1 Copernico La dedica del De revolutionibus a Paolo III

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Copernico La dedica del De revolutionibus a Paolo III
Nella dedica del suo capolavoro al papa Paolo III, Copernico espone i motivi che lo hanno
indotto a «pensare a un nuovo modo di considerare i moti delle sfere celesti», le osservazioni
e i calcoli che ha compiuto e i principi che lo hanno guidato.
F
orse la Santità Vostra1 non si stupirà del fatto che io abbia osato dare alla luce i frutti del
mio lavoro – dopo aver speso tanta fatica nell’elaborarli – e decidere di far stampare i
miei pensieri sul moto della Terra; quanto piuttosto si aspetterà di udire da me come mi sia
venuto in mente di osare di immaginarmi un movimento della Terra, che è contrario
all’opinione ormai accettata dai matematici e che contrasta col comune modo di considerare le cose. Non voglio nascondere alla Santità Vostra che nient’altro mi ha spinto a pensare
ad un nuovo modo di considerare i moti delle sfere del mondo, se non il fatto che giunsi a
comprendere che i matematici stessi non si trovano d’accordo nelle loro indagini. Prima di
tutto infatti sono a tal punto insicuri circa il moto del Sole e della Luna, che non sono in
grado di dimostrare in modo efficace la durata costante dell’anno stagionale2.
In secondo luogo, allorché stabiliscono i movimenti sia del Sole e della Luna sia degli
altri cinque pianeti, non fanno ricorso ai medesimi principî e assunzioni, né alle stesse dimostrazioni adottati per le rivoluzioni e i moti apparenti: in tal modo gli uni ricorrono soltanto
alle sfere omocentriche [che hanno la Terra come centro comune], gli altri agli eccentrici e
agli epicicli, senza però riuscire ad ottenere ciò che è richiesto3. Coloro infatti che fanno
affidamento sulle sfere omocentriche, per quanto abbiano dimostrato che con esse possono
esser costituiti diversi movimenti, nondimeno non hanno potuto stabilire niente di sicuro
che corrispondesse senz’altro ai fenomeni. Coloro poi che sono ricorsi agli eccentrici, per
quanto sembri che per mezzo di essi abbiano risolto in gran parte i moti apparenti mediante calcoli corrispondenti alle previsioni, tuttavia hanno ammesso cose che per lo più sembrano essere contrarie ai primi principi circa l’uniformità del movimento4. E la cosa più
importante, cioè la forma del mondo e la esatta simmetria delle sue parti, non poterono
trovarla o ricostruirla mediante il ricorso agli eccentrici. Accadde quindi ad essi ciò che
accadrebbe ad una figura umana che si componesse di mani, capo, piedi e altre membra
1. Paolo III (Alessandro Farnese, 14681549), papa dal 1534, dette inizio alla
Controriforma approvando l’ordine
dei gesuiti (1540), convocando il concilio di Trento (1545) e organizzando
l’Inquisizione romana.
2. Copernico fa riferimento alle difficoltà nella costruzione di un calendario
che è, com’è noto, un sistema di computo del tempo basato sul moto apparente del Sole e della Luna. Nel 46 a.C.
Giulio Cesare adottò l’anno solare di
365 giorni prescrivendo che ogni quattro anni si intercalasse un giorno dopo
il sesto avanti le calende di marzo (giorno bis sextus, sesto per la seconda volta,
da cui bisestile). In realtà il ciclo solare,
preso come base del calendario giuliano, è in eccesso, su quello reale, di
undici minuti e un quarto ogni anno.
L’errore porterà, col passare dei secoli,
a una differenza di circa undici giorni
in più e verrà corretto nel 1582 da
papa Gregorio XIII (calendario gregoriano ancor oggi in uso), che con la
bolla Inter gravissimas soppresse dieci
giorni di quell’anno e stabilì che in
futuro fossero bisestili solo gli anni le
cui prime cifre da sinistra formano un
numero multiplo di quattro.
