Indice
INDICE
CAPITOLO I
Il franchising: un fenomeno in espansione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
Le origini del contratto di franchising, il cui spirito era presente in
nuce già nel medioevo, fino a divenire, dopo la guerra di secessione
americana del 1861, pratica usuale nello sviluppo aziendale del
settore terziario.................................................................................................... 3
Le caratteristiche del franchising europeo rispetto a quello
americano: differenze di ordine psicologico, culturale e sociale. ....................... 5
Lo sviluppo del franchising in Italia dalla sua presumibile data di
nascita, il 1871, sino ai giorni nostri. .................................................................. 7
I dati italiani: il Rapporto Quadrante 2000, elaborato da Quadrante
S.r.l., Società di consulenza di franchising. ........................................................ 8
I franchisee devono diffidare dalle attività improvvisate e
scarsamente professionali e dalle promesse eccessivamente
ottimistiche di facili guadagni fatte dalle case madri........................................ 14
Internet: fonte primaria per imprenditori a caccia di business.......................... 16
Peculiarità del franchising rispetto agli altri contratti di
distribuzione; in particolare rispetto alla concessione di vendita. .................... 18
Definizione giuridica del contratto di franchising. ........................................... 20
Le varie tipologie del contratto: a) il franchising distributivo; b) il
franchising produttivo; c) il franchising di servizi............................................ 22
Definizioni giurisprudenziali. ........................................................................... 30
CAPITOLO II
I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
1.
2.
3.
4.
5.
Definizione di imprenditore ex art.2082 c.c. .................................................... 40
Peculiarità dell’imprenditore inserito nella rete di franchising
rispetto all’imprenditore “indipendente”. ......................................................... 43
Il franchisor: un imprenditore affermato che utilizza i capitali altrui
per espandersi più rapidamente sul mercato. .................................................... 45
Il franchisee: imprenditore moderno, attivo e partecipativo, che si
affianca ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al
meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova
attività, ma senza correrne i rischi. ................................................................... 47
Come scegliere il franchisor, preferendo le iniziative sul mercato di
riferimento che emergono per serietà, validità ed efficacia,
I
Indice
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
valutando le reali possibilità di successo dell’attività e tenendo
conto, nello stesso tempo, della cultura e delle consuetudini locali.
– Costi di start up o di avviamento iniziale....................................................... 51
I presupposti del contratto. – Il concetto di pre-franchising e di
pilotage. – Contratto preliminare di franchising, spesso considerato
“inutile” e sostituito da un contratto già definitivo ma condizionato
in via sospensiva o risolutiva al verificarsi dell'evento che
impedisce l'immediata sottoscrizione. – Il contratto definitivo. ....................... 58
Note contrattuali................................................................................................ 66
Obbligazioni dell’affiliante: a) licenze d’uso; b) zona di protezione
dell’affiliato; c) poteri-doveri di indirizzo e di controllo
dell’affiliante; d) concessione in uso dei segni distintivi; e)
trasferimento del know-how e assistenza; f) clausola di esclusiva;
g) fornitura dei beni. ......................................................................................... 66
Obbligazioni dell’affiliato: obbligazioni di interesse generale della
rete; obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e dell’identità della
rete..................................................................................................................... 66
Tutela dei segni distintivi, del know-how, del software,
dell’immagine commerciale del franchisor....................................................... 66
Rilevanza contrattuale del c.d. segreto di impresa: obbligo di
segretezza, previsto in genere solo a carico del franchisee, ma
talvolta anche del franchisor, inteso come effetto naturale dei
contratti di trasferimento di tecnologie. ............................................................ 66
La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei
consumatori....................................................................................................... 66
La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei
contraenti........................................................................................................... 66
Scioglimento del rapporto – Risoluzione, scadenza, mancato
rinnovo del contratto – La durata del contratto e gli obblighi
successivi allo scioglimento del contratto......................................................... 66
Profili fallimentari: scioglimento del rapporto contrattuale nel caso
di fallimento dell’affiliato. ................................................................................ 66
Tipicità o atipicità del franchising?................................................................... 66
CAPITOLO III
La disciplina del contratto di franchising
1.
2.
La disciplina applicabile al contratto di franchising: in particolare,
richiamo alle disposizioni generali codicistiche che disciplinano
anche il contratto di franchising di diritto italiano ed al Ddl Senato
4 luglio 2000. .................................................................................................... 66
Relazione Tavola Rotonda del 26/09/00 – Incontro con Sviluppo
Italia sul nuovo d.lgs. 185/00 per le agevolazioni al settore del
franchising......................................................................................................... 66
II
Indice
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
Relazione Tavola Rotonda del 18/09/01 – Incontro sull’ipotesi di
applicazione al franchising del G.E.I.E. e del trust........................................... 66
I codice di autodisciplina ed in particolare il Codice Deontologico
dell’Assofranchising. ........................................................................................ 66
Regolamento dell’Associazione Italiana del Franchising (01/01/95
rev. in data 01/04/97). ....................................................................................... 66
Dalla Promofranchising alla Federazione Italiana del Franchising e
del Partenariato. ................................................................................................ 66
Promofranchising: uno strumento della FIF. .................................................... 66
Il Codice Deontologico Europeo e la sua forza esecutiva – Norme
relative alla pubblicità per il reclutamento – Relazione dei
franchisee – Regole relative al contratto........................................................... 66
Regole sulla concorrenza – Restrizioni pattizie alla concorrenza –
Disciplina antitrust. ........................................................................................... 66
Federazione Europea del Franchising. .............................................................. 66
Il caso Pronuptia. .............................................................................................. 66
CAPITOLO IV
Il franchising di servizi
1.
2.
3.
4.
Franchising di servizi e franchising di distribuzione, cui
corrispondono, rispettivamente, obbligazioni di facere e di dare. .................... 66
Il franchising di servizi. .................................................................................... 66
Franchising di servizi e franchising di distribuzione: differenze
nell’ubicazione del punto di vendita ed analisi delle rispettive
clientele. ............................................................................................................ 66
Il franchising misto, una commistione fra i due principali tipi di
franchising: la prestazione di servizi può essere associata alla
distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può
richiedere la prestazione di servizi alla clientela. ............................................. 66
CONCLUSIONI................................................................................................... 66
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................. 66
APPENDICE ......................................................................................................... 66
III
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
CAPITOLO I
Il franchising: un fenomeno in espansione
1
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
SOMMARIO: 1. Le origini del contratto di franchising, il cui spirito era
presente in nuce già nel medioevo, fino a divenire, dopo la guerra di
secessione americana del 1861, pratica usuale nello sviluppo aziendale
del settore terziario. – 2. Le caratteristiche del franchising europeo
rispetto a quello americano: differenze di ordine psicologico, culturale e
sociale. – 3. Lo sviluppo del franchising in Italia dalla sua presumibile
data di nascita, il 1871, sino ai giorni nostri. – 4. I dati italiani: il
Rapporto Quadrante 2000, elaborato da Quadrante S.r.l., Società di
consulenza di franchising. – 5. I franchisee devono diffidare dalle attività
improvvisate
e
scarsamente
professionali
e
dalle
promesse
eccessivamente ottimistiche di facili guadagni fatte dalle case madri. – 6.
Internet: fonte primaria per imprenditori a caccia di business. – 7.
Peculiarità del franchising rispetto agli altri contratti di distribuzione; in
particolare rispetto alla concessione di vendita. – 8. Definizione giuridica
del contratto di franchising. – 9. Le varie tipologie del contratto: a) il
franchising distributivo; b) il franchising produttivo; c) il franchising di
servizi. – 10. Definizioni giurisprudenziali.
2
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
1.
Le origini del contratto di franchising, il cui spirito era presente
in nuce già nel medioevo, fino a divenire, dopo la guerra di
secessione americana del 1861, pratica usuale nello sviluppo
aziendale del settore terziario.
Le radici del termine franchising sono nel medioevo, quando alti
funzionari della Chiesa pagavano al re o al governo una somma
forfetaria denominata “franchigia” in cambio del diritto a riscuotere i
tributi necessari alle loro funzioni. La franchigia è stipulata tra
proprietario e riscossore, due figure giuridiche indipendenti: è possibile,
per esempio, l’utilizzo esclusivo del prodotto in cambio di investimenti
insieme alla casa madre. È necessario regolarizzare le posizioni nel
contratto per evitare possibili raggiri . Pratica cessata con il Concilio di
Trento nel 1562 che sanzionò un diverso sistema di imposizione,
successivamente si imposero dottrine anglosassoni in favore del libero
commercio e della soppressione di pedaggi e dogane interne e la
franchigia cadde in disuso , mantenendo il suo significato. Ebbe grande
sviluppo dopo la guerra di secessione americana: numerose industrie ed
operatori locali erano felici di fregiarsi della prerogativa di beneficiare di
marchi e simboli della grande industria ma al tempo stesso erano
gelosissimi del proprio status di imprenditori indipendenti (General
Motors, Singer). Costrinsero i proprietari a condizionarli, inserendo nei
contratti clausole sempre più specifiche in ordine alla collaborazione.
Questo tipo di rapporto, progredendo nel tempo è andato via via
perfezionandosi fino a diventare quello che noi oggi conosciamo come
contratto di franchising, divenendo pratica usuale nello sviluppo
aziendale del settore terziario.
3
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Sulle origini dei primi contratti di associazione, il cui spirito ha dato
origine al contratto di franchising esistono due teorie discordanti: per
alcuni tutto è cominciato negli Stati Uniti con i “gerenti associati”
organizzati da F. Woolworth; per Dolby, invece il franchising è nato
contemporaneamente, intorno al 1929, sulle due coste dell’Oceano
Atlantico: in Francia e negli USA. In Francia, presso il lanificio di
Roubaix1, il titolare Jean Prouvost aveva incaricato un giovane ingegnere
del suo staff, Philippe Bourguignom, di dare vita alla prima grande
catena di magazzini specializzati nella vendita di lane da lavorare a
maglia: le “Laines du Pingouin”, con l’obiettivo di assicurare allo
stabilimento appena costruito il rapido smaltimento della produzione di
filati. Questi associò un certo numero di dettaglianti indipendenti al
produttore mediante un contratto che garantiva loro l’esclusività del
marchio, peraltro lanciato e sostenuto da molteplici campagne
pubblicitarie, in una zona territoriale ben definita e delimitata. Tale
contratto, a quell’epoca, non si chiamava ancora contratto di franchising
ma, nelle sue grandi linee, ne aveva già le caratteristiche e lo spirito.
All’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1939, la rete Pingouin
contava ben 350 franchisee, mentre oggi, solo in Francia sono oltre
1200.
Negli Stati Uniti, agli inizi degli anni Trenta, l’industria
automobilistica si scontrava invece con l’applicazione delle leggi
antitrust che proibivano, tra l’altro, ai costruttori l’integrazione verticale
con i rivenditori. Per aggirare tale normativa il direttore generale della
1
Cfr.: www.assofranchising.it
4
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
General Motors mise a punto, con i legali dell’azienda, un contratto che
associava in modo più liberale i rivenditori di auto con la casa madre.
Ebbe origine così il primo contratto di franchising americano.
Questa doppia origine del franchising ha la sua importanza nella
storia del sistema. Individua già due vie di sviluppo, da una e dall’altra
parte dell’Atlantico.
Seppure coetanei, è stato comunque il franchising americano la
causa dello sviluppo rapido di quello europeo (in particolare francese)
nel decennio ‘70-80.
2.
Le caratteristiche del franchising europeo rispetto a quello
americano: differenze di ordine psicologico, culturale e sociale.
Il franchising europeo, nei confronti di quello statunitense, presenta
differenze di ordine psicologico: il franchisee americano è attratto
soprattutto dalla prospettiva di diventare imprenditore autonomo e di
avere un facile guadagno; quello europeo, invece, bada di più alla
limitazione del rischio; al contrario di quanto avviene negli USA infatti,
il franchisee europeo è molto restio a pagare forti diritti di entrata (front
money) mentre preferisce pagare royalty più elevate. Ciò si spiega con il
desiderio, da un lato, di correre minor rischio e, dall’altro, di avere nel
franchisor un vero partner e perciò condizionarne l’assistenza e la
consulenza durante tutto il rapporto di franchising. C’è, inoltre, una
diversa concezione del sistema: mentre negli Stati Uniti il franchising
costituisce l’alternativa alla grande distribuzione, in Europa sono spesso
5
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
i grandi marchi a ricorrere al franchising per penetrare nei mercati in cui
sarebbe difficoltoso ed antieconomico entrare direttamente2. Essendo il
franchising in molti paesi il concetto commerciale abbastanza nuovo,
spesso non sono disponibili statistiche affidabili né da parte di fonti
governative né di fonti indipendenti sul numero degli operatori in
franchising e sui volumi d’affari da essi sviluppato. Senza statistiche
affidabili è difficile stimare la penetrazione di mercato ottenuta dal
franchising. È chiaro tuttavia che nelle economie più avanzate la
proposta
delle
vendite
generate
dal
franchising
aumenterà
sostanzialmente negli anni a venire. Tale tendenza viene confermata dai
dati di ricerca attualmente disponibili. Il concetto di franchising
internazionale (licenza master) ha avuto recentemente una nuova spinta
grazie alla maturazione di quei mercati dove il franchising al momento è
più
sviluppato, particolarmente negli Stati
Uniti. L’imminente
saturazione del mercato interno in molti paesi ha convinto il franchisor a
guardare fuori dalle frontiere per poter continuare a crescere e a sfruttare
con profitto la sua formula di franchising. Questa tendenza allo
“internazionalismo” porterà ad uno sviluppo globale nel mercato.
Tuttavia, mentre ci può essere un ampio accordo per quanto riguarda la
natura essenziale del franchising di tipo commerciale, le differenze
politiche, economiche, legali, commerciali e culturali rimarranno tali,
anche tra quei paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti che hanno
un background culturale e legale simile3.
2
3
Cfr.: www.opportunitalia.it
Cfr.: www.opportunitalia.it
6
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
3.
Lo sviluppo del franchising in Italia dalla sua presumibile data di
nascita, il 1871, sino ai giorni nostri.
Dal 1971, anno di nascita del franchising in Italia, le reti sono
progredite costantemente, prima lentamente e a ritmo più sostenuto negli
ultimi anni. Si è passati dalle 15 insegne nel 1978 alle 562 nel 2000.
Un’accelerazione si è avuta soprattutto nel periodo 1990/95, quando le
reti sono aumentate dell’89,6%. Grazie anche alla new economy, il 2000
ha mostrato una grande vivacità nell’offerta di nuovi sistemi di
franchising, con il lancio di attività legate ad Internet, all’e-commerce,
alle telecomunicazioni e all’informatica.
Nel 2000 i posti di lavoro creati dal franchising sono stati 10.928 e
il giro d’affari relativo agli affiliati di 23.592 miliardi4.
Anche se i margini di guadagno non sono elevatissimi, il
franchising ha l’indiscussa capacità di limitare il fattore rischio,
riducendo la necessità di capitale, riuscendo a creare profitto sia per
l’affiliante sia per gli affiliati, garantendo così una certa stabilità. Inoltre
consente di utilizzare mezzi pubblicitari e consulenze marketing
elevatissimi. La formula appare vincente, visto anche il consenso
tributario, in tutti questi anni, da vari settori del mercato, tra i quali
quelli dell’abbigliamento, della compravendita immobiliare e della
ristorazione.
4
Cfr.: www.opportunitalia.it
7
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
4.
I dati italiani: il Rapporto Quadrante 2000, elaborato da
Quadrante S.r.l., Società di consulenza di franchising.
I dati più recenti e autorevoli relativi allo sviluppo del franchising
in Italia sono quelli del Rapporto Quadrante 2000, elaborato da
Quadrante S.r.l., Società di consulenza di franchising.
