rivista di
Anno 7 - numero 2/ 2013
EMERGENZA E URGENZA
PEDIATRICA
Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito
della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
Un caso di dolore ed impotenza funzionale
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine
conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso
in età pediatrica
editoria
Rachitismo carenziale slatentizzato da
gastroenterite acuta con necessità di
posizionamento di accesso intraosseo
advertising
web
Stroke ischemico in età pediatrica:
due casi senza spiegazione
®
multimedia
Posizionamento del sondino
nasogastrico
Sedazione procedurale per
non-anestesisti
eventi
Eco ed ecocolordoppler: importanti
dotazioni strumentali nel management
dei traumi testicolari
Domande al dott. Antonio Vitale
pantone 2602
coolgrey 9
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contact
direzione/amministrazione:
sedi di rappresentanza:
2nd China-Italy Medical Culture Exchange
Week, Hubei, Cina
80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio
Phone +39 081621911 • Fax +39 081622445
20097 S. Donato M.se (MI) – 22, Via A. Moro
50132 Firenze – 17/a, Via degli Artisti
cyano 60 / 90 magenta
nero 60
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www.menthalia.it – [email protected]
2
sommario
rivista di
EMERGENZA E URGENZA
PEDIATRICA
SIMEUP
Anno 7 - numero 2 / dicembre 2013
Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito
della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)
Registrazione al Tribunale di Napoli n. 79 del 1-10-2008
numero 2
Direttore Responsabile
Antonio Vitale
Direttore Scientifico
Salvatore Renna
Comitato di Redazione
Gianni Messi – Nicola Monterisi
Danilo Vicedomini – Giovanna Villa
Editoriale
pag. 3
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta
di percorso gestionale
D. Pirlo, S. Renna, R.Tallone
pag. 5
SIMEUP
Presidente
Antonio Urbino
Vice Presidente
Riccardo Lubrano
L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica
A. Vitale, D. Vicedomini, A. D’Avino, F. Carlomagno, G. Messi
pag. 11
Past President
Gianni Messi
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
Tesoriere
Stefania Zampogna
A. Palmieri, M. Finetti, C. Russo, M. Bertamino, L. Banov, C. Gandolfo,
G. Morana, M. Mancardi, G. Villa, P. Di Pietro, S. Renna
Segretario
Francesco Pastore
Consiglieri
Alberto Arrighini – Francesco Bellia – Antonio Cualbu
Luciano Pinto – Simone Rugolotto – Giuseppe Ruscetta
Un caso di dolore ed impotenza funzionale
M. Finetti, A. Naselli, S. Renna, G. Pala
pag. 14
pag. 18
Revisori dei conti
Giovanni Capocasale – Agostino Nocerino – Pietro Scoppi
Per invio contributi, commenti e richiesta ulteriori informazioni,
si prega contattare la Direzione Scientifica:
pantone 2602 coolgrey 9
Tel. 0825.503417 – Fax 0825.203459
E-mail: [email protected]
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva
sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica
L. Muraca, R. Miniero, M.C. Pullano, P. Masciari, S. Zampogna
pag. 21
®
cyano 60 / 90 magenta
nero 60
®
Rachitismo carenziale slatentizzato da
gastroenterite acuta con necessità di
posizionamento di accesso intraosseo
E. Garrone, F. Fantone, L. Gastaldo, A.F. Urbino
Direzione Editoriale
Marco Iazzetta
Marketing e Comunicazione
Stefania Buonavolontà
®
Redazione
Valeria Aiello
Amministrazione
Andrea Ponsiglione
Grafica e impaginazione
Diego Vecchione
Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o
conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi
forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo
di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta
da parte dell’Editore.
© 2014 Menthalia Srl
Piazzale V. Tecchio, 49
80125 Napoli
Tel. 081 621911
Fax 081 622445
e-mail: [email protected]
Stroke ischemico in età pediatrica:
due casi senza spiegazione
E. Garrone, F. Fantone, L. Gastaldo, A.F. Urbino
Posizionamento del sondino nasogastrico
L. Gastaldo, C. Bosco
Sedazione procedurale per non-anestesisti
S. Norbedo
pag. 27
pag. 30
pag. 33
pag. 35
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni
strumentali nel management dei traumi testicolari
D. Salerno, G. Stranieri, A. Mazzei, S. Zampogna
pag. 47
Domande al dott. Antonio Vitale
A. Vitale
pag. 53
2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week,
Hubei, Cina
S. Rugolotto
pag. 55
Istruzioni per gli Autori
ISTRUZIONI GENERALI
La lunghezza raccomandata per ogni articolo è di
circa 12000 battute totali* (4 pagine circa ad articolo).
Le tabelle e le immagini vanno considerate come
parte integrante del testo, calcolando per ognuna di
esse almeno 2000 battute.
Esempio:
• Testo 6000 battute
• 2 immagini 4000 battute
• 1 tabella 2000 battute
• Totale 12000 battute
TESTO
Deve essere riportato il titolo dell’articolo, l’Autore
(nome, cognome), le affiliazioni e l’indirizzo completo
(con telefono, fax, e-mail) per l’invio della corrispondenza. Indicare allo stesso modo anche gli eventuali
collaboratori.
ICONOGRAFIA
L’iconografia è costituita da grafici, foto e tabelle, corredate di didascalie.
Foto e grafici
Dovranno essere indicati in ordine progressivo con numeri
arabi, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui
vengono citati. Saranno quindi riportati, separatamente
dal documento di testo, in file distinti in formato .jpg,
.bmp, .pdf ad alta risoluzione. Si prega di non utilizzare immagini in Power Point o in Word. Le foto che riproducono
pazienti non dovranno riportare l’identità del soggetto e
comporteranno l’accettato consenso alla pubblicazione
da parte del genitore o di chi fa le veci del paziente. Per
ogni immagine sottrarre 2000 battute dal computo totale.
Le relative didascalie dovranno essere riportate in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx) e indicate in ordine
progressivo con numeri arabi.
Tabelle
Dovranno essere indicate con numeri romani, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui sono citate.
*In Microsoft Office Word 2007 e versioni successive, per verificare il
numero esatto di battute, nel gruppo Strumenti di correzione
della scheda Revisione, selezionare Conteggio parole, quindi consultare la voce Caratteri (spazi inclusi).
2 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Saranno quindi riportate, separatamente dal documento
di testo, in file distinti in formato .doc/.docx e /o .xls/.xlsx.
Le relative didascalie, in lingua italiana, dovranno essere
riportate separatamente in un ulteriore documento di
testo (.doc/.docx).
Per ogni tabella sottrarre 2000 battute dal computo
totale. Nel caso la tabella risultasse strutturata in più
di 20 righe, è opportuno sottrarre dal computo totale
3000 battute.
BIBLIOGRAFIA
Riferimenti alla letteratura rilevante. Dovrà essere citata in ordine progressivo e redatta secondo lo stile
consigliato dalla National Library of Medicine per il suo
database (MEDLINE). Gli articoli a firma di tre o più autori riporteranno i nomi degli stessi seguiti da “et al.”.
Esempio:
Citazione articolo
Hoxhaj S, Jones LL, Fisher AS, et al. Nurse staffing levels affect the number of Emergency Department patients that leave
without treatment. Acad Emerg Med 2004; 11 (5): 459-45c.
Citazione di libro
Vehaskarivivm, Robson AM. Proteinuria. In: Pediatrie Kidney
Disease, edited by Edelman CM Jr, Boston, Little, Brown and
Co., 1992; 531-51.
Citazione atti di Convegno
Murray C. AIDS and the Global Burden of Disease. Presented at the 19th Conference on Retroviruses and Opportunistic
Infections (CROI), Seattle, USA, March 5-8, 2012. Paper 128.
LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO
Deve essere acclusa al lavoro con le firme degli Autori
che dichiarano l’originalità del materiale.
Invio materialE
Il materiale, in formato elettronico (contenente la versione finale del Lavoro), dovrà essere inviato direttamente alla Redazione Scientifica Menthalia, a mezzo
e-mail, all’indirizzo [email protected], con oggetto
Rivista di Emergenza e Urgenza Pediatrica.
NOTE AGGIUNTIVE
Si possono riportare alla fine del lavoro.
Anno 7 - numero 2
EDITORIALE
Antonio Urbino
Presidente Nazionale SIMEUP
Cari soci,
è già passato un anno da quando avete eletto il nuovo Direttivo Nazionale che mi onoro di presiedere. È già tempo
di un primo bilancio e di far conoscere a tutti voi le iniziative che hanno caratterizzato l’attività della nostra Società
nel 2013.
Il Direttivo Nazionale ha prima di tutto confermato il forte impegno della SIMEUP nella formazione:
• è stato realizzato il “Bollettino degli Istruttori” che viene pubblicato sul nostro sito e che ha l’obiettivo di aprire
uno spazio utile a tutte le attività degli istruttori: informazioni, approfondimenti confronto e discussione;
• anche quest’anno abbiamo realizzato la giornata dedicata alla “Manovra per la vita” che ha visto coinvolte
43 piazze italiane con una grande partecipazione dei cittadini;
• abbiamo aggiornato i regolamenti PBLS e PALS e stiamo lavorando alla stesura del regolamento dei corsi di
simulazione;
• all’inizio del 2014 contiamo di esordire con un nuovo database per la registrazione dei corsi nella speranza di
semplificare le procedure;
• abbiamo approvato la realizzazione di un corso di disostruzione della durata di sole due ore con del materiale
didattico molto snello e fruibile soprattutto da personale non sanitario;
• è stato anche preparato un corso per l’intercettazione del peggioramento clinico nei reparti di pediatria al fine di
chiamare in modo corretto il Medical Emergency Team (MET). Il corso si chiama “P. Alarm” e fornisce i parametri
pediatrici di allarme e uno strumento per attribuire uno score con i relativi algoritmi a seconda del punteggio
assegnato al bambino;
• stiamo realizzando un corso di BLS che copre la fascia pediatrica fino all’età adolescenziale.
Un altro campo in cui il Direttivo Nazionale si è particolarmente impegnato e quello delle collaborazioni con il
Ministero della Salute:
• è stato inviato all’AGENAS un articolato documento sugli standard assistenziali pediatrici in PS e in OBI, completato da alcune schede per la gestione in urgenza del bambino, soprattutto se affetto da patologie croniche
complesse, sia a domicilio che durante il trasporto del 118;
• sono state elaborate delle linee guida ministeriali sui traumi dentali in età pediatrica in cui la SIMEUP ha dato
un contributo importante;
• siamo presenti ai tavoli ministeriali che stanno elaborando le linee guida sull’organizzazione del triage e dell’OBI
e stiamo portando il nostro contributo pediatrico su due argomenti di interesse generale.
Particolare impegno è stato posto nella promozione scientifica della SIMEUP:
• ha ripreso le pubblicazioni la Rivista della Società con articoli e rubriche interessanti come potete constatare
nel numero che state leggendo;
• è stato creato un Gruppo di Promozione Scientifica che ha lanciato in collaborazione con la SIP, un interessante
lavoro multicentrico sulla gestione dello stato di male;
• sono stati pubblicati lavori su riviste internazionali su alcune attività formative SIMEUP o in cui la SIMEUP ha
dato un contributo importante;
• abbiamo collaborato con l’American Heart Association alla traduzione italiana di alcuni strumenti didattici;
Anno 7 - numero 2
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 3
EDITORIALE
• sono in fase di conclusione le nuove linee guida SIMEUP sul trauma cranico;
• abbiamo implementato la parte scientifica del nuovo sito internet con rubriche dedicate alle news della letteratura, ai convegni sulle urgenze pediatriche, alle “pillole dell’emergenza”, alle linee guida, ecc.
Per quanto riguarda le realtà regionali sono stati rinnovati ben 7 direttivi con immissione di energie e entusiasmi
nuovi. Molte regioni hanno realizzato eventi SIMEUP di grande successo e partecipazione. Quasi tutte le commissioni e i gruppi di lavoro hanno contribuito con grande impegno alle attività della società arricchendo i percorsi
formativi e gli aspetti culturali e organizzativi di vari argomenti.
Vorrei concludere questo editoriale invitandovi al X Convegno Nazionale della SIMEUP che come sapete si terrà a
Torino dal 27 al 29 marzo 2014. L’impegno del Direttivo e mio personale è massimo per poter rendere quell’evento
importante dal punto di vista scientifico. È mio desiderio anche far sì che il “nostro” congresso possa essere un
momento di incontro di tutti i soci per discutere, confrontarci e progettare il futuro della SIMEUP che immagino
pieno di impegni ma anche di successi.
Vi ringrazio per la partecipazione alla vita societaria e vi invito caldamente a rinnovare la vostra associazione anche
per il 2014.
4 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
Disidratazione in corso di gastroenterite:
proposta di percorso gestionale
D. Pirlo, S. Renna, R.Tallone
P.S. Medico e Medicina d’Urgenza, Istituto G. Gaslini, Genova
La gastroenterite e la disidratazione che spesso
ne consegue, sono frequente motivo di accesso al
Pronto Soccorso medico. Dal momento che la gestione di queste patologie è spesso argomento di
discussione talvolta a rischio di “malpractice”.
Con questo documento si vuole proporre un percorso clinico gestionale alla luce delle più aggiornate
evidenze EBM.
Scopo
Scopo del lavoro è quello di prevenire comportamenti clinici disomogenei, favorendo uno standardizzato percorso clinico-terapeutico che consenta
anche e soprattutto di individuare soggetti a rischio
di decorso grave di patologia.
Gestione clinico-terapeutica: punti chiave
Importanza dell’“impressione clinica”: well/unwell child
C’è correlazione tra esami ematochimici e reale
grado di disidratazione? (Non esistono allo stato attuale validati e certi dati laboratoristici che indichino
con certezza il reale stato di disidratazione e la possibile evoluzione verso lo stato di shock).
Gold standard per la valutazione dello stato attuale
di disidratazione sarebbe il confronto tra peso attuale
con un peso affidabile pre-malattia (dato anamnestico spesso non in possesso del genitore). Sarebbe
buona norma di educazione sanitaria, secondo noi,
Anno 7 - numero 2
invitare il genitore a pesare il bambino alla comparsa
dei primi sintomi di una possibile gastroenterite
(primo vomito/prima scarica diarroica), fornendo in
questo modo degli elementi obiettivi che guidino il
genitore stesso ad una valutazione dello stato idratativo del piccolo paziente (tabella I).
Esami ematochimici e colturali
Gli esami ematochimici non sono necessari nella gastroenterite a meno di:
• disidratazione severa;
• comorbilità (ad es. patologie renali o cardiache);
• stato di coscienza alterato;
• cute pastosa (doughy);
• perdite prolungate e profuse;
• ileostomia.
Gli esami colturali vanno effettuati solo in caso di
dolore addominale importante o sangue nelle feci
(causa batterica più frequente) anche se non modificano normalmente il trattamento.
Reidratazione per os
Reidratazione orale (SRO) prima scelta in caso di disidratazione lieve/moderata (NICE). Percentuale di insuccesso di circa il 5% (forza della raccomandazione I,
livello evidenza A).
• Efficacia sovrapponibile alla reidratazione
endovenosa.
• Maggior sicurezza e minor complicanze.
• Meno traumatica per i bambini (soprattutto
se piccoli).
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 5
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
Tabella I. Valutazione dello stato di disidratazione
Incremento della gravità della disidratazione
Segni e sintomi di disidratazione
Disidratazione evidente clinicamente
Shock clinico
Coscienza e vigilanza
Alterazione stato di coscienza (per es. irritabile, letargico)
Ridotto livello di coscienza
Colorito cutaneo
Colorito cutaneo immodificato
Pallore cutaneo
Estremità calde
Estremità calde
Estremità fredde
Occhi
Occhi infossati
–
Mucose
Mucose umide (eccetto se respirazione orale)
–
Frequenza cardiaca
Tachicardia
Tachicardia
Frequenza respiratoria
Tachipnea
Tachipnea
Polsi periferici
Polsi periferici normali
Polsi periferici iposfigmici
Refill capillare
Refill capillare normale
Refill capillare prolungato
Turgore cutaneo
Turgore cutaneo ridotto
–
Pressione arteriosa
Pressione arteriosa normale
Ipotensione (shock scompensato)
Sintomi di allarme (red flag) sottolineati in tabella sono i dati che maggiormente correlano con lo stato di disidratazione.
• Minor tempo di permanenza presso il Pronto
Soccorso.
• Minor costi.
• Educazione del nucleo familiare.
Quantità
Dai 10 ai 20 ml/kg di SRO a bassa osmolarità (240-250
mOsm/kg) entro 1 ora somministrati in piccole quantità e frequentemente inizialmente in minor dosaggio, aumentando se ben tollerato. Oppure: 50 ml/kg
di SRO a bassa osmolarità in 4 ore. Considerare la
supplementazione con altri liquidi usualmente utilizzati dal bambino inclusi latte o acqua ma non succhi
di frutta o bibite gasate se rifiutano di assumere sufficienti quantità di SRO e non hanno segni o sintomi di
allarme (red flag). Andrebbe anche considerate l’idratazione mediante sondino naso gastrico nel paziente
non collaborante o con vomito persistente.
Terapia del vomito
È possibile anche alla luce degli ultimi dati di letteratura (compreso quanto già sta emergendo dallo
studio multicentrico italiano SONDO) l’utilizzo del farmaco antiemetico Ondansetron al dosaggio di 0,150,2 mg/kg per os o sublinguale. Tali studi hanno valutato l’efficacia di tale farmaco nel vomito in corso di
gastroenterite, ma al momento attuale risulta ancora
farmaco off-label per patologia e richiede acquisizione di consenso informato.
Reidratazione ev
Il ricorso alla reidratazione endovenosa richiede la
consapevolezza che tale pratica è in tutto e per tutto
6 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
una terapia che implica rischi (tromboflebiti, iperidratazione, alterazione iatrogena elettroliti) e come tale
va attentamente monitorata attraverso esami ematochimici seriati, la cui frequenza è condizionata dalla
gravità della disionia.
Costi, tempi e gestione sicuramente più onerose da
parte del personale medico-infermieristico rispetto
alla reidratazione orale solo in caso di:
• fallimento della SRO;
• condizioni scadenti del bambino;
• stato di shock;
• ileo paralitico.
Tipo di fluidi da somministrare
Bolo iniziale nel paziente con shock.
Soluzione fisiologica 0,9% (20 ml/kg, ripetibile
una seconda volta, considerare nei non
responder altre cause di shock).
Se in questa fase coesiste ipoglicemia
somministrare destrosio al 10% (5 ml/kg).
N.B.: caso impossibilità al reperimento rapido
di accesso venoso, ricordiamo possibile
modalità di utilizzare la pratica dell’accesso
intraosseo.
Nelle fasi successive o nel paziente non in
shock usa:
• soluzione fisiologica allo 0,9%
• soluzione fisiologica allo 0,9% +
destrosio 5%
Aggiungere 20 mEq di KCl/l se kaliemia è
<3 mEq/l o somministrare per via orale.
Anno 7 - numero 2
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
Quantità
Calcolo mantenimento (tabella II).
della terapia e monitoraggio regolare di tali parametri
con lo scopo di modificare e/o diminuire la quantità
dei fluidi somministrati (tabella III).
Nuovo approccio secondo protocollo NICE
Trattare la disidratazione severa allo stesso modo,
aggiungendo al mantenimento un quantitativo fisso
pro-kg della soluzione scelta (NICE 50 ml/kg in caso
di disidratazione moderata o severa senza shock,
monitorando la riduzione dei liquidi secondo la risposta clinica.
Nelle forme severe con sospetto o certo shock, somministrare come supplementazione delle perdite un
valore fisso di 100 ml/kg monitorando la riduzione dei
liquidi secondo la risposta clinica.
In questi casi deve essere effettuati EGA, ionogramma, uricemia, creatininemia e glicemia all’inizio
Riflessioni
1. La reidratazione endovenosa deve essere avviata per almeno 24 ore, (la reidratazione rapida ev per 4 ore con prosecuzione per via
orale non è al momento validata anche se
molti studi vanno in questa direzione).
2. L’acidosi durante la gastroenterite può avere
significati differenti: da perdita di bicarbonati
con le feci (anion gap normale) o da aumento
degli acidi organici rilasciati dalla cellula ipossica (aumento anion gap). L’anion gap infatti
Tabella II. Calcolo mantenimento
Peso paziente
ml/die
ml/h
Da 3 a 10 kg
100 x peso
4 x peso
Da 10 a 20 kg
1000 + 50 x peso tra 10-20 kg
40 + 2 x peso tra 10-20 kg
>20 kg
1500 + 20 x peso oltre i 20 kg
60 + 1 x peso
+ calcolo deficit
Tabella III. Schema fluidi comprendente già mantenimento più la stima dei fluidi persi nella disidratazione moderata o severa (fluidi pro kg)
Anno 7 - numero 2
Peso (kg)
Grado di disidratazione moderata o severa (ml/h)
3,0 kg
20
4,0 kg
25
5,0 kg
30
6,0 kg
40
7,0 kg
45
8,0 kg
50
9,0 kg
60
10 kg
65
12 kg
75
15 kg
90
20 kg
100
30 kg
130
40 kg
165
50 kg
195
60 kg
225
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 7
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
risulta dalla differenza tra anioni e cationi, ed
aumenta in caso di rilascio di acidi organici
(ad es. acido lattico) in fase di sofferenza cellulare. L’aumento dell’anion gap e dei lattati
quindi è espressione di ipoperfusione cellulare
à importanza valutazione anion gap e lattati in
corso di disidratazione
3. Correzione con bicarbonati: non è in generale indicata per l’evidenza di peggioramento
dell’acidosi intracellulare e per il passaggio
della CO2 della barriera emato-encefalica.
La correzione con bicarbonati può essere indicata in patologie renale quale acidosi tubulare
e disidratazione in corso di acidosi lattico-metaboliche.
