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L’ ECOLOGIA DELLO SVILUPPO UMANO
Punto di convergenza tra le discipline biologiche, psicologiche e sociali, l’ecologia dello
sviluppo umano è un indirizzo di studio e ricerca che si propone di indagare in modo nuovo
l’interazione individuo-ambiente. URIE BRONFENBRENNER, psicologo americano docente
alla Cornell University di New York, è attualmente il principale rappresentante di tale
orientamento. La sua opera principale, pubblicata nel 1979 e tradotta recentemente anche in
Italia con il titolo di Ecologia dello sviluppo umano, costituisce la trattazione più coerente e
sistematica della disciplina di cui delinea i fondamenti teorici e metodologici.
La psicologia dello sviluppo e il problema dell’ambiente
Bronfenbrenner parte innanzitutto da una critica al modo con il quale, generalmente, la
psicologia, ed in particolare quella evolutiva, considera l’ambiente ed effettua le proprie ricerche:
“L’affermare che lo sviluppo umano è il prodotto dell’interazione tra l’organismo umano che
cresce e il suo ambiente costituisce, per le scienze del comportamento, quasi un luogo comune ..
Ci si aspetterebbe pertanto che la psicologia ... abbia come oggetto di ricerca l’individuo e
l’ambiente, con una speciale attenzione per l’interazione tra essi. Ciò che invece riscontriamo
nella pratica è un’asimmetria marcata . .. tanto a livello di teoria che di ricerca, entrambe centrate
sulle caratteristiche dell’individuo e con una concezione e caratterizzazione dell’ambiente in cui
l’individuo si trova, alquanto rudimentali ... il panorama è scoraggiante ... I concetti che
vengono utilizzati (per descrivere l’ambiente) sono limitati a poche categorie grezze e
indifferenziate che si limitano a discriminare i vari individui in termini di indirizzo sociale -il
contesto da cui provengono - o poco di più ... Inoltre i risultati di queste ricerche consistono in
una quantità schiacciante di informazioni relative non ai contesti dai quali i vari individui
provengono, ma alle caratteristiche degli individui stessi, relative cioè, al come i soggetti
provenienti da contesti diversi differiscono tra loro . . Infine, e forse ironicamente, i dati di questi
studi, di solito sono ottenuti togliendo i soggetti della ricerca dal contesto particolare che è
oggetto di indagine e piazzandoli in un laboratorio o in una stanza adibita alla somministrazione
di test . . . Si potrebbe dire, da questo punto di vista, che molta dell’ attuale psicologia dell’età
evolutiva è scienza del comportamento inusuale di bambini posti in situazioni insolite con
adulti sconosciuti per il più breve tempo possibile.” (U.BRONFENBRENNER, Ecologia
dello sviluppo umano, pp. 47-51)
L’ecologia dello sviluppo umano
Questa ed altre osservazioni, frutto di studi e di analisi molto ampie, consentono allo
psicologo americano di delineare i compiti del nuovo orientamento di studi:
“L’ecologia dello sviluppo umano implica lo studio scientifico del progressivo
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adattamento reciproco tra un essere umano attivo che sta crescendo e le
proprietà, mutevoli, delle situazioni ambientali immediate in cui l’individuo in via
di sviluppo vive, anche nel senso di definire come questo processo è determinato
dalle relazioni esistenti tra le varie situazioni ambientali e dai contesti più ampi di
cui le prime fanno parte.” (ivi, p. 54-55, Definizione 1).
Questa definizione sottolinea in modo particolare tre aspetti centrali nello studio dello
sviluppo umano e dell’interazione individuo-ambiente:
1. l’individuo in via di sviluppo non è considerato semplicemente come una tabula rasa che
l’ambiente plasma, ma è visto come entità dinamica che cresce e che si muove
progressivamente all’interno del milieu (ambiente) in cui risiede e lo ristruttura
2. l’interazione tra individuo e ambiente è considerata bidimensionale, è cioè caratterizzata
dalla reciprocità;
3. l’ambiente che si considera rilevante per i processi evolutivi non è limitato ad un’unica
situazione ambientale immediata, ma viene esteso nel senso di includere le interconnessioni tra
più situazioni ambientali, nonché le influenze esterne che derivano da condizioni ambientali di
carattere più generale.
