ben differenti. Con una perversa logica della sociologia e del diritto a volere
giustificare mode attuali e creare nuove norme per riconoscere il diritto a situazioni parziali
e individuali. Come scrive Tony Anatrella, «la vision qu’une société se fait de la sexualité
entraîne une conception politique des relations humaines qui s’articule soit sur l’éclatement
pulsionel, soit sur la recherche de l’articulation autour d’une réalité identitaire qui favorise le
lien sociale dans l’intérêt général. Bien entendu chaque individu reste confronté à ce que
qu’il doit « choisir » de vivre par rapport à ses intérêts psychiques. Mais le registre social et
la responsabilité de la société sont tout autre, la question est de savoir à partir de quel type
de relation la société se construit, s’inscrit dans le temps, transmet et peut s’élever à une
dimension universelle» 4.
6. Sul piano politico, a difesa della gender theory e a protezione specifica dell’omosessualità
si impone la censura delle idee, frutto dell’intolleranza del liberalismo culturale, con la
categoria mediatica dell’omofobia, cui si associa quello di uguaglianza dei cittadini dinanzi
alla legge, per cui si avanza non da tutti ma da una certa schiera di persone omosessuali il
diritto al matrimonio, alla procreazione in vitro e all’adozione. «Se tutti siamo eguali, non
tutti siamo coinvolti nelle stesse condizioni per beneficiare di questa uguaglianza». Come la
evoca E. Lévinas: «L’espace inter-subjective n’est pas symmetrique», assicurando il rispetto
di un’alterità come «relation non reciproque», perché «autrui en tantqu’autrui, n’est pas
seulement un alter ego; il est ce quemoi ne suis pas»5. Si ha così la concezione
dell’uguaglianza come un’equivalenza tra termini astratti, disarticolati da ogni singolarità,
da ogni identità concreta. Viene così falsata il senso dell’uguaglianza. «Così, due persone
dello stesso sesso sono incapaci di rappresentare il senso dell’alterità sessuale, della
parentela e della successione delle generazioni. Il bambino non può differenziarsi
soggettivamente che attraverso la differenza sessuale incarnata in suo padre e in sua madre.
La negazione del corpo, della penetrazione sessuale e della volontà di “possedere” un
bambino sono sufficienti per essere parente al singolare 3e senza sesso. La questione è di
sapere in quale struttura relazionale va a essere coinvolto e svilupparsi il bambino piuttosto
che di sapere se sarà protetto affettivamente».
3.3.Sul piano sociologico e giuridico:
1. la coniugalità viene opposta alla parentela. L’indissolubilità del legame coniugale è
sostituito dalla indissolubilità della parentela. Si sostiene che se i partner di una coppia si
separano, essi, però, non divorziano dai loro figli. Tale visione semplicistica bypassa le
conseguenze che pesano sull’unificazione psichica del figlio che la costruisce
normalmente attraverso e nell’interazione con l’unità della coppia dei genitori. La
frattura fra i genitori è vissuta come una ferita che li destabilizza e li fa soffrire. Quando i
genitori divorzia, divorziano dai loro figli. La moltiplicazione dei divorzi, nella volontà
di cancellare una relazione piuttosto che affrontare e trattare problemi che si presentano
in una storia di coppia, è un fatto quasi suicidario, anche dal punto di vista sociale: che
ne è di una società dove i suoi cittadino non si impegnano affettivamente e
4
5
T. ANATRELLA, «Le conflit des modèlessexuels contemporains», in Le Supplement (décembre 2000) 29-74, qui 30.
E.LEVINAS, Le temps et l’autre,PUF, Paris 19852, 75.
4
definitivamente facendo fede alla parola data al partner e ai figli e non si legano
giuridicamente ad essa?
2. La manipolazione del linguaggio, rappresenta e maschera la realtà più che carpire
la Presenza e il vissuto reale delle famiglie: si parla di demariage per indicare la
libertà di scegliere per reciproco consenso o per alterazione del legame coniugale
invece di parlare ed evocare una frattura; si parla euforicamente di famiglia
ricomposta o allargata quando non si ricompone nulla ma si crea un nuovo ménage
dopo la decomposizione della coppia e tutto ciò malmena i figli e il resto della
famiglia. Il divorzio banalizza il matrimonio ridotto a contratto, favorisce l’adulterio
e di fatto la poligamia. Il legislatore tratta i sintomi e accentua i problemi di fondo e
il disimpegno dei cittadini.
