Consulenza Cardiologica in Chirurgia non Cardiaca. Ospedale San

Consulenza Cardiologica in Chirurgia non Cardiaca. Ospedale San Giovanni-Addolorata, Roma
Percorso clinico-diagnostico-terapeutico per la consulenza cardiologica in
pazienti candidati a chirurgia non cardiaca: protocolli e procedure
Proposta di gestione dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata
Riassunto delle Indicazioni
Responsabili scientifici:
Gian Francesco Mureddu, Claudio Bevilacqua, Alessandro Boccanelli, Cesare Greco.
Hanno collaborato:
Maria Bianchi, Flavia Bracci, Andrea Campi, Mario Cardinale, Michele Cedrone, Gerardo Bruno Antonio
Corea Annibale D’Annibale, Mario D’Ambrosio, Renato De Angelis, Gianluca D’Elia, Amedeo Di Biagio,
Cesare Felici, Antonio Foschi, Gabriele Galluccio, Regulo Octaviano Hernandez, Donatella Lomaglio, Maria
Teresa Mallus, Paola Marino, Mauro Martin, Sergio Pierdominici, Francis Milton Reedy, Vittoria Rizzello,
Roberto Santoro, Massimo Sposato,Filippo Stazi, Igino Tanga, Domenico Testa, Samantha Urgese.
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Consulenza Cardiologica in Chirurgia non Cardiaca. Ospedale San Giovanni-Addolorata, Roma
Indice
1. Criteri per la richiesta di consulenza cardiologica
2. Modalità di esecuzione della consulenza cardiologica
3. Come predisporre la documentazione
4. Importanza del quesito clinico
5. Esami strumentali di II livello
6. Indicazioni finali
7. Intervento di chirurgia non cardiaca dopo procedura coronarica percutanea (PCI). Aspirina e doppia
antiaggregazione piastrinica (DAPT)
8. Pace-makers e defibrillatori
9. Algoritmo
1. Criteri per la richiesta di consulenza cardiologica
Perché la consulenza cardiologica sia utile è necessario che chi la richiede (anestesista, chirurgo o
internista) indichi con chiarezza il motivo, il tipo di intervento che deve essere eseguito e se si tratti di
intervento eseguito in elezione o in urgenza. Richieste generiche o non motivate impediscono al consulente
cardiologo di orientare in maniera precisa il suo intervento.
La consulenza cardiologica deve essere richiesta dal Medico Strutturato (anestesista, chirurgo o internista)
specificando:
-
il quesito clinico
-
il grado di priorità della consulenza
-
il tipo di intervento a cui il paziente deve essere sottoposto.
La richiesta di consulenza cardiologica è essenziale quando sono presenti le seguenti condizioni:
a. condizioni cardiache instabili o di predittori di rischio cardiologico maggiore (Tabella I) da valutare ed
eventualmente da trattare prima dell’intervento;
b. elevato rischio cardiologico dell’intervento chirurgico in programma, per cui risulta necessaria
un’adeguata preparazione farmacologica (Tabella II) .
Quando esistono almeno 3 predittori di rischio cardiologico intermedio (fattori di rischio clinico indicati in
Tabella III) e il paziente deve essere sottoposto a chirurgia a rischio cardiologico intermedio-elevato, la richiesta
di una consulenza cardiologica viene decisa sulla base della valutazione della riserva funzionale del paziente,
giudicata clinicamente, attraverso la quantificazione indiretta del grado di attività fisica quotidiana, espressa dal
suo equivalente metabolico (METs) e dovrebbe essere richiesta dal medico che richiede la consulenza
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(anestesista, medico che ha in cura il paziente) solo in presenza di una ridotta capacità funzionale in pazienti con
multipli (≥3) fattori di rischio cardiovascolare.
La consulenza cardiologica non dev’essere richiesta:
-
Quando l’intervento chirurgico è urgente ed indifferibile. In questo caso la strategia è determinata dal
paziente o da fattori chirurgici specifici, senza la necessità di dover ricorrere ad ulteriori test o trattamenti
cardiovascolari. Lo specialista fornisce raccomandazioni sulla terapia medica peri-operatoria, per il
controllo degli eventi cardiaci e per il mantenimento della terapia cronica cardiovascolare.
Un rapido consulto telefonico diretto tra chirurgo che fornisce le notizie anamnestiche, il quadro clinico generale ed
ematochimico , quantifica il rischio chirurgico e definisce l’urgenza, ed il cardiologo sulla terapia potrebbe essere
rapidamente risolutivo riducendo il tempo d’attesa ed il carico lavorativo delle strutture coinvolte.
