‹ quaderni di astronomia › 1 Walter Ferreri DALLA TERRA AI CONFINI DEL SISTEMA SOLARE Storie e curiosità del cielo vicino SOMMARIO INTRODUZIONE pag. 2 pag. pag. 6 9 TERRA 1. Quando e come si scoprì che la Terra è rotonda? 2. Quali sono le prove della rotazione terrestre? 3. Il moto della Terra attorno al Sole non l’ha scoperto Copernico! 4. La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi 5. Tra la Terra e il cielo: ma dov’è il limite? 6. Al di là dell’atmosfera: l’inquinamento extraterrestre pag. 12 pag. 15 pag. 19 pag. 22 LUNA 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Scrutando la superficie della Luna La Luna all’età di 3-4 giorni La Luna all’età di 5-6 giorni Lo spettacolo della Luna al Primo Quarto La Luna dopo il Primo Quarto La Luna quasi Piena Che cosa c’è da vedere nella Luna Piena? pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 26 30 33 36 40 44 48 pag. pag. pag. pag. pag. 51 54 58 62 66 pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 70 74 78 82 86 90 94 SISTEMA SOLARE 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. Mercurio: chi l’ha visto? Venere, al di là delle fasi Marte, tra fantasie e realtà Il “pianeta mancante” tra Marte e Giove Grande e misterioso Giove Stranezze e splendori attorno al “Signore degli Anelli” Il settimo pianeta: Urano Nettuno, il pianeta scoperto a tavolino La faticosa scoperta di Plutone A caccia del pianeta transplutoniano Al di là dei pianeti: le comete! Il Sole ha una compagna? GESTIONE AMMINISTRATIVA E-mail: [email protected] Sede Legale e Amministrativa: Viale L. Majno 21 - 20122 Milano Direttore Responsabile: Paola Dameno Coordinatore Editoriale: Piero Stroppa Consulente scientifico: Walter Ferreri Progetto grafico e videoimpaginazione: Luana Canedoli - www.luanacanedoli.it Sprea Holding Spa Via Torino 51 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) Abbonamenti: Tel. 02 87168197 Pubblicità: Tel. 02 9243 2244 Libri: Tel. 02 9243 2215 Sito internet: www.astronomianews.it Stampa: Arti Grafiche Boccia Spa - Salerno Distributore: Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl - 20134 Milano Copyright © 2016 Gruppo B editore Srl è iscritto al R.O.C. con il n. 7164 Periodico mensile registrazione Tribunale di Milano n. 272 del 2 maggio 1992 - Sped. In A.P./45%/ Art.2 comma 26/b - Legge 662/96 Filiale di Milano ISSN 9771122786004 I diritti di traduzione e riproduzione sono riservati ‹ INTRODUZIONE › INTRODUZIONE L a maggior parte delle pubblicazioni sul Sistema Solare ha uno svolgimento di tipo didattico, ovvero tende a elargire il maggior numero di informazioni in forma asettica, presentando i dati puri e semplici, fornendo indubbiamente molte caratteristiche a parità di spazio. Così, per esempio, trattando un pianeta, si indicano le caratteristiche dell’orbita, la sua composizione e altri dati, per esporre un quadro generale che possa costituire un riferimento per confronti o approfondimenti. Questo sistema scolastico è assai razionale e va diritto allo scopo: elencare più dati possibili tra quelli fondamentali. Tale modo di procedere è molto valido; non a caso, è il più redditizio per fornire informazioni. Purtroppo, però, c’è il rovescio della medaglia; tale procedura risulta in genere poco scorrevole e poco appassionante, all’opposto di quanto possa essere un romanzo o la lettura di un “giallo”. Affrontiamo un viaggio nel Sistema Solare (trascurando volutamente il suo costituente principale, il Sole), partendo dalle domande che pongono spesso i più giovani o i principianti; cerchiamo di sviluppare gli argomenti in forma intrigante e curiosa, riportando curiosità e aspetti inconsueti o poco noti. 2 ‹ quaderni di astronomia › INTRODUZIONE Per cercare, almeno in parte, di ovviare a questo inconveniente, siamo partiti dalle domande che pongono spesso i più giovani o i principianti, ma di cui talvolta anche gli esperti hanno “dimenticato” le risposte. E abbiamo afrontato gli argomenti in forma intrigante e curiosa, riportando curiosità e aspetti inconsueti o poco noti. Cioè li abbiamo trattati in chiave storica e aneddotica, soffermandoci a raccontare episodi spesso di diicile reperibilità, non soltanto sui più comuni testi astronomici, ma anche nella Rete. Considerando poi che molti dei potenziali lettori di questo volume sono anche delle persone che scrutano il cielo, abbiamo avuto molto riguardo verso la parte osservativa di questi astri, in particolare sofermandoci su osservatori del passato che sono stati protagonisti di aneddoti curiosi o davvero insoliti. Abbiamo voluto iniziare questo viaggio nel Sistema Solare “con i piedi per terra”, cioè dando la precedenza al nostro pianeta Terra. È incredibile quanta gente oggi pensi che la determinazione delle sue dimensioni sia un fatto al più di qualche secolo fa. Molti sono convinti che all’epoca di Cristo vi fosse la convinzione di una Terra piatta. Questo è probabilmente vero per la maggior parte degli uomini di allora, che conduceva una vita di stenti per sopravvivere e che non poteva certo permettersi un’istruzione o tempo per ilosofare sul mondo. Ma una minoranza, una élite di pensatori, di menti illuminate e – aggiungiamo – di fortunati per il tempo che potevano dedicare a queste rilessioni, aveva capito che la Terra doveva essere sferica già parecchi secoli prima e nel III secolo a.C. si era già arrivati a determinare correttamente le sue dimensioni! Dopo la Terra, abbiamo rivolto la nostra attenzione alla Luna, la “lampada delle notti”. Anche qui fa rilettere che di essa si sia misurato il diametro e la distanza (con ottima approssimazione) prima dell’era cristiana! Ma, trattando della Luna, abbiamo riservato molto spazio a una descrizione di quanto sia visibile sull’emisfero rivolto verso la Terra, poiché le formazioni citate sono accessibili anche a piccoli telescopi amatoriali. Naturalmente, per essere coerenti con lo spirito di questa pubblicazione, abbiamo messo in evidenza le osservazioni curiose che sono scaturite da grandi osservatori del passato. Per esempio, quella di W. Herschel sul cratere Aristarco. Questo sommo osservatore riteneva che tale cratere fosse un vulcano in piena e intensa attività! La maggior parte delle osservazioni insolite sulla Luna riguardano quei fenomeni poi denominati TLP (Transient Lunar Phenomenon, “Fenomeno Lunare Transiente”) dal celebre astroilo inglese Patrick Moore. Questa sigla sta a indicare che si è trattato di fenomeni che non hanno lasciato traccia dopo la loro apparizione. Si tratta per lo più di bagliori, apparizione di “nubi” o oscuramenti. Gli osservatori che ne sono stati testimoni non hanno potuto notare la benché minima alterazione del sito dove si sono veriicati dopo il loro avvenimento. La scienza moderna ha fornito una spiegazione razionale per diversi di questi fenomeni, soprattutto con l’impatto di meteoriti (come avviene per la Terra, di tanto in tanto, deve esserci un impatto meteoritico anche sulla Luna). Altri però, che non sono classiicabili come TLP, sfuggono a ogni tentativo di qualsivoglia spiegazione razionale, ad esempio quelli secondo i quali vi sarebbe stata una variazione permanente nell’aspetto di qualche formazione. A questo punto non rimane che pensare a un errore Il piccolo disco grigio uniforme in questa immagine indicato dalla freccia è un “Fenomeno Lunare Transiente” (TLP) osservato sulla Luna il 13/9/1959 poco sopra il cratere Autolico dall’ungherese M. Lovas con un rifrattore da 18 cm a 500x. Di questo fenomeno si conosce la causa: è l’impatto della sonda sovietica Lunik II. dell’osservatore. Questa spiegazione è giustiicata anche dalla fantasia molto fervida di alcuni astronomi del passato, fantasia sostenuta dalla mancanza di conoscenza. Tale punto di vista è corroborato dal fatto che, paragonando fotograie fatte a distanza di un secolo (le prime suicientemente dettagliate per questo tipo di analisi vennero ottenute presso l’Osservatorio di Parigi all’inizio del XX secolo), non si notano diferenze. Passando quindi ai pianeti, abbiamo iniziato da Mercurio, ricordando la lamentela che Copernico avrebbe espresso nel letto di morte, ma riportando anche il motivo per ‹ quaderni di astronomia › 3 INTRODUZIONE Ecco che cosa si credeva di vedere nella testa della cometa del 1528! il quale ci sembra poco credibile. Su questo piccolo pianeta si accenna poi alle diicili condizioni di osservazione, che hanno fatto credere all’esistenza di monti altissimi e hanno fuorviato gli studiosi, arrivati a indicare assurdi periodi di rotazione che nel XIX secolo si pensò di poter precisare al secondo! Parlando di Venere, abbiamo ricordato le osservazioni incredibili che vennero efettuate all’Osservatorio Lowell, a Flagstaf (USA) e di come la nostra vista ci può ingannare. Per rendercene conto basta andare a vedere alcune illusioni ottiche davvero invincibili. Venere è sicuramente il pianeta dove all’aumentare della potenza strumentale, nei telescopi ottici, non corrisponde un aumento dei dettagli osservabili. Se ogni pianeta ha dato luogo a fatti aneddotici, iguriamoci Marte! Basti dire che all’inizio del XX secolo, una ricca vedova francese volle istituire un premio (chiamato “Guzman”, in ricordo del marito) destinato a colui che avrebbe portato una prova della vita al di fuori della Terra, però escluso Marte, obiettivo considerato troppo facile! Con que- 4 ‹ quaderni di astronomia › ste premesse, è facile prevedere comportamenti e credenze curiose. Per citarne qualcuna, ricordiamo uno scrittore molto letto in Italia negli Anni 60, secondo il quale i TLP divenivano frenetici quando Marte si avvicinava alla Terra. Oltre a giornalisti e scrittori, anche astronomi afermati sono stati ammaliati da Marte. Così, lo studioso sovietico I. Shklovsky suggerì l’idea che il maggiore satellite di Marte, Phobos, a causa della sua bassa densità avrebbe potuto essere cavo all’interno. Tenendo conto che dista dalla supericie del suo pianeta meno del diametro di quest’ultimo, ha supposto che fosse artiiciale, lanciato forse 2 miliardi di anni fa da una popolazione marziana ormai scomparsa. La nostra Margherita Hack, nella seconda metà degli Anni 60, scrisse che questa ipotesi “ha delle fondamenta non rigettabili a priori”. Al di là di Marte, troviamo la Fascia Principale degli asteroidi, oggetti divenuti popolari grazie a pellicole dedicate ai devastanti impatti che questi piccoli corpi possono provocare sulla Terra. Fortunatamente, questi pianetini non sono così pericolosi come vengono dipinti in alcuni spettacoli cinematograici; solo con quelli davvero molto piccoli (diametro sui 10-20 metri) vi possono essere degli impatti relativamente frequenti; ma, grazie alle loro esigue dimensioni, possono provocare solo danni limitati quando arrivano ino al suolo. Passati gli asteroidi, troviamo – immenso - Giove, che a ragion veduta porta il nome del re dell’Olimpo (ma – curiosamente - gli antichi che gli attribuirono questo nome non ne conoscevano le reali dimensioni!). Su questo pianeta non mancano fatti curiosi, tra i quali alcune rappresentazioni particolari eseguite in passato, che potrebbero essere scaturite dalle tracce lasciate dall’impatto con asteroidi o comete. Anche i suoi principali satelliti sono stati oggetto di aspetti anomali, tra i quali la supposta forma ellittica. Ovviamente, qui l’unica spiegazione razionale è un errore osservativo, ma è interessante chiedersi che cosa possa averlo provocato, data l’esperienza dell’osservatore che ne fu coinvolto. Come abbiamo già accennato, l’atteggiamento imprudente di molti astronomi o osservatori del passato è stato quello di idarsi troppo della propria vista. Per Saturno, le stranezze maggiori sono quelle relative al suo meraviglioso sistema anulare, che ora sappiamo non essere l’unico nel Sistema Solare, ma essere quello di gran lunga più appariscente e – in pratica – l’unico visibile guardando direttamente attraverso un telescopio. Ancora oggi non è stata trovata una spiegazione soddisfacente di come l’anello C possa essere sfuggito nel passato all’indagine compiuta con grandi strumenti, mentre oggi lo si vede senza problemi anche con telescopi piuttosto piccoli. Sui giganti gassosi più esterni, ovvero Urano e Nettuno, gran parte delle notizie curiose che li riguardano, concernono la scoperta, avvenuta dopo l’introduzione del telescopio. Certamente, la più sensazionale è quella di Nettuno, avvenuta “a tavolino”. Il principale arteice fu il francese Urbain Le Verrier, che era più un matematico che un astronomo. Un fatto che stupì molti suoi contemporanei è che dopo la scoperta del “suo” pianeta non manifestò l’interesse di osservarlo al telescopio e pare che non l’abbia mai visto: per lui era suiciente averlo trovato sulla punta della sua penna! In seguito, è emerso che entrambi i pianeti erano già stati visti, ma scambiati per stelle. Il caso più eclatante è quello di Galileo, che vide Nettuno vicino a Giove. Il grande studioso lasciò scritto nel 1613 che INTRODUZIONE gli sembrava che “quella stella” (Nettuno) si fosse mossa. Purtroppo, la modestia dello strumento non gli permise di andare oltre. Tra le curiosità che riguardano Urano, invece, risalta un’osservazione in cui, prima della sua scoperta uiciale, si trovava prospetticamente assai prossimo a Venere e venne scambiato per un suo satellite! La scoperta di Plutone è stata più faticosa, ovviamente per la sua scarsa luminosità, che dipende, come si è poi scoperto, dalle sue piccole dimensioni. Ci si aspettava un astro sulla undicesima magnitudine: lo si è trovato sulla quattordicesima, dalle dieci alle venti volte meno luminoso del previsto. Anch’esso era già stato visto (fotografato) prima della sua scoperta uiciale, ma non era stato notato, a causa della sua estrema debolezza. Una questione di attualità è quella che riguarda il nono pianeta (prima della “retrocessione” di Plutone si parlava di decimo pianeta o pianeta X); diverse volte, nel corso degli anni, i giornali a grande tiratura ne hanno annunciato incautamente la scoperta. In realtà, non vi è stata alcuna scoperta, ma soltanto la dichiarazione o articolo di qualche studioso relativo a qualche corpo ipotizzato. In questo ambito, lo studio che fece più scalpore nella comunità astronomica fu quello di Brady e Carpenter e per questo ne parliamo estesamente. Recentemente (2016), due studiosi americani, Batygin e Brown, hanno messo in evidenza che le orbite di alcuni oggetti remoti nella Fascia di Kuiper appaiono fortemente correlate. Secondo questi astronomi del California Institute of Technology, questa situazione potrebbe essere la naturale conseguenza della presenza