La supplementazione si calcola con: (deficit teorico di HCO3 in mEq/l ) = 1/3 di eccesso base
x kg, si inizia con infusione del metà del deficit in
infusione e.v. lenta in 2 ore in flebina in soluzione
1:1 con SF, il resto nelle restanti 22 ore.
4. Il mantenimento dei fluidi va adeguato alle condizioni del bambino:
• 25% nel paziente allettato;
• 25% nel bambino con ventilazione meccanica;
• nel bambino febbrile (10-20%);
• nel bambino BPN, infezioni SNC (in
quanto patologia a rischio di S. da inappropriata secrezione di ADH ): 20-40%.
Disidratazione iponatriemica
Si parla di iponatriemia quando sodiemia <130 mEq/l.
I sintomi possono comparire quando sodiemia
<125 mEq/l (nausea, vomito, cefalea, letargia, irritabilità, iporeflessia, alterazione stato di coscienza,
convulsione).
In caso di convulsioni effettua ABC, terapia anticonvulsivante e correggi la sodiemia
Usare soluzione di NaCl al 3% al dosaggio di: 4 ml/kg
in 15-30 minuti, che dovrebbe portare ad un aumento
della natremia di 3 mEq e determinare interruzione
delle convulsioni (possibilmente accesso centrale).
Se persistenza ripetere lo stesso bolo.
Risolte le convulsioni la correzione totale del sodio
non dovrebbe eccedere 8 mEq/l al giorno.
Monitoraggio elettroliti ogni 2 ore finché instabile,
quindi ogni 4-6 ore fino a normalizzazione. La velocità di infusione, al fine di garantire una risalita graduale della natriemia deve essere effettuata in modo
più lento rispetto alla disidratazione isonatriemica
facendosi guidare dalla risalita del sodio come indicatore per la velocità di infusione.
8 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Tipo di fluidi da somministrare
• Soluzione fisiologica 0,9%;
• Soluzione fisiologica 0,9% +
destrosio 5%;
Ricorda: usa sempre questo tipo di liquidi
quando vi è insulto del SNC (encefalite,
meningite, trauma cranico, convulsione).
Disidratazione ipernatriemica
Una troppo rapida riduzione dei valori di NA nell’ipernatriemia può causare edema cerebrale, convulsioni
e lesioni cerebrali permanenti. L’ipernatriemia può
essere:
• moderata: 150-169 mEq/l;
• severa: >169 mEq/l.
I sintomi sono: letargia, irritabilità, atassia, tremore,
iperreflessia, convulsioni, riduzione GCS.
Una rapida riduzione della sodiemia può causare
edema cerebrale, convulsioni o danno cerebrale
permanente: lo scopo è abbassare la natriemia non più velocemente di 12 mEq/l in 24 ore
(0,5 mEq/l/h).
Ipernatriemia moderata
Ipotizzabile (in via teorica) reidratazione per os con
monitoraggio della sodiemia (se la sodiemia scende
troppo rapidamente ridurre la velocità di reidratazione o passa ad idratazione ev) (tabella IV).
Se terapia EV, usa:
• Soluzione fisiologica + destrosio
5%;
• Volume giornaliero per ripristino
perdite e correzione ipernatriemia in
un tempo non inferiore a 48 ore;
• Monitoraggio elettroliti ogni 2 ore
finché instabile, quindi ogni 4-6 ore
fino a normalizzazione.
Ipernatriemia severa
Contatta consulente rianimatore.
Dopo iniziale rianimazione, usa:
• Soluzione fisiologica+ destrosio 5%
in 72-96 ore.
Anno 7 - numero 2
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
Se durante il trattamento compaiono convulsioni o
altri segni di edema cerebrale monitora il sodio: se
scende troppo rapidamente somministrare soluzione
ipertonica (eventuali neuro-immagini) (vedi tabella IV).
Criteri di dimissione/ricovero/OBI
A domicilio
• Bambino con disidratazione lieve (<4%),
con chiara diagnosi di gastroenterite (senza
segni/sintomi suggestivi di altra più grave
patologia) che assume liquidi e con buone
compliance familiare (verde in flow chart)
(figura 1).
Ricovero in OBI
• Paziente con disidratazione medio/moderata in cui tuttavia può essere ancora tentata
idratazione per os. Strategie alternative per
quei pazienti in cui si vuole testare la buona
tolleranza alla terapia reidratante per os.
• Pazienti di età inferiore ai 6 mesi con chiara
sintomatologia di gastroenterite.
• Pazienti con disidratazione/sintomi anche
lievi ma con importanti comorbilità (patologia cardiaca, renale, portatori di PEG).
• Paziente che necessita di terapia reidratante
endovenosa.
• Scarsa compliace familiare.
• Non chiara definizione di diagnosi.
Tabella IV. Schema fluidi per reidratazione per ipernatriemia moderata o severa
Ipernatriemia moderata (Na sierico 150-169 mEq/l)
Quota di fluidi ml/h usando soluzione fisiologica + destrosio 5%
Peso (kg)
(Ripristino del deficit in 48 ore o più)
Calcolato su deficit del 7%
Ipernatriemia severa (Na sierico >170 mEq/l)
quota di fluidi ml/h, usando soluzione fisiologica + destrosio 5%
(Ripristino del deficit entro 96 ore)
Calcolato su deficit del 10%
4
22
21
5
27
25
6
33
30
7
38
35
8
44
40
10
55
50
12
62
56
14
68
62
16
75
68
18
82
75
20
90
80
22
96
87
24
100
90
26
105
95
28
110
98
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34
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110
36
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132
50
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142
55
175
152
60
187
162
Anno 7 - numero 2
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 9
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
Ricovero in Medicina d’Urgenza/altri reparti degenza internistica
• Pazienti con segni/sintomi di shock o imminente shock.
• Pazienti con segni sintomi suggestivi di altra
possibile patologia più grave.
• Paziente con sintomi persistenti/moderati/
gravi di gastroenterite acuta di età inferiore
ai 6 mesi.
• Pazienti con disidratazione moderata/sintomatologia persistente con importanti comorbilità.
• Disidratazione grave.
• Importanti disionie (disidratazione ipo- o
ipernatriemica).
• Compliance familiare problematica (famiglia
socialmente/culturalmente svantaggiata).
Disidratazione
minima/assente
Disidratazione
lieve/moderata
Disidratazione
severa/shock
Dimissioni con indicazione a:
1.Proseguire fluidi abituali.
2.Incoraggiare un maggior introito di liquidi
3.Offrire SRO come supplemento nei bambini che presentano FdR
Terapia reidratante orale:
1. SRO 30 ml/kg/4 h (5 ml/5 min
nelle prime 2h
10 ml/5 min
nelle 2 h successive)
2. Considerare supplementazione con fluidi abituali (latte,
acqua) se il bambino rifiuta
la SRO
Bolo con soluzione fisiologica
0,9% 20 ml/kg/20 min
eventualmente ripetibile fino a
stabilizzazione del paziente
Proseguire la reidratazione a
domicilio:
1. Incoraggiare un maggior apporto di liquidi e cibo a
2. Risprendere la RO se ricomparsa segni disidratazione
Assume bene,
migliorato
Persiste vomito
Non ottimale
assunzione di SRO
Terapia reidratante IV:
1. Accesso venoso
2. Esami: pH, ioni, destrostix,
creatinina, uricemia, azotemia
3. Avvio fluidoterapia IV
Ondansetron per os
RO dopo 30 min
Non migliorato
Deterioramento
Non appena possibile
valutare la tolleranza
orale del paziente e
completare la reidratazione con SRO
Figura 1.
Criteri di dimissione/ricovero/OBI
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale 1. National Institute for Health and Care Excellence. Diarrhoea
and vomiting in children Diarrhoea and vomiting caused by
gastroenteritis: diagnosis, assessment and management
in children younger than 5 years. April 2009.
10 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
2. The Royal Children’s Hospital, Melbourne, Australia. Clinical Practice Guidelines. December 2012.
Anno 7 - numero 2
L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica
A. Vitale1, D. Vicedomini2, A. D’Avino2, F. Carlomagno3, G. Messi4
Unità Operativa di Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”, Avellino – Past President SIMEUP
Pediatra di Famiglia, A.S.L. Napoli 1 Centro
3
Pediatra di Famiglia, A.S.L. Napoli 3 Sud
4
IRCCS “Burlo Garofalo”, Trieste – Presidente SIMEUP
1
2
Ogni anno sono decine di migliaia le persone che muoiono in tutto il mondo per il mancato reperimento di un
accesso vascolare in situazioni di grave emergenza.
È infatti ampiamente dimostrato in letteratura(1, 2)
che la tempestiva somministrazione di fluidi e farmaci
rappresenta un elemento chiave per la sopravvivenza
di un paziente critico e che un ritardo nello stabilire un
accesso vascolare può risultare fatale.
L’accesso intraosseo, introdotto per la prima volta da
Drinker e Lund nel 1922, rappresenta una metodica
impiegata da oltre 20 anni in emergenza pediatrica
allo scopo di disporre di un accesso vascolare stabile,
sicuro ed idoneo ad infondere rapidamente grandi
volumi di liquidi, plasma expanders e farmaci necessari al ripristino delle funzioni vitali(3). Poiché il compartimento intraosseo del bambino è costituito da una
rete vascolare estremamente estesa nella porzione
spongiosa delle ossa lunghe e piatte e non collassa
in corso di shock ipovolemico od arresto completo
del circolo, è possibile somministrare per via intraossea tutti i tipi di liquidi (colloidi, cristalloidi, sangue ed
emoderivati) e tutti i farmaci comunemente somministrati per via endovenosa, con flusso soddisfacente
(20-40 ml/min) ed uguali tempi di assorbimento, offrendo la possibilità, allo stesso tempo, di eseguire
prelievi ematici, come nel caso di un accesso venoso
tradizionale. Studi sperimentali hanno dimostrato che
l’infusione di adrenalina per via intraossea è in grado
di produrre livelli ematici altrettanto rapidi rispetto
alla via venosa centrale e che tutta la procedura si
esegue in meno di sessanta secondi, richiedendo
Anno 7 - numero 2
solo una minima manualità da parte dell’operatore.
Il limite dell’accesso intraosseo è rappresentato dal
fatto di poter essere mantenuto soltanto per la prima
emergenza, e comunque non oltre le 24-48 ore, a
causa del considerevole rischio di osteomielite conseguente a rimozioni tardive dell’ago, sebbene questa complicanza sia drasticamente ridotta mediante
un’adeguata pulizia e disinfezione locale prima della
procedura. Le uniche controindicazioni reali all’infusione intraossea sono rappresentate dalla frattura del
segmento osseo che si intende incannulare e dalla
presenza di infezioni cutanee nel luogo di puntura.
Lo stravaso di liquidi, legato all’infusione a pressione,
rappresenta una complicanza riportata nel 12% dei
casi, mentre l’incidenza di osteomielite risulta piuttosto bassa (0,6%) e solitamente va trattata senza
ospedalizzazione(3). Raramente è stata segnalata,
soprattutto in epoca neonatale, la frattura dell’osso
tibiale in conseguenza di una puntura troppo bassa,
a livello della diafisi. L’embolia grassosa, descritta nel
modello animale, non è stata fino ad oggi riportata
nell’uomo(3). Una volta superata la fase di emergenza,
si procede a stabilire un accesso venoso stabile ed
alla rimozione della linea di infusione intraossea, comprimendo con forza la sede della puntura e mantenendo poi la pressione con una medicazione compressiva.
Le linee guida dell’European Resuscitation Council
(ERC), dell’Advanced Trauma Life Support (ATLS) e
dell’American Heart Association (AHA) raccomandano il ricorso all’accesso intraosseo in tutte quelle
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 11
L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica
situazioni di emergenza pediatrica in cui non venga
stabilito un accesso vascolare tradizionale entro
60-90 secondi oppure dopo il fallimento di due tentativi di accesso consecutivi(4, 5).
Inizialmente venivano inseriti manualmente gli stessi
aghi mandrinati utilizzati per il prelievo di midollo
osseo (figura 1), regolando opportunamente la lunghezza dell’ago in base all’età del paziente ed allo
spessore del tessuto sottocutaneo, tuttavia il loro
posizionamento risultava complesso e si verificavano
frequentemente complicanze e dislocazioni.
Allo scopo di superare le difficoltà legate al posizionamento dell’accesso intraosseo tradizionale si è resa
necessaria, nel corso degli ultimi anni, la creazione
di nuovi strumenti in grado di garantire un accesso
intraosseo facile, sicuro, veloce ed efficace.
I dispositivi automatici, come la pistola per intraossea
B.I.G. (Bone Injection Gun) (figura 2) deve essere
precaricata con un ago da 15 gauge per l’adulto e
da 18 gauge per il bambino. Il più recente dispositivo
a trapano EZ-IO (figura 3), che è molto semplice da
usare e funziona a batteria, consente di inserire un
catetere metallico nella spongiosa delle ossa lunghe
in tempi estremamente brevi con una percentuale di
successo al primo tentativo pari al 97%(6-8).
Il trapano per intraossea EZ-IO utilizza aghi di lunghezza diversa, a seconda del peso del paziente: al
di sotto dei 39 kg si utilizzano aghi da 15 gauge della
lunghezza di 15 mm, per i bambini che pesano più di
40 kg si usano aghi da 15 gauge lunghi 25 mm e per
quelli con tessuto sottocutaneo particolarmente rappresentato sono disponibili aghi da 15 gauge lunghi
45 mm (figura 4).
L’ago va introdotto fino a toccare il piano osseo e solo
in quel momento si attiverà il trapano, la cui azione
andrà interrotta solo quando l’operatore, una volta
superata la corticale ossea, avvertirà una perdita di
resistenza a scatto dovuta al superamento dell’osso
compatto; da quel momento sarà possibile aspirare
sangue midollare ed infondere fluidi liberamente, a
bassa resistenza. La presenza di infiltrato sottocutaneo rivela che l’estremità dell’ago non si trova all’in-
Figura 1.
Ago per intraossea
Figura 3.
Trapano per intraossea EZ-IO
Figura 2.
Dispositivo per intraossea B.I.G. (Bone Injection Gun)
Figura 4.
Aghi intraossei per trapano EZ-IO
12 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica
terno dell’osso, laddove una pressione eccessiva
può spingerlo fino alla corticale del lato opposto; in
questo caso è necessario ritirare l’ago di qualche millimetro affinché si possa aspirare sangue od iniettare
liquidi. Successivamente al posizionamento dell’ago
intraosseo è necessario eseguire un lavaggio con
5-10 ml di soluzione fisiologica per liberare le cellette
dell’osso trasecolare dal midollo. Ogni ago presenta
ogni 5 mm delle linee di colore nero; per posizionare
correttamente l’ago, una volta oltrepassati i tessuti
molli ed appoggiata la punta sul piano osseo, deve
fuoriuscire dal piano cutaneo almeno una delle linee
di colore nero, solo in quel caso, attivando il trapano,
sarà possibile superare l’osso compatto e penetrare
nell’osso trabecolare rendendo efficace l’infusione.
Le sedi utilizzate per l’accesso intraosseo sono la
tibia, il femore, la cresta iliaca, l’omero e lo sterno,
tuttavia, in età pediatrica gli accessi più agevoli sono
rappresentati dalla tibia prossimale e dalla tibia distale (figura 5).
Nel caso della tibia prossimale l’inserzione si effettua
1-2 cm distalmente al margine inferiore della tuberosità tibiale, a metà distanza tra il margine anteriore e
quello mediale della tibia. Nel caso della tibia distale
il punto di repere si trova al centro dell’area pianeggiante di congiunzione tra malleolo mediale e superficie antero-mediale della tibia. Se il bambino è reattivo, s’infiltra il sottocute con 0,5-2 ml di lidocaina 2%
fino al contatto con il periostio oppure si procede ad
anestesia cutanea per raffreddamento con cloruro di
etile. Si pungono i tessuti superficiali perpendicolarmente al piano osseo e l’ago, una volta attraversata
la cute, andrà orientato distalmente per circa 15°30°, lontano da cavo articolare e cartilagine di accrescimento. Le dosi di farmaci da infondere per via
intraossea non differiscono rispetto alla via endovenosa, tuttavia è consigliabile iniettare, subito dopo la
somministrazione di un farmaco, un bolo di 5-10 ml
di soluzione fisiologica, allo scopo di favorirne il drenaggio nel circolo sistemico e, comunque, mantenere un’infusione continua di lavaggio con soluzione
fisiologica. Il flusso massimo dipenderà, ovviamente,
dal calibro dell’ago e dalla lunghezza della linea di
infusione, mentre la velocità di infusione potrà essere
aumentata sollevando il più possibile il flacone oppure mediante una sacca a pressione.
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale 1. Phillips L, Proehl J, Brown L, et al. Recommendations for
the use of intraosseous vascular access for emergent and
nonemergent situations in various health care settings: a
consensus paper. J Infus Nurs 2010; 33: 346-51.
2. Luck RP, Haines C, Mull CC. Intraosseous access.
J Emerg Med 2010; 39: 468-75.
3. Buck ML, Wiggins BS, Sesler JM. Intraosseous drug administration in children and adults during cardiopulmonary
resuscitation. Ann Pharmacother 2007; 41: 1679-86.
4. Nolan JP, Deakin CD, Soar J et al. European Resuscitation
Council guidelines for resuscitation 2005. Section 4. Adult
advanced life support. Resuscitation 2005; 67: S39-86.
5. Langley DM, Moran M. Introsseous needles: they’re not
just for kids anymore. J Emerg Nurs 2008; 34: 318-9.
6. Davidoff J, Fowler R, Gordon D, et al. Clinical evaluation
of a novel intraosseous device for adults: prospective,
250-patient, multi-center trial. JEMS 2005; 30: 20-3.
7. Ong ME, Chan YH, Oh JJ, et al. An observational, prospective study comparing tibial and humeral intraosseous
access using the EZ-IO. Am J Emerg Med 2009; 27: 8-15
8. Weiser G, Hoffmann Y, Galbraith R, et al. Current advaces
in intraosseous infusion – A systematic review. Resuscitation 2012; 83: 20-6.
Figura 5.
Sedi di accesso intraosseo in regione tibiale prossimale e distale
Anno 7 - numero 2
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 13
CASE REPORT
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
A. Palmieri, M. Finetti, C. Russo, M. Bertamino, L. Banov, C. Gandolfo, G. Morana, M. Mancardi,
G. Villa, P. Di Pietro, S. Renna
U.O. di P.S. Medicina d’Urgenza Osservazione DEA Istituto G. Gaslini, Genova
Centro SIDS, ALTE Regione Liguria, U.O. di P.S. Medicina d’Urgenza Osservazione DEA Istituto G. Gaslini, Genova
U.O.S. Emostasi e Trombosi Istituto G. Gaslini, Genova
U.O. Neuroradiologia Istituto G. Gaslini, Genova
U.O. di Neuropsichiatria Dipartimento Neuroscienze Istituto G. Gaslini, Genova
Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Genova
Obiettivi
Analizzare come l’approfondimento di un episodio
sincopale (Apparent Life Threatening Event, ALTE),
possa svelare patologie cardiovascolari nel lattante.
Valutare l’importanza di un team multidisciplinare.
Introduzione
Nel primo anno di vita gli episodi di ALTE riguardano
lo 0,8% degli accessi nei dipartimenti di Medicina
d’Urgenza Pediatrici e rappresentano una sfida multidisciplinare in primo luogo perché il paziente giunge
all’osservazione medica, in oltre il 99% dei casi, in
benessere.
L’eziologia dell’ALTE può essere riconducibile a disturbi gastroenterologici (50%), neurologici (30%),
respiratori (20%), cardio-vascolari (5%), metabolici
ed endocrinologici ed infettivi (dal 2% a 5%). L’età di
insorgenza è nota sotto l’anno. Da ricordare, le forme
idiopatiche (iALTE) riconoscono non una causa definita ma alterazioni del driver respiratorio e del sistema
nervoso autonomo.
Per la complessità del quadro ezio-patogenetico, entrano in gioco figure professionali a diversa competenza. In un contesto di questo tipo appare, quindi,
necessario un approccio centralizzato in ambiente a
comprovata competenza pediatrica. I bambini con
storia clinica di ALTE costituiscono un gruppo decisamente eterogeneo e pertanto determinano considerevoli difficoltà diagnostiche anche in considerazione
del contributo di esami strumentali e di laboratorio
che in alcune condizioni appare relativamente scarso.
14 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
La gestione clinica del bambino con ALTE è resa problematica oltre che dalle oggettive difficoltà diagnostiche anche dal contesto emotivo in cui si svolge la
relazione fra il medico ed i genitori.
Un approccio disorganico al problema può infine determinare uno squilibrio nella utilizzazione delle risorse,
comportando un elevato numero di esami, di ricoveri
impropri e riammissioni.
Nel 1996 il Gruppo di Studio per la SIDS della SIP
aveva formulato una proposta di gestione clinica dei
bambini con storia di ALTE(1) che fu successivamente
ridiscussa in una Consensus Conference tenutasi a
Firenze nel 2001. Dalla Conferenza scaturì un documento di Consenso che è stato revisionato da un
pool di esperti all’interno del Gruppo di Studio Interassociativo SIDS/ALTE, con l’intento di aggiornare le
acquisizioni scientifiche sull’argomento, di rendere il
più possibile omogeneo l’approccio clinico/strumentale a questi pazienti e di delineare i futuri indirizzi di
ricerca (LG SIP 2010)(2).
Presentiamo a seguire un esempio dell’applicabilità
significativa di questo percorso diagnostico-terapeutico.
Caso clinico
B.E. è giunto alla nostra osservazione a 2 mesi di vita.
