Prodotti naturali: • Prodotti naturali, derivanti dal metabolismo di un organismo vivente • Organismi diversi producono prodotti naturali diversi • Lo stesso organismo vivente in condizioni sperimentali diverse produce prodotti naturali diversi I prodotti naturali sono importanti per applicazioni mediche, farmaceutiche, scientifiche (ricerca di base), industriali in generale (biotecnologie industriali). Sono noti come terapeuticamente attivi (medicina tradizionale da piante o estratti animali). Storicamente essenziali in alcuni settori terapeutici (antiinfettivi, antitumorali). Le reazioni chimiche legate al metabolismo di un organismo producono energia necessaria al sostentamento dell’organismo stesso. Sottoprodotti di queste reazioni sono intermedi e composti finali (nucleobasi, cofattori, etc.) poi reperiti all’interno dell’organismo. Ogni organismo deve sintetizzare i “building blocks” necessari per l’elaborazione delle macromolecole che poi costituiranno l’organismo stesso (proteine, nucleotidi, glicolipidi, etc.). Altri scopi: protezione e difesa, riproduzione, attacco, mimetizzazione, etc. In una parola: legati a vantaggi per l’organismo producente. Le reazioni metaboliche sono in gran parte catalizzate da enzimi: specificità, compatibilità con ambienti biologici, accesso a strutture polifunzionali complesse. Mentre l’insieme dei prodotti naturali è vario e complesso, le reazioni catalizzate che li producono appartengono a poche classi (ripetitività, risparmio). Biosintesi di prodotti naturali: 1. actinorodina: estratta da Streptomyces coelicolor usata da questo batterio per la soppressione e la competizione di altri organismi 2. eritromicina 3. penicillina: estratta da Penicillum notatum usata da questo batterio per la soppressione e la competizione di altri organismi 4. asperlicina: estratta da Aspergillus alliaceus (fungo) 5. lovastatina: estratta da Aspergillus terreus (fungo) 6. taxolo: estratto da Taxus brevifolia (pianta) ed è un antitumorale con tossicità per animali a piccole dosi 7. artemisinina : estratta da Artemisia annua (pianta) ed è un antitumorale Fonti di prodotti naturali: Organismi superiori: Organismi procarioti (monocellulari) Organismi eucarioti inferiori (lieviti, funghi, etc.) Organismi superiori: Piante Animali Storia della penicillina: Scoperta da SIR ALEXANDER FLEMING (1881- 1955). Nel 1906 lavorò al Saint Mary Hospital, London, Inoculation Department e venne promosso ViceDirettore a partire dal 1921. Tra il 1915-18 è medico di guerra: antisettici, sulfammidici. Nel 1922: scopre il lisozima, antibatterico debole sui patogeni. Il 3 Settembre 1928 rientra in laboratorio dopo le ferie e trova centinaia di dischi di Petri usati. Trova un disco contenente stafilococci contaminato da muffe, che provocano la morte dei patogeni creando un alone di inibizione. Nel 1929 identifica il Penicillum notatum come produttore di penicillina. Il 7 Marzo 1929 c'è la pubblicazione della Penicillina come antibatterico ma ha poca risonanza scientifica. Tra il 1930-40 Fleming fa test animali e clinici che però non sono conclusivi, anche per difficoltà nella produzione, produzione e stabilità della penicillina. Nel 1930 fa varie conferenze in UK ed Europa. Nel 1939 Fleming, senza supporto chimico, decide di abbandonare il lavoro sulla penicillina. Tra il 1939-40 Howard Florey – capo australiano, farmacologo; Ernst Chain – esperto biochimico tedesco; Norman Heathley – giovane biologo brillante, lavorano con altri sulla penicillina. Ottengono la penicillina pura, in quantità adeguate da usare per limitate sperimentazioni animali e ne provano l’efficacia contro infezioni e setticemie. Le infezioni sono la causa di morte principale fra militari e civili: ferite infette, complicanze conseguenti. Nel 1941 c'è la convinzione in UK e fra gli alleati che la penicillina possa funzionare ma c’è la mancanza di supply adeguato e di processi di ottenimento. Nel 1942 c'è la messa a punto di metodi di produzione industriale in US – Heathley partecipa e contribuisce per Oxford. Nel giugno 1942: sufficiente – da Merck & Co. per trattare con successo 10 pazienti. Nel 1944 ci sono 2.3 milioni di dosi disponibili per lo sbarco in Normandia. Storia della lovastatina: Organismi procarioti possono produrre inibitori della biosintesi di mevalonato, che serve a molti competitors per mantenere la parete cellulare (ergosterolo) o il citoscheletro (isoprenoidi). Si cercano in produttori naturali inibitori della biosintesi del mevalonate pathway. Si scopre nel 1971 dal fungo Penicillum citrinum. C'è l'identificazione di HMG-CoA (3-idrossi-3- metilglutaril coenzima A) riduttasi come bersaglio molecolare, che catalizza la conversione di HMG-CoA in mevalonato. Storia dell'artemisina: Esiste un riferimento del 200 a.C. all’Artemisia annua nelle “52 ricette” estratte dalla tomba della dinastia Mawangwui Han. La malaria era catalogata come malattia della pelle. Intorno al 400 d.C. è riportata l’azione antimalarica degli estratti della pianta da Ge Hong – Zhouhou Beji Fang – e sono ricette per le emergenze. Gli organismi superiori sono: _ facili da “coltivare” e crescere _ gran quantità di prodotto disponibili: fermentazioni/produzione su grande scala _ enorme biodiversità: microorganismi, muffe, funghi e lieviti, etc. _ enorme diversità chimica prodotta _ campi privilegiati: antibatterici, antitumorali _ molto meno adatti per l’estrazione ed isolamento del prodotto naturale desiderato, soprattutto in larga scala _ vegetali _ animali _ molto spesso sono fonti per l’identificazione di nuovi principi attivi e sono da preparare su larga scala in modo alternativo Vegetali: • cuore della medicina tradizionale : succo, fiori, frutti, radici, foglie, decotti, infusioni, etc. • grande bio- e chemodiversità prodotta • poca possibilità di lavorare HT • vantaggi comptetitivi: NPs capaci di allontanare insetti od altri animali che se ne cibino Animali: 1. African clawed frog: secerne magainine (peptidi 20-30meri antibatterici) 2. Epipedobates tricolor: secerne epibatidina (analgesico) 3. Brazilian Viper Bothrops jararaca: Nonapeptide Teprotide Organismi marini: ecosistema alieno Mono- e pluricellulari (microorganismi, coralli, spugne, pesci, etc.) Grande bio- e chemiodiversità complementare a quella terrestre Possibilità di stabilire biofarms acquatiche per la produzione di marine Nps Scoperta di un farmaco: identificazione di un target, validazione di un target, scoperta di un principio attivo, ottimizzazione strutturale - - aggiunta di “valore” al target precedentemente validato: scoperta di una o più molecole che interagiscono col target in maniera positiva per risolvere la patologia a cui il target è legato (inibizione, attivazione, modulazione, etc.) connessione forte fra diversità chimica e biologia Scoperta di un farmaco in drug discovery: Prima si faceva la diversità chimica centinaia (sequenziale), poi screening biologico (sequenziale), determinazione di struttura (immediata, SAR). Ora diversità chimica (100-500K), screening biologico (1-2 settimane), determinazione di struttura (immediata). Scoperta di un principio attivo: oligomeri naturali Peptidi, nucleotidi (milioni e attraverso sintesi biotecnologica), screening biologico (1-2 settimane), determinazione di struttura (isolamento, purificazione). Molecular diversity: • macromolecole naturali (peptides, nucleotides, sugars) • diversity is limited because the backbone is always the same • small organic molecules: • high degree of diversity via different chemistries applied on different scaffolds/building blocks CHEMICAL SPACE: smaller, diverse library CHEMICAL SPACE: larger, non-diverse library Screening di librerie oligomeriche: Pro: librerie molto numerose (milioni), poco costose, semplice Contro: falsi positivi e negativi (deconvoluzione), poca diversità chimica Prodotti naturali: I prodotti naturali sono prodotti diversi che derivano da cascate metaboliche e sono usati nel settore farmaceutico e industriale. E’ più facile estrarre i prodotti naturali da organismi inferiori perché farlo da organismi superiori è più difficile, legato ad osservazioni macroscopiche di effetti positivi o negativi esercitati da un organismo su un altro con esso interagente. Prodotti: 1) 2) 3) 4) 5) identificazione del bersaglio validazione della connessione identificazione dei composti attivi capaci di modificare il prodotto ottimizzazione della struttura attiva valutazione pre-clinica: il composto non deve essere tossico, essere biodisponibile all’interno dell’organismo (es. deve sì essere solubile in H2O ma non troppo) e molto stabile (alcuni sono fortemente alchilanti e vengono modificati all’interno dell’organismo) 6) mercato Scoperta di un principio attivo: - target validato saggio di attività per capire se interferiamo con il target principio attivo sul target Si estraggono i campioni, si purificano quelli attivi e si usano tecniche analitiche per determinare la struttura delle molecole. I prodotti naturali sono difficili da isolare e purificare e spesso c’è l’effetto deja-vu cioè si ritrova qualcosa di già scoperto, servono particolari capacità degli operatori e se le fonti di prodotti naturali sono disponibili da nuovi organismi produttori si ha accesso a prodotti naturali nuovi. Fasi: 1) identificazione di uno o più organismi produttori del composto di interesse e saggio biologici che identifica l’attività dell’estratto 2) scindere l’estratto in x componenti e trovare le molecole attive 3) dereplicazione: capire con metodi rapidi se è una molecola nota per concentrarsi su quelle nuove 4) determinazione della struttura del nuovo prodotto naturale Fase 1: Identificazione dell’attività biologica all’interno di un estratto crudo o grezzo. E’ più facile farlo negli organismi monocellulari inferiori (es. penicillina) perché è legato alla crescita dell’organismo che provoca il fenomeno desiderato attraverso il rilascio del principio attivo nell’ambiente circostante. Produzione biotecnologica attraverso DNA ricombinante. Es. si estrae il principio attivo da E.coli ed è difficile negli organismi superiori perché ogni compartimento deve essere analizzato separatamente ed è un problema sia dal punto di vista etico che tecnologico. Es. tasso: bacche tossiche per animali scoperte antitumorali Es. rana: i predatori mostrano alterazioni del sistema nervoso e muoiono Bioassay: Saggio diverso in base al prodotto di interesse e si divide in: saggio cellulare che si fa all’interno di una cellula vivente e se interagisce con il saggio provoca un effetto visibile e il saggio cell-free in cui si sottopongono gli estratti a recettore, target e enzima. Se la risposta è positiva c’è interazione con il saggio altrimenti non c’è nessuna interazione. Serve un ht per screenare più saggi possibili. Nei saggi in vitro il target è isolato. I vantaggi sono che sono rapidi perché basta mettere la proteina in condizioni di interagire con il target e abbiamo un risultato, sono meno costosi, sono facili da automatizzare, alto high troughput mentre gli svantaggi sono che non sono troppo predittivi (prodotto naturale biodisponibile? tossico? stabile in un ambiente fisiologicamente rilevante?). I saggi cellulari avvengono all’interno di un organismo e hanno diversi vantaggi: sono più predittivi e hanno un troughput medio-alto mentre lo svantaggio è che non si può analizzare ciò che riguarda il metabolismo e sono meno semplici da mettere a punto. I saggi nell’organismo hanno come vantaggio il fatto di essere molto più predittivi mentre gli svantaggi sono che sono difficili da mettere a punto, quasi impossibile da automatizzare e gli organismi sono costosi. Un saggio rilevante deve essere basato solo sulla funzione del target che voglio inibire e non su altro e l’interazione deve essere affidabile. Un saggio riproducibile non deve essere influenzato da variazioni ambientali e non ci devono essere né falsi positivi né falsi negativi. Il saggio deve essere miniaturizzato per non sprecare estratti e spazio ed è importante la concentrazione dell’inibitore e ora si possono fare saggi in parallelo usando anche saggi robotizzati. I saggi di bioattività sono da usare ogni volta che modifichiamo l’estratto o lo purifichiamo. I metodi usati sono solventi polari, a polari, si gioca con il pH e si frazionano diversi estratti e si fa una bioattività per vedere dove è andata. Il risultato è un’iniziale sgrezzamento dell’estratto grezzo. La frazione impura è trattata usando tecniche cromatografiche Saggi usati: 1) isolati target oncologici 2) sistemi che usano cellule staminali da inibire 3) saggi xenografici: tumori impiantati in topi fatti sotto-carne per eliminare il rigetto Fase 2: - estrazione dell’attività dall’organismo o dalla parte che lo contiene con solventi polari o apolari, raccolta delle frazioni e concentrazione dei solventi in base all’attività dell’estratto si deve rifare il saggio biologico per vedere quale mantiene l’attività per riprodurre la complessità dell’estratto ripetere il saggio su tutte le frazioni generate e dovrei vedere un’attività sempre più forte (ho frazioni pure) usare tecniche cromatografiche: si separano i diversi componenti di una miscela saggio biochimico di ognuna di queste frazioni isolare le proteine (possono avere pochi contaminanti) Separazioni: 1) 2) 3) 4) HPLC cromatografia su colonna LC-MS: dà il peso molecolare gel filtration ed elettroforesi In base alle caratteristiche si usa un metodo diverso. Quindi si fa l’estratto, si fanno le frazioni, si vedono quali sono quelle attive e si arriva al prodotto puro. Man mano che