di un nono pianeta, con una massa di circa dieci volte maggiore di quella terrestre e un’orbita fortemente eccentrica compiuta in circa 20 mila anni. Alcuni grandi telescopi, tra quelli impiegati per le survey del cielo, sono stati subito impegnati nella ricerca di questo ipotetico pianeta. Una ripresa ravvicinata del satellite Phobos di Marte effettuata dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter della NASA. Lo studioso sovietico I. Shklovsky suggerì che Phobos avrebbe potuto essere cavo all’interno, supponendo addirittura che fosse un oggetto artificiale, lanciato da una popolazione marziana ormai scomparsa. Molte storie adornano le comete, questi astri che erano ritenuti esalazioni terrestri da Aristotele e furono “elevati” al cielo dalla comunità astronomica dopo la riforma dell’astronomia e le misure di Tycho Brahe. Era inevitabile che le loro apparizioni imprevedibili fossero fonte di credenze fantasiose e per noi oggi incredibili. Ecco, per esempio, che cosa ci racconta della cometa del 1528 il chirurgo Ambrogio Paré: “Questa cometa era tanto orribile e così spaventosa da generare nel pubblico tanto terrore che alcuni morirono di spavento, altri caddero ammalati. Essa appariva di una lunghezza eccessiva e di color sanguigno; sulla cima si vedeva la figura di un braccio curvo con una lunga spada in atto di voler colpire. Presso la punta vi erano tre stelle. Ai due lati dei raggi di queste si vedevano asce, coltelli, spade e una gran quantità di facce umane con barbe e capelli irti e arruffati.” Non c’è dubbio: quando ci si mette, l’immaginazione ha una vista eccellente! Per terminare, si considera l’esistenza di un’eventuale stella compagna del Sole, che alcuni, sulla base di una presunta periodicità delle grandi estinzioni di massa, avrebbero individuato in una debole e distante nana rossa. La maggior parte delle stelle conosciute sono doppie (le stime variano da 55% al 65%), perché non potrebbe esserlo anche il Sole? La tesi è afascinante, ma non è avallata dalle osservazioni, le quali, anzi, mettono in evidenza che un astro del genere avrebbe dovuto essere già stato scoperto da parecchio tempo. Se esiste, potrebbe più probabilmente essere una nana bruna, ma anche questa non è un’ipotesi molto probabile. I nostri strumenti avrebbero già dovuto stanarla. Buona lettura. Walter Ferreri ‹ quaderni di astronomia › 5 ‹ TERRA › 1 QUANDO E COME SI SCOPRÌ CHE LA TERRA È ROTONDA? Gli Antichi ritenevano che il nostro pianeta fosse piatto, ma già alcuni secoli prima di Cristo si resero conto della sua sfericità A gli albori della civiltà, l’idea era che la Terra fosse piatta. Le popolazioni di allora non erano stupide o ingenue: lo pensavano sulla base di una sana evidenza. L’uomo si basava sui suoi sensi e questi gli indicavano che la Terra appariva piatta. In genere, si vedono avallamenti e alture, ma vi sono anche zone pianeggianti molto estese e una di queste si trova fra i iumi Tigri e Eufrate, dove si sviluppò una delle prime civiltà che conosceva la scrittura: quella dei Sumeri. Forse fu questo aspetto a convincere i Sumeri che la Terra doveva essere piatta. Del resto, i bacini d’acqua, grandi o piccoli, lo erano. A causa delle dimensioni della Terra, la deviazione dal piano è molto piccola su dimensioni umane. Per ogni chilometro, la deviazione media è di soli 8 cm: questo signiica che sulla supericie di una Terra idealmente sferica la curvatura è di circa un decimillesimo della lunghezza percorsa. Un valore molto Il re egizio Necao II, che ordinò la prima circumnavigazione dell’Africa, intorno al 600 a.C. 6 ‹ quaderni di astronomia › piccolo e per questo non facilmente misurabile con le tecniche di allora. Qualche dubbio poteva farsi strada con le prime grandi esplorazioni: lo storico greco Erodoto riferisce di un lungo viaggio, la cui stranezza avrebbe portato un pensatore acuto a ritenere che la Terra fosse sferica. La più antica mappa del mondo è riprodotta su una tavoletta babilonese del 500 a.C. La mappa è centrata su Babilonia e il territorio (piatto) è circondato da un vasto oceano, che contiene sette isole, indicate come le punte di una stella. 1 Quando e come si scoprì che la Terra è rotonda? LA SPEDIZIONE DI NECAO Erodoto narra che intorno al 600 a.C. il re egizio Necao II inviò una spedizione fenicia a esplorare le coste dell’Africa. Al comando dell’ammiraglio cartaginese Annone, sessanta navi e oltre 10 mila coloni partirono con lo scopo di fondare varie città. Preso il mare dalle coste orientali dell’Africa, circumnavigarono il continente e ritornarono in Egitto dopo tre anni, passando dallo Stretto di Gibilterra. Erodoto dichiarava di non credere afatto a questa impresa; infatti i Fenici raccontavano delle apparenti falsità. Per esempio che, quando navigavano al di là dell’estremità meridionale del continente africano da est verso ovest, nelle ore centrali del giorno il Sole si trovava alla loro destra, cioè a nord. Poiché nella zona temperata settentrionale, dove si trovano tutte le ter- re che erano note a Erodoto, il Sole nelle ore centrali della giornata è sempre a sud, questa notizia lo rendeva oltremodo scettico. Ma dall’estremità meridionale dell’Africa, a sud dell’equatore, a causa della forma della Terra nelle ore centrali del giorno il Sole si vede efettivamente a nord! Avrebbe continuato a vedersi a sud solo con una Terra piatta. Proprio questo aspetto, che a Erodoto e ai suoi contemporanei appariva assurdo, è un’indicazione della veridicità della circumnavigazione dell’Africa da parte dei Fenici. Ancora nel 600 a.C. Anassimandro, nel suo “sistema del mondo” raigurava la Terra, a forma cilindrica, con la supericie abitata piatta. Ma erano ormai maturi i tempi per la scoperta della vera forma del nostro pianeta. Questa visione errata di Anassimandro non stupisce; in realtà, ne La geometria del metodo di Eratostene (A = Alessandria, S = Siene): l’angolo che formano i raggi solari con la perpendicolare al suolo è uguale all’angolo che sottende al centro della Terra la distanza tra le due città. aveva altre errate anche per il suo universo. Per esempio, indicava la posizione della Luna al di là delle stelle; un errore grave anche per la sua epoca. Infatti, durante le occultazioni lunari si vedono sparire le stelle dietro il bordo della Luna: evidentemente Anassimandro osservava poco il cielo! LE INTUIZIONI DI PITAGORA Sembra che Pitagora, matematico e ilosofo del VI secolo a.C., sia stato se non il primo, uno dei primi a ritenere la Terra sferica. Allievo di Anassimandro, Pitagora la pensava diversamente dal suo maestro. Che il nostro pianeta fosse sferico (in realtà, sappiamo che lo è solo in modo approssimativo) all’epoca di Pitagora veniva dimostrato con due osservazioni che non richiedevano misure precise: la prima era che più ci si innalza e più l’orizzonte si allontana. L’orizzonte attorno all’osservatore è sempre circolare, salvo, evidentemente, in caso della presenza di montagne. L’altra, più famosa (anche se non facile da percepire a occhio nudo), era che di una nave lontana se ne vedeva solo la velatura e non tutta la parte emergente dall’acqua. Se la Terra fosse stata piatta, una nave in lontananza sarebbe apparsa più piccola, ma di essa si sarebbe vista sempre tutta la parte emersa. In seguito, altre due prove della