rivista di Anno 7 - numero 2/ 2013 EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica ALTE e stroke: percorsi in emergenza Un caso di dolore ed impotenza funzionale Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica editoria Rachitismo carenziale slatentizzato da gastroenterite acuta con necessità di posizionamento di accesso intraosseo advertising web Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione ® multimedia Posizionamento del sondino nasogastrico Sedazione procedurale per non-anestesisti eventi Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari Domande al dott. Antonio Vitale pantone 2602 coolgrey 9 ® contact direzione/amministrazione: sedi di rappresentanza: 2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week, Hubei, Cina 80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio Phone +39 081621911 • Fax +39 081622445 20097 S. Donato M.se (MI) – 22, Via A. Moro 50132 Firenze – 17/a, Via degli Artisti cyano 60 / 90 magenta nero 60 ® www.menthalia.it – [email protected] 2 sommario rivista di EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA SIMEUP Anno 7 - numero 2 / dicembre 2013 Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) Registrazione al Tribunale di Napoli n. 79 del 1-10-2008 numero 2 Direttore Responsabile Antonio Vitale Direttore Scientifico Salvatore Renna Comitato di Redazione Gianni Messi – Nicola Monterisi Danilo Vicedomini – Giovanna Villa Editoriale pag. 3 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale D. Pirlo, S. Renna, R.Tallone pag. 5 SIMEUP Presidente Antonio Urbino Vice Presidente Riccardo Lubrano L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica A. Vitale, D. Vicedomini, A. D’Avino, F. Carlomagno, G. Messi pag. 11 Past President Gianni Messi ALTE e stroke: percorsi in emergenza Tesoriere Stefania Zampogna A. Palmieri, M. Finetti, C. Russo, M. Bertamino, L. Banov, C. Gandolfo, G. Morana, M. Mancardi, G. Villa, P. Di Pietro, S. Renna Segretario Francesco Pastore Consiglieri Alberto Arrighini – Francesco Bellia – Antonio Cualbu Luciano Pinto – Simone Rugolotto – Giuseppe Ruscetta Un caso di dolore ed impotenza funzionale M. Finetti, A. Naselli, S. Renna, G. Pala pag. 14 pag. 18 Revisori dei conti Giovanni Capocasale – Agostino Nocerino – Pietro Scoppi Per invio contributi, commenti e richiesta ulteriori informazioni, si prega contattare la Direzione Scientifica: pantone 2602 coolgrey 9 Tel. 0825.503417 – Fax 0825.203459 E-mail: [email protected] Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica L. Muraca, R. Miniero, M.C. Pullano, P. Masciari, S. Zampogna pag. 21 ® cyano 60 / 90 magenta nero 60 ® Rachitismo carenziale slatentizzato da gastroenterite acuta con necessità di posizionamento di accesso intraosseo E. Garrone, F. Fantone, L. Gastaldo, A.F. Urbino Direzione Editoriale Marco Iazzetta Marketing e Comunicazione Stefania Buonavolontà ® Redazione Valeria Aiello Amministrazione Andrea Ponsiglione Grafica e impaginazione Diego Vecchione Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o conservata in un sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma, o con qualsiasi sistema elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, registrazioni o altro, senza un’autorizzazione scritta da parte dell’Editore. © 2014 Menthalia Srl Piazzale V. Tecchio, 49 80125 Napoli Tel. 081 621911 Fax 081 622445 e-mail: [email protected] Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione E. Garrone, F. Fantone, L. Gastaldo, A.F. Urbino Posizionamento del sondino nasogastrico L. Gastaldo, C. Bosco Sedazione procedurale per non-anestesisti S. Norbedo pag. 27 pag. 30 pag. 33 pag. 35 Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari D. Salerno, G. Stranieri, A. Mazzei, S. Zampogna pag. 47 Domande al dott. Antonio Vitale A. Vitale pag. 53 2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week, Hubei, Cina S. Rugolotto pag. 55 Istruzioni per gli Autori ISTRUZIONI GENERALI La lunghezza raccomandata per ogni articolo è di circa 12000 battute totali* (4 pagine circa ad articolo). Le tabelle e le immagini vanno considerate come parte integrante del testo, calcolando per ognuna di esse almeno 2000 battute. Esempio: • Testo 6000 battute • 2 immagini 4000 battute • 1 tabella 2000 battute • Totale 12000 battute TESTO Deve essere riportato il titolo dell’articolo, l’Autore (nome, cognome), le affiliazioni e l’indirizzo completo (con telefono, fax, e-mail) per l’invio della corrispondenza. Indicare allo stesso modo anche gli eventuali collaboratori. ICONOGRAFIA L’iconografia è costituita da grafici, foto e tabelle, corredate di didascalie. Foto e grafici Dovranno essere indicati in ordine progressivo con numeri arabi, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui vengono citati. Saranno quindi riportati, separatamente dal documento di testo, in file distinti in formato .jpg, .bmp, .pdf ad alta risoluzione. Si prega di non utilizzare immagini in Power Point o in Word. Le foto che riproducono pazienti non dovranno riportare l’identità del soggetto e comporteranno l’accettato consenso alla pubblicazione da parte del genitore o di chi fa le veci del paziente. Per ogni immagine sottrarre 2000 battute dal computo totale. Le relative didascalie dovranno essere riportate in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx) e indicate in ordine progressivo con numeri arabi. Tabelle Dovranno essere indicate con numeri romani, con riferimento nel testo, secondo l’ordine in cui sono citate. *In Microsoft Office Word 2007 e versioni successive, per verificare il numero esatto di battute, nel gruppo Strumenti di correzione della scheda Revisione, selezionare Conteggio parole, quindi consultare la voce Caratteri (spazi inclusi). 2 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Saranno quindi riportate, separatamente dal documento di testo, in file distinti in formato .doc/.docx e /o .xls/.xlsx. Le relative didascalie, in lingua italiana, dovranno essere riportate separatamente in un ulteriore documento di testo (.doc/.docx). Per ogni tabella sottrarre 2000 battute dal computo totale. Nel caso la tabella risultasse strutturata in più di 20 righe, è opportuno sottrarre dal computo totale 3000 battute. BIBLIOGRAFIA Riferimenti alla letteratura rilevante. Dovrà essere citata in ordine progressivo e redatta secondo lo stile consigliato dalla National Library of Medicine per il suo database (MEDLINE). Gli articoli a firma di tre o più autori riporteranno i nomi degli stessi seguiti da “et al.”. Esempio: Citazione articolo Hoxhaj S, Jones LL, Fisher AS, et al. Nurse staffing levels affect the number of Emergency Department patients that leave without treatment. Acad Emerg Med 2004; 11 (5): 459-45c. Citazione di libro Vehaskarivivm, Robson AM. Proteinuria. In: Pediatrie Kidney Disease, edited by Edelman CM Jr, Boston, Little, Brown and Co., 1992; 531-51. Citazione atti di Convegno Murray C. AIDS and the Global Burden of Disease. Presented at the 19th Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI), Seattle, USA, March 5-8, 2012. Paper 128. LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO Deve essere acclusa al lavoro con le firme degli Autori che dichiarano l’originalità del materiale. Invio materialE Il materiale, in formato elettronico (contenente la versione finale del Lavoro), dovrà essere inviato direttamente alla Redazione Scientifica Menthalia, a mezzo e-mail, all’indirizzo [email protected], con oggetto Rivista di Emergenza e Urgenza Pediatrica. NOTE AGGIUNTIVE Si possono riportare alla fine del lavoro. Anno 7 - numero 2 EDITORIALE Antonio Urbino Presidente Nazionale SIMEUP Cari soci, è già passato un anno da quando avete eletto il nuovo Direttivo Nazionale che mi onoro di presiedere. È già tempo di un primo bilancio e di far conoscere a tutti voi le iniziative che hanno caratterizzato l’attività della nostra Società nel 2013. Il Direttivo Nazionale ha prima di tutto confermato il forte impegno della SIMEUP nella formazione: • è stato realizzato il “Bollettino degli Istruttori” che viene pubblicato sul nostro sito e che ha l’obiettivo di aprire uno spazio utile a tutte le attività degli istruttori: informazioni, approfondimenti confronto e discussione; • anche quest’anno abbiamo realizzato la giornata dedicata alla “Manovra per la vita” che ha visto coinvolte 43 piazze italiane con una grande partecipazione dei cittadini; • abbiamo aggiornato i regolamenti PBLS e PALS e stiamo lavorando alla stesura del regolamento dei corsi di simulazione; • all’inizio del 2014 contiamo di esordire con un nuovo database per la registrazione dei corsi nella speranza di semplificare le procedure; • abbiamo approvato la realizzazione di un corso di disostruzione della durata di sole due ore con del materiale didattico molto snello e fruibile soprattutto da personale non sanitario; • è stato anche preparato un corso per l’intercettazione del peggioramento clinico nei reparti di pediatria al fine di chiamare in modo corretto il Medical Emergency Team (MET). Il corso si chiama “P. Alarm” e fornisce i parametri pediatrici di allarme e uno strumento per attribuire uno score con i relativi algoritmi a seconda del punteggio assegnato al bambino; • stiamo realizzando un corso di BLS che copre la fascia pediatrica fino all’età adolescenziale. Un altro campo in cui il Direttivo Nazionale si è particolarmente impegnato e quello delle collaborazioni con il Ministero della Salute: • è stato inviato all’AGENAS un articolato documento sugli standard assistenziali pediatrici in PS e in OBI, completato da alcune schede per la gestione in urgenza del bambino, soprattutto se affetto da patologie croniche complesse, sia a domicilio che durante il trasporto del 118; • sono state elaborate delle linee guida ministeriali sui traumi dentali in età pediatrica in cui la SIMEUP ha dato un contributo importante; • siamo presenti ai tavoli ministeriali che stanno elaborando le linee guida sull’organizzazione del triage e dell’OBI e stiamo portando il nostro contributo pediatrico su due argomenti di interesse generale. Particolare impegno è stato posto nella promozione scientifica della SIMEUP: • ha ripreso le pubblicazioni la Rivista della Società con articoli e rubriche interessanti come potete constatare nel numero che state leggendo; • è stato creato un Gruppo di Promozione Scientifica che ha lanciato in collaborazione con la SIP, un interessante lavoro multicentrico sulla gestione dello stato di male; • sono stati pubblicati lavori su riviste internazionali su alcune attività formative SIMEUP o in cui la SIMEUP ha dato un contributo importante; • abbiamo collaborato con l’American Heart Association alla traduzione italiana di alcuni strumenti didattici; Anno 7 - numero 2 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 3 EDITORIALE • sono in fase di conclusione le nuove linee guida SIMEUP sul trauma cranico; • abbiamo implementato la parte scientifica del nuovo sito internet con rubriche dedicate alle news della letteratura, ai convegni sulle urgenze pediatriche, alle “pillole dell’emergenza”, alle linee guida, ecc. Per quanto riguarda le realtà regionali sono stati rinnovati ben 7 direttivi con immissione di energie e entusiasmi nuovi. Molte regioni hanno realizzato eventi SIMEUP di grande successo e partecipazione. Quasi tutte le commissioni e i gruppi di lavoro hanno contribuito con grande impegno alle attività della società arricchendo i percorsi formativi e gli aspetti culturali e organizzativi di vari argomenti. Vorrei concludere questo editoriale invitandovi al X Convegno Nazionale della SIMEUP che come sapete si terrà a Torino dal 27 al 29 marzo 2014. L’impegno del Direttivo e mio personale è massimo per poter rendere quell’evento importante dal punto di vista scientifico. È mio desiderio anche far sì che il “nostro” congresso possa essere un momento di incontro di tutti i soci per discutere, confrontarci e progettare il futuro della SIMEUP che immagino pieno di impegni ma anche di successi. Vi ringrazio per la partecipazione alla vita societaria e vi invito caldamente a rinnovare la vostra associazione anche per il 2014. 4 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale D. Pirlo, S. Renna, R.Tallone P.S. Medico e Medicina d’Urgenza, Istituto G. Gaslini, Genova La gastroenterite e la disidratazione che spesso ne consegue, sono frequente motivo di accesso al Pronto Soccorso medico. Dal momento che la gestione di queste patologie è spesso argomento di discussione talvolta a rischio di “malpractice”. Con questo documento si vuole proporre un percorso clinico gestionale alla luce delle più aggiornate evidenze EBM. Scopo Scopo del lavoro è quello di prevenire comportamenti clinici disomogenei, favorendo uno standardizzato percorso clinico-terapeutico che consenta anche e soprattutto di individuare soggetti a rischio di decorso grave di patologia. Gestione clinico-terapeutica: punti chiave Importanza dell’“impressione clinica”: well/unwell child C’è correlazione tra esami ematochimici e reale grado di disidratazione? (Non esistono allo stato attuale validati e certi dati laboratoristici che indichino con certezza il reale stato di disidratazione e la possibile evoluzione verso lo stato di shock). Gold standard per la valutazione dello stato attuale di disidratazione sarebbe il confronto tra peso attuale con un peso affidabile pre-malattia (dato anamnestico spesso non in possesso del genitore). Sarebbe buona norma di educazione sanitaria, secondo noi, Anno 7 - numero 2 invitare il genitore a pesare il bambino alla comparsa dei primi sintomi di una possibile gastroenterite (primo vomito/prima scarica diarroica), fornendo in questo modo degli elementi obiettivi che guidino il genitore stesso ad una valutazione dello stato idratativo del piccolo paziente (tabella I). Esami ematochimici e colturali Gli esami ematochimici non sono necessari nella gastroenterite a meno di: • disidratazione severa; • comorbilità (ad es. patologie renali o cardiache); • stato di coscienza alterato; • cute pastosa (doughy); • perdite prolungate e profuse; • ileostomia. Gli esami colturali vanno effettuati solo in caso di dolore addominale importante o sangue nelle feci (causa batterica più frequente) anche se non modificano normalmente il trattamento. Reidratazione per os Reidratazione orale (SRO) prima scelta in caso di disidratazione lieve/moderata (NICE). Percentuale di insuccesso di circa il 5% (forza della raccomandazione I, livello evidenza A). • Efficacia sovrapponibile alla reidratazione endovenosa. • Maggior sicurezza e minor complicanze. • Meno traumatica per i bambini (soprattutto se piccoli). rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 5 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale Tabella I. Valutazione dello stato di disidratazione Incremento della gravità della disidratazione Segni e sintomi di disidratazione Disidratazione evidente clinicamente Shock clinico Coscienza e vigilanza Alterazione stato di coscienza (per es. irritabile, letargico) Ridotto livello di coscienza Colorito cutaneo Colorito cutaneo immodificato Pallore cutaneo Estremità calde Estremità calde Estremità fredde Occhi Occhi infossati – Mucose Mucose umide (eccetto se respirazione orale) – Frequenza cardiaca Tachicardia Tachicardia Frequenza respiratoria Tachipnea Tachipnea Polsi periferici Polsi periferici normali Polsi periferici iposfigmici Refill capillare Refill capillare normale Refill capillare prolungato Turgore cutaneo Turgore cutaneo ridotto – Pressione arteriosa Pressione arteriosa normale Ipotensione (shock scompensato) Sintomi di allarme (red flag) sottolineati in tabella sono i dati che maggiormente correlano con lo stato di disidratazione. • Minor tempo di permanenza presso il Pronto Soccorso. • Minor costi. • Educazione del nucleo familiare. Quantità Dai 10 ai 20 ml/kg di SRO a bassa osmolarità (240-250 mOsm/kg) entro 1 ora somministrati in piccole quantità e frequentemente inizialmente in minor dosaggio, aumentando se ben tollerato. Oppure: 50 ml/kg di SRO a bassa osmolarità in 4 ore. Considerare la supplementazione con altri liquidi usualmente utilizzati dal bambino inclusi latte o acqua ma non succhi di frutta o bibite gasate se rifiutano di assumere sufficienti quantità di SRO e non hanno segni o sintomi di allarme (red flag). Andrebbe anche considerate l’idratazione mediante sondino naso gastrico nel paziente non collaborante o con vomito persistente. Terapia del vomito È possibile anche alla luce degli ultimi dati di letteratura (compreso quanto già sta emergendo dallo studio multicentrico italiano SONDO) l’utilizzo del farmaco antiemetico Ondansetron al dosaggio di 0,150,2 mg/kg per os o sublinguale. Tali studi hanno valutato l’efficacia di tale farmaco nel vomito in corso di gastroenterite, ma al momento attuale risulta ancora farmaco off-label per patologia e richiede acquisizione di consenso informato. Reidratazione ev Il ricorso alla reidratazione endovenosa richiede la consapevolezza che tale pratica è in tutto e per tutto 6 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica una terapia che implica rischi (tromboflebiti, iperidratazione, alterazione iatrogena elettroliti) e come tale va attentamente monitorata attraverso esami ematochimici seriati, la cui frequenza è condizionata dalla gravità della disionia. Costi, tempi e gestione sicuramente più onerose da parte del personale medico-infermieristico rispetto alla reidratazione orale solo in caso di: • fallimento della SRO; • condizioni scadenti del bambino; • stato di shock; • ileo paralitico. Tipo di fluidi da somministrare Bolo iniziale nel paziente con shock. Soluzione fisiologica 0,9% (20 ml/kg, ripetibile una seconda volta, considerare nei non responder altre cause di shock). Se in questa fase coesiste ipoglicemia somministrare destrosio al 10% (5 ml/kg). N.B.: caso impossibilità al reperimento rapido di accesso venoso, ricordiamo possibile modalità di utilizzare la pratica dell’accesso intraosseo. Nelle fasi successive o nel paziente non in shock usa: • soluzione fisiologica allo 0,9% • soluzione fisiologica allo 0,9% + destrosio 5% Aggiungere 20 mEq di KCl/l se kaliemia è <3 mEq/l o somministrare per via orale. Anno 7 - numero 2 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale Quantità Calcolo mantenimento (tabella II). della terapia e monitoraggio regolare di tali parametri con lo scopo di modificare e/o diminuire la quantità dei fluidi somministrati (tabella III). Nuovo approccio secondo protocollo NICE Trattare la disidratazione severa allo stesso modo, aggiungendo al mantenimento un quantitativo fisso pro-kg della soluzione scelta (NICE 50 ml/kg in caso di disidratazione moderata o severa senza shock, monitorando la riduzione dei liquidi secondo la risposta clinica. Nelle forme severe con sospetto o certo shock, somministrare come supplementazione delle perdite un valore fisso di 100 ml/kg monitorando la riduzione dei liquidi secondo la risposta clinica. In questi casi deve essere effettuati EGA, ionogramma, uricemia, creatininemia e glicemia all’inizio Riflessioni 1. La reidratazione endovenosa deve essere avviata per almeno 24 ore, (la reidratazione rapida ev per 4 ore con prosecuzione per via orale non è al momento validata anche se molti studi vanno in questa direzione). 2. L’acidosi durante la gastroenterite può avere significati differenti: da perdita di bicarbonati con le feci (anion gap normale) o da aumento degli acidi organici rilasciati dalla cellula ipossica (aumento anion gap). L’anion gap infatti Tabella II. Calcolo mantenimento Peso paziente ml/die ml/h Da 3 a 10 kg 100 x peso 4 x peso Da 10 a 20 kg 1000 + 50 x peso tra 10-20 kg 40 + 2 x peso tra 10-20 kg >20 kg 1500 + 20 x peso oltre i 20 kg 60 + 1 x peso + calcolo deficit Tabella III. Schema fluidi comprendente già mantenimento più la stima dei fluidi persi nella disidratazione moderata o severa (fluidi pro kg) Anno 7 - numero 2 Peso (kg) Grado di disidratazione moderata o severa (ml/h) 3,0 kg 20 4,0 kg 25 5,0 kg 30 6,0 kg 40 7,0 kg 45 8,0 kg 50 9,0 kg 60 10 kg 65 12 kg 75 15 kg 90 20 kg 100 30 kg 130 40 kg 165 50 kg 195 60 kg 225 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 7 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale risulta dalla differenza tra anioni e cationi, ed aumenta in caso di rilascio di acidi organici (ad es. acido lattico) in fase di sofferenza cellulare. L’aumento dell’anion gap e dei lattati quindi è espressione di ipoperfusione cellulare à importanza valutazione anion gap e lattati in corso di disidratazione 3. Correzione con bicarbonati: non è in generale indicata per l’evidenza di peggioramento dell’acidosi intracellulare e per il passaggio della CO2 della barriera emato-encefalica. La correzione con bicarbonati può essere indicata in patologie renale quale acidosi tubulare e disidratazione in corso di acidosi lattico-metaboliche. La supplementazione si calcola con: (deficit teorico di HCO3 in mEq/l ) = 1/3 di eccesso base x kg, si inizia con infusione del metà del deficit in infusione e.v. lenta in 2 ore in flebina in soluzione 1:1 con SF, il resto nelle restanti 22 ore. 4. Il mantenimento dei fluidi va adeguato alle condizioni del bambino: • 25% nel paziente allettato; • 25% nel bambino con ventilazione meccanica; • nel bambino febbrile (10-20%); • nel bambino BPN, infezioni SNC (in quanto patologia a rischio di S. da inappropriata secrezione di ADH ): 20-40%. Disidratazione iponatriemica Si parla di iponatriemia quando sodiemia <130 mEq/l. I sintomi possono comparire quando sodiemia <125 mEq/l (nausea, vomito, cefalea, letargia, irritabilità, iporeflessia, alterazione stato di coscienza, convulsione). In caso di convulsioni effettua ABC, terapia anticonvulsivante e correggi la sodiemia Usare soluzione di NaCl al 3% al dosaggio di: 4 ml/kg in 15-30 minuti, che dovrebbe portare ad un aumento della natremia di 3 mEq e determinare interruzione delle convulsioni (possibilmente accesso centrale). Se persistenza ripetere lo stesso bolo. Risolte le convulsioni la correzione totale del sodio non dovrebbe eccedere 8 mEq/l al giorno. Monitoraggio elettroliti ogni 2 ore finché instabile, quindi ogni 4-6 ore fino a normalizzazione. La velocità di infusione, al fine di garantire una risalita graduale della natriemia deve essere effettuata in modo più lento rispetto alla disidratazione isonatriemica facendosi guidare dalla risalita del sodio come indicatore per la velocità di infusione. 