-
Quando non esiste alcun tipo di predittore cardiologico (Tabelle II e III).
Tabella I. Condizioni cardiache instabili da valutare e trattare prima d’intervento di chirurgia non cardiaca
Condizioni cliniche
Esempi
Sindromi coronariche instabili
Scompenso cardiaco acuto
Aritmie cardiache significative
Malattie valvolari sintomatiche
Rivascolarizzazione percutanea recente con in
corso terapia anti-aggregante piastrinica
-angina instabile o severa (Classe Canadese III o IV)
-recente IMA* ed ischemia miocardica residua°
(classe funzionale NYHA IV, dispnea in peggioramento o
scompenso di nuova insorgenza).
-BAV di alto grado
-BAV Mobitz II
-BAV di III grado
-aritmie ventricolari sintomatiche
-aritmie sopraventricolari inclusa la FA con FVM non controllata
cioè superiore a 100/min,
-bradicardia sintomatica
-tachicardia ventricolare di nuova insorgenza
-stenosi aortica severa con gradiente medio maggiore di 40 mmHg,
-stenosi mitralica sintomatica per dispnea e pre-sincope da sforzo
o scompenso cardiaco
PTCA senza stent <2 settimane, PTCA + BMS <6 settimane, PTCA +
DES <12 mesi.
*Può includere l’angina “stabile” in pazienti che non sono generalmente sedentari.
† Linee guida ACCF-AHA: Un IMA datato più di 7 giorni ma meno di 30 giorni, in accordo con la definizione dell’American College of Cardiology
National Database Library. Circulation 2009. Classe di Raccomandazione: I, Livello di Evidenza: B.
° Linee-guida ESC Un IMA datato più di 7 giorni ma meno di 30 giorni, in accordo con la definizione universale di infarto miocardio acuto (17).
2. Modalità di esecuzione della consulenza cardiologica
Il paziente potrà essere visitato, quando deambulante, presso i locali del Servizio di Cardiologia. Questo
consente l’esecuzione rapida dell’ecocardiogramma, se necessario, e facilita le procedure per la presenza di
personale medico e infermieristico dedicato in sede.
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La consulenza cardiologica per la valutazione di pazienti candidati a chirurgia non cardiaca è per
definizione non urgente. E’ volta a fornire un inquadramento diagnostico-terapeutico in paziente ricoverato,
stabile, con cardiopatia sospetta o accertata, con sospetto peggioramento clinico.
La tempistica è compresa tra le 24 e le 72h.
Tabella II. Stima del rischio chirurgico* (modificata da Boersma et al. ref. 4).
Basso rischio <1%
Rischio intermedio 1-5%
Alto rischio >5%
Chirurgia della mammella
Chirurgia addominale
Chirurgia odontoiatrica
Chirurgia endocrina
Chirurgia dell’occhio
Chirurgia ginecologica
Chirurgia ricostruttiva
Chirurgia carotidea
Angioplastica periferica
Endoprotesi vascolare
Chirurgia della testa e del collo
Chirurgia neurologica/ortopedica maggiore
(anca e colonna vertebrale)
Trapianto di polmone, rene/fegato
Chirurgia dell’aorta ed altri
interventi di chirurgia vascolare
maggiore
Chirurgia vascolare periferica
Chirurgia ortopedica minore
(ginocchio)
Chirurgia urologica minore
Chirurgia urologica maggiore
*rischio di infarto miocardico e morte cardiaca entro 30 giorni dall’intervento di chirurgia.
3. Come predisporre la documentazione
I pazienti che vengono in consulenza presso il Servizio di Cardiologia devono essere in possesso di:
 cartella clinica, completa di anamnesi ed esame obbiettivo
 elettrocardiogramma
 terapia in corso
 documentazione di ricoveri per eventi cardiologici pregressi
 accertamenti o procedure cardiologiche eseguite di recente
 Parametri ematochimici:
 Creatininemia (valutazione della funzione renale indispensabile nella stratificazione del rischio
cardiologico)
 Emocromo
 Potassiemia
 Glicemia (se diabetico)
Nelle seguenti condizioni è importante avere a disposizione almeno copia della lettera di dimissione del ricovero
(o copia della cartella clinica completa) del ricovero indice, per la necessità di acquisire tempi, modalità e
complicanze relative alle procedure eseguite:
 Infarto miocardico acuto pregresso
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





Impianto di stent coronarico
By- pass aorto-coronarico
Sostituzione valvolare
Impianto di pace-maker o defibrillatore (ICD) o procedure di re-sincronizzazione
Scompenso cardiaco
Altri eventi di natura cardiovascolare (ictus cerebri, TIA, aneurisma aortico dissecante, impianto di stent
vascolari o procedure di TEA etc.).