3. Ci si è inventato il termine parentalità che sostituisce quello di parentela. La
parentalità o omoparentalità designa tutti gli adulti che possono giocare un ruolo
di educatori nei riguardi del figlio al momento delle combinazioni e delle rotture
affettive quando si cambia partner. Con una sopravvalutazione dell’elemento
affettivo su ogni altra struttura oggettiva di sviluppo del bambino sull’assioma che
chi è importante è chi ti ama e non chi ti genera e indipendentemente dai ruoli
maschili e femminili. Si può ipotizzare così che un bimbo possa avere un genitore
che lo genera, uno che lo dichiara all’anagrafe, uno che lo cresce psicologicamente
mentre la madre vive con un altro compagno, che diviene il padre.
«L’omoparentalità – come del resto abbiamo visto sopra nel ricorso alla
fecondazione in vitro – fa esplodere una parentela fondata sul legame di sangue. La
rivoluzione voluta è che la parentela e la filiazione legle connessa, sia affidata a
coloro che si impegnano ad esercitare i ruoli di parenti». Si opera la dissociazione tra
ciò che viene designato quasi in maniera sprezzante come biologico e la dimensione
sociale della parentela che costituisce il nucleo centrale della parentela omosessuale.
Inoltre, per soddisfare e dare cittadinanza a delle situazioni eccezionali e
problematiche degli adulti, ci si vorrebbe convincere che si può moltiplicare a
piacimento le differenti forme di parentela in nome della pluriparentalità e
dell’omoparentalità. Questa militanza narcisistica bypassa i diritti dei figli e dei
bambini per cedere al diritto dei desideri deliranti degli adulti che non si sanno
accettare. Il bambino è ridotto a una funzione di protesi.
4. Quanto alla richiesta dell’adozione, fondata sul principio di eguaglianza, va ancora
detto che la coppia omosessuale non si trova nelle stesse condizioni della coppia
eterosessuale. Questa infatti non costituisce una rottura di mod del futro della vita e
della convivenza, quella dei figli,ello con la coppia generatrice formata da un
maschio e una donna, ma una continuità Già il bambino deve elaborare il distacco
dalla coppia genitoriale, tanto più problematico diviene la rielaborazione se deve
anche rielaborare questo secondo salto di identificazione con due padri o due madri.
Se esiste una parentela per adozione, questa non può essere compresa come un
progetto e voluta per sé, ma secondo il modello generazionale del bambino.
Thévenot, può affermare: «Se poi la coppia omosessuale dovesse adottare un
bambino, questi non potrà almeno nei primissimi anni di esistenza, cogliere
attraverso la serie dei gesti più comuni la differenza dei sessi tra madre e padre. Ora,
gli studiosi di scienze umane sottolineano l’estrema importanza, per l’equilibrio del
futuro adulto, delle sue relazioni precoci con i suoi genitori, cioè dei differenti
legami corporali (odori e suoni, voci e sguardi, ecc.) che si intessono con l’ambiente
più prossimo. E sappiamo come questi legami siano fortemente caratterizzati dalla
sessualità: le sensazioni che il lattante e il bambino provano con la madre sono
diverse da quelle sperimentate con la figura maschile del padre(e reciprocamente).
5
Uno psicanalista mi diceva di avere osservato, nel reparto di maternità in cui
esercitava, che le madri davano il seno ai figli maschi più a lungo che non alle
femmine» (p. 49).