8 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Tipo di fluidi da somministrare • Soluzione fisiologica 0,9%; • Soluzione fisiologica 0,9% + destrosio 5%; Ricorda: usa sempre questo tipo di liquidi quando vi è insulto del SNC (encefalite, meningite, trauma cranico, convulsione). Disidratazione ipernatriemica Una troppo rapida riduzione dei valori di NA nell’ipernatriemia può causare edema cerebrale, convulsioni e lesioni cerebrali permanenti. L’ipernatriemia può essere: • moderata: 150-169 mEq/l; • severa: >169 mEq/l. I sintomi sono: letargia, irritabilità, atassia, tremore, iperreflessia, convulsioni, riduzione GCS. Una rapida riduzione della sodiemia può causare edema cerebrale, convulsioni o danno cerebrale permanente: lo scopo è abbassare la natriemia non più velocemente di 12 mEq/l in 24 ore (0,5 mEq/l/h). Ipernatriemia moderata Ipotizzabile (in via teorica) reidratazione per os con monitoraggio della sodiemia (se la sodiemia scende troppo rapidamente ridurre la velocità di reidratazione o passa ad idratazione ev) (tabella IV). Se terapia EV, usa: • Soluzione fisiologica + destrosio 5%; • Volume giornaliero per ripristino perdite e correzione ipernatriemia in un tempo non inferiore a 48 ore; • Monitoraggio elettroliti ogni 2 ore finché instabile, quindi ogni 4-6 ore fino a normalizzazione. Ipernatriemia severa Contatta consulente rianimatore. Dopo iniziale rianimazione, usa: • Soluzione fisiologica+ destrosio 5% in 72-96 ore. Anno 7 - numero 2 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale Se durante il trattamento compaiono convulsioni o altri segni di edema cerebrale monitora il sodio: se scende troppo rapidamente somministrare soluzione ipertonica (eventuali neuro-immagini) (vedi tabella IV). Criteri di dimissione/ricovero/OBI A domicilio • Bambino con disidratazione lieve (<4%), con chiara diagnosi di gastroenterite (senza segni/sintomi suggestivi di altra più grave patologia) che assume liquidi e con buone compliance familiare (verde in flow chart) (figura 1). Ricovero in OBI • Paziente con disidratazione medio/moderata in cui tuttavia può essere ancora tentata idratazione per os. Strategie alternative per quei pazienti in cui si vuole testare la buona tolleranza alla terapia reidratante per os. • Pazienti di età inferiore ai 6 mesi con chiara sintomatologia di gastroenterite. • Pazienti con disidratazione/sintomi anche lievi ma con importanti comorbilità (patologia cardiaca, renale, portatori di PEG). • Paziente che necessita di terapia reidratante endovenosa. • Scarsa compliace familiare. • Non chiara definizione di diagnosi. Tabella IV. Schema fluidi per reidratazione per ipernatriemia moderata o severa Ipernatriemia moderata (Na sierico 150-169 mEq/l) Quota di fluidi ml/h usando soluzione fisiologica + destrosio 5% Peso (kg) (Ripristino del deficit in 48 ore o più) Calcolato su deficit del 7% Ipernatriemia severa (Na sierico >170 mEq/l) quota di fluidi ml/h, usando soluzione fisiologica + destrosio 5% (Ripristino del deficit entro 96 ore) Calcolato su deficit del 10% 4 22 21 5 27 25 6 33 30 7 38 35 8 44 40 10 55 50 12 62 56 14 68 62 16 75 68 18 82 75 20 90 80 22 96 87 24 100 90 26 105 95 28 110 98 30 114 100 32 120 105 34 124 110 36 128 113 38 133 117 40 138 122 45 150 132 50 160 142 55 175 152 60 187 162 Anno 7 - numero 2 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 9 Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale Ricovero in Medicina d’Urgenza/altri reparti degenza internistica • Pazienti con segni/sintomi di shock o imminente shock. • Pazienti con segni sintomi suggestivi di altra possibile patologia più grave. • Paziente con sintomi persistenti/moderati/ gravi di gastroenterite acuta di età inferiore ai 6 mesi. • Pazienti con disidratazione moderata/sintomatologia persistente con importanti comorbilità. • Disidratazione grave. • Importanti disionie (disidratazione ipo- o ipernatriemica). • Compliance familiare problematica (famiglia socialmente/culturalmente svantaggiata). Disidratazione minima/assente Disidratazione lieve/moderata Disidratazione severa/shock Dimissioni con indicazione a: 1.Proseguire fluidi abituali. 2.Incoraggiare un maggior introito di liquidi 3.Offrire SRO come supplemento nei bambini che presentano FdR Terapia reidratante orale: 1. SRO 30 ml/kg/4 h (5 ml/5 min nelle prime 2h 10 ml/5 min nelle 2 h successive) 2. Considerare supplementazione con fluidi abituali (latte, acqua) se il bambino rifiuta la SRO Bolo con soluzione fisiologica 0,9% 20 ml/kg/20 min eventualmente ripetibile fino a stabilizzazione del paziente Proseguire la reidratazione a domicilio: 1. Incoraggiare un maggior apporto di liquidi e cibo a 2. Risprendere la RO se ricomparsa segni disidratazione Assume bene, migliorato Persiste vomito Non ottimale assunzione di SRO Terapia reidratante IV: 1. Accesso venoso 2. Esami: pH, ioni, destrostix, creatinina, uricemia, azotemia 3. Avvio fluidoterapia IV Ondansetron per os RO dopo 30 min Non migliorato Deterioramento Non appena possibile valutare la tolleranza orale del paziente e completare la reidratazione con SRO Figura 1. Criteri di dimissione/ricovero/OBI Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. National Institute for Health and Care Excellence. Diarrhoea and vomiting in children Diarrhoea and vomiting caused by gastroenteritis: diagnosis, assessment and management in children younger than 5 years. April 2009. 10 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica 2. The Royal Children’s Hospital, Melbourne, Australia. Clinical Practice Guidelines. December 2012. Anno 7 - numero 2 L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica A. Vitale1, D. Vicedomini2, A. D’Avino2, F. Carlomagno3, G. Messi4 Unità Operativa di Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico A.O.R.N. “San Giuseppe Moscati”, Avellino – Past President SIMEUP Pediatra di Famiglia, A.S.L. Napoli 1 Centro 3 Pediatra di Famiglia, A.S.L. Napoli 3 Sud 4 IRCCS “Burlo Garofalo”, Trieste – Presidente SIMEUP 1 2 Ogni anno sono decine di migliaia le persone che muoiono in tutto il mondo per il mancato reperimento di un accesso vascolare in situazioni di grave emergenza. È infatti ampiamente dimostrato in letteratura(1, 2) che la tempestiva somministrazione di fluidi e farmaci rappresenta un elemento chiave per la sopravvivenza di un paziente critico e che un ritardo nello stabilire un accesso vascolare può risultare fatale. L’accesso intraosseo, introdotto per la prima volta da Drinker e Lund nel 1922, rappresenta una metodica impiegata da oltre 20 anni in emergenza pediatrica allo scopo di disporre di un accesso vascolare stabile, sicuro ed idoneo ad infondere rapidamente grandi volumi di liquidi, plasma expanders e farmaci necessari al ripristino delle funzioni vitali(3). Poiché il compartimento intraosseo del bambino è costituito da una rete vascolare estremamente estesa nella porzione spongiosa delle ossa lunghe e piatte e non collassa in corso di shock ipovolemico od arresto completo del circolo, è possibile somministrare per via intraossea tutti i tipi di liquidi (colloidi, cristalloidi, sangue ed emoderivati) e tutti i farmaci comunemente somministrati per via endovenosa, con flusso soddisfacente (20-40 ml/min) ed uguali tempi di assorbimento, offrendo la possibilità, allo stesso tempo, di eseguire prelievi ematici, come nel caso di un accesso venoso tradizionale. Studi sperimentali hanno dimostrato che l’infusione di adrenalina per via intraossea è in grado di produrre livelli ematici altrettanto rapidi rispetto alla via venosa centrale e che tutta la procedura si esegue in meno di sessanta secondi, richiedendo Anno 7 - numero 2 solo una minima manualità da parte dell’operatore. Il limite dell’accesso intraosseo è rappresentato dal fatto di poter essere mantenuto soltanto per la prima emergenza, e comunque non oltre le 24-48 ore, a causa del considerevole rischio di osteomielite conseguente a rimozioni tardive dell’ago, sebbene questa complicanza sia drasticamente ridotta mediante un’adeguata pulizia e disinfezione locale prima della procedura. Le uniche controindicazioni reali all’infusione intraossea sono rappresentate dalla frattura del segmento osseo che si intende incannulare e dalla presenza di infezioni cutanee nel luogo di puntura. Lo stravaso di liquidi, legato all’infusione a pressione, rappresenta una complicanza riportata nel 12% dei casi, mentre l’incidenza di osteomielite risulta piuttosto bassa (0,6%) e solitamente va trattata senza ospedalizzazione(3). Raramente è stata segnalata, soprattutto in epoca neonatale, la frattura dell’osso tibiale in conseguenza di una puntura troppo bassa, a livello della diafisi. L’embolia grassosa, descritta nel modello animale, non è stata fino ad oggi riportata nell’uomo(3). Una volta superata la fase di emergenza, si procede a stabilire un accesso venoso stabile ed alla rimozione della linea di infusione intraossea, comprimendo con forza la sede della puntura e mantenendo poi la pressione con una medicazione compressiva. Le linee guida dell’European Resuscitation Council (ERC), dell’Advanced Trauma Life Support (ATLS) e dell’American Heart Association (AHA) raccomandano il ricorso all’accesso intraosseo in tutte quelle rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 11 L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica situazioni di emergenza pediatrica in cui non venga stabilito un accesso vascolare tradizionale entro 60-90 secondi oppure dopo il fallimento di due tentativi di accesso consecutivi(4, 5). Inizialmente venivano inseriti manualmente gli stessi aghi mandrinati utilizzati per il prelievo di midollo osseo (figura 1), regolando opportunamente la lunghezza dell’ago in base all’età del paziente ed allo spessore del tessuto sottocutaneo, tuttavia il loro posizionamento risultava complesso e si verificavano frequentemente complicanze e dislocazioni. Allo scopo di superare le difficoltà legate al posizionamento dell’accesso intraosseo tradizionale si è resa necessaria, nel corso degli ultimi anni, la creazione di nuovi strumenti in grado di garantire un accesso intraosseo facile, sicuro, veloce ed efficace. I dispositivi automatici, come la pistola per intraossea B.I.G. (Bone Injection Gun) (figura 2) deve essere precaricata con un ago da 15 gauge per l’adulto e da 18 gauge per il bambino. Il più recente dispositivo a trapano EZ-IO (figura 3), che è molto semplice da usare e funziona a batteria, consente di inserire un catetere metallico nella spongiosa delle ossa lunghe in tempi estremamente brevi con una percentuale di successo al primo tentativo pari al 97%(6-8). Il trapano per intraossea EZ-IO utilizza aghi di lunghezza diversa, a seconda del peso del paziente: al di sotto dei 39 kg si utilizzano aghi da 15 gauge della lunghezza di 15 mm, per i bambini che pesano più di 40 kg si usano aghi da 15 gauge lunghi 25 mm e per quelli con tessuto sottocutaneo particolarmente rappresentato sono disponibili aghi da 15 gauge lunghi 45 mm (figura 4). L’ago va introdotto fino a toccare il piano osseo e solo in quel momento si attiverà il trapano, la cui azione andrà interrotta solo quando l’operatore, una volta superata la corticale ossea, avvertirà una perdita di resistenza a scatto dovuta al superamento dell’osso compatto; da quel momento sarà possibile aspirare sangue midollare ed infondere fluidi liberamente, a bassa resistenza. La presenza di infiltrato sottocutaneo rivela che l’estremità dell’ago non si trova all’in- Figura 1. Ago per intraossea Figura 3. Trapano per intraossea EZ-IO Figura 2. Dispositivo per intraossea B.I.G. (Bone Injection Gun) Figura 4. Aghi intraossei per trapano EZ-IO 12 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica terno dell’osso, laddove una pressione eccessiva può spingerlo fino alla corticale del lato opposto; in questo caso è necessario ritirare l’ago di qualche millimetro affinché si possa aspirare sangue od iniettare liquidi. Successivamente al posizionamento dell’ago intraosseo è necessario eseguire un lavaggio con 5-10 ml di soluzione fisiologica per liberare le cellette dell’osso trasecolare dal midollo. Ogni ago presenta ogni 5 mm delle linee di colore nero; per posizionare correttamente l’ago, una volta oltrepassati i tessuti molli ed appoggiata la punta sul piano osseo, deve fuoriuscire dal piano cutaneo almeno una delle linee di colore nero, solo in quel caso, attivando il trapano, sarà possibile superare l’osso compatto e penetrare nell’osso trabecolare rendendo efficace l’infusione. Le sedi utilizzate per l’accesso intraosseo sono la tibia, il femore, la cresta iliaca, l’omero e lo sterno, tuttavia, in età pediatrica gli accessi più agevoli sono rappresentati dalla tibia prossimale e dalla tibia distale (figura 5). Nel caso della tibia prossimale l’inserzione si effettua 1-2 cm distalmente al margine inferiore della tuberosità tibiale, a metà distanza tra il margine anteriore e quello mediale della tibia. Nel caso della tibia distale il punto di repere si trova al centro dell’area pianeggiante di congiunzione tra malleolo mediale e superficie antero-mediale della tibia. Se il bambino è reattivo, s’infiltra il sottocute con 0,5-2 ml di lidocaina 2% fino al contatto con il periostio oppure si procede ad anestesia cutanea per raffreddamento con cloruro di etile. Si pungono i tessuti superficiali perpendicolarmente al piano osseo e l’ago, una volta attraversata la cute, andrà orientato distalmente per circa 15°30°, lontano da cavo articolare e cartilagine di accrescimento. Le dosi di farmaci da infondere per via intraossea non differiscono rispetto alla via endovenosa, tuttavia è consigliabile iniettare, subito dopo la somministrazione di un farmaco, un bolo di 5-10 ml di soluzione fisiologica, allo scopo di favorirne il drenaggio nel circolo sistemico e, comunque, mantenere un’infusione continua di lavaggio con soluzione fisiologica. Il flusso massimo dipenderà, ovviamente, dal calibro dell’ago e dalla lunghezza della linea di infusione, mentre la velocità di infusione potrà essere aumentata sollevando il più possibile il flacone oppure mediante una sacca a pressione. Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Phillips L, Proehl J, Brown L, et al. Recommendations for the use of intraosseous vascular access for emergent and nonemergent situations in various health care settings: a consensus paper. J Infus Nurs 2010; 33: 346-51. 2. Luck RP, Haines C, Mull CC. Intraosseous access. J Emerg Med 2010; 39: 468-75. 3. Buck ML, Wiggins BS, Sesler JM. Intraosseous drug administration in children and adults during cardiopulmonary resuscitation. Ann Pharmacother 2007; 41: 1679-86. 4. Nolan JP, Deakin CD, Soar J et al. European Resuscitation Council guidelines for resuscitation 2005. Section 4. Adult advanced life support. Resuscitation 2005; 67: S39-86. 5. Langley DM, Moran M. Introsseous needles: they’re not just for kids anymore. J Emerg Nurs 2008; 34: 318-9. 6. Davidoff J, Fowler R, Gordon D, et al. Clinical evaluation of a novel intraosseous device for adults: prospective, 250-patient, multi-center trial. JEMS 2005; 30: 20-3. 7. Ong ME, Chan YH, Oh JJ, et al. An observational, prospective study comparing tibial and humeral intraosseous access using the EZ-IO. Am J Emerg Med 2009; 27: 8-15 8. Weiser G, Hoffmann Y, Galbraith R, et al. Current advaces in intraosseous infusion – A systematic review. Resuscitation 2012; 83: 20-6. Figura 5. Sedi di accesso intraosseo in regione tibiale prossimale e distale Anno 7 - numero 2 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 13 CASE REPORT ALTE e stroke: percorsi in emergenza A. Palmieri, M. Finetti, C. Russo, M. Bertamino, L. Banov, C. Gandolfo, G. Morana, M. Mancardi, G. Villa, P. Di Pietro, S. Renna U.O. di P.S. Medicina d’Urgenza Osservazione DEA Istituto G. Gaslini, Genova Centro SIDS, ALTE Regione Liguria, U.O. di P.S. Medicina d’Urgenza Osservazione DEA Istituto G. Gaslini, Genova U.O.S. Emostasi e Trombosi Istituto G. Gaslini, Genova U.O. Neuroradiologia Istituto G. Gaslini, Genova U.O. di Neuropsichiatria Dipartimento Neuroscienze Istituto G. Gaslini, Genova Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Genova Obiettivi Analizzare come l’approfondimento di un episodio sincopale (Apparent Life Threatening Event, ALTE), possa svelare patologie cardiovascolari nel lattante. Valutare l’importanza di un team multidisciplinare. Introduzione Nel primo anno di vita gli episodi di ALTE riguardano lo 0,8% degli accessi nei dipartimenti di Medicina d’Urgenza Pediatrici e rappresentano una sfida multidisciplinare in primo luogo perché il paziente giunge all’osservazione medica, in oltre il 99% dei casi, in benessere. L’eziologia dell’ALTE può essere riconducibile a disturbi gastroenterologici (50%), neurologici (30%), respiratori (20%), cardio-vascolari (5%), metabolici ed endocrinologici ed infettivi (dal 2% a 5%). L’età di insorgenza è nota sotto l’anno. Da ricordare, le forme idiopatiche (iALTE) riconoscono non una causa definita ma alterazioni del driver respiratorio e del sistema nervoso autonomo. Per la complessità del quadro ezio-patogenetico, entrano in gioco figure professionali a diversa competenza. In un contesto di questo tipo appare, quindi, necessario un approccio centralizzato in ambiente a comprovata competenza pediatrica. I bambini con storia clinica di ALTE costituiscono un gruppo decisamente eterogeneo e pertanto determinano considerevoli difficoltà diagnostiche anche in considerazione del contributo di esami strumentali e di laboratorio che in alcune condizioni appare relativamente scarso. 14 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica La gestione clinica del bambino con ALTE è resa problematica oltre che dalle oggettive difficoltà diagnostiche anche dal contesto emotivo in cui si svolge la relazione fra il medico ed i genitori. Un approccio disorganico al problema può infine determinare uno squilibrio nella utilizzazione delle risorse, comportando un elevato numero di esami, di ricoveri impropri e riammissioni. Nel 1996 il Gruppo di Studio per la SIDS della SIP aveva formulato una proposta di gestione clinica dei bambini con storia di ALTE(1) che fu successivamente ridiscussa in una Consensus Conference tenutasi a Firenze nel 2001. Dalla Conferenza scaturì un documento di Consenso che è stato revisionato da un pool di esperti all’interno del Gruppo di Studio Interassociativo SIDS/ALTE, con l’intento di aggiornare le acquisizioni scientifiche sull’argomento, di rendere il più possibile omogeneo l’approccio clinico/strumentale a questi pazienti e di delineare i futuri indirizzi di ricerca (LG SIP 2010)(2). Presentiamo a seguire un esempio dell’applicabilità significativa di questo percorso diagnostico-terapeutico. Caso clinico B.E. è giunto alla nostra osservazione a 2 mesi di vita. Primogenito di genitori non consanguinei; in anamnesi familiare si segnala madre affetta da ipotiroidismo in terapia sostitutiva; bisnonni materni deceduti a 52 e 54 anni per cardiopatia non meglio specificata. Cugini da parte materna con episodi sincopali occorsi Anno 7 - numero 2 ALTE e stroke: percorsi in emergenza P. Alarm Proseguire con la valutazione normale 0-1 2- 3 P. Alarm ogni 6 ore Consultare collega infermiere/infermiere esperto, che valuterà se chiamare medico di reparto/di guardia. (in caso di assenza collega infermiere/infermiere esperto, consultare medico di reparto/di guardia) P. Alarm ogni 3 ore 4-5 Chiamare medico di reparto/di guardia, che valuterà se chiamare il rianimatore Riconsiderare paziente e piano terapeutico Garantire funzionalità accesso venoso P. Alarm ogni ora Monitorizzazione continua del paziente, non allontanarsi ≥6 o un item di 3 Chiamare MET Informare medico di reparto/di guardia Carrello di emergenza in camera Considerare potenziale RCP Immagini T2-pesate assiali (A) e T1 pesate (B) dimostrano la presenza di un’area gliotico-malacica a livello dello striato di sinistra (freccia) con secondaria dilatazione ex-vacuo del corno frontale omolaterale. Si noti la presenza di una puntiforme area iperintensa in T1 (freccia tratteggiata) di possibile natura calcifica. Immagini assiali pesate in diffusione DWI (C) dimostrano assenza di aree di restrizione della diffusione; in corrispondenza dell’esito ischemico gliotico-malacico si osserva marcato incremento della diffusione (freccia). Immagine coronale T2 pesata (D) meglio dimostra il coinvolgimento della testa del nucleo caudato e della porzione ventrale del putamen. (E) Lo studio angio-RM non documenta evidenti alterazioni a carico dei principali vasi componenti il circolo arterioso endocranico. Decorso tortuoso dell’arteria carotide interna sinistra al passaggio tra tratto cervicale e petroso (freccia). Figura 1. RM e angio-RM encefalo eseguite a 2 mesi 6 giorni rispettivamente a 7 anni e 2 giorni di vita. Nato alla 38esima settimana da gravidanza normodecorsa, TC per tocofobia, PN 3,400 kg con buon adattamento alla vita extrauterina. Allattamento artificiale esclusivo. Non ancora effettuate (al momento del ricovero) le vaccinazioni a norma di legge. In apparente pieno benessere, intorno alle 16:30 poco prima del pasto, durante il sonno, il piccolo non appariva risvegliabile né responsivo alle ripetute stimolazioni della madre e si presentava ipotonico ed assente (veniva descritto come una “bambola di pezza”). Dopo circa 15 minuti ripresa spontanea con recupero del tono e dello stato di coscienza, B.E. Anno 7 - numero 2 veniva pertanto condotto presso l’ospedale di zona, dove, dopo i primi accertamenti, veniva indicato trasferimento presso Centro Regionale SIDS/ALTE all’interno del Dipartimento di Medicina d’Urgenza Osservazione DEA Istituto G. Gaslini di Genova. All’ingresso in reparto il paziente si presentava in buone condizioni generali. Stato nutrizionale adeguato. Fontanella anteriore normotesa, refill capillare nella norma, tono e riflessi nella norma. Stato di idratazione nella norma. Faringe roseo, membrane timpaniche nella norma. Attività cardiaca ritmica e valida. Al torace murmure vescicolare normotrasmesso su tutti gli ambiti. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 15 ALTE e stroke: percorsi in emergenza Addome trattabile; organi ipocondriaci nei limiti della norma. Peso: 5,310 Kg (50°), lunghezza 64 cm (>95°), CC 38,5 cm (25°), T 36,7 °C. Vista la sintomatologia riportata dai genitori veniva avviato protocollo diagnostico per ALTE. Esami bioumorali/strumentali Risultati negativi o nella norma: esami ematici (emogasanalisi, esame emocromocitometrico con formula, PCR, ionogramma sierico, glicemia, funzionalità epatica, funzionalità renale); esame urine e urinocoltura, ricerca sangue occulto nelle feci; tampone faringeo e nasale; EEG ed ECG. Esami significativi Ecografia trans-fontanellare: iperecogenicità del nucleo caudato di sinistra. Alla luce del referto ecografico, in accordo con i consulenti radiologi e neuropsichiatri infantili, veniva concordata esecuzione di RMN con angio-RMN encefalo, che evidenziava la presenza di focale esito malacico stabilizzato in corrispondenza dello striato di sinistra da pregressa lesione su base vascolare (territorio delle arterie lenticolo-striate di sinistra). Lo studio angio-RM non documentava evidenti alterazioni a carico dei principali vasi componenti il circolo arterioso endocranico. Decorso tortuoso dell’arteria carotide interna sinistra al passaggio tra tratto cervicale e petroso. Nel sospetto pertanto di un episodio di ALTE in paziente con pregresso stroke venivano eseguiti ulteriori accertamenti tra cui: • Esami bioumorali di secondo livello: PT, aPTT, fibrinogeno, antitrombina, proteina S, antitrombina, LAC, anticorpi anti-cardiolipina risultati nella norma, proteina C (diminuzione compatibile con l’età neonatale, da ricontrollare dopo 6 mesi); allo screening trombofilico, presenza della mutazione del FII in eterozigosi. • Valutazione cardiologica con ecocardiografia: forame ovale pervio con minimo shunt sx-dx. • Consulenza emostasi e trombosi: non indicazione, al momento, ad avviare profilassi secondaria con acido acetilsalicilico, vista l’età del paziente (ha superato il periodo critico per il rischio trombotico, ovvero il primo mese di vita) e il non sicuro rapporto di causa/effetto tra il reperto di tortuosità della carotide interna e il pregresso evento ischemico. Inoltre il riscontro allo screening trombofilico della mutazione della protrombina in eterozigosi costituisce rischio trombotico aggiuntivo in determinate situazioni ma in questo contesto clinico non costituisce indicazione ad alcun trattamento. 16 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Nel corso della degenza, non si sono osservati eventi di ipotonia e perdita di coscienza. I parametri vitali si sono sempre mantenuti in asse. Il cardiomonitoraggio 48 ore, secondo protocollo, non ha mai evidenziato apparenti problematiche. Come da protocollo ALTE, sono state fornite informazioni sulla gestione domiciliare; è stato inoltre eseguito corso di rianimazione cardio-polmonare. Il paziente veniva pertanto dimesso in buone condizioni generali. Conclusioni Episodio sincopale con pregresso stroke in paziente con pervietà forma ovale ed eterozigosi per mutazione della protrombina. Discussione La decisione di ricoverare o meno un piccolo paziente con storia clinica di ALTE è piuttosto problematica[2] per i motivi che abbiamo già evidenziato: l’età del bambino, l’ansia che l’episodio ha generato nella famiglia, l’anamnesi spesso non chiara che comporta il rischio di enfatizzare o minimizzare la sintomatologia o, comunque, di non saperla valutare nella giusta misura. La letteratura negli anni ha quindi fornito solo sommarie indicazioni al ricovero. Le raccomandazioni pubblicate nel 2004 dalla European Society for the Study and Prevention of Infant Death (ESPID)[3], basate sulle evidenze di dieci anni di letteratura, affermano che l’ospedalizzazione può dipendere dall’anamnesi e dalla visita del paziente valutato immediatamente dopo l’episodio critico. L’ospedalizzazione è assolutamente necessaria qualora l’episodio abbia richiesto l’esecuzione di manovre rianimatorie da parte dei soccorritori o le condizioni del piccolo non siano stabili. In sintesi, sebbene non esistano evidenze che chiariscano in maniera netta i criteri di scelta per il ricovero, possiamo definire in base all’esperienza clinica, alla valutazione dei fattori di rischio e dell’eziologia, i seguenti parametri di scelta: 1. età del paziente (primi trenta giorni di vita); 2. ex-pretermine (EPC < 43 sett.); 3. condizioni cliniche instabili al momento della visita; 4. evento non collegato al pasto; 5. evento nel sonno; 6. evento acuto; 7. recidiva di ALTE; 8. necessità di rianimazione; 9. scarsa compliance familiare. Anno 7 - numero 2 ALTE e stroke: percorsi in emergenza Tra questi parametri, l’età del piccolo e la compliance familiare sembrano, secondo alcuni autori, rivestire particolare importanza[4, 5]. In linea generale, sono da considerarsi di minore entità gli episodi temporalmente correlati con il pasto (entro trenta minuti dalla poppata), che si siano manifestati per la prima volta, che siano accaduti in fase di veglia, che siano caratterizzati da eritrosi piuttosto che da cianosi o pallore e che si siano risolti spontaneamente o dopo leggera stimolazione. Il rischio di non-riconoscimento dell’evento, come spia talvolta di patologia grave, deve sempre essere tenuto in considerazione dal pediatra dell’Emergenza/ Urgenza; questi rappresenta infatti, da un lato il primo osservatori dell’evento e dall’altro figura coordinatrice di un team multidisciplinare[6]. Il corretto management dei pazienti ALTE risulta ancora più importante in situazioni come questa, quando la patologia concomitante viene ad essere a sua volta rara. Infatti l’incidenza di stroke ischemico arterioso nel bambino al di sopra dei 28 giorni di vita, riportata in letteratura, varia tra 1,2 e 7,9 casi/100.000 bambini per anno. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, si è registrato un aumento dell’incidenza dello stroke ischemico, probabilmente per due principali motivi: una maggiore attenzione verso questa patologia e la maggior sopravvivenza dei bambini con patologie primitive che predispongono allo stroke per una maggior attenzione alla prevenzione primaria. In conclusione diventa necessaria una presa in carico multidisciplinare anche nei mesi successivi l’evento. Anno 7 - numero 2 Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Gallone GC, Broveglio-Ferri G, Agostini M, et al. La gestione del bambino con ALTE (Apparent life-threatening event), Riv Ital Ped 1996; 22 (5): 826. 2. Apparent Life-Threatening Events (ALTE) Linea guida diagnostico-assistenziale. SIP 2010. 3. American Academy of Pediatrics. Apnea, Sudden Infant Death Syndrome, and Home Monitoring. Pediatrics 2003; 111: 914. 4. Hall KA, Zalman B. Evaluation and Management of Apparent Life-Threatening Events in Children. Am Fam Physician 2005; 71 (12): 2301-8. 5. Shah S, Sharieff GQ. An update on the approach to apparent life-threatening events. Curr Opin Pediatr 2007; 19 (3): 288-94. 6. Stratton SJ, Taves A, Lewis RJ, et al. Apparent life-threatening events in infants: high risk in the out-of-hospital environment. Ann Emerg Med 2004; 43 (6): 711-7. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 17 CASE REPORT Un caso di dolore ed impotenza funzionale M. Finetti, A. Naselli, S. Renna, G. Pala U.O.C. Pronto Soccorso medico e Medicina d’Urgenza, Istituto Scientifico G. Gaslini, Genova F.M. di sesso maschile ed età pari a 3 anni e 10 mesi, giungeva al Pronto Soccorso per la comparsa improvvisa di algie agli arti inferiori cui conseguiva rapidamente difficoltà ad assumere e mantenere la postura eretta, fino al completo rifiuto della deambulazione. Il dolore non risultava modificato dalla terapia con FANS (ibuprofene). In anamnesi veniva riportato circa 15 giorni prima un episodio febbrile, associato a flogosi delle alte vie aeree, seguito da comparsa di rash cutaneo diffuso. Venivano negati traumi. L’anamnesi perinatale, fisiologica, familiare e patologica remota non indicavano problematiche di rilievo. Al momento della visita, il paziente aveva un aspetto sofferente e risultava apiretico. L’esame neurologico mostrava ipostenia e ipotonia muscolare diffuse, la prova di Mingazzini non era sostenuta agli arti inferiori, mentre risultava normale agli arti superiori. Le prove di coordinazione motoria evidenziavano tremori fini e frenage alla prova indice-naso. Il bambino manteneva la posizione seduta solo con appoggio, non erano possibili i passaggi posturali da clino ad ortostatismo, né il mantenimento della stazione eretta. I ROT si presentavano vivaci con aumento dell’area reflessogena. I nervi cranici erano apparentemente indenni, non si riscontrava nistagmo. Si evidenziava inoltre dolorabilità alla palpazione dei ventri muscolari prossimali degli arti inferiori e alla mobilizzazione attiva e passiva delle articolazioni coxofemorali e delle ginocchia bilateralmente. 18 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Era inoltre evidente iperemia ed ipertrofia faringotonsillare. Nulla da segnalare ai restanti organi ed apparati. Agli esami di laboratorio risultavano nella norma: emocromo, PCR, CK, LDH, C3, C4, funzionalità epato-renale, esame urine, urinocoltura, ricerca acido omovanillico e vanilmandelico su singola minzione. La ricerca tramite PCR su tampone faringeo evidenziava positività per adenovirus-DNA. Risultavano negative l’ecografia delle articolazioni coxofemorali, la radiografia del bacino ed arti inferiori e l’ecografia dell’addome superiore e inferiore. Alla luce della negatività delle prime indagini, in considerazione di un quadro clinico di possibile interessamento midollare, dopo circa 4 ore veniva effettuata RMN encefalo-spinale senza e con contrasto risultata negativa. L’importante e persistente sintomatologia dolorosa associata al deficit motorio indicava l’opportunità di eseguire RMN stir-total body che risultava anch’essa negativa. Venivano effettuate anche indagini elettrofisiologiche (VCM, VCS, onda F e riflesso H) risultate nella norma e si praticava rachicentesi. L’esame chimico-fisico e citomorfologico del liquor risultava negativo. La ricerca delle bande oligoclonali mediante immunoblot delle IgG liquorali risultava invece positiva. Tale positività veniva rilevata anche a carico del campione sierico. Negative le indagini microbiologiche su liquor riguardanti: Parvovirus B19, Adenovirus, CMV, EBV, HSV 1-2, HHV6, Mycoplasma, VZV, Enterovirus. Anno 7 - numero 2 Un caso di dolore ed impotenza funzionale Le stesse indagini su campione ematico risultavano positive per IgA anti-Adenovirus ed HHV6-DNA. Si assisteva ad una graduale e progressiva ripresa dell’ attività motoria, con iniziale marcia a basi allargate ed evidenti note atassiche. Il miglioramento della deambulazione risultava rapido con normalizzazione della stessa al momento della dimissione, che avveniva in quinta giornata di ricovero. L’evoluzione del quadro clinico e il risultato delle indagini condotte permettevano di porre diagnosi di atassia cerebellare acuta post-infettiva. Discussione L’atassia cerebellare acuta post-infettiva/immunomediata è una malattia neurologica relativamente comune in età pediatrica la cui patogenesi è da ricondurre ad un processo infiammatorio cerebellare post-infettivo, parainfettivo o post-vaccinale. Tale condizione patologica rappresenta la causa più comune di atassia nel bambino, comprendendo circa il 30%-50% dei casi totali(1). L’età più tipica di comparsa varia dai 2 ai 5 anni(1); l’esordio clinico può verificarsi a seguito o in concomitanza di un episodio infettivo o di una vaccinazione. Il 25% circa dei casi è conseguente ad infezione da varicella, con un intervallo di tempo dalla comparsa dell’eruzione vescicolare variabile da 1 a 4 giorni(2); sono stati tuttavia descritti anche quadri correlati ad infezione da Coxsachie, echovirus, EBV, scarlattina, morbillo, pertosse, influenza(3, 4), Parvovirus B19(5) e, come nel nostro paziente, HHV6 e Adenovirus. Un quarto circa dei casi, in cui non è possibile individuare una causa, viene pertanto classificato come idiopatico(3). La patogenesi del danno non è ancora nota ma le ipotesi più accreditate chiamano in causa una risposta neuromediata indotta dall’agente infettivo. L’esordio, come accaduto nel nostro paziente, è tipicamente improvviso, le manifestazioni cliniche complete della patologia si presentano generalmente nell’arco di alcune ore-pochi giorni(6). Le principali caratteristiche semeiologiche dell’atassia comprendono alterazioni della coordinazione: dismetria (disturbo della posizione finale e della traiettoria di un movimento), asinergia (frammentazione di un movimento fluido in una serie di componenti irregolari e a scatti), adiadococinesia (incapacità di eseguire con ritmo rapido movimenti in direzioni opposte), discronometria (ritardo iniziale di un movimento e suo prolungamento eccessivo) e braditelecinesia (rallentamento terminale del movimento). Anno 7 - numero 2 L’atassia può interessare qualsiasi segmento corporeo; l’atassia della marcia si manifesta tipicamente con deambulazione a basi allargate, passi brevi e di lunghezza disuguale e traiettoria a zig-zag. Nella fase iniziale della sintomatologia è stata peraltro descritta associazione con vomito, disartria significativa e nistagmo orizzontale (quest’ultimo in meno del 10 % dei casi(1)). Come nel nostro paziente, l’atassia può essere talmente grave da impedire la deambulazione (abasia) o il mantenimento della posizione seduta senza supporto (astasia). Può inoltre essere presente, ma non viene frequentemente descritto, il dolore agli arti inferiori che nel nostro caso ha avuto una significativa pregnanza clinica. L’esame del liquor in genere risulta negativo; può evidenziare a volte un aspetto oligoclonale delle gammaglobuline e una reazione infiammatoria linfocitaria (lieve pleiocitosi è riscontrata nel 25% dei casi). Raramente si ottiene positività delle indagini colturali su liquor, suggestiva di infezione virale diretta del SNC, mentre, nella maggior parte dei casi, risulta verosimile l’ipotesi di un processo neuromediato, determinato da cross reazioni anticorpali contro epitopi del cervelletto. Il quadro neuroradiologico (TC, RMN) è generalmente normale(1, 3). L’atassia cerebellare acuta rappresenta la condizione clinica a prognosi più favorevole di un processo infiammatorio autoimmune che vede coinvolto il cervelletto. La manifestazione più severa di tale spettro patologico è rappresentata dalla cerebellite acuta caratterizzata da un quadro clinico neurologico più complesso (vomito, cefalea, alterazioni dello stato di coscienza e meno frequentemente febbre, rigidità nucale ed interessamento dei nervi cranici)(6, 8) associato ad alterazioni neuroradiologiche cerebellari, uni o bilaterali, con possibile interessamento meningeo(7). Al contrario della cerebellite acuta, la quale necessita di specifici trattamenti medico-chirurgici, l’atassia cerebellare acuta post-infettiva va generalmente incontro a remissione spontanea entro qualche settimana, con sequele a lungo termine segnalate in una piccola percentuale di pazienti(1). La diagnostica differenziale delle forme di atassia cerebellare acuta in età pediatrica è piuttosto ampia (tabella I), sicuramente una completa anamnesi ed un corretto esame obiettivo possono agevolmente indirizzare verso la diagnosi sebbene alcuni aspetti, come ad esempio un dolore importante, debbano suggerire l’esecuzione di neuro immagini in tempi utili. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 19 Un caso di dolore ed impotenza funzionale Tabella I. Le principali cause di atassia cerebellare acuta in età pediatrica Disturbo postinfettivo/immuno mediato Atassia cerebellare acuta postinfettiva Cerebellite acuta Encefalomielite acuta disseminata Sclerosi multipla Iatrogena Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Connolly AM, Dodson WE, Prensky AL, et al. Course and outcome of acute cerebellar ataxia. Ann Neurol1994; 35: 673-9. 2. van der Maas NA, Bondt PE, de Melker H, et al. Acute cerebellar ataxia in the Netherlands: a study on the association with vaccinations and varicella zoster infection. Vaccine 2009 Mar 18;27(13):1970-3. 3. Ryan MM, Engle EC. Acute ataxia in childhood. J Child Neurol 2003; 18 (5): 309-16. Paraneoplastica Sindrome opsoclono-mioclono Traumatica Atassia post-traumatica Dissezione traumatica vertebrale Disturbi vascolari Stroke ischemico 4. Hackett I, O’Sullivan R, Zaid AA, et al. Acute cerebellitis associated with dual influenza A (H1N1) and B infection. Ir Med J 2013; 106 (3): 87-8. 5. Greco F, Barbagallo ML, Chiodo DC, et al. Severe ataxia as a complication of human parvovirus B19 acute encephalitis in a child. J Child Neurol 2008; 23 (9): 1078-80. 6. Poretti A, Benson JE, Huisman TA, et al. Acute ataxia in children: approach to clinical presentation and role of additional investigations. Neuropediatrics 2013; 44 (3): 127-41. Stroke emorragico Disturbi genetici Malattia delle urine a sciroppo d’acero Carenza di piruvato deidrogenasi Disturbi del ciclo dell’urea Deficienza del trasportatore 1 del glucosio Diagnostica differenziale Esami di laboratorio: emocromo, PCR, CK, LDH, acido omovanillico e vanilmandelico Esami colturali e sierologici su sangue e liquor Elettrofisiologia RMN encefalo e midollo 7. Hennes E, Zotter S, Dorninger L, et al. Long-term outcome of children with acute cerebellitis. Neuropediatrics 2012; 43 (5): 240-8. 8. Desai J, Mitchell WG. Acute cerebellar ataxia, acute cerebellitis, and opsoclonus-myoclonus syndrome. J Child Neurol 2012; 27 (11): 1482-8. 9. Poretti A, Benson JE, Huisman TA, et al. Acute ataxia in children: approach to clinical presentation and role of additional investigations. Neuropediatrics 2013; 44 (3): 127-41. Adattata da Poretti A, et al. Neuropediatrics 2013. 