4. Importanza del quesito clinico
Il quesito clinico è fondamentale per una corretta esecuzione della consulenza e per evitare sprechi di tempo
e di risorse. Va pertanto sempre specificato nel dettaglio.
5. Esami strumentali di II livello
La richiesta di consulenza cardiologica non dev’essere accompagnata da richiesta di alcun esame diagnostico
diverso dall'ECG (esempio ecocardiogramma/ecocardiogramma trans esofageo/test da sforzo) in quanto la
necessità di eseguire ulteriori esami verrà definita dal cardiologo nel corso della consulenza stessa.
In ogni caso l’utilizzo di esami aggiuntivi per la stratificazione del rischio dev’essere esclusiva scelta del
cardiologo a completamento della consulenza clinica. Sarà pertanto il cardiologo consulente che provvederà ad
eseguire immediatamente o programmare in accordo con l'attività del servizio l'esame richiesto.
La capacità funzionale, stimata dalla capacità di eseguire le attività della vita quotidiana, guida l’approccio
diagnostico. E’ stato dimostrato infatti che la valutazione della capacità di un individuo di eseguire una gamma di
comuni attività giornaliere correla bene con il massimo consumo di ossigeno al test da sforzo al treadmill. (Figura
1).
Figura 1. Stima del dispendio energetico durante varie attività.
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6. Indicazioni finali (Valutazione cardiologica pre-operatoria)
Il rischio di complicanze cardiache peri-operatorie dipende fondamentalmente dal tipo d’intervento
chirurgico (Tabella I). I principali fattori di rischio cardiologico clinico sono indicati nella Tabella III.
Tabella III. Fattori di rischio clinico (Linee guida ESC, ref.1 modificata)
Angina pectoris
Storia di infarto miocardico pregresso (> 30 giorni) *
Scompenso cardiaco cronico
Stroke/TIA
Insufficienza renale (creatininemia> 2 mg/dl o clearance della creatinina <60 mL/min)
Diabete mellito insulino dipendente
Cardiopatie valvolari di grado medio (stenosi aortica, stenosi mitralica)
*in accordo con la definizione universale di infarto miocardico acuto (17)
La presenza di almeno 3 fattori di rischio clinico tra quelli indicati nella Tabella III,
indica in ogni caso un elevato rischio cardiovascolare.
La valutazione cardiologica potrà essere eseguita anche mediante l'indice di Lee: questo contiene 5 determinanti
clinici indipendenti di eventi cardiaci maggiori peri-operatori: storia di cardiopatia ischemica, storia di malattie
cardiovascolari, scompenso cardiaco, diabete mellito insulino-dipendente ed insufficienza renale cronica. La
chirurgia ad alto rischio è il sesto fattore incluso nell'indice.
Tutti i fattori contribuiscono ugualmente (ognuno determina un punto) a determinare un punteggio sulla
base del quale il rischio di complicazioni è classificato come molto basso (classe I, rischio=0.4%), basso (classe II,
rischio=0.9%), moderato (classe III, rischio=6.6%) o elevato (classe IV, rischio ≥ 11%).
Sintesi delle indicazioni
-
Se il paziente è stabile e nel caso di interventi chirurgici non in emergenza, si può direttamente
procedere all'intervento se questo è a basso rischio (<1%);
-
Nei pazienti a rischio chirurgico intermedio con buona capacità funzionale (>4 METs), si raccomanda un
elettrocardiogramma basale pre-operatorio per monitorare eventuali cambiamenti durante il periodo
peri-operatorio (classe I livello di evidenza B) .
-
Nei pazienti a rischio chirurgico intermedio e bassa capacità funzionale (< 4 METs) :

terapia cardioprotettiva con statine o betabloccanti a basse dosi prima dell'intervento
chirurgico. Nei pazienti con uno o più fattori di rischio cardiaco si raccomanda inoltre di
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eseguire un ECG basale preoperatorio per monitorare eventuali variazioni in fase perioperatoria.