3. All’astronomia tolemaica, basata
sugli eccentrici e sugli epicicli (v. figg. 1
e 2), Copernico contrappone qui, come
dottrina alternativa, la teoria delle sfere
omocentriche (che hanno il centro in
comune) elaborata dal discepolo di
Platone Eudosso (408-355 ca. a.C.) e,
in seguito, soppiantata nella cultura
europea dal sistema aristotelico-tolemaico. I corpi celesti si muovono
secondo moti perfettamente circolari:
questo è un dogma presente nella storia dell’astronomia fino a Keplero. Per
spiegare la variabilità dei moti planetari Eudosso suppose che ogni corpo
celeste fosse situato sull’equatore di
una sfera ruotante con velocità uniforme intorno ai suoi due poli. Tali poli (le
estremità dell’asse di rotazione della
sfera) non erano concepiti come immobili, ma come trasportati da una sfera
più grande concentrica alla prima e
ruotante a velocità differente attorno a
un asse che non ha lo stesso orientamento dell’asse della sfera più interna.
Aumentando il numero delle sfere fino
a ventisette era possibile dar conto
(senza violare il principio della circolarità) dell’irregolarità dei moti planetari.
Il sistema di Eudosso fu fatto “rivivere”
nel Cinquecento da due autori italiani:
il medico Girolamo Fracastoro (14781553) nell’opera Homocentrica, pubblicata a Venezia nel 1538 e anch’essa
dedicata, come il De revolutionibus, a
papa Paolo III; il giovane e sconosciuto
Giovanni Battista Amici (1511-1538)
che pubblicò a Venezia nel 1536 un
libretto Sui moti dei corpi celesti secondo i
principi peripatetici, senza eccentrici ed epicicli
(De motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine excentricis et epicyclis).
4. Anche Copernico condivide il
«dogma» dell’uniformità e della circolarità dei moti planetari. Le cose
contrarie a tali principi, cui fa riferimento nel testo, sono gli equanti (v.
fig. 3).
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P
Apogeo
Perigeo
C
T
Fig. 1 Eccentrico: la Terra non è esattamente
al centro della circonferenza C, ma a
qualche distanza da esso, in T. Se il punto P
corrisponde a un pianeta (o al Sole), esso,
visto dalla Terra in T, non apparirà muoversi
uniformemente in rapporto alle stelle che
sono supposte fisse, anche se il movimento
lungo la circonferenza è uniforme. In tale
sistema eccentrico, vi sarà un punto in cui il
Sole, o un determinato pianeta, sarà a un
certo momento a una distanza minima
dalla Terra (perigeo) e a una distanza
massima (apogeo). Dobbiamo pertanto
attenderci delle variazioni nella luminosità
dei pianeti, come è confermato
dall’osservazione.
Epiciclo
Pianeta
V
C
B
C
Pianeta
A
Deferente
Epiciclo
E
D
4
Terra
2
3
Deferente
1
B
Fig. 2 La teoria degli epicicli afferma che i pianeti
non ruotano intorno al centro dell’orbita, ma
ruotano, a loro volta, intorno all’orbita o deferente,
cioè intorno a un centro trasportato esso stesso da
un moto di rivoluzione intorno al centro dell’orbita.
Epiciclo è quindi il cerchio descritto dal pianeta
intorno a un centro mobile dotato di moto circolare.
I pianeti partecipano dunque sia al moto
dell’epiciclo sia a quello del deferente: in tal modo si
rende ragione del fatto che a volte il loro moto
sembra arrestarsi e del loro moto di retrocessione
(quando il pianeta sembra «viaggiare indietro» nel
cielo). A è lo schema deferente-epiciclo. B mostra il
movimento che la combinazione del moto del
deferente e di quello dell’epiciclo generano sul piano
dell’eclittica.