20 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 A CONCORSO Gli specializzandi e l’urgenza pediatrica Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica L. Muraca1, R. Miniero1, M.C. Pullano2, P. Masciari2, S. Zampogna3 Cattedra di Pediatria, Università “Magna Graecia”, Catanzaro Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro 3 Responsabile OBI, Reparto di Pediatria, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro e Tesoriere Nazionale SIMEUP 1 2 Introduzione Le statistiche internazionali, nazionali e locali che riguardano il numero di accessi al Pronto Soccorso (PS) in età pediatrica segnalano, nonostante il calo delle nascite, un incremento del 10% negli ultimi 10 anni. L’obiettivo della nostra indagine è stato quello di valutare la percentuale di accessi al Pronto Soccorso in età pediatrica in D.E.A. di II livello, al fine di evidenziare quali siano i principali motivi che portano i piccoli pazienti in ospedale e analizzare questi dati per flussi orari, per capire se l’incidenza degli accessi varia negli orari di reperibilità dei pediatri di base. Il razionale di un tale lavoro nasce dalla necessità di poter trovare soluzioni competenti ed aggiornate per migliorare l’outcome del nostro lavoro quotidiano. Metodi La nostra analisi si è basata sulla raccolta dei dati di accesso nel PS dell’ Ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, esaminando gli accessi al PS per il periodo di tempo che va dal 01/01/2012 al 31/12/2012 (figura 1) e focalizzando la nostra attenzione sulla fascia d’età pediatrica (0-18 anni). Risultati Il numero di accessi per la fascia d’età di nostro interesse è stata pari a 10857, su un totale di 62658. Sul totale di 10857 bambini entrati in PS circa 9093, pari allo 83,8 %, è stato visitato dalle 8:00 alle 20:00 Anno 7 - numero 2 (47,1 % giungeva al PS dopo le ore 14:00), contro i 1764 accessi, pari al 16,2% visitato durante la notte (dalle 20:00 alle 8:00). Se ne deduce che i picchi di maggiore incidenza durante l’arco della giornata sono avvenuti al mattino e al pomeriggio. Come si evince dalla figure 2 e 3, analizzando i flussi orari il numero di accesi aumenta costantemente dalle ore 14 in poi, quando gli studi dei pediatri di base e/o la loro reperibilità sono garantiti, fino alle ore 20:00 circa, per poi scendere e ridursi in maniera significativa solo dopo la mezzanotte ed arrivare al suo minimo alle 7 di mattina. Infatti, come si evidenzia dalla figura 4, solo 46 pazienti su un totale di 10857 erano in una vera condizione di emergenza per cui identificati con un codice rosso, 696 erano entrati in condizioni mediamente critiche identificati al triage con il codice giallo, 5600 erano soggetti con un codice verde (soggetto in condizioni di urgenza differibili, poco critico con assenza di rischi evolutivi), 3952 erano un codice bianco (pazienti non critici), 560 erano i soggetti che non presentavano condizioni di urgenza provenienti da altri reparti. Dei 10857 bambini giunti al PS, 6245 pari al 57,5 % sono stati rinviati a domicilio dopo la visita; 489 (4,5%) sono stati trasferiti in O.B. e 2829 (4,1 %,) sono stati ricoverati (figura 5). Su un totale di 10857 accessi (figura 6), 5826 soggetti erano venuti in PS per varie forme morbose, 2593 per lesioni accidentali, 1710 su richiesta del medico curante, 379 per incidenti stradali, 149 per incidenti di gioco, 90 per morso di animale, 34 riferivano percosse, 20 per pregresso in- rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 21 Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica 20000 Soggetti (N) 15000 10000 5000 0 0-18 anni 19-40 anni 41-64 anni >65 anni Figura 1. Accessi al PS dell’Ospedale “Pugliese-Ciaccio” suddivise per fasce di età nell’anno 2012 6000 Soggetti (N) 5000 4000 3000 2000 1000 0 8:00-14:00 14:00-20:00 20:00-7:00 Figura 2. Accessi al PS durante la giornata suddivisi per fasce orarie 22 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica 16% Mattina 37% Pomeriggio Notte 40% 47% Figura 3. Percentuali di accessi al PS durante la giornata 3000 Codice bianco 2500 Codice verde Codice giallo Soggetti (N) 2000 Codice rosso 1500 1000 500 0 8:00-14:00 14:00-20:00 20:00-8:00 Figura 4. Condizione dei pazienti in accesso al PS Anno 7 - numero 2 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 23 Su 24 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica eri ta len vio es su ale ale se ssu co uo 0% za s za len vio 0% Rif ta af 0,2% eri io ort un 0,3% Inf nte ide inc 1% Arm ad sso gre rco sse pe ma le no 1,4% Pre eri te Rif 0 di co gio 3,5% rso di ali ad 10% Mo nti ide str te ran 20% Inc nti ide Inc cu nta li 30% ico ed de lM ide cc ia ia 60% Rif sta hie ric sio n Le lat t Ma uta Rifi ero ov ric os le da pe re rro re a ta nz PS ma hia pe ro to alt eri in Ins ac in . ito O.B nie ve pro de on isp di tra to ero fer in Tra s ien nr No era . io O.B ov ric ero ov ric ale ed nr No sp ao orn Rit uta Rifi uta Rifi in ov Ric ito icil om ad fer to Tra s via Rin Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica 7000 6000 5000 4000 3000 2000 1000 0 Figura 5. Esito dell’accesso al PS 54% 50% 40% 24% 16% 0% 0% Figura 6. Motivo di accesso in PS Anno 7 - numero 2 Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica cidente, 12 infortunio sul posto di lavoro, 1 per ferita da arma da fuoco, 4 per ferita da arma bianca e 1 per riferita violenza sessuale. Discussione Per una consuetudine ormai largamente consolidata negli anni, il reparto di Medicina D’urgenza dell’Azienda “Pugliese-Ciaccio” della nostra città eroga prestazioni in regime di Pronto Soccorso a tutti i pazienti, compresi quelli in età pediatrica, spetta però alla divisione di Pediatria della stessa Azienda, il compito esclusivo di assistere i pazienti pediatrici in regime di O.B. Entrambe le strutture hanno visto nel tempo un progressivo aumento nei loro accessi, nonostante il territorio sia capillarmente servito dai Pediatri di base. I dati rilevati da questa indagine sono veramente interessanti, poiché analizzandone i flussi a secondo delle fasce orarie, si evince che gli accessi dei pazienti sono completamente indipendenti dalla apertura degli studi medici, che guarda caso sono normalmente aperti contemporaneamente ai picchi di accesso in PS (vedi figura 4). Da ciò si può dedurre che il paziente fa il suo ingresso in ospedale indipendentemente dalla presenza o meno del pediatra sul territorio e quindi indipendentemente dalla gravità della patologia o dalla reale necessità di cure ospedaliere. La crescita repentina negli ultimi anni, dell’accesso al PS ha varie cause, prima fra tutte l’organizzazione delle cure territoriali: il PS è un presidio aperto 24 ore su 24 che eroga prestazioni tempestive, mentre la pediatria sul territorio non è strutturata per assicurare assistenza h 24, anche se dall’analisi dei flussi, si evince che la scelta del pronto soccorso è una variabile completamente indipendente dalla disponibilità dell’apertura degli studi. Probabilmente quindi un assistenza territoriale per 24 ore darebbe una maggiore possibilità di accesso alle cure negli orari più comodi per le famiglie ma, a nostro avviso, non scioglierebbe il nodo dell’aumento degli accessi al PS. A spingere i genitori a rivolgersi a sistemi di cura più avanzati, sono anche i fattori emotivi: i genitori investono molto sui figli, spesso unici, e chiedono prestazioni pressoché immediate e tranquillizzanti, perché per un genitore anche la febbre può diventare un stato di urgenza. Attraverso il PS le famiglie possono ottenere visite specialistiche ed esami strumentali tempestivamente, senza dover far i conti con i tradizionali tempi di attesa troppo lunghi per “il proprio figlio”. Affrontare un’emergenza pediatrica è una sfida impegnativa per qualsiasi soccorritore o operatore sanitario ne sia coinvolto, in particolar modo per i Anno 7 - numero 2 genitori che ne sono emotivamente coinvolti. Ciò fa sì che, nonostante la popolazione infantile diminuisca, le richieste di prestazioni urgenti aumentano ad un ritmo vertiginoso. Tralasciando le cause di questo fenomeno, che esula dai compiti di questo studio, l’entità dello stesso non è mai stata valutata e, a nostra conoscenza, non ci sono lavori in letteratura, che abbiano studiato il flusso dell’utenza pediatrica nei Servizi di Pronto Soccorso nella nostra regione. Dei dati raccolti e di quelli che si immagazzineranno in futuro si dovrà tener conto, in quanto i risultati di questa indagine rappresentano un esempio, difficilmente confutabile, di come la struttura sanitaria venga utilizzata in funzione delle abitudini degli utenti (orari di lavoro, uscita dalle scuole materne, etc.) e non della reale gravità della patologia, anche perché, per ogni genitore il proprio bambino è sempre in una condizione di urgenza indipendentemente dal quadro clinico. Conclusioni La sensazione che gli accessi in PS fossero motivati più da ragioni socio-culturali (medicalizzazione eccessiva, ridotta tolleranza alla malattia banale, alterata percezione dell’urgenza) e organizzative (storica ed eccessiva disponibilità delle Pediatrie, libertà dell’utente di scegliere tra il Medico di famiglia e l’Ospedale) viene confermata da questo lavoro collaborativo a cui hanno partecipato il reparto di Emergenza-Urgenza e Pronto Soccorso, il reparto di Pediatria Universitaria e la divisione di Pediatria dell’Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”. I dati si commentano da soli: i PS rappresentano un’alternativa al Pediatra di base e al Medico di Famiglia, comoda e facilmente fruibile, che tuttavia pone tutta una serie di problematiche non piccole, quali il rapporto di fiducia con il curante, la continuità assistenziale e l’effettivo impegno delle strutture ospedaliere che pur sforzandosi di offrire una sempre eccellente assistenza si ritrovano con carichi di lavoro eccessivi che possono portare ad una qualità dell’assistenza non sempre garantibile. Nell’ottica e nella necessità di organizzare in maniera nuova e più ergonomica l’assistenza pediatrica dovrebbero, a nostro avviso, sorgere importanti iniziative che portino ad una collaborazione tra i pediatri di base, le pediatrie ospedaliere e i reparti di emergenza urgenza e pronto soccorso del nostro territorio, unite a corsi educazionali per gli utenti. Una di queste iniziative, sulla scia dell’attività svolta dalla Simeup a livello nazionale, è la nascita dello studio “Sentinella Simeup Calabria”, uno studio collabo- rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 25 Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica rativo che vede la sinergia tra i reparti di emergenza urgenza e pronto soccorso, le O.B. pediatriche della regione Calabria e la Cattedra di Pediatria Università Magna Grecia, per ipotizzare o provare le soluzioni competenti ed aggiornate per migliorare l’outcome • del nostro lavoro quotidiano. Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale • Pecile P, Pittini C, Pusiol A, et al. Indagine regionale sull’accesso al pronto soccorso pediatrico. Medico e Bambino 2000; 3 (10). • Pecile P, Pittini C, Pusiol A, et al. L’accesso al Pronto Soccorso pediatrico. Indagine epidemiologica in Friuli Venezia Giulia. Medico e Bambino 2000; 19: 679-80. • http://salute24.ilsole24ore.com • http://www.sanitaincifre.it/ • http://www.simeup.com/ 26 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Atti del LXVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria (SIP), Roma 9-11 maggio 2012. Anno 7 - numero 2 A CONCORSO Gli specializzandi e l’urgenza pediatrica Rachitismo carenziale slatentizzato da gastroenterite acuta con necessità di posizionamento di accesso intraosseo E. Garrone1, F. Fantone1, L. Gastaldo2, A.F. Urbino2 Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino 2 A.O. Città della Salute e della Scienza, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino 1 Caso clinico Una bambina egiziana di 16 mesi è giunta presso il nostro Pronto Soccorso a causa di grave disidratazione e tetania durante un episodio di gastroenterite acuta. Nulla di significativo in anamnesi patologica remota; la bambina era stata alimentata con latte materno esclusivo fino a 8 mesi di età. All’esame obiettivo dell’ingresso segnalati condizioni generali scadenti, segni di disidratazione, spasmi e rigidità di mani e piedi, lieve sopore. Le indagini laboratoristiche rivelavano severa ipocalcemia (calcio ionizzato 0,95 mEq/l, VN 2,3-2,54), ipofosforemia (2,8 mg/dl), aumento di fosfatasi alcalina e paratormone. In relazione alla difficoltà nel reperire un accesso venoso periferico, è stato posizionato un accesso intraosseo (IO) a livello tibiale prossimale ed è stata avviata l’infusione di soluzioni reidratanti e calcio gluconato sotto monitoraggio ECG, inizialmente alla dose di 2 ml/kg/die. Dopo 3 ore di terapia gli esami laboratoristici dimostravano aumento della calcemia (1,90 mEq/l), la contrazione ipertonica degli arti si era ridotta e la bambina appariva più vigile e reattiva. Dopo 6 ore è stato perso l’accesso IO; altri tentativi di reperirne uno periferico sono falliti ed è quindi stato posizionato un secondo catetere IO a livello del piatto tibiale controlaterale che è stato poi possibile rimuovere 12 ore dopo l’inizio della terapia, quando è stato reperito accesso venoso a livello della safena. Solo ad un esame obiettivo più accurato, superata la criticità iniziale, sono stati evidenziati lievi bozze frontali, lievi rosario e braccialetto rachitici. La paziente ha continuato in regime di ricovero la terapia con calcio endoAnno 7 - numero 2 venoso per 2 giorni, successivamente ha iniziato terapia orale con calcio gluconato e adisterolo. Durante la degenza sono stati effettuati RX bacino e ecografia addominale, nella norma. Lo screening della celiachia è risultato negativo. La bambina è stata dimessa a domicilio con adisterolo e raccomandazioni dietetiche e risulta attualmente asintomatica, senza segni clinici di rachitismo attivo, in follow-up endocrinologico. Discussione Presentiamo questo caso clinico per l’interessante esordio di rachitismo in corso di gastroenterite acuta e per l’utilizzo particolare dell’accesso IO. Le condizioni generali della paziente, già compromesse dalla grave disidratazione, sono state aggravate dall’ipocalcemia che sottendeva un rachitismo fino a quel momento latente. Il rachitismo può dipendere da deficit o resistenza alla vitamina D, deficit di calcio primitivo (rachitismo calciopenico) o ridotta fosfatemia (rachitismo ipofosfatemico)(1). Il deficit di vitamina D è considerato un difetto nutrizionale molto comune e spesso non diagnosticato, soprattutto in minoranze etniche con differenti abitudini alimentari e stili di vita(2, 3): la paziente era di pelle scura, con scarsa esposizione solare e a lungo alimentata con latte materno esclusivo senza supplemento di vitamina D. Il deficit subclinico di vitamina D si caratterizza per inadeguato stato della vitamina D senza segni e sintomi specifici riferibili a omeostasi minerale alterata(4). Il rachitismo da carenza di vitamina D si può manifestare con ritardo di crescita rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 27 Rachitismo carenziale slatentizzato da gastroenterite acuta con necessità di posizionamento di accesso intraosseo o nelle acquisizioni, deformità scheletriche, dolore osseo, fontanella anteriore ampia, irritabilità e aumentata frequenza di infezioni(1, 5), ma un’ipocalcemia severa può compromettere le funzioni vitali, con comparsa di disritmie, insufficienza ventricolare sinistra, prolungamento dell’intervallo QT, convulsioni e tetania(2, 6, 7): tali rischi potenziali spiegano l’urgenza di intervenire con un trattamento tempestivo, soprattutto durante un evento acuto intercorrente e in presenza di segni acuti di ipocalcemia severa. La somministrazione di calcio per via parenterale è essenziale in caso di ipocalcemia sintomatica, solitamente alla dose di 1-2 ml/kg/die di calcio gluconato; dal momento che può determinare ipotensione e bradicardia, il monitoraggio ECG e delle funzioni vitali è necessario durante l’infusione(6). Successivamente i livelli di calcio dovrebbero essere mantenuti con supplemento orale di calcio(3, 6-8). Oltre al ruolo della vitamina D nell’omeostasi del calcio e nel metabolismo osseo, esiste una relazione tra i livelli di vitamina D e la prevalenza di patologie extrascheletriche (neoplastiche, cardiovascolari, autoimmuni, infettive)(9). La maggiore predisposizione del bambini rachitici a infezioni respiratorie o gastrointestinali, talvolta occasione di diagnosi per slatentizzazione del quadro fino a quel momento subclinico, come nella paziente descritta, sembra quindi attribuibile agli effetti della vitamina D sul sistema immune(10). Osserviamo come, nel nostro caso, gli iniziali e ancora sfumati segni clinici di rachitismo fossero sfuggiti alle valutazioni cliniche periodiche effettuate dal pediatra di famiglia ed anche alla prima visita in pronto soccorso: da diversi lavori in letteratura emerge come frequente sia un ritardo diagnostico di rachitismo, soprattutto in bambini immigrati, quando concomitino segni/sintomi di altre patologie e sopra l’anno di età, quando i controlli pediatrici ambulatoriali programmati si diradano rispetto ai primi 12 mesi di vita, aumentando la possibilità che la comparsa progressiva di segni iniziali di rachitismo possano sfuggire all’osservazione medica(11). All’arrivo la paziente necessitava di un trattamento tempestivo e non disponendo di un accesso venoso periferico, probabilmente a causa delle vene piccole e fragili e della severa ipovolemia, è stato posizionato un accesso IO a livello tibiale prossimale (figura 1). Le linee guida dell’American Heart Association e dell’European Resuscitation Council affermano che l’accesso IO dovrebbe essere la prima alternativa in caso di impossibilità di reperire un accesso venoso(12, 13). La somministrazione intravenosa e intraossea hanno i medesimi effetti farmacologici(12, 14). Oltre alla superficie anteromediale della tibia, dove la corticale è più facilmente penetrabile, altre possibili sedi per l’accesso IO sono femore distale, omero, 28 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Figura 1. Lattante con accesso intraosseo in sede tibiale cresta iliaca, sterno e radio distale(15-17). Nella nostra paziente l’accesso IO è stato posizionato due volte, in entrambi i casi al primo tentativo senza difficoltà. È stata così avviata tempestivamente la terapia parenterale con risposta clinica precoce. Riteniamo che questo caso dimostri come l’accesso IO possa essere una valida alternativa all’accesso venoso periferico, anche in assenza di pericolo immediato per la vita ma in situazioni che possono evolvere comunque rapidamente in criticità. Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Iyer P, Diamond F. Detecting disorders of vitamin D deficiency in children: an update. Adv Pediatr 2013; 60 (1): 89-106. 2. Chehade H, Girardin E, Cachat, et al. Acute life-threatening presentation of vitamin D deficiency rickets. J Clin Endocrinol Metab 2011; 96 (9); 2681-3. 3. Misra M, Pacaud D, Petryk A, et al. Vitamin D Deficiency in Children and its Management: Review of Current: Knowledge and reccommendations. Pediatrics 2008; 122 (2); 398-417. 4. Cianferotti L, Marcocci C. Subclinical vitamin D deficiency. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 2012; 26 (4): 52337. 5. Bloom E, Klein EJ, Shushan D, et al. Variable presentations of rickets in children in the emergency department. 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Part 10: Pediatric basic and advanced life support. 2010 International Consensus on Cardiopulmonary Resuscitation and Emergency Cardiovascular Care Science with Treatment Recommendations. Circulation 2010; 122: 466-515. 17. Tobias JD, Ross AK. Intraosseous infusion: a review for the anesthesiologist with a focus on pediatric use. Anesth Analg 2010; 110: 391-401. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 29 A CONCORSO Gli specializzandi e l’urgenza pediatrica Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione E. Garrone1, F. Fantone1, L. Gastaldo2, A.F. Urbino2 1 Medici Specializzandi, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino 2 A.O. Città della Salute e della Scienza, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino Per stroke si intende una rapida perdita di funzione cerebrale dovuta a riduzione del flusso cerebrale. È una patologia relativamente rara in età pediatrica (incidenza stimata 2-13/100000 pazienti anno) con gravi complicanze a lungo termine(1). Presentiamo due casi di stroke in età pediatrica. Caso clinico 1 A.S. è una bambina di 4 anni con emiparesi facio-brachio-crurale destra e afasia insorti improvvisamente. Anamnesi silente (in particolare non traumi recenti), tranne per herpes labialis la settimana precedente l’evento. L’esame neurologico all’arrivo in Pronto Soccorso (PS) evidenziava stato di coscienza non alterato, deviazione della rima buccale a destra, emiplegia destra con riflessi osteo-tendinei ipereccitabili e deficit del linguaggio. Gli ematochimici in urgenza risultavano normali. È stata eseguita TC basale che evidenziava area ipodensa nel lobo parietale sinistro, di difficile interpretazione. L’ecocardiogramma trans-esofageo rilevava la presenza di forame ovale pervio (FOP). La bambina è stata ricoverata e il giorno successivo (a 24 ore dall’evento) è stata eseguita RMN encefalo con contrasto che ha confermato il sospetto diagnostico di ischemia cerebrale acuta. Le fasi angiografiche non hanno evidenziato alterazioni del circolo cerebrale. È stata quindi iniziata terapia con acido acetilsalicilico a 5 mg/kg/die. Sono stati eseguiti inoltre test coagulativi, elettroforesi dell’emoglobina e ricerca di autoanticorpi, risultati negativi. Per approfondire il ruolo del FOP e quindi una possibile origine cardioembolica 30 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica dell’evento, è stato eseguito un’ecocardiogramma trans-esofageo senza riscontro di shunt settali destrosinistri, neanche in corso di manovra di Valsalva. Durante le due settimane di ricovero si è assistito a un progressivo miglioramento dell’emiplegia e alla ripresa dell’eloquio senza impaccio. Alla dimissione permaneva solamente la deviazione della rima buccale a destra. Caso clinico 2 R.A. è una lattante di 4 mesi con deviazione dello sguardo e del capo verso destra e tremori dell’arto superiore destro. Si segnalava febbre e vomito il giorno precedente. Nel PS dell’ospedale del territorio dove è stata condotta presentava nistagmo orizzontale e deviazione del capo a destra, per cui le è stato somministrato diazepam endorettale e quindi trasferita, dopo 12 ore, presso la nostra struttura. All’ingresso appariva apiretica, sonnolenta ma facilmente risvegliabile, senza segni neurologici focali. Gli ematochimici in urgenza erano nella norma. Anche in questo caso è stata effettuata TC encefalo basale che ha evidenziato area ipodensa parieto-occipitale sinistra, ed un EEG con sofferenza cerebrale diffusa, prevalente nelle regioni parieto-occipitali sinistre. È stata quindi ricoverata e il giorno successivo (nuovamente ad almeno 24 ore dall’evento) sottoposta a RMN encefalo con contrasto che ha evidenziato un’area ischemica cerebrale temporo-occipitale sinistra; le sequenze vascolari non mostravano reperti patologici. È stata iniziata eparina sc e fenobarbitale profilattici. Anno 7 - numero 2 Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione Lo studio vascolare cerebrale è stato approfondito con TC-angiografia ed eco-doppler dei