L’ambiente ecologico
Siamo, con l’ultima osservazione, nel cuore della teoria di Bronfenbrenner vale a dire nella
nuova concezione e considerazione che egli ha relativamente all’ambiente che incide sullo
sviluppo umano. Questa nuova concezione che egli propone, immagina l’ambiente come “una
serie ordinata di strutture concentriche incluse l’una nell’altra”. Tali strutture sono dette
rispettivamente: MICROSISTEMA MESOSISTEMA, ESOSISTEMA, MACROSISTEMA.
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Il microsistema:
“Un microsistema è uno schema di attività, ruoli e relazioni interpersonali di cui
l’individuo in via di sviluppo ha esperienza in un determinato contesto, e che hanno
particolari caratteristiche fisiche e concrete ”
Il microsistema, in altri termini, è l’ambiente più immediato e vicino, “un luogo in cui le
persone possono facilmente interagire faccia-a-faccia “. La casa, l’asilo nido o la scuola, il
campo-giochi, il gruppo di amici, l’associazione sportiva o ricreativa frequentata
quotidianamente, il quartiere e così via sono alcuni esempi di microsistema. L’ attività svolta in
tale contesto, il ruolo, la relazione interpersonale costituiscono - secondo Bronfenbrenner gli
elementi, o i blocchi costitutivi di questa prima realtà ambientale.
Il mesosistema:
“Un mesosistema comprende le interrelazioni tra due o più situazioni ambientali alle
quali l’individuo in via di sviluppo partecipi attivamente (per un bambino, ad esempio, le
relazioni tra casa, scuola e gruppo di coetanei che abitano nelle vicinanze di casa sua; per
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un adulto, quelle tra famiglia, lavoro e vita sociale) ”
Un mesosistema quindi è un insieme di microsistemi, un sistema di microsistemi. Si forma o
si estende ogniqualvolta l’individuo che cresce entra a far parte di una nuova situazione
ambientale (si pensi, ad es., all’ingresso del bambino nella scuola materna).
L’esosistema:
“Un esosistema è costituito da una o più situazioni ambientali di cui l’individuo in via
di sviluppo non è un partecipante attivo, ma in cui si verificano degli eventi che
determinano, o sono determinati da ciò che accade nella situazione ambientale che
comprende l’individuo stesso.”
Nel caso del bambino piccolo esempi di esosistema potrebbero essere il posto di lavoro dei
genitori, le loro amicizie, la classe frequentata dal fratello più grande, le attività del consiglio
scolastico locale e così via.
Il macrosistema:
“Il macrosistema consiste delle congruenze di forma e di contenuto dei sistemi di livello
più basso (micro- meso- ed esosistema) che si danno, o si potrebbero dare, a livello di
subcultura o di cultura considerate come un tutto, nonché di ogni sistema di credenze o di
ideologie che sottostanno a tali congruenze.”
In una data società, ad esempio - diciamo la Francia - un asilo nido, una classe scolastica, un
giardino pubblico, un caffè o un ufficio postale appaiono e funzionano in maniera molto simile,
ma differiscono tutti dai loro corrispettivi statunitensi. E’ come se in ogni paese le varie
situazioni ambientali fossero state costruite con lo stesso tipo di schema .Tali differenze non si
ravvisano solo tra diverse società e culture ma anche all’interno di una stessa società. Se è vero
infatti che le relazioni scuola-famiglia in Francia possono essere differenti da quelle riscontrabili
negli Stati Uniti; è vero anche che, sia in Francia che negli U.S.A., tali relazioni variano a
seconda delle classi sociali considerate (per es. famiglie benestanti e famiglie povere istituiscono
tanto in Francia che negli Stati Uniti relazioni differenti con il mondo della scuola). Anche tali
contrasti presenti all’interno di una società, sono fenomeni del macrosistema. Gli schemi dei
diversi sistemi differiscono per i vari gruppi socioeconomici, etnici, religiosi, ecc., e riflettono
sistemi di credenze e stili di vita contrastanti, che contribuiscono a loro volta a perpetuare gli
ambienti ecologici specifici di ciascun gruppo.