3.4.Nodi teoretici
a) Il principio di autodeterminazione – rimozione della nascita
b) Il concetto di persona: l’identificazione con la coscienza
c) L’esilio del corpo. Come ben si esprime Thévenot, «attribuire uno statuto di parità tra
matrimonio omosessuale e unione omosessuale, equivarrebbe a far credere che la sessualità
svolge un ruolo del tutto secondario nella costruzione della persona e della società, Sarebbe
un invito a ritenere che il corpo abbia ben poca importanza, visto che – come talvolta si
afferma – il corpo di un uomo può tranquillamente sostituire quello di una donna e
viceversa)». Basti leggere a riguardo un autore con orientamento omosessuale che scriveva
con onestà intellettuale: «Uomo davanti a un uomo, mi trovo di fronte a un’entità opaca,
indomabile, quasi inavvicinabile. La mia conformazione agli attributi apparentati ai suoi mi
condanna a un confronto anche insolubile che riprende la mia immagine in uno specchio. La
simmetria delle nostre morfologie ci rinvia ciascuno a se stesso. Noi non manchiamo l’uno
in rapporto all’altro di qualcosa che l’altro potrebbe colmare. La nostra similitudine equivale
a una parete di vetro» (Drevet, 93).
d) Natura-cultura
3.5. Sguardo sintetico
Possiamo dire che siamo venuti alla conclusione che la nascita debba radicarsi nel
concepimento frutto dell’alleanza e dell’unione sessuale tra due corpi maschile e femminile.
Abbiamo rifiutato così ogni dualismo e ogni processo di dissociazione (tra il biologico e il sociale,
tra corpo e cultura, tra il corporeo e il simbolico).Soprattutto è rifiutare la supremazia della tecnica e
dello spirito tecnico a cui si vorrebbe delegare il dono della vita in un passaggio dalle persone
sessuate alla fabbrica della macchina impersonale. Così abbiamo sostenuto l’importanza del corpo,
lo statuto insostituibile della differenza sessuale, la vita come dono e mistero. Riportando la
problematica nel suo giusto alveo della centralità dei figli e dei bambini e non dell’adulto. Così
come viene proposto, il problema è tutto a beneficio degli adulti e dei loro desideri e delle loro
problematiche, perciò è appiattito sul presente e sul passato, mentre esso va aperto verso il futuro,
nella considerazione privilegiata e prioritaria del futuro della vita e della convivenza umana.
4. La forma sacramentale del matrimonio: il corpo ritrovato
Nell’antropologia cristiana il corpo è l’uomo ed esprime la natura della persona umana,
chiamata a realizzarsi come realtà unificata. Per dirla con Donum vitae, Introd. 3, «Questa natura è
insieme corporea e spirituale, In ragione della sua unione sostanziale con un’anima spirituale, il
corpo umano non più essere considerato come un insieme di tessuti, di organi e di funzioni; non può
essere valutato del corpo degli animali, ma è parte costituiva della persona che si manifesta e si
esprime atraverso di esso». Così «nel corpo e attraverso il corpo si tocca la persona umana nella sua
realtà concreta» (Giovanni Paolo II). Ancorata a Genesi 1,27 incorporata da Gesù nella sua visione
originaria e originale dell’antropologia biblica e tradizionale della Chiesa, l’antropologia e la
teologia del corpo è declinata al maschile e al femminile, su cui si fonda «la visione pienamente
cristiana del matrimonio e della famiglia» (Giovanni Paolo II, 106). L’antropologia morale di
Gaudium et spes pone l’uomo sessuato come misura dell’etica e del matrimonio. E l’apporto
6
originale del cristianesimo sul matrimonio è appunto l’unità della parola e della carne. Cosicché la
consumazione carnale fa parte della definizione del sacramento e gli conferisce la pienezza dei suoi
effetti, accordando al corpo e all’unione carnale un posto più importante di quello che viene
attribuito dalle legislazioni civili, che sembrano invece accordare tutto alla volontà. Infatti, «il
matrimonio costituisce un sacramento vero e valido unicamente e formalmente in virtù del
consenso, ma, finché non è consumato, resta dissolubile» (Mathon, 209). Se ciò può dare adito a
cavilli giuridici, una sua lettura profonda ne decodifica la pregnanza umana e cristiana: l’intuizione
che la correlazione tra la parola e l’unione, del verbo e della carne crei il più forte dei legame è
geniale, e non stupisce che essa sia il frutto della fede nell’Incarnazione del Verbo. Per questo nel
rituale usato ad Avignone del XV sec. Il consenso si esprimeva con la formula: «Ego do corpus
meum – accipio». Non senza una reminiscenza eucaristica.