flussi dei vasi sovraaortici, risultati nella norma. Come nel caso di A.S. sono stati eseguiti accertamenti eziologici su sangue risultati negativi. La bambina è stata dimessa dopo 26 giorni di ricovero senza evidenti sequele neurologiche e profilassi con enoxaparina e fenobarbitale. Discussione Visto che l’esordio della sintomatologia dello stroke è generalmente acuta e severa, il medico che più di frequente si trova a confrontarsi con tale evento è il pediatra in pronto soccorso. L’OMS definisce come stroke un’improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale delle funzioni cerebrali, di durata superiore alle 24 ore o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale. Tale definizione esclude molto di ciò che consideriamo stroke nel bambino: la presenza di segni neuroradiologici di infarto cerebrale nonostante la transitorietà dei sintomi clinici o la frequente associazione/concomitanza di infezioni con l’evento ischemico. Con il termine di stroke ci riferiamo generalmente a quello arterioso, ma lo stroke emorragico rappresenta comunque la metà di tutti gli stroke pediatrici, mentre la trombosi dei seni venosi cerebrali è un evento più raro (0,67/100.000 casi pediatrici/anno)(1). La presentazione clinica dipende dall’età, dall’arteria coinvolta e dalla causa dell’evento. Nei bambini la sintomatologia, le cause e i fattori di rischio dell’evento ischemico sono diversi dall’adulto. L’International Pediatric Stroke Study Group ha identificato i fattori associati allo stroke ischemico in uno studio(2) su un’ampia casistica di casi pediatrici da diverse aree geografiche (tabella I). I fattori di rischio associati allo stroke in età pediatrica sono generalmente identificati (in solo il 9% del campione dello studio erano ignoti). Nei nostri due casi al contrario non è stato possibile stabilire la causa/fattori predisponenti all’evento. Consideriamo però che nel primo caso c’erano due condizioni correlabili con lo stroke: un’infezione virale recente (riattivazione di herpes labialis) e la presenza di FOP. Il ruolo delle infezioni nello stroke, in relazione allo sviluppo di un’arteriopatia (quadro vasculitico), è un concetto emergente in letteratura; l’associazione con la varicella è quella meglio conosciuta e descritta(4) ma sono al vaglio anche altri patogeni. Nello studio sopra citato le patologie cardiache sono implicate in 1/3 dei casi, mentre la presenza di FOP isolato non è un rilievo frequente in età pediatrica e il suo ruolo rimane poco chiaro(5). A.S. presentava Anno 7 - numero 2 entrambe questi fattori di rischio ma non è chiaro come queste due condizioni frequenti e fondamentalmente banali abbiano giocato un ruolo nella patogenesi dell’evento. Anche nel secondo caso avevamo un’infezione molto recente riferita, senza segni clinici da noi obiettivabili. Un dato impressionante della letteratura è che il tempo medio di diagnosi di stroke ischemico (dall’esordio sintomatologico alla conferma neuroradiologica) in età pediatrica è di 25 ore(6). Gli ostacoli a una diagnosi tempestiva sono la mancanza di esperienza del pediatra di pronto soccorso, la frequente clinica senza segni focali, un ampio spettro di diagnosi differenziali e la scarsa sensibilità diagnostica della TC in acuto. Condizioni che mimano uno stroke, ad esempio una paralisi post-critica o un’emicrania complicata, sono condizioni molto più frequenti in bambino che nell’adulto. Nel primo caso, la clinica era suggestiva per evento ischemico, ma la TC in urgenza non ha dato una conferma diagnostica, tale da giustificare un trattamento più tempestivo; nel secondo caso invece anche la presentazione clinica lasciava aperte più possibilità diagnostiche, di nuovo non confortate dalla diagnostica per immagini. È stato necessario eseguire la RM encefalo e quindi attendere il giorno successivo per riuscire a programmare l’esame, essendo necessaria la sedazione delle piccole pazienti. La TC è ancora considera la metodica di scelta in acuto, soprattutto al fine di escludere l’emorragia (molto frequente nel bambino), ma spesso risulta non esaustiva nelle prime ore. Se immediatamente disponibile, la RM encefalo con diffusione sarebbe più efficace nell’identificare patologie arteriose e venose ma, in ambito pediatrico, richiede sedazione con o senza intubazione del bambino, rendendola quindi meno praticabile in emergenza/ urgenza(7). Tutta questa premura nella definizione precisa di un evento ischemico cerebrale è legata alle possibilità di praticare la trombolisi(8). Purtroppo i dati riguardanti le dosi, la sicurezza e efficacia di questo trattamento nel bambino sono molto scarsi. Questi due casi hanno portato ad alcune riflessioni: 1) nonostante lo stroke in età pediatrica sia un evento raro, questo deve essere preso in considerazione in bambini che presentino segni focali e/o globali della funzione cerebrale; 2) è necessario implementare le nostre capacità diagnostiche per avere diagnosi tempestive; 3) è necessario incrementare gli studi relativi all’epidemiologia, all’identificazione dei fattori di rischio e alla terapia dello stroke del bambino perché questo presenta caratteristiche e una patogenesi così diverse dall’adulto che non permettono di mutuare conoscenze e terapie solamente dalla letteratura riguardante l’adulto. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 31 Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione Tabella I. Fattori associati allo stroke ischemico Categorie di rischio Diagnosi Arteriopatie Arteriopatia cerebrale focale Frequenza (%) Moyamoya Dissezione arteriosa 53% Vasculite Arteriopatia in anemia falciforme Arteriopatia post-varicella Cardiopatie Congenite Acquisite 31% FOP isolato Cardiochirurgia/cateterismo Patologie croniche Sindromi genetiche/neoplasie/connettivopatie… 19% Stati protrombotici Mutazioni/alterazioni fattori della coagulazione 13% Patologie acute sistemiche Febbre da >48 h Sepsi/shock 22% Disidratazione Patologie testa e collo croniche Emicrania/tumori/aneurismi… 10% Patologie testa e collo acute Traumi/infezioni… 23% Infezioni Rischio per aterosclerosi (adulto) 23% Ipertensione/dislipidemie/diabete mellito Altri 2% 22% Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Roach ES, Golomb MR, Adams R, et al. Management of stroke in infants and children: a scientific statement from a Special Writing Group of the American Heart Association Stroke Council and the Council on Cardiovascular Disease in the Young. Stroke 2008; 39 (9): 2644-91. 2. Mackay MT, Wiznitzer M, Benedict SL, et al. Arterial ischemic stroke risk factors: the International Pediatric Stroke Study. Ann Neurol 2011; 69 (1): 130-40. 3. Askalan R, Laughlin S, Mayank S, et al. Chickenpox and stroke in childhood: a study of frequency and causation. Stroke 2001; 32: 1257-62. 32 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica 4. Agnetti A, Carano N, Sani E, et al. Cryptogenic stroke in children: possible role of patent foramen ovale. Neuropediatrics 2006; 37: 53-56. 5. Srinivasan J, Miller SP, Phan TG, Mackay MT. Delayed recognition of initial stroke in children: need for increased awareness. Pediatrics 2009; 124: be227-34. 6. Yock-Corrales A, Barnett P. The Role of Imaging Studies for Evaluation of Stroke in Children. Pediatr Emer Care 2011; 27: 966-77. 7. Titomanlio L, Zanin A, Sachs P, et al. Pediatric ischemic stroke: acute management and areas of research. J Pediatr 2013; 162 (2): 227-35. Anno 7 - numero 2 schede d’urgenza Posizionamento del sondino nasogastrico L. Gastaldo1, C. Bosco2 A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Pediatria d’Urgenza, Torino A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita, S.C. Terapia Intensiva Pediatrica e Rianimazione, Torino 1 2 Indicazioni al posizionamento • Aspirare il contenuto gastrico. • Per eseguire gastrolusi o lavanda gastrica. • Per scopi diagnostici (ad esempio: pHmetria, manometria, ecc.). • Prevenire la distensione dello stomaco prima o dopo un intervento chirurgico. • Prevenire la distensione dello stomaco ed il vomito nelle manovre di intubazione ed estubazione del paziente. • Somministrazione della nutrizione enterale. Particolare attenzione deve essere posta durante il posizionamento in particolari situazioni • Pazienti con trauma cranico, facciale o con rinorrea per il rischio di passaggio nello spazio endocranico. • Pazienti non coscienti. • Pazienti in stato confusionale o deliranti. • Pazienti con malformazioni o lesioni della cavità orale o dell’esofago. • Pazienti sottoposti a recente intervento chirurgico dell’esofago o dello stomaco. • Pazienti con varici esofagee in atto. Tecnica di posizionamento Verificare la pervietà delle narici e l’assenza di escoriazioni al loro interno. In caso di traumatismi del capo, del volto e del collo considerare il rischio di posizionamento errato ed il rischio di procurare ulteriori lesioni. L’introduzione del sondino non è generalmente dolorosa, ma potrebbe risultare fastidiosa poiché può stimolare il riflesso del vomito. Dimensioni del sondino: il diametro maggiore che si riesce a far passare dalle narici. Misura della profondità di inserzione del sondino: • misurare la distanza tra punta del naso e orecchio (A-B) (figura 2 A); • misurare la distanza tra naso e processo xifoideo (B-C) (figura 2 B); • la profondità di inserzione sarà: (A-B) + (B-C). Per misurare correttamente, posizionare la punta del sondino in corrispondenza del processo xifoideo. Anno 7 - numero 2 Figura 1. Materiale occorrente rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 33 Posizionamento del sondino nasogastrico A B Figure 2 A e B. Posizionamento del sondino nasogastrico Profondità d’inserzione Utilizzare lubrificanti idrosolubili; non usare lubrificanti oleosi poiché se aspirati in trachea possono determinare gravi complicanze polmonari. Se possibile il paziente dovrebbe essere in posizione semiseduta (posizione di Fowler). Introdurre delicatamente la sonda nella narice e farla procedere delicatamente verso il pavimento della cavità nasale. Qualora si rilevasse resistenza, occorre ritirare parzialmente il sondino e tentare nuovamente a reintrodurlo, imprimendo un movimento rotatorio. Se dopo alcuni tentativi non si riesce a posizionare il sondino bisogna rimuoverlo completamente, pulirlo, rilubrificarlo e tentare l’introduzione nell´altra narice. Se il paziente è collaborante, chiedere di inclinare leggermente il capo all’indietro mentre si introduce il sondino. Raggiunto l’orofaringe, far piegare il capo in avanti chiedendo di bere e di deglutire per favorire l’abbassamento dell’epiglottide e la chiusura delle vie aeree. Se presenta conati di vomito, sospendere l’introduzione, invitare il paziente a fare alcuni respiri profondi o a sorseggiare dell’acqua per calmare il riflesso del vomito. Se la nausea ed il vomito persistono, considerare la possibilità che il sondino possa essersi arrotolato in gola. In questo caso ritrarre il sondino e tentare nuovamente l’introduzione. Verifica funzionalità Per controllare che il sondino sia posizionato correttamente, insufflare aria auscultando con il fonendoscopio i contemporanei rumori di gorgoglio in regione epigastrica. Per ulteriore conferma è possibile aspirare con la siringa materiale gastrico. Eventualmente eseguire radiografia.Chiudere il sondino o collegarlo alla sacca di raccolta. Si consiglia di segnare sul sondino (con un pennarello) il punto di fuoriuscita dalla narice, in modo da avere un riferimento in caso di eventuali dislocazioni. Fissare il sondino con il cerotto di tela. Complicanze Dovute alla permanenza del sondino Polmonite ab ingestis Nausea e vomito Decubito Disidratazione 34 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Dovute al posizionamento non corretto Posizionamento a livello dell’albero bronchiale Perforazione dell’esofago Pneumotorace Polmonite ab ingestis Rimozione del sondino Il tempo di permanenza del sondino dipende dal motivo clinico per il quale era stato posizionato. Il tempo massimo di permanenza varia a seconda del materiale di cui è costituito il sondino e deve essere cercato nella scheda tecnica del prodotto. Prima della rimozione del sondino occorre chiuderlo per almeno 2-3 ore (soprattutto se posizionato per aspirare il contenuto gastrico) per valutare la presenza di importante ristagno e l’eventuale comparsa di nausea e vomito. Lavare il sondino con acqua per evitare che eventuale materiale gastrico acido irriti le mucose durante la retrazione. Anno 7 - numero 2 Sedazione procedurale per non-anestesisti S. Norbedo S.C. Pediatria d’urgenza e PS pediatrico, I.R.C.C.S. materno infantile Burlo Garofolo, Trieste Sedazione procedurale: cos’è? La sedazione è uno stato medicalmente indotto di depressione della coscienza che si muove lungo un continuum che va dalla sedazione minima (o ansiolisi) fino all’anestesia generale(1-7). Viene definita “procedurale” la tecnica di somministrazione di farmaci sedativi o agenti dissociativi, in associazione o meno a farmaci analgesici, che permette al paziente di tollerare procedure diagnostiche o terapeutiche invasive di breve durata mantenendo integra la funzione cardiorespiratoria(8). Come detto la sedazione è un continuum difficilmente scomponibile in stati di depressione di coscienza ben definiti. È uno spettro che ha per estremi da una parte il semplice controllo dell’ansia e dall’altra l’anestesia generale in cui invece il paziente richiede, a causa della perdita della funzione respiratoria spontanea, un dispositivo che ne vicari la funzione. Tra questi due stati si passa attraverso la sedazione profonda in cui i riflessi e la funzione cardiorespiratoria sono solitamente, anche se non sempre, mantenuti (tabelle I e II). Tutte le esperienze cliniche e i dati in letteratura confermano che non esiste un preciso confine tra un livello di sedazione ed il successivo ed è possibile lo sconfinamento allo stadio successivo senza che lo si sia previsto o voluto, quale che sia il farmaco o i farmaci utilizzati, per lo più in dipendenza della dose somministrata(4, 5). Il paziente pediatrico richiede un adeguamento dei dosaggi dei farmaci utilizzati rispetto all’adulto non solo per la differenza ponderale che corre fra questi e il bambino ma anche a causa Anno 7 - numero 2 della diversa composizione e struttura corporea, funzionalità degli organi emuntori e conseguentemente diversa farmacocinetica(9, 10). Tabella I. Il continuum della sedazione Allerta-ansia. Allerta-calma. Sonnolento ma con ragionamento intatto. Occhi aperti ed eloquio male articolato. Occhi chiusi ma risposte coerenti alle domande. Confusione, gli occhi si aprono alle domande. Desaturazione in aria ambiente. Gli occhi si aprono al dolore. Localizza. Occhi chiusi. Si ritira al dolore. Si lamenta al dolore. Risposta motoria aspecifica. Ritenzione di CO2. Desaturazione con 2 l/min di O2. Nessuna risposta al dolore. Bradipnea. Ridotto riflesso di deglutizione. Apnea ed ipotensione. Morte. La sedazione procedurale del paziente pediatrico – purché vengano rispettate alcune precauzioni – è un presidio sicuro, tanto che, in risposta all’insufficienza delle risorse anestesiologiche unanimemente riconosciuta(11-14) alla luce di esperienze cliniche sempre più rilevanti di sedazioni condotte da medici non-anestesisti specie in ambito odontoiatrico(15), nel 1995 (successivamente aggiornata nel 2002) l’American Society of Anesthesiologists (ASA) ha sviluppato rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 35 Sedazione procedurale per non-anestesisti Tabella II. Livelli di sedazione Sedazione minima (ansiolisi) Stato di depressione della coscienza indotto farmacologicamente, durante il quale il paziente è in grado di rispondere normalmente a comandi verbali. Nonostante le funzioni cognitive e la coordinazione motoria possano risultare compromesse, la funzionalità respiratoria e cardiovascolare è totalmente conservata. Sedazione moderata (già “sedazione cosciente”) Stato di depressione della coscienza medicalmente indotto caratterizzato dalla conservazione dei riflessi protettivi delle vie aeree, dalla capacità del paziente di mantenere in modo autonomo la pervietà delle vie aeree e di rispondere appropriatamente a stimoli fisici e comandi verbali (es., “apra gli occhi”). La sola risposta del riflesso di retrazione allo stimolo doloroso indica già il passaggio a livelli più profondi di sedazione. Sedazione profonda Stato di depressione della coscienza medicalmente indotto da cui il paziente non è facilmente risvegliabile. Può accompagnarsi ad una perdita parziale o totale dei riflessi protettivi delle vie aeree, con incapacità a mantenere autonomamente la pervietà delle vie aeree e di rispondere a stimoli fisici o a comandi verbali. La funzione cardiovascolare è abitualmente conservata. Anestesia generale Stato farmaco-indotto di perdita della coscienza, con totale perdita dei riflessi protettivi delle vie aeree, della capacità di mantenere la pervietà delle vie aeree autonomamente e di rispondere a stimoli fisici o comandi verbali. La funzione cardiovascolare può essere alterata. Sedazione dissociativa Stato catalettico simile alla trance indotto dall’agente dissociativo ketamina e caratterizzato da profonda analgesia ed amnesia, con conservazione del riflesso protettivo delle vie aeree, respirazione spontanea e stabilità cardiopolmonare. delle linee guida per la conduzione della sedazione/ analgesia da parte di personale medico non anestesista. Queste linee guida, oltre a riconoscere di fatto lo sviluppo e la diffusione in ambito non anestesiologico della procedura di sedazione, si propone di ridurre i rischi connessi a tale pratica. Traendo spunto dalle raccomandazioni per la sedazione procedurale da parte di non anestesisti proposte dall’ASA si possono riassumere 14 punti fondamentali(16-18). 1. Valutazione preliminare del paziente alcune condizioni patologiche preesistenti possono peggiorare l’outcome dei pazienti sottoposti a sedazione moderata o profonda. Pertanto viene raccomandato di sottoporre i pazienti ad un’appropriata valutazione pre-procedurale che deve comprendere: 1) il riconoscimento di condizioni patologiche dei principali apparati, 2) precedenti eventi avversi in occasione di sedazioni, anestesia locale o generale, 3) allergie a farmaci, terapie in atto e potenziali interazioni, 4) rilevazione del tempo trascorso dall’ultimo pasto e natura dello stesso, 5) uso di tabacco, alcool o sostanze d’abuso. La valutazione deve comprendere anche un esame obiettivo completo, soffermandosi in particolare sull’esame di cuore e polmoni (tabella III e IV). Nella valutazione delle vie aeree e dell’apparato respiratorio del paziente pediatrico prima di una sedazione è necessario ricordare che le differenze anatomiche tra adulto e bambino sono molte quali: 36 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica • la struttura delle vie aeree superiori (lingua più grande; laringe più alta – C2-C3 – e più anteriore; epiglottide più stretta ed anteriore rispetto al piano della trachea; piano delle corde vocali con asse angolato e non perpendicolare, con attacco anteriore più caudale di quello posteriore; restringimento sottoglottico a livello di cartilagine cricoidea che rappresenta il punto più stretto delle prime vie aeree fino agli 8-10 anni d’età; angolo di diramazione del bronco destro dalla trachea minore rispetto al sinistro; fisiologica ipertrofia adenoidea e tonsillare); • la ridotta capacità funzionale residua (assieme al fatto che la ventilazione alveolare è circa doppia rispetto all’adulto, di modo che la riserva inspiratoria e la tolleranza all’apnea sono minori). A ciò si associa la facilità con cui si sconfina in stadi profondi di sedazione. Tutti questi elementi rendono il paziente pediatrico maggiormente suscettibile di ostruzione delle vie aeree (poiché la resistenza delle vie aeree risulta inversamente proporzionale alla quarta potenza del raggio dell’area di sezione del condotto aereo, un edema circonferenziale a livello della glottide dello spessore di 1 mm aumenta la resistenza di 3 volte nell’adulto, ma di ben 16 volte nel lattante). Per quanto esposto gli effetti collaterali che possono occorrere nella sedazione pediatrica hanno caratteristiche proprie talora assai diverse da quelle dell’adulto. Anno 7 - numero 2 Sedazione procedurale per non-anestesisti Tabella III. Valutazione di problemi relativi alle vie aeree Dati clinici Anamnesi Stridore, roncopnea o apnea notturna. Precedenti complicanze durante procedure di sedazione/analgesia, anestesia locale o generale. Cromosomopatie (es., trisomia 21) Esame obiettivo Habitus Obesità significativa (specialmente se coinvolgente collo e strutture facciali). Testa e collo Collo corto, limitata estensione del collo, masse cervicali, disturbi del rachide cervicale o traumi, deviazione della trachea, dismorfie facciali (e.s., sequenza di Pierre-Robin). Bocca Piccola apertura (<3 cm), edentizione, incisivi che protrudono, denti mancanti o inclusi, protesi dentali, palato ad ogiva, macroglossia, iperplasia tonsillare, uvula non visibile. Mandibola Micrognazia, retrognazia, trisma, malocclusione importante. Tabella IV. Classificazione dello stato di salute secondo l’American Society of Anesthesiology (ASA) e rischio anestesiologico Classe Descrizione Esempi Opportunità della sedazione 1 Paziente sano Anamnesi muta. Eccellente 2 Paziente con una malattia sistemica di grado moderato (senza limitazioni funzionali) Asma moderato, disturbi convulsivi controllati, anemia, diabete mellito controllato. Generalmente buona Paziente con una malattia sistemica con limitazioni funzionali Asma da moderata a severa, disturbo convulsivo scarsamente controllato, diabete mellito scarsamente controllato, obesità moderata. Intermedia fino a scarsa, considerare il rapporto rischi/benefici 4 Paziente con una malattia sistemica grave a costante rischio di vita Displasia broncopolmonare grave, sepsi, grado avanzato di insufficienza respiratoria, cardiaca, epatica, renale od endocrina. Scarsa, i benefici raramente superano i rischi 5 Paziente critico che si ritiene non possa sopravvivere senza un intervento Shock settico, trauma grave. Estremamente bassa 3 2. Spiegazione della procedura e preparazione del paziente È importante spiegare ai pazienti, e/o ai loro tutori, le modalità con cui verrà espletata la sedazione, i rischi e i benefici connessi alla procedura ed ottenere un consenso scritto. La preparazione del paziente prevede inoltre l’accurata anamnesi rispetto al riempimento gastrico che dovrà essere messo in relazione al tipo di procedura ed all’urgenza della stessa ed inoltre in rapporto al livello di sedazione richiesto dalla procedura stessa). 