si fanno gli estratti l’attività della molecola aumenta. Fase 3: La dereplicazione è importante perché una certa attività biologica può appartenere a tante molecole e alcune sono già state scoperte. Si fa una rapida determinazione delle molecole già scoperte usando il COMET che confronta in modo rapido i miei dati con quelli del data-base. E’ raro trovare qualcosa di nuovo se si usano ceppi già studiati ma può accadere che una molecola già scoperta abbia un diverso uso. Fase 4: Si fa una caratterizzazione strutturale della nuova molecola usando la NMR, MS, IR o x-rays. Molto utile ottenere cristalli delle molecole perché danno informazioni molto importanti sulla struttura. La caratterizzazione finale serve per poter brevettare la molecola e pubblicarne la struttura. Esempi tecnici: - artemisina plantesemicina Esempi di prodotti naturali: Prodotti naturali da microorganismi: epotilone Prodotti naturali da piante: tassolo Prodotti naturali da animali: epibatidina (attiva nel sistema nervoso centrale) Mixobatteri: Sono buoni produttori di molecole biologicamente attive, non sono patogeni, formano pellicole traslucide sul substrato, sono in grado di degradare macromolecole di altri microorganismi e sono saprofagi. Sono frequenti nelle zone calde e semiaride (all’inizio non erano batteri molto studiati). Tra le varie famiglie ci sono i Sorangium che sono in grado di degradare la cellulosa e di cibarsene. Gli epotiloni sono macrolidi cioè esteri con un ciclo molto grande a 14 atomi. Queste molecole sono state isolate nel 1985 da un campione raccolto sulla riva dello Zambesi e caratterizzate tassonomicamente da Reichenbach. L’estratto crudo è un potente antifungino attivo sia in vitro che in serra. L’attività antifungina viene scartata perché ha anche una citotossicità importante. Produzione: All’inizio si è fatta una produzione in piccolo: si sono aggiunte resine per sequestrare i composti lipofili sotto agitazione a temperatura controllata in modo che il batterio fermenti. Si ottengono 230 litri di fermentazione, si aggiunge l’antischiuma e si producono 22 mg/L del metabolita 1 e 11 mg/L del metabolita 2. Le molecole lipofile si concentrano nella resina assorbente e si possono quindi estrarre, si fa un lavaggio con acqua ed eluizione con MeOH. Si ottengono 46 g di estratto grezzo, si fa la cromatografia da cui si raccolgono 12 g di prodotto contenente i principi attivi strutturalmente attivi: si fa un saggio di attività su ogni frazione. Si fa una seconda cromatografia in cui si isolano 4,8 del prodotto 1 e 2,1 del prodotto 2. Le due molecole sono ricristallizzate. Si fa un’analisi elementare della formula bruta, si cerca il punto di fusione, la massa e si fa uno spettro IR per avere l’impronta digitale. Si fa la dereplicazione ma non si trovano corrispondenze con strutture già note. Il brevetto dell’epotilone A e dell’epotilone B viene fatto dopo 8 anni dall’isolamento dal ceppo produtttore: la struttura è complicata (ci sono circa 10 centri chirali e presenza di eposside, tiazolo, chetone). Analoghi sintetici: servono per capire quali zone della molecola posso modificare in modo positivo per l’attività biologica di interesse SAR. Nella molecola originale di epotilone si scopre che l’epossido non è importante mentre la stereochimica del C13 è importante. Si possono costruire librerie di epotiloni sintetici. Ci sono epotiloni usati in clinica: l’epossido nell’epotilone D non è importante, BMS è un macrolide con un legame amminico con attività molto simile all’epotilone B ma è più stabile e più adatto alla somministrazione in vivo quindi esce dal brevetto dell’epotilone B mentre lo zakoepotilone ha due variazioni ed è una molecola ottenuta con una sintesi totale. Queste molecole stanno arrivando ora sul mercato perchè sono potenzialmente importanti e sono già in fase 3. La fase 1 è fatta su volontari sani, la fase 2 mostra un segnale su 30-40 pazienti, la fase 3 riguarda migliaia di pazienti. Sagopilone: Prodotto sintetico ottenuto dopo 22 passaggi chimici. Ha un gruppo sinteticamente costruito completamente diverso dall’epotilone naturale. Anche questo composto è andato in clinica. E’ stato caratterizzato il pathway metabolico che produce gli epotiloni A e B. Si è usato un ceppo mutato alto produttore e usando apparecchiature cromatografiche e HPLC più moderne e sensibili si sono scoperti 39 epotiloni diversi. Piante: Fonte conosciuta di prodotti naturali ad attività farmaceutica. La NCI collabora dal 1960 con la USDA per la raccolta di estratti di piante per screening oncologico e fino al 1982 ne sono stati estratti 114000. Taxus brevifolia: Molto comune sulle coste del Pacifico e basso produttore del principio attivo del taxolo che ha la massima produttività da estratti di corteccia e di aghi. Gli estratti raccolti sono stati inviati a un laboratorio di ricerca nel 1962, nel 1964 si ottiene un estratto citotossico, nel 1965 si fraziona e si caratterizza il principio attivo (fase n°2), si isolano e si purificano delle piccole quantità di taxolo nel 1966 e si fa la determinazione strutturale nel 1971. Si macinano 12 kg di corteccia, si fa l’estrazione con etanolo al 95%, concentrazione, ripartizione, fase acquosa e cloroformio, anidrificazione e concentrazione della fase organica: 146 g di estratto attivo su un modello di tumore nel ratto misurando se il peso del tumore blocca o riduce il tumore nel ratto (trattando con 100 mg/kg il peso del tumore si riduce al 31% del controllo cioè c’è qualcosa di molto attivo). Si estrae attraverso 3 distillazioni in correnti di vapore e si ottengono 2,4 g di estratto 1° distillazione: 41 g di estratto (45 mg/kg) 2° distillazione: 14 g di estratto (23 mg/kg) 3° distillazione: 2,4 g di estratto (15 mg/kg) Si cristallizza con benzene e si ottengono 0,5 g di una molecola pura di nome taxolo. Difficile determinare la struttura del taxolo con l’NMR mentre la massa si può avere facilmente così come il punto di fusione si ottiene. Si scopre che la struttura è nuova e interessante. Non si riescono a fare cristalli della molecola ma la si sottopone a reazioni chimiche classiche in modo da rompere la molecola in 2-3 pezzi per rimetterli insieme e determinare la struttura: si ottengono i composti 2 e 3. Si ottiene la struttura del taxolo: le due parti della molecola sono unite da un legame estereo. Il problema del taxolo è che è troppo efficace (è un fortissimo citotossico). Ci sono due molecole in commercio: Placlitaxel e Docetaxel. Si stima che nel 2012 siano necessari più di una tonnellata di taxolo e il tasso ovviamente non è una fonte riciclabile perché ha problemi di resistenza e di tossicità. I prodrugs hanno maggiore stabilità, sono biodisponibili e minore resistenza. Le nanoparticelle sono usate per rendere il taxolo più biodisponibile. Produzione industriale di taxolo: Tra il 1991 e il 1992 sono stati abbattuti più di 500000 alberi per la sperimentazione chimica. Si prova con la sintesi totale ma era troppo costoso quindi serve un intermedio avanzato disponibile in grande quantità poi elaborato per via chimica facendo una semisintesi. L’intermedio è la 10-desacetilbaccatina III da cui si possono estrarre 1 g di intermedio da 1 kg di foglie di Taxus baccata. Ci sono 4 passaggi sintetici semplici che portano al taxolo naturale. Ci sono però problemi di estrazione e purificazione da grosse quantità per ottenere più di una tonnellata di taxolo. Il futuro è impiantare il pathway metabolico del taxolo in un microorganismo per avere produttività elevate. Il taxolo è la prima molecola che si lega ai microtubuli ed è tossico sia per le cellule sane che per quelle tumorali. Ci sono diverse molecole che si legano ai microtubuli che vanno ad intercalarsi e le destabilizzano provocando l’impossibilità di proliferare. Il cristallizzare il taxolo ci ha permesso di individuare i siti di legame. Sono stati individuati derivati sintetici che sono molecole molto più semplici e meno potenti. Animali: Sono una fonte di prodotti naturali poco utilizzata e l’isolamento di prodotti attivi è a dir poco problematico. Le rane “Dendrobates” se sottoposte a stress secernono una sostanza biancastra dalla pelle. Epipedobates tricolor: epibatidina Rana produttrice di alcaloidi che hanno un’attività neurotossica. Si isolano i principi attivi scuoiandole vive, si triturano dopo essicamento, si estraggono con MeOH 3 volte, si concentra l’estratto a 500 mL, si diluisce 1/1 con acqua, si estrae con cloroformio con 0,1 N HCl, neutralizzando con base. Dall’estrazione con cloroformio si ottengono 80 mg di estratti (da 750 rane). Si fa un MS dell’estratto crudo e si fa una separazione cromatografica e si ottengono pumiliotossine. Si concentrano solo su 950 µg di prodotto. L’NMR non è sensibile a sufficienza. L’effetto di questi estratti era neurotossico e inattivano le terminazioni sensoriali (es. morfina). Dato a un topino con la coda su una piastra, il topino non sentiva nulla. Si sa che c’è un cloro e un azoto e uno spettro UV mostra la presenza di un frammento cloropiridinico. Nel 1990 si hanno disponibili 750 µg e si fa la purificazione della pumiliotossina che viene eliminata lavando con acido. Il prodotto che resta è pulito e ha il cloro, un azoto primario e un acetile: è una molecola molto semplice da ottenere sinteticamente. L’epibatidina ha un’attività molto forte e non può diventare un farmaco ma è stata utile per caratterizzare i target sui quali agisce. L’SAR è molto facile da fare perché non cambia molto toccando le diverse aree strutturali e non c’è nulla di immediatamente simile che sia stato usato come farmaco. Nel 2003 sono stati ripresi i 750 µg originali ed è stata rifatta l’HPLC: c’è un prodotto principale che è l’epibatidina e ci sono diversi picchi non attivi ma si vede un picco attivo che ha un’attività biologica. Un picco ha un PM di 196 con due azoti e si identifica un’epiquinammide con struttura molto semplice e 1000 volte più attiva. Probabilmente c’era un millesimo di impurezza nell’epibatidina originale ed è quella a dare l’attività perché risintetizzando l’epiquinammide non si vede attività. I farmaci biologici sono ad es. gli anticorpi monoclonali, proteine, vaccini (pesano più di 10000 Da e sono piccole molecole organiche possibili da fare con la sintesi). I prodotti naturali sono solo il 5%. I prodotti siml-naturali sono il 30%. Più del 50% delle fonti di biodiversità del pianeta (organismi inferiori terrestri e marini, piante) sono tuttora inesplorati in regioni del Terzo Mondo (sudest asiatico, America meridionale, etc.) o in ecosistemi poco accessibili (oceani, vulcani, etc.). L’attuale sfruttamento ha prodotto direttamente o indirettamente circa la metà dei farmaci ora in commercio. Metodi biologici classici non permettevano l’ottenimento rapido di analoghi di prodotti naturali per via biosintetica. Avanzamenti scientifici e biotecnologici permettono oggi di aumentare la produttività di un organismo (quantità, numero di prodotti, etc.). Si fanno librerie combinatoriali biosintetiche. Molto spesso i prodotti naturali hanno attaccati gli zuccheri e l’intera molecola dell’eritromicina ha agliconi attaccati post-traslazionalmente. Il ruolo dello zucchero è quello di facilitare il trasporto della molecola. E’ possibile fare modifiche nel pathway metabolico dell’eritromicina. Si formano macrolidi e non sono più prodotti naturali perché il batterio non li fa. In teoria derivano da un organismo vivente che però noi abbiamo geneticamente modificato e produce cose diverse. Si possono modificare gli enzimi o fare il feeding cioè dare da mangiare precursori diversi (se invece dell’acetil-coA si danno altre cose). Questi prodotti sono ispirati a prodotti naturali. Chemiodiversità ad attività terapeutica: E’ difficile disegnare le molecole prima di averne scoperto la struttura poi è possibile pianificare modifiche nella struttura per ottenere effetti migliori. Questa è la cosiddetta non ovvietà i prodotti naturali sono circa il 30% dei farmaci prodotti oggi i farmaci di origine naturali più importanti sono gli antibatterici e gli antitumorali Chimica combinatoriale: Chimica simultanea diversa dalla chimica sequenziale. Nella chimica combinatoriale si possono sintetizzare una serie di molecole contemporaneamente (es. prodotti sintetizzati in parallelo). Permette di creare librerie combinatoriali costruite modificando o ispirate da, strutture di prodotti naturali. Le librerie chimiche possono essere fatte usando strategie chimiche o biochimiche: - librerie decorative: intermedio avanzato da decorare cioè librerie ispirate a un prodotto naturale es. desacetilbaccatina e taxolo librerie ispirate: intermedio non avanzato parzialmente ex-novo in cui la struttura è usata come ispiratore di molecole ad attività biologica ricostruita in modo sintetico librerie ibride: una parte presa dall’intermedio biosintetico e una parte completamente ricostruita sinteticamente Il tempo impiegato per la sintesi di una libreria di n individui è simile o di poco superiore a quello impiegato per preparare un solo membro della libreria sintetica. Se prendo a caso un biglia ho che ci sono 10^8 copie di ognuna delle ammidi. Libreria virtuale: es. fatta da 10.000 ammidi ottenute da 100 ammine diverse e 100 acidi diversi che reagiscono tra di loro. Chimica su supporto solido: Nella sintesi in soluzione la reazione è omogenea in cui reagenti e i prodotti sono miscibili nel solvente prescelto. Suppongo invece di fare un alcool su supporto solido. La reazione è eterogenea e reagenti e prodotti sono insolubili nel solvente prescelto. In soluzione