Primogenito di genitori non consanguinei; in anamnesi
familiare si segnala madre affetta da ipotiroidismo in
terapia sostitutiva; bisnonni materni deceduti a 52 e
54 anni per cardiopatia non meglio specificata. Cugini da parte materna con episodi sincopali occorsi
Anno 7 - numero 2
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
P. Alarm
Proseguire con la valutazione normale
0-1
2- 3
P. Alarm ogni 6 ore
Consultare collega infermiere/infermiere esperto, che valuterà se chiamare medico di reparto/di guardia.
(in caso di assenza collega infermiere/infermiere esperto, consultare medico di reparto/di guardia)
P. Alarm ogni 3 ore
4-5
Chiamare medico di reparto/di guardia, che valuterà se chiamare il rianimatore
Riconsiderare paziente e piano terapeutico
Garantire funzionalità accesso venoso
P. Alarm ogni ora
Monitorizzazione continua del paziente, non allontanarsi
≥6
o un item di 3
Chiamare MET
Informare medico di reparto/di guardia
Carrello di emergenza in camera
Considerare potenziale RCP
Immagini T2-pesate assiali (A) e T1 pesate (B) dimostrano la presenza di un’area gliotico-malacica a livello dello striato di sinistra (freccia)
con secondaria dilatazione ex-vacuo del corno frontale omolaterale. Si noti la presenza di una puntiforme area iperintensa in T1 (freccia
tratteggiata) di possibile natura calcifica. Immagini assiali pesate in diffusione DWI (C) dimostrano assenza di aree di restrizione della
diffusione; in corrispondenza dell’esito ischemico gliotico-malacico si osserva marcato incremento della diffusione (freccia). Immagine
coronale T2 pesata (D) meglio dimostra il coinvolgimento della testa del nucleo caudato e della porzione ventrale del putamen.
(E) Lo studio angio-RM non documenta evidenti alterazioni a carico dei principali vasi componenti il circolo arterioso endocranico. Decorso
tortuoso dell’arteria carotide interna sinistra al passaggio tra tratto cervicale e petroso (freccia).
Figura 1.
RM e angio-RM encefalo eseguite a 2 mesi 6 giorni
rispettivamente a 7 anni e 2 giorni di vita. Nato alla
38esima settimana da gravidanza normodecorsa, TC
per tocofobia, PN 3,400 kg con buon adattamento
alla vita extrauterina. Allattamento artificiale esclusivo.
Non ancora effettuate (al momento del ricovero) le
vaccinazioni a norma di legge.
In apparente pieno benessere, intorno alle 16:30
poco prima del pasto, durante il sonno, il piccolo
non appariva risvegliabile né responsivo alle ripetute
stimolazioni della madre e si presentava ipotonico
ed assente (veniva descritto come una “bambola di
pezza”). Dopo circa 15 minuti ripresa spontanea con
recupero del tono e dello stato di coscienza, B.E.
Anno 7 - numero 2
veniva pertanto condotto presso l’ospedale di zona,
dove, dopo i primi accertamenti, veniva indicato trasferimento presso Centro Regionale SIDS/ALTE all’interno del Dipartimento di Medicina d’Urgenza Osservazione DEA Istituto G. Gaslini di Genova.
All’ingresso in reparto il paziente si presentava in
buone condizioni generali. Stato nutrizionale adeguato. Fontanella anteriore normotesa, refill capillare
nella norma, tono e riflessi nella norma. Stato di idratazione nella norma. Faringe roseo, membrane timpaniche nella norma. Attività cardiaca ritmica e valida.
Al torace murmure vescicolare normotrasmesso su
tutti gli ambiti.
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 15
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
Addome trattabile; organi ipocondriaci nei limiti della
norma.
Peso: 5,310 Kg (50°), lunghezza 64 cm (>95°),
CC 38,5 cm (25°), T 36,7 °C.
Vista la sintomatologia riportata dai genitori veniva
avviato protocollo diagnostico per ALTE.
Esami bioumorali/strumentali
Risultati negativi o nella norma: esami ematici (emogasanalisi, esame emocromocitometrico con formula,
PCR, ionogramma sierico, glicemia, funzionalità epatica, funzionalità renale); esame urine e urinocoltura,
ricerca sangue occulto nelle feci; tampone faringeo e
nasale; EEG ed ECG.
Esami significativi
Ecografia trans-fontanellare: iperecogenicità del nucleo caudato di sinistra. Alla luce del referto ecografico, in accordo con i consulenti radiologi e neuropsichiatri infantili, veniva concordata esecuzione di RMN
con angio-RMN encefalo, che evidenziava la presenza
di focale esito malacico stabilizzato in corrispondenza
dello striato di sinistra da pregressa lesione su base
vascolare (territorio delle arterie lenticolo-striate di sinistra). Lo studio angio-RM non documentava evidenti
alterazioni a carico dei principali vasi componenti il
circolo arterioso endocranico. Decorso tortuoso
dell’arteria carotide interna sinistra al passaggio tra
tratto cervicale e petroso. Nel sospetto pertanto di
un episodio di ALTE in paziente con pregresso stroke
venivano eseguiti ulteriori accertamenti tra cui:
• Esami bioumorali di secondo livello: PT, aPTT,
fibrinogeno, antitrombina, proteina S, antitrombina, LAC, anticorpi anti-cardiolipina risultati
nella norma, proteina C (diminuzione compatibile con l’età neonatale, da ricontrollare dopo
6 mesi); allo screening trombofilico, presenza
della mutazione del FII in eterozigosi.
• Valutazione cardiologica con ecocardiografia:
forame ovale pervio con minimo shunt sx-dx.
• Consulenza emostasi e trombosi: non indicazione, al momento, ad avviare profilassi secondaria con acido acetilsalicilico, vista l’età del
paziente (ha superato il periodo critico per il
rischio trombotico, ovvero il primo mese di vita)
e il non sicuro rapporto di causa/effetto tra il
reperto di tortuosità della carotide interna e il
pregresso evento ischemico. Inoltre il riscontro
allo screening trombofilico della mutazione della
protrombina in eterozigosi costituisce rischio
trombotico aggiuntivo in determinate situazioni
ma in questo contesto clinico non costituisce
indicazione ad alcun trattamento.
16 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Nel corso della degenza, non si sono osservati eventi
di ipotonia e perdita di coscienza. I parametri vitali si
sono sempre mantenuti in asse. Il cardiomonitoraggio
48 ore, secondo protocollo, non ha mai evidenziato
apparenti problematiche. Come da protocollo ALTE,
sono state fornite informazioni sulla gestione domiciliare; è stato inoltre eseguito corso di rianimazione
cardio-polmonare.
Il paziente veniva pertanto dimesso in buone condizioni generali.
Conclusioni
Episodio sincopale con pregresso stroke in paziente
con pervietà forma ovale ed eterozigosi per mutazione
della protrombina.
Discussione
La decisione di ricoverare o meno un piccolo paziente
con storia clinica di ALTE è piuttosto problematica[2]
per i motivi che abbiamo già evidenziato: l’età del
bambino, l’ansia che l’episodio ha generato nella famiglia, l’anamnesi spesso non chiara che comporta
il rischio di enfatizzare o minimizzare la sintomatologia o, comunque, di non saperla valutare nella giusta
misura. La letteratura negli anni ha quindi fornito solo
sommarie indicazioni al ricovero.
Le raccomandazioni pubblicate nel 2004 dalla European Society for the Study and Prevention of Infant
Death (ESPID)[3], basate sulle evidenze di dieci anni
di letteratura, affermano che l’ospedalizzazione può
dipendere dall’anamnesi e dalla visita del paziente valutato immediatamente dopo l’episodio critico.
L’ospedalizzazione è assolutamente necessaria qualora l’episodio abbia richiesto l’esecuzione di manovre
rianimatorie da parte dei soccorritori o le condizioni
del piccolo non siano stabili.
In sintesi, sebbene non esistano evidenze che chiariscano in maniera netta i criteri di scelta per il ricovero,
possiamo definire in base all’esperienza clinica, alla
valutazione dei fattori di rischio e dell’eziologia, i seguenti parametri di scelta:
1. età del paziente (primi trenta giorni di vita);
2. ex-pretermine (EPC < 43 sett.);
3. condizioni cliniche instabili al momento della
visita;
4. evento non collegato al pasto;
5. evento nel sonno;
6. evento acuto;
7. recidiva di ALTE;
8. necessità di rianimazione;
9. scarsa compliance familiare.
Anno 7 - numero 2
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
Tra questi parametri, l’età del piccolo e la compliance
familiare sembrano, secondo alcuni autori, rivestire
particolare importanza[4, 5].
In linea generale, sono da considerarsi di minore entità gli episodi temporalmente correlati con il pasto
(entro trenta minuti dalla poppata), che si siano manifestati per la prima volta, che siano accaduti in fase
di veglia, che siano caratterizzati da eritrosi piuttosto
che da cianosi o pallore e che si siano risolti spontaneamente o dopo leggera stimolazione.
Il rischio di non-riconoscimento dell’evento, come
spia talvolta di patologia grave, deve sempre essere
tenuto in considerazione dal pediatra dell’Emergenza/
Urgenza; questi rappresenta infatti, da un lato il primo
osservatori dell’evento e dall’altro figura coordinatrice
di un team multidisciplinare[6].
Il corretto management dei pazienti ALTE risulta
ancora più importante in situazioni come questa,
quando la patologia concomitante viene ad essere
a sua volta rara.
Infatti l’incidenza di stroke ischemico arterioso nel
bambino al di sopra dei 28 giorni di vita, riportata in
letteratura, varia tra 1,2 e 7,9 casi/100.000 bambini
per anno. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, si è registrato
un aumento dell’incidenza dello stroke ischemico,
probabilmente per due principali motivi: una maggiore attenzione verso questa patologia e la maggior
sopravvivenza dei bambini con patologie primitive che
predispongono allo stroke per una maggior attenzione
alla prevenzione primaria. In conclusione diventa necessaria una presa in carico multidisciplinare anche
nei mesi successivi l’evento.
Anno 7 - numero 2
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale 1. Gallone GC, Broveglio-Ferri G, Agostini M, et al. La gestione
del bambino con ALTE (Apparent life-threatening event), Riv
Ital Ped 1996; 22 (5): 826.
2. Apparent Life-Threatening Events (ALTE) Linea guida diagnostico-assistenziale. SIP 2010.
3. American Academy of Pediatrics. Apnea, Sudden Infant
Death Syndrome, and Home Monitoring. Pediatrics 2003;
111: 914.
4. Hall KA, Zalman B. Evaluation and Management of Apparent Life-Threatening Events in Children. Am Fam Physician
2005; 71 (12): 2301-8.
5. Shah S, Sharieff GQ. An update on the approach to apparent life-threatening events. Curr Opin Pediatr 2007; 19 (3):
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6. Stratton SJ, Taves A, Lewis RJ, et al. Apparent life-threatening events in infants: high risk in the out-of-hospital environment. Ann Emerg Med 2004; 43 (6): 711-7.
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 17
CASE REPORT
Un caso di dolore ed impotenza funzionale
M. Finetti, A. Naselli, S. Renna, G. Pala
U.O.C. Pronto Soccorso medico e Medicina d’Urgenza, Istituto Scientifico G. Gaslini, Genova
F.M. di sesso maschile ed età pari a 3 anni e
10 mesi, giungeva al Pronto Soccorso per la comparsa improvvisa di algie agli arti inferiori cui conseguiva rapidamente difficoltà ad assumere e mantenere la postura eretta, fino al completo rifiuto della
deambulazione. Il dolore non risultava modificato
dalla terapia con FANS (ibuprofene). In anamnesi
veniva riportato circa 15 giorni prima un episodio
febbrile, associato a flogosi delle alte vie aeree, seguito da comparsa di rash cutaneo diffuso. Venivano
negati traumi.
L’anamnesi perinatale, fisiologica, familiare e patologica remota non indicavano problematiche di rilievo.
Al momento della visita, il paziente aveva un aspetto
sofferente e risultava apiretico.
L’esame neurologico mostrava ipostenia e ipotonia
muscolare diffuse, la prova di Mingazzini non era
sostenuta agli arti inferiori, mentre risultava normale
agli arti superiori.
Le prove di coordinazione motoria evidenziavano
tremori fini e frenage alla prova indice-naso. Il bambino manteneva la posizione seduta solo con appoggio, non erano possibili i passaggi posturali da clino
ad ortostatismo, né il mantenimento della stazione
eretta. I ROT si presentavano vivaci con aumento
dell’area reflessogena. I nervi cranici erano apparentemente indenni, non si riscontrava nistagmo.
Si evidenziava inoltre dolorabilità alla palpazione
dei ventri muscolari prossimali degli arti inferiori e
alla mobilizzazione attiva e passiva delle articolazioni coxofemorali e delle ginocchia bilateralmente.
18 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Era inoltre evidente iperemia ed ipertrofia faringotonsillare. Nulla da segnalare ai restanti organi ed
apparati. Agli esami di laboratorio risultavano nella
norma: emocromo, PCR, CK, LDH, C3, C4, funzionalità epato-renale, esame urine, urinocoltura, ricerca
acido omovanillico e vanilmandelico su singola minzione.
La ricerca tramite PCR su tampone faringeo evidenziava positività per adenovirus-DNA.
Risultavano negative l’ecografia delle articolazioni
coxofemorali, la radiografia del bacino ed arti inferiori e l’ecografia dell’addome superiore e inferiore.
Alla luce della negatività delle prime indagini, in considerazione di un quadro clinico di possibile interessamento midollare, dopo circa 4 ore veniva effettuata
RMN encefalo-spinale senza e con contrasto risultata negativa.
L’importante e persistente sintomatologia dolorosa
associata al deficit motorio indicava l’opportunità di
eseguire RMN stir-total body che risultava anch’essa
negativa. Venivano effettuate anche indagini elettrofisiologiche (VCM, VCS, onda F e riflesso H) risultate
nella norma e si praticava rachicentesi.
L’esame chimico-fisico e citomorfologico del liquor
risultava negativo.
La ricerca delle bande oligoclonali mediante immunoblot delle IgG liquorali risultava invece positiva. Tale
positività veniva rilevata anche a carico del campione
sierico. Negative le indagini microbiologiche su liquor
riguardanti: Parvovirus B19, Adenovirus, CMV, EBV,
HSV 1-2, HHV6, Mycoplasma, VZV, Enterovirus.
Anno 7 - numero 2
Un caso di dolore ed impotenza funzionale
Le stesse indagini su campione ematico risultavano
positive per IgA anti-Adenovirus ed HHV6-DNA.
Si assisteva ad una graduale e progressiva ripresa
dell’ attività motoria, con iniziale marcia a basi allargate ed evidenti note atassiche. Il miglioramento della
deambulazione risultava rapido con normalizzazione
della stessa al momento della dimissione, che avveniva in quinta giornata di ricovero. L’evoluzione del
quadro clinico e il risultato delle indagini condotte
permettevano di porre diagnosi di atassia cerebellare
acuta post-infettiva.
Discussione
L’atassia cerebellare acuta post-infettiva/immunomediata è una malattia neurologica relativamente
comune in età pediatrica la cui patogenesi è da ricondurre ad un processo infiammatorio cerebellare
post-infettivo, parainfettivo o post-vaccinale.
Tale condizione patologica rappresenta la causa
più comune di atassia nel bambino, comprendendo
circa il 30%-50% dei casi totali(1). L’età più tipica di
comparsa varia dai 2 ai 5 anni(1); l’esordio clinico può
verificarsi a seguito o in concomitanza di un episodio
infettivo o di una vaccinazione.
Il 25% circa dei casi è conseguente ad infezione da
varicella, con un intervallo di tempo dalla comparsa
dell’eruzione vescicolare variabile da 1 a 4 giorni(2);
sono stati tuttavia descritti anche quadri correlati ad
infezione da Coxsachie, echovirus, EBV, scarlattina,
morbillo, pertosse, influenza(3, 4), Parvovirus B19(5) e,
come nel nostro paziente, HHV6 e Adenovirus.
Un quarto circa dei casi, in cui non è possibile individuare una causa, viene pertanto classificato come
idiopatico(3).
La patogenesi del danno non è ancora nota ma le
ipotesi più accreditate chiamano in causa una risposta neuromediata indotta dall’agente infettivo.
L’esordio, come accaduto nel nostro paziente, è
tipicamente improvviso, le manifestazioni cliniche
complete della patologia si presentano generalmente
nell’arco di alcune ore-pochi giorni(6).
Le principali caratteristiche semeiologiche dell’atassia
comprendono alterazioni della coordinazione: dismetria (disturbo della posizione finale e della traiettoria
di un movimento), asinergia (frammentazione di un
movimento fluido in una serie di componenti irregolari
e a scatti), adiadococinesia (incapacità di eseguire
con ritmo rapido movimenti in direzioni opposte), discronometria (ritardo iniziale di un movimento e suo
prolungamento eccessivo) e braditelecinesia (rallentamento terminale del movimento).
Anno 7 - numero 2
L’atassia può interessare qualsiasi segmento corporeo; l’atassia della marcia si manifesta tipicamente
con deambulazione a basi allargate, passi brevi e di
lunghezza disuguale e traiettoria a zig-zag.
Nella fase iniziale della sintomatologia è stata peraltro
descritta associazione con vomito, disartria significativa e nistagmo orizzontale (quest’ultimo in meno del
10 % dei casi(1)). Come nel nostro paziente, l’atassia
può essere talmente grave da impedire la deambulazione (abasia) o il mantenimento della posizione
seduta senza supporto (astasia).
Può inoltre essere presente, ma non viene frequentemente descritto, il dolore agli arti inferiori che nel
nostro caso ha avuto una significativa pregnanza
clinica.
L’esame del liquor in genere risulta negativo; può evidenziare a volte un aspetto oligoclonale delle gammaglobuline e una reazione infiammatoria linfocitaria
(lieve pleiocitosi è riscontrata nel 25% dei casi).
Raramente si ottiene positività delle indagini colturali su liquor, suggestiva di infezione virale diretta del
SNC, mentre, nella maggior parte dei casi, risulta
verosimile l’ipotesi di un processo neuromediato, determinato da cross reazioni anticorpali contro epitopi
del cervelletto. Il quadro neuroradiologico (TC, RMN)
è generalmente normale(1, 3).
L’atassia cerebellare acuta rappresenta la condizione
clinica a prognosi più favorevole di un processo infiammatorio autoimmune che vede coinvolto il cervelletto.
La manifestazione più severa di tale spettro patologico è rappresentata dalla cerebellite acuta caratterizzata da un quadro clinico neurologico più
complesso (vomito, cefalea, alterazioni dello stato di
coscienza e meno frequentemente febbre, rigidità
nucale ed interessamento dei nervi cranici)(6, 8) associato ad alterazioni neuroradiologiche cerebellari, uni
o bilaterali, con possibile interessamento meningeo(7).
Al contrario della cerebellite acuta, la quale necessita
di specifici trattamenti medico-chirurgici, l’atassia cerebellare acuta post-infettiva va generalmente incontro a remissione spontanea entro qualche settimana,
con sequele a lungo termine segnalate in una piccola
percentuale di pazienti(1).
La diagnostica differenziale delle forme di atassia
cerebellare acuta in età pediatrica è piuttosto ampia
(tabella I), sicuramente una completa anamnesi ed
un corretto esame obiettivo possono agevolmente
indirizzare verso la diagnosi sebbene alcuni aspetti,
come ad esempio un dolore importante, debbano
suggerire l’esecuzione di neuro immagini in tempi
utili.
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 19
Un caso di dolore ed impotenza funzionale
Tabella I. Le principali cause di atassia cerebellare acuta
in età pediatrica
Disturbo postinfettivo/immuno mediato
Atassia cerebellare acuta postinfettiva
Cerebellite acuta
Encefalomielite acuta disseminata
Sclerosi multipla
Iatrogena
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale 1. Connolly AM, Dodson WE, Prensky AL, et al. Course and
outcome of acute cerebellar ataxia. Ann Neurol1994; 35:
673-9.
2. van der Maas NA, Bondt PE, de Melker H, et al. Acute
cerebellar ataxia in the Netherlands: a study on the association with vaccinations and varicella zoster infection.
Vaccine 2009 Mar 18;27(13):1970-3.
3. Ryan MM, Engle EC. Acute ataxia in childhood. J Child
Neurol 2003; 18 (5): 309-16.
Paraneoplastica
Sindrome opsoclono-mioclono
Traumatica
Atassia post-traumatica
Dissezione traumatica vertebrale
Disturbi vascolari
Stroke ischemico
4. Hackett I, O’Sullivan R, Zaid AA, et al. Acute cerebellitis
associated with dual influenza A (H1N1) and B infection.
Ir Med J 2013; 106 (3): 87-8.
5. Greco F, Barbagallo ML, Chiodo DC, et al. Severe ataxia as
a complication of human parvovirus B19 acute encephalitis in a child. J Child Neurol 2008; 23 (9): 1078-80.
6. Poretti A, Benson JE, Huisman TA, et al. Acute ataxia in
children: approach to clinical presentation and role of additional investigations. Neuropediatrics 2013; 44 (3): 127-41.
Stroke emorragico
Disturbi genetici
Malattia delle urine a sciroppo d’acero
Carenza di piruvato deidrogenasi
Disturbi del ciclo dell’urea
Deficienza del trasportatore 1 del glucosio
Diagnostica differenziale
Esami di laboratorio: emocromo, PCR, CK, LDH, acido omovanillico e
vanilmandelico
Esami colturali e sierologici su sangue e liquor
Elettrofisiologia
RMN encefalo e midollo
7. Hennes E, Zotter S, Dorninger L, et al. Long-term outcome
of children with acute cerebellitis. Neuropediatrics 2012;
43 (5): 240-8.
8. Desai J, Mitchell WG. Acute cerebellar ataxia, acute cerebellitis, and opsoclonus-myoclonus syndrome. J Child
Neurol 2012; 27 (11): 1482-8.
9. Poretti A, Benson JE, Huisman TA, et al. Acute ataxia in
children: approach to clinical presentation and role of additional investigations. Neuropediatrics 2013; 44 (3): 127-41.