Il franchising in Italia rappresenta una realtà in costante e continua
crescita. Nel 2000 questo sistema ha raggiunto il traguardo di 562
insegne, con il numero di affiliati pari a 31.439, il personale impiegato
presso le aziende affiliate di 85.808.
Inoltre i posti di lavoro creati dal franchising nel 2000 sono stati
10.928 e il giro d’affari ha raggiunto i 23.592 miliardi di vecchie lire. Se
si può datare la nascita del franchising italiano al 1971, con la
fondazione dell’Associazione Italiana del franchising, è del 1972 il
lancio in franchising della prima insegna per iniziativa della Standa. Da
allora la crescita è stata costante. Nel 1978 l’Associazione registrava
appena 15 sistemi di franchising, una ricerca del CESDIT, nel 1985,
rilevava 62 affilianti che gestivano 3.338 affiliati; nel 1987 il primo
Annuario Multipla rilevava 154 reti di franchising con 9.400 affiliati5.
Il franchising, dunque, è cresciuto in modo deciso nei suoi
Trent’anni di vita, con un’accelerazione nel periodo 1990/1995, in cui le
reti sono aumentate dell’89,6%. Invece, nell’ultimo quinquennio del
secolo ( 1995/2000 ) si può registrare un certo rallentamento, dimostrato
dalla crescita delle reti di solo il 28,9%. Ma questo, in parte, si può
attribuire al diverso criterio utilizzato per l’inserimento nella Banca dati
5
Cfr.:
www.opportunitalia.it
www.assofranchising.it
8
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Quadrante: per le stime del 2000, infatti, sono stati considerati nelle
statistiche solo gli affilianti che hanno dichiarato di gestire 3 o più
affiliati, nel tentativo di presentare unicamente quei sistemi di
franchising che appaiono “vitali”.
Dalle statistiche si possono rilevare due dati evidenti ed
inconfutabili:
- il dinamismo del sistema di franchising che mostra un trend di
crescita costante;
- la sua capacità di soddisfare lo spirito imprenditoriale di vaste
categorie di persone;
Il
franchising
inoltre,
contribuisce,
ed
ha
contribuito,
all’ammodernamento del settore terziario italiano ed all’ammissione, nel
circuito del dettaglio di forze giovani.
In particolare, il 2000 ha mostrato una grande vivacità nell’offerta
di nuovi sistemi di franchising derivanti dalla new economy, con il
lancio
di
attività
legate
ad
Internet,
all’e-commerce,
alle
telecomunicazioni ed all’informatica.
Il franchising italiano mostra i suoi limiti in campo internazionale;
se si escludono le griffe della moda, sono ancora poche le insegne
italiane che si spingono oltre i confini nazionali. Viceversa, la presenza
in Italia delle reti straniere con punti di vendita affiliati è di 74 imprese,
pari al 13% del totale degli affilianti. Gli Stati Uniti dispongono in Italia
di 34 insegne ( Mc Donald’s è la catena di fast food in franchising più
famosa del mondo, con 300 punti di vendita in Italia e 29.000 in 121
paesi ), l Francia di 18, la Gran Bretagna di 7.
9
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Settore di attività
Numero di
affilianti
per settore
di attività
Commercio alim. specializzato
28
Commercio despecializzato
19
Articoli per la persona
125
Articoli per la casa
36
Altro commercio specializzato
80
Servizi
211
Alberghi e ristoranti
31
Costruzioni e manutenzioni
4
Industria
2
Totale
562
Numero di
affiliati
per settore
di attività
2.247
3.308
5.640
1.103
3.428
13.960
981
673
99
31.439
Personale
impiegato
presso gli
affiliati
6.368
12.900
10.696
2.878
7.534
32.417
11.498
1.340
177
85.808
Giro d’affari
delle reti di
franchising
(in mld. di lire)
2.382
7.057
3.152
875
2.408
6.224
1.251
203
42
23.592
Tab.1: rielaborazione di alcuni dei dati presenti nel Rapporto Quadrante.
Franchisor
Franchisee
Personale impiegato presso i
franchisee
Giro d’affari delle reti in franchising:
valori in milioni di euro.
Giro d’affari delle reti in franchising:
valori in miliardi di lire.
1999
538
28.242
2000
560
29.488
2001
592
31.177
75.186
81.079
87.434
11.542
12.119
12.696
22.348
23.465
24.583
Tab.2: il franchising in Italia dal 1999 al 2001.
10
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Settore di attività
%
Commercio alim. specializzato
5,59
Commercio despecializzato
4,13
Articoli per la persona
20,57
Articoli per la casa
6,57
Altro commercio specializzato
13,24
Servizi
42,58
Alberghi e ristoranti
5,99
Costruzioni e manutenzioni
0,88
Industria
0,44
Totale
100,00
1999
%
30
5,24
22
3,62
111 20,13
35
6,71
71 12,75
229 43,44
32
6,80
5
0,87
2
0,44
538 100,00
2000
%
2001
29
5,30
20
3,71
113 20,20
38
6,69
71 12,83
243 43,30
38
6,66
5
0,87
2
0,44
560 100,00
31
22
120
40
76
256
39
5
3
592
Tab.3: numero di affilianti per settore di attività.
Settore di attività
%
1999
%
2000
%
2001
Commercio alim. specializzato
7,10 2.004
6,90 2.036
7,60 2.370
Commercio despecializzato
10,40 2.936
9,80 2.891
9,90 3.087
Articoli per la persona
17,10 4.828 18,10 5.340 17,60 5.489
Articoli per la casa
2,61
736
2,90
855
2,85
889
Altro commercio specializzato
11,60 3.274 10,42 3.073 10,61 3.310
Servizi
46,40 13.100 46,80 13.806 46,40 14.470
Alberghi e ristoranti
3,27
923
3,78 1.116
3,70 1.153
Costruzioni e manutenzioni
1,27
359
0,97
285
1,02
317
Industria
0,29
83
0,30
87
0,30
92
Totale
100,00 28.242 100,00 29.488 100,00 31.177
Tab.4: numero di affiliati per settore di attività.
11
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Settore di attività
%
1999
%
Commercio alim. specializzato
8,00 6.015
7,84
Commercio despecializzato
17,40 13.082 16,83
Articoli per la persona
13,20 9.925 12,99
Articoli per la casa
3,00 2.256
3,10
Altro commercio specializzato
9,40 7.067
9,20
Servizi
38,20 28.721 38,04
Alberghi e ristoranti
8,60 6.466 10,02
Costruzioni e manutenzioni
2,00 1.504
1,86
Industria
0,20
150
0,22
Totale
100,00 75.186 100,00
2000
%
2001
6.354
7,88
13.561 16,89
10.530 13,04
2.513
3,07
7.463
9,25
30.846 38,08
8.123
9,66
1.510
1,90
179
0,22
81.079 100,00
6.888
14.771
11.402
2.688
8.091
33.298
8.450
1.659
189
87.434
Tab.5: personale impiegato presso gli affiliati.
Settore di attività
%
1999
%
2000
%
2001
Commercio alim. specializzato 10,50 1.212 10,41 1.262 10,41 1.322
Commercio despecializzato
33,80 3.901 32,88 3.985 32,88 4.175
Articoli per la persona
12,50 1.443 12,70 1.539 12,70 1.612
Articoli per la casa
3,80
439
3,76
456
3,76
477
Altro commercio specializzato
10,60 1.223 10,51 1.274 10,51 1.334
Servizi
23,60 2.724 24,28 2.942 24,28 3.082
Alberghi e ristoranti
4,20
485
4,47
542
4,47
568
Costruzioni e manutenzioni
0,80
92
0,80
97
0,80
102
Industria
0,20
23
0,19
23
0,19
24
Totale
100,00 11.542 100,00 12.119 100,00 12.696
Tab.6A: Giro d’affari delle reti di franchising (valori in milioni di euro).
12
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Settore di attività
%
1999
%
2000
%
2001
Commercio alim. specializzato 10,50 2.347 10,41 2.443 10,41 2.560
Commercio despecializzato
33,80 7.554 32,88 7.716 32,88 8.084
Articoli per la persona
12,50 2.794 12,70 2.980 12,70 3.122
Articoli per la casa
3,80
849
3,76
883
3,76
925
Altro commercio specializzato
10,60 2.369 10,51 2.466 10,51 2.584
Servizi
23,60 5.274 24,28 5.696 24,28 5.968
Alberghi e ristoranti
4,20
939
4,47 1.049
4,47 1.099
Costruzioni e manutenzioni
0,80
179
0,80
188
0,80
197
Industria
0,20
45
0,19
44
0,19
46
Totale
100,00 22.348 100,00 23.466 100,00 24.584
Tab.6B: Giro d’affari delle reti di franchising (valori in miliardi di lire).
Anno di entrata
%
Incr.
Progr.
Fino al 1980
Dal 1981 al 1985
Dal 1986 al 1990
Dal 1991 al 1995
Dal 1996 al 2000
Nel 2001
Totale
3,72
5,24
8,95
25,68
51,01
5,41
100,00
22
31
53
152
302
32
592
22
53
106
258
560
592
Tab.7: Insegne entrate nel mercato.
13
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Regioni
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
Valle d’Aosta
Piemonte
Lombardia
Liguria
Friuli Venezia Giulia
Trentino Alto Adige
Veneto
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Campania
Molise
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Totale Italia
%
n.
0,17
9,46
36,66
1,69
1,97
0,36
11,83
9,46
5,24
2,33
1,25
8,79
1,79
2,69
0,18
2,15
0,72
2,37
0,90
100,00
1
56
217
10
12
2
70
56
31
14
7
52
11
16
1
13
4
14
5
592
n.
284
140
115
34
19
592
Tab.8: Distribuzione degli affilianti per regione nel 2001.
5.
I franchisee devono diffidare dalle attività improvvisate e
scarsamente professionali e dalle promesse eccessivamente
ottimistiche di facili guadagni fatte dalle case madri.
Stando alle statistiche sul franchising, esiste anche qualche ombra
sulla serietà e trasparenza di molte iniziative imprenditoriali: per
esempio è ancora troppo alto l’indice di rotazione ( il rapporto tra gli
affilianti che sono usciti dal mercato e il totale degli affilianti in un certo
anno ). Molte reti mostrano uno scarso tasso di espansione e non fanno
14
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
registrare alcun progresso negli anni. Per non parlare di iniziative
improvvisate e scarsamente professionali che creano dubbi e sospetti tra
gli investitori. Per capire se una proposta di franchising è davvero
credibile basta avere qualche punto di riferimento. Chi vuole vendere un
prodotto, per partire ha bisogno di almeno 100 milioni di vecchie lire.
Solo il franchising di servizi consente di ridurre il primo esborso di
capitale. Non a caso proprio il franchising di servizi è esploso negli
ultimi anni: il vantaggio è che non bisogna spendere per riempire un
magazzino. Con 20.000-25.000 euro si apre, per esempio, un’agenzia
immobiliare. In generale, su queste cifre si aggirano tutte quelle attività
che consentono di partire con un piccolo ufficio. I franchising che
assicurano un decollo indolore partendo con poche migliaia di euro si
riferiscono sicuramente a piccole attività da svolgere da casa. In generale
il franchising di servizi risulta però più rischioso di quello di
distribuzione anche perché rilevano maggiormente le capacità del
singolo affiliato che deve assumersi le proprie responsabilità. È
verissimo che alcune case madri eccedono con l’ottimismo, ma è
altrettanto vero che talvolta il potenziale affiliato, ansioso di raggiungere
i fatturati promessi dalla casa madre, non tiene in debito conto le
difficoltà e le spese legate alla fase di avvio (spese per l’allacciamento
degli impianti etc.) ed al problema della territorialità della c.d. cultura
d’impresa: gli usi, i gusti, le abitudini e le tradizioni legati alle diverse
zone anche di uno stesso paese: infatti un prodotto o un’attività che può
“ funzionare” e generare grandi profitti in una regione, ad esempio del
Nord Italia, può non avere altrettanta fortuna in un’altra regione. Sarebbe
15
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
infatti azzardato avviare un’attività di produzione di gelati “dietetici” in
Sicilia laddove fa da padrona la dolcissima cassata.
6.
Internet: fonte primaria per imprenditori a caccia di business.
Le catene in franchising costituiscono, dunque, una realtà
consolidata e in sempre maggiore espansione. Ma quello che è
certamente uno dei fenomeni più rilevanti del panorama economico
internazionale degli ultimi venti anni ha in sé mille anime, mille
sfaccettature: da una parte comprende le grandi potenze multinazionali,
dall’altra network limitati, ben più modesti. Da una parte, dunque, sono
in gioco giri d’affari “stellari”, dall’altra opportunità per piccole imprese
o singoli individui.
Per garantirsi una visibilità è fondamentale avere una presenza sul
Web: questo il messaggio forte e chiaro che Internet lancia ai franchisor.
La rete non solo costituisce una possibilità concreta e diretta di
stabilire contatti tra franchisor e franchisee, ma è una risorsa
fondamentale in termini di informazioni, le quali diventano disponibili
ed accessibili a tutti: oggi esistono online decine, se non centinaia, di
database dei franchisor, divisi per marchi, per investimenti, per settori di
attività. Si può ragionevolmente supporre che nel corso della prossima
decade Internet diventerà la fonte primaria di informazione per
franchisor in cerca di espansione e per imprenditori a caccia di
opportunità di business.
16
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Dalla Germania arriva oggi la proposta Abacus6. Anche gli
insegnanti possono puntare al franchising dando lezioni “in rete” e
trasformando così le banali ripetizioni in un’impresa, affiliandosi ad
Abacus, una società tedesca che offre un servizio organizzato di
ripetizioni a domicilio. Abacus esiste dal 1993 e ad oggi vanta una
cinquantina di franchisor su tutto il territorio nazionale tedesco. Il
servizio si rivolge a tutti coloro che possono aver bisogno di ripetizioni
nelle materie scolastiche tradizionali. Abacus, che è un marchio
registrato, è anche membro dell’Associazione Franchising Tedesca:
questo significa che i contratti hanno subito rigorose verifiche giuridiche.
Nel 1999 la casa madre ha ottenuto il secondo posto nel concorso per il
miglior franchising in Germania. L’obiettivo adesso è esportare il
progetto in Italia. L’investimento iniziale è limitato poiché nella prima
fase di attività, ma anche successivamente, l’affiliato può operare da casa
propria. Le lezioni infatti vengono svolte presso il domicilio del cliente.
Non è necessario dunque calcolare l’affitto di una sede ma è sufficiente
poter disporre di una scrivania, un fax, un personal computer e una linea
telefonica. Abacus assiste in ogni fase il franchisor. La formula
franchising crea infatti sinergie di cui beneficiano entrambi le parti. Una
stima del fatturato potenziale a priori è estremamente difficile; la casa
madre tuttavia, considerato il basso investimento iniziale, stima i risultati
economici interessanti, anche nel caso gli allievi siano pochi.
Se l’investimento necessario per mettersi in proprio in franchising è
troppo oneroso, oggi alcune banche forniscono finanziamenti a
6
Cfr.: Corriere Lavoro n.13 anno 2001, supplemento del Corriere della Sera
17
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
condizioni vantaggiose a chi si mette in proprio con la formula
dell’affiliazione. Tra queste , il Credito Italiano ha fatto da apripista;
l’importante è scegliere una catena che la banca consideri affidabile. I
vantaggi per il franchisee che chiede il prestito sono due: innanzitutto un
tasso d’interesse molto al di sotto dei livelli di mercato ed inoltre
maggiore sicurezza circa l’affidabilità della casa madre che ha superato
l’accurato vaglio della banca.
7.
Peculiarità del franchising rispetto agli altri contratti di
distribuzione; in particolare rispetto alla concessione di vendita.