qualsiasi reazione può essere effettuata, la messa a punto della reazione è più rapida, più conosciuta ma non automatizzabile. La sintesi su fase solida è ideale per sintesi multi-step di reazione, più laboriosa ma ideale per l’automazione. La purificazione in soluzione è possibile farla usando la cristallizzaione, la separazione cromatografica o l’estrazione. I processi sono lunghi e laboriosi specie in chimica combinatoriale. La purificazione in fase solida invece è possibile farla lavando la resina con un solvente fresco, maggiore stabilità del prodotto supportato ed essicazione della resina. Il supporto solida è una resina fatta in maniera sferica polistirenica di tipo lipofilico in cui le particelle sono sotto il mm di diametro. Ci sono circa 10^12-10^14 siti di reazione ma non sono tutti sulla superficie perché è un reattore tridimensionale e quindi la maggioranza dei siti si trovano all’interno. E’ di materiale polverulento che si rigonfia in un solvente come triclorometano. Se nel solvente è sciolto il prodotto che può reagire con la resina si ha che questa reagisce in tutte le posizioni possibili delle proprie catene e si comporta come un gel spugnoso. Per fare in modo che la resina sia rigida (da poter restare sferica e solida in tutte le condizioni) e flessibile (per potersi rigonfiare nel solvente) la polimerizzazione dello stirene avviene in presenza di dimetilbenzene che fa il cross-linking: le catene si legano tra loro e permettono alla resina di mantenere la sua struttura ma anche di rigonfiarsi. Il fattore di rigonfiamento è un n° spannomentrico sotto il quale se la resina non si rigonfia la reazione non va: sotto il 4 la resina “non funziona”. Nei solventi acquosi come l’acqua o il metanolo la resina non si rigonfia. Si rigonfia con THF,DMF. Queste resine sono anfifiliche: data dal polistirene (lipofila) e data dal polietilenglicole (idrofila). E’ più facile fare una reazione in soluzione perché è in fase omogenea e avviene più facilmente e la reazione si manipola meglio. Il prodotto in soluzione si purifica con la cromatografia o la cristallizzazione. Altri supporti solidi sono i supporti macroporosi, carta, cellulosa, microarrays, vetro e agarosio. Linker: Attacca la resina alla molecola che stiamo costruendo su fase solida. Il linker deve essere stabile durante la sintesi in fase solida ma potersi staccare quando non serve. Stacco il legame e rilascio la molecola in soluzione. Il linker non è solo uno e mi servono diversi linkers che mi tengono la molecola stabile in condizioni acide piuttosto che basiche. Mi servono linkers complementari tra di loro. L’avere una delle molecole su fase solida permette di purificare più facilmente. Se ho un 10% che non ha reagito non posso separare siti che si trovano sulla stessa biglia. I linkers devono essere stabili in modo che tutto resti stabile. Alla fine della sintesi devono però essere rimuovibili. Esempi di linkers sono quelli acido-labili importanti per la sintesi dei peptidi che avviene in modo tale che la condensazione avvenga in ambiente basico, il linker che attacca la catena peptidica nascente è acido-labile e quando costruisco la molecola con n residui tratto con acido e ho che i gruppi funzionali non sono più protetti e si rilasciano. Si spacca il linker e si rilascia il peptide in soluzione. Quelli base-labili si usano per fare gli oligonucleotidi. Tratto con una base si staccano i linker baselabili. I microarray sono esempi di chimica su fase solida. Chimica: - - in fase solida: i vantaggi sono una facile separazione, si possono fare più molecole insieme, reazione eterogenea ma lo svantaggio è che è difficile capire se la reazione sta andando o meno (si può usare una biglia colorata in cui il colore mi indica se la reazione è andata o meno) in soluzione: i vantaggi sono che è monitorabile più facilmente (es. con la TLC), reazione omogenea ma il grosso svantaggio è che non è adatta per l’automazione Libreria teorica: 10000 prodotti (100 ammine e 100 acidi) In questa sintesi combinatoriale si ha tutte le ammine e gli acidi hanno la stessa reattività. Le combinazioni tra R1 e R2 mi danno tutte le 10000 molecole. Sono sintetizzate tramite un linker. Per sintetizzare una libreria ci sono diversi metodi. Può essere usata per un progetto di ricerca in cui ho bisogno di aver accesso alla diversità chimica o al bioassay. Oppure voglio avere un saggio che mi permetta di testarle fatto in modo tale da risalire alla struttura delle molecole Esempio: prendo una porzione di 50 g di resina a cui posso supportare delle ammine. Si buttano in una reattore, metto il solvente, aggiungo 100 ammine nella miscela. Nel tubo di reazione ho 10000 miliardi di siti di reazione e 10000 ammine diverse quindi possono formarsi 10000 ammidi. C’è la stessa quantità di ognuno dei precursori delle 10000 ammidi. Su ogni singola biglia ci sono tutte le 10000 ammidi. C’è un miliardo di coppie di ammide 1, un miliardo di ammide 2 fino ad arrivare all’ammide 10000. Tecnicamente la libreria è riuscita ma non posso capire quale di queste ammine sia attiva perché sono tutte su una biglia di resina. Non ho modo di separarle l’una dall’altra. Ho molecole quasi del tutto simili una all’altra: non riesco ad estrarre l’informazione struttura-attività cioè capire quale è la struttura attiva all’interno di una libreria. Stessa cosa se facessi la libreria in soluzione: anche qui si formano le ammidi possibili ma sono tutte insieme. Non capisco quale è reattiva e quale no. Esempio opposto: i 50 g di resina li divido in 100 porzioni da 500 mg l’una in 100 diversi reattori. Metto l’ammina 1 nel reattore 1, l’ammina 2 nel reattore 2 fino all’ammina 100 nel reattore 100. Ogni reattore e ogni biglia ha un’ammina sola e faccio avvenire la reazione tra aldeide e ammina. Ogni singola biglia presa da un qualsiasi reattore supporta una sola porzione e so quale ammina è. Ogni singolo reattore lo divido in 100 e lo divido in 5 aliquote di 5 mg l’uno. Ognuno è uguale all’altro. In ogni singolo reattore metto 5 mg. Dal reattore 1 originale che contiene l’ammina 1 origino 100 reattori diversi di 5 mg l’uno che contengono l’ammina 1. 100 reattori da 101 a 200 contengono l’ammina 2, quelli da 201 a 301 contengono l’ammina 3 mentre da 9901 a 10000 supportano i 5 mg dell’ammina 100. Gli acidi sono aggiunti in modo tale che ognuna delle 100 aliquote derivante da una delle ammine originarie riceva un acido diverso. Ognuno dei 10000 reattori alla fine contenga una sola delle permutazioni possibili tra le 100 ammine e i 100 acidi. Prendo l’acido 1 e lo metto nel reattore 1-101-201-301-401…9901, l’acido 2 lo metto in 2-202-302402 poi il 100 lo metto nel reattore 100, 200, 300…10000. Il reattore 1 contiene l’ammide che deriva dall’ammina 1 e dall’acido 1, il reattore 9901 contiene l’ammide che deriva dall’ammina 1 e dall’acido 100, il reattore 10000 contiene l’ammide che deriva dall’ammina 100 e dall’acido 100. Il reattore 9901. La libreria ha 10000 ammidi e ci sono 10000 reattori diversi mentre in ogni reattore c’è un solo prodotto finale. Il reattore 10000 contiene l’ammina che viene dall’acido 100 e ammina 100. Ci sono alcune provette che hanno lo stesso acido: questa si chiama sintesi parallela che dà una libreria discreta. Ogni prodotto è isolato fisicamente dagli altri. La relazione struttura-attività è facile da capire. Si fa un bioassay su queste 10000 molecole e so quale è quella attiva. Metodo altrettanto semplice se fatto in soluzione e ottengo le 10000 ammidi in 10000 reattori diversi. Il problema è che l’automazione man mano diventa costosa. Sintesi mix and split: L’unico metodo specifico solo per la fase solida è il miscela e dividi. Abbiamo 50 g di resina e 100 aliquote con 500 mg l’uno in 100 reattori diversi. Aggiungo ammina 1, 2 ecc. Faccio andare la reazione, ho l’ammina supportata e finisco. Ora invece rimetto tutto insieme e ho 50 g di resina nel reattore gigante. La libreria non è stata miscelata ma le aliquote sì. Ogni singola biglia ha una sola ammina. Se ridivido in 100 aliquote ho che ogni reattore contiene diverse aliquote ma il contenuto tra uno e l’altro è uguale. Statisticamente c’è la stessa quantità nell’ammina 1, 2, 3. Prima di metterci gli acidi ho miscele che contengono un numero simile di aliquote. Ho 100 acidi e metto ogni acido in ogni reattore e ottengo le 10000 ammidi. Nella provetta 10 ho 100 prodotti che sono i 100 che hanno le ammidi fatte con l’acido n°10 mentre le 100 ammidi sono fatte con l’acido 1 e così via. Ho una miscela di 10000 ammidi divisa in 100 aliquote e quindi ho ridotto la complessità della miscela. In ogni provetta ci sono i 100 prodotti: 1-2 2-2 3-2 4-2 101-1 102-2. I composti con l’acido 1 si trovano nella provetta 1 e quelli con l’acido 100 sono nel reattore 100. Si fa solo in fase solida perché in soluzione rimescolerei tutto. Ogni singola biglia abbiamo solo un reagente cioè ogni singola biglia supporta un singolo prodotto. Tutte le ammine e tutti gli acidi hanno la stessa reattività. Se non ci sono metodi di codifica non so quale prodotto è. Esempio: in questo caso abbiamo 3 passaggi di reazione in cui ci sono 3 molecole per il 1° passaggio, 3 per il 2° e 3 per il 3°. La libreria è fatta da 27 molecole. Più aumenta il numero di reazione e più aumenta la numerosità della libreria. Per farne 10000 qui basterebbero 4 passaggi se ci fossero. Si miscela e si divide purché il numero di resine sia molto superiore al numero di prodotti finali. Serve per avere miscele finali tra 30 e 50 perché poi sono miscele troppo grosse. 1) unità minima di reazione è la singola biglia indivisibile 2) miscelazione e divisione possono essere ripetute all’infinito 3) le piccole dimensioni della biglia permettono di miniaturizzare la sintesi Automazione: 1) Sintesi: sintetizzatori paralleli manuali, semi o totalmente automatici 2) Analitica: apparecchiature analitiche automatizzate (cromatografia HPLC che permette di misurare migliaia di campioni ogni gg). Si accendono di verde quelli in cui è stato trovato il peso molecolare corretto mentre di rosso quando non è stato trovato 3) Workup-purificazione: apparecchiature semi o totalmente automatizzate che permettono l’estrazione e la concentrazione di migliaia di campioni al giorno E’ possibile fare librerie in soluzione in cui è possibile fare più reazioni diverse. Il numero di passaggi fatti su fase solida è maggiore. La strumentazione è più facile da impiegare in soluzione. Ci sono stazioni robotiche in cui la sintesi avviene in modo automatizzato. Il problema è che può accadere di avere campioni in cui poi in realtà non c’è il campione di interesse. Per usare queste macchine serve una solida base scientifica. Microchip di sintesi: si possono fare quantità molto ridotte di prodotti. E’ ovvio che ad essere importante non è la quantità ma la concentrazione di prodotto. Si guadagna in spazio e costi perché si sintetizza ad es. un millesimo di prodotto e si creano un millesimo di rifiuti in meno. Automazione: analisi HPLC Ci sono colonne miniaturizzate che permettono di avere separazioni in 5 minuti. Si verifica la purezza e la qualità di tutte le librerie sintetizzate. C’è un sistema che va ad identificare se in un certo pozzetto c’è un certo prodotto e quanto è puro. la produttività è aumentata Librerie in soluzione: - più reazioni compatibili minor n° di passaggi di reazione strumentazione di facile controllo automazione necessaria purificazione come collo di bottiglia Esempio: i prodotti sono 5 e hanno 0,5g di resina a 100 mg l’uno in 5 provette di reazioni. Un composto in ogni provetta. 5 reagenti per 4 passaggi cioè la numerosità della libreria è 625. Si fanno 5 nel 1° passaggio, 5 nel 2° passaggio e così via. Se in parallelo se ne farebbero 780. I primi 5 reagenti sono miscelati e ridivido 4 volte. In ognuna delle 5 provette ci sono gli stessi 5 prodotti. Aggiungo 6,7,8,9,10. In ogni provetta ci sono 5 prodotti. Miscelo le aliquote e ridivido: in ognuna delle 5 provette ci sono 5 prodotti. Aggiungo 1-6 2-6 3-6 4-6 5-6,1-7 2-7 3-7 4-7 5-7 e ho aggiunto 6,7,8,9,10. Ora in ogni provetta ci sono 25 prodotti. Aggiungo 11 nella prima provetta, 12 nella seconda, 13 nella terza, 14 nella quarta e 15 nella quinta. Ora ho 25 prodotti per ogni provetta. Nella prima provetta hanno 11 come terzo elemento, nella seconda 12, nella terza 13, nella quarta 14 e nella quinta 15. I primi due prodotti sono uguali. Rimiscelo, ridivido e aggiungo 16,17,18,19,20 e ho una libreria di 625 prodotti in cui ogni provetta contiene 125 prodotti diversi. La regola del mix and split è che il numero di miscele finali è uguali al numero dell’ultimo set di reagenti dell’ultimo passaggio di reazione. Nell’ultimo passaggio ci sono 5 reagenti e ognuno ha o 16 o 17 o 18 o 19 o 20. Le miscele finali sono 5 con ognuna 125 prodotti e nell’ultima posizione hanno o 16, o 17, o 18, o 19, o 20. Le reazioni fatte in totale sono 20. Se l’avessimo fatta come libreria di discreta avremmo fatto 5 reazioni al 1° passaggio, 25 al 2°, 125 al 3° e 625 alla 4° che in totale fa 780. Spit and mix: deconvoluzione La deconvoluzione è il metodo per estrarre almeno una molecola attiva. E’ la determinazione delle strutture attive all’interno di una libreria. 