Adattata da Poretti A, et al. Neuropediatrics 2013.
20 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
A CONCORSO
Gli specializzandi e l’urgenza pediatrica
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine
conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età
pediatrica
L. Muraca1, R. Miniero1, M.C. Pullano2, P. Masciari2, S. Zampogna3
Cattedra di Pediatria, Università “Magna Graecia”, Catanzaro
Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
3
Responsabile OBI, Reparto di Pediatria, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro e Tesoriere Nazionale SIMEUP
1
2
Introduzione
Le statistiche internazionali, nazionali e locali che riguardano il numero di accessi al Pronto Soccorso
(PS) in età pediatrica segnalano, nonostante il calo
delle nascite, un incremento del 10% negli ultimi 10
anni. L’obiettivo della nostra indagine è stato quello
di valutare la percentuale di accessi al Pronto Soccorso in età pediatrica in D.E.A. di II livello, al fine di
evidenziare quali siano i principali motivi che portano
i piccoli pazienti in ospedale e analizzare questi dati
per flussi orari, per capire se l’incidenza degli accessi
varia negli orari di reperibilità dei pediatri di base. Il
razionale di un tale lavoro nasce dalla necessità di
poter trovare soluzioni competenti ed aggiornate per
migliorare l’outcome del nostro lavoro quotidiano.
Metodi
La nostra analisi si è basata sulla raccolta dei dati di
accesso nel PS dell’ Ospedale “Pugliese-Ciaccio” di
Catanzaro, esaminando gli accessi al PS per il periodo di tempo che va dal 01/01/2012 al 31/12/2012
(figura 1) e focalizzando la nostra attenzione sulla
fascia d’età pediatrica (0-18 anni).
Risultati
Il numero di accessi per la fascia d’età di nostro interesse è stata pari a 10857, su un totale di 62658.
Sul totale di 10857 bambini entrati in PS circa 9093,
pari allo 83,8 %, è stato visitato dalle 8:00 alle 20:00
Anno 7 - numero 2
(47,1 % giungeva al PS dopo le ore 14:00), contro i
1764 accessi, pari al 16,2% visitato durante la notte
(dalle 20:00 alle 8:00). Se ne deduce che i picchi di
maggiore incidenza durante l’arco della giornata sono
avvenuti al mattino e al pomeriggio.
Come si evince dalla figure 2 e 3, analizzando i flussi
orari il numero di accesi aumenta costantemente
dalle ore 14 in poi, quando gli studi dei pediatri di
base e/o la loro reperibilità sono garantiti, fino alle
ore 20:00 circa, per poi scendere e ridursi in maniera
significativa solo dopo la mezzanotte ed arrivare al
suo minimo alle 7 di mattina. Infatti, come si evidenzia dalla figura 4, solo 46 pazienti su un totale di
10857 erano in una vera condizione di emergenza
per cui identificati con un codice rosso, 696 erano
entrati in condizioni mediamente critiche identificati
al triage con il codice giallo, 5600 erano soggetti con
un codice verde (soggetto in condizioni di urgenza
differibili, poco critico con assenza di rischi evolutivi),
3952 erano un codice bianco (pazienti non critici),
560 erano i soggetti che non presentavano condizioni
di urgenza provenienti da altri reparti.
Dei 10857 bambini giunti al PS, 6245 pari al 57,5 %
sono stati rinviati a domicilio dopo la visita; 489 (4,5%)
sono stati trasferiti in O.B. e 2829 (4,1 %,) sono stati
ricoverati (figura 5). Su un totale di 10857 accessi
(figura 6), 5826 soggetti erano venuti in PS per varie
forme morbose, 2593 per lesioni accidentali, 1710
su richiesta del medico curante, 379 per incidenti
stradali, 149 per incidenti di gioco, 90 per morso di
animale, 34 riferivano percosse, 20 per pregresso in-
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 21
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica
20000
Soggetti (N)
15000
10000
5000
0
0-18 anni
19-40 anni
41-64 anni
>65 anni
Figura 1.
Accessi al PS dell’Ospedale “Pugliese-Ciaccio” suddivise per fasce di età nell’anno 2012
6000
Soggetti (N)
5000
4000
3000
2000
1000
0
8:00-14:00
14:00-20:00
20:00-7:00
Figura 2.
Accessi al PS durante la giornata suddivisi per fasce orarie
22 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica
16%
Mattina
37%
Pomeriggio
Notte
40%
47%
Figura 3.
Percentuali di accessi al PS durante la giornata
3000
Codice bianco
2500
Codice verde
Codice giallo
Soggetti (N)
2000
Codice rosso
1500
1000
500
0
8:00-14:00
14:00-20:00
20:00-8:00
Figura 4.
Condizione dei pazienti in accesso al PS
Anno 7 - numero 2
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 23
Su
24 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
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Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica
7000
6000
5000
4000
3000
2000
1000
0
Figura 5.
Esito dell’accesso al PS
54%
50%
40%
24%
16%
0%
0%
Figura 6.
Motivo di accesso in PS
Anno 7 - numero 2
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica
cidente, 12 infortunio sul posto di lavoro, 1 per ferita
da arma da fuoco, 4 per ferita da arma bianca e 1
per riferita violenza sessuale.
Discussione
Per una consuetudine ormai largamente consolidata
negli anni, il reparto di Medicina D’urgenza dell’Azienda “Pugliese-Ciaccio” della nostra città eroga
prestazioni in regime di Pronto Soccorso a tutti i
pazienti, compresi quelli in età pediatrica, spetta
però alla divisione di Pediatria della stessa Azienda,
il compito esclusivo di assistere i pazienti pediatrici
in regime di O.B. Entrambe le strutture hanno visto
nel tempo un progressivo aumento nei loro accessi,
nonostante il territorio sia capillarmente servito dai
Pediatri di base. I dati rilevati da questa indagine sono
veramente interessanti, poiché analizzandone i flussi
a secondo delle fasce orarie, si evince che gli accessi
dei pazienti sono completamente indipendenti dalla
apertura degli studi medici, che guarda caso sono
normalmente aperti contemporaneamente ai picchi
di accesso in PS (vedi figura 4). Da ciò si può dedurre che il paziente fa il suo ingresso in ospedale
indipendentemente dalla presenza o meno del pediatra sul territorio e quindi indipendentemente dalla
gravità della patologia o dalla reale necessità di cure
ospedaliere. La crescita repentina negli ultimi anni,
dell’accesso al PS ha varie cause, prima fra tutte l’organizzazione delle cure territoriali: il PS è un presidio
aperto 24 ore su 24 che eroga prestazioni tempestive,
mentre la pediatria sul territorio non è strutturata per
assicurare assistenza h 24, anche se dall’analisi dei
flussi, si evince che la scelta del pronto soccorso è
una variabile completamente indipendente dalla disponibilità dell’apertura degli studi.
Probabilmente quindi un assistenza territoriale per
24 ore darebbe una maggiore possibilità di accesso
alle cure negli orari più comodi per le famiglie ma, a
nostro avviso, non scioglierebbe il nodo dell’aumento
degli accessi al PS. A spingere i genitori a rivolgersi a
sistemi di cura più avanzati, sono anche i fattori emotivi: i genitori investono molto sui figli, spesso unici,
e chiedono prestazioni pressoché immediate e tranquillizzanti, perché per un genitore anche la febbre
può diventare un stato di urgenza. Attraverso il PS
le famiglie possono ottenere visite specialistiche ed
esami strumentali tempestivamente, senza dover far
i conti con i tradizionali tempi di attesa troppo lunghi
per “il proprio figlio”.
Affrontare un’emergenza pediatrica è una sfida impegnativa per qualsiasi soccorritore o operatore
sanitario ne sia coinvolto, in particolar modo per i
Anno 7 - numero 2
genitori che ne sono emotivamente coinvolti. Ciò fa
sì che, nonostante la popolazione infantile diminuisca, le richieste di prestazioni urgenti aumentano ad
un ritmo vertiginoso. Tralasciando le cause di questo
fenomeno, che esula dai compiti di questo studio,
l’entità dello stesso non è mai stata valutata e, a nostra conoscenza, non ci sono lavori in letteratura, che
abbiano studiato il flusso dell’utenza pediatrica nei
Servizi di Pronto Soccorso nella nostra regione.
Dei dati raccolti e di quelli che si immagazzineranno
in futuro si dovrà tener conto, in quanto i risultati di
questa indagine rappresentano un esempio, difficilmente confutabile, di come la struttura sanitaria
venga utilizzata in funzione delle abitudini degli utenti
(orari di lavoro, uscita dalle scuole materne, etc.) e
non della reale gravità della patologia, anche perché,
per ogni genitore il proprio bambino è sempre in una
condizione di urgenza indipendentemente dal quadro
clinico.
Conclusioni
La sensazione che gli accessi in PS fossero motivati
più da ragioni socio-culturali (medicalizzazione eccessiva, ridotta tolleranza alla malattia banale, alterata
percezione dell’urgenza) e organizzative (storica ed
eccessiva disponibilità delle Pediatrie, libertà dell’utente di scegliere tra il Medico di famiglia e l’Ospedale)
viene confermata da questo lavoro collaborativo a cui
hanno partecipato il reparto di Emergenza-Urgenza e
Pronto Soccorso, il reparto di Pediatria Universitaria
e la divisione di Pediatria dell’Azienda Ospedaliera
“Pugliese-Ciaccio”.
I dati si commentano da soli: i PS rappresentano
un’alternativa al Pediatra di base e al Medico di Famiglia, comoda e facilmente fruibile, che tuttavia
pone tutta una serie di problematiche non piccole,
quali il rapporto di fiducia con il curante, la continuità assistenziale e l’effettivo impegno delle strutture
ospedaliere che pur sforzandosi di offrire una sempre eccellente assistenza si ritrovano con carichi di
lavoro eccessivi che possono portare ad una qualità
dell’assistenza non sempre garantibile.
Nell’ottica e nella necessità di organizzare in maniera
nuova e più ergonomica l’assistenza pediatrica dovrebbero, a nostro avviso, sorgere importanti iniziative
che portino ad una collaborazione tra i pediatri di
base, le pediatrie ospedaliere e i reparti di emergenza
urgenza e pronto soccorso del nostro territorio, unite
a corsi educazionali per gli utenti.
Una di queste iniziative, sulla scia dell’attività svolta
dalla Simeup a livello nazionale, è la nascita dello studio “Sentinella Simeup Calabria”, uno studio collabo-
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 25
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica
rativo che vede la sinergia tra i reparti di emergenza
urgenza e pronto soccorso, le O.B. pediatriche della
regione Calabria e la Cattedra di Pediatria Università
Magna Grecia, per ipotizzare o provare le soluzioni
competenti ed aggiornate per migliorare l’outcome
•
del nostro lavoro quotidiano.
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale •
Pecile P, Pittini C, Pusiol A, et al. Indagine regionale
sull’accesso al pronto soccorso pediatrico. Medico e
Bambino 2000; 3 (10).
•
Pecile P, Pittini C, Pusiol A, et al. L’accesso al Pronto Soccorso pediatrico. Indagine epidemiologica in Friuli Venezia
Giulia. Medico e Bambino 2000; 19: 679-80.
•
http://salute24.ilsole24ore.com
•
http://www.sanitaincifre.it/
•
http://www.simeup.com/
26 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Atti del LXVIII Congresso Nazionale della Società Italiana
di Pediatria (SIP), Roma 9-11 maggio 2012.
Anno 7 - numero 2
A CONCORSO
Gli specializzandi e l’urgenza pediatrica
Rachitismo carenziale slatentizzato da
gastroenterite acuta con necessità di
posizionamento di accesso intraosseo
E. Garrone1, F. Fantone1, L. Gastaldo2, A.F. Urbino2
Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Torino, Ospedale Infantile Regina
Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino
2
A.O. Città della Salute e della Scienza, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino
1
Caso clinico
Una bambina egiziana di 16 mesi è giunta presso il
nostro Pronto Soccorso a causa di grave disidratazione e tetania durante un episodio di gastroenterite
acuta. Nulla di significativo in anamnesi patologica
remota; la bambina era stata alimentata con latte
materno esclusivo fino a 8 mesi di età. All’esame
obiettivo dell’ingresso segnalati condizioni generali
scadenti, segni di disidratazione, spasmi e rigidità di
mani e piedi, lieve sopore. Le indagini laboratoristiche rivelavano severa ipocalcemia (calcio ionizzato
0,95 mEq/l, VN 2,3-2,54), ipofosforemia (2,8 mg/dl),
aumento di fosfatasi alcalina e paratormone.
In relazione alla difficoltà nel reperire un accesso venoso periferico, è stato posizionato un accesso intraosseo (IO) a livello tibiale prossimale ed è stata avviata
l’infusione di soluzioni reidratanti e calcio gluconato
sotto monitoraggio ECG, inizialmente alla dose di
2 ml/kg/die. Dopo 3 ore di terapia gli esami laboratoristici dimostravano aumento della calcemia
(1,90 mEq/l), la contrazione ipertonica degli arti si
era ridotta e la bambina appariva più vigile e reattiva.
Dopo 6 ore è stato perso l’accesso IO; altri tentativi
di reperirne uno periferico sono falliti ed è quindi stato
posizionato un secondo catetere IO a livello del piatto
tibiale controlaterale che è stato poi possibile rimuovere 12 ore dopo l’inizio della terapia, quando è stato
reperito accesso venoso a livello della safena. Solo ad
un esame obiettivo più accurato, superata la criticità
iniziale, sono stati evidenziati lievi bozze frontali, lievi
rosario e braccialetto rachitici. La paziente ha continuato in regime di ricovero la terapia con calcio endoAnno 7 - numero 2
venoso per 2 giorni, successivamente ha iniziato terapia orale con calcio gluconato e adisterolo. Durante
la degenza sono stati effettuati RX bacino e ecografia
addominale, nella norma. Lo screening della celiachia
è risultato negativo. La bambina è stata dimessa a
domicilio con adisterolo e raccomandazioni dietetiche
e risulta attualmente asintomatica, senza segni clinici
di rachitismo attivo, in follow-up endocrinologico.
Discussione
Presentiamo questo caso clinico per l’interessante
esordio di rachitismo in corso di gastroenterite acuta e
per l’utilizzo particolare dell’accesso IO. Le condizioni
generali della paziente, già compromesse dalla grave
disidratazione, sono state aggravate dall’ipocalcemia
che sottendeva un rachitismo fino a quel momento
latente.
Il rachitismo può dipendere da deficit o resistenza
alla vitamina D, deficit di calcio primitivo (rachitismo
calciopenico) o ridotta fosfatemia (rachitismo ipofosfatemico)(1). Il deficit di vitamina D è considerato un
difetto nutrizionale molto comune e spesso non diagnosticato, soprattutto in minoranze etniche con differenti abitudini alimentari e stili di vita(2, 3): la paziente
era di pelle scura, con scarsa esposizione solare e a
lungo alimentata con latte materno esclusivo senza
supplemento di vitamina D. Il deficit subclinico di vitamina D si caratterizza per inadeguato stato della
vitamina D senza segni e sintomi specifici riferibili a
omeostasi minerale alterata(4). Il rachitismo da carenza
di vitamina D si può manifestare con ritardo di crescita
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 27
Rachitismo carenziale slatentizzato da gastroenterite acuta con necessità di posizionamento di accesso intraosseo
o nelle acquisizioni, deformità scheletriche, dolore osseo, fontanella anteriore ampia, irritabilità e aumentata
frequenza di infezioni(1, 5), ma un’ipocalcemia severa
può compromettere le funzioni vitali, con comparsa di
disritmie, insufficienza ventricolare sinistra, prolungamento dell’intervallo QT, convulsioni e tetania(2, 6, 7): tali
rischi potenziali spiegano l’urgenza di intervenire con
un trattamento tempestivo, soprattutto durante un
evento acuto intercorrente e in presenza di segni acuti
di ipocalcemia severa. La somministrazione di calcio
per via parenterale è essenziale in caso di ipocalcemia
sintomatica, solitamente alla dose di 1-2 ml/kg/die
di calcio gluconato; dal momento che può determinare ipotensione e bradicardia, il monitoraggio ECG e
delle funzioni vitali è necessario durante l’infusione(6).
Successivamente i livelli di calcio dovrebbero essere
mantenuti con supplemento orale di calcio(3, 6-8). Oltre
al ruolo della vitamina D nell’omeostasi del calcio e
nel metabolismo osseo, esiste una relazione tra i livelli
di vitamina D e la prevalenza di patologie extrascheletriche (neoplastiche, cardiovascolari, autoimmuni,
infettive)(9). La maggiore predisposizione del bambini
rachitici a infezioni respiratorie o gastrointestinali, talvolta occasione di diagnosi per slatentizzazione del
quadro fino a quel momento subclinico, come nella
paziente descritta, sembra quindi attribuibile agli effetti
della vitamina D sul sistema immune(10).
Osserviamo come, nel nostro caso, gli iniziali e ancora
sfumati segni clinici di rachitismo fossero sfuggiti alle
valutazioni cliniche periodiche effettuate dal pediatra
di famiglia ed anche alla prima visita in pronto soccorso: da diversi lavori in letteratura emerge come
frequente sia un ritardo diagnostico di rachitismo, soprattutto in bambini immigrati, quando concomitino
segni/sintomi di altre patologie e sopra l’anno di età,
quando i controlli pediatrici ambulatoriali programmati
si diradano rispetto ai primi 12 mesi di vita, aumentando la possibilità che la comparsa progressiva di
segni iniziali di rachitismo possano sfuggire all’osservazione medica(11). All’arrivo la paziente necessitava
di un trattamento tempestivo e non disponendo di un
accesso venoso periferico, probabilmente a causa
delle vene piccole e fragili e della severa ipovolemia, è
stato posizionato un accesso IO a livello tibiale prossimale (figura 1). Le linee guida dell’American Heart
Association e dell’European Resuscitation Council affermano che l’accesso IO dovrebbe essere la prima
alternativa in caso di impossibilità di reperire un accesso venoso(12, 13). La somministrazione intravenosa e
intraossea hanno i medesimi effetti farmacologici(12, 14).
Oltre alla superficie anteromediale della tibia, dove la
corticale è più facilmente penetrabile, altre possibili
sedi per l’accesso IO sono femore distale, omero,
28 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Figura 1.
Lattante con accesso intraosseo in sede tibiale
cresta iliaca, sterno e radio distale(15-17). Nella nostra
paziente l’accesso IO è stato posizionato due volte,
in entrambi i casi al primo tentativo senza difficoltà.
È stata così avviata tempestivamente la terapia parenterale con risposta clinica precoce. Riteniamo che
questo caso dimostri come l’accesso IO possa essere
una valida alternativa all’accesso venoso periferico,
anche in assenza di pericolo immediato per la vita ma
in situazioni che possono evolvere comunque rapidamente in criticità.
Bibliografia essenziale
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rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 29
A CONCORSO
Gli specializzandi e l’urgenza pediatrica
Stroke ischemico in età pediatrica:
due casi senza spiegazione
E. Garrone1, F. Fantone1, L. Gastaldo2, A.F. Urbino2
1
Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Torino, Ospedale Infantile Regina
Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino
2
A.O. Città della Salute e della Scienza, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino
Per stroke si intende una rapida perdita di funzione
cerebrale dovuta a riduzione del flusso cerebrale.
È una patologia relativamente rara in età pediatrica
(incidenza stimata 2-13/100000 pazienti anno) con
gravi complicanze a lungo termine(1). Presentiamo due
casi di stroke in età pediatrica.
Caso clinico 1
A.S. è una bambina di 4 anni con emiparesi facio-brachio-crurale destra e afasia insorti improvvisamente.
Anamnesi silente (in particolare non traumi recenti),
tranne per herpes labialis la settimana precedente
l’evento. L’esame neurologico all’arrivo in Pronto Soccorso (PS) evidenziava stato di coscienza non alterato, deviazione della rima buccale a destra, emiplegia
destra con riflessi osteo-tendinei ipereccitabili e deficit
del linguaggio. Gli ematochimici in urgenza risultavano
normali. È stata eseguita TC basale che evidenziava
area ipodensa nel lobo parietale sinistro, di difficile
interpretazione. L’ecocardiogramma trans-esofageo
rilevava la presenza di forame ovale pervio (FOP).
La bambina è stata ricoverata e il giorno successivo (a
24 ore dall’evento) è stata eseguita RMN encefalo con
contrasto che ha confermato il sospetto diagnostico
di ischemia cerebrale acuta. Le fasi angiografiche non
hanno evidenziato alterazioni del circolo cerebrale.
È stata quindi iniziata terapia con acido acetilsalicilico
a 5 mg/kg/die. Sono stati eseguiti inoltre test coagulativi, elettroforesi dell’emoglobina e ricerca di autoanticorpi, risultati negativi. Per approfondire il ruolo
del FOP e quindi una possibile origine cardioembolica
30 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
dell’evento, è stato eseguito un’ecocardiogramma
trans-esofageo senza riscontro di shunt settali destrosinistri, neanche in corso di manovra di Valsalva. Durante le due settimane di ricovero si è assistito a un
progressivo miglioramento dell’emiplegia e alla ripresa
dell’eloquio senza impaccio. Alla dimissione permaneva solamente la deviazione della rima buccale a
destra.