Le variabili dell’interazione individuo/ambiente
La concezione dell’ambiente, si presenta quindi, nell’ottica dell’ecologia dello sviluppo,
alquanto complessa e richiede un’attenzione molto ampia ed articolata da parte del ricercatore. A
tale visione dilatata dell’ambiente Bronfenbrenner aggiunge tutta un’altra serie di osservazioni
che ci aiutano a comprendere in che modo possa svolgersi il processo di adattamento reciproco
tra individuo ed ambiente.
Alcune domande possono aiutarci a capire il senso delle osservazioni di Bronfenbrenner:
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•
In che modo l’individuo esperisce l’ambiente nel quale opera o di cui sente l’influsso? Che
cosa vuoi dire, in altri termini, avere esperienza di un ambiente?
•
Come descrivere/definire il processo di adattamento reciproco tra individuo ed ambiente?
Quando tale processo si verifica?
Quando il rapporto individuo/ambiente si configura come un processo di sviluppo?
Quando, infine, una ricerca condotta sul rapporto tra individuo e ambiente può essere
considerata, nei suoi risultati, attendibile?
•
•
L’esperienza dell’ambiente
Perché è necessario mettere l’accento sulla esperienza che ogni individuo ha dell’ambiente
con cui interagisce?
“Si usa questo termine per sottolineare che le caratteristiche scientificamente rilevanti di
ogni ambiente includono non solo le proprietà oggettive di quest’ultimo, ma anche il modo con
cui tali proprietà sono percepite dagli individui che fanno parte di un determinato ambiente.” (ivi,
p. 55-56).
In altri termini, nell’affrontare il problema del feed-back tra l’individuo e il suo ambiente,
noi non dobbiamo accontentarci di descrivere, in modo obiettivo, ciò che quel contesto è (per es.
a quale classe economica appartiene la famiglia del bambino preso in considerazione). E’
necessario cercare di capire, anche, che cosa di quell’ambiente maggiormente influenza
l’insieme delle azioni e delle condotte esibite da quel particolare individuo; che cosa - in altri
termini - quel determinato ambiente significa per lui. Sono soprattutto “gli aspetti dell’ambiente
che hanno significato per l’individuo in una data situazione che si dimostrano più potenti
nel modellare il corso della crescita psicologica”. L’ambiente insomma che ha il massimo
grado di rilevanza per la comprensione scientifica del comportamento e dello sviluppo è quello la
cui realtà non è definita nei termini del cosiddetto mondo oggettivo, ma da come esso appare alla
mente dell’individuo.
Per avvalorare questa sua posizione Bronfenbrenner richiama, da un lato, l’importante legge
psicologica di W.l.Thomas per cui : “se gli uomini considerano determinate situazioni reali,
esse sono reali nelle loro conseguenze”; dall’altro gli studi ed i contributi teorici di Kurt Lewin
(1 890-1947) su quello che lo psicologo tedesco-americano definiva come il “campo
psicologico” o lo “spazio vitale” dell’esperienza psichica.
E’ proprio Lewin, scrive Bronfenbrenner, a dirci, già nel 1917, come ad esempio, la
percezione di un paesaggio possa modificarsi man mano che il significato dell’ambiente muta
nello spazio vitale del soggetto. Riferendosi alla sua esperienza di soldato, Lewin racconta
infatti, come quella che all’ ‘inizio poteva apparire una piacevole scena bucolica, costituita da
fattorie, campi o zone boscose, gradualmente cominci a trasformarsi quando ci si avvicina al
fronte, ai campi di battaglia. “La sommità di una collina - scrive Bronfenbrenner citando Lewin ricca di alberi, diventa un posto di osservazione, il suo lato più riparato la posizione più adatta
per pezzi d’artiglieria.., aspetti del paesaggio naturale che solo pochi chilometri più indietro
erano piacevoli sono ora percepiti come minacciosi: una gola che fa paura, la mimetizzazione
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degli alberi, la collina che nasconde un nemico inosservato . . . “.