3. Monitoraggio Il monitoraggio del livello di coscienza tramite valutazione della risposta verbale o di stimoli dolorosi può essere di aiuto nella valutazione del livello di coscienza. Per esempio un paziente che risponde solo con l’allontanamento allo stimolo doloroso è sicuramente ad Anno 7 - numero 2 un livello di sedazione profonda, mentre se risponde allo stimolo verbale sarà in uno stato di sedazione moderata (o cosciente). Oltre al livello di coscienza è fondamentale la valutazione della ventilazione, sia attraverso l’osservazione delle mucose, come il prolabio, sia l’espansione della gabbia toracica, ricordando che la saturimetria non è un sostituto del monitoraggio della funzione ventilatoria poiché mostra un problema respiratorio dopo qualche minuto dall’instaurarsi dell’insufficienza respiratoria. L’utilizzo della capnografia è raccomandato nel caso di sedazione profonda, specie qualora l’operatore sia fisicamente distante dal paziente come ad esempio in caso di RMN. La misurazione della pressione arteriosa (ogni 5 min) è consigliata in caso di sedazione profonda, dato l’utilizzo di farmaci che possono modificare i parametri emodinamici e, nel caso di cardiopatico o di precedenti di aritmia si consiglia il monitoraggio con ECG. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 37 Sedazione procedurale per non-anestesisti 4. Registrazione dei parametri misurati Valori dei parametri misurati andrebbero riportati prima e subito dopo la somministrazione del sedativo, durante (ad intervalli regolari) e dopo l’esecuzione della procedura. di somministrazioni o farmaci aggiuntivi. Inoltre per l’effetto additivo che possono avere alcuni farmaci fra loro, i dati in letteratura sono d’accordo nell’evitare, per quanto possibile, più di tre farmaci contemporaneamente(9, 19-20). 5. Presenza di un operatore dedicato al monitoraggio del paziente In letteratura è sottolineata la necessità di tre persone presenti durante la sedazione. Secondo Krauss gli operatori suggeriti sono un medico affiancato da un’infermiera o da un terapista del respiro(1). 10. Titolazione dei farmaci per via endovenosa Si raccomanda, soprattutto nella sedazione profonda, di somministrare i farmaci per via endovenosa (sia per poter modulare meglio la dose somministrata, sia per la costanza di assorbimento del farmaco) e di cominciare con dosi basse, per poi ripeterle fino ad ottenere l’effetto desiderato (titolazione). È importante tra le dosi vi sia un intervallo di tempo tale da consentirne la valutazione dell’effetto terapeutico. 6. Training del personale Vi sono numerosi articoli in cui viene fortemente raccomandata un’adeguata preparazione del personale addetto alla sedazione sia per quanto riguarda la farmacocinetica che la farmacodinamica dei farmaci utilizzati, sia per quanto riguarda l’utilizzo dei loro antagonisti. Inoltre l’operatore che monitora il paziente dovrebbe essere addestrato al riconoscimento delle complicanze associate alla sedazione/analgesia e alla valutazione del grado di sedazione raggiunto. Allo stesso modo si raccomanda fortemente che ci sia un operatore istruito sul PBLS e PALS in caso di sedazione profonda (o comunque un disponibile entro 5 min in caso di sedazione moderata). 7. Disponibilità di presidi d’emergenza È fondamentale avere a disposizione l’equipaggiamento idoneo (per completezza e misure) all’emergenza e, in caso di sedazione profonda, anche di defibrillatore (anche in caso di sedazione moderata se il paziente è cardiopatico). 8. Uso di O2 supplementare È raccomandata la supplementazione di ossigeno sia durante la sedazione moderata che profonda. 9. Associazione di farmaci Al fine di migliorare la qualità della sedazione o aumentare l’aspetto di analgesia richiesto da alcune procedure dolorose, è suggerita l’associazione di farmaci oppioidi ai sedativi normalmente utilizzati pur ricordando che in tal modo può aumentare l’incidenza di complicanze. In tali casi si raccomanda quindi di ridurre le dosi dei farmaci associati e di valutare la necessità individuale 38 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica 11. Accesso venoso Nella sedazione profonda va mantenuto per tutta la procedura e fino a che vi sia un rischio di depressione cardiorespiratoria. Non vi è un consenso rispetto al dover disporre di un accesso venoso pronto in caso di altre vie di somministrazione ma vi è accordo sulla necessità di avere un operatore in grado di reperire un accesso venoso in pochi secondi. 12. Antagonisti Pur ricordando gli effetti di riacutizzazione del dolore, tachicardia, ipertensione e possibile edema polmonare dell’antagonista degli oppioidi (Naloxone), la task force, analogamente alla letteratura, ne raccomanda fortemente la disponibilità e l’eventuale utilizzo. Va ricordata la fugacità dell’effetto a causa della breve emivita e quindi della possibilità di un rebound al termine dell’azione. Il medesimo discorso vale per l’antagonista delle benzodiazepine (Flumazenil). 13. Ricovero Il paziente dovrebbe essere tenuto in osservazione fino alla scomparsa del rischio di depressione cardiorespiratoria. Segni vitali e funzionalità respiratoria dovrebbero essere monitorati regolarmente fino alla dimissione che andrà eseguita nel momento in cui il paziente sia in grado di riprendere le normali funzioni psicofisiche. 14. Situazioni particolari Ogni qualvolta vi sia un rischio di complicanze connesso allo stato del paziente (ad esempio malfor- Anno 7 - numero 2 Sedazione procedurale per non-anestesisti mazioni anatomiche, patologie cardiorespiratorie) è bene consultare uno specialista anestesista. Una selezione attenta dei pazienti pediatrici candidati ad una sedazione procedurale eseguita da non anestesisti in procedure di elezione permette di ridurre di molto i potenziali rischi. Oltre alla valutazione del rischio anestesiologico, in ambito pediatrico vi sono alcune controindicazioni relative, come un’età inferiore all’anno di vita e/o una prematurità con meno di 60 setimane di età postconcezionale(2). Perché sedazione ed analgesia procedurale Per sedazione ed analgesia procedurale si intende la somministrazione di farmaci sedativo-ipnotici, analgesici e dissociativi che producano ansiolisi, sedazione, analgesia e controllo motorio durante procedure diagnostiche o terapeutiche invasive e dolorose(1). La necessità di sottoporre il bambino a procedure diagnostiche (ad esempio metodiche di diagnostica per immagini quali RMN, TC, scintigrafia, SPECT) e terapeutiche invasive (esami endoscopici, somministrazione farmaci intratecali) o dolorose (suture chirurgiche, riduzioni di fratture, riduzioni di ernie o di torsioni testicolari, puntura lombare, posizionamento di una via venosa, toracentesi, paracentesi, etc.) è aumentata notevolmente negli ultimi anni. Al fine di eseguire correttamente e nel minor tempo possibile tali procedure è necessario che il paziente, pur bambino, sia collaborante e talvolta assolutamente immobile. Ciò ha fatto sorgere la richiesta di tecniche di analgesia e sedazione adeguate alle specificità dell’età pediatrica, sia nelle pratiche in emergenza, quanto in quelle in elezione(2). Lo stress ed il dolore possono avere in emergenza un iniziale effetto benefico sul circolo e sulla funzione respiratoria grazie alla risposta catecolaminergica, tuttavia successivamente possono rendere difficile la stabilizzazione del paziente non collaborante, non solo per l’opposizione più o meno attiva alle manovre di supporto, ma pure perché la reazione fisiologica allo stress implica delle ripercussioni negative sull’omeostasi dell’organismo (aumento del consumo di O2, centralizzazione del circolo con conseguenti vasocostrizione periferica e splancnica, contrazione della diuresi e aumento della pressione intracranica(2). Le situazioni di emergenza in cui è indicata l’analgesia e/o la sedazione sono quanto mai varie: paziente politraumatizzato e/o traumatizzato cranico (dopo la valutazione primaria e la stabilizzazione ABC); esecuzione di suture chirurgiche superficiali e profonde; medicazione di ustioni; riduzione di fratture ed Anno 7 - numero 2 immobilizzazione dell’arto interessato; trasporto del bambino in condizioni critiche; procedure invasive nel paziente cosciente o comunque reattivo; ansia e agitazione; necessità di riduzione della mobilità spontanea (es., per la stabilizzazione cervico-spinale o per eseguire procedure radiologiche)(2). Ancor più nel dolore da procedura invasiva l’ansia, la paura ed il ricordo giocano un ruolo preponderante: il trauma emotivo subìto in concomitanza con la prima procedura dolorosa sperimentata, provoca nei piccoli pazienti un timore diffuso ad affrontare qualsiasi evento medico successivo. Weisman e colleghi in uno studio randomizzato e controllato che ha confrontato il trattamento con Fentanyl versus placebo durante le punture lombari e gli aspirati midollari, hanno osservato che i bambini che hanno ricevuto il placebo alla loro prima rachicentesi/aspirato midollare hanno continuato a presentare livelli di dolore significativamente più elevati rispetto al gruppo che è stato adeguatamente trattato fin dalla prima procedura(21). Per tale mole di evidenze, il trattamento del dolore da procedura è mandatario. Le linee guida dell’Associazione Italiana Emato-Oncologico Pediatrica (AIEOP), formulate in seguito ai riscontri in letteratura, prescrivono che almeno la prima puntura lombare/aspirato midollare nei bambini con patologia oncologica venga effettuata in sedazione(22). La Società Italiana di Gastro-Enterologia Pediatrica (SIGEP) consiglia di ricorrere alla sedazione quando si effettuano endoscopie digestive nei bambini e di monitorare il bambino prima, durante e dopo la procedura per valutare l’impatto immediato ed i possibili effetti tardivi sullo sviluppo psicologico del paziente(23). I farmaci Quali sono i farmaci di maggior utilizzo nella sedazione nel bambino? In realtà ad oggi non esiste un composto che racchiuda tutte queste le caratteristiche richieste per una sedazione procedurale pertanto si tratterà di decidere volta per volta il farmaco più adatto sulla base delle caratteristiche del paziente (età, condizioni respiratorie ed emodinamiche), della procedura ed esperienza dell’operatore(1, 2). I farmaci abitualmente utilizzati in corso di sedazione procedurale vengono suddivisi in cinque classi(1): • Sedativo-ipnoitici: o midazolam, diazepam, cloralio idrato, propofol, tiopentale (solitamente non preferito). • Dissociativi: o ketamina rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 39 Sedazione procedurale per non-anestesisti • Da inalazione: o protossido d’azoto. • Analgesici: o fentanyl, morfina. • Antagonisti: o flumazenil; o naloxone. Alla richiesta di una sedazione profonda propofol e ketamina risultano gestibili ed utilizzabili anche da non anestesisti seppur con le giuste precauzioni legate ai possibili problemi respiratori e di alterazioni emodinamiche. La sedazione può avvalersi di un unico farmaco oppure l’utilizzo combinato di farmaci di diverse classi a seconda della procedura. In caso di associazione il dosaggio del singolo farmaco sarà inferiore rispetto al dosaggio in caso di uso singolo(19, 20). Conosciamoli singolarmente. Midazolam È una benzodiazepina che agisce prevalentemente sull’amigdala, aumentando l’attività inibitrice del GABA tramite il legame con il suo recettore. Induce ansiolisi, ipnosi, miorilassamento, amnesia ed in caso si attività elettrica cerebrale alterata ha una buona funzione anticonvulsivante. Viene generalmente ritenuto un buon farmaco per la sedazione lieve-moderata nel caso di procedure brevi e poco dolorose. Per somministrazione endovenosa, l’effetto compare dopo circa 2-3 minuti, si mantiene per 45-60 minuti; dopo 15 min per via im e perdura 60-120 minuti; in caso di somministrazione per via orale o endonasale, l’effetto sedativo è più lento e si assesta attorno ai 15-20 minuti nel secondo e si mantiene per 60 minuti mentre, per os, l’onset è tra i 15-30 minuti con mantenimento per 60-90 minuti. Il midazolam può causare breve amnesia anterograda. Per quel che concerne l’interazione con altri farmaci, il midazolam possiede un’azione “sinergica” con gli oppiacei e potenzia l’azione sedativa centrale di neurolettici, antidepressivi ed alcol(24-29). Spesso è necessaria l’associazione con gli oppioidi poiché le benzodiazepine non posseggono un’azione analgesica; in tal caso è necessario ridurre la dose del midazolam. La dose somministrata e la velocità d’infusione sono direttamente correlate con la possibilità di depressione del respiro ed è possibile inoltre rilevare un moderato calo della PA ed aumento della FC. Possibili, nausea, vomito, singhiozzo, reazioni paradosse come allucinazioni o euforia, diplopia in 1-15% dei soggetti sedati con midazolam 30 mg. 40 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica L’effetto paradosso avviene nell’1% circa dei pazienti e prevalentemente in quelli più piccoli. L’utilizzo del midazolam per via endonasale tramite nebulizzatore permette una sedazione superficiale senza necessità di una via venosa e solitamente senza alterazione del respiro pertanto può essere di facile impiego in reparti ed in situazioni di emergenza (a tal proposito si ricorda la miglior efficacia nella sedazione delle convulsioni). Dosaggio 0,05-0,1 mg/kg e.v. o i.m. max 3 mg (5 mg nell’adulto) (iniettare lentamente per evitare la depressione respiratoria). 0,2-0,8 mg/kg per via nasale (esiste il dispositivo MUD che permette una miglior distribuzione e quindi assorbimento della mucosa nasale). 0,5 mg/kg os o rettale max 15 mg (azione in 1520 minuti; più rapido nel vestibolo della bocca). Trucco Può essere d’aiuto far creare dalla propria farmacia delle soluzioni di midazolam concentrate e con minor residuo alcolico al fine di ridurre il bruciore durante la somministrazione endonasale. Per la somministrazione per os invece è possibile creare delle soluzioni con aromi differenti (fragola, cioccolata, etc.). Protossido d’azoto al 50% Noto anche come gas esilarante è utilizzato in diversi paesi in miscela precostituita con l’ossigeno al 50% per le sue proprietà analgesiche e sedative dissociative nonché analgesiche senza il rischio, a tale concentrazione, di depressione del respiro. Può essere utilizzato a flusso libero o con valvola on demand per procedure che non richiedano una totale immobilità con durata limitata (consigliato come limite massimo i 30 minuti) e per pazienti, precauzionalmente, sopra i 3 anni di vita. Il punto di forza del protossido è la velocità di raggiungimento dell’effetto sedativo-analgesico (2-3 minuti) che è la medesima di smaltimento degli effetti del gas. Il protossido essendo un gas necessita di un sistema di smaltimento adeguato poiché è descritto come teratogeno nonché mielotossico in caso di utilizzo prolungato e frequente a determinate concentrazioni. Inoltre essendo un gas espansibile è necessario somministrarlo a pazienti in cui non vi siano problematiche relative a spazi dilatabili come ad esempio pneumotorace, occlusioni intestinali, etc. Le controindicazioni indicate quindi sono traumi cranici maggiori con alterazioni dello stato di coscienza o fratture craniche, occlusioni intestinali, pneumotora- Anno 7 - numero 2 Sedazione procedurale per non-anestesisti ce, pneumomediastino, alterazioni dello stato di coscienza post-traumatici o per patologie psichiatriche o intossicazioni da sostanze di abuso, infezioni dell’orecchio medio, miringoplastica eseguita di recente, traumi facciali importanti, malattie metaboliche, sinusite, reazioni allergiche pregresse al farmaco, allergie al lattice, utilizzo recente e/o frequente di protossido d’azoto, ipertensione polmonare, ipertensione endocranica, patologie cardiache, recenti immersioni subacquee. Le complicanze più comuni (da ≥1/100 a <1/10) segnalate sono nausea, vomito, capogiri, vertigini; quelle meno comuni (frequenza da ≥1/1000 a <1/100) sono astenia, sensazione di pressione nell’orecchio, gonfiore addominale, aumento volume gas intestinali, bradicardia/tachicardia. Infine vengono segnalati casi di anemia megaloblastica e leucopenia in caso di esposizioni prolungate e/o ripetute. Trucco Utilizzando la valvola on demand il gas viene somministrato in base alla richiesta del paziente (flusso generato dall’inspirio del paziente) e di conseguenza la dispersione nell’ambiente è ridotta. Propofol Farmaco ipnotico (famiglia dei barbiturici) a rapida emivita, efficace per via endovenosa con azione ipnotica ma non analgesica. Il picco solitamente si ha pochi secondi e si mantiene per 5-20 minuti dopo la sospensione della somministrazione. Dosaggio e rapidità di infusione sono correlati direttamente con la comparsa e l’entità della depressione respiratoria. Complicanze Se infuso non diluito o in un piccolo vaso il paziente sentirà un transitorio bruciore. Se somministrato velocemente il paziente potrà andare incontro a depressione respiratoria, ipotensione (data sia dalla riduzione delle resistenze periferiche che dall’effetto inotropo negativo), mioclonie, rarissime convulsioni. In caso di ipotensione è suggerita l’infusione di SF a 10-20ml/kg e nei casi più gravi adrenalina. Grazie alle sue proprietà antiemetiche ed euforizzanti è spesso preferito ad altri farmaci sedativi quali il tiopentale. Non usare in infusione continua per la rara ma descritta “propofol infusion sindrome” in bambini <3 anni d’età. Non usare in allergici a uovo, soia ed arachidi ed in pazienti con ipersensibilità nota verso propofol, soia, arachidi o uno qualsiasi degli eccipienti dell’emulsione. Dosaggio 1-2 mg/kg e.v. lentamente come induzione. Anno 7 - numero 2 0,5-1 mg/kg boli successivi di mantenimento max 7 mg/kg. Trucco Se il bambino è ancora sveglio la prima dose in vena è possibile somministrarla diluita con la soluzione fisiologica al fine di diminuire il bruciore durante l’infusione. In alcuni lavori il bruciore viene mediato tramite l’aggiunta di lidocaina 1%. Ketamina La ketamnina è un anestetico dissociativo con proprietà analgesiche e amnesiche a dosi subanestetiche. Crea uno stato dissociativo corticale molto utile in procedure dolorose e che necessitano l’immobilizzazione del soggetto. A differenza del propofol e delle benzodiazepine, la ketamina ha un minor effetto depressivo cardiorespiratorio, anche se può essere responsabile di apnea (nei bamhini più piccoli), laringospasmo (soprattutto nelle procedure con stimolo delle vie aeree) e ostruzione delle vie respiratorie per aumento delle secrezioni. Essendo simpaticomimetico può essere responsabile di tachicardia, ipertensione e broncodilatazione, effetti che possono essere sfruttati in caso di pazienti settici o asmatici. La somministrazione può avvenire secondo qualsiasi via: e.v., i.m., os, nasale e rettale. Usato spesso in preanestesia e soprattutto in procedure dolorose. Azione rapida, emivita 1-3 ore (effetto analgesico circa 30 minuti). Quali complicanze sono possibile incubi, allucinazioni, dissociazione, nistagmo (ricordare di spiegarlo ai genitori se sono presenti nella fase di induzione affinché non si spaventino), mioclonie, aumento delle secrezioni (scialorrea), laringospasmo, vomito. Aumenta il flusso ematico cerebrale e la pressione endocranica: controindicato in pazienti. a rischio di ipertensione endocranica. Preserva la stabilità cardiopolmonare, il tono della muscolatura delle vie aeree ed i riflessi protettitivi (somministrare lentamente per evitare depressione respiratoria). L’effetto non è un continuo dose-risposta (oltre 1-1,5 mg/kg e.v. o 34 mg/kg i.m. l’effetto dissociativo appare bruscamente). Endovena l’effetto compare dopo 1-2 min con durata di circa 10-30 min dell’effetto utile per la sedazione procedurale. Per via im effetto in 3-5 min e durata di circa 45-60 min. Può indurre salivazione (in genere controllata dalla premedicazione con atropina). Dosaggio 0,5-1 mg e.v. max 15 mg (infondere in 1-2 minuti). 3-5 mg/kg i.m. (in genere sufficienti 5 mg/kg) (max 50 mg). 