-
Nei pazienti a rischio chirurgico alto e bassa capacità funzionale: valutare i fattori di rischio cardiaco
(Tabella III). Se sono presenti 1-2 fattori di rischio, il rischio cardiaco è intermedio (score di Lee di classe
III, rischio peri-operatorio=6.6%). In questo caso, ugualmente al precedente si raccomanda la terapia con
statine o betabloccanti a basse dosi prima dell'intervento chirurgico. Gli ACE-inibitori sono raccomandati
prima dell'intervento chirurgico nei pazienti con disfunzione sistolica VS.
-
Se sono presenti 3 o più fattori di rischio , il rischio cardiaco è alto (score di Lee: classe IV, rischio perioperatorio ≥11%), si può, a discrezione del cardiologo, considerare un test non invasivo prima della
procedura chirurgica.
7. Intervento di chirurgia non cardiaca dopo procedura coronarica percutanea (PCI). Aspirina e
doppia anti-aggregazione piastrinica (DAPT)
La mancata aderenza alla terapia con aspirina o l’interruzione del trattamento nei giorni precedenti un
intervento chirurgico risulta associata ad un rischio 3 volte più elevato di eventi coronarici maggiori (OR 3.14,
95% IC 1.8-5.6). L’aspirina deve essere sospesa unicamente quando il rischio di sanguinamenti è superiore al
potenziale beneficio clinico. Dopo impianto di uno stent coronarico è necessario seguire una doppia terapia
antiaggregante piastrinica (DAPT)(combinazione di aspirina a basso dosaggio e un inibitore del recettore
piastrinico P2Y12) al fine di prevenirne la trombosi di stent. La durata consigliata della DAPT varia da un
minimo di almeno 30 giorni o fino ad almeno 12 mesi dopo l’impianto di uno stent medicato (DES).Tutti i
pazienti che sono stati sottoposti a impianto di stent coronarico inoltre devono proseguire la terapia con
aspirina a basso dosaggio indefinitamente (Figura 2).
Figura 2. Raccomandazioni per la tempistica dell’intervento di chirurgia non cardiaca dopo una procedura
coronarica percutanea (PCI)
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Prima di ogni procedura chirurgica o endoscopica, occorre valutare attentamente con discussione collegiale tra
chirurgo, cardiologo ed anestesista l’opportunità di sospendere la somministrazione di farmaci antitrombotici,
soprattutto in epoca di doppia terapia antiaggregante piastrinica e in caso di recente impianto di stent. Si
rimanda al documento di consenso “Gestione della terapia antiaggregante nel paziente portatore di stent
coronarico, che deve essere sottoposto a chirurgia” (Allegato 1) per la trattazione completa riguardo le scelte
decisionali sul mantenimento/sospensione della terapia antiaggregante piastrinica in relazione al bilancio tra
rischio trombotico e rischio emorragico nei diversi tipi di chirurgia.
8. Gestione della terapia anticoagulante orale (TAO)
Il rischio trombo-embolico del paziente deve essere determinato sulla base delle sottostanti indicazioni e
tabelle ricavate dalle più recenti linee guida, ma si sottolinea la necessità di una attenta valutazione delle
caratteristiche cliniche e /o di laboratorio del singolo paziente che potrebbero determinare delle variazioni per
quanto riguarda le dosi e i tempi di sospensione e ripresa della terapia anticoagulante.
Tabella X.
Interventi chirurgici per cui è necessario sospendere la TAO
Tutti gli interventi di Chirurgia Maggiore
Gli interventi di Chirurgia minore e le procedure invasive che sono sottoelencate:
-Gastroenterologia: -Polipectomia, Ablazione e coagulazione con laser, Sfinterotomia endoscopica, Dilatazione
pneumatica, Biopsia eco o TAC guidata, Trattamento di varici
-Biopsie a cielo coperto
-Punture esplorative di cavità: -Toracentesi, Paracentesi, Rachicentesi
-Cataratta con anestesia retro bulbare
-Procedure cardiologiche
- Cateterismo; Impianto di pacemaker e defibrillatori
-Estrazioni dentarie
Come sospendere la TAO
Non è necessario sospendere l’anticoagulante orale gradualmente. Qualunque sia l’eparina a basso peso
molecolare (EBPM) scelta, questa dovrà essere impiegata a dosaggio terapeutico o a dosaggio di profilassi in
base al rischio trombo trombo-embolico del paziente.
L’eventuale somministrazione di eparina non frazionata (ENF) endovena deve essere sospesa 4-6 ore prima
dell’intervento chirurgico. L’ultima dose sottocute di EBPM deve essere somministrata almeno 24 ore prima
dell’intervento.
