la tesina - Caritas Diocesana Vicentina

Studente: De Monte Indra
Classe: 5° C bio
“Lembo del mantello”
Progetto della Caritas Diocesana Vicentina
“Non chiudere per rimuovere, ma aprirsi per riprogettare un nuovo
modello di detenzione, che lasci spazio a momenti di socialità, che rilanci
dei percorsi di rieducazione e di reinserimento validi ed efficaci”
Don Luigi Ciotti
Il “Lembo del mantello” è un progetto della Caritas Vicentina, che si pone come obiettivo il
reinserimento nella società di alcuni detenuti. Questo avviene offrendo loro percorsi lavorativi
anche durante il periodo di detenzione.
Si è visto che spesso non sono presenti una famiglia e una casa pronte ad accogliere l’ex-detenuto al
termine della pena; a questo si aggiunge la mancanza di prospettive future e ciò si ripercuote sul
detenuto stesso che, a volte, non vede altra alternativa al ritorno nei circuiti di illegalità.
Ho deciso di parlare di questo progetto perché penso che ad ogni persona debba essere data una
seconda opportunità: il carcere attualmente è visto come un luogo di sofferenza, rabbia, alienazione
e rassegnazione, ma il suo scopo sarebbe quello di far capire al detenuto il suo errore seguendolo in
un percorso di rieducazione.
Il lavoro, in questo caso, è un ottimo mezzo per far comprendere al detenuto di essere ancora parte
della società, di “essere utile”: dona al carcerato la speranza e gli restituisce quella dignità che
aveva perso compiendo il reato.
“Considerato che non è il primo suicidio verificatosi in carcere in prossimità di remissione in
libertà, è plausibile parlare di sindrome da paura di adattamento sociale. Evidentemente un
sistema penitenziario, ingessato e paralizzato dall'impossibilità di affermare il mandato rieducativo
e risocializzante della pena e, quindi, non in grado di preparare ad una nuova vita sociale,
contribuisce ad alimentare ancor più gli atti di autolesionismo e auto-soppressione”
Eugenio Sarno (Segretario Generale della Polizia Penitenziaria)
In Italia un detenuto su tre soffre di depressione, perciò sono circa 20 mila quelli che convivono con
questo disturbo. Negli ultimi anni si è assistito al picco di suicidi nei penitenziari: quelli compiuti in
carcere hanno numeri 9 volte superiori rispetto alla popolazione generale con tassi aumentati, dagli
anni ’60, del 300% . [“La psichiatria tra pratica clinica e responsabilità professionale” - Roma, 12 aprile 2013]
Neurotrasmettitori e altri fattori che causano la depressione
La depressione è un disturbo dell'umore, caratterizzato da episodi di umore depresso accompagnati
da una bassa autostima e perdita di interesse o piacere nelle normali attività.
Questo disturbo è causato da fattori biologici, psicologici e sociali.
Tra i fattori biologici, un ruolo importante è quello rivestito dai neurotrasmettitori monoammine
come la serotonina, la noradrenalina e la dopammina.
Il neurotrasmettitore è una sostanza fisiologica che rende possibile la trasmissione degli impulsi
nervosi tra due strutture nervose anatomicamente separate e poste in collegamento da sinapsi.
Nelle sinapsi i neurotrasmettitori vengono accumulati all’interno di vescicole. All’arrivo
dell’impulso nervoso, che può essere eccitatorio o inibitorio, le vescicole liberano il
neurotrasmettitore che migra nello spazio intersinaptico per andarsi a fissare su recettori specifici
posti sulla membrana postsinaptica. Ogni volta che il neurotrasmettitore si lega al suo recettore
specifico, si attivano meccanismi della comunicazione cellulare come l’adenilico ciclasi o la
fosfolipasi C, che provocano cambiamenti all’interno della cellula.
Il neurotrasmettitore liberato nella fessura sinaptica vi resta per tempi brevissimi, perché viene
inattivato da sistemi enzimatici specifici e successivamente riassorbito dalle vescicole
presinaptiche.