Fig. 3 L’equante: uno degli accorgimenti impiegati nel modello
planetario tolemaico (che modificava la cosiddetta regola
platonica del moto uniforme) era il punto equante con il suo
circolo equante. Il centro dell’epiciclo C non si muove
uniformemente sul deferente (non si muove cioè
uniformemente rispetto al centro D del deferente). Si suppone
invece che il centro C dell’epiciclo (sul quale si muove il pianeta
P) si muova uniformemente rispetto a un altro punto E (punto
equante) situato sulla linea degli absidi (ipogeo e perigeo) dalla
parte opposta della Terra rispetto al centro D. Esprimendosi in
termini diversi: non è la retta DB che percorre angoli uguali in
tempi uguali, ma la retta EV. E è in tal modo il punctum aequans
che uguaglia e rende uniformi i movimenti, e ogni circolo
tracciato con E come centro è un circolo equante. Nel caso di
Mercurio, il modello era ulteriormente complicato mediante
l’introduzione di un punto equante mobile.
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ottime ma tutte di lunghezza differente, nient’affatto armoniche tra sé, prese senza tener
conto del disegno unitario di un solo corpo, in modo che si otterrebbe un mostro anziché un
uomo. Così nel processo della dimostrazione che chiamano metodo, si scopre o che hanno
tralasciato qualche elemento necessario, o che hanno ammesso qualche dato estraneo che
non è assolutamente pertinente alla cosa. Il che non sarebbe affatto accaduto loro se avessero seguito principi sicuri. Se infatti le ipotesi da loro assunte non fossero errate, si dovrebbe
verificare senza dubbio tutto ciò che da esse deriva. [...]
Ora, mentre meditavo a lungo tra me circa l’incertezza delle tradizioni matematiche
nella determinazione dei moti delle sfere dell’orbe, cominciai ad essere turbato dal fatto che
a filosofi che svolgevano le proprie indagini in modo tanto accurato, con rispetto dei più
minuti fenomeni dell’universo, non fosse nota alcuna sicura spiegazione dei moti della macchina del mondo che per noi venne fondato dall’Artefice che è bontà e ordine supremo. Per
la qual cosa mi assunsi l’impegno di rileggere i libri di tutti i filosofi di cui potessi disporre,
allo scopo di indagare se qualcuno mai avesse pensato che i moti delle sfere del mondo fossero diversi da quelli stabiliti da coloro che nelle scuole insegnano matematica. E trovai
allora presso Cicerone che per primo Niceta5 ebbe l’intuizione che la Terra si muovesse. Poi
anche presso Plutarco trovai che anche alcuni altri erano di tale opinione, e affinché le sue
parole siano presenti a tutti ho voluto trascriverle qui di seguito: «Ma anche altri pensano
che la Terra si muova così, Filolao il pitagorico sostiene che essa si muove intorno al fuoco
centrale in cerchi obliqui come accade per il Sole e la Luna. Eraclito pontico e Ecfanto il
pitagorico invece non fanno viaggiare la Terra, ma la lasciano muovere come una ruota
intorno, al suo proprio centro da occidente ad oriente»6.
Quindi, incontrata l’occasione, presi anch’io a pensare alla mobilità della Terra. E
per quanto l’opinione sembrasse assurda, tuttavia poiché sapevo che ad altri prima di
me era stata concessa la libertà di immaginare circoli per dimostrare i fenomeni degli
astri, ritenni che anche a me si potesse facilmente concedere di ricercare se, supposto un
certo movimento della Terra, potessero essere trovate nelle rivoluzioni degli orbi celesti
dimostrazioni più ferme di quelle degli antichi.
E così io, dopo aver considerato che la Terra si muovesse secondo i movimenti che più
avanti le assegno nel testo, trovai infine, dopo una lunga e attenta indagine, che se si rapportano al circuito della Terra i movimenti degli altri astri erranti calcolati secondo la
rivoluzione di ciascuna stella, non solo ne conseguono i loro movimenti e fasi, ma anche
l’ordine e la grandezza delle stelle e di tutti gli orbi e lo stesso cielo diventa un tutto così
collegato che in nessuna parte di esso si può spostare qualcosa senza crear confusione
delle restanti parti e di tutto l’insieme7. Di conseguenza nello sviluppo dell’opera ho
seguito quest’ordine: nel primo libro ho descritto tutte le posizioni degli orbi con i movimenti che ho assegnati alla Terra, in modo che tale libro contenga quasi la costituzione
generale dell’universo. Nei restanti libri, poi, confronto i moti delle altre stelle e di tutti
gli orbi con il movimento della Terra, in maniera che si possa comprendere fino a qual
punto possano essere salvate le apparenze8 e i movimenti delle altre stelle ed orbi, se si
