4 S in alute Se ci tieni al sorriso, via la placca! Il 60% della popolazione italiana è affetta da un’infiammazione delle gengive, dalle forme più lievi alle più gravi. Ma spesso i pazienti si rivolgono al dentista solo quando la malattia gengivale è in fase avanzata, o addirittura quando ha già provocato la perdita di qualche dente. È invece necessario intervenire appena si manifestano i primi sintomi: fastidio, dolore, sanguinamento delle gengive, sensibilità al caldo e al freddo, sono campanelli d’allarme da non sottovalutare se si vuole arrestare la progressione di una patologia insidiosa e più pericolosa di quanto si crede. Anche per questo problema, comunque, la strategia più efficace resta la prevenzione. info www.odonto-net.it www2.xagena.it PARODONTOPATIE U na volta si chiamava piorrea; oggi si parla invece più in generale di parodontopatie, cioè di alterazioni di quelle strutture che vanno sotto il nome di parodonto. Non si tratta di un’unica entità, ma di un insieme di tessuti che comprende la gengiva, il cemento radicolare, il legamento parodontale e l’osso alveolare. In sintesi, ci riferiamo a tutto l’apparato che sostiene il dente e lo tiene ben ancorato nelle arcate. Molti dei 250 tipi di batteri che provocano malattie del cavo orale sono capaci di attaccare le gengive, depositandosi sotto forma di placca insieme ai residui di cibo a livello del colletto dei denti. Cattiva alimentazione, abuso di alcuni farmaci, fumo e alcool diminuiscono le difese dell’organismo nei confronti di questi germi, ma è soprattutto un’insufficiente igiene orale quella che lascia ai microscopici nemici delle nostre gengive lo spazio e il tempo necessario per agire. Infatti, se non viene rimossa con un’accurata pulizia, dopo 24 ore, al massimo 48, la placca si calcifica trasformandosi in tartaro. Il tartaro infiamma la gengiva che si arrossa, si gonfia, sanguina con facilità e poi inizia a ritirarsi distaccandosi dal dente. Spesso si manifesta anche il fastidioso sintomo dell’alito cattivo. È la gengivite, il primo stadio della malattia parodontale, che può essere fermata con l’intervento di pulizia profonda effettuato dal dentista. Se invece la si lascia progredire, l’infiammazione provoca un solco sempre più profondo tra gengiva e dente (la cosiddetta “tasca”), dove i germi proliferano alla grande. Le sostanze tossiche che essi producono iniziano ad attaccare l’osso su cui sono impiantati i denti e progressivamente lo distruggono: i denti perdono il loro ancoraggio, cominciano a “ballare” e infine si staccano. Ma la perdita dei denti, per quanto temibile e temuta, non è ancora il peggiore dei mali. Infatti un’indagine clinica condotta su oltre 20.000 soggetti di età compresa tra i 25 e i 74 anni ha dimo- strato che negli uomini affetti da parodontopatia il rischio di malattie coronariche è superiore del 25% rispetto al resto della popolazione. Dunque la prevenzione di patologie gravi come tromboembolie, infarti, ictus cerebrali passa anche, e in misura non certo trascurabile, da un buono stato di sa- LE GENGIVE IN DOLCE ATTESA Si sa fin dall’ottocento che la gravidanza influisce negativamente sullo stato di salute delle gengive, ma oggi conosciamo bene i meccanismi che stanno alla base di questo problema. Ne sono responsabili soprattutto gli ormoni (estradiolo e progesterone) che facilitano la moltiplicazione dei batteri nel cavo orale e che in gravidanza aumentano notevolmente; inoltre le difese immunitarie della donna incinta sono diminuite, quindi i batteri stessi risultano più aggressivi. Ma un dato molto importante emerge da studi recenti, che hanno evidenziato lute delle gengive. La parodontopatia può essere causata anche da piccoli traumi ripetuti come quelli che si verificano in presenza di otturazioni mal eseguite o protesi dentarie usurate o posizionate male; un altro fattore importante è il diabete che anzi, in certi casi, viene scoperto proprio perché il paziente inizia a soffrire di gengivite e a perdere i denti. È anche da tener presente una causa di tipo genetico: in alcuni ceppi familiari è infatti poco efficace la risposta immunitaria dell’organismo nei confronti dei batteri, che risultano quindi più aggressivi. Ecco perché le parodontopatie, pur essendo molto comuni nell’età avanzata, possono manifestarsi anche in soggetti molto giovani. Quando la malattia è ormai progredita, oggi l’unico rimedio è quello chirurgico. Il dentista interviene asportando la tasca gengivale o, se necessario, levigando e rimodellando l’osso; ma in seguito è la possibilità di trasmissione dell’infezione gengivale all’apparato genitale e urinario. Le tossine prodotte dai batteri e alcune sostanze (prostaglandine ed interleukina) prodotte dall’organismo materno in risposta all’infezione rappresentano un notevole fattore di rischio per il parto prematuro e per la nascita di bambini sottopeso, come conferma una ricerca condotta presso l’Università di Birmingham su 800 donne gravide, che presentavano nel 22% dei casi seri problemi alle gengive. Dunque, in gravidanza è particolarmente importante curare l’igiene orale e correre dal dentista ai primi segni di disagio gengivale. indispensabile che il paziente mantenga un’accurata igiene orale per evitare le ricadute. Per quanto riguarda le terapie future sono in corso di sperimentazione, e probabilmente saranno disponibili a breve, molecole capaci di ricostruire qualunque tipo di osso. Si tratta delle proteine osteomorfogenetiche, le quali, applicate nelle zone affette da malattia parodontale, agiscono con due diversi meccanismi: da un lato stimolano la produzione di cemento dentale da parte delle cellule destinate a questo scopo; dall’altro attivano altre cellule, gli osteoblasti, inducendoli a produrre nuovo osso alveolare. In tal modo l’apparato di sostegno del dente, intaccato dalla malattia, si rigenera e i denti si ancorano di nuovo saldamente all’osso. Uno studio condotto congiuntamente dal Policlinico Gemelli di Roma e dalla Columbia School di New York ha dimostrato una buona efficacia della propoli nella terapia delle parodontopatie. L’applicazione locale di uno spray a base di propoli ha infatti ridotto drasticamente, dopo otto giorni, gran parte dei batteri presenti nelle tasche gengivali di un campione di 80 pazienti. Ma l’arma più efficace rimane comunque la prevenzione: eliminare i fattori nocivi come il fumo e la cattiva alimentazione e, soprattutto, dedicare dopo ogni pasto il tempo necessario ad una corretta igiene dentaria. Sofia Casoli