Alterazioni quantitative o qualitative nella produzione, assorbimento o riassorbimento di questi
neurotrasmettitori sono connesse alla depressione e a molti altri disturbi, perciò molte terapie
cercano proprio di ristabilirne gli appropriati livelli.
Per fare ciò bisogna stimolare o inibire le monoamminossidasi (MAO), che sono quegli enzimi che
degradano i neurotrasmettitori monoamminici rilasciati nella fessura sinaptica.
Nel sistema nervoso centrale la serotonina, la noradrenalina e la dopammina svolgono un ruolo
importante nella regolazione dell’umore, del sonno, della temperatura corporea, della sessualità e
dell'appetito.
Noradrenalina
La noradrenalina è sintetizzata da una serie di passaggi enzimatici a partire dall'amminoacido
tirosina. La prima reazione è l'ossidazione a L-dopa, seguita dalla decarbossilazione nel
neurotrasmettitore dopammina, e infine dalla -ossidazione in noradrenalina.
Una volta secreta e rilasciata in circolo, la noradrenalina accelera la frequenza cardiaca, aumenta il
rilascio di glucosio dalle riserve energetiche ed aumenta il flusso sanguigno ai muscoli scheletrici.
In sinergia con l’adrenalina, la noradrenalina prepara l'organismo alla cosiddetta reazione di
“attacco o fuga”, incrementando in tempi brevissimi il metabolismo e le capacità di sostenere uno
sforzo fisico violento. Infatti promuove glicogenolisi, gluconeogenesi e lipolisi, diminuendo la
secrezione di insulina ed incrementando quella di glucagone. Questo fa aumentare la glicemia e
fornisce l’energia necessaria ai muscoli che la richiedono.
Serotonina
Viene sintetizzata nei neuroni nel sistema nervoso centrale mediante una via simile a quella della
noradrenalina, con la differenza che l’aminoacido precursore è il triptofano, invece della tirosina.
Alcune sostanze stupefacenti agiscono su questo neurotrasmettitore, inibendone l'assorbimento.
Questo porta ad un accumulo di serotonina nel cervello, generando uno stato di entusiasmo e
benessere.
I recettori di questo neurotrasmettitore si trovano nel sistema nervoso centrale e periferico e
influenzano vari processi biologici e neurologici, come appunto l’umore, l’aggressività,
l’apprendimento, ma anche il sonno e la termoregolazione.
Dopammina
È prodotta da diverse aree del cervello ed è un precursore della noradrenalina e dell’adrenalina. Si
trova nei neuroni del cervello coinvolti con le sensazioni di piacere e di eccitazione, ma anche con il
controllo di alcuni movimenti.
Nella schizofrenia i neuroni che utilizzano la dopammina sono sovrastimolati; i farmaci utilizzati
per trattare questo disturbo si legano ai suoi recettori e inibiscono l’invio del segnale.
Nel morbo di Parkinson, invece, i neuroni che utilizzano la dopammina degenerano ed è necessario
somministrarne una quantità aggiuntiva per compensarne la mancata produzione.
Oltre agli squilibri dei neurotrasmettitori, le cause della depressione sono da ricercare in fattori
inconsci e nelle relazioni del soggetto con l’ambiente di vita e di crescita.
Un ruolo importante sulla sfera psichica dell’individuo sembra essere svolto dai fattori ambientali.
La povertà, l’isolamento e la carenza di stimoli aumentano il rischio di incorrere in problemi di
salute mentale. In particolare, disagi nel contesto famigliare ed eventi della vita connessi al rifiuto
sociale sembrano essere strettamente legati alla depressione.
“Sotto il profilo psicologico il detenuto si auto-impone una conveniente rassegnazione, tant’è vero
che ricorre sistematicamente alla “maschera pirandelliana” che sfoggia a seconda dell’occorrenza
e delle circostanze, come se recitasse in una commedia. Il suo intento è, da una parte, di farsi
coraggio e dall’altra di non manifestare segni di cedimento; atteggiamento questo, figlio
dell’orgoglio”.