625 molecole, 4 passaggi di reazione e 5 reagenti per ogni passaggio. I primi 5 reagenti sono P, Q, R, S, T. Miscelo e ridivido. (La X scritta sotto sta per P, Q, R, S, T miscelati). Ho K, L, M, N, O. Miscelo e ridivido. I primi due set di reagenti miscelati sono F, G, H, I, J. Miscelo e ridivido. Ultimo passaggio sono 5 miscele e 125 composti ognuna. I 5 campioni li chiamo A, B, C, D, E. Non ho 625 campioni che vanno al saggio biologico ma sono solo A, B, C, D, E che vanno al saggio. I campioni sono testati biologicamente e supponiamo che diano 5 valori diversi in un saggio di inibizione e la miscela D è più attiva delle altre. Presumo che il prodotto più attivo deve essere nella miscela D. Mi concentro sulla D. Risintetizzo la libreria ma la voglio con D nell’ultima posizione. Il terzo passaggio è diverso per la sintesi. Non miscelo ma metto in ognuna delle 5 miscele D e mi trovo una seconda libreria di deconvoluzione che contiene 125 composti totali. Ogni miscela ne contiene 25 e D sta nell’ultima posizione. Ogni miscela ha F, G, H, I, J. Ho i 5 campioni e scopro che JD è la più attiva. Risintetizzo una libreria in cui mix e split solo al 1° passaggio e poi metto K, L, M, N, O. Non miscelo più e metto J in terza posizione e D in quarta posizione. Testo le 5 miscele dove ognuna è composta da 5 prodotti e trovo che la più attiva è LJD. SLJD è una delle 625 possibili combinazioni. Questo processo va bene se c’è una miscela più attiva delle altre. La statistica dice che si può deconvolgere una libreria se il numero dei componenti di ogni miscela non va oltre i 30-50. Qui si sono fatti 20 saggi biologici. Sono sicuro di trovare una molecola attiva ma non sono sicuro di trovare la molecola più attiva. Più è bassa ic50 più è potente la molecola e quindi più efficace. Rischi: Sono sicuro di trovare un composto attivo ma non di trovare il più attivo. Screening D: ognuno dei 125 composti è poco attivo in cui l’attività misurata è 2 µM. La miscela mostra un’attività 2 µM. Non significa che ogni singolo composto di D sia più attivo di ogni singolo composto della miscela A Screening A: se c’è solo una molecola attiva in una miscela. Ho che c’è una sola molecola molto attiva con attività < 10 µM e ha un’attività inferiore rispetto alla miscela D anche se la A contiene una molecola più attiva Librerie: Se sono piccole tutti i composti sono monitorati ma se sono grandi è difficile monitorarli e quindi si applica un metodo statistico. Quando c’è una libreria in miscela ci devono essere tecniche che m permettono di capire se su ogni biglia c’è un singolo prodotto. Encoding: I siti di reazione possono avere un’etichetta che resta attaccata alla biglia. Ci sono alcuni siti che portano un’etichetta che ha un codice unico. Posso staccare il composto dalla fase solida, fare il saggio biologico e solo quando vedo un’attività prendo la biglia e vedo che ha l’etichetta attaccata. Leggendo l’etichetta posso così risalire al prodotto. E’ un’etichetta che codifica per un certo prodotto. Risintetizzo da sola quella molecola e va a sintetizzarla per verificare che sia realmente attiva. Il tag deve essere robusto (mai staccarsi e mai modificarsi), non reattivo, semplice da introdurre per non complicare ulteriormente la sintesi fatta e leggibile rapidamente dal chimico. Sono etichette chimiche che si attaccano direttamente sul polistirene e non vanno ad alterare i siti di reazione in cui sta crescendo il prodotto. Ci sono migliaia di copie per ogni biglia. Si possono fare 40 etichette che possono codificare miliardi di prodotti. Codifica la presenza o l’assenza di 40 molecole. Ogni codice codifica per un prodotto solo finale della libreria cioè 2^40. Il codice è leggibile con tecniche semplici ed è attaccabile facilmente. Le biglie di 1 µm sono separabili a mano. Esempio: i codici devono essere fatti crescere piano piano. Alla fine della libreria ad es. di 80.000 prodotti usando 20 codici la loro permutazione permette di avere un singolo codice per ogni molecola. Questa libreria viene testa biologicamente e sulle biglie in cui è stata trovata attività viene evidenziata la presenza di questi codici. Lo svantaggio della codifica chimica è l’addizione di complessità chimica. Etichette di radiofrequenza: Esistono però etichette non chimiche che si associano alla struttura sulla resina. Queste si chiamano etichette di radiofrequenza. E’ qualcosa non più legato alla singola biglia (microtransistor di circa 1 cm). Ci sono dei recipienti chiamati Microcan che fanno passare qualsiasi tipo di solvente ma tiene isolato quello che io metto all’interno. All’interno del Can ci va un microchip e un’aliquota di resina. Questi sono accoppiati e non si staccano più per tutta la sintesi perché ogni microrecipiente è chiuso. Il liquido entra ed esce in libertà e si ha che la resina ha lo spazio per rigonfiarsi e la reazione avviene. Ogni singolo Can è accoppiato ad ogni singolo transistor. In un pallone si possono mettere tanti reattori insieme. Si può leggere la struttura del codice e capire quale è la molecola supportata in ognuno dei reattorini. Il vantaggio è che si può usare mix and split ma alla fine della sintesi della libreria ho che ogni composto è in ognuno dei microcan. Leggo il codice e tolgo la resina. Riduco il numero di passaggi dal mix and split e ottengo composti singoli. Lo svantaggio è che è costoso, il Can è usa e getta e costa poco mentre il vantaggio è che il transistor è usabile più volte. Alla fine della sintesi ottengo una libreria di discreti perché ognuno è diverso dagli altri. Si usa il passaggio mix and split ma la lettura finale del codice mi permette di avere appunto una libreria discreta. Il numero di passaggi di reazioni è ridotto. I 9 codici prevedono l’aa A in posizione 1, il B in 2 e il C in 3. Segnale + molecola sono correlati prima che inizi la sintesi. A priori decido che un certo segnale corrisponde ad es. ad AA e lo metto nel reattore in cui devo mettere A. E’ il segnale che identifica cosa devo mettere. Libreria Bead-Based: Quando una libreria è bead-based, viene preparata usando il metodo mix and split e sottoposta a screening di attività basato su una singola biglia; otteniamo quindi una libreria di discreti (ogni biglia è separabile dalle altre e supporta un solo prodotto). Si devono manipolare le singole biglie che sono molto piccole e devono essere codificate. Devo essere in grado di mettere in piedi degli screening. Posso risalire alla struttura del prodotto solo se c’è il codice che mi permette di leggere la biglia. Se si parla di molti saggi biologici ripetuti serve un forte livello di automazione, miniaturizzazione in cui ci sono meno sprechi e consumi. Si usano piastre molto grandi in modo tale che ogni singola biglia possa essere testata singolarmente. Ci sono tecniche che si chiamano forward e reverse chemical genetics. Nella forward genetics si vuole vedere un certo fenotipo ma non sappiamo che gene è responsabile di un certo fenotipo. Si induce una mutazione e si cerca il fenotipo di interesse. La reverse genetics è quando ho un sospetto su un gene responsabile di un fenotipo. Vado ad inibire quel gene e vedo se esce il fenotipo che mi interessa. Quindi la forward chemical genetics è quando si vuole identificare nuovi target biologici mentre la reverse chemical genetics è quando si vuole validare un target biologico potenziale come importante per lo sviluppo o la cura di una malattia. Si possono fare librerie di milioni di composti. Ci sono biglie in cui c’è la superficie solida, poche copie di etichette e il linker. Se stacco il linker posso scoprire quale è il composto attivo. Quando si fa una libreria si fanno collezioni di molecole nello stesso tempo in cui ne farei una. Si può fare un controllo di qualità in cui si sceglie a caso da ognuno dei gruppi di biglie una a caso e si va a fare una caratterizzazione di struttura. Si va a decodificarle: si legge il codice, si stacca il linker dalla biglia e in 107 su 108 casi si ha che il codice era uguale alla struttura della molecola rilasciata. La maggioranza della libreria è di buona qualità. Nella chemical genetics ho una cultura cellulare e capisco che un certo composto ha provocato un certo fenotipo. Le metodiche di attacco e stacco dei linker devono essere robuste. Si vede una macchia legata un fenotipo e prendendo la biglia e leggendo il codice è possibile determinare la struttura della molecola. La chimica combinatoriale serve per aumentare la produttività chimica. Sintesi di leghe metalliche o micropiastre in cui si possono depositare materiali diversi in ogni posizione. Alla fine si ha che ogni quadratino riceve una composizione totale diversa perché ho ruotato la piastra. 128 leghe diverse caratterizzate per la loro magneto-resistenza o per la conduttività. La libreria di peptidi si fa facilmente su fase solida. Alcuni peptidi erano già noti esser capaci di catalizzare la reazione. Si può fare la formazione attraverso catalisi di acetato di etile. Si usa uno standard catalizzatore noto. Se nella miscela ci sono biglie su cui avviene la reazione e si mettono in un bagno con anidride acetica ed etanolo si può misurare la differenza di un solo grado di temperatura tra una biglia e l’altra. Si scalda di più di biglie non capaci di catalizzare quella reazione. Si vede un aumento di calore intorno alla biglia. Si trovano quindi alcune molecole che sono buoni catalizzatori misurando la differenza di calore tra una biglia e l’altra. Altrimenti si sarebbe dovuto sintetizzare uno a uno i singoli peptidi. 210 composti in 15 miscele e strutturati su un catalizzatore noto. Variando R1, R2, R3 è possibile trovare un catalizzatore migliore di quello noto. TOS: High Throughput NP analogue synthesis: NP-inspired libraries of (semi) synthetic compounds. Sintesi classica chimica in cui si cerca di fare una certa molecola. Se la molecola da fare è il tassolo ad esempio si ha che il processo è più complicato. La produttività è ridotta e va bene questa sintesi se devo fare analoghi di un prodotto. Non funziona se devo mettere insieme una serie di composti e fare un high trough put screening. DOS: E’ la sintesi orientata alla diversità. Inventata 10 anni fa da un ricercatore di Boston. Si usa per molecole con caratteristiche adatte a diventare farmaci. Es. molecola semplice che deriva dall’acido shikimico. Da un precursore iniziale escono molecole complesse. Solitamente so che voglio fare una molecola e cerco di mettere a punto una sintesi che dal semplice mi permetta di arrivare alla molecola finale. Nella DOS invece si cerca di usare una chimica semplice per fare librerie il più diverse possibili. Molte molecole diverse una dall’altra. Se voglio fare ad es. una molecola complessa uso un processo retrosintetico in cui usando reazioni note arrivo alla molecola finale. La chimica per fare queste trasformazioni era nota da tempo ma non era ancora stata usata per la DOS. Questo non è un approccio molto produttivo perché lungo e porta ad ottenere solo una molecola. Si può usare un carbossile da supportare su una resina e si ottiene una certa molecola supportata con una serie di gruppi reattivi. Con poche reazioni possiamo ottenere attraverso mix & split molecole natural product like. Si possono fare usando una sintesi semplice molecole complicate ma diverse da usare per cercare una nuova attività. Non sono prodotti naturali ma hanno caratteristiche strutturali che li fanno assomigliare ai prodotti naturali. Non era concepibile prima lavorare nell’approccio alla diversità: ora si testano centinaia di migliaia di molecola e aumenta la probabilità di trovare molecole attive. Quelle che funzionano meglio sono: decorazione dell’alcool, apertura del lattone e decorazione del nitrone. slides 45 da mettere. Se si prendono 50 alchini con dei reagenti ne prendono 20 e ne scartano 30. Si attacca ad un alogenuro aromatico una serie di alchini (ne hanno scelti 50 rappresentativi della classe). Prendono 87 ammine diversi e ognuna la fanno reagire formando il lattone. 