rotondità della Terra furono portate da Aristotele, il famoso ilosofo vissuto dal 384 al 322 a.C. che fu anche scienziato e naturalista. Primo, certe stelle scomparivano al di là dell’emisfero meridionale se si viaggiava verso nord oppure al di là dell’emisfero settentrionale se si viaggiava verso sud. Secondo, egli osservò che durante le eclissi di Luna l’ombra della Terra aveva sempre contorno circolare. Tutte queste osservazioni non erano spiegabili con la Terra piatta, mentre lo divenivano ‹ quaderni di astronomia › 7 1 Quando e come si scoprì che la Terra è rotonda? Mercurio e Venere, che orbiterebbero attorno al Sole. Questo sistema trova la sua giustificazione nel fatto che Mercurio e Venere rimangono sempre nei pressi del Sole, mentre gli altri e la Luna possono anche trovarsi in una posizione diametralmente opposta ad esso. Questo sistema, che sarà ripreso solo diciotto secoli più tardi da Tycho Brahe, implica che la Terra sia rotonda. Pare comunque che già nel IV secolo a.C. l’idea della sfericità della Terra fosse ben radicata presso i Greci (e probabilmente anche presso gli Egizi). LA MISURA DI ERATOSTENE Dettaglio dell’affresco vaticano La Scuola di Atene (1511) di Raffaello, raffigurante il pensatore greco Pitagora di Samo (570-495 a.C.). assumendo una forma sferica. Per di più, Aristotele credeva che tutta la materia solida tendesse a muoversi verso un centro comune e per far questo la materia avrebbe inito per assumere una forma sferica. In efetti, è con la sfera che si ha la minima distanza da un centro comune, a parità di volume di materia. È probabile che Aristotele abbia già avuto dal suo maestro Platone (427347 a.C.) qualche suggerimento in proposito, anche se a noi non è pervenuta una chiara informazione circa il pensiero platonico sulla costituzione dell’Universo. Nel Timeo Platone descrive come fu creato il mondo, ma non come è fatto e tanto meno come funziona. Più o meno contemporaneo di Aristotele (ne era più giovane di soli sei anni e anch’egli allievo di Platone), Eraclide Pontico è stato considerato l’ideatore di un sistema secondo il quale Sole, Luna e pianeti girerebbero attorno alla Terra, eccettuati 8 ‹ quaderni di astronomia › Il suggello della forma circolare della Terra trova il suo coronamento nella misura della sua circonferenza, evento che si è veriicato circa due secoli prima di Cristo. Eratostene, nativo di Cirene e vissuto circa dal 275 al 195 a.C., contemporaneo di Archimede di cui fu amico e con il quale ebbe corrispondenza, successe ad Apollonio Rodio come direttore della Biblioteca di Alessandria. Eratostene non solo era persona di grande cultura, ma aveva interessi nei più svariati campi del sapere: scienziato, ilosofo e poeta, lasciò Eratostene aveva avuto notizia di un fatto curioso: una volta all’anno, il giorno del solstizio d’estate, a Siene il Sole illuminava il fondo dei pozzi a mezzogiorno, e un bastone piantato verticalmente non faceva ombra opere matematiche, geograiche, astronomiche, cronologiche, letterarie e poetiche, grammaticali e ilosoiche. Ma il suo nome è passato alla storia per la prima misurazione delle dimensioni della Terra. Ai tempi di Eratostene, l’attuale città di Assuan si chiamava Siene ed era collegata con le altre città mediante un servizio regolare di corrieri. Costoro erano impiegati governativi e le loro prestazioni erano regolarmente controllate. Il primo e più facile dei controlli era quello della lunghezza dei percorsi, che era compiuto da agrimensori specializzati nella misura degli itinerari statali. Si conoscevano dunque i valori uficiali delle distanze da luogo a luogo. Eratostene sapeva dunque che la distanza fra Alessandria e Siene era di 5040 stadi (1 stadio = 157-158 m; perciò, 5040 stadi = quasi 800 km). In più, aveva avuto notizia di un fatto curioso: una volta all’anno, precisamente il giorno del solstizio d’estate, a Siene il Sole illuminava il fondo dei pozzi a mezzogiorno, e un bastone piantato verticalmente non faceva ombra. Ciò voleva dire che in quel momento i raggi solari erano verticali. Siccome ad Alessandria ciò non avveniva, la causa era la curvatura terrestre che faceva sì che i raggi solari formassero un angolo con la verticale del luogo. Eratostene aspettò il solstizio estivo e a mezzogiorno misurò ad Alessandria l’angolo che risultò essere di 1/50 di quello giro. Ciò signiicava che l’intera circonferenza era 50 volte maggiore della distanza Alessandria-Siene e cioè 50 x 5040 stadi = 252 mila stadi. Questa lunghezza corrisponde a 39.600 km. Bisogna riconoscere che, rispetto al valore vero di circa 40 mila km, il risultato a cui giunse Eratostene intorno al 200 a.C. era di una precisione stupefacente! ‹ TERRA › 2 QUALI SONO LE PROVE DELLA ROTAZIONE TERRESTRE? Che la Terra ruoti intorno a un suo asse non è un fenomeno evidente: per questo motivo, nell’antichità il nostro pianeta era ritenuto immobile P oiché tutti i movimenti della Terra, compreso quello di rotazione intorno al suo asse, sono estremamente uniformi, nell’antichità si pensava che la Terra fosse immobile. Tanto più che il nostro mondo era collocato al centro dell’Universo. Miti e leggende – si sa - sopperiscono sempre alla mancanza di conoscenze. Nell’antichità, tutti (o quasi) pensavano che il Sole, la Luna e le stelle girassero realmente intorno alla Terra, passando sotto al nostro pianeta quando scomparivano all’orizzonte. Secondo Aristotele, la Terra era “evidentemente ferma, e i Pitagorici erano assurdi nel supporla in Il sistema geocentrico illustrato in una stampa tatta dalla Harmonia Macrocosmica di Andreas Cellarius. movimento”. Oltre ai pitagorici, diverse menti illuminate dell’antichità ritenevano più logico supporre che fosse la Terra a ruotare intorno a un suo asse piuttosto che pensare a un moto sincronizzato di tutti gli astri intorno ad essa. Ciò nonostante, l’autorità di Aristotele si impose per molti secoli, al punto che ancora ai tempi di Keplero vi era molta resistenza ad accettare l’idea di una Terra in movimento. All’inizio del XVII secolo, una delle principali obiezioni all’idea che la Terra ruotasse era che i suoi abitanti non se ne accorgessero. Nella sua opera Somnium, Keplero tentò di rendere la rotazione della Terra plausibile. Egli descrisse la Terra che ruota lentamente vista dal suolo lunare, con continenti e oceani del nostro pianeta che formano immagini analoghe alla “faccia” che noi crediamo di scorgere sulla Luna. Nonostante i progressi della scienza, ancora nel XIX secolo, un certo Mercier, membro di un’istituzione culturale francese e autore del Quadro di Parigi, scriveva: “Gli astronomi avranno un bel fare e un bel dire, ma non mi faranno mai credere che io giri come un pollo allo spiedo”! Ma la sua opinione personale non impediva alla Terra di girare e, volente o nolente, girava anche lui! Oggi la consapevolezza della rotazione terrestre è talmente radicata che la si assume come scontata. Ma è interessante chiedersi: prima dell’era spaziale, cioè quando non vi erano osservazioni dirette, quali erano le prove che la Terra ruotasse su se stessa? ‹ quaderni di astronomia › 9 2 Quali sono le prove della rotazione terrestre? LA PROVA DI GALILEO Le prove principali sono tre. La prima è stata ideata da Galileo, ma si tratta di un efetto così piccolo che ai suoi tempi