Ahmed Masalme (detenuto)
Luigi Pirandello
La vita
Luigi Pirandello nacque nel 1867 a Girgenti (oggi Agrigento) da una famiglia di agiata condizione
borghese. Studiò al liceo classico di Palermo, poi si iscrisse alla facoltà di Lettere. Di qui passò nel
1887 all’università di Roma, poi a quella di Bonn dove conseguì la laurea. Nel 1894 sposò
Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli. Nel 1897 gli venne conferita, presso l’Istituto
Superiore di Magistero, la cattedra di stilistica e poi di letteratura italiana. Seguì, a partire dal 1903,
un periodo difficile per lo scrittore, a causa della rovina dell’azienda paterna e con essa del
patrimonio suo e della moglie.
Intanto pubblica poesie, saggi, romanzi e novelle, ma la fama gli arriva come autore drammatico. A
partire dal 1922 organizza una raccolta completa delle sue novelle sotto il titolo “Novelle per un
anno”, che allude al progetto, rimasto incompiuto, di scrivere una novella per ogni giorno dell’anno.
Nel 1925 Pirandello lascia l’insegnamento per dirigere il Teatro d’arte di Roma e fondare una sua
compagnia. Nel 1934 gli fu conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936.
La visione del mondo
Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica: tutta la realtà è
“vita”, “perpetuo movimento vitale”, inteso come eterno divenire, incessante trasformazione da uno
stato all’altro. Tutto ciò che si stacca da questo flusso, e assume forma distinta e individuale, si
irrigidisce e comincia, secondo Pirandello, a “morire”. Così avviene dell’identità dell’uomo: noi
facciamo parte di questo eterno fluire della vita, ma tendiamo a fissarci in una realtà che noi stessi
ci diamo, in una personalità scelta da noi. In realtà questa personalità è un’illusione: non solo noi
stessi, ma anche gli altri ci attribuiscono determinate “forme”, in base alle prospettive di ognuno.
Noi crediamo di essere “uno” per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a
seconda della visione di chi ci guarda.
Ciascuna “forma” è una “maschera” che noi stessi ci imponiamo e che ci impone il contesto sociale.
Sotto questa maschera non c’è un volto definito, immutabile: vi è un fluire di stati in perenne
trasformazione, per cui un istante più tardi non siamo più quelli che eravamo prima.
L’Io si disgrega, si smarrisce e non vi sono più certezze.
La crisi dell’idea di identità e di persona risente dei grandi processi in atto nella realtà
contemporanea: l’espandersi delle industrie e dell’uso di macchine, la creazione di sterminati
apparati burocratici e il formarsi di grandi città riducono l’uomo ad una singola e insignificante
rotella di un meccanismo gigantesco. L’individuo non conta più, perde la sua identità. La presa di
coscienza di questa inconsistenza dell’Io suscita smarrimento e dolore; l’avvertire di essere
“nessuno” provoca angoscia e un forte senso di solitudine. Viceversa l’individuo soffre anche ad
essere fissato dagli altri in “forme” in cui non si riconosce.
Queste “forme” sono come una “trappola”, come un “carcere” in cui l’individuo si dibatte, lottando
invano per liberarsi. L’istituto in cui si manifesta per eccellenza la “trappola” della “forma” che
imprigiona l’uomo è la famiglia. L’altra “trappola” è quella economica, costituita dalla condizione
sociale e dal lavoro.
L’unica via di salvezza è la fuga nell’irrazionale: l’immaginazione trasporta l’uomo verso un
“altrove” fantastico e, attraverso quest’evasione, è possibile sopportare l’oppressione dei problemi.
Dal vitalismo pirandelliano scaturisce un’altra conseguenza: il reale è multiforme. Ne deriva un
radicale relativismo conoscitivo: ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di
vedere le cose. Inevitabilmente gli uomini non riescono a comunicare, non si capiscono perché
ciascuno fa riferimento alla realtà com’è per lui e non sa come sia per gli altri. Questa
incomunicabilità accresce ancora di più il senso di solitudine dell’individuo che si scopre “nessuno”
e mette ulteriormente in crisi i rapporti sociali.