Il franchising è l’ultimo contratto di distribuzione ad essere emerso
in ordine di tempo ed è anche quello in cui è massima l’integrazione tra
le parti. Il franchising è una figura contrattuale nata dalla prassi,
dall’evoluzione della concessione di vendita nel senso di una maggiore
integrazione. I maggiori problemi per definire il franchising derivano
proprio dalle difficoltà di rinvenire dei sicuri punti di differenziazione
dalla concessione di vendita. Come la concessione di vendita, il
franchising privilegia l’aspetto della collaborazione e dell’integrazione
rispetto
a quello
della somministrazione
di
prodotti,
aspetto,
quest’ultimo, che nel franchising manca più di frequente (e ciò avviene
nei casi del c.d. franchising di produzione o del franchising di servizi) in
relazione a quanto avviene nella concessione di vendita. Le
caratteristiche del franchising quali elementi differenziatori rispetto alla
concessione di vendita sono: la trasmissione continua di un know-how
18
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
dal franchisor al franchisee; la possibilità per il franchisee di fregiarsi del
marchio e dell’insegna del franchisor; la possibilità di usufruire di
eventuali licenze di brevetti; il pagamento al franchisor da parte del
franchisee di un diritto di entrata (c.d. entry fee) e di canoni durante il
rapporto (c.d. royalty). Nessuno di questi elementi è però in grado di
caratterizzare in modo decisivo il franchising: infatti il pagamento di un
diritto di entrata e di canoni periodici durante il rapporto contrattuale non
è un elemento essenziale e non è, specie in Italia, sempre previsto nel
contratto; mentre il trasferimento del know-how e la possibilità di
utilizzare i segni distintivi del produttore sono elementi il più delle volte
propri anche della concessione di vendita. Credo perciò, che la
differenza tra concessione di vendita e franchising non vada ricercata
nella presenza o meno di una singola clausola; ritengo invece, che per
inquadrare una pattuizione contrattuale nell’uno o nell’altro tipo di
rapporto, sia necessario procedere ad una valutazione globale dell’assetto
di interessi realizzato e alla luce di questo, giudicare se esista un livello
di integrazione tale da far ritenere più corretto parlare di concessione di
vendita o di franchising7. Dunque i confini tra le due figure contrattuali
non sono netti; non esiste una precisa differenza se non per l’esistenza o
meno e per una diversa intensità di quell’elemento impalpabile che è
l’integrazione8. Mentre inquadrare un certo contratto nel franchising o
nella concessione di vendita non ha rilevanza, nel diritto interno, ai fini
della legge applicabile al rapporto, trattandosi in entrambi i casi di
contratti atipici nei quali bisognerà fare innanzitutto riferimento alla
7
8
Cfr.: A. SECA, Franchising e concessione di vendita a confronto, in Arch. civ., 2001, parte I, p.3 e ss.
Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000, p.120 e ss.
19
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
regolamentazione apprestata dalle parti e, quando eventualmente la
disciplina del contratto risulti carente, fare ricorso, per singole tranche
del contratto a contratti tipici, non è invece indifferente ricondurre un
contratto al franchising o alla concessione di vendita per quanto riguarda
la disciplina CEE antimonopolistica, perché la CEE ha predisposto per il
franchising un apposito regolamento che riserva a questo contratto un
trattamento più benevolo nella valutazione della liceità dei patti restrittivi
della concorrenza di quanto non lo sia in via generale l’art.85 del
Trattato CEE. Ricordo, quindi, la definizione che del franchising dà il
regolamento CEE 4087/88: «gli accordi di franchising sono in sostanza
licenze di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi o
insegne e know-how, correlate eventualmente a restrizioni relative alla
fornitura o all’acquisto di merci».
8.
Definizione giuridica del contratto di franchising.
A tutt’oggi, nonostante la sua ormai notevole diffusione e quindi
l’avanzata fase in cui si trova il suo processo di tipizzazione “sociale”, ad
opera della prassi degli operatori economici, non esiste nell’ordinamento
italiano alcuna normativa che disciplini specificamente il franchising.
Come tutti i conti sviluppati dalla prassi e non ancora disciplinati
dal legislatore, il primo problema che si pone riguarda la loro corretta
individuazione. E per il franchising, come per tutti gli altri, la risposta
non è soddisfacente. Se infatti se ne prende un’accezione rigida, ne
rimangono fuori una serie di varietà e varianti che appunto il mondo
20
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
degli affari ha creato per venire incontro alle esigenze del caso concreto.
Se, all’opposto, se ne accoglie una visione lata, si rischia di mettere sullo
stesso piano elementi marginali e solo eventuali con quelli essenziali.
Tuttavia, con queste cautele, è ancora valido definire il franchising
(o affiliazione commerciale) come una forma di collaborazione
continuativa per la distribuzione di beni o servizi fra un imprenditore
(affiliante) e uno o più imprenditori (affiliati), giuridicamente ed
economicamente indipendenti l’uno dall’altro ma vincolati da un
contratto in virtù del quale l’affiliante concede all’affiliato l’utilizzazione
della propria formula commerciale, comprensiva del diritto di sfruttare il
suo know-how (l’insieme delle tecniche e della conoscenze necessarie) o
addirittura una semplice formula o segreto commerciale, ed i propri
segni distintivi, unitamente ad altre prestazioni e forme di assistenza atte
a consentire all’affiliato la gestione della propria attività con la
medesima immagine dell’impresa affiliante. L’affiliato, a sua volta, si
impegna a far propria la politica commerciale e l’immagine
dell’affiliante nell’interesse reciproco delle parti medesime e del
consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni contrattuali
liberamente pattuite. Si tratta quindi di un sistema di distribuzione di
prodotti e servizi fondato su una collaborazione organica tra una
produttore (o rivenditore) di beni o un offerente di servizi (franchisor) ed
una distributore locale (franchisee).
Il franchisor cede al franchisee un “pacchetto” comprendente il
know-how di una formula commerciale, di un prodotto o servizio
originale, un marchio, un’immagine, una protezione d’area, varie forme
21
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
d’assistenza. Il franchisee, da parte sua, oltre ad impegnarsi a seguire le
linee fondamentali del sistema elaborato dal franchisor, fornisce i mezzi
finanziari necessari ad allestire il punto vendita e versa all’impresa
affiliante una quota di associazione iniziale più “royalty” periodiche. È
quindi la gestione in comune di un’attività imprenditoriale l’elemento
chiave di un rapporto di franchising9.
9.
Le varie tipologie del contratto: a) il franchising distributivo; b) il
franchising produttivo; c) il franchising di servizi.
Di recente la Corte di Giustizia Europea ha ripreso una distinzione
presente nella migliore dottrina americana ed europea nonché nella
giurisprudenza e nelle definizioni delle varie associazioni nazionali,
distinguendo, appunto, fra un franchising distributivo o commerciale, un
franchising produttivo, ed un franchising di servizi. Tale differenza è
diretta non tanto ad enucleare differenti tipi o sottotipi del medesimo
contratto, quanto a contribuire allo sforzo di atomizzazione del
franchising e di distacco dalla concessione di vendita.
a)
Il franchising distributivo
Per quanto riguarda il franchising commerciale, bisogna
innanzitutto sottolineare nel settore di dettaglio, una crescente
diffusione di strutture di grandi dimensioni che presentano
caratteristiche nuove ed opposte a quelle tradizionalmente
9
Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising, Torino, 1990, p.395.
22
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
conosciute per le imprese dettaglianti. Secondo una consolidata tesi
aziendalistica, queste imprese si caratterizzano per il fatto di
disporre di una forza finanziaria ed operativa assai rilevante, per il
fatto di operare su vaste aree, e per avere la possibilità di scegliere
fra numerose politiche di vendita, cui è connessa l’opportunità di
arrivare a larghe economie nei costi di acquisto e di gestione. La
tendenza del mercato è orientata proprio verso la continua
espansione di queste forme di “grande dettaglio” che soverchiano il
piccolo dettaglio dei papa and mama stores e che rendono possibile
le forme di collaborazione e di associazione aziendale le più
svariate. Il fine di questi complessi integrati è quello di ridurre i
tempi ed i costi delle distribuzioni commerciali, caratterizzate da
una forte discrepacy in materia di tempi, luoghi e quantità da
ricercare nella complessità dei bisogni dei consumatori e nella
grande varietà dei beni offerti. Secondo l’impostazione tradizionale,
ma ancora valida, il ruolo della distribuzione commerciale
risiederebbe nel ridurre gradualmente tale divario, per assicurare ai
consumatori finali, rectius utilizzatori, la realizzazione delle
funzioni di vendita e di acquisto con il minor spreco possibile di
risorse. In genere il sistema di affiliazione comporta l’integrazione
contrattuale per la gestione organica di un’intera attività economica:
l’affiliante, promotore e coordinatore dell’iniziativa, offre i
vantaggi tipici della macro-struttura manageriale, quale produttore
di una strategia di mercato specifica ed originale; l’affiliato offre
un’azienda di piccole e medie dimensioni, un’organizzazione snella
23
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
che risponde alle esigenze del mercato locale. L’affiliante, pertanto,
si preoccupa di mettere a punto la formula di affiliazione, che potrà
essere totale (relativa all’intero punto di vendita) o parziale (relativa
solo ad una parte della “offerta” commerciale), attraverso la
definizione particolareggiata del pacchetto di offerte agli affiliati, la
progettazione del punto di vendita dell’affiliato tipo, la messa a
punto di servizi da espletare nel modo che precede l’apertura del
punto di vendita, la definizione dei servizi complementari, la
specificazione della realizzazione della gestione commerciale dei
beni.
L’affiliato, da parte sua, si obbliga quasi sempre a realizzare a
proprie spese le opere, le strutture progettate o richieste
dall’affiliante per il singolo punto di vendita, a far accedere nei
propri locali il personale dell’affiliante, ad assumere il proprio
personale in tempi tali da permettere un’adeguata formazione
professionale specifica, a rispettare le modalità e le condizioni di
vendita, ad assicurare con massimali adeguati la merce.
Il complesso contrattuale così realizzato permette di soddisfare
le esigenze dell’affiliante, perché consente di “comprare”
imprenditorialità locale dinamica e attiva, e nello stesso tempo
costituisce una risposta agli interessi degli affiliati, giacché
permette
loro
di
acquisire
l’avviamento
commerciale
dell’organizzazione affiliante, con i relativi vantaggi promozionali e
pubblicitari già creati e di servirsi di un complesso di strutture
tecnico-commerciali.
24
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Il franchising deve essere distinto dal tradename franchise o
concessione
della
denominazione
commerciale
con
cui
il
concedente autorizza esclusivamente l’uso del proprio marchio.
Non rientra nella categoria contrattuale neppure il branchising, in
cui il livello di affiliazione è limitato esclusivamente ad un
compenso per le prestazioni svolte dal branchisee, che in genere
esplica un ruolo simile a quello degli agenti generali.
In sostanza il franchising commerciale puro si caratterizza non
solo per il fatto che l’affiliato gestisce la propria azienda sotto il
nome del concedente e per il pagamento di un diritto d’entrata e/o
di canoni periodici, ma per la configurazione di particolari obblighi
di gestione e di conduzione dell’attività secondo criteri di
merchandising predeterminati dall’affiliante. Per quanto riguarda
poi le dimensioni delle imprese che partecipano a tale sistema di
affiliazione, si distingue il franchising tra produttore e grossista,
quello tra produttore e dettagliante e quello tra grossista e
dettagliante. Più organicamente la dottrina francese distingue
l’ipotesi in cui il franchisor è un produttore da quella in cui è un
distributore, differenziando quest’ultimo caso in tre fattispecie:
1- il franchisor fornisce da solo i franchisee, per cui si qualifica
come un compratore-rivenditore ;
2- il franchisor opera come una centrale di acquisto, per cui agisce
nella qualità di commissionario in favore degli affiliati;
3- il franchisor comunica agli affiliati una lista di fornitori graditi
presso i quali sono disponibili articoli selezionati.
25
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
b)
Il franchising industriale
Il franchising industriale, invece, rientra nella cosiddetta
franchigia di fabbricazione o di lavorazione, ed appare più
complesso sia della licenza di brevetto, che del trasferimento di
tecnologia, poiché è il solo a costituire, nello stesso tempo, un
sistema completo e ripetibile sia di
produzione che di
commercializzazione. Nel contesto delle pattuizioni si prevede che
il licenziante trasmetta al licenziatario gli elementi essenziali o la
formula per un prodotto da fabbricare o lavorare o vendere secondo
gli standard e sotto il controllo del franchisor. L’affiliante costruisce
o fa costruire un impianto di produzione, concedendo all’affiliato la
licenza dei brevetti di fabbricazione e dei marchi, assicurandogli
l’input tecnologico e l’assistenza tecnica costante. Pertanto la
franchigia industriale, a differenza di quella commerciale, esige da
parte dell’affiliato rilevanti disponibilità di capitali.
La struttura del rapporto conosce anche delle varianti, le quali,
accanto alla concessione relativa alla formula per preparare un
prodotto, prevedono una gestione dell’esercizio al dettaglio del
bene finito. Il licenziante-franchisor deve assicurarsi che il prodotto
sia di qualità uniforme in tutti gli esercizi licenziatari, con la
conseguenza che il contratto prevede un addestramento del
franchisee ed un controllo sulla produzione esercitato dal
franchisor.
26
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
L’interesse delle parti ad adottare la formula del franchising
industriale è evidente: il franchisor aumenta le possibilità di
vendere il proprio prodotto senza la necessità di procedere ad
investimenti supplementari, il franchisee accede ad un patrimonio
di know-how non proporzionato alle dimensioni ed al ruolo della
propria struttura produttiva. In effetti quando un’impresa di certe
dimensioni e con determinate caratteristiche produttive decide di
espandersi, lasciando da parte l’ipotesi di ricercare nuovi partner,
che potrebbero minare il potere di controllo, e scartando la
soluzione
dell’autofinanziamento,
può
utilizzare
proprio
lo
strumento del franchising. In tal caso i capitali necessari sono
apportati dal franchisee, come corrispettivo dell’intervento tecnico e
di marketing del franchisor. Il “patrimonio” de cui quest’ultimo
dispone è composto dalle licenze di un brevetto, da know-how, da
tecniche di sviluppo delle fasi produttive, del marketing e della
gestione, da engineering, da progetti di sviluppo. Una variante dello
schema è costituita dal licencing, che, realizzando una semplice
cessione della licenza di fabbricazione, consente al cedente un utile
immediato ed automatico sotto forma di royalty ed un controllo
sullo sviluppo di mercato di quel dato prodotto, connesso ad un
aumento di profitto.
La peculiarità di tale forma contrattuale risiede nella
combinazione ottimale della licenza di brevetto e di know-how con
le più avanzate tecniche finanziarie e commerciali, approntate
dall’impresa leader.
27
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
Nel settore industriale, in sostanza, gli accordi sono diretti a
produrre e a vendere modelli gestionali, realizzando, attraverso la
cessione della franchigia, sistemi produttivi e distributivi di alta
innovazione. In effetti, però, bisogna sottolineare che il franchising
industriale viene in tal modo assorbito dalla stessa funzione
distributiva, tant’è che le più recenti elaborazioni – Protocollo di
regolamento (CEE) della commissione concernente l’applicazione
dell’art.85, par.3, del trattato a categorie di accordi di franchising –
escludono dall’ambito degli accordi proprio il franchising
industriale “puro” in base al rilievo che, disciplinando i rapporti fra
produttori, esso presenterebbe caratteristiche diversi da quelle degli
altri tipi di contratto, trattandosi di licenze di fabbricazione base su
brevetti di know-how tecnologiche correlate da licenze di marchio.
c)
Il franchising di servizi
Il franchising può trovare proficua applicazione anche nel
settore dei servizi, anzi, l’esperienza insegna che in questo
comparto economico sono diffusi i migliori e più evoluti sistemi di
affiliazione. Nell’ambito di questa categoria si distingue tra il
franchising alberghiero ed il franchising applicabile al cosiddetto
settore terziario puro. La caratteristica di queste tipologie negoziali
risiede nell’elevata richiesta di investimenti iniziali per gli affiliati:
l’affiliato non vende alcun prodotto, ma offre la prestazione di
servizi originali, messi a punto ed ampiamente sperimentati nella
propria struttura aziendale. Non solo, ma nel franchising di servizi
28
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
alberghieri, la globalità del trasferimento del know-how è molto più
accentuata che rispetto al franchising distributivo e produttivo10.