Distingueremo pertanto, nell’analisi dell’ambiente, il contesto reale obiettivo, da quello
fenomenologico e soggettivo e parleremo di una preminenza dell’ambiente fenomenologico su
quello reale.
“Proprio tale esplorazione (ovvero l’esplorazione dell’ambiente fenomenologico) costituisce
il compito principale della scienza psicologica: è necessario scoprire empiricamente come le
varie situazioni ambientali vengono percepite dalle persone che sono coinvolte in esse. Lewin,
senza specificare i contenuti, distingue in ogni situazione ambientale due aspetti che attraggono
probabilmente l’attenzione di ogni persona. Il primo è la Tatigkeit, termine che forse si può
tradurre nel modo migliore con attività in atto; esso si riferisce ai compiti o alle operazioni nei
quali un individuo si vede impegnato, o vede impegnati gli altri, Il secondo aspetto consiste nella
percezione di interconnessioni tra le persone comprese nella situazione ambientale, e fa
riferimento non tanto ai sentimenti interpersonali quanto alle relazioni che le varie parti hanno tra
loro in quanto membri di un gruppo impegnato in attività comuni, complementari o
relativamente indipendenti.” (ivi, p. 59).
Oltre a questi due aspetti, messi in rilievo da Lewin, secondo Bronfenbrenner è necessario
tener conto di una terza caratteristica e cioè la nozione di ruolo definita come “un insieme di
comportamenti e di aspettative associati ad una determinata posizione all’interno della società,
come madre, bambino, insegnante, amico e così via” .
La “transizione ecologica”
Dopo aver definito la struttura dell’ambiente ecologico ed indicato la rilevanza della
prospettiva fenomenologica nella analisi dello stesso, Bronfenbrenner rivolge la sua attenzione al
processo di adattamento reciproco tra l’organismo e ciò che lo circonda. Nel tentativo di
comprendere tale processo egli elabora il modello della “transizione ecologica” inteso come
esempio eccellente della interazione tra individuo ed ambiente.
“Si verifica una transizione ecologica ogniqualvolta la posizione di un individuo
nell’ambiente ecologico si modifica in seguito ad un cambiamento di ruolo, situazione
ambientale o di entrambi” (ivi., p. 61).
Esempi di transizione ecologica si danno nell’arco di tutta la vita: “una madre viene a
contatto per la prima volta con il figlio neonato; madre e bambino tornano a casa dall’ospedale;
vi è un succedersi di baby sitters; il bambino entra all’asilo nido; arriva un fratello più piccolo;
Giovanni o Maria vanno a scuola, sono promossi, si diplomano o forse rinunciano. Vi è poi il
trovar lavoro, cambiar lavoro, perdere un lavoro; lo sposarsi, il decidere di avere un figlio;
l’avere dei parenti o amici (e il perderli); il comprare la prima auto, il primo televisore, la prima
casa; andare in vacanza, viaggiare, muoversi, divorziare, risposarsi; cambiar professione,
emigrare, oppure, per prendere in considerazione aspetti ancora più universali: ammalarsi, andare
all’ospedale, risanarsi; tornare al lavoro, andare in pensione; e la transizione finale, che non
ammette deroghe - morire.” (ivi, p. 62)
Le alterazioni prodotte dalle transizioni ecologiche, attraversano tutti i livelli
dell’ambiente: “. . . l’arrivo di un fratello più piccolo è un fenomeno proprio del microsistema, il
frequentare la scuola modifica l’eso e il mesosistema e l’emigrare in un altro paese (o forse
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recarsi a casa di un amico che appartiene ad un ambiente socioeconomico o culturale diverso)
implica l’attraversare i confini del macrosistema.” (ivi, p. 62)
Proprio per la sua estensione a tutti i diversi sistemi dell’ambiente ecologico, la transizione
offre alla indagine scientifica un ricchissimo materiale di studio. Dal punto di vista della ricerca,
infatti, “ogni transizione ecologica costituisce di fatto un esperimento già pronto in natura, con
un disegno sperimentale strutturato del tipo ‘prima-dopo’ in cui ciascun soggetto serve da
controllo a se stesso.” (ivi, p. 62)
Validità evolutiva e validità ecologica
Quale rilevanza assumono le transizioni ecologiche per lo sviluppo umano ?