5-10 mg/kg os. 3 mg/kg nasale. rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 41 Sedazione procedurale per non-anestesisti Trucco Preferibile in pazienti con storia di asma e in pazienti in cui la pressione arteriosa tenda ad essere bassa; possibile associarlo al propofol in rapporto 1:1 (ketofol) per contrastare gli effetti negativi rispetto all’ipotensione e bradicardia. Si possono ridurre le allucinazioni associandolo al midazolam. Cloralio idrato Il cloralio idrato è un idrocarburo alogenato con un’azione prevalentemente di sedazione-ipnosi ma senza proprietà analgesiche. La somministrazione può avvenire per via rettale (non salire più di 3 cm con il sondino) o per os. Il picco dell’effetto è tardivo (60 minuti) e l’emivita prolungata (4-14 ore per effetto di un metabolita attivo). Di ciò i genitori devono essere informati se il bambino viene inviato a domicilio dopo la procedura. Possibili aritmie, depressione del respiro, ipotensione, vomito, epatopatia, alterazioni gastrointestinali. Non esiste un antagonista. Cautela nell’associazione con benzodiazepine per il pericolo di depressione respiratoria. Molto usato in procedure diagnostiche non dolorose che richiedono immobilità (es., RMN) perché ha uno scarso effetto sui centri respiratori. A dosaggi elevati può causare depressione respiratoria ed ostruzione delle vie aeree. Il sapore è sgradevole per cui viene spesso somministrato nei bambini più piccoli tramite sondino naso gastrico o per via rettale. Interessante è la possibilità di somministrarlo anche a stomaco pieno nel caso in cui venga somministrato da solo. Dosaggio 25-50 mg/kg (fino ad un massimo di 100 mg/kg) max 1-2 g. Se il bambino scarica o vomita ripetere ½ dose. (Cloralio idrato galenico) (10%: 1 ml = 100 mg) (20%: 1 ml = 200 mg). Trucco Se dato ai genitori per somministrarlo per os prima di giungere in ospedale, accertarsi che il bambino non venga mai lasciato solo e mantenga una posizione del capo che permetta una buona apertura delle vie aeree. Fentanyl Potente oppioide privo di azione ansiolitica o amnesica. Se iniettato per via endovenosa ha un’ azione rapida (inizio in 30 secondi con picco a 2-3 minuti) ma con breve durata (20-40 minuti). Possiede un buon effetto analgesico per somministrazione intranasale (1,5-2 µg/kg). L’onset in caso di somministra- 42 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica zione per via nasale è solitamente attorno ai 5 minuti. Essendo un oppioide, il suo effetto è facilmente reversibile con il naloxone. A basse dosi non ha effetto sedativo (1-2 µg/kg) ed è in tal caso utile l’associazione con un sedativo-ansiolitico puro (es., midazolam). Causa meno comunemente di morfina e meperidina nausea e vomito ed inoltre non è responsabile di azione istamino-liberatrice. Può essere causa, seppur raramente, di rigidità toracica quando usato a dosaggi superiori a 3-5 µg/kg come dose bolo ed in bolo rapido(31). Dosaggio 1-3 µg/kg nasale 1-2 µg/kg e.v. (infondere lentamente) fino a 50 µg/dose, possibile ripetizione ogni 3 minuti, tirare per raggiungere l’effetto. Flumazenil È un antagonista competitivo delle benzodiazepine. È una imidazobenzodiazepina che può essere utilizzata per via endovenosa, nasale e rettale. L’attenzione dev’essere posta sull’emivita poiché quella del flumazenil è inferiore a quella del midazolam e pertanto si può avere un effetto rebound a distanza. Dosaggio 0,01-0,02 mg/kg ripetibile ad ogni minuto fino ad 1 mg. Naloxone Il naloxone è una molecola di sintesi che agisce in maniera competitiva sui recettori degli oppioidi. Il picco ematico se somministrato per via endovenosa è a 2 minuti dall’infusione ma l’effetto antagonista è dose e via di somministrazione-dipendente (più lunga se somministrato i.m.). L’emivita del naloxone può essere inferiore a quella di alcuni oppioidi e pertanto è necessario prestare attenzione ad eventuali nuove somministrazioni soprattutto in casi di emergenza come coma o depressione del respiro indotti da stupefacenti. Può causare nausea ed effetti simpaticomimetici. Dosaggio 0,1-0,2 mg/kg (con un massimo di 2 mg/dose) e.v. rapido seguito da eventuali boli ogni 60 secondi. Digiuno: Quando e come? Si è sempre detto che il digiuno è necessario in caso di sedazione per evitare le inalazioni di materiale gastrico e quindi le complicanze relative sebbene non vi sia una letteratura scientifica sufficiente per soste- Anno 7 - numero 2 Sedazione procedurale per non-anestesisti nere tale affermazione ed al contempo ci sia un numero insufficiente di evidenze che correlino il tempo di digiuno rispetto al tipo di procedura e sedazione o al tipo di cibo assunto. A ciò si aggiunge che in letteratura è stato segnalato fino ad ora un unico caso di inalazione durante sedazione in Pronto Soccorso e tale episodio non è stato comunque seguito da complicanze. Quello che ora quindi viene proposto è un accurata valutazione del tipo di sedazione rapportata sia alla procedura da eseguire sia al grado di riempimento gastrico. È evidente però che quanto più profondo è il grado di sedazione, tanto maggiore sarà il rischio di inalazione. Nel caso pertanto della somministrazione di protossido d’azoto, midazolam, ad esempio, non è necessario un tempo di digiuno minimo per eseguire la procedura poiché con tali farmaci solitamente si mantiene uno stato di coscienza e di integrità di riflessi di deglutizione e tosse che sono sufficienti ad evitare l’inalazione. Si può dire che a tal proposito in letteratura fino ad oggi vi sono solo due autorità: l’ASA che ha una scaletta piuttosto rigida di rapporto tempo e digiuno da determinati cibi (<5 mesi: non latte o solidi per 4 ore; 36 mesi: no latte o solidi per 6 ore; > 36 mesi: no latte o solidi per 8 ore; l’assunzione di liquidi chiari può continuare fino a 2 ore dalla procedura) ed il Consenso basato sulla pratica clinica proposto da Krauss e Green nel 2007 laddove vi è una stratificazione non solo in baso alla “categoria” del cibo quanto anche all’urgenza della procedura ed il grado di rischio del singolo paziente. Quest’ultimo Consensus pare più vicino alla realtà clinica di ogni giorno ed in qualche modo alle necessità del medico di Pronto Soccorso (tabelle V e VI). Tabella V. Pazienti a rischio standard Alimentazione nelle 3 ore prima Emergenza Urgenza Semi-urgenza Non urgente Niente Qualsiasi tipo di sedazione Qualsiasi tipo di sedazione Qualsiasi tipo di sedazione Qualsiasi tipo di sedazione Liquidi chiari Qualsiasi tipo di sedazione Qualsiasi tipo di sedazione Fino ad una sedazione profonda breve (<10min) compresa Fino ad una sedazione moderata >20 minuti compresa Snack leggero Qualsiasi tipo di sedazione Fino ad una sedazione profonda breve (<10 minuti) compresa Fino a comprendere sedazione dissociativa; una sedazione moderata <20 minuti Solo sedazione minima Pasto o snack pesante Qualsiasi tipo di sedazione Fino ad una sedazione moderata >20 minuti compresa Solo sedazione minima Solo sedazione minima Adattata da Green S, et al. Ann Emerg Med 2007. Tabella VI. Pazienti a rischio elevato Alimentazione nelle 3 ore prima Emergenza Urgenza Semi-urgenza Non urgente Niente Qualsiasi tipo di sedazione Qualsiasi tipo di sedazione Qualsiasi tipo di Qualsiasi tipo di sedazione sedazione Liquidi chiari Qualsiasi tipo di sedazione Fino ad una sedazione profonda breve (<10 minuti) compresa Fino ad una sedazione moderata >20 minuti compresa Solo sedazione minima Snack leggero Qualsiasi tipo di sedazione Fino a comprendere sedazione Solo sedazione minima dissociativa; una sedazione moderata <20 minuti Solo sedazione minima Pasto o snack pesante Qualsiasi tipo di sedazione Fino a comprendere sedazione Solo sedazione minima dissociativa; una sedazione moderata <20 minuti Solo sedazione minima Adattata da Green S, et al. Ann Emerg Med 2007. Anno 7 - numero 2 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 43 Sedazione procedurale per non-anestesisti Per paziente ad alto rischio gli autori intendono pazienti con una o più delle seguenti caratteristiche: • alterazione delle vie aeree che creino il rischio di una possibile ventilazione assistita difficile o prolungata riferibile (ad es., collo corto, micrognazia, macroglossia, tracheomalacia, laringomalacia, storia di intubazione difficile, anomalie congenite, apnee nel sonno); • condizioni predisponesti al reflusso gastroesofageo (es. aumento pressione intracranica, patologie esofagee, ernie iatali, ulcere peptiche, gastrite, ostruzioni intestinali, ileo, fistole tracheo-esofagee); • età <6 mesi o >70 anni; • ASA 3 o maggiore; • qualsiasi altra situazione che venga giudicata dal medico prontosoccorsista a rischio maggiore quali ad esempio alterazioni dello stato di coscienza. Attrezzatura La sedazione per quanto poco rischiosa soprattutto se è una sedazione cosciente non è completamente scevra di rischi. Per tale motivo è importante evitare di eseguire delle sedazioni in ambienti non protetti sia in termini di personale addestrato sia di attrezzature consone ad intervenire in caso di complicanze. Vie aeree: • capnografo o almeno saturimetro; • presa di O2; • pallone va e vieni; • ambu pediatrico a adulto; • cannula di Mayo; • cannule nasofaringee; • sondino da aspirazione; • set di intubazione per età/peso paziente (laringoscopio, tubi cuffiati e non); • nebulizzatore. Cardiocircolatorio: • agocannule; • ago da intraossea; • monitor ECG; • defibrillatore; • sfigmomanometro. Farmaci di minima: • adrenalina; • epinefrina; • atropina; • metilprednisolone; 44 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica • • • • • salbutamolo; dopamina; antistaminico; soluzione fisiologica; soluzione glucosata. Quale farmaco e per cosa? I diversi farmaci nominati si caratterizzano ciascuno per un particolare effetto: il midazolam per l’ansiolisi, il fentanest per l’analgesia, la ketamina per la dissociazione, etc. Conoscendo bene tali proprietà è possibile cercare di trovare una sorta di correlazione tra il tipo di procedura da eseguire ed il farmaco più idoneo, tenendo bene a mente le possibili controindicazioni. Ognuno poi dovrà utilizzare i farmaci in base alla propria conoscenza delle singole molecole ed alla situazione logistica in cui si trova ad operare. Alcuni esempi in tabella VII. La dimissione La dimissione del paziente sottoposto a sedazione deve avvenire quando le normali condizioni psicofisiche del paziente vengono ripristinate e quindi il rischio post-sedazione sia pressoché nullo. È necessario quindi assicurarsi che il paziente sia vigile e che i riflessi del vomito, della tosse e della deglutizione siano presenti per evitare inalazioni o soffocamenti, il recupero totale della capacità di movimento corrispondente all’età e sviluppo psico-fisico e l’assenza di nausea e/o vomito(17, 18). Per tale motivo è consigliato offrire da bere e da mangiare dopo il risveglio del paziente non appena questi sia in grado di farlo autonomamente(1). Un adulto dovrebbe essere sempre presente ed osservare il bambino fino al momento della dimissione. Può essere d’aiuto l’uso di scale per il monitoraggio della sedazione come l’Aldrete scoring system: un punteggio di 9-10 è compatibile con la dimissione(23). I parametri vitali devono essere ristabilizzati e mantenersi stabilmente nei range della norma per l’età, dal momento che alcuni farmaci sedativi possono alterare l’emodinamica e portare ad ipo-ipertensioni nonché ad alterazioni del ritmo come già discusso in precedenza anche a poca distanza dal termine della sedazione. Maggior attenzione e cautela nella dimissione andrà mantenuta per i pazienti a cui sono stati somministrati gli antagonisti poiché questi posseggono un’emivita inferiore rispetto agli agonisti e possono pertanto verificarsi dei rebound dopo la dimissione. In tal senso è necessario istruire correttamente ed in modo esaustivo i genitori in dimissione al fine di evitare incidenti nelle ore successive. Anno 7 - numero 2 Sedazione procedurale per non-anestesisti Tabella VII. Esempi di associazione tra farmaci e procedure Procedure Farmaci Indagini radiologiche Midazolam Cloralio nei più piccoli Propofol (nelle procedure lunghe o nei traumi cranici ad esempio) Manovre ortopediche (ad es., riduzioni di fratture, immobilizzazioni, Fentanest nasale solo o + midazolam per os/nasale riduzione lussazioni) Propofol Ketamina Protossido d’azoto Sutura di ferite Protossido d’azoto Midazolam per os/nasale + anestesia locale Protossido + midazolam os/nasale + anestesia locale Rachicentesi/midolli Protossido + midazolam per os o nasale Propofol Midazolam per os/nasale (premedicazione) + ketamina e.v. Midazolam per os/nasale(premedicazione) + ketamina + propofol Medicazione di ustioni Riduzioni invaginazioni intestinali Ernie inguinali Midazolam Fentanest nasale solo o + midazolam per os/nasale Protossido + midazolam (non usare il protossido in caso di occlusioni o possibili perforazioni) Ketamina (ustioni maggiori) Broncoscopie/EGDS per corpi estranei Propofol o altra sedazione profonda Anestesia generale Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Barbi E, Marchetti F. Il bambino e il dolore; Pisa: Primula. 2005. 2. Weisman SJ, Berstein B, Schechter NL. Consequences of inadequate analgesia during painful procedures in children. Arch Pediatr Adolescent Med 1998; 152: 147-9. 3. Krauss M, Green SM. Sedation and analgesia for procedures in children. NEJM 2007; 342 (13): 938-45. 4. Krauss M, Green SM. Procedural sedation and analgesia in children. Lancet 2006; 367: 766- 80. 5. Gamboni A. Sedazione procedurale; SIMEU Emilia-Romagna e Marche, 66/2007. 6. Green SM, Krauss M. 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Zampogna2 S.O.C. di Chirurgia Pediatrica, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro SOC di Pediatria, A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro 1 2 Introduzione A causa della loro posizione, i testicoli sono frequentemente oggetto di traumi. Contrariamente a quanto si pensi, però, sono raramente colpiti da danni gravi, proprio grazie alla mobilità dello scroto. In età pediatrica i traumi dello scroto rappresentano complessivamente un’evenienza piuttosto rara. Tuttavia, già alla nascita lo scroto può andare soggetto a fatti traumatici in occasione di un parto in posizione podalica. I traumi testicolari possono essere divisi in rapporto all’agente etiologico in tre categorie (tabella I): 1. da urto (come un pugno o un calcio o una pallonata); sono i traumi più comuni; 2. penetranti (da arma da taglio o proiettile); 3. da strappamento. La dislocazione dei testicoli è rara e può verificarsi a seguito di un trauma da urto non adeguatamente curato. Ernie inguinali e atrofia testicolare possono essere fattori predisponenti. La maggior parte di questi casi sono conseguenza d’incidenti motociclistici in epoca adolescenziale e in un terzo dei casi vedono coinvolti entrambi i testicoli. I traumi testicolari occorrono prevalentemente nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 40 anni, l’obiettivo principale dell’intervento che segue il trauma è di conservare la gonade lesa e, più in generale, di preservare la fertilità del paziente, che è la prima funzione a essere compromessa. In soggetti predisposti, mancanti di strutture atte a fissare il testicolo, si può verificare dopo esercizio fisico la torsione del funicolo spermatico sul proprio asse, che ha come risultato l’ostruzione venosa, con edema ed emorragia Anno 7 - numero 2 secondaria intratesticolare e successiva occlusione arteriosa, che può portare alla necrosi del testicolo. Il quadro clinico che si associa è caratterizzato da dolore acuto, improvviso, anche in pieno benessere, con il testicolo richiamato verso l’alto a livello inguinale, l’emiscroto interessato aumentato di volume, la sintomatologia esacerbata dalla deambulazione e facies del paziente visibilmente sofferente. Tabella I. Classificazione traumi testicolari I stadio Contusione ed edema testicolare con albuginea integra, assenza di amatocele. II stadio Rottura e retrazione dell’albuginea con protrusione di polpa testicolare, oltre alla costante presenza di amatocele. III stadio L’albuginea e la polpa testicolare sono nettamente sezionate in due frammenti che possono ruotare facendo perno sull’epididimo intatto; i due frammenti risultano in genere vitali alla esplorazione chirurgica; l’ematocele è costantemente presente. IV stadio Frammentazione testicolare completa con imponente amatocele; talvolta il frammento del polo superiore del testicolo a contatto con l’epididimo può conservare una certa vitalità. Caso clinico Trauma testicolare IV stadio Si procede d’urgenza per trauma scrotale chiuso secondario ad agente traumatico diretto (calcio) e fon- rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 47 Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari data supposizione di coinvolgimento del complesso didimo-epididimario. Anamnesi accurata positiva per trauma. Quadro clinico: dolore, arrossamento e tumefazione a carico dell’emiscroto sinistro. Incisione scrotale sinistra alla radice della borsa. Estrapolato dalla breccia chirurgica il complesso didimo-epididimo-vaginale ed aperta la vaginale propria: presenza di imponente ematocele con sezione netta circonferenziale dell’albuginea e della polpa testicolare tale da ingenerare due frammenti gonadici; l’uno rappresentato dal polo superiore della gonade, l’altro – più esteso – rappresentato dal polo medioinferiore. Quest’ultimo in preda a frammentazione completa del parenchima con concomitante infarcimento emorragico; l’altro frammento (polo superiore) a contatto con l’epididimo, conserva una certa vitalità (IV stadio di Sauvage). Indenni epididimo e deferente. Ematoma della compagine funicolare emergente. Drenaggio della raccolta ematocelica. Asportazione della porzione gonadica frammentata avendo cura di preservare l’ilo del testicolo sul margine posteriore dell’organo leso. Controllo emostasi con apposizione di Floseal. Ricostruzione gonadica a carico del frammento vitale con sutura accurata dell’albuginea e riconfezione del seno dell’epididimo. Al termine: polpa ghiandolare ben coperta e parenchima vitale superstite tension-free. Riposizionamento della ghiandola ricostruita e messa dimora di drenaggio laminare a emergenza scrotale dal basso, spinto in alto fino all’aditus e alla parte iniziale del cordone spermatico. Chiusura della breccia scrotale (figure 1, 2 e 3 A-C). Discussione Morey e Rozanski su Campbell-Walsh Urology del 2007 riportano una serie di 480 traumi testicolari osservati negli ultimi 10 anni, dei quali 92 (19,16%) su pazienti d’età compresa tra 0-18 anni. 43 (46,73%) i traumi testicolari secondari ad azione traumatica diretta sulla borsa scrotale (urto), 41 (44,56%) conseguenti a strappamento, 8 (8,71%) quelli penetranti (tutti in adolescenti). Knight et al. analizzando la letteratura degli ultimi 15 anni (fino al 1984) riportano una percentuale di orchiectomie per esiti di trauma in età pediatrica pari al 30%; analoga disamina è stata condotta da nel 2003 per J Reprod Immunol da Hedger e Meinhardt, con una percentuale di gonadi asportate inferiore al 10% (su casistiche numericamente sovrapponibili sia pure con un maggior numero di lavori esaminati). Koester nel 2000 su J Athl Train, da una disamina della letteratura internazionale limitatamente al periodo 1992-1999 (7 anni), sempre per pazienti d’età compresa tra 0 e 18 anni, su 320 gonadi esaminate nelle differenti casistiche prese in considerazione, ha ritrovato al follow-up una percentuale di gonadi atrofiche per postumi di trauma vicina al 18% delle unità testicolari arruolate. Analoga revisione retrospettiva è stata condotta da Bowman, Nystrom e Myc A. – ciascuno per conto proprio e differenti pubblicazioni in letteratura – con risultati comunque non dissimili. I traumi testicolari provocano dolore nel 90%(1) dei casi, frequentemente associato a nausea e vomito. Il testicolo colpito si presenta gonfio e di consistenza ridotta in oltre il 70% dei casi, con un ematoma visibile nel 40%(1). Possono inoltre essere presenti ecchimosi (lividi) nelle regioni circostanti. Figura 1. Figura 2. Sezione netta circonferenziale dell’albuginea e della polpa Polo medio-inferiore in preda a frammentazione completa 48 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari A B C Figura 3. Controllo emostasi con applicazione di Floseal (A), ricostruzione gonadica (B) e risultato finale (C). Anno 7 - numero 2 Nelle lesioni penetranti è visibile una ferita con un punto d’entrata dell’arma (proiettile o lama). Molto spesso sono associate lesioni nell’emiscroto controlaterale e nella regione perineale. Lesioni dei vasi possono provocare grave danno al testicolo compromettendo l’afflusso di sangue. Inoltre è importante ricordare che in tali casi le ferite possono determinare la trasmissione di malattie come epatite C e B e altri tipi di infezioni genitourinarie. Il Chirurgo Pediatra interverrà anzitutto nella valutazione della lesione mediante l’esame del testicolo in questione, del controlaterale e della regione circostante. In secondo luogo, deciderà se richiedere un ecocolordoppler testicolare per valutare se sia presente un’emorragia intratesticolare e se ci siano rischi di rottura del testicolo, o ancora se avvalersi di indagini ancora più approfondite come la risonanza magnetica. Nei casi più lievi effettuerà le medicazioni del caso e prescriverà un controllo a distanza di tempo per stabilire se effettivamente non ci siano conseguenze sulla fertilità del paziente. Nei casi più gravi è possibile che sia necessario l’intervento di un chirurgo per un’eventuale ricollocazione o, infine, nei soli casi di rottura completa o trauma da avulsione, una sostituzione protesica. L’ecografia non utilizza radiazioni ionizzanti, non è invasiva, è facilmente ripetibile, è largamente diffusa sul