È questo un settore in cui la distinzione fra “prodotto” e
“servizio” non è sempre inequivocabile, anzi, nella maggior parte
dei prodotti è insito un contenuto di “servizi” ed un esempio
particolare può essere il franchising dei negozi di bellezza, creati
presso il dettagliante che li gestisce per conto proprio, ma con il
nome della “marca”. In sostanza la natura particolare di tali forme
negoziali permette l’interrelazione fra organizzazione di servizi e
distribuzione o produzione di beni. Fra i settori in cui può trovare
felice applicazione il franchising va ricordato quello agricolo, ove
lo strumento risponde all’esigenza di superare la situazione di
estrema frammentarietà delle aziende. Non appare ipotizzabile,
infatti, a causa dei numerosi vincoli esistenti (legislazione sui
contratti agrari, costo dei terreni, rigidità di alcuni principi di diritto
successorio) un sensibile aumento della ampiezza media aziendale,
il che non consente di affrontare i problemi gestionali ed
organizzativi che il moderno mercato dei prodotti agricoli pone ai
produttori: acquisto di mezzi tecnici e di macchinari, ricerca,
organizzazione gestionale, contabile e finanziaria, organizzazione
delle vendite, politica del marchio. Tutti questi servizi possono,
invece, essere assicurati dal franchisor, mentre i franchisee sono
tenuti a seguire scrupolosamente le regole produttive ed
10
Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, cit. p.19
29
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
organizzative stabilite dal franchisor, nonché a corrispondere
adeguate royalty per tali prestazioni.
10. Definizioni giurisprudenziali.
Le pronunce giurisprudenziali relative al franchising, nell’arco degli
ormai numerosi decenni della sua diffusione in Italia, sono state piuttosto
scarse. Se ciò, da un lato, depone a favore dell’efficacia di tale formula
contrattuale nel realizzare un trasferimento di segni distintivi e
tecnologia tra le parti, unitamente ad una loro più o meno intensa
integrazione commerciale, d’altra parte, inevitabile conseguenza è la
scarsità dell’elaborazione giurisprudenziale quanto alla definizione ed
all’individuazione dei contenuti del contratto di franchising.
Proprio il fatto che in tema di franchising non si sia ancora formato,
né, in realtà, si stia formando, un sufficientemente consistente corpus
casistico, al quale i giudici di volta in volta chiamati a pronunciarsi
possano attingere, ha fatto sì che l’attenzione di questi si rivolgesse
soprattutto alle elaborazioni della dottrina, e quindi, in epoca più recente,
alla definizione, già ricordata, fornita dal Regolamento comunitario di
esenzione per categoria n. 4087/88.
Ciononostante, l’esame della casistica evidenzia, comunque,
l’esistenza di una certa evoluzione nei tentativi giurisprudenziali di
definizione e inquadramento del franchising.
Le prime decisioni pongono l’accento soprattutto sulla concessione
del diritto all’uso di segni distintivi, ed identificano il tratto distintivo del
30
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
franchising nell’amplificazione della notorietà a questi connessa
attraverso la diffusione del loro uso derivante dalla loro attribuzione in
licenza ad una pluralità di imprese. Così, la prima sentenza italiana in
assoluto ad occuparsi di franchising.
Tribunale di Milano, 30 aprile 1982, Soc. Standa c. Soc.
Arcobaleno Market, in Foro it., 1982, I, 204211.
“(Omissis). — la notorietà del marchio e l’avviamento commerciale della
ricorrente stanno alla base del contratto di affiliazione stipulato in data 18 aprile 1978
con l’Arcobaleno Market; in forza di tale contratto, l’Arcobaleno Market è stata
autorizzata ad utilizzare i segni distintivi e le tecniche commerciali e pubblicitarie
della concorrente. (Omissis)”
Alcune successive decisioni, pur senza abbandonare il riferimento
alla licenza di segni distintivi, dedicano una maggiore attenzione ai
connotati ulteriori del franchising, ed in particolare all’integrazione fra le
imprese facenti parte della rete in franchising. Benché sia chiaramente
riconosciuta, nella decisione del Tribunale di Chieti, 29 ottobre 1987,
Februo Stefano c. Stefanel S.p.A.12, la comunanza di interessi che lega
reciprocamente il franchisor ed i franchisee, ed appaiano, dunque,
superate semplicistiche visioni che considerano il franchisee un semplice
destinatario di beni immateriali, che non apporta un significativo
contributo al successo della rete, il giudice ha comunque individuato il
11
Cfr.: R. PARDOLESI, Contratto di franchising, risoluzione di diritto, provvedimenti d’urgenza,
Padova, 1995, p. 170.
12
Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , cit. p. 48 e ss.
31
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
corrispettivo sinallagmatico delle prestazioni pecuniarie e degli obblighi
di fare e di non fare del franchisee nella “concessione”.
Il franchising è ancora considerato, quindi, sostanzialmente, un
contratto di scambio, in cui il vantaggio attribuito al franchisee consiste
in una serie di beni immateriali di cui gli viene concesso il diritto all’uso.
Accanto allo scambio licenza di beni immateriali- obblighi
pecuniari e non, il giudice individua un ulteriore rapporto sinallagmatico,
costruito sul piano delle esclusive. All’obbligo del franchisee di vendere
soltanto i rapporti contrattuali corrisponde il riconoscimento a suo favore
di un’esclusiva territoriale. Si tratta di uno schema familiare ai giudici,
in quanto già diffuso nella diversa figura contrattuale della concessione
di vendita.
Tuttavia, il Tribunale di Chieti, nella sentenza citata, ha compiuto
un passo ulteriore, mettendo in relazione le esclusive con la
predisposizione del design del negozio del franchisee ad opera del
franchisor (tramite una società collegata). Nello schema caratteristico
della concessione di vendita la funzione di identificazione degli
appartenenti alla rete è rimessa, in primo luogo, ai segni distintivi; nel
franchising, l’esigenza di uniformità delle strutture aziendali degli
appartenenti alla rete è più forte, in quanto, proprio nell’omogeneità
delle metodologie commerciali si trova il principale fattore di successo
della rete stessa.
Perciò, al franchisee si richiede l’ulteriore sacrificio di sottoporsi
alle direttive del franchisor nell’allestimento del punto vendita, o
addirittura, come nel caso di specie, di “farlo allestire” dal franchisor;
32
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
quale corrispettivo, avrà la maggiore capacità di attrazione della
clientela,
all’interno
della
zona
di
esclusiva,
che
l’uniforme
presentazione dei punti vendita appartenenti alla rete dimostrerà rispetto
alla mera apposizione di un segno distintivo (insegna) comune.
La sentenza del Tribunale di Lecce, 9 febbraio 1990, Pantaleo c.
Benetton S.p.A., in Foro it., 1990, I, 2978, sottolinea, appunto, in
maniera assai forte, il rapporto di integrazione che lega i componenti
della rete in franchising. Agli occhi del pubblico, sostiene il Tribunale di
Lecce, il franchisee appare come una “filiale”, un “terminale diretto” del
produttore,
con
il
quale
viene
immediatamente
identificato.
Fondamentale nell’economia della rete in franchising non è tanto
l’identificazione, da parte del consumatore, del franchisee con il
franchisor, quanto, invece, l’omogeneità dei prodotti, dei servizi, e
soprattutto dello “stile” aziendale che incontrerà, qualora varchi la soglia
di un punto vendita che reca i simboli dell’appartenenza alla rete.
Proprio questa omogeneità fa sì che il punto vendita in franchising operi
quale ricettore di clientela, indipendentemente dall’identità del
franchisee, in quanto i simboli dell’appartenenza alla rete garantiscono
da soli, ed in via immediata, al consumatore, la sicurezza di trovare i
prodotti e gli standard qualitativi che conosce ed apprezza. Ed appunto
questa funzione di ricettore di clientela assicurata dall’omogeneità della
rete, giustifica quelle restrizioni della libertà imprenditoriale del
franchisee alle quali il Tribunale di Lecce più volte accenna; la “perdita
di identità” imprenditoriale del franchisee, in un corretto rapporto di
franchising, non rappresenta per questi un danno. Anzi, essa è la
33
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
condizione indispensabile perché possa giovarsi appieno dei vantaggi
derivanti dall’appartenenza alla rete.
Negli stessi anni, non è mancata una giurisprudenza arbitrale che, in
netta controtendenza rispetto all’esaminato atteggiamento dei giudici
ordinari, ha risolto semplicemente ogni problema definitorio attraverso il
rinvio alla prassi ed alla consistente diffusione del franchising nel mondo
commerciale, ritenendo superato ogni dubbio di compatibilità con
l’ordinamento.
Lodo arbitrale, Roma, 31 ottobre 1989, Toson S.r.l. c. Midal
S.p.A.13
“(Omissis).- Il contratto di franchising è un contratto di
distribuzione
commerciale emerso nella prassi economico-sociale, considerato nell’ordinamento
giuridico italiano figura pienamente lecita di autonomia privata (Omissis)”.
L’analisi del franchising svolta dal Pretore di Milano, 21 luglio
1992, Grimaldi S.p.A. c. Magatelli ed Effeci S.a.s.14, dimostra, ancora
una volta, l’influenza, del tutto notevole, svolta sulla giurisprudenza dal
Regolamento comunitario di esenzione per categoria, che non si limita,
in questo caso, alla definizione ma si estende all’intera analisi dell’utilità
e dei benefici economici del franchising svolta dalla Corte di Giustizia
CE e dalla Commissione europea, poi trasfusa nel Regolamento stesso.
Ancora una volta viene sottolineata la capacità del franchising di
facilitare la diffusione delle tecniche, attraverso una sostanziale
13
14
Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , cit. p. 300.
Cfr.: in Contratti, 1993, 173.
34
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
ripartizione dei costi di espansione della catena distributiva tra affiliante
ed affiliati, che consente una assai più rapida espansione rispetto a quella
che sarebbe possibile tramite la gestione diretta di tutti i punti vendita da
parte del franchisor. Tuttavia, la sentenza mostra di aver recepito
l’elaborazione comunitaria anche per quanto riguarda gli effetti positivi
che dal franchising derivano ai consumatori, elemento sul quale gli
organi comunitari si sono lungamente soffermati per giustificare la
concessione dell’esenzione dall’applicazione dell’art. 85, comma 1,
Trattato CE. Non solo il franchising consente al consumatore di accedere
a prodotti e servizi innovativi, ma gli garantisce al tempo stesso
l’uniformità tendenziale del livello qualitativo nei vari punti vendita.
Tribunale di Torino, 11 gennaio 1995, Istituto Ambrosiano
Finanziario (I.A.F.) c. Fallimento Casamercato, 1995, II, 106515.
I giudici affermano
“la assoluta atipicità del contratto rispetto ai modelli previsti dal legislatore.
In linea generale il franchising può essere definito quel contratto in forza del quale il
franchisor accorda al franchisee, dietro compenso finanziario, la facoltà di sfruttare
una serie di diritti di proprietà industriale o intellettuale al fine di commercializzare
prodotti od offrire servizi determinati. In tale contesto, le obbligazioni proprie del
contratto in esame sono:
15
-
l’utilizzazione dei segni distintivi del franchisor;
-
la comunicazione, da parte del franchisor, del know-how;
Cfr.: in Contratti, 1995, 597 e in Dir. Fall., 1995, II, 1065.
35
CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione
-
l’assistenza, da parte del franchisor, commerciale o tecnica, per tutta la
durata del contratto;
Nel contempo, a carico del franchisee, possono ravvisarsi i seguenti obblighi:
-
pagare i compensi finanziari;
-
adeguare la propria attività di mercato agli standard imposti dal franchisor.”
36
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
CAPITOLO II
I soggetti, il contenuto e le vicende
dell’operazione
37
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
SOMMARIO: 1. Definizione di imprenditore ex art.2082 c.c. – 2.
Peculiarità dell’imprenditore inserito nella rete di franchising rispetto
all’imprenditore “indipendente”. – 3. Il franchisor: un imprenditore
affermato che utilizza i capitali altrui per espandersi più rapidamente sul
mercato. – 4. Il franchisee: imprenditore moderno, attivo e partecipativo,
che si affianca ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al
meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova attività,
ma senza correrne i rischi.– 5. Come scegliere il franchisor, preferendo
le iniziative sul mercato di riferimento che emergono per serietà, validità
ed efficacia, valutando le reali possibilità di successo dell’attività e
tenendo conto, nello stesso tempo, della cultura e delle consuetudini
locali. – Costi di start up o di avviamento iniziale. – 6. I presupposti del
contratto. – Il concetto di pre-franchising e di pilotage. – Contratto
preliminare di franchising, spesso considerato “inutile” e sostituito da un
contratto già definitivo ma condizionato in via sospensiva o risolutiva al
verificarsi dell'evento che impedisce l'immediata sottoscrizione. – Il
contratto definitivo. – 7. Note contrattuali. – 8. Obbligazioni
dell’affiliante: a) licenze d’uso; b) zona di protezione dell’affiliato; c)
poteri-doveri di indirizzo e di controllo dell’affiliante; d) concessione in
uso dei segni distintivi; e) trasferimento del know-how e assistenza; f)
clausola di esclusiva; g) fornitura dei beni. – 9. Obbligazioni
dell’affiliato: obbligazioni di interesse generale della rete; obbligazioni
nell’interesse dell’efficienza e dell’identità della rete. – 10. Tutela dei
segni distintivi, del know-how, del software, dell’immagine commerciale
del franchisor. – 11. Rilevanza contrattuale del c.d. segreto di impresa:
38
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
obbligo di segretezza, previsto in genere solo a carico del franchisee, ma
talvolta anche del franchisor, inteso come effetto naturale dei contratti di
trasferimento di tecnologie. – 12. La termination nel contratto di
franchising: l’interesse dei consumatori. – 13. La termination nel
contratto di franchising: l’interesse dei contraenti. – 14. Scioglimento del
rapporto – Risoluzione, scadenza, mancato rinnovo del contratto – La
durata del contratto e gli obblighi successivi allo scioglimento del
contratto. – 15. Profili fallimentari: scioglimento del rapporto
contrattuale nel caso di fallimento dell’affiliato. – 16. Tipicità o atipicità
del franchising?
39
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
1.
Definizione di imprenditore ex art.2082 c.c.1
La predisposizione di beni e servizi per il mercato generale non è,
nella realtà pratica, il frutto di un’attività accidentale ed improvvisata,
ma è l’oggetto di un’attività specializzata e professionale, la quale si
esplica attraverso organismi economici appositamente predisposti, basati
su di un’organizzazione fondata su principi tecnici e su leggi
economiche e che si propongono il soddisfacimento delle esigenze del
mercato generale: le imprese.
Obiettivamente considerata, l’impresa si presenta come una
organizzazione di elementi personali e reali operata in funzione di un
risultato economico e attuata in vista di un intento speculativo da una
persona: l’imprenditore.
Da forme semplici di imprese si passa a forme sempre più
complesse nelle quali sempre più rifulge il genio creativo e regolatore
dell’imprenditore.
L’individuazione della persona dell’imprenditore nell’ambito
dell’impresa non è, tuttavia, sempre agevole; la stessa scienza economica
non è sufficientemente precisa a questo riguardo. Per lo più la persona
dell’imprenditore si contrappone a quella del capitalista e a quella del
lavoratore.
Non si è mancato di rilevare che l’imprenditore è, in definitiva, esso
stesso un servitore dell’impresa (il primo dei servitori) e lo stesso Codice
civile pone la figura dell’imprenditore sotto il titolo “del lavoro nella
impresa”.
1
Cfr.: G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1999, p.35 e ss.