“L’importanza per lo sviluppo delle transizioni ecologiche deriva dal fatto che implicano
pressoché invariabilmente una modificazione di ruolo, cioè delle aspettative concernenti il
comportamento associato ad una posizione particolare all’interno della società. Il ruolo ha il
magico potere di alterare il modo in cui un individuo viene trattato, il modo in cui agisce,
ciò che fa e perciò anche ciò che pensa e sente.” (ivi, p. 35)
Non ogni transizione ecologica deve tuttavia essere considerata rilevante ai fini dello
sviluppo umano. Se, infatti, la transizione indica una interazione tra individuo ed ambiente, il
cambiamento che essa produce nelle attività o nelle conoscenze dell’individuo, assume
importanza ai fini dello sviluppo solo quando esso è dotato di validità evolutiva. Con tale
termine si vuole indicare una modificazione significativa caratterizzata da una certa continuità i
cui effetti sono trasferibili a situazioni ambientali ed a momenti diversi. Detto in altri termini, un
autentico processo evolutivo si registra soltanto quando il cambiamento prodotto nell’interazione
fra l’individuo in via di sviluppo e il suo ambiente, assume i caratteri della durata e permea tutti i
livelli del sistema (dal micro- all’eso al meso- e al macrosistem a).
“Un esame anche molto sommario delle ricerche sullo sviluppo umano rivela che questo
principio si segnala piuttosto per le violazioni ad esso che per il fatto di essere osservato:
soprattutto negli studi di laboratorio, indagini che pretendono di dimostrare un effetto di tipo
evolutivo si basano frequentemente solo su dati rilevati in una singola situazione ambientale, e
relativi a un breve periodo di tempo.” (ivi, p. 74).
Se il principio della validità evolutiva permette, al ricercatore, di individuare eventi e
modificazioni che configurano uno sviluppo vero e proprio, il criterio, complementare, della
validità ecologica si applica alla ricerca stessa.
Secondo la definizione classica una ricerca scientifica è valida quando misura effettivamente
ciò che presume di misurare. Bronfenbrenner non si discosta molto da questa definizione.
“La validità ecologica di qualunque lavoro scientifico è messa in discussione ogni qualvolta
vi sia una discrepanza tra la percezione della situazione sperimentale da parte del soggetto e le
condizioni ambientali che il ricercatore si prefiggeva di ottenere o assumeva. Ciò significa che è
non solo auspicabile, ma essenziale, in ogni indagine scientifica relativa al comportamento e allo
sviluppo umani, il tener conto di come la situazione sperimentale viene percepita e interpretata
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dai soggetti della ricerca.” (ivi, p. 65-66)
Lo sviluppo
Validità evolutiva come criterio per la individuazione dei mutamenti e validità ecologica
come regola della ricerca scientifica, confluiscono nella idea di sviluppo elaborata da
Bronfenbrenner.
“Lo sviluppo umano è il processo attraverso il quale l’individuo che cresce acquisisce una
concezione dell’ambiente ecologico più estesa, differenziata e valida e diventa motivato e capace
di impegnarsi in attività che lo portano a scoprire le caratteristiche di quell’ambiente e ad
accettarlo o ristrutturarlo, a livelli di complessità che sono analoghi o maggiori, sia nella forma
che nel contenuto.” (ivi, p. 63).