La ripresa della terapia anticoagulante dopo intervento chirurgico deve essere decisa sulla base del rischio
emorragico correlato al tipo d’intervento.
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Tabella XI. Interventi chirurgici per cui è necessario sospendere la TAO
Giorno - 5
Giorno -4
Giorno -3
Giorno -2
Giorno -1
Giorno 0
Giorno + 1
Giorno +3
Sospendere l’anticoagulante orale
Iniziare la somministrazione della “terapia ponte”.
Controllare INR
Controllare INR
Controllare INR. Se INR ancora >1.5, somministrare Vit. K ( cinque gocce di Konakion)
Intervento chirurgico/procedura invasiva
Ripresa della somministrazione della “terapia ponte” con EBPM.
Ripresa della TAO post intervento
Tabella XII. Terapia ponte in relazione al rischio trombo-embolico
Rischio tromboembolico
ALTO
Terapia ponte consigliata
EBPM sottocute a dosaggio terapeutico
ENF endovena per mantenere PTT ratio 2.5
EBPM sottocute a dosaggio terapeutico
EBPM sottocute a dosi di profilassi
ENF endovena per mantenere PTT ratio 2.5
EBPM sottocute a dosi di profilassi
No terapia ponte
INTERMEDIO
BASSO
Tabella XIII. Ripresa della TAO in relazione al rischio emorragico
Rischio emorragico
Ripresa terapia anticoagulante
ALTO
Iniziare EBPM a 48-72 ore post intervento
MODERATO
Iniziare EBPM a 24 ore dall’intervento
BASSO
Riprendere TAO a 24 ore dall’intervento, senza “terapia ponte” se il rischio
trombotico è basso.
Tabella XV: Dosaggi delle EBPM sia terapeutici che di profilassi delle varie eparine commercializzate in Italia
Principio attivo
Nome commerciale
Dosaggio terapeutico
Dosaggio di profilassi
Dalteparina
Fragmin
80 U/Kg x 2 die
80 U/Kg die
Enoxaparina
Clexane
100 U/Kg X 2 die
4000 U/die
Fraxiparina
92,7 U/Kg X2/die
2850 U/die
Seleparina
57 U /kg X 2/die
2850 U/die
Fraxodì
171 U/kg die
--
Bemiparina
Ivor
115 U/Kg die
3500 U/die
Parnaparina
Fluxum
6400 U X 2 /die
4250 U/die
Nadroparina
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9. Pace-makers e Defibrillatori Impiantabili
La presenza di un pacemaker rappresenta un aiuto e non un problema in un paziente candidato a chirurgia
non cardiaca.
Portatori di PMK:
L’utilizzo dell’elettrobisturi monopolare è controindicato mentre è consentito l’uso di quello bipolare. Al fine di
minimizzare questo rischio è quindi necessario utilizzare l’elettrobisturi il più lontano possibile dal pacemaker e
dai suoi cateteri, utilizzare l’elettrobisturi il meno possibile e soprattutto per periodi il più breve possibile perché
le inibizioni secondare all’uso dell’elettrobisturi sono transitorie e scompaiono quindi con la sospensione del suo
uso. Qualsiasi effetto negativo dell’uso dell’elettrobisturi viene quindi annullato dalla cessazione del suo utilizzo.
L’eventuale inibizione della stimolazione del pacemaker causata dall’uso dell’elettrobisturi può essere
comunque ovviata in acuto dall’applicazione sulla regione cutanea sovrastante la cassa del pacemaker di un
magnete.
Portatori di ICD
Gli ICD hanno una duplice funzione, quella di pacemaker e quella di defibrillazione. In questi pazienti è
necessario riprogrammare la funzione pacemaker del dispositivo in asincrono subito prima dell’intervento per
poi tornare alla programmazione abituale alla fine della procedura operatoria.
L’applicazione locale del magnete sulla cute sovrastante la cassa dell’ICD non induce il funzionamento del
pacemaker in modalità asincrona, ossia indipendente dalla presenza o meno del ritmo cardiaco, e quindi
svincolato dalla interferenza indotta dall’elettrobisturi, ma solo la disattivazione della funzione di defibrillazione.
L’uso dell’elettrobisturi nei portatori di ICD può poi causare l’erogazione da parte del dispositivo di terapia
antitachicardiche inappropriate. Per tale motivo la funzione di defibrillazione deve essere sempre disattivata in
tutti i soggetti con ICD.
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10. Algoritmo
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