40
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Tuttavia, queste immagini metaforiche e questa comprensione
dell’imprenditore nella categoria dei lavoratori non debbono indurre in
errore in ordine alla individuazione della sua posizione.
L’art. 2082 c.c. dà una chiara definizione di imprenditore: in ogni
caso, dal punto di vista giuridico, è imprenditore chi esercita un’attività
produttiva (di beni o servizi o scambio di essi) svolta in modo
organizzato ( del capitale e del lavoro proprio e altrui) con criteri di
economicità ( finalità di profitto o quantomeno di equilibrio tra costi e
ricavi) e professionalità (cioè, l’attività dell’imprenditore deve essere
costante, sistematica, abituale e non occasionalità); dal punto di vista
economico, è colui che fa da intermediario tra chi dispone dei fattori
della produzione (capitali e lavoro), ed i soggetti, i quali richiedono la
prestazione di servizi o prodotti.
Due sono gli elementi fondamentali che servono a caratterizzare
l’imprenditore nei confronti degli altri soggetti pure interessati
nell’impresa, e cioè, nei confronti dei capitalisti e dei lavoratori:
l’iniziativa ed il rischio.
L’iniziativa indica il potere di determinare, nella fase organizzativa,
le basi strutturali dell’impresa ed in sede di esercizio, l’indirizzo della
sua attività; il potere di organizzare e dirigere, secondo proprie scelta
tecniche ed economiche, il processo produttivo.
Il rischio d’impresa indica, invece, la sopportazione di tutti gli
oneri, compresi quelli di carattere sociale, inerenti all’organizzazione
dell’impresa e l’assunzione delle alee, favorevoli o sfavorevoli, legate
all’attività esercitata.
41
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Per l’attuazione dei suoi compiti, l’imprenditore può avvalersi,
come normalmente avviene, della collaborazione temporanea o duratura
di altri soggetti, ma già nella scelta dei collaboratori è dato ravvisare una
manifestazione del suo potere di iniziativa e comunque, almeno
normalmente, le sue determinazioni sono, in caso di disparità di vedute,
destinate a prevalere su quelle dei collaboratori.
D’altra parte, anche le alee favorevoli o sfavorevoli inerenti
all’esercizio dell’impresa possono rifluire a carico del capitalista o dei
lavoratori; ciò avviene quando la remunerazione del capitale o quella dei
lavoratori si attua, in tutto o in parte, sulla base di una partecipazione agli
utili; ciò avviene, ancora, quando, pur essendo la determinazione del
corrispettivo spettante al capitalista o al lavoratore esattamente compiuta,
tuttavia,
l’imprenditore,
proprio
in
conseguenza
dei
risultati
dell’esercizio dell’impresa, non sia più in grado di far fronte agli
impegni assunti nei loro confronti.
Ma l’incidenza dell’alea inerente all’esercizio dell’impresa non è
rispetto a questi soggetti, come è, invece, rispetto all’imprenditore,
immediata e diretta.
Tuttavia, è da tener presente che al potere d’iniziativa
dell’imprenditore può essere riconosciuto, nei diversi momenti storici,
una maggiore o minore ampiezza: da un lato, l’adozione di concezioni
sociali dell’impresa economica è in grado di porre inevitabili limiti alle
sue determinazioni; dall’altro, la previsione, in via generale oppure per
particolari settori di attività, di autorizzazione, controlli, limiti di prezzo,
pone ulteriori limitazioni alla libertà d’azione dell’imprenditore; infine,
42
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
proprio sulla base di una comunanza delle alee inerenti all’esercizio
dell’impresa, si sono da tempo manifestate tendenze volte a rivendicare a
favore dei lavoratori non soltanto e non tanto il diritto ad una più
adeguata partecipazione agli utili dell’impresa, quanto piuttosto il diritto
di partecipare al potere stesso d’iniziativa dell’imprenditore.
2.
Peculiarità dell’imprenditore inserito nella rete di franchising
rispetto all’imprenditore “indipendente”.
Dopo aver individuato nel potere di iniziativa e nel rischio di
impresa quelle che sono le caratteristiche, in generale, della persona
dell’imprenditore, è possibile delineare le differenze e le peculiarità del
franchisee rispetto ad un imprenditore “indipendente”.2
Il franchisee, sottoscrivendo il contratto di franchising, entra a far
parte di una catena, acquista un marchio già noto presso il pubblico di
consumatori ed aderisce ad un progetto già sperimentato e di successo,
pur condividendone la filosofia generale e accettando determinate
strategie di marketing, senza sopportare, però, il cosiddetto “rischio di
impresa”, ossia, tutti gli oneri inerenti all’organizzazione, all’avviamento
ed alla gestione dell’impresa.
Proprio per questo “risparmio di energie imprenditoriali”, una parte
della dottrina ha proposto una distinzione, per la verità alquanto
opinabile sebbene significativa, tra imprenditori inseriti nella rete in
franchising e imprenditori indipendenti, definendo questi ultimi,
2
Cfr.:
www. assofranchising.it.
43
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
imprenditori “puri” perché si accollano il rischio di gestione ed ogni
altra responsabilità legata all’attività esercitata; ed i franchisee,
imprenditori “spuri”, proprio perché non hanno le caratteristiche di
responsabilità del “vero” imprenditore.
Del resto, se è vero, come è vero, che con il termine strategia si
intende l’insieme delle azioni di fondo dell’impresa, necessarie per
conseguire le sue finalità ed i suoi obiettivi di “lungo periodo”, si può
affermare con certezza che la scelta di operare in franchising è
sicuramente una strategia per entrambi i partner del rapporto, per i quali
innumerevoli possono essere i vantaggi:
- acquisire conoscenze e competenze imprenditoriali;
- la possibilità di accedere alle tecniche gestionali tipiche delle
grandi imprese;
- ridurre i tempi di avviamento;
- fruire di una formazione iniziale e di un’assistenza tecnica
continua;
- acquisire prodotti e/o servizi riconoscibili per il marchio
affermato e promozionato;
- consentire una distribuzione più vasta e veloce;
- consentire di espandersi con meno capitale;
- richiede un numero minore di dipendenti e minori costi del
personale;
- consente di realizzare una distribuzione selettiva in ogni zona;
- attrae imprenditori locali attivamente partecipi, ben radicati nel
loro mercato, conosciuti e rispettati nella loro comunità;
44
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
- produce affiliati attenti alle vendite ed ai costi, con rendimenti
superiori a quelli di dirigenti stipendiati e più disponibili a
suggerire idee per risparmiare ed innovazioni commerciali;
- migliora l’immagine, le relazioni pubbliche e la propaganda
dell’azienda.
Come si deduce da questo breve elenco dei possibili vantaggi che il
contratto di franchising può offrire, quello dell’elusione, per l’affiliato,
del rischio di impresa, non è l’unico elemento di attrazione verso questa
forma contrattuale, sebbene si possa considerare, nella gran parte dei
casi, quello preponderante.
3.
Il franchisor: un imprenditore affermato che utilizza i capitali
altrui per espandersi più rapidamente sul mercato.
L’affiliante
e
l’affiliato
sono
operatori
giuridicamente
ed
economicamente indipendenti l’uno dall’altro.
Il franchisor, o affiliante, o casa-madre, è l’azienda che ha ideato un
progetto di franchising, lo ha reso operativo, lo ha sperimentato
attraverso uno o più centri “pilota” e lo propone ad altri imprenditori
indipendenti che, firmando un contratto di affiliazione, si accordano per
svilupparlo in una determinata area di mercato secondo i criteri ed i
sistemi concordati ed accettati.
Alcuni elementi qualificanti accomunano i franchisor al di là dei
settori di appartenenza, delle categorie merceologiche trattate, delle
45
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
dimensioni delle imprese, della loro organizzazione, dei servizi che
forniscono ai loro affiliati e dei contenuti del “progetto franchising”.3
Per “fare franchising” non è sufficiente un’idea di business, una
singola attività sperimentata e di successo o un punto vendita operativo.
Servono sedi e strutture, risorse umane organizzate e risorse finanziarie
adeguate al progetto che si intende sviluppare; sembrerà una
precisazione superflua, se non capitasse frequentemente di imbattersi in
presunti franchisor.
La volontà imprenditoriale è un elemento necessario, ma non
l’unico indispensabile per quegli imprenditori che intendono sviluppare
un sistema franchising.
Il franchisor è, generalmente, un imprenditore che ha raggiunto
l’acme dell’attività imprenditoriale e che, contando sulla propria
esperienza nel suo specifico settore di attività e dopo aver testato la
validità della formula ed ottenuto significativi riscontri di mercato,
decide di “aprire dei negozi” in franchising divenendo, così, centropilota della futura catena.
Il franchisor, infatti, con il contratto di franchising, cede
essenzialmente know-how, ovvero, competenza nell’avviare e gestire
una determinata attività ma, soprattutto, esperienza e professionalità
nello specifico settore di riferimento, a soggetti, i franchisee, che, invece,
ne sono privi e che vogliono investire su un marchio “sicuro”, il cui
successo e prestigio sono già riconosciuti.
3
Cfr.:
www.italiafranchising.it
46
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il franchisor, dunque, cede il know-how, quel bagaglio di
esperienze che ha acquisito nel tempo attraverso la propria concreta
attività sul campo.
Ovviamente, per far crescere una rete e per assicurare agli affiliati
la notorietà del marchio oggetto di licenza d’uso, è necessario aver
investito o poter investire in comunicazione presso i potenziali clienti
finali. La strategia di comunicazione deve precedere la fase di
commercializzazione del progetto e proseguire per tutto il periodo del
contratto di affiliazione.
Il franchisor deve valutare il grado di riproducibilità del suo
progetto con opportuni test, che dimostrino l’efficacia della formula in
aree geografiche ed in condizioni di mercato differenti da quelle che
hanno ospitato il centro-pilota. Egli deve, inoltre, essere in grado di
trasferire le capacità necessarie a rendere l’unità affiliata del tutto
omogenea, per standard di efficienza e di redditività, ai centri-pilota.
4.
Il franchisee: imprenditore moderno, attivo e partecipativo, che si
affianca ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al
meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova
attività, ma senza correrne i rischi.
Il franchisee o affiliato è un imprenditore indipendente che decide
di avviare una nuova attività stipulando un accordo di collaborazione
continuativa, della durata di alcuni anni, con un’azienda che ha ideato un
progetto di franchising, lo ha reso operativo e ne propone lo sviluppo per
una determinata area di mercato.
47
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
L’affiliato sceglie un progetto secondo le proprie attitudini, le
disponibilità economiche e le caratteristiche del mercato nell’area
geografica di riferimento per la propria futura attività.
Il franchisee è, dunque, un imprenditore moderno, attivo e
partecipativo, che desidera affiancarsi ad un partner qualificato, il
franchisor, per operare al meglio sul mercato, sostenendo i costi
dell’inizio di una nuova attività, ma senza correrne i rischi, dal momento
che aderisce ad un progetto già avviato, prestigioso e che ha già riscosso
successo presso i consumatori (o utenti, se l’attività concerne la fornitura
di servizi).
Il franchisee diventa, così, una specie di “dipendente” del
franchisor, perché, inesperto ed “insicuro”, preferisce “comprare
l’esperienza altrui” attraverso il pagamento di canoni periodici.
Non a caso, infatti, coloro che entrano in una rete di franchising
come franchisee sono solitamente giovani imprenditori in cerca della
prima
occupazione
che
vogliono
lanciarsi
nel
mondo
dell’imprenditorialità, sfruttando l’esperienza e la professionalità
acquisita con il tempo da altri (il franchisor) ed acquistando un marchio
prestigioso, già noto presso i consumatori e che ha già conquistato un
certo target di clientela, che sa di poter trovare presso i nuovi punti
vendita gli stessi standard qualitativi e la stessa professionalità cui era
affezionata, senza, dunque, correre i rischi connessi all’apertura di una
nuova attività e senza le incertezze relative al successo del prodotto o del
servizio.
48
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il franchising offre, dunque, sicuramente a coloro che non hanno
alcuna esperienza commerciale, una indipendenza accompagnata da una
certa sicurezza; la notorietà di una marca, la tranquillità legata alla
sperimentazione precedente, il know-how, la comunicazione di un
sistema di franchising nei minimi dettagli, l’assistenza commerciale e di
gestione, sono elementi che rassicurano il candidato inesperto che cerca
un impiego.
Una delle chiavi del successo del franchising è, infatti, la qualità
costante dei prodotti e dei servizi forniti al cliente in ogni unità affiliata
allo stesso sistema.
Quando si decide di applicare l’insegna e di utilizzare il marchio di
un’azienda, contemporaneamente si comunica al cliente finale la
decisione di utilizzare uno specifico strumento di lavoro, di erogare
particolari servizi o di vendere determinati prodotti (e non altri).
L’ordinamento italiano ha, peraltro, cervato di aiutare i giovani
imprenditori attivi e dinamici, ma nello stesso tempo “cauti”, accorti e
prudenti, con la legge n.185/00 sull’autoimprenditorialità, che prevede
una serie di agevolazioni, anche economiche, a favore di giovani in cerca
della prima occupazione e che vogliono entrare a far parte della grande
“famiglia” cui si può paragonare ogni catena in franchising.
Avranno, quindi, interesse a divenire affiliati tutti quegli
imprenditori che hanno a disposizione capitali da investire in una nuova
attività, ma inesperti, cui manca quel quid necessario per avere successo
nel mercato, cioè il know-how, la competenza e l’esperienza in un
settore specifico.
49
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Chi è convinto di avere più capacità o creatività imprenditoriali o
esperienza specifica o possibilità di successo del franchisor di cui sta
valutando la proposta di affiliazione, è meglio che scarti l’idea di
affiliarsi: sarebbe del tutto inutile “comperare” un know-how e dei
sistemi di cui ci si sente di poter fare a meno.
Come pure è sbagliato affiliarsi quando non si condivide la filosofia
generale di un progetto o non si accettano determinate impostazioni del
business.
Dichiarare di non sapersi conformare ad una precisa formula e di
sapersi esprimere solo individualmente equivale a definirsi inadatti al
ruolo di franchisee.
Tuttavia, una delle convinzioni più sbagliate è che l’avvio e la
conduzione di un’attività in franchising sia meno faticosa ed impegnativa
rispetto ad attività in proprio di carattere tradizionale.
Infatti, anche quando il franchisor svolge interamente il proprio
dovere offrendo un ottimo addestramento iniziale ed un’assistenza
continuativa, è il franchisee a dover dimostrare l’attitudine e la
preparazione a gestire adeguatamente la propria impresa.
50
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
5.
Come scegliere il franchisor, preferendo le iniziative sul mercato
di riferimento che emergono per serietà, validità ed efficacia,
valutando le reali possibilità di successo dell’attività e tenendo
conto, nello stesso tempo, della cultura e delle consuetudini locali.
– Costi di start up o di avviamento iniziale.
Chi viene a contatto per la prima volta con pubblicazioni
specialistiche o con manifestazioni dedicate al franchising ha spesso
l’impressione di entrare in uno strano e abbagliante supermercato dove il
prodotto offerto è un marchio e un sistema. Ciò che l’aspirante affiliato
deve assolutamente evitare è lasciarsi trasportare dall’ansia del consumo,
ovvero dalla voglia di comprare il primo progetto all’apparenza
accattivante.
Il franchising non è di per se stesso una formula per la
moltiplicazione dei denari, ma un sistema di collaborazione d’affari che
può essere applicato in diversi settori e da diversi soggetti economici con
maggiore o minore efficacia. La constatazione che questo strumento in
molti casi si sia dimostrato validissimo non garantisce affatto che
chiunque lo utilizzi in veste di franchisor sia capace di ottenere buoni
profitti per sé e per i propri affiliati.