Si tratta - come si può capire - di una visione molto ampia che concepisce lo sviluppo umano
come un fenomeno altamente complesso e ricco. Di questa definizione tre aspetti vanno
particolarmente sottolineati:
1. lo sviluppo implica una modificazione delle caratteristiche della persona non effimera,
non legata ad un unica situazione ambientale (validità evolutiva);
2. le modificazioni evolutive si presentano, simultaneamente, sia nel campo della
percezione/conoscenza dell’ambiente, sia in quello dell’azione;
3. tanto la percezione/conoscenza quanto l’azione posseggono, nello sviluppo, una struttura
analoga a quella dei quattro livelli dell’ambiente. Pertanto, nell’ambito della percezione, lo
sviluppo sarà rappresentato dal grado di approfondimento della visione dell’individuo che si
estende al di là della situazione immediata per abbracciare tanto il meso quanto l’eso ed il
macrosistema. Allo stesso modo, nell’ambito dell’azione, il grado di sviluppo sarà misurato
dall’insieme di strategie efficaci con cui la persona accetta o riorganizza i vari livelli ambientali.
“Il bambino molto piccolo, in un primo momento, diventa consapevole solo degli eventi che
avvengono nel suo ambito immediato, in ciò che ho chiamato microsistema”. in seguito tuttavia
“egli diviene consapevole di relazioni tra eventi e persone in situazioni ambientali che
apparentemente non implicano una sua partecipazione attiva” (ivi, p.40).
E’ proprio tale dilatarsi della conoscenza che supera i confini del microsistema, a costituire
il carattere determinante dello sviluppo.
Il processo evolutivo del bambino, in questo modo, è costituito dal suo graduale e
progressivo “rendersi conto che sono possibili relazioni tra varie situazioni ambientali” dal
“comprendere il verificarsi di eventi, e la loro natura, in contesti in cui egli di per sé non è stato
ancora coinvolto, come la scuola, o dei quali non entrerà mai a far parte, come l’ambiente di
lavoro dei genitori, una località situata in un paese straniero, il mondo creato dalla fantasia di
qualcuno, ed espresso in una storia, un gioco, un film” (ivi, p.40).
Si tratta, come si può capire; di una visione molto ampia che si caratterizza, innanzitutto, per
il tentativo di assumere il processo evolutivo in un’ottica attenta alla complessità del reale, alla
molteplicità delle relazioni intercorrenti fra il soggetto e i diversi sistemi ambientali, alla scoperta
graduale e progressiva di un contesto che, via via, si approfondisce e si dilata entro lo “spazio
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vitale” della persona.
“La caratteristica forse meno ortodossa della teoria che proponiamo è data dal concetto di
sviluppo che le è proprio. L’enfasi qui non è posta sui processi psicologici tradizionali di
percezione, motivazione, pensiero e apprendimento, ma sul loro contenuto - su ciò che è
percepito, desiderato, temuto, pensato o acquisito come conoscenza, e su come la natura di
questo materiale psicologico muti in funzione dell’esposizione di un individuo ad un determinato
ambiente, e della sua interazione con esso. Lo sviluppo è definito come la concezione, in grado
di evolversi, che un individuo si forma dell’ambiente ecologico e della sua relazione con
quest’ultimo, nonché la capacità evolutiva di scoprire, mantenere o alterarne le proprietà” (ivi,
p.39).
Bisognerà allora saper osservare la crescita del bambino nell’intrico delle interazioni che si
svolgono tra il bambino e l’ambiente, bisognerà nello stesso tempo attendersi e saper descrivere
le traiettorie imprevedibili di una evoluzione che sfugge a teorizzazioni troppo rigide. “Possiamo
ipotizzare che un bambino ha maggiori possibilità di imparare a parlare in una situazione
ambientale che prevede dei ruoli tali da obbligare gli adulti a parlare ai bambini . . .“ Tuttavia,
bisogna anche tener conto che “le valutazioni dei genitori relative alle loro capacità in tale
compito nonché il loro modo di considerare i figli, sono correlati a fattori esterni, come la
flessibilità dell’orario di lavoro, . . . la presenza di amici e vicini disposti a fornire aiuto . . . ,lo
stato di salute e la qualità dei servizi sociali, la sicurezza dei luoghi intorno alla casa”. Infine, non
può esser dimenticato che tutto ciò è, a sua volta, legato ad una determinata cultura o sub-cultura
e ad una “politica sociale e a norme tali da creare situazioni ambientali di sostegno addizionali e
ruoli sociali che tendano alla vita familiare” (ivi, p.36).