La visione cristiana della sessualità, legata a una visione integrale dell’uomo, lega
indissociabilmente la capacità procreativa dell’incontro sessuale all’interno della comunione delle
persone (maschio e femmina) propria del matrimonio etero-sessuale. Si dissocia così dalla mentalità
individualistica, contraccettiva e abortiva della modernità, che dissocia la procreazione dal piacere.
L’unica dimensione che attualmente viene valorizzata nella sessualità umana è il piacere,
soprattutto un piacere senza alterità, come già evidenziato sopra. Se il piacere è un’evidenza
intrinseca alla sessualità, la procreazione è parimente una sua struttura umana ed etica. Il significato
procreativo è ontologicamente legato all’incontro sessuale, che fonde in unità un uomo e una donna
che si amano. Lo è dal punto di vista anatomo-fisiologico, ma anche da quello psicologico: l’amore
umano ha bisogno strutturalmente di aprirsi a un terzo, di proiettarsi in questa oggettività, che
infrange il cerchio chiuso della relazione intersoggettiva; i due, quando si amano davvero, non
possono non desiderare di «restare uno accanto all’altro per sempre in una vita, che porterà i loro
tratti somatici, la loro biologia, il loro stile, il loro nome». L’amore coniugale si espande
strutturalmente in amore paterno e materno, e non può restringersi e modularsi in una struttura
diadica, tra madre e figlio o tra padre e figlio, quale vorrebbe essere una relazione monoparentale di
un omosessuale con un figlio nato da altri. In tale evenienza, secondo l’ideologia femminista e
omosessuale, la coppia e la famiglia dovrebbero essere rappresentati solamente dalla donna o da
partner dello stesso sesso, rivendicando per sé il diritto al figlio. Questo non dovrebbe essere più
voluto in una storia relazionale, desiderato e accettato per se stesso, ma come colui che viene a
rassicurare, riconoscere e legittimare l’individuo genitore o l’adulto che si assume per parente. In
questo contesto, in cui il figlio valorizza l’adulto, è stato elaborato il progetto parentale, ovvero un
progetto di vita sul figlio, una visione meramente soggettiva e narcistica del figlio voluto nella
misura in cui corrisponde alla realizzazione di un progetto per i suoi genitori. Ma un figlio
desiderato secondo questa modalità, più che essere accolto come un essere oggettivo e distinto da
un padre e da una madre, rischia di essere un figlio narcisistico e autosufficiente. Si crea così la
violenza giovanile contro di sé e contro gli altri.
[In tutte le culture, però, come rilevano le diverse ricerche socio-antropologiche, il sesso
appare come una «strada di potenza», di «affermazione sociale», di «fondazione del gruppo».
Soprattutto con Lévy-Strauss, si può dire che attraverso la regolamentazione della sessualità si mira
ad «annodare i fili» delle generazioni in un tessuto comunitario più vasto, ad «assicurare alla
manifestazione sessuale il senso profondo, che le viene in tal modo riconosciuto, di funzione
originaria del farsi della società. Intuizione comune, che riceve un sigillo teologico altissimo nella
parola della Genesi (Gen 2,24)»6.
È tale questo movimento dall’isolamento (dalla persona) alla società o comunità (la
compenetrazione nell’altro con il risultato di un lavoro ominizzato come il figlio), che lo star
insieme che si dà plasticamente nell’atto amoroso aperto ontologicamente alla vita e perciò alla
storia diviene il soggetto di un ulteriore passaggio dalla comunità alla sfera cosmica.
6
Ivi.
7
La corporeità ritrova qui la sua unità di destino e la sua vocazione di socializzazione e
umanizzazione della natura, che attende proprio la riscoperta totale della sessualità da parte
dell’uomo per partecipare alla stessa solidarietà umana, che a sua volta, proprio nella sessualità,
rivela il volto del dinamismo cosmico.