Molti fattori concorrono alla buona riuscita di un’iniziativa di
franchising: alcuni sono comuni a qualsiasi progetto imprenditoriale,
altri sono specifici di questo sistema. È dunque necessario disporre di
numerosi elementi informativi prima di avventurarsi nella scelta del
proprio franchisor ideale nella vasta gamma di proposte nascenti o
consolidate. La selezione di un progetto vincente è il vero momento
critico che l’imprenditore deve affrontare con lo stesso atteggiamento
51
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
con il quale si definiscono le principali scelte strategiche d’avvio di una
nuova impresa. Firmare un contratto solo perché si è attratti dalla
“novità” o dall’originalità, è un errore che si può pagare molto caro
(parecchie decine di migliaia di euro) e per molto tempo (la durata tipica
dei contratti è fra i tre e i dieci anni4).
Il primo scoglio da superare è quello della comparazione tra le varie
offerte, scegliendo quelle iniziative sul mercato di riferimento che
emergono per serietà, validità ed efficacia. Questa valutazione è oggi
complicata e semplificata al tempo stesso dal numero e dalla varietà di
iniziative esistenti. Complicata, se si vuole considerare la maggiore
necessità di documentazione e di informazione sulle alternative da
comprare e all’opposto semplificata dalla possibilità di trovare quasi in
ogni settore la proposta più adatta a più valida rispetto alle attese di
ciascun potenziale affiliato.
Non è l’utilizzo del sistema franchising che crea un’iniziativa di
successo, ma al contrario solo un’impresa vincente può utilizzare
efficacemente questa formula. Soprattutto in passato, si sono attribuite
alle “magiche” virtù del franchising performance che in realtà sono
essenzialmente legate a specifiche qualità delle imprese, cioè a prodotti
validi, organizzazioni efficienti, risorse umane eccellenti, progetti
accuratamente sperimentati. Questi ed altri requisiti devono essere
verificati attentamente dal potenziale affiliato attraverso un adeguato
lavoro di ricerca sulla storia e sulla struttura aziendale, sulla solidità
economica delle società proponenti i progetti di maggior interesse.
4
Cfr.: www.intervideo.it
www.assofranchising.it
52
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il lavoro informativo non può bastare a far maturare una scelta
giudiziosa se non è accompagnato da una serena e attenta autoanalisi da
parte dell’aspirante affiliato.
Dopo aver identificato un bel marchio, un negozio attraente,
un’azienda leader in un determinato settore, è necessario che il
potenziale affiliato metta in relazione questi elementi con quelli attinenti
al proprio profilo imprenditoriale.
La scelta deve tener conto degli interessi e delle attitudini a
svolgere o a gestire l’attività, delle proprie capacità manageriali, delle
risorse economiche a disposizione, della filosofia propria e del
franchisor, delle attese, degli obiettivi economici e personali che si
vogliono perseguire.
Chi “compra” un progetto frequentemente pensa che sia compito
del franchisor farlo funzionare e che il proprio impegno si debba limitare
ad un iniziale esborso finanziario e ad uno sporadico controllo di
gestione. La realtà dimostra invece con puntuale frequenza che il
rapporto di franchising dà i migliori risultati soprattutto quando il
coinvolgimento dell’affiliato e la condivisione delle modalità proposte
dal franchisor sono pieni e totali. Si deve investire in un progetto in
franchising valutando attentamente quanto tempo, quanto denaro, quanto
impegno personale si è in grado di mettere a disposizione per la sua
riuscita. Ultimo elemento, ma non meno importante: il mercato. Il
sistema franchising serve anche da ammortizzatore dei rischi
dell’impatto sul mercato di una nuova iniziativa; ma se un determinato
settore è in crisi, o una certa area geografica ha scarsa propensione al
53
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
consumo di specifici beni o servizi, anche il migliore dei sistemi vedrà
limitate le possibilità di successo.
Non è un caso, per esempio, che l’offerta di progetti in franchising
nel commercio di articoli per la persona abbia subito un rallentamento
nella crescita in questi ultimi anni, come portato dalla flessione della
domanda in questi particolari comparti distributivi.
Al contrario, settori come quello del turismo, della cultura, delle
attività legate al tempo libero, alla salute e alla sicurezza hanno visto
fiorire diverse proposte di franchising con prospettive di crescita. Una
analisi del segmento di mercato dove si intende operare resta certamente
importante e spesso basta una rapida indagine tra operatori del settore e
consulenti di fiducia per scoprire se un’attività in un certo settore è in
crescita o in calo. Altrettanto utile può rivelarsi un’indagine sul campo a
livello locale, per scoprire se i prodotti o i servizi che costituiscono
l’offerta dell’attività che si sta valutando possono essere ben accolti,
oppure se nella zona esistono gusti, mode, bisogni, abitudini di spesa,
sostanzialmente contrari o differenti.
Avviare una rete comporta anche un impegno economico rilevante.
Ufficio, collaboratori, ricerche di marketing, consulenti legali per la
stesura del contratto… Spese vive che possono frenare anche i progetti
più promettenti. La pianificazione dello sviluppo della rete è
fondamentale, pena il collasso del progetto5. Avviare un sistema
franchising è oneroso: meglio decidere in anticipo i tempi di crescita, per
calcolare i costi da sostenere in ogni fase e comprendere se si hanno a
5
Cfr.: Ekò Millionaire, Febbraio 2002
54
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
disposizione i fondi necessari. Rivolgersi ad un consulente rappresenta
una spesa aggiuntiva… che può far risparmiare molti inconvenienti: un
esperto è in grado di valutare tutti i passaggi dell’operazione, dalle
tempistiche di crescita ai margini di guadagno degli affiliati. E
soprattutto, di comprendere se l’idea ha reali possibilità di riuscita.
La costruzione di una formula franchising richiede anche
flessibilità. Prodotto, contratto di affiliazione, strategia di ricerca dei
franchisee… E’ sempre possibile apportare modifiche per raggiungere
risultati migliori.
Quando l’organizzazione della rete è pronta, si passa alla parte più
complessa dell’operazione: la ricerca degli affiliati. Stringere contratti di
affiliazione quando la rete è ancora allo stato iniziale è un po’ come
tentare di vendere un prodotto ancora sconosciuto. Per farsi conoscere,
un sistema franchising deve utilizzare tre diverse modalità di
comunicazione6.
Per i consumatori. Anche un marchio franchising deve farsi
conoscere dal pubblico sfruttando inserzioni locali o nazionali, volantini,
manifesti, Internet.
Per i futuri affiliati. Per attirare gli aspiranti franchisee è
necessario realizzare campagne pubblicitarie che, anziché puntare sul
prodotto o servizio offerto, dimostrino le qualità del progetto
imprenditoriale e diano informazioni su guadagni e investimenti. Questa
comunicazione, per essere efficace, deve essere svolta in canali
6
Cfr.: Ekò Millionaire, Febbraio 2002
55
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
specialistici: fiere, testate di settore, siti… ma si possono valutare anche
altre strade come la sponsorizzazione di eventi.
Per gli addetti ai lavori. Soprattutto quando si è agli inizi, il
franchisor ha bisogno di farsi conoscere anche nell’ambiente di lavoro,
dai fornitori, dalle riviste specializzate, dalle associazioni… questo
perché la notorietà può apportare fiducia da parte di chi è interessato
all’affiliazione.
I tre canali d’informazione devono essere seguiti in sincronia,
bilanciando gli sforzi pubblicitari. Chi trova molti consumatori ma pochi
affiliati non può sviluppare la rete, e viceversa: è difficile stipulare molti
contratti quando il marchio è ancora poco conosciuto.
Anche la scarsa notorietà nell’ambiente di lavoro si ritorce contro il
franchisor, che difficilmente riesce ad acquistare credibilità con fornitori
e aspiranti franchisee. In ogni caso la promozione è onerosa: parte dei
suoi costi vengono recuperati dal franchisor grazie al pagamento dei
diritti d’ingresso.
I costi di start up costituiscono un’altra area a “rischio” per il
candidato affiliato. Nei costi iniziali dell’allestimento dei punti vendita,
dell’installazione dei macchinari e impianti, delle prime forniture,
possono nascondersi veri e propri “diritti d’entrata mascherati”, ricavati
dai franchisor attraverso maggiorazioni dei prezzi di prodotti e servizi
rispetto alle quotazioni di mercato.
La miglior verifica della correttezza dell’affiliante è data dal
riscontrare la presenza di allegati al contatto che riportino specifici
capitolati d’oneri, o preventivi dell’investimento iniziale, che devono
56
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
essere approvati da entrambe le parti prima della firma dell’accordo
definitivo. Questo genere di prospetti informativi consente all’affiliato di
verificare se le cifre di investimento iniziale richieste sono conformi a
quelle di mercato e quindi non nascondono insidie o frodi ai suoi danni.
Alcuni franchisor progettano ed allestiscono i punti vendita tramite
arredatori convenzionati anche in forma gratuita ed arredamento a carico
dell’affiliato, altri ancora richiedono per i propri fornitori i corrispettivi
sia del progetto che dell’allestimento. Talvolta le aziende si limitano ad
indicare all’affiliato alcuni standard, lasciando a quest’ultimo il compito
di adeguarsi. In molti casi, invece, vengono suggeriti uno o più fornitori
convenzionati
ai
quali
il
candidato
deve
necessariamente
ed
obbligatoriamente rivolgersi. Lo stesso vale per attrezzature e
macchinari. Spesso accade che gli affiliati dedichino la loro attenzione ai
soli risvolti economici immediati del contratto, trascurando voci
altrettanto importanti quali, per esempio, gli obblighi e gli impegni di
comportamento delle due parti. L’ignoranza riguardo alle modalità di
svolgimento del rapporto e alla sua gestione possono ingenerare equivoci
e incomprensioni con conseguenze economiche rilevanti.
57
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
6.
I presupposti del contratto. – Il concetto di pre-franchising e di
pilotage. – Contratto preliminare di franchising, spesso
considerato “inutile” e sostituito da un contratto già definitivo ma
condizionato in via sospensiva o risolutiva al verificarsi
dell'evento che impedisce l'immediata sottoscrizione. – Il contratto
definitivo.
L’estrema variabilità delle attività che possono essere oggetto di un
contratto di franchising ha portato ad una diversificazione del contenuto,
con accentuazione di alcuni profili negoziali a seconda del settore in cui
il sistema collaborativo è andato a svilupparsi. Tuttavia, la stesse
Associazioni per lo sviluppo del franchising tendono a rendere sotto
alcuni profili omogeneo il contenuto del contratto, cercando, cioè, di
individuare dei punti cardinali da tener presenti in ogni singolo rapporto.
Per questo motivo, è possibile trarre dalla variegata prassi negoziale,
quelle costanti che a buona ragione possono dirsi comuni a tutti i
contratti di franchising. Innanzitutto, bisogna considerare che a monte
del contratto vero e proprio, vi è un altro documento, il cosiddetto
“Manuale operativo” e cioè quel complesso di regole che permettono al
franchisee di venire a conoscenza dei principi operativi che regolano
l’attività d’impresa. In genere, questi “accordi integrativi” dettano
principi in ordine all’espletamento delle pratiche burocratiche necessarie
per ottenere le autorizzazioni, alle modalità di conduzione delle attività
prescelte, di fabbricazione e/o di presentazione dei prodotti, alle
procedure amministrative che devono essere attivate nel corso del
rapporto, ai criteri per la selezione del personale, all’elaborazione dei
dati contabili e certificativi che permettono alle parti di verificare la
58
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
convenienza economica del contratto. Queste disposizioni, che sono
predisposte unilateralmente dal franchisor, integrano il contenuto del
contratto e costituiscono indici valutativi del comportamento delle parti,
soprattutto in ordine all’eventualità di scioglimento del vincolo per
inadempimento.
Il successo di un dato sistema di franchising è dovuto alla sua
formula, che verte principalmente sull’offerta di un bene o di un servizio
o di un processo produttivo già sperimentato o facilmente sperimentabile
con alte probabilità di successo, alla dimostrazione dei risultati
concretamente ottenuti con “unità pilota”, alla predisposizione di corsi di
formazione per i franchisee, al trasferimento di pratiche produttive e
know-how, di tecniche operative e gestionali, all’offerta di un marchio
affermato o conosciuto e di un nome commerciale di una certa
rilevanza7.
È solo sulla base della combinazione di tutti questi elementi che il
franchisor potrà stabilire la giusta misura della quota fissa di ammissione
o il pagamento di royalty periodiche che il franchisee dovrà
corrispondere in relazione ai servizi prestati dall’affiliante nel corso del
rapporto. Fra questi ultimi vanno menzionati i controlli sulle operazioni
successive all’apertura del punto di vendita, le prestazioni di assistenza
tecnica ed economica altamente specializzate. Rientra nello stesso
interesse del franchisor che l’impresa affiliata realizzi le migliori
condizioni di produttività, anche perché essa dovrà apparire agli occhi
dei consumatori quasi come una succursale della casa madre e la sua
7
Cfr.: V. STASOLLA, Il franchising. Lineamenti tecnoeconomici, Milano, 1992, p. 256 e ss.
59
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
efficienza comporterà un vantaggio per tutta la catena e per tutto il
sistema8. Questo vale a spiegare anche quella serie successiva di
controlli sui prodotti e sull’attività, che sono orientati al miglioramento
della qualità delle funzioni di commercializzazione e/o di produzione.
Controlli così penetranti, talvolta anche “a sorpresa” presso i punti di
vendita delle imprese affiliate, sulle qualità economiche e soprattutto
personali del franchisee mirano anche ad evitare che della rete possano
entrare
a
far
parte
imprenditori
scarsamente
professionali,
rappresentando un limite, quindi alla delinquenza. Il sistema di
franchising richiede delle garanzie economiche, finanziarie, ma
soprattutto inerenti alla persona degli affiliati, i quali non possono essere
considerati semplici imprenditori perché, essendo inseriti in una rete, in
una catena, quasi fosse una “grande famiglia”, con la sottoscrizione del
contratto di affiliazione, manifestano proprio la volontà a sottostare alle
regole e ai controlli che il sistema di collaborazione commerciale
impone.
Lo strumento negoziale diviene, per così dire, polivalente,
adempiendo a scopi sempre nuovi, che valgono a rafforzare il dato
aggregativo: il franchisor può predisporre visite ed ispezioni o
sovrintendere a valutazioni, a volte molto particolareggiate, sulla
capacità economica del futuro affiliato.
Molte volte il contratto di franchising vero e proprio viene
preceduto, ciò soprattutto nella pratica contrattuale francese, da un
cosiddetto préfranchisage. In effetti, il préfranchisage costituisce uno
8
Cfr.: A. BONANI, Cos’è e come si crea un sistema di franchising, in Il franchising, inserto del n.18
di Consulenza, 1982.
60
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
strumento negoziale volto a verificare le possibilità di mantenere in vita
un futuro rapporto collaborativo; si tratta, quindi, di un accordo limitato
nel tempo, diretto a misurare le reazioni di un imprenditore indipendente
in relazione alle esigenze del sistema e a predisporre nel concreto i
metodi di controllo sull’attività. Queste considerazioni hanno portato a
configurare il contratto come strettamente legato alla persona del
franchisee.
Già per la concessione di vendita, la dottrina e la stessa
giurisprudenza hanno avuto modo di sottolineare la particolare
configurazione intuitu personae del negozio, sulla base della circostanza
che spesso il risultato utile del contratto sarebbe strettamente inerente
alla qualità e alla professionalità del concessionario, oppure in virtù
dell’accostamento della figura negoziale al mandato9. In tal senso, si è
affermato che la morte del concedente risulta irrilevante nella
prosecuzione del rapporto, perché per il concessionario è normalmente
indifferente che i prodotti di cui è assicurata l’esclusiva siano fabbricati
da quel concedente o da altri cui sia stata ceduta l’azienda, i brevetti e i
marchi; mentre si finisce per ritenere rilevante l’evento che colpisca la
persona del concessionario. Questo poteva avere una propria logica in un
sistema di concessione di vendita, in cui il concessionario era in genere
titolare di una piccola impresa a base personale, ma non può essere
riproposto negli stessi termini in un moderno sistema di franchising. In
questo caso vengono valutate non solo le qualità particolari
9
Cfr.: Tribunale di Napoli, 29 Novembre 1974, Petrone c. Soc. Ethicon, in “Dir. e Giur.”, 1975,
p.584, ove viene sottolineata la natura del contratto che presenta insieme i tratti caratteristici
della vendita e del mandato.