62 funzionano bene (resa e conversione alta) perché danno una buona reazione per fare l’estere e possiamo fare 30 legami. Si hanno 3 reazioni che funzionano bene e si ha che la numerosità totale è 2 milioni di composti diversi usando quindi 3 reazioni e un singolo reagente supportato. Si fa una libreria modificando le posizioni in cui possono avvenire le reazioni. Si fa la deconvoluzione ma si rendono conto che le biglie erano troppo piccole. La libreria finale è fatta di 63 miscele. I passaggi di reazione sono 200. Usano poi biglie da quasi 1 mm di diametro e usano tecniche di codifica chimica riescono ad usare questa libreria per qualsiasi saggio biologico. Si ottengono 2 milioni di prodotti tutti ottenibili da un intermedio con caratteristiche interessanti. Si scelgono 8 monomeri M per 3 volte, si ottengono 8 miscele che hanno un diverso M3. Si verifica che la sintesi va bene, è difficile risalire all’attività di ogni singola biglia perché troppo piccole e non erano sufficienti per caratterizzare ognuno dei composti finali. Il test biologico si fa a livello di una singola biglia e si legge il codice per risalire alla struttura della molecola attiva. Esempio: sarcodictiine (librerie decorative) Le librerie decorative sono sotto i 200 membri. Molecola citotossica attiva sulla polimerizzazione dei microtubuli e ha moltissimi centri chirali. E’ stata scoperta nel 1987 da un corallo. Dalla scoperta alla sintesi sono passati 11 anni (1998) perché la molecola è complicata. Per questi derivati si pensa ad un approccio decorativo. Si cercano analoghi migliori della sarcodictiina già nota. Si analizza uno spazio di analogia. La caratterizzazione biologica è identica a quella fatta per la sarcodictiine. Si vuole decorare la molecole per capire la relazione struttura-attività. Serve accessibilità di un intermedio chiave. Una parte della molecola è sintetizzata in laboratorio e serve un disegno di una strategia sintetica. Si deve scegliere un formato: fase solida se i numeri sono alti ma se sono bassi meglio la soluzione. In questo caso sono bassi. La libreria è infine caratterizzata biologicamente e analiticamente. Non si è riusciti a trovare intermedi avanzati che potessero essere isolati e ottenuti in quantità sufficienti per fare una libreria. Un ricercatore di Cipro ha messo a punto una sintesi della sarcodictiina e di intermedi simili a questa. Molecola diversa solo nelle posizioni decorabili. Lo scopo è decorarle e vedere se modificandole si ottengono o meno prodotti più attivi. La sintesi del carbone con 23 passaggi di reazione. Si può accedere a molti grammi con una resa totale del 6,3%. La molecola differisce dalla sarcodictiina per i 2 idrossili e 1 idrossile protetto. L’ultimo idrossile è protetto e quindi non può reagire. Si proteggono funzionalità con metodi chimici adeguati in modo tale che gli altri idrossili possano reagire separatamente dall’altro protetto. Si sta facendo una libreria limitata in cui lo scopo è trovare delle sarcodictiine migliori. Sono state modificate queste perché sono le più semplici da modificare. Per usarne altre si dovrebbe mettere a punto una sintesi estremamente complicata. Si ottiene una resa circa del 90% per ogni passaggio ed è utile per fare svariati grammi. E’ stato necessario mettere a punto una sintesi per fare un intermedio avanzato. La strategia è quella di fare la sintesi su fase solida: linker e intermedio che deve essere supportato su fase solida. Questa fase è attaccata a uno di questi 3 alcool. Ci si chiede quale delle 3 posizioni va meglio. Si fanno resine diverse, linkers diversi e reazioni di supporto diverse. Primo esempio: slides 62. OH secondario protetto in basso. Si vede che l’alcool dovrebbe essere più reattivo ma non reagisce (va a reagire da un’altra parte e non riesce a staccare il linker), nel secondo caso la reazione va al 50% (c’è forse un grosso problema nell’accesso a questo idrossile), la terza è quella migliore (nel terzo è avvenuto l’attacco). Fa reagire la resina modificata con un linker acido-labile con un aldeide difosfonio. L’intermedio 24 è quello usato per fare la libreria decorativa: la prima è protetta dall’acetile, la seconda la terza è attaccata alla resina. La molecola sintetizzata sono le due sarcodictiine con 7 passaggi di reazione con rese intorno al 50% e una purezza estrema. Si ottengono le due molecole naturali, il linker non si spacca e la fase solida è ok. Gli spettri verificano che il prodotto è puro. Si può fare la sarcodictiina A e B. Si fanno analoghi cercando di ottenere molecole più attive. Si riescono ad avere circa 66 molecole diverse rilasciando il tutto in soluzione. Ogni prodotto è isolato e si sta parlando di 66 molecole che possono essere sintetizzate come discreti. Ogni molecola è stata caratterizzata per conto proprio e tutte con purezza dell’80%. Sono state saggiate sul saggio biologico in cui era stata testata la sarcodictiina. Alcune di queste molecole hanno attività simile o migliore della sarcodictiina naturale come ad es. esteri diversi in una certa posizione. Si sono fatti analoghi molto simili alla sarcodictiina e quindi non si è cambiato completamente la reazione. Ci sono alcuni gruppi in alcune posizioni che migliorano l’attività. Si sono ottenute informazioni struttura-attività e si è visto che una certa posizione fa perdere l’attività. L’estere e la sostituzione sull’idrossile è possibile. Sono stati scelti solo 3 gruppi perché sono i più facilmente modificabili (nelle altre aree ci sono atomi di C chimicamente più reattivi) e si può costruire una relazione struttura-attività. Esempio: librerie ispirate Si cerca di fare un gruppo di molecole più grande in cui non siamo ispirati a una precisa molecola. L’indolo è l’eterociclo attaccato al triptofano. In questo caso si cerca di fare una libreria in cui ci sia buona probabilità di trovare qualcosa di attivo ogni volta (non sempre la stessa molecola). Collezioni di molecole strutturalmente diverse si possono comprare ma sono troppo costose. Se voglio sintetizzare qualcosa del genere posso prendere un certo prodotto che è probabile che interagisca con dei peptidi. L’indolo ad es. ha una struttura adatta a generare composti attivi con più probabilità di altri. Ora che ho una chimica che mi permette di fare indoli voglio introdurre una serie di diversificazioni. Questa è una librerie di diversità in cui i numeri di componenti è alto (oltre le migliaia o le centinaia di migliaia). Sono librerie fatte su fase solida usando il mix and split per ridurre il numero di passaggi sintetici e sono ovviamente librerie codificate. Un esempio è il 2,2dimetil-benzopirano. Tutte le molecole hanno in comune il 2,2-dimetil-benzopirano. E’ un chemiotipo che spesso ricorre all’interno di strutture biologicamente attive. Sono attive in aree diverse (sistema nervoso centrale, cardiovascolare ecc). Se si riesce a mettere a punto una chimica ad alta produttività è probabile che questa collezione mi permetta di trovare molecole attive. 1) scelta del chemiotipo 2) strategia: si usa la fase solida perché la libreria è numerosa 3) la sintesi funziona? il codice funziona? 4) si fa la libreria e non si usa una volta sola per saggiarla sul target altrimenti avrei fatto una libreria focalizzata sul target. Io voglio usarla ogni volta. E’ una libreria ispirata ma completamente sintetica Si deve mettere a punto una sintesi ragionevole. Dove si può attaccare il linker? L’attacco non è immediato (difficile sull’anello aromatico) e quindi serve un linker senza traccia. Alla fine della sintesi la traccia deve scomparire. Il linker è segnato sulla slide 4. Molecola con una catena dell’isoprene e supporta il selenio (reagisce molto bene con i doppi legami dell’isoprene) che si complessa dando una parziale carica positiva. Se si contano i numeri di atomi di distanza tra l’OH e la posizione del dimetile si vede che sono 6. L’OH nucleofilo è intramolecolarmente e lo attacca. Il ciclo a 3 si rompe, il selenio si attacca alla catena isoprenica del benzene e si forma il 2,2 dimetil benzo-pirano. Si fa la sintesi su fase solida e si ha che ossidandosi il selenio fa avvenire un altro attacco intramolecolare che fa uscire il selenio e la formazione di un doppio legame. In soluzione abbiamo il 2,2 dimetil benzo-pirano. L’unica modificazione sintetica non usabile è l’ossidazione perché se durante le modifiche ho passaggi ossidativi ho che si rilascia in soluzione il linker. La resina si può staccare con buone rese avendo tanti sostituenti diversi (es. aldeide). E’ stata messa a punto una chimica versatile per fare svariate molecole. Le molecole della slide 8 hanno al loro interno il 2,2 dimetil benzo-pirano. Derivano da modificazioni singole dello stesso scaffold. Nelle piranocumarine ci sono 2,2 dimetil benzo-pirano ed è una molecola reattiva fluorescente sono citotossici e antivirali. Hanno un’attività biologica nota e si fanno librerie che le contengono. Facendo reazioni di condensazioni si può arrivare ad ottenere molecole che sono tutte piranocumarine. Da una singola biglia si può vedere che le molecole sono molto pulite usando la NMR. I calconi ad es. sono molecole che contengono sempre 2,2 dimetil benzo-pirano. Queste sono tutte molecole sintetizzabili a seconda del sostituente che si mette sulla catena laterale. I sostituenti sono tutti ottenibili dal 2,2 dimetil benzo-pirano. Il difficile sta nel linker con il selenio e anni fa era complicato fare librerie enormi basate sul 2,2 dimetil benzo-pirano. E’ una strategie ideale per librerie ispirate a prodotti naturali. Più molecole si fanno più la chimica che ci sta alla base è semplice. Esempio: glicosidi. Ci sono alcune molecole che hanno una porzione glicosidica attaccata e sono più solubili e in grado di entrare nelle membrane biologiche. Esempio: imidazolo. Inibitore della biosintesi dell’aldosterone. Esempio: azine. Inibitore della fosfodiesterasi IV fatto a partire dal 2,2 dimetil benzo-pirano. Esempio: tetrazoli. Attivatore del canale del potassio. Alla fine si deve avere il linker stabile in tutti i passaggi (ci sono passaggi molto diversi uno dall’altro) e deve essere robusto. La libreria è fatta da più di 10000 molecole. Ci sono 9 sottolibrerie separate in 9 frazioni ed è usata ogni volta che si ha un target biologico su cui cercare degli inibitori. La purezza di ogni prodotto singolo è alta o altissima. Si fa l’identificazione del codice per screenare le molecole con il bead-based library. Questa libreria è fatta in fase solida, sintesi parallela poco attraente (numeros troppo elevato di reattori in parallelo), mix and split Ok, deconvoluzione troppo pericolosa (perdita di positivi), ottimo il bead-based, codificare la struttura non chimicamente cioè con la codifica di radiofrequenza (meglio cercare di arrivare ad una libreria ottenendo i composti come discreti alla fine della sintesi). Leggendo ognuno dei codici si risale alla natura di ognuno dei 10000 composti. La maggioranza delle molecole è pulita attraverso spettri. HPLC di una grande azienda fatta in 15 giorni mentre in laboratorio non so quanto ha funzionato con esattezza. Si prende l’1% da diverse sottolibrerie e si fa uno spettro NMR (tecnica che dà la maggior caratterizzazione strutturale) e si vede che l’82% dà uno spettro del prodotto con una purezza del 70%. Se più dei 4/5 della libreria è ok do per scontato che la libreria va bene e la posso usare per fare test biologici. Si chiama controllo di qualità. L’1% è usato per gli NMR ma richiede tempo per registrare lo spettro ed è più rapida la spettrometria e la cromatografia in fase liquida. E’ stata ampliata dall’1% al 5% e si vede lo spettro di massa di 500 campioni. Si cerca la massa del prodotto desiderato e si vede che 458 campioni su 500 lo contengono. Il 92% dei prodotti è stato formato mentre l’8% no. Si vede la gran parte del contenuto teorico della libreria c’è. Prendo la libreria come pura anche se alcune non hanno dato risultati “positivi”. Se all’interno della libreria c’è 2,2 dimetil benzo-pirano e posso fare una reazione che sia comune a tutte le molecole posso fare una libreria da una libreria. Prendo ad es. 1/10 e applico una reazione chimica per generare una libreria figlia. Ad es. faccio un doppio legame passando dal benzopirano all’epossido che si fa reagire con l’ossidante all’ossigeno. L’ammina (nucleofilo come anche ad es. tioli, alcoli, fenoli) può essere usata per aprire l’epossido e si forma una libreria di composti derivata dalla madre ma diversa. Abbiamo due famiglie di composti e abbiamo generato ulteriori 10000 composti. Questa volta è stato fatto in soluzione, non possibile in fase solida perché c’è il selenio e il doppio legame. Faccio una moltiplicazione della diversità. L’ossidante migliore è il dimetildiossirano. La purificazione è rapida e in soluzione è efficiente. Si può usare la fase solida per sequestrare le impurezze (fase solida aggiunta come reagente e non come supporto!) della soluzione e si ha che in soluzione resta solo il prodotto di interesse. Si usano palline di resine su ogni passaggio. Sono state fatte piranocumarine modificate. Ogni libreria può essere modificata applicando reazioni comuni al 2,2 dimetil benzo-pirano e generare librerie figlie. Prendendo 10 piranocumarine e 10 nucleofili diversi sono stati fatti 10 composti diversi in cui come nucleofilo è stato usato l’etanolo. Esempio: duocarmicina (librerie ibride) Librerie con una parte strutturale presa da un prodotto naturale e una parte completamente costruita ex novo. Nella duocarmicina ci sono ammidi che hanno due sistemi eterociclici attaccati da un lato o dall’altro. Possono esserci 2 legami ammidici o una solo. Sono molecole molto potenti quasi piatte. Hanno la caratteristica di essere intercalanti che sono in grado di intercalarsi all’interno di posizioni specifiche del DNA. Poco utile terapeuticamente perché c’è un problema di tossicità di solo. Questo non vale per la duocarmicina perché questa molecola è specifica solo per alcune unità ripetitive. Si può ottenere una certa specificità. La duocarmicina SH si lega a una certa zona del DNA intorno al basso picomolare. Sono state scoperte in Giappone nel 1988 da Streptomiceti. Queste molecole sono state studiate come antitumorali perché riescono a fare legami covalenti con residui nucleotidici. Se questa capacità fosse aspecifica si intercalerebbe ovunque. La sintesi totale è stata ottenuta nel 1992. Alcuni ricercatori hanno deciso di fare una librerai ispirata alla duocarmicina. Una parte è simile al prodotto naturale mentre l’altra parte è modificata per cercare di trovare ibridi con caratteristiche migliori del prodotto naturale. Una volta reso accessibile un sintone naturale si deve disegnare una strategia sintetica, selezione del formato (soluzione o fase solida), sintesi della libreria (parzialmente focalizzata < 500). Alcune molecole di questa libreria hanno un sistema triciclico decorati costante così come il 4° ciclo a 3 carboni. L’intermedio chiave è l’eterociclo che sta in tutte le molecole ed è un fenolo facile da sintetizzare. Si fa in 3 passaggi di reazione e se ne possono fare svariati grammi con una resa del 44%. La prima libreria ispirata alla duocarmicina CC-1065 in cui ci sono 3 unità con un sistema triciclico e viene fatta su fase solida. X e y (slide 78) sono diversi e sono scelte in modo tale da introdurre sistemi eterociclici diversi da quelli naturali. La prima libreria è di 132 composti che deriva da 12 X (c’è un gruppo naturale