Caso clinico 2
R.A. è una lattante di 4 mesi con deviazione dello
sguardo e del capo verso destra e tremori dell’arto superiore destro. Si segnalava febbre e vomito il giorno
precedente. Nel PS dell’ospedale del territorio dove
è stata condotta presentava nistagmo orizzontale e
deviazione del capo a destra, per cui le è stato somministrato diazepam endorettale e quindi trasferita,
dopo 12 ore, presso la nostra struttura. All’ingresso
appariva apiretica, sonnolenta ma facilmente risvegliabile, senza segni neurologici focali. Gli ematochimici
in urgenza erano nella norma. Anche in questo caso
è stata effettuata TC encefalo basale che ha evidenziato area ipodensa parieto-occipitale sinistra, ed
un EEG con sofferenza cerebrale diffusa, prevalente
nelle regioni parieto-occipitali sinistre. È stata quindi
ricoverata e il giorno successivo (nuovamente ad almeno 24 ore dall’evento) sottoposta a RMN encefalo
con contrasto che ha evidenziato un’area ischemica
cerebrale temporo-occipitale sinistra; le sequenze
vascolari non mostravano reperti patologici. È stata
iniziata eparina sc e fenobarbitale profilattici.
Anno 7 - numero 2
Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione
Lo studio vascolare cerebrale è stato approfondito con
TC-angiografia ed eco-doppler dei flussi dei vasi sovraaortici, risultati nella norma. Come nel caso di A.S.
sono stati eseguiti accertamenti eziologici su sangue
risultati negativi. La bambina è stata dimessa dopo
26 giorni di ricovero senza evidenti sequele neurologiche e profilassi con enoxaparina e fenobarbitale.
Discussione
Visto che l’esordio della sintomatologia dello stroke
è generalmente acuta e severa, il medico che più di
frequente si trova a confrontarsi con tale evento è il
pediatra in pronto soccorso.
L’OMS definisce come stroke un’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o
globale delle funzioni cerebrali, di durata superiore
alle 24 ore o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale.
Tale definizione esclude molto di ciò che consideriamo
stroke nel bambino: la presenza di segni neuroradiologici di infarto cerebrale nonostante la transitorietà
dei sintomi clinici o la frequente associazione/concomitanza di infezioni con l’evento ischemico. Con il
termine di stroke ci riferiamo generalmente a quello
arterioso, ma lo stroke emorragico rappresenta comunque la metà di tutti gli stroke pediatrici, mentre
la trombosi dei seni venosi cerebrali è un evento più
raro (0,67/100.000 casi pediatrici/anno)(1). La presentazione clinica dipende dall’età, dall’arteria coinvolta e
dalla causa dell’evento. Nei bambini la sintomatologia,
le cause e i fattori di rischio dell’evento ischemico
sono diversi dall’adulto. L’International Pediatric
Stroke Study Group ha identificato i fattori associati
allo stroke ischemico in uno studio(2) su un’ampia casistica di casi pediatrici da diverse aree geografiche
(tabella I). I fattori di rischio associati allo stroke in
età pediatrica sono generalmente identificati (in solo il
9% del campione dello studio erano ignoti). Nei nostri
due casi al contrario non è stato possibile stabilire la
causa/fattori predisponenti all’evento. Consideriamo
però che nel primo caso c’erano due condizioni correlabili con lo stroke: un’infezione virale recente (riattivazione di herpes labialis) e la presenza di FOP. Il ruolo
delle infezioni nello stroke, in relazione allo sviluppo
di un’arteriopatia (quadro vasculitico), è un concetto
emergente in letteratura; l’associazione con la varicella è quella meglio conosciuta e descritta(4) ma sono
al vaglio anche altri patogeni.
Nello studio sopra citato le patologie cardiache sono
implicate in 1/3 dei casi, mentre la presenza di FOP
isolato non è un rilievo frequente in età pediatrica e
il suo ruolo rimane poco chiaro(5). A.S. presentava
Anno 7 - numero 2
entrambe questi fattori di rischio ma non è chiaro
come queste due condizioni frequenti e fondamentalmente banali abbiano giocato un ruolo nella patogenesi dell’evento. Anche nel secondo caso avevamo
un’infezione molto recente riferita, senza segni clinici
da noi obiettivabili. Un dato impressionante della letteratura è che il tempo medio di diagnosi di stroke
ischemico (dall’esordio sintomatologico alla conferma neuroradiologica) in età pediatrica è di 25 ore(6).
Gli ostacoli a una diagnosi tempestiva sono la mancanza di esperienza del pediatra di pronto soccorso,
la frequente clinica senza segni focali, un ampio
spettro di diagnosi differenziali e la scarsa sensibilità
diagnostica della TC in acuto. Condizioni che mimano
uno stroke, ad esempio una paralisi post-critica o
un’emicrania complicata, sono condizioni molto più
frequenti in bambino che nell’adulto. Nel primo caso,
la clinica era suggestiva per evento ischemico, ma la
TC in urgenza non ha dato una conferma diagnostica,
tale da giustificare un trattamento più tempestivo; nel
secondo caso invece anche la presentazione clinica
lasciava aperte più possibilità diagnostiche, di nuovo
non confortate dalla diagnostica per immagini. È stato
necessario eseguire la RM encefalo e quindi attendere il giorno successivo per riuscire a programmare
l’esame, essendo necessaria la sedazione delle piccole pazienti. La TC è ancora considera la metodica
di scelta in acuto, soprattutto al fine di escludere
l’emorragia (molto frequente nel bambino), ma spesso
risulta non esaustiva nelle prime ore.
Se immediatamente disponibile, la RM encefalo con
diffusione sarebbe più efficace nell’identificare patologie arteriose e venose ma, in ambito pediatrico, richiede sedazione con o senza intubazione del bambino,
rendendola quindi meno praticabile in emergenza/
urgenza(7). Tutta questa premura nella definizione
precisa di un evento ischemico cerebrale è legata
alle possibilità di praticare la trombolisi(8). Purtroppo
i dati riguardanti le dosi, la sicurezza e efficacia di
questo trattamento nel bambino sono molto scarsi.
Questi due casi hanno portato ad alcune riflessioni:
1) nonostante lo stroke in età pediatrica sia un evento
raro, questo deve essere preso in considerazione in
bambini che presentino segni focali e/o globali della
funzione cerebrale; 2) è necessario implementare le
nostre capacità diagnostiche per avere diagnosi tempestive; 3) è necessario incrementare gli studi relativi all’epidemiologia, all’identificazione dei fattori di
rischio e alla terapia dello stroke del bambino perché
questo presenta caratteristiche e una patogenesi così
diverse dall’adulto che non permettono di mutuare
conoscenze e terapie solamente dalla letteratura riguardante l’adulto.
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 31
Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione
Tabella I. Fattori associati allo stroke ischemico
Categorie di rischio
Diagnosi
Arteriopatie
Arteriopatia cerebrale focale
Frequenza (%)
Moyamoya
Dissezione arteriosa
53%
Vasculite
Arteriopatia in anemia falciforme
Arteriopatia post-varicella
Cardiopatie
Congenite
Acquisite
31%
FOP isolato
Cardiochirurgia/cateterismo
Patologie croniche
Sindromi genetiche/neoplasie/connettivopatie…
19%
Stati protrombotici
Mutazioni/alterazioni fattori della coagulazione
13%
Patologie acute sistemiche
Febbre da >48 h
Sepsi/shock
22%
Disidratazione
Patologie testa e collo croniche
Emicrania/tumori/aneurismi…
10%
Patologie testa e collo acute
Traumi/infezioni…
23%
Infezioni
Rischio per aterosclerosi (adulto)
23%
Ipertensione/dislipidemie/diabete mellito
Altri
2%
22%
Bibliografia essenziale
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32 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
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Anno 7 - numero 2
schede d’urgenza
Posizionamento del sondino nasogastrico
L. Gastaldo1, C. Bosco2
A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino
A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Terapia Intensiva Pediatrica e
Rianimazione, Torino
1
2
Indicazioni al posizionamento
• Aspirare il contenuto gastrico.
• Per eseguire gastrolusi o lavanda gastrica.
• Per scopi diagnostici (ad esempio: pHmetria, manometria, ecc.).
• Prevenire la distensione dello stomaco prima o dopo un intervento chirurgico.
• Prevenire la distensione dello stomaco ed il vomito nelle manovre di intubazione ed estubazione del
paziente.
• Somministrazione della nutrizione enterale.
Particolare attenzione deve essere posta durante il posizionamento in particolari situazioni
• Pazienti con trauma cranico, facciale o con rinorrea per il rischio di passaggio nello spazio endocranico.
• Pazienti non coscienti.
• Pazienti in stato confusionale o deliranti.
• Pazienti con malformazioni o lesioni della cavità orale o dell’esofago.
• Pazienti sottoposti a recente intervento chirurgico dell’esofago o dello stomaco.
• Pazienti con varici esofagee in atto.
Tecnica di posizionamento
Verificare la pervietà delle narici e l’assenza di escoriazioni al loro interno. In caso di traumatismi del capo,
del volto e del collo considerare il rischio di posizionamento errato ed il rischio di procurare ulteriori lesioni.
L’introduzione del sondino non è generalmente dolorosa,
ma potrebbe risultare fastidiosa poiché può stimolare il
riflesso del vomito. Dimensioni del sondino: il diametro
maggiore che si riesce a far passare dalle narici.
Misura della profondità di inserzione del sondino:
• misurare la distanza tra punta del naso e orecchio
(A-B) (figura 2 A);
• misurare la distanza tra naso e processo xifoideo
(B-C) (figura 2 B);
• la profondità di inserzione sarà: (A-B) + (B-C).
Per misurare correttamente, posizionare la punta del
sondino in corrispondenza del processo xifoideo.
Anno 7 - numero 2
Figura 1.
Materiale occorrente
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 33
Posizionamento del sondino nasogastrico
A
B
Figure 2 A e B.
Posizionamento del sondino nasogastrico
Profondità d’inserzione
Utilizzare lubrificanti idrosolubili; non usare lubrificanti oleosi poiché se aspirati in trachea possono determinare
gravi complicanze polmonari. Se possibile il paziente dovrebbe essere in posizione semiseduta (posizione di
Fowler). Introdurre delicatamente la sonda nella narice e farla procedere delicatamente verso il pavimento della
cavità nasale. Qualora si rilevasse resistenza, occorre ritirare parzialmente il sondino e tentare nuovamente a
reintrodurlo, imprimendo un movimento rotatorio. Se dopo alcuni tentativi non si riesce a posizionare il sondino
bisogna rimuoverlo completamente, pulirlo, rilubrificarlo e tentare l’introduzione nell´altra narice.
Se il paziente è collaborante, chiedere di inclinare leggermente il capo all’indietro mentre si introduce il sondino.
Raggiunto l’orofaringe, far piegare il capo in avanti chiedendo di bere e di deglutire per favorire l’abbassamento
dell’epiglottide e la chiusura delle vie aeree. Se presenta conati di vomito, sospendere l’introduzione, invitare
il paziente a fare alcuni respiri profondi o a sorseggiare dell’acqua per calmare il riflesso del vomito.
Se la nausea ed il vomito persistono, considerare la possibilità che il sondino possa essersi arrotolato in gola.
In questo caso ritrarre il sondino e tentare nuovamente l’introduzione.
Verifica funzionalità
Per controllare che il sondino sia posizionato correttamente, insufflare aria auscultando con il fonendoscopio i contemporanei rumori di gorgoglio in
regione epigastrica.
Per ulteriore conferma è possibile aspirare con la siringa materiale gastrico. Eventualmente eseguire radiografia.Chiudere il sondino o collegarlo alla sacca
di raccolta. Si consiglia di segnare sul sondino (con
un pennarello) il punto di fuoriuscita dalla narice, in
modo da avere un riferimento in caso di eventuali
dislocazioni. Fissare il sondino con il cerotto di tela.
Complicanze
Dovute alla permanenza del sondino
Polmonite ab ingestis
Nausea e vomito
Decubito
Disidratazione
34 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Dovute al posizionamento non corretto
Posizionamento a livello dell’albero bronchiale
Perforazione dell’esofago
Pneumotorace
Polmonite ab ingestis
Rimozione del sondino
Il tempo di permanenza del sondino dipende dal
motivo clinico per il quale era stato posizionato.
Il tempo massimo di permanenza varia a seconda
del materiale di cui è costituito il sondino e deve
essere cercato nella scheda tecnica del prodotto.
Prima della rimozione del sondino occorre chiuderlo
per almeno 2-3 ore (soprattutto se posizionato per
aspirare il contenuto gastrico) per valutare la presenza di importante ristagno e l’eventuale comparsa
di nausea e vomito. Lavare il sondino con acqua per
evitare che eventuale materiale gastrico acido irriti le
mucose durante la retrazione.
Anno 7 - numero 2
Sedazione procedurale per non-anestesisti
S. Norbedo
S.C. Pediatria d’urgenza e PS pediatrico, I.R.C.C.S. materno infantile Burlo Garofolo, Trieste
Sedazione procedurale: cos’è?
La sedazione è uno stato medicalmente indotto di
depressione della coscienza che si muove lungo un
continuum che va dalla sedazione minima (o ansiolisi) fino all’anestesia generale(1-7). Viene definita “procedurale” la tecnica di somministrazione di farmaci
sedativi o agenti dissociativi, in associazione o meno
a farmaci analgesici, che permette al paziente di tollerare procedure diagnostiche o terapeutiche invasive di breve durata mantenendo integra la funzione
cardiorespiratoria(8).
Come detto la sedazione è un continuum difficilmente scomponibile in stati di depressione di coscienza
ben definiti. È uno spettro che ha per estremi da una
parte il semplice controllo dell’ansia e dall’altra l’anestesia generale in cui invece il paziente richiede, a
causa della perdita della funzione respiratoria spontanea, un dispositivo che ne vicari la funzione.
Tra questi due stati si passa attraverso la sedazione
profonda in cui i riflessi e la funzione cardiorespiratoria sono solitamente, anche se non sempre, mantenuti (tabelle I e II).
Tutte le esperienze cliniche e i dati in letteratura confermano che non esiste un preciso confine tra un
livello di sedazione ed il successivo ed è possibile
lo sconfinamento allo stadio successivo senza che
lo si sia previsto o voluto, quale che sia il farmaco
o i farmaci utilizzati, per lo più in dipendenza della
dose somministrata(4, 5). Il paziente pediatrico richiede
un adeguamento dei dosaggi dei farmaci utilizzati rispetto all’adulto non solo per la differenza ponderale
che corre fra questi e il bambino ma anche a causa
Anno 7 - numero 2
della diversa composizione e struttura corporea, funzionalità degli organi emuntori e conseguentemente
diversa farmacocinetica(9, 10).
Tabella I. Il continuum della sedazione
Allerta-ansia.
Allerta-calma.
Sonnolento ma con ragionamento intatto.
Occhi aperti ed eloquio male articolato.
Occhi chiusi ma risposte coerenti alle domande.
Confusione, gli occhi si aprono alle domande.
Desaturazione in aria ambiente.
Gli occhi si aprono al dolore. Localizza.
Occhi chiusi. Si ritira al dolore.
Si lamenta al dolore. Risposta motoria aspecifica.
Ritenzione di CO2.
Desaturazione con 2 l/min di O2.
Nessuna risposta al dolore.
Bradipnea. Ridotto riflesso di deglutizione.
Apnea ed ipotensione.
Morte.
La sedazione procedurale del paziente pediatrico –
purché vengano rispettate alcune precauzioni – è un
presidio sicuro, tanto che, in risposta all’insufficienza
delle risorse anestesiologiche unanimemente riconosciuta(11-14) alla luce di esperienze cliniche sempre più
rilevanti di sedazioni condotte da medici non-anestesisti specie in ambito odontoiatrico(15), nel 1995
(successivamente aggiornata nel 2002) l’American
Society of Anesthesiologists (ASA) ha sviluppato
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 35
Sedazione procedurale per non-anestesisti
Tabella II. Livelli di sedazione
Sedazione minima (ansiolisi)
Stato di depressione della coscienza indotto farmacologicamente, durante il quale il paziente è in grado di rispondere normalmente a comandi verbali. Nonostante le funzioni cognitive e la coordinazione motoria possano risultare compromesse, la funzionalità respiratoria e cardiovascolare è totalmente conservata.
Sedazione moderata (già “sedazione cosciente”)
Stato di depressione della coscienza medicalmente indotto caratterizzato dalla conservazione dei riflessi protettivi delle vie aeree, dalla capacità del paziente
di mantenere in modo autonomo la pervietà delle vie aeree e di rispondere appropriatamente a stimoli fisici e comandi verbali (es., “apra gli occhi”). La sola
risposta del riflesso di retrazione allo stimolo doloroso indica già il passaggio a livelli più profondi di sedazione.
Sedazione profonda
Stato di depressione della coscienza medicalmente indotto da cui il paziente non è facilmente risvegliabile. Può accompagnarsi ad una perdita parziale o totale
dei riflessi protettivi delle vie aeree, con incapacità a mantenere autonomamente la pervietà delle vie aeree e di rispondere a stimoli fisici o a comandi verbali.
La funzione cardiovascolare è abitualmente conservata.
Anestesia generale
Stato farmaco-indotto di perdita della coscienza, con totale perdita dei riflessi protettivi delle vie aeree, della capacità di mantenere la pervietà delle vie aeree
autonomamente e di rispondere a stimoli fisici o comandi verbali. La funzione cardiovascolare può essere alterata.
Sedazione dissociativa
Stato catalettico simile alla trance indotto dall’agente dissociativo ketamina e caratterizzato da profonda analgesia ed amnesia, con conservazione del riflesso
protettivo delle vie aeree, respirazione spontanea e stabilità cardiopolmonare.
delle linee guida per la conduzione della sedazione/
analgesia da parte di personale medico non anestesista. Queste linee guida, oltre a riconoscere di fatto
lo sviluppo e la diffusione in ambito non anestesiologico della procedura di sedazione, si propone di ridurre i rischi connessi a tale pratica. Traendo spunto
dalle raccomandazioni per la sedazione procedurale
da parte di non anestesisti proposte dall’ASA si possono riassumere 14 punti fondamentali(16-18).
1. Valutazione preliminare del paziente
alcune condizioni patologiche preesistenti possono
peggiorare l’outcome dei pazienti sottoposti a sedazione moderata o profonda.
Pertanto viene raccomandato di sottoporre i pazienti
ad un’appropriata valutazione pre-procedurale che
deve comprendere: 1) il riconoscimento di condizioni patologiche dei principali apparati, 2) precedenti
eventi avversi in occasione di sedazioni, anestesia
locale o generale, 3) allergie a farmaci, terapie in atto
e potenziali interazioni, 4) rilevazione del tempo trascorso dall’ultimo pasto e natura dello stesso, 5) uso
di tabacco, alcool o sostanze d’abuso. La valutazione deve comprendere anche un esame obiettivo
completo, soffermandosi in particolare sull’esame di
cuore e polmoni (tabella III e IV).
Nella valutazione delle vie aeree e dell’apparato respiratorio del paziente pediatrico prima di una sedazione è necessario ricordare che le differenze anatomiche tra adulto e bambino sono molte quali:
36 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
• la struttura delle vie aeree superiori (lingua più
grande; laringe più alta – C2-C3 – e più anteriore; epiglottide più stretta ed anteriore rispetto
al piano della trachea; piano delle corde vocali
con asse angolato e non perpendicolare, con
attacco anteriore più caudale di quello posteriore; restringimento sottoglottico a livello di
cartilagine cricoidea che rappresenta il punto più stretto delle prime vie aeree fino agli
8-10 anni d’età; angolo di diramazione del bronco destro dalla trachea minore rispetto al sinistro; fisiologica ipertrofia adenoidea e tonsillare);
• la ridotta capacità funzionale residua (assieme al fatto che la ventilazione alveolare è circa
doppia rispetto all’adulto, di modo che la riserva inspiratoria e la tolleranza all’apnea sono
minori).
A ciò si associa la facilità con cui si sconfina in stadi
profondi di sedazione. Tutti questi elementi rendono
il paziente pediatrico maggiormente suscettibile di
ostruzione delle vie aeree (poiché la resistenza delle vie aeree risulta inversamente proporzionale alla
quarta potenza del raggio dell’area di sezione del
condotto aereo, un edema circonferenziale a livello
della glottide dello spessore di 1 mm aumenta la resistenza di 3 volte nell’adulto, ma di ben 16 volte nel
lattante).
Per quanto esposto gli effetti collaterali che possono
occorrere nella sedazione pediatrica hanno caratteristiche proprie talora assai diverse da quelle dell’adulto.
Anno 7 - numero 2
Sedazione procedurale per non-anestesisti
Tabella III. Valutazione di problemi relativi alle vie aeree
Dati clinici
Anamnesi
Stridore, roncopnea o apnea notturna.
Precedenti complicanze durante procedure di sedazione/analgesia, anestesia locale o generale.
Cromosomopatie (es., trisomia 21)
Esame obiettivo
Habitus
Obesità significativa (specialmente se coinvolgente collo e strutture facciali).
Testa e collo
Collo corto, limitata estensione del collo, masse cervicali, disturbi del rachide cervicale o traumi, deviazione della trachea, dismorfie facciali (e.s., sequenza di Pierre-Robin).
Bocca
Piccola apertura (<3 cm), edentizione, incisivi che protrudono, denti mancanti o inclusi, protesi dentali,
palato ad ogiva, macroglossia, iperplasia tonsillare, uvula non visibile.
Mandibola
Micrognazia, retrognazia, trisma, malocclusione importante.
Tabella IV. Classificazione dello stato di salute secondo l’American Society of Anesthesiology (ASA) e rischio anestesiologico
Classe
Descrizione
Esempi
Opportunità della sedazione
1
Paziente sano
Anamnesi muta.
Eccellente
2
Paziente con una malattia sistemica di grado
moderato (senza limitazioni funzionali)
Asma moderato, disturbi convulsivi controllati, anemia,
diabete mellito controllato.
Generalmente buona
Paziente con una malattia sistemica con
limitazioni funzionali
Asma da moderata a severa, disturbo convulsivo scarsamente
controllato, diabete mellito scarsamente controllato, obesità
moderata.
Intermedia fino a scarsa,
considerare il rapporto
rischi/benefici
4
Paziente con una malattia sistemica grave a
costante rischio di vita
Displasia broncopolmonare grave, sepsi, grado avanzato di
insufficienza respiratoria, cardiaca, epatica, renale od endocrina.