La poetica
Dalla visione complessiva del mondo scaturiscono la concezione dell’arte e la poetica di Pirandello.
L’opera d’arte nasce dal “libero movimento della vita interiore”, mentre la riflessione non compare
o rimane celata sotto forma di sentimento. Nell’opera umoristica, invece, la riflessione giudica e
analizza il sentimento stesso.
Il dato caratterizzante dell’umorismo è il sentimento del contrario, che permette di cogliere il
carattere molteplice e contradditorio della realtà e di vederla sotto diverse prospettive
contemporaneamente. Se esso coglie il ridicolo di un fatto, ne individua anche il fondo dolente, di
umana sofferenza e lo guarda con pietà; o viceversa se si trova di fronte al serio e al tragico, non
può evitare di far emergere anche il ridicolo. In questa realtà multiforme, tragico e comico vanno
sempre insieme.
“Urgente è invece che si metta il detenuto nelle condizioni di fare davvero un percorso che lo porti
a cambiare vita. Migliorando le sue condizioni di detenzione, ma soprattutto facendolo lavorare. E
lavorare davvero: non con i cosiddetti “lavori domestici” (pulizie interne eccetera). No, parliamo
di lavoro vero. Lavoro che le aziende portano all’interno del carcere. Lavoro pagato con uno
stipendio: parte del quale – a proposito di rieducazione – viene impiegato per pagare vitto e
alloggio al carcere.
Solo un lavoro così, un lavoro che non sia semplice occupazione del tempo, può restituire una
dignità e una prospettiva al detenuto. Un lavoro che gli evita di stare a marcire in cella tutto il
giorno accumulando rancore e sentendosi vittima anziché colpevole; sentendosi destinatario di
diritti, e non del dovere di riparare, per quanto possibile, al male commesso.
Il lavoro ai detenuti non toglierebbe il posto ai disoccupati italiani, perché farebbe rientrare in
Italia molte produzioni che le nostre aziende hanno delocalizzato all’estero. E chi pensa che i
detenuti non meritino un’opportunità del genere, pensi almeno a questo: al fatto che chi non lavora
ha una recidiva, quando esce a fine pena, del 68 % (calcolato solo sui reati scoperti, che sono solo
il 21 per cento di quelli commessi). Chi invece ha lavorato in carcere, per la maggioranza una
volta uscito non ricade più nella vita del passato.
Ecco perché una detenzione umana è utile a tutti, anche a migliorare la sicurezza “fuori”; e quindi
anche a noi che appunto “stiamo fuori”, e pensiamo di non essere parte del problema”.
Michele Brambilla (Giornalista de La Stampa)
Karl Marx (Treviri 1818- Londra 1883)
È stato un filosofo, economista, storico, sociologo e giornalista tedesco.
Il suo pensiero è incentrato sulla critica dell’economia, della politica, della società e della cultura a
lui contemporanea.
Marx fa parte della “sinistra hegeliana” che si interessa dei bisogni concreti dell’uomo. Le sue
riflessioni partono dal concetto di “alienazione religiosa” del filosofo Feuerbach il quale dice che
l’uomo ha inventato un Dio con tutti i caratteri migliori dell’umanità. In questo modo si è alienato
da tutte le sue qualità. La religione è vista come una patologia psichica perché porta
all’immiserimento dell’uomo: essa va curata con la consapevolezza, attraverso un processo che
supererà la fede incondizionata e i dogmi che si sono sviluppati in secoli di storia. L’uomo arriverà
così a riappropriarsi di sé e a capire che “l’infinito è dentro di lui”.
Marx apprezza questa critica, ma ritiene che Feuerbach non si sia posto la domanda fondamentale:
perché gli uomini tendono a creare Dio? Secondo Marx gli uomini stanno male nella società in cui
sono costretti a vivere, perché la suddivisione in classi impedisce di soddisfare i propri bisogni e
quindi di realizzarsi.