Per una ecologia positiva
La complessa visione dello sviluppo, i criteri guida per la ricerca, l’idea dell’ambiente come
insieme di sistemi e di relazioni tra sistemi , la prospettiva fenomenologica, il modello della
transizione, costituiscono alcuni fra gli elementi teorici più rilevanti dell’orientamento
ecologico.
L’ecologia dello sviluppo umano, tuttavia, non è soltanto un indirizzo di studio e di ricerca.
Come disciplina, infatti, essa vuole anche proporsi di indicare gli elementi utili per uno
sviluppo integrato della persona, denunciando, nel contempo, i disturbi esistenti nei diversi
livelli sistemici.
Se il Bronfenbrenner psicologo evolutivo si dimostra attento alla “sfida della complessità”,
l’educatore Bronfenbrenner vuole anche interrogarsi sulla possibilità di una “ecologia positiva”,
capace di promuovere la persona in via di sviluppo.
Come si edifica una buona “ecologia dello sviluppo umano”? Secondo lo studioso
americano, perché un bambino si sviluppi in modo ottimale, da tutti i punti di vista è necessario
che vi sia fin dalla nascita, un’attività condivisa, progressivamente sempre più complessa, tra il
bambino e un essere umano adulto, coinvolto con lui in una relazione emotivamente significativa
dove “. l’equilibrio di potere si sposta gradualmente in favore della persona in via di sviluppo,
quando ... quest’ultima acquisisce opportunità sempre maggiori di esercitare un controllo sulla
situazione” (ivi, p. 103).
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E’ pure necessario che accanto a questa prima figura adulta (la quale formerà con il
bambino quella che Bronfenbrenner definisce una diade primaria basata sull’attenzione, l’attività
comune e la reciprocità) ve ne sia un’altra, non necessariamente di sesso diverso, che offra
supporto e appoggio alla relazione. Ne consegue che la famiglia è, per lo psicologo americano,
“di gran lunga il sistema più perfetto, potente e più economico che esista per mantenere umano
l’essere umano”.
L’altra condizione di base è rappresentata dall’esistenza di politiche sociali adeguate, che
cioè conferiscano riconoscimento sociale, stabilità e disponibilità di tempo alla famiglia in modo
da consentirle di svolgere il proprio compito educativo. “La politica sociale è una parte del
macrosistema che determina le proprietà specifiche degli eso, meso e microsistemi che si danno
a livello di vita quotidiana e indirizzano il comportamento e lo sviluppo” (ivi, p. 38).
A tale proposito veramente innovativa appare l’interpretazione che lo studioso americano
conferisce alla questione del rapporto tra scienza e politica, il punto di vista tradizionale, infatti,
ha sempre sostenuto che la politica sociale dovrebbe basarsi, almeno ogniqualvolta ciò sia
possibile, sulla conoscenza scientifica. Bronfenbrenner, invece, sostiene che la scienza di base ha
bisogno della politica sociale più di quanto questa necessiti della scienza di base.
Soltanto la conoscenza e l’analisi accurata della politica sociale, e quindi delle tendenze e
dei cambiamenti in atto nell’ambiente in cui ha luogo lo sviluppo, permette al ricercatore di
indirizzare la propria attenzione su quegli aspetti dell’ambiente potenzialmente più significativi e
critici per lo sviluppo cognitivo e socioemotivo dell’individuo.
“La politica sociale ha il potere di influenzare il benessere e lo sviluppo degli esseri
umani in quanto determina le loro condizioni di vita. L’aver realizzato questo mi ha indotto
ad un notevole coinvolgimento, negli ultimi quindici anni, teso a far sì che la politica sociale del
mio paese si modificasse, si sviluppasse e fosse dotata dei mezzi adatti in modo da influire sulla
vita dei bambini e delle loro famiglie. . . l’aver testimoniato per e collaborato con politici e
funzionari governativi per quanto riguardava la legislazione, mi ha portato ad una conclusione
inaspettata ...: l’interesse dei ricercatori per la politica sociale è essenziale per il progresso
dello studio scientifico dello sviluppo umano.” (ivi, p. 24).