Scarsa, i benefici raramente
superano i rischi
5
Paziente critico che si ritiene non possa
sopravvivere senza un intervento
Shock settico, trauma grave.
Estremamente bassa
3
2. Spiegazione della procedura e preparazione
del paziente
È importante spiegare ai pazienti, e/o ai loro tutori, le
modalità con cui verrà espletata la sedazione, i rischi
e i benefici connessi alla procedura ed ottenere un
consenso scritto. La preparazione del paziente prevede inoltre l’accurata anamnesi rispetto al riempimento gastrico che dovrà essere messo in relazione
al tipo di procedura ed all’urgenza della stessa ed
inoltre in rapporto al livello di sedazione richiesto dalla procedura stessa).
3. Monitoraggio
Il monitoraggio del livello di coscienza tramite valutazione della risposta verbale o di stimoli dolorosi
può essere di aiuto nella valutazione del livello di
coscienza.
Per esempio un paziente che risponde solo con l’allontanamento allo stimolo doloroso è sicuramente ad
Anno 7 - numero 2
un livello di sedazione profonda, mentre se risponde
allo stimolo verbale sarà in uno stato di sedazione
moderata (o cosciente).
Oltre al livello di coscienza è fondamentale la valutazione della ventilazione, sia attraverso l’osservazione delle mucose, come il prolabio, sia l’espansione
della gabbia toracica, ricordando che la saturimetria
non è un sostituto del monitoraggio della funzione
ventilatoria poiché mostra un problema respiratorio
dopo qualche minuto dall’instaurarsi dell’insufficienza respiratoria.
L’utilizzo della capnografia è raccomandato nel caso
di sedazione profonda, specie qualora l’operatore sia
fisicamente distante dal paziente come ad esempio
in caso di RMN.
La misurazione della pressione arteriosa (ogni 5 min)
è consigliata in caso di sedazione profonda, dato l’utilizzo di farmaci che possono modificare i parametri
emodinamici e, nel caso di cardiopatico o di precedenti di aritmia si consiglia il monitoraggio con ECG.
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 37
Sedazione procedurale per non-anestesisti
4. Registrazione dei parametri misurati
Valori dei parametri misurati andrebbero riportati prima e subito dopo la somministrazione del sedativo,
durante (ad intervalli regolari) e dopo l’esecuzione
della procedura.
di somministrazioni o farmaci aggiuntivi. Inoltre per
l’effetto additivo che possono avere alcuni farmaci
fra loro, i dati in letteratura sono d’accordo nell’evitare, per quanto possibile, più di tre farmaci contemporaneamente(9, 19-20).
5. Presenza di un operatore dedicato al monitoraggio del paziente
In letteratura è sottolineata la necessità di tre persone presenti durante la sedazione. Secondo Krauss
gli operatori suggeriti sono un medico affiancato da
un’infermiera o da un terapista del respiro(1).
10. Titolazione dei farmaci per via endovenosa
Si raccomanda, soprattutto nella sedazione profonda, di somministrare i farmaci per via endovenosa
(sia per poter modulare meglio la dose somministrata, sia per la costanza di assorbimento del farmaco)
e di cominciare con dosi basse, per poi ripeterle fino
ad ottenere l’effetto desiderato (titolazione). È importante tra le dosi vi sia un intervallo di tempo tale da
consentirne la valutazione dell’effetto terapeutico.
6. Training del personale
Vi sono numerosi articoli in cui viene fortemente raccomandata un’adeguata preparazione del personale addetto alla sedazione sia per quanto riguarda la
farmacocinetica che la farmacodinamica dei farmaci
utilizzati, sia per quanto riguarda l’utilizzo dei loro antagonisti. Inoltre l’operatore che monitora il paziente
dovrebbe essere addestrato al riconoscimento delle complicanze associate alla sedazione/analgesia
e alla valutazione del grado di sedazione raggiunto.
Allo stesso modo si raccomanda fortemente che ci
sia un operatore istruito sul PBLS e PALS in caso
di sedazione profonda (o comunque un disponibile
entro 5 min in caso di sedazione moderata).
7. Disponibilità di presidi d’emergenza
È fondamentale avere a disposizione l’equipaggiamento idoneo (per completezza e misure) all’emergenza e, in caso di sedazione profonda, anche di
defibrillatore (anche in caso di sedazione moderata
se il paziente è cardiopatico).
8. Uso di O2 supplementare
È raccomandata la supplementazione di ossigeno
sia durante la sedazione moderata che profonda.
9. Associazione di farmaci
Al fine di migliorare la qualità della sedazione o aumentare l’aspetto di analgesia richiesto da alcune
procedure dolorose, è suggerita l’associazione di
farmaci oppioidi ai sedativi normalmente utilizzati pur
ricordando che in tal modo può aumentare l’incidenza di complicanze.
In tali casi si raccomanda quindi di ridurre le dosi dei
farmaci associati e di valutare la necessità individuale
38 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
11. Accesso venoso
Nella sedazione profonda va mantenuto per tutta la
procedura e fino a che vi sia un rischio di depressione
cardiorespiratoria. Non vi è un consenso rispetto al
dover disporre di un accesso venoso pronto in caso
di altre vie di somministrazione ma vi è accordo sulla
necessità di avere un operatore in grado di reperire
un accesso venoso in pochi secondi.
12. Antagonisti
Pur ricordando gli effetti di riacutizzazione del dolore, tachicardia, ipertensione e possibile edema polmonare dell’antagonista degli oppioidi (Naloxone), la
task force, analogamente alla letteratura, ne raccomanda fortemente la disponibilità e l’eventuale utilizzo. Va ricordata la fugacità dell’effetto a causa della
breve emivita e quindi della possibilità di un rebound
al termine dell’azione. Il medesimo discorso vale per
l’antagonista delle benzodiazepine (Flumazenil).
13. Ricovero
Il paziente dovrebbe essere tenuto in osservazione
fino alla scomparsa del rischio di depressione cardiorespiratoria. Segni vitali e funzionalità respiratoria
dovrebbero essere monitorati regolarmente fino alla
dimissione che andrà eseguita nel momento in cui il
paziente sia in grado di riprendere le normali funzioni
psicofisiche.
14. Situazioni particolari
Ogni qualvolta vi sia un rischio di complicanze connesso allo stato del paziente (ad esempio malfor-
Anno 7 - numero 2
Sedazione procedurale per non-anestesisti
mazioni anatomiche, patologie cardiorespiratorie) è
bene consultare uno specialista anestesista.
Una selezione attenta dei pazienti pediatrici candidati
ad una sedazione procedurale eseguita da non anestesisti in procedure di elezione permette di ridurre
di molto i potenziali rischi. Oltre alla valutazione del
rischio anestesiologico, in ambito pediatrico vi sono
alcune controindicazioni relative, come un’età inferiore all’anno di vita e/o una prematurità con meno di
60 setimane di età postconcezionale(2).
Perché sedazione ed analgesia procedurale
Per sedazione ed analgesia procedurale si intende la
somministrazione di farmaci sedativo-ipnotici, analgesici e dissociativi che producano ansiolisi, sedazione, analgesia e controllo motorio durante procedure
diagnostiche o terapeutiche invasive e dolorose(1).
La necessità di sottoporre il bambino a procedure
diagnostiche (ad esempio metodiche di diagnostica
per immagini quali RMN, TC, scintigrafia, SPECT) e
terapeutiche invasive (esami endoscopici, somministrazione farmaci intratecali) o dolorose (suture chirurgiche, riduzioni di fratture, riduzioni di ernie o di
torsioni testicolari, puntura lombare, posizionamento
di una via venosa, toracentesi, paracentesi, etc.) è
aumentata notevolmente negli ultimi anni. Al fine di
eseguire correttamente e nel minor tempo possibile
tali procedure è necessario che il paziente, pur bambino, sia collaborante e talvolta assolutamente immobile. Ciò ha fatto sorgere la richiesta di tecniche
di analgesia e sedazione adeguate alle specificità
dell’età pediatrica, sia nelle pratiche in emergenza,
quanto in quelle in elezione(2).
Lo stress ed il dolore possono avere in emergenza
un iniziale effetto benefico sul circolo e sulla funzione
respiratoria grazie alla risposta catecolaminergica,
tuttavia successivamente possono rendere difficile
la stabilizzazione del paziente non collaborante, non
solo per l’opposizione più o meno attiva alle manovre
di supporto, ma pure perché la reazione fisiologica
allo stress implica delle ripercussioni negative sull’omeostasi dell’organismo (aumento del consumo
di O2, centralizzazione del circolo con conseguenti
vasocostrizione periferica e splancnica, contrazione
della diuresi e aumento della pressione intracranica(2).
Le situazioni di emergenza in cui è indicata l’analgesia e/o la sedazione sono quanto mai varie: paziente
politraumatizzato e/o traumatizzato cranico (dopo la
valutazione primaria e la stabilizzazione ABC); esecuzione di suture chirurgiche superficiali e profonde; medicazione di ustioni; riduzione di fratture ed
Anno 7 - numero 2
immobilizzazione dell’arto interessato; trasporto del
bambino in condizioni critiche; procedure invasive
nel paziente cosciente o comunque reattivo; ansia
e agitazione; necessità di riduzione della mobilità
spontanea (es., per la stabilizzazione cervico-spinale
o per eseguire procedure radiologiche)(2).
Ancor più nel dolore da procedura invasiva l’ansia,
la paura ed il ricordo giocano un ruolo preponderante: il trauma emotivo subìto in concomitanza con la
prima procedura dolorosa sperimentata, provoca nei
piccoli pazienti un timore diffuso ad affrontare qualsiasi evento medico successivo. Weisman e colleghi in uno studio randomizzato e controllato che ha
confrontato il trattamento con Fentanyl versus placebo durante le punture lombari e gli aspirati midollari,
hanno osservato che i bambini che hanno ricevuto il
placebo alla loro prima rachicentesi/aspirato midollare hanno continuato a presentare livelli di dolore
significativamente più elevati rispetto al gruppo che
è stato adeguatamente trattato fin dalla prima procedura(21).
Per tale mole di evidenze, il trattamento del dolore da
procedura è mandatario. Le linee guida dell’Associazione Italiana Emato-Oncologico Pediatrica (AIEOP),
formulate in seguito ai riscontri in letteratura, prescrivono che almeno la prima puntura lombare/aspirato midollare nei bambini con patologia oncologica
venga effettuata in sedazione(22). La Società Italiana
di Gastro-Enterologia Pediatrica (SIGEP) consiglia di
ricorrere alla sedazione quando si effettuano endoscopie digestive nei bambini e di monitorare il bambino prima, durante e dopo la procedura per valutare
l’impatto immediato ed i possibili effetti tardivi sullo
sviluppo psicologico del paziente(23).
I farmaci
Quali sono i farmaci di maggior utilizzo nella sedazione nel bambino? In realtà ad oggi non esiste un
composto che racchiuda tutte queste le caratteristiche richieste per una sedazione procedurale pertanto si tratterà di decidere volta per volta il farmaco più
adatto sulla base delle caratteristiche del paziente
(età, condizioni respiratorie ed emodinamiche), della
procedura ed esperienza dell’operatore(1, 2).
I farmaci abitualmente utilizzati in corso di sedazione
procedurale vengono suddivisi in cinque classi(1):
• Sedativo-ipnoitici:
o midazolam, diazepam, cloralio idrato, propofol, tiopentale (solitamente
non preferito).
• Dissociativi:
o ketamina
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 39
Sedazione procedurale per non-anestesisti
• Da inalazione:
o protossido d’azoto.
• Analgesici:
o fentanyl, morfina.
• Antagonisti:
o flumazenil;
o naloxone.
Alla richiesta di una sedazione profonda propofol e
ketamina risultano gestibili ed utilizzabili anche da
non anestesisti seppur con le giuste precauzioni legate ai possibili problemi respiratori e di alterazioni
emodinamiche.
La sedazione può avvalersi di un unico farmaco oppure l’utilizzo combinato di farmaci di diverse classi
a seconda della procedura. In caso di associazione
il dosaggio del singolo farmaco sarà inferiore rispetto
al dosaggio in caso di uso singolo(19, 20). Conosciamoli
singolarmente.
Midazolam
È una benzodiazepina che agisce prevalentemente sull’amigdala, aumentando l’attività inibitrice del
GABA tramite il legame con il suo recettore. Induce ansiolisi, ipnosi, miorilassamento, amnesia ed
in caso si attività elettrica cerebrale alterata ha una
buona funzione anticonvulsivante. Viene generalmente ritenuto un buon farmaco per la sedazione
lieve-moderata nel caso di procedure brevi e poco
dolorose.
Per somministrazione endovenosa, l’effetto compare
dopo circa 2-3 minuti, si mantiene per 45-60 minuti;
dopo 15 min per via im e perdura 60-120 minuti; in
caso di somministrazione per via orale o endonasale,
l’effetto sedativo è più lento e si assesta attorno ai
15-20 minuti nel secondo e si mantiene per 60 minuti
mentre, per os, l’onset è tra i 15-30 minuti con mantenimento per 60-90 minuti.
Il midazolam può causare breve amnesia anterograda. Per quel che concerne l’interazione con altri
farmaci, il midazolam possiede un’azione “sinergica”
con gli oppiacei e potenzia l’azione sedativa centrale
di neurolettici, antidepressivi ed alcol(24-29). Spesso
è necessaria l’associazione con gli oppioidi poiché
le benzodiazepine non posseggono un’azione analgesica; in tal caso è necessario ridurre la dose del
midazolam.
La dose somministrata e la velocità d’infusione sono
direttamente correlate con la possibilità di depressione del respiro ed è possibile inoltre rilevare un moderato calo della PA ed aumento della FC.
Possibili, nausea, vomito, singhiozzo, reazioni paradosse come allucinazioni o euforia, diplopia in 1-15%
dei soggetti sedati con midazolam 30 mg.
40 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
L’effetto paradosso avviene nell’1% circa dei pazienti
e prevalentemente in quelli più piccoli. L’utilizzo del
midazolam per via endonasale tramite nebulizzatore
permette una sedazione superficiale senza necessità di una via venosa e solitamente senza alterazione
del respiro pertanto può essere di facile impiego in
reparti ed in situazioni di emergenza (a tal proposito si ricorda la miglior efficacia nella sedazione delle
convulsioni).
Dosaggio
0,05-0,1 mg/kg e.v. o i.m. max 3 mg (5 mg nell’adulto) (iniettare lentamente per evitare la depressione
respiratoria).
0,2-0,8 mg/kg per via nasale (esiste il dispositivo
MUD che permette una miglior distribuzione e quindi
assorbimento della mucosa nasale).
0,5 mg/kg os o rettale max 15 mg (azione in 1520 minuti; più rapido nel vestibolo della bocca).
Trucco
Può essere d’aiuto far creare dalla propria farmacia
delle soluzioni di midazolam concentrate e con minor
residuo alcolico al fine di ridurre il bruciore durante
la somministrazione endonasale. Per la somministrazione per os invece è possibile creare delle soluzioni
con aromi differenti (fragola, cioccolata, etc.).
Protossido d’azoto al 50%
Noto anche come gas esilarante è utilizzato in diversi
paesi in miscela precostituita con l’ossigeno al 50%
per le sue proprietà analgesiche e sedative dissociative nonché analgesiche senza il rischio, a tale concentrazione, di depressione del respiro. Può essere
utilizzato a flusso libero o con valvola on demand per
procedure che non richiedano una totale immobilità
con durata limitata (consigliato come limite massimo
i 30 minuti) e per pazienti, precauzionalmente, sopra
i 3 anni di vita. Il punto di forza del protossido è la
velocità di raggiungimento dell’effetto sedativo-analgesico (2-3 minuti) che è la medesima di smaltimento
degli effetti del gas.
Il protossido essendo un gas necessita di un sistema
di smaltimento adeguato poiché è descritto come
teratogeno nonché mielotossico in caso di utilizzo
prolungato e frequente a determinate concentrazioni. Inoltre essendo un gas espansibile è necessario
somministrarlo a pazienti in cui non vi siano problematiche relative a spazi dilatabili come ad esempio
pneumotorace, occlusioni intestinali, etc. Le controindicazioni indicate quindi sono traumi cranici
maggiori con alterazioni dello stato di coscienza o
fratture craniche, occlusioni intestinali, pneumotora-
Anno 7 - numero 2
Sedazione procedurale per non-anestesisti
ce, pneumomediastino, alterazioni dello stato di coscienza post-traumatici o per patologie psichiatriche
o intossicazioni da sostanze di abuso, infezioni dell’orecchio medio, miringoplastica eseguita di recente,
traumi facciali importanti, malattie metaboliche, sinusite, reazioni allergiche pregresse al farmaco, allergie
al lattice, utilizzo recente e/o frequente di protossido
d’azoto, ipertensione polmonare, ipertensione endocranica, patologie cardiache, recenti immersioni
subacquee. Le complicanze più comuni (da ≥1/100
a <1/10) segnalate sono nausea, vomito, capogiri,
vertigini; quelle meno comuni (frequenza da ≥1/1000
a <1/100) sono astenia, sensazione di pressione
nell’orecchio, gonfiore addominale, aumento volume
gas intestinali, bradicardia/tachicardia. Infine vengono segnalati casi di anemia megaloblastica e leucopenia in caso di esposizioni prolungate e/o ripetute.
Trucco
Utilizzando la valvola on demand il gas viene somministrato in base alla richiesta del paziente (flusso
generato dall’inspirio del paziente) e di conseguenza
la dispersione nell’ambiente è ridotta.
Propofol
Farmaco ipnotico (famiglia dei barbiturici) a rapida
emivita, efficace per via endovenosa con azione ipnotica ma non analgesica. Il picco solitamente si ha
pochi secondi e si mantiene per 5-20 minuti dopo
la sospensione della somministrazione. Dosaggio e
rapidità di infusione sono correlati direttamente con
la comparsa e l’entità della depressione respiratoria.
Complicanze
Se infuso non diluito o in un piccolo vaso il paziente sentirà un transitorio bruciore. Se somministrato velocemente il paziente potrà andare incontro a
depressione respiratoria, ipotensione (data sia dalla
riduzione delle resistenze periferiche che dall’effetto
inotropo negativo), mioclonie, rarissime convulsioni.
In caso di ipotensione è suggerita l’infusione di SF a
10-20ml/kg e nei casi più gravi adrenalina.
Grazie alle sue proprietà antiemetiche ed euforizzanti
è spesso preferito ad altri farmaci sedativi quali il tiopentale. Non usare in infusione continua per la rara
ma descritta “propofol infusion sindrome” in bambini
<3 anni d’età. Non usare in allergici a uovo, soia ed
arachidi ed in pazienti con ipersensibilità nota verso
propofol, soia, arachidi o uno qualsiasi degli eccipienti dell’emulsione.
Dosaggio
1-2 mg/kg e.v. lentamente come induzione.
Anno 7 - numero 2
0,5-1 mg/kg boli successivi di mantenimento max
7 mg/kg.
Trucco
Se il bambino è ancora sveglio la prima dose in vena
è possibile somministrarla diluita con la soluzione fisiologica al fine di diminuire il bruciore durante l’infusione. In alcuni lavori il bruciore viene mediato tramite
l’aggiunta di lidocaina 1%.
Ketamina
La ketamnina è un anestetico dissociativo con proprietà analgesiche e amnesiche a dosi subanestetiche. Crea uno stato dissociativo corticale molto utile
in procedure dolorose e che necessitano l’immobilizzazione del soggetto. A differenza del propofol e
delle benzodiazepine, la ketamina ha un minor effetto
depressivo cardiorespiratorio, anche se può essere
responsabile di apnea (nei bamhini più piccoli), laringospasmo (soprattutto nelle procedure con stimolo
delle vie aeree) e ostruzione delle vie respiratorie per
aumento delle secrezioni. Essendo simpaticomimetico può essere responsabile di tachicardia, ipertensione e broncodilatazione, effetti che possono essere sfruttati in caso di pazienti settici o asmatici. La
somministrazione può avvenire secondo qualsiasi via:
e.v., i.m., os, nasale e rettale. Usato spesso in preanestesia e soprattutto in procedure dolorose. Azione
rapida, emivita 1-3 ore (effetto analgesico circa 30
minuti). Quali complicanze sono possibile incubi, allucinazioni, dissociazione, nistagmo (ricordare di spiegarlo ai genitori se sono presenti nella fase di induzione affinché non si spaventino), mioclonie, aumento
delle secrezioni (scialorrea), laringospasmo, vomito.
Aumenta il flusso ematico cerebrale e la pressione
endocranica: controindicato in pazienti. a rischio di
ipertensione endocranica. Preserva la stabilità cardiopolmonare, il tono della muscolatura delle vie aeree ed i riflessi protettitivi (somministrare lentamente
per evitare depressione respiratoria). L’effetto non è
un continuo dose-risposta (oltre 1-1,5 mg/kg e.v. o 34 mg/kg i.m. l’effetto dissociativo appare bruscamente). Endovena l’effetto compare dopo 1-2 min con durata di circa 10-30 min dell’effetto utile per la sedazione
procedurale. Per via im effetto in 3-5 min e durata di
circa 45-60 min. Può indurre salivazione (in genere controllata dalla premedicazione con atropina).
Dosaggio
0,5-1 mg e.v. max 15 mg (infondere in 1-2 minuti).
3-5 mg/kg i.m. (in genere sufficienti 5 mg/kg) (max 50 mg).
5-10 mg/kg os.
3 mg/kg nasale.
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Sedazione procedurale per non-anestesisti
Trucco
Preferibile in pazienti con storia di asma e in pazienti
in cui la pressione arteriosa tenda ad essere bassa;
possibile associarlo al propofol in rapporto 1:1 (ketofol) per contrastare gli effetti negativi rispetto all’ipotensione e bradicardia. Si possono ridurre le allucinazioni associandolo al midazolam.