della duocarmicina che è l’11) sempre diversi dall’11 e da 11 Y sostituenti diversi. Queste molecole sono caratterizzate analiticamente e si è visto che sono tutte pulite. Nella tabella di attività si vedono i 12 X e gli 11 Y e più è basso il numero, più è potente la molecola. A livello di alcuni sostituenti ci sono attività dello stesso ordine di grandezza della duocarmicina naturale. Ci sono alcune combinazioni con attività simili. Si sono fatti saggio biologici che mostrano il mantenimento di attività specifiche (non sono alchilanti generali). In parallelo alla prima libreria è stata fatta una seconda libreria ispirata alla duocarmicina SA (contiene l’indolo). Con lo stesso intermedio chiave si è fatta una libreria di 100 composti introducendo sostituenti diversi sull’aromatico. Queste molecole si fanno semplicemente e si ottengono indoli carbossilati in due reazioni fatte in tempi rapidi. Si può fare la ciclizzazione della duocarmicina SA. Ci sono tabelle di struttura-attività (slide 89) per poter notare le diverse sostituzioni in cui sono stati fatti derivati con uno o due metossili. Molti derivati sono molto meno potenti della duocarmicina. Sostituendo con carboni e alogeni è peggio cioè l’attività si alza. La duocarmicina naturale con 3 metossili è la migliore. Mettendoci azoti o nitro gruppi sembra vada meglio. Si è arrivati a molecole poco più attive della duocarmicina naturale che hanno un chetone al posto dei tre metossili. Scoperta di un farmaco: 1) identificazione di un target o bersaglio biologico 2) validazione di un target cioè il fatto che interagendo con il target siamo in grado di risolvere il caso patologico 3) scoperta di un principio attivo o una molecola (hit) in grado di interagire con il target (inibitore, potenziatore, antagonista) 4) from hit to lead: ottimizzazione strutturale Hit è una prima molecola che ha un’attività sul target che noi vogliamo. Non significa che sia un farmaco però. Lo scopo è di farla diventare drug like. Deve essere non tossica, solubile, biodisponibile, che abbia affinità con le fasi lipofile. Serve che ci sia un’attività in vivo (es. topo se lo uso nell’oncologia oppure un topo con un infezione) in modo da essere abbastanza vicina alla validazione pre-clinica. Un target nella ricerca molecolare è una macromolecola deputata a specifiche funzioni biologiche che, in uno stato patologico, svolge una funzione negativa che permette appunto lo sviluppo della malattia stessa. Il target è una qualsiasi della molecole che sono il prodotto genico della codifica di un organismo. Serve capire quali tra le varie macromolecole è rilevante per un stato patologico, come è rilevante e come posso fare per risolvere la patologia legata al malfunzionamento del gene. Il target biologico non è avulso dalle atre molecole perché sono parti di un macchinario complicato quindi se tocco un target genero una reazione a cascata. Non è un interruttore inibito si o inibito no ma è piuttosto un regolatore di funzionamento di vie metaboliche (non si passa dal bianco al nero ma a gradazioni tra il bianco e il nero e quindi ci sono situazioni intermedie). E’ qualcosa di più complesso di un interruttore da premere. La situazione è complicata per malattie che hanno un’origine multifattoriale. E’ difficile capire quale anormalità è più importante degli altri. I farmaci potenziali piuttosto che bloccare un singolo target molto spesso funzionano meglio quando vanno a beccare il target specifico che si trova a cavallo tra più di un pathway diverso (es. tumori in cui non basta regolare una chinasi che regola una pathway ma sarebbe meglio trovare il target che sta a cavallo tra diverse vie metaboliche perché si avrà più possibilità di bloccare tutta la patologia). Ci sono 30000 geni in cui è difficile trovare un singolo gene implicato in una malattia. Qualsiasi cosa permetta di scartare da subito i geni non implicati in una malattia è utile. Quando si parla di geni si parla di genomica cioè si studia l’espressione del corredo genetico in certi stadi patologici. Si riesce a capire quali sono i geni over o sotto espressi e si associa questo al pattern della malattia. Passando dalla genomica alla proteomica si vedono quanto sono più o meno funzionanti certe proteine e si accoppiano queste informazioni all’insorgenza della malattia. Con metodi genomici e proteomico vado a studiare quanto cambia il corredo genetico ma non so se è possibile curare la malattia perché non ho ancora verificato con un effettore (modificando i livelli e potenziando il target) se è possibile curare la malattia. Oltre ad aver identificato e validato il target ho bisogno di molecole (sintetiche o prodotti naturali) che interagiscano con il target e funzionino come effettori. Ho dimostrato che il target è implicato ma anche che se lo faccio interagire con una molecola che ci interagisce risolvo la malattia. La molecola diventa un potenziale farmaco e il target diventa un potenziale obiettivo per curare la malattia. Il target è la componente biologica e la componente chimica è rappresentata dalla molecola che è l’effettore. Questi approcci si chiamano chimica genetica. Il principio è che si usa la chimica nelle fasi iniziali per avere più elementi per essere sicuri di identificare e validare il target biologico. L’ovale chiaro esterno è il genoma umano composto da 30.000 geni da testare e facendo un calcolo statistico è ragionevole pensare che almeno il 10% di questi siano implicati in uno stato patologico. Su 3000 teorici target si può vedere che più della metà non sono stati ancora usati. O non sono stati identificati e validati ma ci sono moltissime malattie per cui non esiste un farmaco. Ci sono molti target biologici che non sono ancora stati validati e diventati oggetti di un progetto. Ad es. ischemia celebrale in cui non esiste una terapia che rigeneri il tessuto celebrale ma esiste una terapia palliativa. Nel dicembre 2009 erano riportati 1894 target biologici su cui azienda avessero lavorato nel corso degli anni, di questi 394 di successo (ci sono molecole sul mercato che funzionano interagendo con questi target), 292 non hanno avuto successo perché non c’è un farmaco che agisca sul quel target ma ce ne sono alcune in trial chimici ed è molto probabile che siano validi. 1254 sono target di ricerca cioè non si è ancora arrivati nell’uomo e si sta cercando di arrivare all’identificazione e alla validazione del target. 5028 sono farmaci di cui 1514 sono state approvati, 1212 si trovano in studi chimici e 2302 sono in fase di valutazione pre-clinica. In tutto ci sono 61 classi diverse di proteine da un punto di vista biochimico e 140 classi diverse di farmaci. Non è detto che solo queste 61 e 140 possano dare farmaci ma semplicemente non sono ancora state scoperte. Ci sono alcuni settori terapeutici in cui i prodotti naturali sono più importanti. I prodotti citati erano due: antitumorali e antibiotici. I prodotti naturali servono a dare un vantaggio al loro produttore o servono ad ammazzare altri batteri vicino a lui. Ci sono aree e classi di enzimi, recettori e canali ionici in cui ci sono molti prodotti naturali che agiscono. I prodotti naturali sono spesso più complicati dei prodotti di sintesi cioè hanno sistemi ciclici che non sono immediati in una sintesi e hanno molti centri chirali. Fare enzimi chimicamente per sintesi è difficile mentre farlo usando batteri è più semplice. I prodotti naturali hanno anelli, condensazione e stereocentri. Inoltre hanno un alto numero di atomi di ossigeno perché gli enzimi e i pathway che abbiamo fanno molte reazioni che hanno come base l’ossigeno e reazioni che comportano la presenza di atomi di ossigeno. Sinteticamente è più facile lavorare con l’azoto. Nelle molecole sintetiche c’è molto più azoto rispetto a quelle di origine naturale. C’è molto più ossigeno nelle molecole di origine naturale che in quelle sintetiche. Ad es. il tassolo ha un solo atomo di azoto e moltissimi atomi di ossigeno. Il tassolo è un farmaco di origine sintetica che ha effetti collaterali anche su altri settori dell’organismo a causa della presenza di molti ossigeni. Queste molecole vanno a dare reazioni con altre macromolecole naturali. Molti prodotti naturali sono molto potenti e specifici e a volte la modificazione semi-sintetica è mirata a diminuire la potenza per fare in modo che siano meno tossici e più biodisponibili. Un farmaco sintetico contiene molti atomi di azoto e eteroatomi come i due fluori. Molti prodotti naturali sono volutamente aspecifici. La prima macchia è una collezione di milioni di composti fatte per sintesi all’interno di librerie combinatoriali, la seconda contiene prodotti naturali e la verde contiene le 5000 drugs potenziali. E’ più probabile ottenere farmaci partendo dalle verde. I prodotti naturali hanno il vantaggio della non ovvietà e del riuscire a farci aprire aree di struttura che non penseremmo di usare. I prodotti naturali sono più diversi tra loro rispetto alle molecole di sintesi. Chimica genetica: Uso di tecnologie e metodi chimiche per accelerare e/o migliorare i risultati ottenuti con tecniche genetiche classiche nell’identificare e validare nuovi target. Si riesce ad ottenere già da subito una molecola in grado di interagire con il target. La chimica genetica richiede interazione tra chimici e biologici (spesso assente). Questo termine è stato appena coniato e i prodotti naturali sono un esempio di chimica genetica. Esempio: capsaicina Questa è una molecola semplice ed è il principio attivo dei peperoncini rossi. E’ isolato dai red hot chili peppers. La capsaicina è un farmaco venduto in USA che si può usare a livello topico per far diminuire le infiammazioni. E’ stata usata per identificare e validare un nuovo target e creare un’area terapeutica nuova. La sua sintesi è stata messa a punto 80 anni fa ed ha una struttura chimica semplice. 25 anni dopo si arriva ad un lavoro pubblicato in Ungheria nel 1955. In quel periodo non esisteva la ricerca molecolare ma nell’abstract si dice che questa molecola ha 3 siti di azione. Iniettata sviluppa un riflesso che fa saltare i cani e i gatti e ha un effetto vasocostrittore nel gatto che va quasi in collasso respiratorio. A quei tempi la caratterizzazione era fatta in vivo ora per fortuna no. Pochi anni dopo si è visto come era possibile determinare il titolo di capsaicina all’interno del peperoncino. Si sono usati 4 g di paprika estratti e purificati per arrivare alla molecola. Nel 1968 è stata elucidata la via biosintetica. Nel 1975 si pubblicano lavori che mostrano che la capsaicina blocca la capacità sensoriale del neurone di provare un certo tipo di stimolazione che provoca poi il dolore. Si lavora ancora negli animali usando l’occhio di topi facendo iniezioni e provocando effetti antipatici. Nel 1990 si scopre una molecola di origine naturale di nome RTX (analoga strutturalmente della capsaicina) che è 10000 volte più potente della capsaicina. E’ un veleno ed è molto potente nell’interagire con i recettori. Per la prima volta si parla di recettore che è un target biologico. Usando materiale radioattivo si vede che in certi tessuti ci sono dei recettori vanilloidi. Si vede che una parte della struttura della capsaicina si trova anche nella tossina. Nel 1991 si inizia a caratterizzare le caratteristiche del recettore della capsaicina e si identifica il PM e in che zone si trova nel maiale (studi fatti nel maiale). Nel 1998 (70 anni dopo la scoperta della capsaicina) si è isolato, caratterizzato e clonato il recettore della capsaicina che è un canale ionico attivato dal calore nel pathway metabolico che porta al dolore. Questo serve per sottolineare che prima di scoprire il recettore non si conoscevano gli effetti nocicettivi (generazione del dolore non acuto) cioè del perché ci fosse un dolore cronico (es. artrite). Non si capiva come funzionavano questi fenomeni. Non si poteva scoprire il recettore prima di scoprire la capsaicina ed usarla per identificare il recettore. Es. di chimica genetica: si usa la capsaicina per andare a cercare quale è il recettore della capsaicina che provoca i fenomeni nocicettivi (es. diabete). Alcuni tessuti sono sottoposti in presenza di capsaicina e l’effetto di luce gialla è l’effetto di attivazione del recettore di uno specifico tessuto in presenza di capsaicina. Si riesce a capire localizzato il suo recettore VR1. Viene caratterizzato e si vede che è un canale ionico con un certo potenziale elettrico. Es. habanero dà una forte sensazione di dolore. Il recettore è stato identificato e abbiamo collegato il fenomeno del provocare dolore cronico con la capsaicina il recettore. Ora si devono usare prodotti capaci di interagire con quel recettore per essere in grado di modulare la sensazione del dolore cronico. Senza aver avuto la capsaicina non si sarebbe potuto identificare e validare il recettore. Stesso discorso nel caso del tassolo. Il cluster è un raggruppamento di molte cose che siano tra loro affini. Le proteine sono tutte fatte da amminoacidi diverse in sequenze che assumono conformazioni diverse. E’ possibile raggrupparle andando a vedere omologia tra proteine che appartengono a famiglie diverse. Si possono mettere insieme proteine simili che hanno però funzioni completamente diverse. PSSC è il mettere insieme proteine sulla base del fatto che abbiano affinità di struttura del sito attivo. Es. Cdc25 è una chinasi, c’è anche una deidrogenasi e l’acetilcolina esterasi che è un’esterasi che idrolizza l’acetilcolina. Esterasi,deidrogenasi e chinasi che fanno cose completamente diverse. La loro area catalitica