61
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
dell’imprenditore da affiliare, ma pure la capacità dell’imprenditore a
penetrare nel mercato locale e ad accrescere il livello del sistema
aggregativo cui partecipa.
Un ulteriore profilo che emerge con forza in un sistema efficiente di
franchising, oltre a quelli relativi al marketing e alla produzione, è quello
comunemente denominato della “leva finanziaria”, che deriva dalla
capacità di indebitamento, intesa come forza attrattiva del credito, specie
bancario, la cui funzionalità viene assicurata dalla possibilità che l’intero
gruppo faccia fronte agli oneri di finanziamento. Questo profilo del
sistema aggregativo costituisce un dato recente: si è sottolineato, così,
che l’aumento della cosiddetta superficie finanziaria dell’impresa
affiliata, le consente di effettuare investimenti e di accrescere le attività
patrimoniali. Non solo, ma si vanno diffondendo, soprattutto nel
franchising produttivo, ipotesi contrattuali che prevedono anche la
creazione di comuni strutture per la ricerca e lo sviluppo delle
tecnologie.
Il Codice Europeo di deontologia del franchising prescrive
espressamente che il contratto deve essere redatto in termini chiari, ove
per “chiarezza” non si intende esclusivamente quella linguistica e
terminologica, ma soprattutto quella economica, relativa ai costi ed ai
benefici che alle parti derivano dall’adesione al sistema. Tale esigenza di
chiarezza deve essere attualizzata sin dal momento delle trattative.
Nella fase di formazione del contratto, una problematica di
importanza particolare è quella relativa alla parità di trattamento che il
franchisor dovrebbe attualizzare nei confronti dei futuri franchisee. Il
62
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
tema si è imposto nella dottrina nordamericana, per quanto riguarda la
liceità della concessione di licenze di brevetto con clausola di esclusiva,
rispetto alla quale si è adottata la soluzione che obbliga il titolare del
brevetto a trasferire licenze a condizioni identiche a quelle pattuite nella
prima a tutti coloro che ne facciano richiesta e che ne abbiano i necessari
requisiti.
L’interesse principale del franchisor è quello di realizzare un
“sistema” il più possibile omogeneo e che la stessa selezione qualitativa
dei distributori serve a facilitare l’erogazione dei servizi aggiuntivi, che
possono essere offerti solo da “commercianti specializzati”. Come
giustamente è stato rilevato, la causa associativa, in materia, si potrebbe
ritrovare più nel momento genetico, cioè nella volontà di costituire lo
strumento per l’integrazione dell’attività di ciascuno, che nel momento
funzionale, dove i vantaggi che ciascuno singolarmente ritrae dalla
nuova struttura dipendono sempre meno, via via che l’integrazione si
rafforza e si sviluppa, dalla volontà degli affiliati, e sempre più dalle
tecnostrutture createsi e dal contesto in cui queste operano. Nello stesso
tempo, il tentativo di delimitare il principio di uguaglianza alla luce del
criterio della buona fede, lascerebbe troppo spazio all’arbitrio e finirebbe
per non delimitare il settore della “libertà contrattuale” da quello in cui
vige l’obbligo della parità di trattamento.
La parità di trattamento potrebbe, allora, essere qualificata come
principio accessorio del Milltìürverbot, del divieto di arbitrio che
condiziona l’attività del franchisor, nel regolare casi simili, così che
l’individuazione nel singolo contratto di clausole poco rispettose del
63
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
principio della libertà economica dell’affiliato potrebbe rappresentare un
indice sintomatico di un uso distorto del franchising. La problematica in
tal modo finirebbe per allontanarsi dal tema della parità di trattamento
per accostarsi a quello della violazione delle norme, soprattutto
comunitarie, sulla libertà di concorrenza.
Contrariamente che nella distribuzione selettiva, la libertà di scelta
del franchisor discende direttamente dal suo potere discrezionale, che
non sopporta criteri oggettivi di selezione, tanto che la stessa
Commissione CEE nella decisione Yves Rocher (J.O. CEE n.L.8/49 10
gennaio 1987) ha precisato che: «l’absence d’une obligation contractuele
d’Yves Rocher de respecter des critères de sélection dans les choix de
ses partènaires s’explique par le fait qu’Yves Rocher forme lui-même ses
franchisés au cours d’un stage d’initiation en vue de la création de
nouveaux magasins franchisés».
In effetti, si registra una vera e propria inversione del processo
proprio della concessione di vendita con esclusiva; in questo caso è il
produttore a ricercare elevati livelli di competenza nei distributori,
mentre nel franchising sono gli affiliati a chiedere una particolare
competenza o specializzazione dell’affiliante.
Altro spessore acquista l’esigenza di uguaglianza dei franchisee nel
corso del rapporto, allorquando il franchisor si impegna a realizzare su
vasta scala le iniziative promozionali o a concretare un sistema di
assistenza efficiente: in tal caso la violazione del principio di parità di
trattamento finirebbe per creare uno svantaggio a danno di un affiliato
nei confronti di altri operatori che operano nella stessa zona in presenza
64
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
delle medesime condizioni economiche, oppure nei confronti di altri
franchisee. In tal caso, se nel contratto vi è un’apposita clausola che
impone al franchisor l’obbligo della parità di trattamento, ci si trova di
fronte ad un vero e proprio inadempimento, che in alcune modulistiche
nordamericane ha la propria sanzione in un cospicuo risarcimento dei
danni. Qualora il contratto non contenga alcuna clausola di tal genere,
non resta che richiamare i principi in tema di buona fede in executivis.
In concreto, bisogna sottolineare che assai difficilmente è possibile
verificare ipotesi di violazione dei principi di parità di trattamento: il
risultato di una corretta integrazione verticale è rimesso non solo alla
centralizzazione dei processi decisionali, ma soprattutto all’omogeneità
dei processi di intervento sulle singole imprese affiliate.
Nella letteratura straniera si parla talvolta di contratto di pilotage o
pre-franchising per indicare quei rapporti nei quali si vuole sperimentare
la formula e le condizioni che dovranno reggere tutta la successiva
catena di franchising. Questa fase può essere evitata (e di solito lo è)
quando è lo stesso franchisor che ha sperimentato il punto di vendita
pilota e la formula che lo regge.
Nel contratto di pre-franchising il franchisor chiede al franchisee di
partecipare alla sperimentazione della formula, che condurrà a sviluppare
il know-how. Dunque anche l’eventuale successo apparterrà ai due
contraenti, che dovranno ripartirne contrattualmente la titolarità e
l’utilizzazione. Ci saranno le note clausole che si riferiscono alle
insegne, al nome commerciale ed agli altri segni distintivi; ci sarà
l’obbligo di segretezza; non sarà invece giustificata una entrance fee;
65
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
sarà rara una royalty; la durata del contratto sarà piuttosto breve; se non
ci sarà continuazione del rapporto (cioè non partirà il contratto di
franchising vero e proprio), il franchisor dovrà riprendersi tutto lo stock;
il franchisee chiederà il patto di preferenza e così via.
Nel contratto di pilotage il franchisor ha già trovato l’idea e ne
affida ad un terzo, a suo rischio, lo sfruttamento-pilota. Il contratto non
dura generalmente più di un anno; c’è l’esclusiva a favore del franchisee;
c’è l’obbligo di segretezza; spesso c’è una divisione degli utili, mentre le
perdite possono essere addossate al franchisee.
Il contratto di pilotage (che spesso è difficile distinguere da quello
di prefranchising) è sempre necessario in quegli ordinamenti in cui, per
legge o per autodisciplina, si richiede, nell’ambito degli obblighi di
disclosure, di rivelare nomi e risultati del o dei punti pilota.
Oltre che per valutarne meglio rischi economici e di marketing,
entrambi i contratti sono volti all’ottenimento (o perfezionamento) di
quel know-how che, assieme ai segni distintivi, costituisce elemento
essenziale del franchising.
Da distinguere rispetto agli istituti del prefranchising e del pilotage,
è il contratto preliminare di franchising.
Come si evince dalla denominazione stessa, esso è funzionale non
solo alla stipula del contratto definitivo, ma altresì all’inizio di attuazione
del medesimo. Con il contratto preliminare, dunque, si definiscono
obbligazioni, ripartizioni di compiti e di costi, nonché opzioni o impegni
di riservatezza che devono vincolare le parti nel periodo antecedente la
messa in opera del contratto definitivo. Gli aspetti che più di frequente
66
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
sono disciplinati nel contratto preliminare di franchising concernono: la
scelta dei locali, approvata dall’affiliante, e la stipulazione del relativo
contratto di locazione per un periodo che non dovrebbe essere inferiore
alla durata del contratto di affiliazione; l’adempimento degli oneri
amministrativi necessari al fine di poter esercitare l’attività in
franchising; una serie di impegni assunti dall’affiliante e relativi in
particolare al patto d’opzione, alla sottoscrizione del contratto definitivo
qualora il candidato-franchisee adempia quanto previsto dal preliminare,
al divieto di concludere, per il periodo di durata dell’opzione, un altro
contratto di franchising nella zona riservata al candidato; una serie di
impegni assunti dall’affiliato concernenti l’adempimento di quanto
previsto dal preliminare ed infine le disposizioni relative alla eventuale
mancata conclusione del contratto definitivo.
Benché il problema si ponga molto spesso, il ricorso, almeno in
Italia, al duplice strumento, il preliminare seguito dal definitivo, non è
molto frequente, poiché i contraenti preferiscono inserire nello stesso
definitivo le clausole circa la sospensione dell’efficacia del contratto al
verificarsi di tutte le condizioni previste (negozio sub condicione) e lo
stesso Regolamento dell’Assofranchising lo sconsiglia apertamente.
Le ragioni di uno sfavore nei confronti della stipula di un
preliminare sono molteplici e poggiano essenzialmente su due ordini di
motivazioni.
In primo luogo è la natura stessa del contratto preliminare a non
apparire necessaria nel contesto della formalizzazione contrattuale di un
rapporto di franchising.
67
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il preliminare, infatti, rispetto ai contratti in genere e di franchising
in particolare non è altro che la previsione ed il contestuale esercizio di
una doppia opzione incrociata in cui le due parti contraenti che hanno
raggiunto un accordo sui punti essenziali di un particolare negozio si
impegnano a stipularlo in un secondo tempo, definendo in tale contesto i
dettagli perché appunto tali dettagli ininfluenti al raggiungimento della
volontà di concludere sono ancora da definire o perché una delle parti
deve acquisire qualcosa di indispensabile alla stipula del contratto
definitivo (ad esempio un mutuo per pagare una parte del prezzo
dell’acquisto di un immobile in relazione ad un contratto di vendita).
Nel contratto di franchising i punti essenziali del contratto sono
fondati in genere sulla conoscenza e accettazione complessiva della
quasi totalità delle clausole che riguardano il rapporto, per cui quando si
è raggiunto l’accordo sui punti essenziali del contratto si sarebbe dovuto
(per l’affiliato) aver conosciuto e accettato non solo i punti essenziali,
ma anche i dettagli del contratto che su tali punti confluiscono; e allora è
inutile un preliminare, ma conviene sottoscrivere un contratto definitivo
condizionato in via sospensiva o risolutiva al verificarsi dell’evento che
impedisce l’immediata sottoscrizione.
Infatti, può succedere che anche nel contratto di franchising una
delle parti non sia pronta ad impegnarsi in un contratto definitivo perché
attende un elemento determinante per la stipula del contratto
indipendentemente dalla propria volontà (ad esempio la licenza di
apertura di un locale o un finanziamento). Ora, in tal caso, una volta che,
come detto, le parti dovrebbero aver conosciuto e accettato anche i
68
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
dettagli del contratto, può essere più opportuno, sul piano della
trasparenza dei rapporti di negoziazione e della correttezza operativa,
sottoscrivere il contratto definitivo anziché affidarsi ad un preliminare
generico e operare attraverso condizioni sospensive e/o al tempo stesso
risolutive per vincolare l’entrata in vigore di taluni obblighi del contratto
o la sua caducazione al verificarsi o meno degli auspicati eventi, siano
essi l’attesa licenza o un finanziamento.
In secondo luogo, il preliminare, l’invito a stipulare un preliminare,
può nascondere intenti dell’affiliante non particolarmente onorevoli,
quali quello di acquisire una caparra, che poi gli sarà addirittura possibile
incamerare senza impegnarsi nel contratto da cui fuggirà lo stesso
incauto potenziale affiliato quando si sarà accorto (e solo grazie al testo
del contratto definitivo!) della pesantezza degli obblighi che il rapporto
di franchising comporta per lui o della sua inconsistenza economica.
Tale tipo di offerte di sottoscrizione di un preliminare (specie se
con sostanziosa caparra) possono essere un indizio di situazioni del
genere e, in ogni caso, rappresentano un indizio ancora più consistente di
una scarsa attenzione dell’affiliante alle qualità soggettive dell’affiliato,
che rappresentano viceversa uno dei presupposti del successo della rete.
Il rapporto di franchising è l’incontro tra due imprenditori e se il
potenziale affiliato deve dedicare particolare attenzione a valutare la
validità delle offerte dell’affiliante e della rete cui intende aderire in
termini di maggior convenienza per i più elevati livelli di competitività
che gli derivano rispetto ad un’iniziativa autonoma nello stesso settore
merceologico, altrettanto deve fare l’affiliante nella selezione e scelta dei
69
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
propri affiliati, curando di effettuare una valutazione del potenziale
affiliato che gli garantisca non solo correttezza e onestà, ma anche
un’adeguata capacità imprenditoriale confacente alle caratteristiche della
rete. Ciò presuppone dai due lati attenta valutazione soggettiva
(soprattutto del potenziale affiliato da parte dell’affiliante) ed oggettiva
(soprattutto dell’affiliato per i vantaggi di mercato e la proporzionalità
degli oneri che la rete gli comporta) che non possono non condurre ad
un’analisi anche dettagliata del testo contrattuale, e cioè ad una sua
conoscenza e accettazione.
Tale doppia valutazione comporta quindi che, quando si sia giunti
ad un adeguato livello di reciproca accettazione tra potenziale affiliante e
affiliato tale da sottoscrivere un impegno preliminare a vincolarsi poi
con un contratto definitivo si sia già in condizione di firmare il vero e
proprio contratto di franchising anche qui con la conseguenza di rendere
la sottoscrizione di un preliminare assolutamente priva di senso.
È quindi da diffidare di ogni offerta che spinga a sottoscrivere
immediatamente
un
preliminare
contro
versamento
di
caparra
giustificata, per esempio, dalla possibilità di “bloccare” una zona di
esclusiva o l’ammontare di un diritto di entrata o per ottenere una
riduzione di tale diritto dato che assai difficilmente ci si troverà di fronte
ad un progetto di franchising che punti realisticamente al successo.
Una volta scoperta la gravosità dell’adesione o l’inconsistenza del
progetto di franchising proposto le procedure civilistiche recuperatorie
potrebbero essere lunghe e defatiganti e non sempre si hanno gli
elementi per procedere sul piano penalistico, fornendo le prove di artifizi
70
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
e raggiri nei tempi previsti per la querela di parte richiesta dall’art.640
c.p. per truffa.
Può esistere però nel corso delle trattative per un potenziale affiliato
la necessità di assicurarsi una zona territoriale di esclusiva appetita da
altri concorrenti i quali, per talune lungaggini della trattativa stessa,
potrebbero proficuamente portare a termine più celermente un proprio
iter valutativo. In tale ipotesi, per l’affiliante che intenda approfondire e
nel contempo rassicurare uno specifico potenziale affiliato alle cui buone
qualità cominci a tenere, può essere utile concedere un’opzione
temporanea, condizionata alla stipula piuttosto che stipulare un
preliminare a trattativa non ancora completata.