L’alienazione non è un fenomeno spirituale, ma affonda le radici nei rapporti lavorativi che si
stabiliscono nella società capitalistica tra operaio e padrone.
Il lavoro ha un grande significato filosofico: permette all’uomo di intervenire e plasmare la natura e,
viceversa, la natura modifica l’uomo, estendendo i confini della conoscenza e soddisfando i suoi
bisogni. Il lavoro distingue l’uomo dall’animale.
Nella società capitalistica vige un’organizzazione del lavoro che rende l’operaio schiavo del suo
padrone; egli è trattato come una merce nelle mani del capitalista e perde la sua dignità.
L’operaio è estraniato dal prodotto del suo lavoro e dalla sua stessa attività lavorativa. La società
del profitto non si cura dell’uomo e dei suoi bisogni, ma solo degli interessi economici, perciò
anche il padrone è alienato dalle sue qualità umane.
La causa dell’alienazione, per Marx, risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione per cui
tutto quello che produce l’operaio diventa proprietà del capitalista, il quale diventa proprietario
anche dei suoi operai.
L’unico rimedio a questa situazione è il passaggio a una società senza la proprietà privata, cioè da
una sistema capitalistico ad uno comunista.
La caratteristica di fondo del sistema capitalistico è la sua storicità: tale sistema è un evento storico
ed è quindi destinato ad essere superato. Ciò avverrà grazie ad un processo rivoluzionario condotto
dal proletariato.
Effettua poi un’analisi sulla merce che ha un duplice valore: un valore d’uso e uno di scambio. Il
primo designa il fatto che ogni merce è utile al soddisfacimento di un bisogno umano, mentre il
valore di scambio designa il fatto che le merci possono essere oggetto di vendita. Marx ritiene che il
prezzo delle merci debba dipendere dal tempo necessario alla loro produzione. Il capitalista paga
all’operaio un salario che non corrisponde alle sue effettive ore di lavoro, perciò il proletario svolge
del lavoro supplementare che non gli è retribuito. Questo lavoro non pagato è definito plusvalore, e
da questo ne deriva il guadagno del capitalista.
Quale libertà può avere un operaio condannato per tutta la vita a lavorare per il capitalista? La
libertà è qualcosa di astratto e illusorio, così come il principio della rappresentanza parlamentare:
secondo Marx si tratta di democrazia formale perché le leggi emanate sono funzionali solo agli
interessi della classe dominante, quella borghese. Affinché ci sia la vera democrazia la società civile
deve prendere il controllo. Marx vede il passaggio al comunismo come un processo rivoluzionario
che si compie in due tempi: prima il proletariato instaura una dittatura (maggioranza sulla
minoranza) e in seguito deve cedere il posto ad una società senza stato, o comunista. In questo
modello di società perfetta e ideale, il lavoro torna ad essere un’attività umana, dignitosa e senza
alienazione e ognuno sarà libero di “sviluppare se stesso in armonia con il libero sviluppo di tutti”.
Bibliografia
Fonti on-line:
• http://www.repubblica.it/solidarieta/volontariato/2013/04/12/news/carceri_l_allarme_degli_
psichiatri-56513995/
• http://www.corriere.it/salute/dizionario/neurotrasmettitore/index.shtml
• http://www.studiamo.it/pages/filosofia-l-alienazione-religiosa-in-hegel-feuerbach-e-marx
• http://it.wikipedia.org/wiki/Materialismo_storico
• http://www.corriere.it/salute/dizionario/noradrenalina/
• http://www.treccani.it/enciclopedia/serotonina/
Libri di testo:
• Baldi, G., Razzetti, M., Zaccaria G., La letteratura volume 6, Varese, Paravia, 2007.
• Ricciotti, G., Fondamenti di biochimica, Ferrara, Italo Bovolenta editore, 1997.