era praticamente impossibile metterlo in evidenza. Consideriamo un corpo che si trovi sulla sommità di un alto ediicio. Se la Terra ruota intorno al proprio centro, l’oggetto sarà animato da una velocità lineare maggiore di quella che avrebbe se si trovasse ai piedi dell’ediicio. Se lasciamo cadere l’oggetto, il cosiddetto “buon senso” ci dice che l’oggetto deve cadere secondo la verticale. Ciò sarebbe vero se la Terra fosse ferma, come volevano Aristotele e Tolomeo. Ma in realtà la Terra gira, trascinando con sé tutto ciò che si trova su di essa e quindi anche l’oggetto. Alla base dell’ediicio la velocità lineare è minore che sulla sommità, perché è minore la distanza dal centro della Terra. Ciò per la stessa ragione per cui la velocità periferica di una ruota da bicicletta è maggiore di quella delle lange del suo mozzo. I corpi, in virtù della legge d’inerzia, tendono a conservare invariato il loro stato di quiete o di moto; perciò l’oggetto conserva la sua velocità orizzontale mentre cade. Man mano che scende, la velocità orizzontale dei singoli mattoni dell’ediicio va diminuendo: l’ediicio rimane dunque indietro rispetto all’oggetto. Quest’ultimo, dotato di velocità orizzontale maggiore, dovrà necessariamente andare a cadere più in là. Ma quanto più in là? Supponiamo di compiere l’esperimento dal livello del parapetto della piattaforma da cui si eleva la cella campanaria della torre pendente di Pisa. Con un’altezza di ca- duta dell’oggetto di 46,5 m, il calcolo indica 7,5 mm verso levante. Si tratta di una deviazione rilevabile, ma soltanto con accorgimenti complessi, perché le cause di disturbo dell’esperimento condotto all’aperto sono molte. IL PENDOLO DI FOUCAULT La seconda delle prove della rotazione terrestre è invece di alta spettacolarità: essa si basa sul comportamento del cosiddetto pendolo di Foucault. Léon Foucault (1819-1868) fu un genio che nella sua non lunga vita riuscì a compiere delle imprese memorabili. Fra le osservazioni di grande importanza di Foucault, c’è quella dell’invarianza del piano di oscillazione di un pendolo. Si tratta di questo: un pendolo libero di oscillare in un qualunque piano verticale, una volta che ha L’apparecchio descritto nel testo per la dimostrazione dell’invarianza del piano di oscillazione del pendolo. 10 ‹ quaderni di astronomia › 2 Quali sono le prove della rotazione terrestre? iniziato a oscillare su un certo piano, continua a oscillare sempre su quel piano. Infatti, l’oscillazione del pendolo è gestita solo dalla forza di gravità, che è parallela al piano di oscillazione e non è pertanto in grado di modiicarne l’orientamento. Lo prova un esperimento molto semplice che ora descriviamo. Su una base B è imperniato un piatto cilindrico C ad asse verticale che può essere fatto ruotare mediante una cinghia di trasmissione T che si avvolge attorno al cilindro C e alla puleggia A, comandata mediante la manovella M. Sul piatto C è montato una specie di portale appeso al quale, in asse col piatto C, si trova un pendolo FP, issato nel punto F. Si fa oscillare il pendolo in un piano verticale qualunque (per esempio il piano RUVW); poi, evitando accuratamente ogni scossa, si fa ruotare lentamente il piatto C: si noterà che il pendolo continua a oscillare nel piano RUVW, e ciò inché non avvenga che l’inevitabile torsione del ilo in F non obblighi il pendolo a modiicare il suo piano di oscillazione. Se però in F è realizzata una sospensione senza attrito e senza torsione, si vedrà che il pendolo conserva il suo piano d’oscillazione indipendentemente dalla posizione del portale cui è sospeso. Analogamente, un pendolo che si trovi sospeso sopra uno dei due poli terrestri oscilla mantenendo costante il suo piano d’oscillazione, mentre la Terra gli sta girando sotto. In un giorno siderale (il tempo in cui la Terra compie un giro completo su se stessa rispetto alle stelle isse, pari a 23h 56m 04,09s) il pendolo oscillante sul polo compie un giro completo (360°) rispetto al suolo: in realtà, è la Terra che gira sotto il pendolo! La velocità angolare diminuisce al diminuire della latitudine secondo il valore del seno. Cioè ai poli (latitudine di 90°) si ha: sen 90° = 1, mentre all’equatore si ha sen 0° = 0. Alle latitudini italiane (prendiamo come riferimento Roma) si ha sen 42 = 0,67. Questo vuol dire che alle nostre latitudini in 24 ore il pendolo di Foucault compie una rotazione di 360° x 0,67 = 241°. Foucault nel 1851 fece l’esperienza presso l’Osservatorio di Parigi con un pendolo lungo 11 m e successivamente sotto la cupola del Panthéon di Parigi con un pendolo lungo 68 m. L’esperienza fu replicata in Italia per la prima volta nel secolo scorso da Padre Guido Alfani (1876-1940) in Santa Maria del Fiore a Firenze, sfruttando l’altezza della cupola del Brunelleschi. Attualmente si trovano diverse repliche del pendolo di Foucault in alcuni musei italiani, a disposizione per dimostrazioni didattiche, per esempio, al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. Un video in cui si trova un pendolo di Foucault “all’opera”, realizzato dall’Unione Astroili Veronesi, è è disponibile su YouTube alla pagina https://goo.gl/h37xSA LA TERZA PROVA… E LE ALTRE Una terza prova, anch’essa – come la prima – riservata agli “addetti ai lavori”, si basa sul fatto che la Terra non è proprio sferica, come dovrebbe accadere se essa fosse immobile, ma ha la forma di un ellissoide di rivoluzione, e ciò per efetto della forza centrifuga che si sviluppa a causa della sua rotazione. La forza centrifuga deforma una sfera che gira attorno a un asse: l’appiattisce ai poli e la gonfia all’e- La Terra non è proprio sferica, come dovrebbe accadere se fosse immobile, ma ha la forma di un ellissoide di rivoluzione L’esibizione del pendolo di Foucault nel Pantheon di Parigi in una stampa dell’epoca. quatore, a patto che la sfera sia abbastanza malleabile da risentire delle contrazioni generate dal moto rotatorio. I pianeti giganti (Giove, Saturno, Urano e Nettuno), essendo essenzialmente luidi e ruotando piuttosto velocemente, presentano notevoli schiacciamenti polari, più evidenti di quello terrestre, che comporta un raggio polare più corto di quello equatoriale di circa 21 km. Queste sono le prove principali, ma la rotazione della Terra è indicata anche da altri fenomeni: - lo spostamento laterale dei tiri d’artiglieria rispetto al bersaglio, verso destra nell’emisfero nord, verso sinistra in quello sud (il cosiddetto “efetto Coriolis”, che genera anche la rotazione delle grandi perturbazioni atmosferiche) - l’efetto giroscopico, per cui l’asse di rotazione di un giroscopio libero di orientarsi tende a ruotare in senso antiorario, in sincronismo con il moto terrestre. - i venti costanti (alisei e contro-alisei) che spirano fra il 35° parallelo nord e sud. ‹ quaderni di astronomia › 11 ‹ TERRA › 3 IL MOTO DELLA TERRA ATTORNO AL SOLE NON L’HA SCOPERTO COPERNICO! V eniamo ora a parlare di quel movimento della Terra per il quale sono stati versati iumi d’inchiostro, sono state sporte denunce e sono state perino emesse sentenze di condanna da parte di uomini di “cultura”, alcuni dei quali paludati nella toga del giudice. Basti citare Anassagora di Clazòmene (V secolo a.C.), accusato di empietà per aver collocato il Sole al centro del mondo e per aver fatto della Luna semplicemente il nostro satellite, negando ad esso il carattere divino, poi morto in esilio a Lampsaco; oppure Ipazia (V secolo d.C.) autrice pagana di un commento dell’Almagesto di Tolomeo, forse arrivata perino a concepire l’ellitticità delle orbite planetarie, linciata ad Alessandria d’Egitto da una folla di fanatici, che alcuni vorrebbero aizzati dal vescovo Cirillo. Già nel lontano passato alcune menti illuminate erano giunte alla conclusione che fosse la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa LE INTUIZIONI DEGLI ANTICHI In efetti, il moto della Terra attorno al Sole era già stato intuito nell’antichità. Mentre la cosmologia di Aristotele si evolveva e si perfezionava ino a esprimersi completamente nelle teorie della scuola di Alessandria, un grandissimo astronomo, Eraclide Pontico (Eraclea Pontica, 385 a.C. – Atene, 322 a.C. o 310 a.C.), uno degli ultimi pitagorici, sosteneva la rotazione terrestre, anticipando Copernico. 