5. Si tratta del pitagorico Iceta di Siracusa (V secolo a.C.).
6. Plutarco, filosofo e storico greco (46
d.C. ca.-120 ca.). Filolao pitagorico (V
secolo a.C.), Eraclide pontico e Ecfanto pitagorico (VI secolo a.C.).
7. Copernico mette qui in evidenza la
differenza più notevole fra il suo sistema e quello tolemaico. Nel sistema
copernicano non è possibile allargare a
piacere l’orbita di ogni pianeta tenendo fissi gli altri.
8. “Salvare le apparenze”, o “salvare i
fenomeni”, è un’espressione di origine
greca. Significa rendere conto dei fenomeni sul piano delle pure ipotesi e del
calcolo, senza implicare la verità fisica
della spiegazione proposta. Già Tolomeo aveva presentato il suo sistema,
che contrastava apertamente con la fisica di Aristotele, come un insieme di
ipotesi e di puri calcoli matematici, atti
a “salvare i fenomeni”: i moti supposti
non è detto che siano moti reali; non
necessariamente esiste in cielo un sistema fisico di sfere. Fra il V e il VI secolo
anche altri astronomi e commentatori
avevano esplicitamente affermato che
non era necessario che le ipotesi astronomiche si conformassero ai fatti fisici.
Nel XIII secolo Tommaso d’Aquino
aveva trovato modo di conciliare la
fedeltà alla fisica di Aristotele e l’accettazione del sistema tolemaico facendo
appunto ricorso alla teoria del carattere
non realistico delle ipotesi astronomiche. Copernico, Rheticus e, in seguito,
Bruno e Galileo assumeranno una posizione nettamente realistica: il nuovo
sistema non è solo un’ipotesi, ma una
descrizione vera; non è uno fra i tanti
sistemi possibili, ma il vero sistema.
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confrontino coi movimenti della Terra. E non dubito che matematici dotti e dotati di
ingegno si renderanno solidali con me se vorranno conoscere ed esaminare non superficialmente, ma profondamente (cosa che questa dottrina esige prima di tutto), quanto è
da me riportato in quest’opera per la dimostrazione di quanto sopra. E affinché tutti, sia
dotti che indotti, vedano che io non ho affatto intenzione di sottrarmi al giudizio, preferii dedicare queste mie fatiche alla Santità Vostra piuttosto che ad un altro perché, anche
in questo remotissimo angolo della Terra in cui mi trovo, la Santità Vostra è stimata eminentissima per la dignità dell’Ufficio e per l’amore delle lettere e delle matematiche e
perché facilmente con la Vostra autorità e il Vostro giudizio possiate impedire il morso
dei calunniatori, nonostante sia proverbiale che non c’è rimedio alcuno contro il morso
dei sicofanti9.
[N. Copernico, De revolutionibus orbium coelestium libri sex (1543); trad. it. parziale di M. Mugnai,
in P. Rossi (a cura di), La rivoluzione scientifica, Torino, Loescher, 1973, pp. 143-144]
9. Interpretato in antico come derivante da sỳkon (fico) e phàinein (mostrare): chi denunciava gli esportatori clandestini di fichi
dall’Attica. Sta per delatore, calunniatore.
Guida alla lettura
1 Perché Copernico dedica la sua opera al papa?
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2 Che cosa sono gli eccentrici e gli epicicli?
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3 Che cosa sono gli equanti?
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4 Qual è, secondo lo stesso Copernico, la principale differenza fra il suo sistema e quello di Tolomeo?
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