ha una struttura simile. Considerando la struttura del sito catalitico si possono vedere prodotti naturali testati anche in presenza delle altre e si vede che ci sono molecole che scoperte come inibitori di chinasi magari toccano target biologici a cui non avremmo nemmeno pensato. C’è un altro approccio che cerca di razionalizzare i prodotti naturali. Quando sintetizzo un prodotto in laboratorio so cosa voglio fare e devo solo verificare che la reazione sia andata bene o meno e che il prodotto si sia formato. Nel caso di un prodotto naturale isolato da un estratto posso cercare una molecola che mi interessa con un saggio biologico ma non so che prodotto si forma. Si usa un dizionario di prodotti naturali che contiene 200.000 strutture diverse una dall’altra rappresentative dello spazio dei prodotti naturali. Il database è stato ripulito dagli errori e si è arrivati a 171.000 molecole di qualità poi ripulite dagli agliconi (utili per fare entrare i prodotti naturali nelle membrane). Si arriva a 149000 strutture diverse. Si sono isolate le caratteristiche che hanno cioè lo scaffold. Tra quelle che possono essere clusterizzate perché hanno un nucleo simile si arriva a circa 25000. Si parte dal fatto che ci sono molecole che contengono eterocicicli ad ossigeno o a carbonio o eterocicli all’azoto e si cerca di costruire passaggi che portano dall’uno all’altro di questi 25000 scaffold. Più è vicino uno scaffold all’altro più è probabile che l’attività biologica sia simile e più sono lontani più è probabile che interagiscano con molecole diverse. Si cerca di razionalizzare le affinità o le non affinità di questi prodotti. SCONP significa creare un diagramma che contiene tutti i nuclei che si trovano nella maggioranza dei prodotti naturali e si deve fare in modo di connetterle l’uno all’altro. Si fa una carta di prodotti naturali per vedere quanto sono affini per attività biologica. Es. il discolide e l’acido glicilretinico sono molecole strutturalmente diverse ma con attività biologica simile. Verificando nello SCONP si vede che la connessione tra il nucleo principale del primo e del secondo è abbastanza vicina come numero di frecce che portano all’uno o all’altro. Se si mette insieme il clustering delle proteine e lo SCONP si ottiene da un lato una collezione di composti o molto diverse tra loro o molecole diverse ma simili per come si trovano nell’albero genealogico e dall’altro lato mettere insieme target potenziali diversi in un saggio ma simili per poter aumentare la speranza di trovare qualcosa di attivo. E’ facile razionalizzare il processo di identificazione di prodotti naturali, isolamento degli stessi, identificazione di target simili uno all’altro e identificazione di molecole che sono in grado di interagire. Es. fare molecole chimiche ispirate alla reserpina è difficile da fare sinteticamente. Sarebbe utile trovare sistemi per avere molecole con la stessa attività biologica ma sintetizzate in modo più semplice. Sono state fatte libreria ispirate alla struttura delle reserpine e hanno fatto una serie di sintesi più semplici in fase solida. Validazione di un target: Validare un target significa confermare la possibilità di interagire con un gene identificato o con un gene appartenente ad una famiglia identificata, ottenendo il risultato sperato (con reagenti chimici o biotecnologici, o attraverso tecniche di biologia molecolare o genetiche). Se levo una chinasi nel topino transgenico ho che non muta il tumore ma nella malattia il gene c’è. Non basta dimostrare che se levo quel gene per ablazione la malattia si risolve. Devo dimostrare che prendendo delle molecole che interagiscono e sottoponendole all’organismo non facciano morire la cellula o il topo e la malattia si risolve. Per validare un target non basta dimostrare che il target è importante per la malattia ma dimostrare con degli strumenti (farmaci) posso modulare il suo effetto patologico e risolvere la malattia. In un tetraedro possiamo pensare che alla base c’è il fenotipo, la connessione tra il fenotipo e la malattia stessa, il target molecolare che la provoca. Quando ho fatto questa connessione ho che il target è validato ma non ho dimostrato che è possibile interagire con questo target e risolvere la malattia. Bisogna mettere anche la molecola (prodotto naturale o sintetico) capace di interagire con il target e di cambiare il fenotipo e risolvere la malattia. Il target è validato quando si è verificato che trovato un effettore (inibitore, agonista o antagonista), questo interagisce con il target ed è in grado di influire positivamente su uno stato di malattia. Devo bloccare il fenotipo della malattia. Si vuole quindi validare in modo inequivocabile la connessione targetmalattia. L’effettore deve essere drug like, essere selettivo, non molto costoso, biodisponibile, non tossico ecc. Forward genetics è quando io conosco il fenotipo patologico e voglio trovare un gene responsabile di quel fenotipo. Sottopongo la coltura a dei mutageni (es. luce ultravioletta) e quando vedo il fenotipo che voglio blocco e leggo il DNA e vedo così quale gene è stato mutato. Le mutazioni sono fatte per effetto di mutageni ben noti. Ho trovato la connessione fenotipo-patologico. Nella reverse genetics ho un sospetto che ci sia un gene implicato in una malattia. Cancello dal DNA il gene e provo ad introdurre un corredo genomico diverso e vedo se la linea cellulare prende il fenotipo patologico. Se lo prende ho verificato la connessione. Gli approcci della chimica genetica hanno un piccola differenza. Induco la mutazione per azione di composti chimici che non so cosa facciano e faccio una coltura cellulare e faccio una libreria. Se in presenza di uno di questi composti (ho lavorato sul gene) vedo svilupparsi il fenotipo che voglio, ho che il composto aggiunto è in grado di interagire con il prodotto del gene e fare in modo che il fenotipo si sviluppi. Sono arrivata dal proteina e non dal genoma. Nella chimica genetico classica si usano mutageni ben noti mentre nella chimica genetica le variazioni del fenotipo sono indotte da composti chimici che interagiscono con il target biologico desiderato. Si usano piccole molecole o composti di sintesi che interagendo con una proteina responsabile del fenotipo provocano l’effetto fenotipico stesso. La chimica genetica è interdisciplinare: componente legata alla biologia e alla chimica. C’è la necessita di aver accesso alla diversità chimica perché mi servono i composti chimici che inducono i cambiamenti fenotipici e mi serve avere una collezione di composti chimici. Servono saggi di attività a livello cellulare che permettano di osservare questo fenotipo, serve avere la possibilità di poter miniaturizzare i volumi e fare i saggi in parallelo. Nella genetica classica i pro sono che è molto diffusa e poco costosa, semplice e routinaria. I contro sono che a volte non funziona. Se ho un sospetto su un gene che è coinvolto nella malattia ho che il topo transgenico nemmeno nasce perché magari oltre ad essere collegato alla malattia ho che il gene è collegato allo sviluppo. Sono mutazioni letali. Un altro svantaggio è che è irreversibile. La chimica genetica invece è reversibile. Se metto una coltura in presenza di un composto ho che il prodotto genico è inibito. Quando tolgo il composto il gene si rimette a funzionare perché non ho cancellato il gene. Ottengo l’identificazione e la validazione del target ma anche la struttura di un composto che è capace di interagire con quel target. Inizio da subito a poter sviluppare un potenziale farmaco. Ho da subito delle informazioni strutturali. I contro sono che è poco diffusa e costosa (non solo delle apparecchiature ma anche delle diversità chimica e dei saggio biologici), meno semplice la connessione fenotipo-genotipo e serve interazione tra biologi e chimici. Esempio: mitosi in Zebra fish In embrioni non umani sono usati composti per vedere se provocano alterazioni in un organismo. Poi si cerca di caratterizzare la molecola e capire come funziona. C’è una rivelazione visiva e uno sviluppo rapido. I ricercatori hanno 1100 composti chimici diversi e i composti sono messi in 3 pozzetti diversi. Il primo screening è vedere se lo sviluppo del pesciolino cambia. In ogni pozzetto sono messi 3 embrioni in presenza di 1 µM a 28,5°. Iniziando il processo di fertilizzazione si vede se con il microscopio ottico l’embrione cresce normalmente o meno. Se lo sviluppo è normale deduco che il composto non fa nulla mentre se muore ha un effetto tossico. E’ talmente tossico che lo uccide ma non mi interessa capire perché lo uccide. Si usa questa concentrazione perché è sufficientemente elevata per sperare di trovare qualcosa di attivo ma non troppo elevata. 20 di questi composti hanno un effetto tossico e 20 embrioni muoiono perché è troppo tossico. Ci sono 8 composti che provocano mutazioni non letali ma al microscopio si vede che ci sono cambiamenti puntuali cioè legati ad una specifica funzione. Non è un effetto pleiotropico cioè generale ma specifico. Alcuni interferiscono con lo sviluppo del sistema nervoso, del cardiovascolare, pigmentazione e 1 con lo sviluppo della funzione uditiva. Nel 2000 ci si concentra sulle 8 molecole e su 3 che riguardano il sistema nervoso centrale. Non c’è una mutazione visibile ma ci sono modificazioni nello sviluppo di alcune funzioni della corteccia celebrale. Trattando con queste molecole ci sono alterazioni a livello celebrale. Stessa cosa a livello del sistema cardiovascolare. Una delle 2 molecole è interessante perché una delle alterazioni che provoca si è scoperto essere uguale ad un’alterazione già nota per via genetica. Si è presa la molecola, è stato preso il target ottenuto attraverso la genetica classica (che mutandolo dava lo stesso fenotipo) e si è verificato che i due interagiscono. Ci sono poi pigmentazioni diverse legate a queste molecole. Il composto che interferisce con la funzione uditiva perché c’è un organo che non si sviluppa in modo corretto. Si può usare la reversibilità. Posso non trattare per tutte le 72 ore con il composto. Questo è quello che è stato fatto nello screening 1°. Successivamente si è trattato con il composto ad intervalli di tempo diversi. Questo mi permette di studiare in che periodo dello sviluppo il target interviene. E’ stata identificata una molecola che interagisce con la funzione uditiva ma anche una finestra temporale che mi dice quando un gene che codifica per il prodotto genico si attiva. Questo lo posso fare perché uso un approccio reversibile mentre se avessi usato un approccio irreversibile avrei potuto geneticamente identificare il target ma non accendere e spegnere l’effetto durante tutto il periodo dello sviluppo. Abbiamo generato fenotipi, fatto screening di attività con una rivelazione visiva. In un microangiogramma si vede che il tipo di mutazione non permette al sangue di arrivare nella coda. La mutazione provoca una malformazione dell’aorta. Questa mutazione era nota. Gli altri due composti provocano lo stesso tipo di fenomeno. Si fa un approccio di reverse genetics: ho il gene responsabile di questa malformazione e voglio trovare molecole in grado di far revertire l’effetto della mutazione cioè di ripristinare il fenotipo fisiologico e aboliscono il fenotipo patologico. E’ stata usata una libreria di 5000 molecole, è stato preso il pesce che esprimeva la mutazione e si è andato a cercare il fenotipo normale. Si trovano così 2 molecole in grado di riportare la circolazione al 100%. Usando un approccio chimico genetico si elucida il modo in cui certe mutazioni portano a degli effetti. Si è determinato il target molecolare della mutazione e si è verificato che la circolazione è bloccata agendo su un target specifico VEGF (recettore di membrana). Questo recettore provoca il blocco della circolazione. Dato che queste due molecole sono in grado di interagire con il recettore si ha che ripristinano la funzionalità e fanno in modo che la mutazione non sia rilevante. Bioassay: organismo I pro sono molto più predittivi, i più utili e i più importanti. I contro sono che sono difficili da mettere a punto, difficili da automatizzare e gli organismi sono costosi. Se si usa il Danio Rerio molti di questi svantaggi scompaiono. Anziché fare screening su una chinasi o una linea cellulare si fanno su modelli di vertebrati. Si unisce la necessità di avere un troughtput alto e una produzione elevata. Il topo costa molto ed è vicino all’uomo. Rana e pesce sono distanti dall’uomo ma più facili da coltivare. Esempio: monastrolo (mitosi cellulare) E’ possibile trovare una selettività in vivo tra cellule sane e malate. C’è qualcosa che inibisce l’iperproliferazione delle cellule tumorali identificando uno più target (una specifica componente o una specifica fase). Serve mettere in piedi un saggio rapido con risposta sì o no: attivo blocca la mitosi, non attivo non la blocca. E’ stato fatto uno screening primario a livello cellulare che si basa sulla fosforilazione della nucleolina che si trova all’interno del nucleo. Quando avviene la mitosi si ha che il livello di fosforilazione della nucleolina cresce. Non si fa altro che misurare il livello di fosforilazione di questa molecola. Non appena ho identificato i potenziali bloccanti del sistema mitotico ho bisogno di screening secondari che mi dicono in che modo è bloccata la mitosi. Si vuole bloccare il processo mitotico per una cellula tumorale. La mitosi è iniziata ma non finisce e viene bloccata nel processo mitotico. Se la nucleolina è alta siginifica che il processo è bloccato in mitosi. Non mi