Cloralio idrato
Il cloralio idrato è un idrocarburo alogenato con
un’azione prevalentemente di sedazione-ipnosi ma
senza proprietà analgesiche. La somministrazione
può avvenire per via rettale (non salire più di 3 cm
con il sondino) o per os. Il picco dell’effetto è tardivo
(60 minuti) e l’emivita prolungata (4-14 ore per effetto
di un metabolita attivo). Di ciò i genitori devono essere informati se il bambino viene inviato a domicilio
dopo la procedura. Possibili aritmie, depressione del
respiro, ipotensione, vomito, epatopatia, alterazioni
gastrointestinali. Non esiste un antagonista. Cautela
nell’associazione con benzodiazepine per il pericolo
di depressione respiratoria.
Molto usato in procedure diagnostiche non dolorose
che richiedono immobilità (es., RMN) perché ha uno
scarso effetto sui centri respiratori. A dosaggi elevati
può causare depressione respiratoria ed ostruzione
delle vie aeree. Il sapore è sgradevole per cui viene
spesso somministrato nei bambini più piccoli tramite
sondino naso gastrico o per via rettale. Interessante
è la possibilità di somministrarlo anche a stomaco
pieno nel caso in cui venga somministrato da solo.
Dosaggio
25-50 mg/kg (fino ad un massimo di 100 mg/kg)
max 1-2 g.
Se il bambino scarica o vomita ripetere ½ dose.
(Cloralio idrato galenico) (10%: 1 ml = 100 mg) (20%:
1 ml = 200 mg).
Trucco
Se dato ai genitori per somministrarlo per os prima di
giungere in ospedale, accertarsi che il bambino non
venga mai lasciato solo e mantenga una posizione
del capo che permetta una buona apertura delle vie
aeree.
Fentanyl
Potente oppioide privo di azione ansiolitica o amnesica. Se iniettato per via endovenosa ha un’ azione
rapida (inizio in 30 secondi con picco a 2-3 minuti) ma con breve durata (20-40 minuti). Possiede un
buon effetto analgesico per somministrazione intranasale (1,5-2 µg/kg). L’onset in caso di somministra-
42 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
zione per via nasale è solitamente attorno ai 5 minuti.
Essendo un oppioide, il suo effetto è facilmente reversibile con il naloxone.
A basse dosi non ha effetto sedativo (1-2 µg/kg) ed
è in tal caso utile l’associazione con un sedativo-ansiolitico puro (es., midazolam). Causa meno comunemente di morfina e meperidina nausea e vomito ed
inoltre non è responsabile di azione istamino-liberatrice. Può essere causa, seppur raramente, di rigidità
toracica quando usato a dosaggi superiori a 3-5 µg/kg
come dose bolo ed in bolo rapido(31).
Dosaggio
1-3 µg/kg nasale
1-2 µg/kg e.v. (infondere lentamente) fino a 50 µg/dose,
possibile ripetizione ogni 3 minuti, tirare per raggiungere l’effetto.
Flumazenil
È un antagonista competitivo delle benzodiazepine.
È una imidazobenzodiazepina che può essere utilizzata per via endovenosa, nasale e rettale. L’attenzione dev’essere posta sull’emivita poiché quella del flumazenil è inferiore a quella del midazolam e pertanto
si può avere un effetto rebound a distanza.
Dosaggio
0,01-0,02 mg/kg ripetibile ad ogni minuto fino ad 1 mg.
Naloxone
Il naloxone è una molecola di sintesi che agisce in
maniera competitiva sui recettori degli oppioidi. Il picco ematico se somministrato per via endovenosa è a
2 minuti dall’infusione ma l’effetto antagonista è dose
e via di somministrazione-dipendente (più lunga se
somministrato i.m.). L’emivita del naloxone può essere inferiore a quella di alcuni oppioidi e pertanto
è necessario prestare attenzione ad eventuali nuove
somministrazioni soprattutto in casi di emergenza
come coma o depressione del respiro indotti da stupefacenti.
Può causare nausea ed effetti simpaticomimetici.
Dosaggio
0,1-0,2 mg/kg (con un massimo di 2 mg/dose) e.v.
rapido seguito da eventuali boli ogni 60 secondi.
Digiuno: Quando e come?
Si è sempre detto che il digiuno è necessario in caso
di sedazione per evitare le inalazioni di materiale gastrico e quindi le complicanze relative sebbene non
vi sia una letteratura scientifica sufficiente per soste-
Anno 7 - numero 2
Sedazione procedurale per non-anestesisti
nere tale affermazione ed al contempo ci sia un numero insufficiente di evidenze che correlino il tempo
di digiuno rispetto al tipo di procedura e sedazione o
al tipo di cibo assunto.
A ciò si aggiunge che in letteratura è stato segnalato
fino ad ora un unico caso di inalazione durante sedazione in Pronto Soccorso e tale episodio non è stato
comunque seguito da complicanze.
Quello che ora quindi viene proposto è un accurata
valutazione del tipo di sedazione rapportata sia alla
procedura da eseguire sia al grado di riempimento
gastrico.
È evidente però che quanto più profondo è il grado
di sedazione, tanto maggiore sarà il rischio di inalazione. Nel caso pertanto della somministrazione di
protossido d’azoto, midazolam, ad esempio, non è
necessario un tempo di digiuno minimo per eseguire la procedura poiché con tali farmaci solitamente
si mantiene uno stato di coscienza e di integrità di
riflessi di deglutizione e tosse che sono sufficienti ad
evitare l’inalazione.
Si può dire che a tal proposito in letteratura fino ad
oggi vi sono solo due autorità: l’ASA che ha una scaletta piuttosto rigida di rapporto tempo e digiuno da
determinati cibi (<5 mesi: non latte o solidi per 4 ore;
36 mesi: no latte o solidi per 6 ore; > 36 mesi: no latte o solidi per 8 ore; l’assunzione di liquidi chiari può
continuare fino a 2 ore dalla procedura) ed il Consenso basato sulla pratica clinica proposto da Krauss e
Green nel 2007 laddove vi è una stratificazione non
solo in baso alla “categoria” del cibo quanto anche
all’urgenza della procedura ed il grado di rischio del
singolo paziente. Quest’ultimo Consensus pare più
vicino alla realtà clinica di ogni giorno ed in qualche
modo alle necessità del medico di Pronto Soccorso
(tabelle V e VI).
Tabella V. Pazienti a rischio standard
Alimentazione nelle
3 ore prima
Emergenza
Urgenza
Semi-urgenza
Non urgente
Niente
Qualsiasi tipo di
sedazione
Qualsiasi tipo di sedazione
Qualsiasi tipo di sedazione
Qualsiasi tipo di sedazione
Liquidi chiari
Qualsiasi tipo di
sedazione
Qualsiasi tipo di sedazione
Fino ad una sedazione profonda breve
(<10min) compresa
Fino ad una sedazione
moderata >20 minuti compresa
Snack leggero
Qualsiasi tipo di
sedazione
Fino ad una sedazione profonda
breve (<10 minuti) compresa
Fino a comprendere sedazione
dissociativa; una sedazione moderata
<20 minuti
Solo sedazione minima
Pasto o snack
pesante
Qualsiasi tipo di
sedazione
Fino ad una sedazione moderata
>20 minuti compresa
Solo sedazione minima
Solo sedazione minima
Adattata da Green S, et al. Ann Emerg Med 2007.
Tabella VI. Pazienti a rischio elevato
Alimentazione nelle
3 ore prima
Emergenza
Urgenza
Semi-urgenza
Non urgente
Niente
Qualsiasi tipo di
sedazione
Qualsiasi tipo di sedazione
Qualsiasi tipo di
Qualsiasi tipo di
sedazione
sedazione
Liquidi chiari
Qualsiasi tipo di
sedazione
Fino ad una sedazione profonda
breve (<10 minuti) compresa
Fino ad una sedazione moderata >20
minuti compresa
Solo sedazione minima
Snack leggero
Qualsiasi tipo di
sedazione
Fino a comprendere sedazione
Solo sedazione minima
dissociativa; una sedazione moderata <20 minuti
Solo sedazione minima
Pasto o snack
pesante
Qualsiasi tipo di
sedazione
Fino a comprendere sedazione
Solo sedazione minima
dissociativa; una sedazione moderata <20 minuti
Solo sedazione minima
Adattata da Green S, et al. Ann Emerg Med 2007.
Anno 7 - numero 2
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 43
Sedazione procedurale per non-anestesisti
Per paziente ad alto rischio gli autori intendono pazienti con una o più delle seguenti caratteristiche:
• alterazione delle vie aeree che creino il rischio
di una possibile ventilazione assistita difficile o prolungata riferibile (ad es., collo corto,
micrognazia, macroglossia, tracheomalacia,
laringomalacia, storia di intubazione difficile,
anomalie congenite, apnee nel sonno);
• condizioni predisponesti al reflusso gastroesofageo (es. aumento pressione intracranica, patologie esofagee, ernie iatali, ulcere
peptiche, gastrite, ostruzioni intestinali, ileo,
fistole tracheo-esofagee);
• età <6 mesi o >70 anni;
• ASA 3 o maggiore;
• qualsiasi altra situazione che venga giudicata
dal medico prontosoccorsista a rischio maggiore quali ad esempio alterazioni dello stato
di coscienza.
Attrezzatura
La sedazione per quanto poco rischiosa soprattutto
se è una sedazione cosciente non è completamente
scevra di rischi. Per tale motivo è importante evitare
di eseguire delle sedazioni in ambienti non protetti sia
in termini di personale addestrato sia di attrezzature
consone ad intervenire in caso di complicanze.
Vie aeree:
• capnografo o almeno saturimetro;
• presa di O2;
• pallone va e vieni;
• ambu pediatrico a adulto;
• cannula di Mayo;
• cannule nasofaringee;
• sondino da aspirazione;
• set di intubazione per età/peso paziente (laringoscopio, tubi cuffiati e non);
• nebulizzatore.
Cardiocircolatorio:
• agocannule;
• ago da intraossea;
• monitor ECG;
• defibrillatore;
• sfigmomanometro.
Farmaci di minima:
• adrenalina;
• epinefrina;
• atropina;
• metilprednisolone;
44 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
•
•
•
•
•
salbutamolo;
dopamina;
antistaminico;
soluzione fisiologica;
soluzione glucosata.
Quale farmaco e per cosa?
I diversi farmaci nominati si caratterizzano ciascuno
per un particolare effetto: il midazolam per l’ansiolisi, il fentanest per l’analgesia, la ketamina per la
dissociazione, etc. Conoscendo bene tali proprietà
è possibile cercare di trovare una sorta di correlazione tra il tipo di procedura da eseguire ed il farmaco
più idoneo, tenendo bene a mente le possibili controindicazioni. Ognuno poi dovrà utilizzare i farmaci in
base alla propria conoscenza delle singole molecole
ed alla situazione logistica in cui si trova ad operare.
Alcuni esempi in tabella VII.
La dimissione
La dimissione del paziente sottoposto a sedazione
deve avvenire quando le normali condizioni psicofisiche del paziente vengono ripristinate e quindi il rischio
post-sedazione sia pressoché nullo. È necessario
quindi assicurarsi che il paziente sia vigile e che i riflessi del vomito, della tosse e della deglutizione siano
presenti per evitare inalazioni o soffocamenti, il recupero totale della capacità di movimento corrispondente all’età e sviluppo psico-fisico e l’assenza di nausea
e/o vomito(17, 18). Per tale motivo è consigliato offrire da
bere e da mangiare dopo il risveglio del paziente non
appena questi sia in grado di farlo autonomamente(1).
Un adulto dovrebbe essere sempre presente ed osservare il bambino fino al momento della dimissione.
Può essere d’aiuto l’uso di scale per il monitoraggio
della sedazione come l’Aldrete scoring system: un
punteggio di 9-10 è compatibile con la dimissione(23).
I parametri vitali devono essere ristabilizzati e mantenersi stabilmente nei range della norma per l’età, dal
momento che alcuni farmaci sedativi possono alterare
l’emodinamica e portare ad ipo-ipertensioni nonché
ad alterazioni del ritmo come già discusso in precedenza anche a poca distanza dal termine della sedazione. Maggior attenzione e cautela nella dimissione
andrà mantenuta per i pazienti a cui sono stati somministrati gli antagonisti poiché questi posseggono
un’emivita inferiore rispetto agli agonisti e possono
pertanto verificarsi dei rebound dopo la dimissione.
In tal senso è necessario istruire correttamente ed in
modo esaustivo i genitori in dimissione al fine di evitare
incidenti nelle ore successive.
Anno 7 - numero 2
Sedazione procedurale per non-anestesisti
Tabella VII. Esempi di associazione tra farmaci e procedure
Procedure
Farmaci
Indagini radiologiche
Midazolam
Cloralio nei più piccoli
Propofol (nelle procedure lunghe o nei traumi cranici ad esempio)
Manovre ortopediche (ad es., riduzioni di fratture, immobilizzazioni, Fentanest nasale solo o + midazolam per os/nasale
riduzione lussazioni)
Propofol
Ketamina
Protossido d’azoto
Sutura di ferite
Protossido d’azoto
Midazolam per os/nasale + anestesia locale
Protossido + midazolam os/nasale + anestesia locale
Rachicentesi/midolli
Protossido + midazolam per os o nasale
Propofol
Midazolam per os/nasale (premedicazione) + ketamina e.v.
Midazolam per os/nasale(premedicazione) + ketamina + propofol
Medicazione di ustioni
Riduzioni invaginazioni intestinali
Ernie inguinali
Midazolam
Fentanest nasale solo o + midazolam per os/nasale
Protossido + midazolam (non usare il protossido in caso di occlusioni o possibili perforazioni)
Ketamina (ustioni maggiori)
Broncoscopie/EGDS per corpi estranei
Propofol o altra sedazione profonda
Anestesia generale
Bibliografia essenziale
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Anno 7 - numero 2
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni
strumentali nel management dei traumi testicolari
D. Salerno1, G. Stranieri1, A. Mazzei1, S. Zampogna2
S.O.C. di Chirurgia Pediatrica, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
SOC di Pediatria, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro
1
2
Introduzione
A causa della loro posizione, i testicoli sono frequentemente oggetto di traumi. Contrariamente a quanto
si pensi, però, sono raramente colpiti da danni gravi,
proprio grazie alla mobilità dello scroto. In età pediatrica i traumi dello scroto rappresentano complessivamente un’evenienza piuttosto rara. Tuttavia, già
alla nascita lo scroto può andare soggetto a fatti traumatici in occasione di un parto in posizione podalica.
I traumi testicolari possono essere divisi in rapporto
all’agente etiologico in tre categorie (tabella I):
1. da urto (come un pugno o un calcio o una
pallonata); sono i traumi più comuni;
2. penetranti (da arma da taglio o proiettile);
3. da strappamento.
La dislocazione dei testicoli è rara e può verificarsi
a seguito di un trauma da urto non adeguatamente
curato. Ernie inguinali e atrofia testicolare possono
essere fattori predisponenti. La maggior parte di questi casi sono conseguenza d’incidenti motociclistici in
epoca adolescenziale e in un terzo dei casi vedono
coinvolti entrambi i testicoli.
I traumi testicolari occorrono prevalentemente nella
fascia d’età compresa tra i 15 e i 40 anni, l’obiettivo principale dell’intervento che segue il trauma
è di conservare la gonade lesa e, più in generale,
di preservare la fertilità del paziente, che è la prima
funzione a essere compromessa. In soggetti predisposti, mancanti di strutture atte a fissare il testicolo,
si può verificare dopo esercizio fisico la torsione del
funicolo spermatico sul proprio asse, che ha come risultato l’ostruzione venosa, con edema ed emorragia
Anno 7 - numero 2
secondaria intratesticolare e successiva occlusione
arteriosa, che può portare alla necrosi del testicolo.
Il quadro clinico che si associa è caratterizzato da
dolore acuto, improvviso, anche in pieno benessere,
con il testicolo richiamato verso l’alto a livello inguinale, l’emiscroto interessato aumentato di volume,
la sintomatologia esacerbata dalla deambulazione e
facies del paziente visibilmente sofferente.
Tabella I. Classificazione traumi testicolari
I stadio
Contusione ed edema testicolare con albuginea integra, assenza
di amatocele.
II stadio
Rottura e retrazione dell’albuginea con protrusione di polpa testicolare, oltre alla costante presenza di amatocele.
III stadio
L’albuginea e la polpa testicolare sono nettamente sezionate in due
frammenti che possono ruotare facendo perno sull’epididimo intatto;
i due frammenti risultano in genere vitali alla esplorazione chirurgica;
l’ematocele è costantemente presente.
IV stadio
Frammentazione testicolare completa con imponente amatocele;
talvolta il frammento del polo superiore del testicolo a contatto con
l’epididimo può conservare una certa vitalità.
Caso clinico
Trauma testicolare IV stadio
Si procede d’urgenza per trauma scrotale chiuso secondario ad agente traumatico diretto (calcio) e fon-
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 47
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari
data supposizione di coinvolgimento del complesso
didimo-epididimario. Anamnesi accurata positiva per
trauma.
Quadro clinico: dolore, arrossamento e tumefazione
a carico dell’emiscroto sinistro.
Incisione scrotale sinistra alla radice della borsa.
Estrapolato dalla breccia chirurgica il complesso
didimo-epididimo-vaginale ed aperta la vaginale propria: presenza di imponente ematocele con sezione
netta circonferenziale dell’albuginea e della polpa testicolare tale da ingenerare due frammenti gonadici;
l’uno rappresentato dal polo superiore della gonade,
l’altro – più esteso – rappresentato dal polo medioinferiore. Quest’ultimo in preda a frammentazione
completa del parenchima con concomitante infarcimento emorragico; l’altro frammento (polo superiore)
a contatto con l’epididimo, conserva una certa vitalità
(IV stadio di Sauvage). Indenni epididimo e deferente.
Ematoma della compagine funicolare emergente.
Drenaggio della raccolta ematocelica.
Asportazione della porzione gonadica frammentata
avendo cura di preservare l’ilo del testicolo sul margine posteriore dell’organo leso. Controllo emostasi
con apposizione di Floseal.
Ricostruzione gonadica a carico del frammento vitale
con sutura accurata dell’albuginea e riconfezione del
seno dell’epididimo.
Al termine: polpa ghiandolare ben coperta e parenchima vitale superstite tension-free.
Riposizionamento della ghiandola ricostruita e messa
dimora di drenaggio laminare a emergenza scrotale
dal basso, spinto in alto fino all’aditus e alla parte
iniziale del cordone spermatico.
Chiusura della breccia scrotale (figure 1, 2 e 3 A-C).
Discussione
Morey e Rozanski su Campbell-Walsh Urology del
2007 riportano una serie di 480 traumi testicolari osservati negli ultimi 10 anni, dei quali 92 (19,16%) su
pazienti d’età compresa tra 0-18 anni. 43 (46,73%)
i traumi testicolari secondari ad azione traumatica
diretta sulla borsa scrotale (urto), 41 (44,56%) conseguenti a strappamento, 8 (8,71%) quelli penetranti
(tutti in adolescenti).
Knight et al. analizzando la letteratura degli ultimi
15 anni (fino al 1984) riportano una percentuale di orchiectomie per esiti di trauma in età pediatrica pari al
30%; analoga disamina è stata condotta da nel 2003
per J Reprod Immunol da Hedger e Meinhardt, con
una percentuale di gonadi asportate inferiore al 10%
(su casistiche numericamente sovrapponibili sia pure
con un maggior numero di lavori esaminati).
Koester nel 2000 su J Athl Train, da una disamina
della letteratura internazionale limitatamente al periodo 1992-1999 (7 anni), sempre per pazienti d’età
compresa tra 0 e 18 anni, su 320 gonadi esaminate
nelle differenti casistiche prese in considerazione, ha
ritrovato al follow-up una percentuale di gonadi atrofiche per postumi di trauma vicina al 18% delle unità
testicolari arruolate. Analoga revisione retrospettiva
è stata condotta da Bowman, Nystrom e Myc A. –
ciascuno per conto proprio e differenti pubblicazioni
in letteratura – con risultati comunque non dissimili.
I traumi testicolari provocano dolore nel 90%(1) dei
casi, frequentemente associato a nausea e vomito.
Il testicolo colpito si presenta gonfio e di consistenza
ridotta in oltre il 70% dei casi, con un ematoma visibile nel 40%(1). Possono inoltre essere presenti ecchimosi (lividi) nelle regioni circostanti.
Figura 1.
Figura 2.
Sezione netta circonferenziale dell’albuginea e della polpa
Polo medio-inferiore in preda a frammentazione completa
48 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari
A
B
C
Figura 3.
Controllo emostasi con applicazione di Floseal (A), ricostruzione gonadica (B) e risultato finale (C).
Anno 7 - numero 2
Nelle lesioni penetranti è visibile una ferita con un
punto d’entrata dell’arma (proiettile o lama). Molto
spesso sono associate lesioni nell’emiscroto controlaterale e nella regione perineale. Lesioni dei vasi
possono provocare grave danno al testicolo compromettendo l’afflusso di sangue. Inoltre è importante
ricordare che in tali casi le ferite possono determinare
la trasmissione di malattie come epatite C e B e altri
tipi di infezioni genitourinarie.
Il Chirurgo Pediatra interverrà anzitutto nella valutazione della lesione mediante l’esame del testicolo in
questione, del controlaterale e della regione circostante.
In secondo luogo, deciderà se richiedere un ecocolordoppler testicolare per valutare se sia presente
un’emorragia intratesticolare e se ci siano rischi di
rottura del testicolo, o ancora se avvalersi di indagini
ancora più approfondite come la risonanza magnetica.