12 ‹ quaderni di astronomia › Secondo Eraclide Pontico, il Sole (S) gira intorno alla Terra (T) al pari della Luna (L), mentre Mercurio (M) e Venere (V) girano intorno al Sole, come forse anche gli altri pianeti (www.astronomia.com). 3 Il moto della Terra attorno al Sole non l’ha scoperto Copernico! Intorno al 350 a.C., con grande scandalo dei contemporanei, Eraclide “mosse la Terra come una trottola da ovest a est, intorno al proprio centro” (Aetius). Sembra che Eraclide abbia anche fatto ruotare Mercurio e Venere intorno al Sole, spiegando in tal modo per quale motivo si vedano oscillare a destra e a sinistra del Sole senza mai allontanarsene molto, ma non si spinse ino ad afermare anche il moto di rivoluzione della Terra. L’opera di Eraclide venne continuata da Aristarco di Samo, che nel 290 a.C. compì il passo decisivo, anticipando Copernico di 1800 anni. Ad Alessandria d’Egitto, Aristarco insegnava che l’orbita della Terra intorno al Sole potrebbe essere ininitesima rispetto alla sfera delle stelle isse e che la Terra compie un doppio movimento: di rotazione su se stessa e di traslazione insieme con la Luna intorno al Sole. Tutti gli studiosi dei testi antichi sono d’accordo nell’afermare che Aristarco faceva descrivere l’eclittica dalla Terra, mentre il Sole assumeva il ruolo di stella issa al centro del moto. D’altra parte, senza nulla togliere alla genialità di Aristarco, le precedenti afermazioni di Eraclide dovevano necessariamente portare a questa conclusione: se uno o più pianeti ruotano intorno al Sole, perché non potrebbe comportarsi allo stesso modo anche la Terra? Purtroppo, la lungimiranza di Aristarco non impedì alla tesi aristotelica della Terra immobile di prosperare ino all’epoca di Keplero e Galileo, quando era ancora considerato un peccato grave sostenere il moto di rivoluzione del nostro pianeta! Eppure, abbiamo diversi tipi di prove del movimento di rivoluzione che porta la Terra a compiere un giro attorno al Sole nel volgere di un anno: ve ne sono di dirette e di indirette. Un ritratto dell’astronomo inglese James Bradley (1693-1762). LE PROVE DEL MOTO TERRESTRE Una prova indiretta sta nel fatto che alcuni pianeti (Mercurio, Venere e, parzialmente, anche Marte) presentino delle fasi, nettissime i primi due e appena accennate il terzo, che dimostra che essi ruotano attorno al Sole. E sarebbe strano che gli altri pianeti ruotino attorno al Sole e la Terra no. Un’altra prova indiretta della rotazione della Terra attorno al Sole sta nel fatto che, mentre in un anno noi vediamo il Sole sorgere e tramontare 365 volte e un quarto, nello stesso tempo le stelle sorgono e tramontano 366 volte e un quarto, esattamente una volta in più. Comunque, le prove che abbiamo citato sono soltanto quelle che un magistrato chiamerebbe “indiziarie”, ma eccone ora due incontrovertibili, come sono per la rotazione della Terra intorno al suo asse la deviazione dei gravi verso oriente e l’apparente rotazione del piano d’oscillazione del pendolo (ne abbiamo parlato alcune pagine prima). Una è il fenomeno della parallasse, ovvero quello per il quale un oggetto visto da due punti di vista diferenti appare proiettato su uno sfondo diferente. Possiamo rendercene facilmente conto tenendo una matita alla distanza del braccio. Vista con un occhio, appare in un punto dello sfondo che è diverso da quello che appare se vista con l’altro occhio. Se la Terra non orbitasse attorno al Sole, le stelle – trascurando i loro moti propri - ci apparirebbero sempre nella stessa posizione. In caso contrario dovremmo vedere, soprattutto a sei mesi di distanza, la stella in una posizione diversa, per efetto della parallasse. Questo è stato veriicato a iniziare dal 1838, grazie al matematico tedesco Friedrich Wilhelm Bessel, con l’osservazione della stella 61 Cygni. Una pagina dell'opera Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna di Aristarco di Samo (310-230 a.C.), tratta da una copia del X secolo. ‹ quaderni di astronomia › 13 3 Il moto della Terra attorno al Sole non l’ha scoperto Copernico! A causa delle enormi distanze stellari, questo efetto è molto piccolo e sempre inferiore al secondo d’arco, se come base della triangolazione consideriamo la distanza Terra-Sole. Per questo motivo, tutti i tentativi efettuati in precedenza erano sempre stati un insuccesso. Ma, cercando (invano) la parallasse stellare, un astronomo inglese trovò un’altra dimostrazione incontrovertibile del moto di rivoluzione della Terra. LA SCOPERTA DI BRADLEY L’astronomo inglese James Bradley (1693-1762) fu il primo successore di Edmond Halley nell’allora laborioso compito di calcolare l’orbita delle comete. Il 26 novembre 1725, un telescopio da 7,3 m di focale di Graham fu issato in direzione dello zenit nella casa di Samuel Molyneux a Kew Green, presso Londra. Era stato deciso da questi e da Bradley di sottoporre a controllo la supposta rivelazione di una grande parallasse per la stella Gamma Draconis fatta da Robert Hooke. La prima osservazione in proposito fu fatta da Molyneux il successivo 3 dicembre. La misura venne ripetuta da Bradley due settimane Bradley intuì che il moto della Terra intorno al Sole, combinato con quello della luce, deve produrre un cambiamento annuale nella direzione in cui sono visti i corpi celesti dopo, quando, con sorpresa, questi trovò che la stella passava un poco più a sud. Questo cambiamento inaspettato, che era in direzione opposta a quella che avrebbe prodotto la parallasse, continuò, nonostante ogni precauzione contro gli errori, in ragione di circa 1” ogni tre giorni. Alla fine delle osservazioni di un anno, la stella aveva compiuto una oscillazione di 39”. Mentre si cercava invano una spiegazione di questo moto enigmatico, fu riscontrato che esso era ripartito, in proporzioni variabili con la loro latitudine, fra altre stelle. Si fecero varie ipotesi, che lo stesso Bradley scartò. Prendendo parte a una gita di piacere in barca a vela sul Tamigi, un giorno di settembre del 1728, Bradley L’aberrazione della luce stellare (qui molto esagerata). A causa della combinazione del moto terrestre con quello della luce, la direzione apparente della luce proveniente da una stella si modifica durante l’anno. 14 ‹ quaderni di astronomia › notò che il vento sembrava cambiare di direzione ogni volta che il battello virava di bordo. Ne