dice se la cellula è tumorale o meno ma è ovvio che per fare il saggio scelgo la linea cellulare che mi interessa. Si cerca un inibitore specifico della bipolarità legata al fuso mitotico. In un approccio di chimica genetica c’è bisogno di avere una collezione di composti, qui la collezione è di 16000 composti e serve un saggio biologico che permetta di verificare se questi composti hanno un’attività di interesse. Il saggio 1° è la fosforilazione della nucleolina. Il 99% non danno l’effetto desiderato per verificare l’inibizione della mitosi. Questi composti non sono rilevanti per la mitosi ma 139 composti cioè circa l’1% interferiscono con la fosforilazione della nucleolina. Quando faccio un saggio di questo tipo mi aspetto di avere un basso numero di positivi che è indice di qualità del risultato. Se i numeri sono troppo elevati è probabile che il saggio non sia molto specifico. Mi aspetto una risposta intorno all’1%. Noi vogliamo bloccare il processo mitotico mentre sta funzionando per un anti-tumorale. Una volta che la cellula è in una situazione mitotica non controllata dalla regolazione fisiologica si ha un livello alto di nucleolina. Se vedo che la coltura in presenza delle 139 molecole ha un livello di nucleolina alto che resta bloccato questo significa che ho bloccato il processo permettendo alle cellule di non continuare a ri-innescare in continuazione il processo mitotico e quindi a moltiplicarsi. E’ entrato in mitosi ma non riesce ad uscirne. Il fatto che la fosfonuclelina sia resti elevata significa che il processo mitotico è bloccato. Questo non mi dice se la cellula è tumorale o meno ma il saggio lo scelgo io su cosa farlo. Scelgo una cellula di rilevanza patologica. Gli altri 16000 vengono scartati per questo target specifico. Possono essere usate per altri target. Ci si focalizza con le 139 molecole restanti. Ci vogliono dei saggi secondari per capire dove e come le molecole interferiscono con il processo mitotico. Ad es. un saggio 2° per l’inibizione della polimerizzazione della tubulina. Il 2° saggio è fatto solo sulle 139 molecole risultate positive dal 1°. E’ un saggio più difficile ma non è un problema perché è fatto su meno molecole. Viene usata tubulina bovina in presenza di 50 mM di composto, si mette ad incubare per 20 minuti. In presenza di 52 molecole tra le 139 si ha che la polimerizzazione è inibita. 52 molecole sono molecole inibitori della polimerizzazione della tubulina. Non si vuole trovare un nuovo tassolo ma nuovi meccanismi in grado di inibire la mitosi ma agiscono nello stesso modo del tassolo. Si ha che una molecola synstab blocca il processo della mitosi stabilizzando la polimerizzazione della tubulina. I microtubuli diventano troppo solidi e stabili e non bloccano la vitalità della linea cellulare ma la parete cellulare è troppo stabile e i due nuclei non si formano. Si ha un effetto sulla mitosi ma non è interessante per questa ricerca ma per altre. 86 molecole (13952-2) non interferiscono con la tubulina e sono quelle interessanti. Si vuole trovare un altro meccanismo legato a target diversi. Le 86 molecole sono sottoposte ad uno screening 3°: si usa un microscopio elettronico per vedere in dettaglio la mitosi e vedere come evolve in presenza di questi composti. Si trovano 12 composti tossici che uccidono in modo aspecifico le cellule tumorali. Agiscono su troppi target contemporaneamente (effetto pleiotropico) e sono messi da parte perché colpiscono diversi pathway metabolici magari rilevanti per le cellule sane. 27 composti non danno nessun effetto durante la mitosi. Sono composti chiamati falsi positivi: sono usciti dallo screening 1°, dal 2° ma al 3° non danno effetti. Probabilmente il 1° aveva qualche effetto collaterale magari legato a caratteristiche chimiche o fisiche di queste molecole. 42 composti sono attivi sia nel processo mitotico che nell’interfase. Tra le 42 molecole ce ne sono alcune specifiche che interferiscono con un solo target. Si focalizzano solo su 5 composti che sono attivi durante la mitosi. Sono molecole diverse chimicamente una dall’altra e biologicamente hanno una diversità bassa. Il monastrolo è la più potente. La struttura si trova sulla superficie del fuso e hanno paragonato questo fenotipo al sole e il nome deriva da “mono-aster”. Questa molecola è specifica, è potente e provoca la transizione della struttura fusiforme a una struttura stellare ma si ha che i cromosomi dovrebbero migrare ma trattando con monastrolo i cromosomi si trovano alle estremità e non migrano. La mitosi non evolve e resta bloccata. Le cellule tumorali sono delocalizzate e non possono più proliferare. La cellula non muore ma resta bloccata. Si immagina che ci sia un problema nello spostamento fisico corretto dei protonuclei e dei cromosomi. Hanno guardato ai potenziali target implicati nello spostamento dei componenti del processo mitotico. Si sono focalizzati sulle chinesine. Sono proteine che cineticamente spostano i cromosomi. Il monastrolo è in grado di inibire completamente una chinesina di nome Eg5. E’ stato identificato il partner di legame del monastrolo e si può così bloccare il processo mitotico. Il DHP2 (analogo sintetico) e il monastrolo sono molecole simili: nel 1° c’è un metossile in posizione 4 mentre nel 2° c’è un idrossile in posizione 3. L’attività cambia solo spostando di una posizione. Questo dimostra che l’attività è molto specifica. Se non ci fosse stato il monastrolo sarebbe stato difficile bloccare questo processo e selezionare la chinesina specifica da inibire. A concentrazioni diverse di monastrolo si ha che: a 0 mM quasi il 90% della popolazione cellulare è normale, a 25 mM una buona parte delle cellule ha un fenotipo del fuso diverso e si forma il monoastro, a 50 mM e 100 mM aumenta di più il monoastro. E’ un effetto che ha una sua specificità perché si forma uno specifico fenotipo. Il target biologico è caratterizzato ed è un inibitore allosterico (non si lega nel sito di legame del target ma in un altro sito e provoca un cambiamento conformazionale e fa sì che la chinesina non faccia più il suo lavoro). Prendendo una cellula tumorale e una normale si vede un diverso effetto del monastrolo. Non esiste l’antitumorale perfetto ma l’effetto del monastrolo è più forte sulle tumorali e non molto efficace sulle normali. Si trova una finestra terapeutica: si riesce ad essere efficace sulle tumorali senza essere troppo efficace sulle normali. Dal punto di vista terapeutico sappiamo che ci sono alcune cellule tumorali resistenti all’antitumorale. Negli anti-tumorali c’è un meccanismo di trasporto dove ci sono pompe che riconoscono il tassolo e lo buttano fuori e non è più attivo. Il tassolo è molto più attivo del monastrolo. Quest’ultimo è attivo su linee tumorali resistenti al tassolo. Il monastrolo non è in commercio perché è validato ma è troppo poco potente. Si usano ad es. epotiloni. Si è scoperto che il monastrolo ha una superficie simile all’ADP. Legando al sito dell’ADP si ha che il monastrolo non permette alla chinesina di funzionare perché non permette di far creare energia necessaria allo spostamento. Ci sono strutture molto diverse dal monastrolo più solubili e non tossiche e ci sono alcune aziende che le stanno sviluppando e sono in fase clinica di sperimentazione (es. KSP). Chimica genetica-chinasi: Le chinasi sono ATP competitive cioè vanno a competere con il sito dell’ATP. Le chinasi sono target molto validi per la iperproliferazione e malattie neurodegenerative ma è difficile inibire una sola chinasi. Si trova un qualcosa di tossico. Esempio: chinasi Tutte queste chinasi sono estremamente simili. Ci sono siti fosforilabili su questi substrati. Le chinasi sono enzimi ATP-dipendenti quindi l’energia e il gruppo P sono presi dall’ATP che diventa ADP e viene innestato sull’OH. Il sito di legame di ogni chinasi deve avere una tasca che riconosce l’ATP e una tasca in cui si lega il substrato che viene fosforilato. La maggior parte degli inibitori delle chinasi note sono ATP-competitive quindi il sito di legame con cui si va a competere è quello dell’ATP che è identico per tutte le chinasi. Le chinasi sono target popolari nella iperproliferazione e la morte cellulare precoce. E’ facile creare l’inibitore di chinasi perché basta mimare l’ATP ma non si inibisce una chinasi sola ma molte chinasi. Siccome le chinasi sono molto simili è difficile identificare e validare il target. Se faccio un saggio di attività in vitro ho che gli inibitori ne inibiscono molte ma in vivo inibiscono una specifica chinasi. E’ difficile capire quale chinasi è responsabile di un certo effetto patologico. All’interno delle 516 chinasi c’è una famiglia Src. Le chinasi della stessa famiglia hanno omologie elevate. Se abbiamo ATP e ADP e la cellula sta vivendo abbiamo un certo n° di substrati noti di queste chinasi. S, Y, T sono i simboli di serina. reonina e tirosina. Quale Src chinasi devo inibire per inibire la fosforilazione di questi specifici siti? Dovremmo essere in grado di discriminare tra le diverse chinasi ma è difficile. L’idea è stata di prendere una linea cellulare e modificare una chinasi Src facendo in modo di introdurre una modifica facendo sì che si crei una tasca aggiuntiva a livello del sito attivo. Il sito attivo è ingrandito ed è presente una taglia lipofila aggiuntiva. Se si prende un inibitore più grosso con un appendice adatta ad entrare nella tasca aggiuntiva si ha che questo inibitore fa fatica ad entrare nella tasca delle chinasi normali e non vi si lega. Si lega solo alla chinasi modificata. Si vede che le uniche fosforilazioni che non avvengono sono quelle che dipendono da Sarc perché Sarc è l’unica inibita. Hanno modificato selettivamente ogni membro di questa famiglia e impiantando il corredo genetico modificato. Sono riusciti a discriminare quale è in vivo la chinasi che discrimina uno o l’altro substrato. Questo è il primo passo nell’identificazione del target. Andando a fare delle mutazioni su una valina e una isoleucina che diventa valina si ha che diminuisce l’ingombro del sito attivo e si crea una tasca. La tasca viene creata facendo modificazioni specifiche su questi due amminoacidi. Se do ATP si che ha qualsiasi delle chinasi che stiamo determinando lega l’ATP. Se si fanno ATP modificati (anziché X=NH2 si mettono sostituenti più o meno ingombranti) le chinasi non si riescono a legare al sito dell’ATP perché il sostituente fa in modo che non riescano ad entrare nella tasca. Fa in modo che entrino solo nella tasca delle chinasi in cui c’è la modificazione. Entrano solo nella tasca della chinasi geneticamente modificata perché è più grande. Lo stesso discorso si può fare usando un derivato dell’ATP sintetico che è un inibitore delle chinasi. Se prendo la molecola e la metto in presenza della cellula che usa varie chinasi questa blocca tutti processi regolati dalle chinasi della famiglia Sarc. Se la molecola la funzionalizzo e sull’amminogruppo attacco altre derivatizzazioni si ha che le molecole derivatizzate inibiscono solo le chinasi modificate e non la chinasi normale. Non riescono ad entrare nel sito attivo dell’ATP. Usando ATP modificati faccio crescere solo le chinasi modificate mentre usando inibitori ingranditi inibisco solo le chinasi modificate. Più l’ic50 (concentrazione inibitrice del 50% di un’attività enzimatica) è grosso meno l’inibitore è attivo, più è basso più riesco ad inibire del 50%. Una molecola è un inibitore di chinasi quando R=H. Quando lo do ad una linea con tutti i membri delle Sarc chinasi le inibisco tutte le chinasi. Se una delle chinasi è modificata con la tasca di legame più ampia dell’ATP e uso R=H l’inibitore si lega a tutte le chinasi. Se metto R=ammidi ingombrate la molecola si lega solo alla chinasi con il sito più ampio e inibisce solo quella. Queste molecole dovranno avere una potenza inibitoria molto alta solo sulle chinasi modificate mentre una potenza inibitoria più bassa sulle altre compresa la stessa chinasi senza la mutazione genetica. Con questi inibitori inibisco solo una chinasi. Posso capire cosa faccio a livello cellulare se inibisco solo una certa chinasi. 0,43 è la quantità di composto per inibire il 50% della chinasi wt. E’ un approccio non naturale perché la chinasi è stata modificata geneticamente. Riesco a discriminare potenziali target in una famiglia di composti molto simili tra loro. C’è una rilevanza scientifica perché capisco quale è il responsabile di una malattia rispetto ad un altro simile e c’è una rilevanza terapeutica perchè poi mi metto a cercare inibitori di quella specifica chinasi per avere un’attività terapeutica. Questo è un approccio forward: si usano delle molecole e si cercano in un pool il target adatto. Si può anche fare un approccio opposto. Se si prende una molecola nota come inibitore come il GW400426 (inibitore di chinasi molto potente in vitro) si vede che inibisce alcune chinasi. In vivo quale è l’interazione importante? Questo approccio permette, modificando una o l’altra chinasi di riuscire a capire quale chinasi nella cellula provoca il fenotipo che voglio. Facendo degli studi di chimica genomica siamo in grado di capire quale sia nella cellula il target responsabile del fenotipo che vediamo. Avendo la molecola si può vedere che sono due le chinasi importanti per regolare tutte le cascate metaboliche che dipendono da questa molecola e sono cdk1 e pho85. Queste non sono le due chinasi che se misuro in vitro vedo la potenza più alta. C’è enorme differenza tra in vivo e in vitro. Questo non sarebbe possibile avere la chimica e la modifica applica alle molecole.