La fecondità è insieme esperienza della finitudine e della trascendenza. Costituisce infatti la
presa di coscienza del proprio limite: la procreazione, per darsi, necessita del corpo dell’altro, ossia
dell’altra parte dell’umanità, rompe così la volontà di onnipotenza e di autosufficienza; dona vita
alla libertà del figlio, che non corrisponde mai alle attese dei genitori e che, in fondo, sfugge per
sempre a loro. Vi è anche però insito il sentimento della trascendenza, perché la vita che nasce va
oltre di loro, oltre i limiti del loro potere, e perciò viene da altrove e da lontano. Questa esperienza
duale può condurre alla ossessività del figlio, impedimento alla crescita della sua libertà. Può, però,
condurre la coppia a riconoscere, umilmente e in spirito di gratitudine, in un movimento tipicamente
eucaristico di rendimento di lode, la Paternità di «Colui da cui ogni paternità in cielo e in terra
deriva il suo nome» (Ef 3, 15).]
La coniugalità, cristianamente intesa, è nella sua stessa essenza comunione di
persone aperte al dono della vita: dare origine ad una nuova vita umana deve accadere solo
all’interno della comunione delle persone (maschio e femmina) e unicamente attraverso
quell’unione nei quali i due coniugi diventano una sola carne, come espressione eminente della
comunione delle persone. Bisogna dunque rifiutare la concezione che pone un rapporto estrinseco o
solo di fatto tra coniugalità e dono della vita o quella che configura la coniugalità come mezzo per la
procreazione.
Si comprende perché il legislatore, nel codice vigente, ha sentito il bisogno di specificare
che le due parti sono vir et mulier: «Il consenso matrimoniale è un atto della volontà con il quale un
uomo e una donna si danno e si ricevono reciprocamente per costituire il matrimonio» (CIC can
1057, § 2). Il can. 1081, § 2 del Codice del ’17 prescriveva: «Il consenso matrimoniale è un atto
della volontà con il quale le parti danno e ricevono il diritto sul corpo, perpetuo ed esclusivo, in
ordine agli atti di per sé atti alla generazione della prole».
5. Conclusione
Facciamo nostre le conclusioni del rabbino Gilles Bernheim al termine del suo
libro Matrimonio omosessuale: ciò che spesso si dimentica di dire. Gilles Bernheim gran rabbino di Francia, in
Il Regno/documenti, n. 1 del 2013, pp. 55. o il libro
Quello che spesso si dimentica di dire. Matrimonio omosessuale,
omogenitorialità, adozione, Ed. Belforte Salomone, 2013.
: «Io sono tra coloro che pensano che l’essere umano non si costituisce senza struttura; che
l’affermazione della libertà non implichi la negazione dei limiti; che l’affermazione
dell’uguaglianza non comporti il livellamento delle differenze; che la potenza della tecnica e
dell’immaginazione esiga di non dimenticare mai che l’essere è dono, che la vita ci precede
sempre e ha le sue leggi.
Ho voglia di una società in cui la modernità occupi tutto il suo posto, senza che però vengano
negati i principi elementari dell’ecologia umana e familiare.
Una società in cui la diversità dei modi di essere, di vivere e di desiderare sia accettata come
una possibilità, venga che tale diversità venga così diluita riducendola a un denominatore
più piccolo, che cancelli ogni differenziazione.
Di una società in cui, nonostante i progressi del virtuale e dell’intelligenza critica, le parole più
semplici – padre, madre, coniugi, genitori – conservino il loro significato, allo stesso tempo
simbolico e incarnato.
Di una società in cui i bambini siano accolti e occupino il loro posto, tutto il loro posto, senza
però diventare oggetto di possesso a ogni costo o posta in gioco del potere.
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Ho voglia di una società in cui ciò che accade di straordinario nell’incontro tras un uomo e una
donna continui a essere istituito, con nome preciso» (Gilles Bernheim, 56-57).
9. Appendice: La posizione cattolica, valida anche per il politico cattolico, è un fermo no al
matrimonio gay e all’adozione da parte delle coppie omosessuali, ma resta il problema di
dare agli omosessuali e alle convivenze omosessuali qualche forma di regolamentazione,
trattandosi di un fenomeno sociale che non è bene lasciare allo stato selvaggio (cf. Civiltà
Cattolica 2001 IV 57-61; Aggiornamenti sociali Giugno 2008)-
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