chiese spiegazione al battelliere che gli diede la risposta, per lui molto esauriente, che i cambiamenti di direzione della banderuola in cima all’albero erano dovuti soltanto al cambiamento di direzione del battello, mentre il vento rimaneva del tutto costante. Questo fu lo spunto che gli occorreva per mettersi sulla giusta strada. Bradley intuì che il moto della Terra intorno al Sole, combinato con quello della luce, deve produrre un cambiamento annuale nella direzione in cui sono visti i corpi celesti e che l’entità di questa variazione dipende dal rapporto fra le due velocità. Queste misure dimostravano quindi in modo incontrovertibile il moto del nostro pianeta intorno al Sole. Approfondendo il problema nei suoi particolari, Bradley trovò che i risultati si accordavano perfettamente con quanto aveva osservato e annunciò la memorabile scoperta della “aberrazione della luce” nella forma di una lettera indirizzata ad Halley, che fu letta alla Royal Society il 9 gennaio 1729. Raramente fu data una spiegazione più soddisfacente in tutti i particolari. Questa spiegazione non fu mai discussa, e le successive osservazioni l’hanno corretta in misura modesta, segno della bontà delle misure di Bradley. In base alle quali lo stesso Bradley poté determinare la distanza Terra-Sole (l’Unità Astronomica), pari a 8 minuti e 13 s di tempo-luce; un valore praticamente identico a quello che conosciamo oggi e molto più preciso di quello determinato precedentemente da Ole Roemer (le cui misure davano un tempo di 11 minuti). In base al giudizio di Newton, che lo definì “il miglior astronomo d’Europa”, il 3 febbraio 1742 James Bradley venne nominato “Astronomo Reale”. ‹ TERRA › 4 LA TERRA COME UNA TROTTOLA: LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI Per quanto possa sembrare strano, questo complesso movimento dell’asse di rotazione terrestre fu scoperto più di 2000 anni fa L' astronomo greco Ipparco, nato a Nicea, in Bitinia, nella prima metà del II secolo a.C. e attivo nell’isola di Rodi dal 161 al 126 a.C., ebbe il grande merito di basare tutto il suo lavoro sull’osservazione, beninteso con la modesta strumentazione che poteva costruirsi uno scienziato di quell’epoca. Ipparco, però, aveva delle capacità straordinarie. Tra le altre cose, inventò la diottra, uno strumento utilizzato per misurare piccole distanze angolari. Ipparco inventò anche la sfera armillare e l’astrolabio; ma veniamo all’argomento speciico di questo tema delle “Curiosità astronomiche”. UN’IMPRESA ARDUA ANCHE PER UN DIO Tra la ine del IV secolo e l’inizio del III a.C., gli astronomi alessandrini Aristillo e Timocharis avevano redatto un catalogo stellare di alcune centinaia di stelle, fornendo di ciascuna delle quali le coordinate eclittiche. Per quanto ne sappiamo, Un “Cerchio di Ipparco” al Piazzale dell’Astronomia dell’Isola d’Elba. Poiché l’equinozio è il momento in cui il Sole, passando dall’emisfero nord a quello sud (o viceversa), giace esattamente sulla verticale dell’equatore terrestre, se disponiamo un cerchio perfettamente parallelo all’equatore, in tale occasione l’ombra proiettata dal cerchio su una superficie piana assume la forma di una linea; in tutti gli altri giorni dell’anno, il cerchio proietta un’ombra a forma di ellisse più o meno schiacciata (www.iltelescopio.com). ‹ quaderni di astronomia › 15 4 La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi L’ATLANTE FARNESE L’Atlante Farnese è una scultura ellenistica in marmo alta 185 cm, databile al II secolo d.C. e custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Si tratta quasi sicuramente di una copia di un originale, dal quale sono state poi ottenute diverse rappresentazioni. La statua appartiene al gruppo di sculture della collezione Farnese, rinvenute nelle terme di Caracalla a Roma intorno al 1546 e poi trasferite a Napoli da Carlo III di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, ultima discendente della famiglia. La scultura raffigura Atlante affaticato nel reggere sulle spalle il globo, sul quale è riportata una delle più antiche raffigurazioni delle costellazioni (Figura). Nel 2005, Bradley E. Schaefer, astrofisico della Louisiana State University di Baton Rouge, ha ricostruito la posizione occupata dalle costellazioni nel cielo osservate da Ipparco, nel 129 a.C. circa. questo potrebbe essere il primo catalogo stellare della storia. Il loro fu un lavoro di rilevazione molto paziente e coscienzioso, compiuto con strumenti piuttosto primitivi. Un secolo e mezzo più tardi, Ipparco insegnò e condusse osservazioni astronomiche ad Alessandria d’Egitto, un centro divenuto di grande richiamo all’epoca, grazie ai dotti che vi operavano. In quel periodo, con ogni probabilità nel 134 a.C., Ipparco assistette a un avvenimento che lo colpì molto: l’apparizione di una stella “nova”. Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nella sua poderosa Naturalis Historia, oggi considerata come la più vasta enciclopedia scientiica dell’antichità, racconta che Ipparco, di fronte a questa nuova stella apparsa in cielo, si chiese se le stelle fossero veramente eterne e immutabili come aveva insegnato Aristotele. Decise quindi di dedicarsi a un’impresa “ardua anche per un Dio” – dice Plinio – cioè contare le stelle e catalogarle, per consentire ai posteri di veriicare se avvengono cambiamenti nel cielo. Purtroppo, il catalogo di Ipparco non ci è pervenuto (vedi però il box 16 ‹ quaderni di astronomia › Il risultato ha evidenziato un’ottima coincidenza tra le previsioni astronomiche moderne e le posizioni rilevate dall’Atlante Farnese: questo ha indotto lo studioso a individuare nel famoso e perduto catalogo di Ipparco la fonte a cui aveva attinto lo scultore dell’epoca. “L’Atlante Farnese”); sappiamo comunque che questo catalogo elencava circa un migliaio di stelle e che Tolomeo nel II secolo d.C. lo riprodusse nel suo Almagesto. Ipparco, per localizzare le stelle, aveva usato le coordinate eclittiche, come 160 anni prima avevano fatto Aristillo e Timocharis. LA SCOPERTA DELLA PRECESSIONE Terminato il lavoro, Ipparco confrontò i suoi dati con quelli del catalogo redatto dai due astronomi precedenti. Constatò con stupore che, mentre le latitudini stellari da lui Un francobollo dedicato dalla Grecia nel 1965 al grande astronomo Ipparco e a una delle sue invenzioni, la sfera armillare. misurate erano praticamente identiche a quelle di Aristillo e Timocharis, tutte le longitudini risultavano modiicate di una stessa quantità. Ipparco ne dedusse correttamente che ciò si era veriicato perché nel tempo intercorso tra le prime misure e quelle seguenti, l’origine delle longitudini (cioè il “punto gamma”, γ) doveva essersi spostata. E si trattava di uno spostamento non trascurabile, perché equivaleva a 2°. Ipparco ne dedusse che il punto γ, essendo indietreggiato sull’eclittica di circa 2° in 160 anni, si doveva spostare ogni anno di 1/80 di grado, cioè 45”. Dunque avrebbe impiegato 29 mila anni per percorrere l’intero giro dell’eclittica. In breve, Ipparco scoprì il fenomeno della precessione degli equinozi e seppe dare di esso l’interpretazione geometrica corretta. Oggi sappiamo che questo fenomeno è dovuto al moto conico dell’asse polare; come conseguenza il polo nord celeste compie un giro tra le costellazioni boreali. Attualmente, l’asse