Il cervello più evoluto è più lento È un vero e proprio elogio della lentezza il risultato a cui sono arrivati neuroscienziati di diversi Paesi studiando la comunicazione tra i due emisferi del cervello, in specie animali diverse (macaco, scimpanzé e Uomo) e fra aree diverse del cervello. 19-01-2010 Lo studio appena pubblicato sulla rivista americana Proceedings of the National Accademy of Science (Pnas), apre la strada a teorie in senso opposto a uno dei dogmi della tecnologia dell'informazione, quello secondo cui l'evoluzione degli strumenti va di pari passo con la velocitá di processo delle informazioni. A firmare l'articolo sono Roberto Caminiti, del dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, della Sapienza di Roma, nei cui laboratori si è svolta gran parte degli esperimenti, Hassan Ghaziri, dell'Istituto di tecnologia svizzero a Losanna, Ralf Galuske, dell'Universitá di Darmstadt, Patrick Hof, del dipartimento di neuroscienze della Mount Sinai School of Medicine di New York, e Giorgio Innocenti, del dipartimento di neuroscienze del Karolinska Institutet di Stoccolma. In ognuna delle tre specie di primati considerati, i due emisferi comunicano tra loro attraverso fibre nervose di differente diametro e lunghezza, quindi con velocitá e tempi di trasferimento delle informazioni diversi: più grosse e corte sono le fibre, più veloce è la conduzione delle informazioni; al contrario fibre sottili e lunghe nel corpo calloso comportano tempi di trasmissione più lenti. «Le maggiori dimensioni del cervello dell'Uomo, la sua asimmetria anatomica e la lateralizzazione delle funzioni suggeriscono che le connessioni fra gli emisferi siano state sottoposte a una riorganizzazione sostanziale durante l'evoluzione dei primati. I tempi delle interazioni fra i due emisferi, sono probabilmente un vincolo di importanza cruciale di questa riorganizzazione», si legge nell'articolo. Con l'aumento delle dimensioni del cervello, dallo scimpanzé all'Uomo, però non avviene l'attesa crescita delle dimensioni del diametro delle fibre per la comunicazione fra le diverse aree dei due emisferi (come avviene invece nel passaggio evolutivo precedente, fra macaco e scimpanzé, ed è lecito supporre, nei passaggi evolutivi precedenti). A sorpresa, l'Uomo moderno mantiene connessioni tra gli emisferi cerebrali appropriate per un cervello delle dimensioni di un nostro lontano antenato, l'Austrolopitecus. «Ciò significa che nel processo evolutivo attraverso le specie, c'è stata una significativa dispersione temporale nella trasmissione delle informazioni tra i due emisferi, con la prevalenza di un meccanismo basato sul trasferimento lento dei segnali nervosi, piuttosto che sulla massima velocitá possibile», spiega Caminiti. A confermare l'ipotesi che associa velocitá ridotta a complessitá delle funzioni, vi è la misura di fibre di diametro ridotto (e quindi velocitá ridotte di trasmissione, dato la lunghezza diversa non è sufficiente a compensare il ritardo), in uno stesso primate, ma al variare delle aree del cervello messe in comunicazione: più sono complesse le funzioni associate alle diverse aree, più le fibre sono strette e la comunicazione lenta. «In ognuna delle tre specie esaminate, ciascuna area cerebrale comunica con la sua area omologa nell'altro emisfero attraverso fibre di differente diametro e lunghezza, quindi, con differenti velocitá e tempi di trasferimento delle informazioni. Le aree sensoriali e motorie comunicano con maggiore velocitá rispetto alle aree associative, responsabili delle funzioni mentali più elevate e comparse più tardi nell'evoluzione», sottolinea Caminiti. (Fra la corteccia motoria e quella prefrontale, deputata a funzioni più complesse, la velocita di trasmissione quasi raddoppia). «Abbiamo studiato le potenziali implicazioni di questa osservazione attraverso la simulazione del comportamento di una rete di neuroni situati nei due emisferi cerebrali. E abbiamo visto che gli aspetti temporali del trasferimento delle informazioni influenzano la frequenza delle oscillazioni che gli emisferi cerebrali usano per le loro interazioni», sottolinea Caminiti riferendosi a quello che viene considerato come un possibile elemento cruciale, per consentire lo sviluppo di funzioni superiori, una sorta di coordinamento dell'attivitá neuronale fra diverse aree con funzioni diverse. www.lastampa.it