Nei casi più lievi effettuerà le medicazioni del caso
e prescriverà un controllo a distanza di tempo per
stabilire se effettivamente non ci siano conseguenze
sulla fertilità del paziente. Nei casi più gravi è possibile che sia necessario l’intervento di un chirurgo per
un’eventuale ricollocazione o, infine, nei soli casi di
rottura completa o trauma da avulsione, una sostituzione protesica.
L’ecografia non utilizza radiazioni ionizzanti, non è
invasiva, è facilmente ripetibile, è largamente diffusa
sul territorio ed ha un costo non elevato rispetto ai
benefici.
Con l’introduzione delle sonde ad alta frequenza (da
7,5 MHz in poi) è attualmente possibile lo studio dettagliato delle “parti superficiali” come tiroide, ghiandole salivari, mammelle, muscoli, pene e testicoli.
Già da parecchi anni ormai l’indagine ecografica applicata alla traumatologia sportiva si è dimostrata un
valido strumento diagnostico nell’ambito delle lesioni
muscolotendinee e ligamentose.
L’impiego dell’ecografia è stato esteso anche ai
traumi scrotali in associazione alla metodica Doppler.
Seppur meno “datata” rispetto all’ecografia di altri organi l’indagine scrotale ha ottima attendibilità per la
perfetta risoluzione delle immagini (figura 4).
Tale ottima risoluzione, come accennato, è dovuta
alle sonde a elevata frequenza possibili ad adoperarsi in strutture collocate superficialmente (più è alta
la frequenza maggiore è la risoluzione e minore è la
penetrazione in profondità). Pertanto con le alte frequenze si ottiene una migliore risoluzione dei particolari anatomici.
Attualmente l’ecografia può essere considerata il
primo approccio diagnostico strumentale in caso
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 49
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari
Figura 4.
Figura 5.
Ecografia del testicolo destro interessato da lieve edema post
traumatico. Si riconosce chiaramente il didimo.
Ecografia per trauma del testicolo sinistro con area iperecogena, ed ematosa sede del trauma stesso e completamento
d’indagine con ecocolordoppler.
di trauma sportivo, sempre supportata da un buon
esame semeiologico clinico. L’indagine è priva di
discomfort per il paziente e non somministra radiazioni ionizzanti. Si tratta quindi di un’indagine assolutamente non invasiva(1). Poiché ripetibile è utile per
seguire nel tempo l’evoluzione dei reperti visualizzati.
In confronto ad altre tecniche è operatore-dipendente. È quindi di fondamentale importanza che il
medico ecografista possieda una notevole esperienza e che sappia instaurare uno stretto rapporto
di collaborazione con il clinico e con tutti gli operatori che si fanno carico in qualche modo dell’atleta
o dello sportivo in genere. I traumi testicolari nella
pratica sportiva, e non solo, possono scatenare dei
riflessi sistemici di ordine generale. I traumi testicolari
possono essere secondari a incidenti sia stradali sia
lavorativi oltre che a incidenti in corso di attività sportiva(2). Si possono avere anche traumi perineali diretti
con compressione scrotale contro il pube.
La sintomatologia è prevalentemente caratterizzata
da dolore acuto a livello scrotale con irradiazione al
funicolo e alle logge renali. L’esplorazione clinica manuale è difficoltosa per l’edema e il violento dolore
(figura 5).
Vi è la concreta possibilità di episodi lipotimici. Anatomo-patologicamente si può rilevare versamento
emorragico nella vaginale propria che può organizzarsi e diventare una pachivaginalite emorragica secondaria. Nei traumi più gravi si possono registrare
ematoceli e fissurazioni. Gli sport nei quali si hanno
più frequentemente lesioni traumatiche a livello testicolare sono il baseball, il football americano, l’e-
quitazione e il pugilato. Ai fini dell’idoneità alla pratica sportiva in presenza di ematocele, ma anche di
varicocele e di idrocele, si dovrebbero sconsigliare il
calcio, il rugby, la pallacanestro, la pallavolo, il pugilato, la ginnastica, il ciclismo, l’equitazione, la lotta, la
pesistica, il baseball. Sono invece consigliati gli sport
acquatici e l’atletica leggera.
L’indagine ecocolordoppler attualmente rappresenta
un valido supporto per lo studio dei casi di “scroto
acuto” in quanto rende immediata evidenza della
vascolarizzazione con possibilità di eseguire studi
morfologici e funzionali piuttosto accurati(3). Questo
naturalmente non può prescindere da un’eccellente
attrezzatura ad alta risoluzione in grado di rappresentare flussi relativamente bassi e vasi sottili.
Il color Doppler è un’ottima metodica per lo studio
delle strutture scrotali sia da un punto di vista morfologico che funzionale. Il Doppler aggiunge all’esame
ecografico tradizionale una specie di quarta dimensione, cioè il dato emodinamico.
Le moderne apparecchiature ecografiche dotate di
color Doppler e di power Doppler hanno fatto conseguire alla metodica l’attributo di “gold standard” nello
studio delle patologie scrotali acute, infiammatorie e
vascolari (figura 6).
La tecnologia è in rapidissima evoluzione: l’ecocolordoppler è un passo diagnostico irrinunciabile, anche
se è sempre necessario confrontare le diagnosi con
correlazioni cliniche e terapeutiche. Raramente si
impiegano nello studio dei traumi testicolari i mezzi
di contrasto ecografici che allo stato attuale non
forniscono importanti incrementi diagnostici in que-
50 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari
Figura 6.
Esame ecocolordoppler condotto a livello del funicolo sede di
trauma. Si evidenzia spettro Doppler caratterizzato da rapida
ascesa sistolica e flusso diastolico a bassa velocità.
sto distretto. Spesso giovani pazienti si presentano
all’osservazione per traumi scrotali conseguenti a
incidenti durante la pratica di sport di tipo non agonistico. Obiettivamente si riscontrano tumefazione delle
borse scrotali e dolore ai didimi e soffusione emorragica più o meno accentuata.
L’esame ecografico deve essere eseguito con apparecchio con sonda almeno da 10 MHz e color power
Doppler con valutazione dello spettro Doppler delle
arterie testicolari, iniziando dallo studio del testicolo
meno dolente o non dolente. Successivamente con
il color power Doppler si valuta il parenchima dei didimi.
Allo scopo di ottimizzare la valutazione dei flussi lenti
la PRF (Pulse Repetition Frequency) deve essere
compresa intorno ad 1 KHz ed i filtri di parete devono
essere posizionati ai valori minimi possibili.
Infatti, tutte le strutture in movimento all’interno del
volume campione originano segnali Doppler per cui
possono crearsi artefatti causati dalla pulsazione
delle pareti vasali o dai margini di lesioni patologiche.
Questi “rumori” possono essere soppressi ricorrendo
ai filtri sopracitati che cancellano tutti i segnali inutili.
Lo studio dei pazienti va eseguito entro le 24 ore dal
trauma. Visualizzando il lato non dolente si riscontra
un tipico flusso sistolico a rapida ascesa (onda anacrota) associato a un equivalente rapido decremento
della velocità di flusso durante la diastole (onda dicrota).
Il color power Doppler evidenzia una normale vascolarizzazione del parenchima. Dal lato dolente l’arteria
testicolare evidenzia sempre una rapida ascesa, ma
Anno 7 - numero 2
con flusso diastolico a bassa velocità che si prolunga in un plateau positivo fino alla seguente curva
sistolica in ascesa. Il color Doppler del parenchima
visualizza un’ipervascolarizzazione a tipo di “tempesta vascolare”. A 48-62 ore si osserva un progressivo
decremento del plateau sopra descritto, fino alla sua
definitiva scomparsa dopo circa tre giorni dall’evento
traumatico.
Il segnale color power Doppler va anch’esso via via
normalizzandosi. Generalmente gli stessi pazienti,
ricontrollati a distanza di sei mesi con indagine tradizionale B-mode, presentano una certa disomogeneità del parenchima con lieve riduzione del volume
testicolare.
Il color power Doppler mostra una modesta ipovascolarizzazione rispetto al testicolo controlaterale.
Dopo un trauma specialmente nelle fasce di età immediatamente pre e post-puberali è importantissimo
escludere l’eventuale torsione del testicolo, evento
dalle ben note importanti conseguenze(4).
Considerazioni e conclusioni
Un testicolo traumatizzato può andare incontro a
ipofunzionalità con ridotta capacità di procreazione.
L’indagine ecografica assume pertanto particolare
valenza per gli specialisti del settore. Il trattamento
dei traumi dello scroto è correlato ai vari momenti
etiopatogenetici. L’ematoma della parete scrotale, in
rapporto alla sua entità e possibile evoluzione, deve
essere drenato chirurgicamente. L’atteggiamento
medico nei traumi testicolari può dividersi o susseguirsi in due momenti: osservazione clinica ed eventualmente ecografica; trattamento chirurgico.
Anche nei casi di frammentazione multipla del testicolo, l’orchiectomia non deve essere la regola (come
dimostrato dal case report esposto).
I traumi scrotali in età pediatrica sono un’evenienza
piuttosto rara. La diagnosi può essere certamente
basata sull’anamensi e sull’esame clinico, ma di indubbio ausilio l’indagine ecografica ed ecocolordoppler(5).
L’ecocolordoppler riveste quindi un ruolo preminente
nell’approccio ai traumi scrotali(6), in quanto esame di
prima istanza, di facile esecuzione, di ottima attendibilità e dirimente per la condotta terapeutica.
Si tratta per i traumi dello scroto di una patologia che,
se non ben valutata, può presentare risvolti irrimediabilmente dannosi(7, 8). L’esame obiettivo a volte è di
scarso aiuto per la presenza di una massa scrotale
mal definibile e dolente(9, 10). Il quadro clinico può sovrapporsi a quello riferibile ad altre patologie e l’insidia dell’errore diagnostico è tanto maggiore quanto
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 51
Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari
più il trauma è retrodatato(11, 12). Nei traumi scrotali
con lesioni testicolari il trattamento chirurgico deve
mirare prevalentemente alla ricostruzione della ghiandola con sutura dell’albuginea e riservare la castrazione a situazioni non altrimenti riparabili, rigettando
di principio la menomazione(13).
52 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale 1. Morey AF, Rozanski TA. Campbell-Walsh Urology. Genital
and lower urinary tract trauma Amsterdam. Elsevier 2007;
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scrotal pain. J Athl Train 2000; 35: 76-9.
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genital injuries during childhood. Arch Esp Urol 2002; 55:
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5. Bowman JR, Anton M. Spermatic cord hematoma in a
collegiate football player: a case report. J Athl Train 1998;
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Anno 7 - numero 2
Domande all’esperto
Domande al dott. Antonio Vitale
A. Vitale
Unità Operativa di Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”, Avellino – Past President SIMEUP
Come è organizzata nel suo ospedale la gestione del paziente critico pediatrico?
Il paziente critico pediatrico accede al Pronto Soccorso Generale dell’A.O. S. G. Moscati di Avellino, dove viene
triagiato ed assistito dal pediatra di turno, che presso il Pronto Soccorso Generale provvede a stabilizzare le
condizioni critiche insieme con il Rianimatore e le figure specialistiche importanti per la risoluzione della criticità.
Dopo la stabilizzazione il bambino può essere:
• trasferito presso l’U.O. di Rianimazione aziendale;
• trasferito presso altre U.O. di Rianimazione di altre aziende;
• ricoverato presso l’U.O.C. di Pediatria, nel caso non necessiti di ulteriore terapia rianimatoria ma sia
ancora necessaria assistenza semintensiva e continuo controllo dei parametri vitali.
Il trasporto in rianimazione di altre aziende viene essere effettuato sempre con ambulanza aziendale di tipo A, con
il rianimatore ed il pediatra reperibile. Tutti i pazienti con codice colore bianco, verde e giallo sono accompagnati
presso il Pronto Soccorso Pediatrico, allocato nell’U.O.C. di Pediatria. I percorsi sono esplicitati in figura 1.
Rianimazione
ROSSO
Ambulatorio spec. o PLS
BIANCO
Codici di gravità
Ricovero ordinario
presso la S.C.
di Pediatria
ed assistenza
semintensiva
giallo
VERDE
Dimessi PS
Oss. breve (box 2)
Figura 1.
Percorsi di gestione del paziente critico
Anno 7 - numero 2
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 53
Domande al dott. Antonio Vitale
I pazienti cronici con riacutizzazione rappresentano, nella sua esperienza, una popolazione in
aumento? E che problematiche pongono?
I pazienti cronici sono in numero crescente per le migliorate cure già dall’età neonatale; le patologie
stesse sono ad alto rischio di criticità, per cui rappresentano un numero elevato di accessi ripetuti in
Pronto Soccorso.
È importante la conoscenza delle patologie croniche presenti nel bacino di utenza di ogni Presidio Ospedaliero, per la migliore assistenza in caso di riacutizzazione di una patologia cronica.
Questo problema è risolto in modo semplice ad Avellino, infatti, il Servizio Territoriale provvede ad inviare
all’Ospedale una relazione conclusiva del bambino dimesso da un centro di III livello, affinché l’Ospedale
conosca il caso e sia pronto per l’assistenza delle eventuali criticità intercorrenti. In questo modo per
alcuni bambini con patologie metaboliche tra i protocolli di reparto sono presenti gli specifici schemi
terapeutici.
Con quali modalità si aggiorna il suo personale medico ed infermieristico?
Ogni anno il Centro di Formazione Aziendale invia ad ogni U.O.C. il prospetto dei fabbisogni formativi del
personale della stessa e collabora nell’accreditamento e nella realizzazione dei convegni e corsi proposti.
Ritiene che un reparto pediatrico debba avere anche una cultura intensivistica/semi-intensivistica? Se sì, fino a che punto?
Ritengo fondamentale che ogni U.O.C. di Pediatria implementi la cultura intensivistica/semi-intensivistica,
perché comunque viene ad affrontare problematiche di questo tipo e non può esimersi da tale compito.
Piuttosto, il problema diventa di carattere organizzativo per le fasi successive alla stabilizzazione delle
condizioni critiche del paziente pediatrico.
La creazione di posti letto di assistenza semintensiva, credo, debba essere pensata per quelle U.O.C.
che possano avvalersi di Rianimazioni aziendali, che possano supportarle in caso di terapie intensive
non differibili.
Ritiene necessario strutturare un percorso formativo intensivistico/semi-intensivistico per il
pediatra ospedaliero?
Chiaramente un percorso assistenziale così delicato non può essere implementato senza un preventivo
percorso formativo, che permetta ad ogni pediatra di affrontare la stabilizzazione del paziente critico e
la successiva assistenza semintensiva.
Che ruolo può avere la SIMEUP in questo campo?
Il ruolo della SIMEUP è fondamentale, perché in più di 20 anni ha sviluppato percorsi organizzativi e
formativi importanti per migliorare l’assistenza del bambino critico.
Il pacchetto formativo SIMEUP ed i nuovi percorsi formativi implementati con l’AHA forniscono la cultura
necessaria a prestare le cure necessarie al paziente pediatrico sia sul territorio sia in Pronto Soccorso
sia in ospedale.
Dai corsi di triage, tossicologia, PBLSD, pears, intermediate, PALS, simulazione, etc. si può attingere
tutti gli strumenti culturali e pratici per far crescere l’assistenza del paziente critico.
Questo è stato da sempre un obiettivo della SIMEUP.
54 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
L’inviato speciale
2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week,
Hubei, Cina
SIMEUP in Cina
S. Rugolotto
Consigliere Nazionale – Referente Formazione SIMEUP
Dal 20 al 23 settembre 2013 si è tenuto a Jingzhou
nella provincia dello Hubei in Cina, il “2nd ChinaItaly Medical Culture Exchange Week”. Insieme a
SIMEU, SIMEUP ha partecipato come partner di
riferimento per l’emergenza pediatrica italiana, portando in particolare la sua esperienza nel campo
della formazione per l’emergenza pediatrica.
La Cina in questo momento ha all’attivo numerose
collaborazioni in campo sanitario ed universitario e
da due anni la grande provincia dello Hubei nella
zona centrale della Cina ha iniziato un percorso di
formazione nell’ambito dell’emergenza urgenza con
SIMEU. SIMEUP è intervenuta nell’ambito dell’emergenza pediatrica e nello scambio culturale tra professionisti nel campo della Pediatria.
L’evento si è svolto principalmente presso il Jingzhou
Central Hospital, Ospedale di riferimento per molte
contee di questa provincia.
Fondato nel 1950, teaching hospital per l’Università
di Wuhan, con 2200 posti letto, 1 milione di accessi
di outpatient l’anno, 20000 interventi chirurgici per
anno, con 1900 medici in staff, 35 dipartimenti,
40 specialità. Ogni sessione prevedeva una parte
svolta dalla delegazione italiana e una parte svolta
dai medici cinesi.
Tra gli argomenti trattati vi sono stati: tattiche di
ventilazione meccanica nell’insufficienza respiratoria, il sistema italiano di emergenza, organizzazione
di un servizio di trasporto neonatale, la formazione
nel campo del trauma pediatrico, gestione della
nascita d’emergenza fuori sala parto, patofisiologia dell’insufficienza respiratoria, biopsie linfonodali
Anno 7 - numero 2
attraverso i bronchi, trattamento della pancreatite
acuta, gestione del paziente nel postoperatorio,
pneumotorace nel neonato, trattamento della sindrome mani piedi bocca grave nel bambino, trattamento olistico da parte dell’infermiera, formazione
specialistica infermieristica, trattamento avanzato
dei tumori ossei e della displasia dell’anca.
La parte più interessante è stata la permanenza
nei reparti specifici (pronto soccorso, chirurgia, pediatria, terapia intensiva, oncologia, neonatologia)
a contatto con i medici, gli infermieri e i pazienti
cinesi, per permettere un vero scambio di cultura
medica sul campo.
Il 23 settembre a chiusura dell’evento ha avuto
luogo il Meeting di Cooperazione Cina-Italia. Moderatore è stato il Direttore Sanitario Huang Lingshen.
Il presidente dell’Ospedale Xiang Huaxiang in questa occasione ha espresso la sua soddisfazione per
i molti benefici ottenuti da questo scambio culturale,
evoluto da un iniziale scambio nel campo dell’emergenza urgenza a quello della pediatria, dell’oncologia, della chirurgia.
Tutta la città di Jingzhou ne è stata coinvolta, ha
affermato, ottime sono state le relazioni degli interventi.
A conclusione del suo intervento il Presidente ha
ringraziato per la disponibilità italiana ad accogliere
il medico Jin Ping che in Italia a Torino riceverà sicuramente ottima formazione.
Il Presidente dell’Ospedale ha auspicato infine che
vi sia una terza settimana di scambio culturale nel
futuro più prossimo. L’accoglienza delle Autorità
rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 55
2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week, Hubei, Cina
cinesi è stata ottima, e il Responsabile della delegazione italiana dott. Carbone ne ha dato testimonianza nel corso del suo intervento di saluto al
Presidente.
Il 24 settembre SIMEU e SIMEUP hanno quindi visitato il “Renmin Hospital of Wuhan University”, Ospedale Universitario di Riferimento della città di Wuhan
di 10 milioni di abitanti, fondato nel 1923.
La presentazione dell’Ospedale è stata fatta alla delegazione italiana dal Presidente dell’Ospedale dott.
Tang Dizhou: ha 65 dipartimenti, 3000 posti letto, di
cui 72 nel reparto di pediatria, 4700 medici, compresi 580 professori. Tra i migliori nel rank cinese,
con 800 chirurghi esegue 45000 interventi chirurgici per anno, 1 milione di accessi di outpatients,
110.000 ricoveri l’anno.
È un teaching hospital di riferimento nazionale, nel
rank cinese in prima posizione per la medicina cardiovascolare.
Ha all’attivo numerose collaborazioni nazionali e internazionali. In particolare è al centro di un network
di 14 ospedali nella provincia dello Hubei, tra cui
Jingzhou.
Particolarmente interessante è stata la visita nei rispettivi reparti dell’Ospedale di Wuhan. In particolare la visita è proseguita presso la terapia intensiva
neonatale, il reparto di pediatria, di OBI pediatrico,
di PS pediatrico.
Tra i problemi emergenti rilevati dai medici cinesi
è da ricordare il contenzioso medico legale in aumento esponenziale, il problema di adeguamento
delle risorse umane (numero di medici e infermieri
insufficienti e non sostituiti), l’implementazione nel
campo della formazione per diffondere più alti standard di medicina occidentale.
Questo modello di scambio culturale ha presentato
molti punti favorevoli: la possibilità di conoscere direttamente le diverse realtà sanitarie, la possibilità di
progettare e condurre piani di cooperazione internazionale con ricadute positive per entrambi i partner, di rilevare problematiche comuni e di osservare
soluzioni che possono essere potenzialmente favorevoli anche in setting molti diversi.
SIMEUP potrebbe in un futuro prossimo intrecciare
interessanti cooperazioni nel campo dell’emergenza
pediatrica con la Cina, la nazione che in questo momento ha la maggior potenzialità di sviluppo economico e culturale sanitario.
56 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica
Anno 7 - numero 2
rivista di
Anno 7 - numero 2/ 2013
EMERGENZA E URGENZA
PEDIATRICA
Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito
della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP)
Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale
L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica
ALTE e stroke: percorsi in emergenza
Un caso di dolore ed impotenza funzionale
Il pronto soccorso dà i numeri: indagine
conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso
in età pediatrica
editoria
Rachitismo carenziale slatentizzato da
gastroenterite acuta con necessità di
posizionamento di accesso intraosseo
advertising
web
Stroke ischemico in età pediatrica:
due casi senza spiegazione
®
multimedia
Posizionamento del sondino
nasogastrico
Sedazione procedurale per
non-anestesisti
eventi
Eco ed ecocolordoppler: importanti
dotazioni strumentali nel management
dei traumi testicolari
Domande al dott. Antonio Vitale
pantone 2602
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contact
direzione/amministrazione:
sedi di rappresentanza:
2nd China-Italy Medical Culture Exchange
Week, Hubei, Cina
80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio
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