polare punta verso la stella Alfa Ursae Minoris (la Polare) e pian piano si sposta lungo 4 La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi il 66° parallelo dell’eclittica in senso antiorario, cioè diminuendo la sua longitudine celeste, che attualmente si trova sul 90° meridiano eclittico. Quando la sua longitudine si sarà ridotta a zero, il nostro asse polare starà passando dalla costellazione di Cefeo a quella del Cigno (e sarà l’anno 8400). In quel momento, la longitudine comincerà un nuovo giro, “saltando” a 360°. Quando sarà ridotta a circa 295° sarà all’incirca l’anno 13.000, e il polo nord celeste passerà vicino alla stella R della Lira, anche se in alcuni testi divulgativi si trova che allora sarà Vega ad assumere il ruolo di stella polare dell’emisfero nord. Se l’asse polare descrive un cono, si muove di conseguenza anche il piano dell’equatore, che è perpendicolare all’asse polare. Perciò, l’intersezione di un tale piano con l’eclittica (nel punto γ oltre che nel suo opposto) si dovrà spostare nel cielo. Il suo moto avverrà nel senso di andare incontro al Sole. Ecco spiegato perché il punto γ, per Il moto di precessione dell’asse di rotazione terrestre (www.astronomia.com). quanto si chiami per antica tradizione “Punto d’Ariete”, non si trova più in quella costellazione, ma sia ormai migrato in quella dei Pesci (aspetto trascurato dagli astrologi, che sostengono di considerare i segni, non le costellazioni). Ipparco non disponeva di mezzi molto precisi per la rilevazione della posizione delle stelle; perciò, i suoi calcoli erano solo approssimati. Oggi sappiamo che il moto di precessione non è di 45” all’anno, ma di 50,3” e pertanto il ciclo del moto conico dell’asse terrestre si svolge in un tempo pari a: 360x60x60”: 50,3” = 25.714 (anni) Volendo essere più precisi, non si può prendere per buono il valore appena calcolato, in quanto tale variazione non è del tutto costante, ma cresce ogni millennio di una quantità La diottra di Ipparco era costituita da una struttura simile a questa. Si accostava l’occhio al forellino C e si puntava la finestrella AB verso il cielo. Si modificava quindi la distanza tra forellino e finestrella, finché quest’ultima copriva esattamente la distanza da misurare. Il rapporto fra il segmento AB e la sua distanza da C permetteva di calcolare l’angolo desiderato. che aumenta col tempo e che adesso è di circa 0,22”. Calcoli più accurati indicano che la durata è variabile da oltre 27 mila a circa 24 mila anni. Questo lungo periodo è detto anche “anno platonico”, non perché sia stato Platone a scoprirlo (anteriore a Ipparco di due secoli), ma perché pare si possa attribuire a questo ilosofo l’opinione che esistesse un “grande anno”, che “racchiudeva in sé il principio di ogni cosa”. LE CAUSE DELLA PRECESSIONE Il fenomeno della precessione è imputabile al fatto che la Terra non è perfettamente sferica; le attrazioni della Luna e del Sole (e, in misura molto minore, dei pianeti) sul rigoniamento equatoriale producono l’efetto di esercitare un momento di forze su questo rigoniamento. Poiché la Terra ruota su se stessa, questo momento provoca il moto di precessione con cono di semiapertura di 23°27’. ‹ quaderni di astronomia › 17 4 La Terra come una trottola: la precessione degli equinozi La peregrinazione del polo nord celeste durante un “anno platonico”. Le date riportate in negativo sono gli anni avanti Cristo. Schema dell'orbita terrestre. Sono indicati i punti salienti degli equinozi e dei solstizi. 18 ‹ quaderni di astronomia › Questo angolo misura lo scostamento del polo celeste dal polo dell’eclittica o, il che è lo stesso, l’inclinazione dell’eclittica sull’equatore celeste. Lo spostamento annuo del punto γ o punto vernale (da ver, “primavera”) provocato dalla precessione lunisolare e da quella operata dai pianeti, è indicato complessivamente come “precessione generale”. Se, invece, la Terra fosse rigorosamente sferica e omogenea, le attrazioni di questi astri si comporrebbero in una forza unica, che passerebbe per il centro di gravità terrestre e non indurrebbe alcuna azione perturbatrice sulla direzione dell’asse di rotazione della Terra, come si ha nel caso di una trottola, quando la direzione della forza peso passa per il punto d’appoggio, cioè quando l’asse di rotazione è verticale. Dalla precessione degli equinozi deriva che il cosiddetto “anno tropico” (l’intervallo di tempo fra due equinozi di primavera consecutivi) è più breve dell’“anno siderale” (l’intervallo di tempo intercorrente fra due passaggi consecutivi del Sole in uno stesso punto della sua orbita apparente rispetto alle stelle fisse). La precessione degli equinozi inluisce anche sulla durata dell’anno solare, che Ipparco issò in 365 giorni, 5 ore, 55 minuti, mentre oggi il valore accettato è di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45,2 secondi. Ipparco aveva dunque fatto un errore di 6 minuti e una manciata di secondi che, riferiti ai secondi che ci sono in un anno, rappresenta un errore inferiore allo 0,0012%. La precisione con cui ha operato l’astronomo greco ha del meraviglioso, dati i mezzi di cui disponeva: un risultato più accurato di quello ottenuto da Eratostene nella determinazione delle dimensioni della Terra. ‹ TERRA › 5 TRA LA TERRA E IL CIELO, MA DOV’È IL LIMITE? Per dirigerci verso lo spazio, dobbiamo attraversare il mare d’aria che circonda il nostro pianeta e nel fondo del quale si svolge la nostra vita I l nostro pianeta è circondato da uno strato gassoso, l’atmosfera terrestre, la cui massa, anche se molto rispettabile, è meno di un milionesimo di quella di tutta la Terra. A mano a mano che ci allontaniamo dal livello del mare, la pressione atmosferica diminuisce e quindi l’aria si va via via rarefacendo, come sanno gli alpinisti che, alle quote più alte, possono accusare diicoltà di respirazione. A circa 5500 m di altezza sul livello del mare, la pressione si dimezza: ciò signiica che metà di tutta l’atmosfera è compres- sa al di sotto di quella quota e l’altra metà si trova al di sopra. Ma, al di sopra ino a che limite? Si può afermare che il limite è determinato dalla distanza entro la quale le molecole di gas atmosferico non possono sfuggire all’attrazione gravitazionale del pianeta. L’aria è composta da un miscuglio di ossigeno (O2 , gas biatomico) e di azoto (N2 , anch’esso biatomico); questi due elementi, da soli, costituiscono tipicamente il 99% dell’atmosfera. In linea di massima, il rimanente 1%, in proporzioni variabili, è costituito da vapore acqueo, anidride carbonica, argon, neon, kripton, elio, xenon. Vi sono inine tracce di altre sostanze, da considerare come impurità, e il pulviscolo. L’acqua è presente in atmosfera in forma di vapore acqueo o condensata (nebbia, nuvole, pioggia, neve, grandine); le sue proporzioni sono molto variabili, ma non superano mai il 2% in volume. Grande importanza ha il pulviscolo, le cui particelle funzionano da nuclei di condensazione per la formazione delle precipitazioni: nebbie e piogge non potrebbero veriicarsi in assenza del pulviscolo. La sottile linea dell’atmosfera terrestre ripresa dalla Stazione Spaziale Internazionale poco prima dell’alba, quando è già illuminata dal Sole, mentre la superficie del pianeta è ancora buia. ‹ quaderni di astronomia › 19