territorio ed ha un costo non elevato rispetto ai benefici. Con l’introduzione delle sonde ad alta frequenza (da 7,5 MHz in poi) è attualmente possibile lo studio dettagliato delle “parti superficiali” come tiroide, ghiandole salivari, mammelle, muscoli, pene e testicoli. Già da parecchi anni ormai l’indagine ecografica applicata alla traumatologia sportiva si è dimostrata un valido strumento diagnostico nell’ambito delle lesioni muscolotendinee e ligamentose. L’impiego dell’ecografia è stato esteso anche ai traumi scrotali in associazione alla metodica Doppler. Seppur meno “datata” rispetto all’ecografia di altri organi l’indagine scrotale ha ottima attendibilità per la perfetta risoluzione delle immagini (figura 4). Tale ottima risoluzione, come accennato, è dovuta alle sonde a elevata frequenza possibili ad adoperarsi in strutture collocate superficialmente (più è alta la frequenza maggiore è la risoluzione e minore è la penetrazione in profondità). Pertanto con le alte frequenze si ottiene una migliore risoluzione dei particolari anatomici. Attualmente l’ecografia può essere considerata il primo approccio diagnostico strumentale in caso rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 49 Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari Figura 4. Figura 5. Ecografia del testicolo destro interessato da lieve edema post traumatico. Si riconosce chiaramente il didimo. Ecografia per trauma del testicolo sinistro con area iperecogena, ed ematosa sede del trauma stesso e completamento d’indagine con ecocolordoppler. di trauma sportivo, sempre supportata da un buon esame semeiologico clinico. L’indagine è priva di discomfort per il paziente e non somministra radiazioni ionizzanti. Si tratta quindi di un’indagine assolutamente non invasiva(1). Poiché ripetibile è utile per seguire nel tempo l’evoluzione dei reperti visualizzati. In confronto ad altre tecniche è operatore-dipendente. È quindi di fondamentale importanza che il medico ecografista possieda una notevole esperienza e che sappia instaurare uno stretto rapporto di collaborazione con il clinico e con tutti gli operatori che si fanno carico in qualche modo dell’atleta o dello sportivo in genere. I traumi testicolari nella pratica sportiva, e non solo, possono scatenare dei riflessi sistemici di ordine generale. I traumi testicolari possono essere secondari a incidenti sia stradali sia lavorativi oltre che a incidenti in corso di attività sportiva(2). Si possono avere anche traumi perineali diretti con compressione scrotale contro il pube. La sintomatologia è prevalentemente caratterizzata da dolore acuto a livello scrotale con irradiazione al funicolo e alle logge renali. L’esplorazione clinica manuale è difficoltosa per l’edema e il violento dolore (figura 5). Vi è la concreta possibilità di episodi lipotimici. Anatomo-patologicamente si può rilevare versamento emorragico nella vaginale propria che può organizzarsi e diventare una pachivaginalite emorragica secondaria. Nei traumi più gravi si possono registrare ematoceli e fissurazioni. Gli sport nei quali si hanno più frequentemente lesioni traumatiche a livello testicolare sono il baseball, il football americano, l’e- quitazione e il pugilato. Ai fini dell’idoneità alla pratica sportiva in presenza di ematocele, ma anche di varicocele e di idrocele, si dovrebbero sconsigliare il calcio, il rugby, la pallacanestro, la pallavolo, il pugilato, la ginnastica, il ciclismo, l’equitazione, la lotta, la pesistica, il baseball. Sono invece consigliati gli sport acquatici e l’atletica leggera. L’indagine ecocolordoppler attualmente rappresenta un valido supporto per lo studio dei casi di “scroto acuto” in quanto rende immediata evidenza della vascolarizzazione con possibilità di eseguire studi morfologici e funzionali piuttosto accurati(3). Questo naturalmente non può prescindere da un’eccellente attrezzatura ad alta risoluzione in grado di rappresentare flussi relativamente bassi e vasi sottili. Il color Doppler è un’ottima metodica per lo studio delle strutture scrotali sia da un punto di vista morfologico che funzionale. Il Doppler aggiunge all’esame ecografico tradizionale una specie di quarta dimensione, cioè il dato emodinamico. Le moderne apparecchiature ecografiche dotate di color Doppler e di power Doppler hanno fatto conseguire alla metodica l’attributo di “gold standard” nello studio delle patologie scrotali acute, infiammatorie e vascolari (figura 6). La tecnologia è in rapidissima evoluzione: l’ecocolordoppler è un passo diagnostico irrinunciabile, anche se è sempre necessario confrontare le diagnosi con correlazioni cliniche e terapeutiche. Raramente si impiegano nello studio dei traumi testicolari i mezzi di contrasto ecografici che allo stato attuale non forniscono importanti incrementi diagnostici in que- 50 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari Figura 6. Esame ecocolordoppler condotto a livello del funicolo sede di trauma. Si evidenzia spettro Doppler caratterizzato da rapida ascesa sistolica e flusso diastolico a bassa velocità. sto distretto. Spesso giovani pazienti si presentano all’osservazione per traumi scrotali conseguenti a incidenti durante la pratica di sport di tipo non agonistico. Obiettivamente si riscontrano tumefazione delle borse scrotali e dolore ai didimi e soffusione emorragica più o meno accentuata. L’esame ecografico deve essere eseguito con apparecchio con sonda almeno da 10 MHz e color power Doppler con valutazione dello spettro Doppler delle arterie testicolari, iniziando dallo studio del testicolo meno dolente o non dolente. Successivamente con il color power Doppler si valuta il parenchima dei didimi. Allo scopo di ottimizzare la valutazione dei flussi lenti la PRF (Pulse Repetition Frequency) deve essere compresa intorno ad 1 KHz ed i filtri di parete devono essere posizionati ai valori minimi possibili. Infatti, tutte le strutture in movimento all’interno del volume campione originano segnali Doppler per cui possono crearsi artefatti causati dalla pulsazione delle pareti vasali o dai margini di lesioni patologiche. Questi “rumori” possono essere soppressi ricorrendo ai filtri sopracitati che cancellano tutti i segnali inutili. Lo studio dei pazienti va eseguito entro le 24 ore dal trauma. Visualizzando il lato non dolente si riscontra un tipico flusso sistolico a rapida ascesa (onda anacrota) associato a un equivalente rapido decremento della velocità di flusso durante la diastole (onda dicrota). Il color power Doppler evidenzia una normale vascolarizzazione del parenchima. Dal lato dolente l’arteria testicolare evidenzia sempre una rapida ascesa, ma Anno 7 - numero 2 con flusso diastolico a bassa velocità che si prolunga in un plateau positivo fino alla seguente curva sistolica in ascesa. Il color Doppler del parenchima visualizza un’ipervascolarizzazione a tipo di “tempesta vascolare”. A 48-62 ore si osserva un progressivo decremento del plateau sopra descritto, fino alla sua definitiva scomparsa dopo circa tre giorni dall’evento traumatico. Il segnale color power Doppler va anch’esso via via normalizzandosi. Generalmente gli stessi pazienti, ricontrollati a distanza di sei mesi con indagine tradizionale B-mode, presentano una certa disomogeneità del parenchima con lieve riduzione del volume testicolare. Il color power Doppler mostra una modesta ipovascolarizzazione rispetto al testicolo controlaterale. Dopo un trauma specialmente nelle fasce di età immediatamente pre e post-puberali è importantissimo escludere l’eventuale torsione del testicolo, evento dalle ben note importanti conseguenze(4). Considerazioni e conclusioni Un testicolo traumatizzato può andare incontro a ipofunzionalità con ridotta capacità di procreazione. L’indagine ecografica assume pertanto particolare valenza per gli specialisti del settore. Il trattamento dei traumi dello scroto è correlato ai vari momenti etiopatogenetici. L’ematoma della parete scrotale, in rapporto alla sua entità e possibile evoluzione, deve essere drenato chirurgicamente. L’atteggiamento medico nei traumi testicolari può dividersi o susseguirsi in due momenti: osservazione clinica ed eventualmente ecografica; trattamento chirurgico. Anche nei casi di frammentazione multipla del testicolo, l’orchiectomia non deve essere la regola (come dimostrato dal case report esposto). I traumi scrotali in età pediatrica sono un’evenienza piuttosto rara. La diagnosi può essere certamente basata sull’anamensi e sull’esame clinico, ma di indubbio ausilio l’indagine ecografica ed ecocolordoppler(5). L’ecocolordoppler riveste quindi un ruolo preminente nell’approccio ai traumi scrotali(6), in quanto esame di prima istanza, di facile esecuzione, di ottima attendibilità e dirimente per la condotta terapeutica. Si tratta per i traumi dello scroto di una patologia che, se non ben valutata, può presentare risvolti irrimediabilmente dannosi(7, 8). L’esame obiettivo a volte è di scarso aiuto per la presenza di una massa scrotale mal definibile e dolente(9, 10). Il quadro clinico può sovrapporsi a quello riferibile ad altre patologie e l’insidia dell’errore diagnostico è tanto maggiore quanto rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 51 Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari più il trauma è retrodatato(11, 12). Nei traumi scrotali con lesioni testicolari il trattamento chirurgico deve mirare prevalentemente alla ricostruzione della ghiandola con sutura dell’albuginea e riservare la castrazione a situazioni non altrimenti riparabili, rigettando di principio la menomazione(13). 52 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Bibliografia essenziale Bibliografia essenziale 1. Morey AF, Rozanski TA. Campbell-Walsh Urology. Genital and lower urinary tract trauma Amsterdam. Elsevier 2007; 2649-55. 2. Knight PJ, Vassy LE. The diagnosis and treatment of the acute scrotum in children and adolescents. Ann Surg 1984; 200: 664-73. 3. Koester MC. Initial evaluation and management of acute scrotal pain. J Athl Train 2000; 35: 76-9. 4. Galisteo MR, Nogueras OM, Tinaut RF, et al. External genital injuries during childhood. Arch Esp Urol 2002; 55: 813-8. 5. Bowman JR, Anton M. Spermatic cord hematoma in a collegiate football player: a case report. J Athl Train 1998; 33: 65-8. 6. Nystrom PO. 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Dopo la stabilizzazione il bambino può essere: • trasferito presso l’U.O. di Rianimazione aziendale; • trasferito presso altre U.O. di Rianimazione di altre aziende; • ricoverato presso l’U.O.C. di Pediatria, nel caso non necessiti di ulteriore terapia rianimatoria ma sia ancora necessaria assistenza semintensiva e continuo controllo dei parametri vitali. Il trasporto in rianimazione di altre aziende viene essere effettuato sempre con ambulanza aziendale di tipo A, con il rianimatore ed il pediatra reperibile. Tutti i pazienti con codice colore bianco, verde e giallo sono accompagnati presso il Pronto Soccorso Pediatrico, allocato nell’U.O.C. di Pediatria. I percorsi sono esplicitati in figura 1. Rianimazione ROSSO Ambulatorio spec. o PLS BIANCO Codici di gravità Ricovero ordinario presso la S.C. di Pediatria ed assistenza semintensiva giallo VERDE Dimessi PS Oss. breve (box 2) Figura 1. Percorsi di gestione del paziente critico Anno 7 - numero 2 rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 53 Domande al dott. Antonio Vitale I pazienti cronici con riacutizzazione rappresentano, nella sua esperienza, una popolazione in aumento? E che problematiche pongono? I pazienti cronici sono in numero crescente per le migliorate cure già dall’età neonatale; le patologie stesse sono ad alto rischio di criticità, per cui rappresentano un numero elevato di accessi ripetuti in Pronto Soccorso. È importante la conoscenza delle patologie croniche presenti nel bacino di utenza di ogni Presidio Ospedaliero, per la migliore assistenza in caso di riacutizzazione di una patologia cronica. Questo problema è risolto in modo semplice ad Avellino, infatti, il Servizio Territoriale provvede ad inviare all’Ospedale una relazione conclusiva del bambino dimesso da un centro di III livello, affinché l’Ospedale conosca il caso e sia pronto per l’assistenza delle eventuali criticità intercorrenti. In questo modo per alcuni bambini con patologie metaboliche tra i protocolli di reparto sono presenti gli specifici schemi terapeutici. Con quali modalità si aggiorna il suo personale medico ed infermieristico? Ogni anno il Centro di Formazione Aziendale invia ad ogni U.O.C. il prospetto dei fabbisogni formativi del personale della stessa e collabora nell’accreditamento e nella realizzazione dei convegni e corsi proposti. Ritiene che un reparto pediatrico debba avere anche una cultura intensivistica/semi-intensivistica? Se sì, fino a che punto? Ritengo fondamentale che ogni U.O.C. di Pediatria implementi la cultura intensivistica/semi-intensivistica, perché comunque viene ad affrontare problematiche di questo tipo e non può esimersi da tale compito. Piuttosto, il problema diventa di carattere organizzativo per le fasi successive alla stabilizzazione delle condizioni critiche del paziente pediatrico. La creazione di posti letto di assistenza semintensiva, credo, debba essere pensata per quelle U.O.C. che possano avvalersi di Rianimazioni aziendali, che possano supportarle in caso di terapie intensive non differibili. Ritiene necessario strutturare un percorso formativo intensivistico/semi-intensivistico per il pediatra ospedaliero? Chiaramente un percorso assistenziale così delicato non può essere implementato senza un preventivo percorso formativo, che permetta ad ogni pediatra di affrontare la stabilizzazione del paziente critico e la successiva assistenza semintensiva. Che ruolo può avere la SIMEUP in questo campo? Il ruolo della SIMEUP è fondamentale, perché in più di 20 anni ha sviluppato percorsi organizzativi e formativi importanti per migliorare l’assistenza del bambino critico. Il pacchetto formativo SIMEUP ed i nuovi percorsi formativi implementati con l’AHA forniscono la cultura necessaria a prestare le cure necessarie al paziente pediatrico sia sul territorio sia in Pronto Soccorso sia in ospedale. Dai corsi di triage, tossicologia, PBLSD, pears, intermediate, PALS, simulazione, etc. si può attingere tutti gli strumenti culturali e pratici per far crescere l’assistenza del paziente critico. Questo è stato da sempre un obiettivo della SIMEUP. 54 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 L’inviato speciale 2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week, Hubei, Cina SIMEUP in Cina S. Rugolotto Consigliere Nazionale – Referente Formazione SIMEUP Dal 20 al 23 settembre 2013 si è tenuto a Jingzhou nella provincia dello Hubei in Cina, il “2nd ChinaItaly Medical Culture Exchange Week”. Insieme a SIMEU, SIMEUP ha partecipato come partner di riferimento per l’emergenza pediatrica italiana, portando in particolare la sua esperienza nel campo della formazione per l’emergenza pediatrica. La Cina in questo momento ha all’attivo numerose collaborazioni in campo sanitario ed universitario e da due anni la grande provincia dello Hubei nella zona centrale della Cina ha iniziato un percorso di formazione nell’ambito dell’emergenza urgenza con SIMEU. SIMEUP è intervenuta nell’ambito dell’emergenza pediatrica e nello scambio culturale tra professionisti nel campo della Pediatria. L’evento si è svolto principalmente presso il Jingzhou Central Hospital, Ospedale di riferimento per molte contee di questa provincia. Fondato nel 1950, teaching hospital per l’Università di Wuhan, con 2200 posti letto, 1 milione di accessi di outpatient l’anno, 20000 interventi chirurgici per anno, con 1900 medici in staff, 35 dipartimenti, 40 specialità. Ogni sessione prevedeva una parte svolta dalla delegazione italiana e una parte svolta dai medici cinesi. Tra gli argomenti trattati vi sono stati: tattiche di ventilazione meccanica nell’insufficienza respiratoria, il sistema italiano di emergenza, organizzazione di un servizio di trasporto neonatale, la formazione nel campo del trauma pediatrico, gestione della nascita d’emergenza fuori sala parto, patofisiologia dell’insufficienza respiratoria, biopsie linfonodali Anno 7 - numero 2 attraverso i bronchi, trattamento della pancreatite acuta, gestione del paziente nel postoperatorio, pneumotorace nel neonato, trattamento della sindrome mani piedi bocca grave nel bambino, trattamento olistico da parte dell’infermiera, formazione specialistica infermieristica, trattamento avanzato dei tumori ossei e della displasia dell’anca. La parte più interessante è stata la permanenza nei reparti specifici (pronto soccorso, chirurgia, pediatria, terapia intensiva, oncologia, neonatologia) a contatto con i medici, gli infermieri e i pazienti cinesi, per permettere un vero scambio di cultura medica sul campo. Il 23 settembre a chiusura dell’evento ha avuto luogo il Meeting di Cooperazione Cina-Italia. Moderatore è stato il Direttore Sanitario Huang Lingshen. Il presidente dell’Ospedale Xiang Huaxiang in questa occasione ha espresso la sua soddisfazione per i molti benefici ottenuti da questo scambio culturale, evoluto da un iniziale scambio nel campo dell’emergenza urgenza a quello della pediatria, dell’oncologia, della chirurgia. Tutta la città di Jingzhou ne è stata coinvolta, ha affermato, ottime sono state le relazioni degli interventi. A conclusione del suo intervento il Presidente ha ringraziato per la disponibilità italiana ad accogliere il medico Jin Ping che in Italia a Torino riceverà sicuramente ottima formazione. Il Presidente dell’Ospedale ha auspicato infine che vi sia una terza settimana di scambio culturale nel futuro più prossimo. L’accoglienza delle Autorità rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica | 55 2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week, Hubei, Cina cinesi è stata ottima, e il Responsabile della delegazione italiana dott. Carbone ne ha dato testimonianza nel corso del suo intervento di saluto al Presidente. Il 24 settembre SIMEU e SIMEUP hanno quindi visitato il “Renmin Hospital of Wuhan University”, Ospedale Universitario di Riferimento della città di Wuhan di 10 milioni di abitanti, fondato nel 1923. La presentazione dell’Ospedale è stata fatta alla delegazione italiana dal Presidente dell’Ospedale dott. Tang Dizhou: ha 65 dipartimenti, 3000 posti letto, di cui 72 nel reparto di pediatria, 4700 medici, compresi 580 professori. Tra i migliori nel rank cinese, con 800 chirurghi esegue 45000 interventi chirurgici per anno, 1 milione di accessi di outpatients, 110.000 ricoveri l’anno. È un teaching hospital di riferimento nazionale, nel rank cinese in prima posizione per la medicina cardiovascolare. Ha all’attivo numerose collaborazioni nazionali e internazionali. In particolare è al centro di un network di 14 ospedali nella provincia dello Hubei, tra cui Jingzhou. Particolarmente interessante è stata la visita nei rispettivi reparti dell’Ospedale di Wuhan. In particolare la visita è proseguita presso la terapia intensiva neonatale, il reparto di pediatria, di OBI pediatrico, di PS pediatrico. Tra i problemi emergenti rilevati dai medici cinesi è da ricordare il contenzioso medico legale in aumento esponenziale, il problema di adeguamento delle risorse umane (numero di medici e infermieri insufficienti e non sostituiti), l’implementazione nel campo della formazione per diffondere più alti standard di medicina occidentale. Questo modello di scambio culturale ha presentato molti punti favorevoli: la possibilità di conoscere direttamente le diverse realtà sanitarie, la possibilità di progettare e condurre piani di cooperazione internazionale con ricadute positive per entrambi i partner, di rilevare problematiche comuni e di osservare soluzioni che possono essere potenzialmente favorevoli anche in setting molti diversi. SIMEUP potrebbe in un futuro prossimo intrecciare interessanti cooperazioni nel campo dell’emergenza pediatrica con la Cina, la nazione che in questo momento ha la maggior potenzialità di sviluppo economico e culturale sanitario. 56 | rivista di Emergenza e Urgenza pediatrica Anno 7 - numero 2 rivista di Anno 7 - numero 2/ 2013 EMERGENZA E URGENZA PEDIATRICA Periodico quadrimestrale di informazione e dibattito della Società Italiana di Emergenza e Urgenza Pediatrica (SIMEUP) Disidratazione in corso di gastroenterite: proposta di percorso gestionale L’accesso intraosseo nell’emergenza pediatrica ALTE e stroke: percorsi in emergenza Un caso di dolore ed impotenza funzionale Il pronto soccorso dà i numeri: indagine conoscitiva sugli accessi in pronto soccorso in età pediatrica editoria Rachitismo carenziale slatentizzato da gastroenterite acuta con necessità di posizionamento di accesso intraosseo advertising web Stroke ischemico in età pediatrica: due casi senza spiegazione ® multimedia Posizionamento del sondino nasogastrico Sedazione procedurale per non-anestesisti eventi Eco ed ecocolordoppler: importanti dotazioni strumentali nel management dei traumi testicolari Domande al dott. Antonio Vitale pantone 2602 coolgrey 9 ® contact direzione/amministrazione: sedi di rappresentanza: 2nd China-Italy Medical Culture Exchange Week, Hubei, Cina 80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio Phone +39 081621911 • Fax +39 081622445 20097 S. Donato M.se (MI) – 22, Via A. Moro 50132 Firenze – 17/a, Via degli Artisti cyano 60 / 90 magenta nero 60 ® www.menthalia.it – [email protected] 2