Per manifestare in sede contrattuale il rispetto dei propri obblighi di
disclosure è opportuno che nel contratto trovino esplicito riferimento
taluni elementi che caratterizzano la figura dell’affiliante, la sua
posizione di vantaggio acquisita sul mercato e il trasferimento di detta
posizione nella rete.
In genere è preferibile che tali menzioni vengano inserite in una
“Premessa” o “Preambolo” al contratto che dello stesso devono costituire
parte integrante. In tale sede l’affiliante dovrebbe fornire, in primo
luogo, una sintetica descrizione della propria struttura d’impresa, specie
se fa parte di un gruppo societario, con in tal caso un’indicazione dei
rapporti di controllo.
Successivamente, è proprio l’attività dell’affiliante che andrebbe
descritta, con la necessaria specificazione dei successi conseguiti da cui
71
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
sia possibile desumere la posizione di vantaggio di mercato acquisita nel
tempo in termini di maggiore competitività rispetto ai concorrenti.
Ciò posto, occorre menzionare gli elementi che caratterizzano tale
posizione di mercato e precisamente, i diritti di proprietà industriale
(marchi, brevetti), l’iscrizione, la natura incontestata, il know-how che a
tali marchi e brevetti si aggiunge, le ulteriori tecniche di vendita e di
prestazione dei servizi e la suscettibilità di tale insieme di elementi a
determinare una traslazione di tali vantaggi in capo ad un affiliato con
positivi risultati per il livello di competitività di quest’ultimo anche per
effetto di un suo inserimento in una rete di franchising.
La descrizione dell’organizzazione della rete, della sua attività,
delle sperimentazioni compiute in precedenza tramite progetti-pilota
dovrebbe completare quindi la descrizione dei vantaggi di mercato
goduti dall’affiliante.
L’avvenuta valutazione dell’idoneità del potenziale affiliato
controparte dovrebbe, infine, trovare menzione tramite un accenno al
superamento di procedure di selezione completate con la positiva volontà
dell’affiliato di perseguire il proprio successo tramite l’inserimento nella
rete realizzata dall’affiliante accettandone anche oneri e limitazioni
operative. Va da sé che la prospettazione fornita in contratto deve trovare
puntuale
riscontro
nella
realtà,
altrimenti
dalla
discrasia
tra
prospettazioni contrattuali e realtà comprovabile, l’assenza di causa o
l’illiceità della stessa potrebbero emergere in modo ancor più lampante
che in assenza di tale menzione nel testo contrattuale.
72
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
7.
Note contrattuali.
a) Il franchisor curerà che il franchisee abbia, prima dell’entrata in
vigore del contratto, l’addestramento necessario ed in caso
negativo
lo
aiuterà
ad
ottenerlo.
Tale
addestramento
comprenderà di norma un corso preliminare in un’impresa
similare. Il franchisor garantirà ai franchisee, per la durata del
contratto, assistenza ed informazioni appropriate ed istituirà
contatti stretti e continuativi con esso, avvalendosi a tal fine di
funzionari competenti10.
b) Il franchisor dovrà essere disponibile alle richieste del
franchisee. Saranno scambiate proposte e le operazioni
importanti verranno discusse insieme, al fine di migliorare la
reciproca comprensione e l’identità d’interessi tra le parti.
c) Il franchisor fornirà al potenziale franchisee dati precisi,
completi e controllabili, rilevati da una o più reali esperienze
precedenti simili, per collocazione geografica e caratteristiche
generali, a quelle
proposte
al
franchisee.
Questi
dati
riguarderanno, in particolare, il potenziale della zona territoriale
ed i conti di gestione del o dei punti di vendita o di iniziative
similari.
d) Il franchisee fornirà al franchisor informazioni operative atte a
facilitare la valutazione dei risultati, nonché i parametri
finanziari necessari ad un buon controllo di gestione. A questo
10
Cfr.: www.assofranchising.it
73
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
fine è essenziale che consenta al franchisor od ai suoi funzionari
l’accesso in qualunque momento ai locali della sua impresa ed ai
suoi documenti.
e) Il franchisor assisterà il franchisee fornendogli una guida
costante circa i suoi costi operativi ed i margini che dovrà
realizzare in ogni momento della sua attività.
f) Il franchisor fornirà al franchisee tutta l’assistenza necessaria
all’ottenimento ed al perfezionamento della tecnologia della
franchise.
g) Il franchisor farà un’accurata valutazione dell’investimento in
attrezzature, materiali, stock iniziale e del costo d’avviamento e
la comunicherà ai potenziali franchisee prima del contratto.
h) In caso di violazione o cessazione del contratto, il franchisee
sarà tenuto a restituire immediatamente i segni distintivi del
franchisor, nonché quei materiali e modelli legati all’uso di
questi segni distintivi.
i) Entrambi,
franchisor
e
franchisee,
dovranno
rispettare
scrupolosamente la politica generale della franchise dal punto di
vista commerciale ed amministrativo, sia all’interno del rapporto
che nei confronti dei clienti esterni e del pubblico in generale.
j) Entrambi, franchisor e franchisee, si impegnano a non
intraprendere azioni che siano penalmente, fiscalmente, o
commercialmente perseguibili, tali da recar danno alla
reputazione della franchise e del marchio.
74
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
k) Il franchisor userà ogni mezzo possibile per assicurare che il
franchisee riceva una fornitura regolare di merci e servizi di
qualità buona, genuina e vendibile. Qualora il franchisor ceda,
con qualsivoglia modalità, ad una terza parte, l’impresa che
costituisce la sua attività, dovrà essere garantita la continuità del
contratto di franchising ed i diritti del franchisee dovranno
essere salvaguardati integralmente. Ogni eventuale patto di non
concorrenza applicabile dopo la violazione o cessazione del
contratto, dovrà essere indicato e definito nel contratto in termini
precisi con riguardo alla sua durata e i limiti territoriali.
l) Il franchisor farà del suo meglio per risolvere, in buona fede e
spontaneamente, lamentele, contestazioni e dispute che possono
sorgere con i suoi franchisee mediante contatti e trattative oneste
e dirette ed inoltre concederà al franchisee un ragionevole
periodo di tempo per correggere i propri difetti e viceversa.
m) Qualora il contratto di franchising preveda il foro di competenza
in caso di controversia, è auspicabile che tale competenza sia
attribuita al foro più prossimo alla sede del franchisee. Quando
possibile, il franchisor dovrebbe risolvere le controversie con i
franchisee attraverso gli Istituti Nazionali d’Arbitrato o la
Camera del Commercio Internazionale di Parigi, in conformità
con i relativi regolamenti formulati da tali organismi.
75
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
8.
Obbligazioni dell’affiliante: a) licenze d’uso; b) zona di
protezione dell’affiliato; c) poteri-doveri di indirizzo e di controllo
dell’affiliante; d) concessione in uso dei segni distintivi; e)
trasferimento del know-how e assistenza; f) clausola di esclusiva;
g) fornitura dei beni.11
Il conferimento del diritto di operare in franchising descritto
nell’ambito dell’oggetto del contratto trova una prima importante
specificazione nella elencazione delle obbligazioni di cui si fa carico
l’affiliante.
Tale elencazione ha inoltre una ulteriore e non secondaria funzione
negoziale, consistente nella costituzione di parametri obiettivi che, previ
riscontri fattuali di consistenza concreta, consentano valutazioni di
congruità sia dei diritti d’entrata che delle royalty periodiche richieste
all’affiliato.
Licenze d’uso. In tale contesto generale occorre trovare adeguata
esplicitazione, in primo luogo, delle licenze d’uso di diritti di proprietà
intellettuale o industriale dell’affiliante, con una specificazione del titolo,
originario o derivato, di tali diritti, con gli estremi delle relative
registrazioni e la menzione di elementi identificativi dei beni immateriali
non registrati come il know-how, sia pure con un rinvio per le più
intense descrizioni e applicazioni operative al Manuale, rinvio che
consente, quindi, anche la variazione futura di tali elementi, secondo le
nuove acquisizioni e sperimentazioni tecniche e metodologiche
dell’affiliante (§ in Appendice il contratto Avis Autonoleggio S.p.A.)
11
Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000, p.100 e ss.
76
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Di tali licenze d’uso occorrerà, quindi, specificare l’ampiezza ed i
limiti degli impegni da esse derivanti con riferimento a insegne,
vetrofanie o altri simboli di identificazione aziendale o del prodotto, con
l’accortezza di specificare che ogni utilizzo debba tener conto di dare
adeguata visibilità esterna alla natura di affiliato della rete interessata.
A questo proposito, una prassi contrattuale che si va affermando e
che merita consenso per le maggiori garanzie che presenta per un uso più
conforme ai dettami contrattuali e per una più pronta ed effettiva
preclusione di utilizzo dopo il termine del contratto, è quella che vuole
che Insegne, Decorazioni richiamanti i marchi, vetrofanie etc. di rilievo e
quanto di identificativo dei marchi dell’affiliante si presti ad una durata
stabile, vengano predisposti dall’affiliante stesso e ceduti in comodato
(ovviamente a titolo gratuito) all’affiliato, con la doppia conseguenza di
un controllo assoluto dell’affiliante sulla configurazione e uniformità
degli stessi nel contesto della rete e di un’azione di recupero più incisiva
per tempi ed effetti rispetto al mero obbligo contrattuale dell’affiliato di
dismettere insegne e altri segni identificativi della rete che, da chiunque
realizzati, fossero di proprietà di quest’ultimo. L’esattezza di un obbligo
di non utilizzo sarebbe infatti molto più difficile e costosa da verificare
dopo il termine del contratto, specie in presenza di malafede dell’affiliato
per protrarre nel tempo l’utilizzo se non di insegne, quanto meno di
elementi di decorazione o altro richiamanti marchi e insegne di un
precedente affiliante, dato che l’affiliato li avrebbe comunque pagati e
avrebbe e avrebbe convenienza ad utilizzarli, essendo tali elementi
77
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
ancora in astratto idonei ad un uso aziendale proficuo ancorché
giuridicamente illegittimo.
Tale discorso sul comodato gratuito delle insegne consente di
introdurne uno limitrofo ma di ancor più consistente rilievo, relativo agli
impegni contrattuali dell’affiliante (e le corrispondenti obbligazioni di
acquisto o esecuzione dell’affiliato) in ordine alla conformazione del
Punto affiliato in particolare agli accordi relativi a detti locali.
Che le esigenze di uniformità di tutti i Punti della rete impongano
che l’affiliante abbia e presenti a tutti gli affiliati un progetto di
configurazione dei locali, che contenga anche dettagliati elementi
architettonici ornamentali o d’arredo non è solo una mera facoltà
accessoria arrogatasi dall’affiliante, ma è un elemento caratterizzante del
franchising.
Però, una cosa è che l’affiliato debba necessariamente conformarsi
ad un progetto per poter entrare a far parte della rete, e altra, e ben
differente,
cosa è che l’esecuzione di tale progetto debba necessariamente
essere fornita dall’affiliante come presupposto necessario per aderire alla
rete. Clausole della specie sono purtroppo molto spesso in uso nei
contratti di franchising, ma se anche accettate dall’aspirante affiliato che
sottoscrive il contratto, in caso di una cattiva riuscita dell’iniziativa
economica o, comunque. In caso di litigio consistente con l’affiliante,
possono essere molto pericolose per quest’ultimo e fonte di azioni
risarcitorie.
78
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
A questo proposito, appare opportuno, in primo luogo, che
l’affiliante predisponga un progetto con le specifiche tecniche idonee, al
duplice fine di consentire all’affiliato e a terzi di eseguirlo e allo stesso
affiliante di esercitare corretti ed efficaci controlli di conformità.
Eventuali obblighi di acquisto presso l’affiliante o produttori terzi
designati dall’affiliante stesso dovrebbero, quindi, essere limitati a
elementi architettonici o di arredo assolutamente infungibili o,
comunque, per i quali non sia in pratica possibile stabilire
preventivamente delle specifiche tecniche oggettive e gli stessi siano
necessariamente caratterizzanti, tenendo conto dell’oggetto, il rapporto
di franchising instaurato.
In tutti gli altri casi dovrebbe essere consentito all’affiliato, con
un’idonea clausola contrattuale, di acquisire o ottenere la realizzazione
dei beni in questione sulla base della libertà contrattuale di acquisizione
dall’affiliante o da terzi da questo designati o della realizzazione diretta
in proprio di quanto necessario. In quest’ultimo caso, un’apposita
clausola contrattuale dovrebbe quindi prevedere la possibilità di
controllo di rispondenza, di quanto acquisito da terzi ovvero realizzato in
proprio dall’affiliato, al progetto dell’affiliante e il potere di quest’ultimo
di imporre alla controparte le eventuali modifiche o integrazioni da
realizzare, a pena di risoluzione del contratto, per conformarsi al
progetto dell’affiliante. Merita di essere ribadita, infine, l’opportunità di
tener chiaramente distinte, in ogni caso, le controprestazioni pecuniarie
dell’affiliato relative alla realizzazione o agli arredi concernenti il locale
dell’affiliato dai diritti d’entrata relativi alla partecipazione alla rete e
79
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
alla concessione dei diritti di operare in franchising nel suo complesso
per evitare pericolose commistioni in caso di lite.
Zona di protezione territoriale dell’affiliato. Un ulteriore aspetto
delle
obbligazioni
dell’affiliante
che
presenta
poi
speculare
corrispondenza con quelli dell’affiliato, è quello relativo all’ambito di
protezione, in particolare territoriale, di cui gode il singolo affiliato e
che, per converso, obbliga lo stesso a comportamenti coerenti a
vantaggio degli altri affiliati. Ove l’affiliante non intenda accordare
un’area geografica di esclusiva all’affiliato è quanto meno opportuno che
lo specifichi in contratto anziché trincerarsi dietro un mero silenzio del
contratto in proposito, evidenziandone anche sommariamente le ragioni.
Così pure, ove tale zona territoriale di operatività esclusiva venga
inserita, è opportuno che il contratto specifichi, attraverso clausole chiare
e dettagliate quali ne siano i limiti geografici (con eventuali allegati di
cartine geografiche o topografiche), qualitativi (quali prodotti e/o servizi
sono coperti da esclusiva e quali eventualmente in concorrenza),
operativi (quali canali distributivi possa eventualmente continuare a
sfruttare l’affiliante in un franchising distributivo).
Andranno specificati, in questa sede, anche eventuali limiti, o
possibilità di coesistenza, di attività promozionali, pubblicitarie o
comunque di sollecitazione della clientela aventi effetti al di fuori di tale
zona riservata, tenendo presente che sarebbero di dubbia legittimità
obblighi contrattuali imposti all’affiliato di respingere la clientela che ad
esso si rivolga, per ragioni di origine geografica o per onorare garanzie
della rete, mentre meno pericolose potrebbero essere le clausole che
80
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
obblighino l’affiliato a vendere solo ad utilizzatori finali e non a grossisti
o altri rivenditori, sempre che, come vuole il Regolamento comunitario,
si tratti di limitazioni che vengono inserite specificando che mirano alla
tutela dei diritti di proprietà industriale o intellettuale dell’affiliante e a
quella della comune identità e reputazione della rete.
Apparentemente più complessi potrebbero essere i problemi da
risolvere posti alla base di clausole della specie or ora esaminata, relative
al franchising di servizi.
Qui, le clausole restrittive dovrebbero limitarsi a quelle effettuabili
dalla sede da cui promana l’attività e all’attività promozionale, tenendo
presente le necessità di un’accorta specificazione di quest’ultima, attesa
la natura geograficamente poco comprimibile delle attività in questione.
In questo contesto di franchising di servizi, in assenza di una chiara
normazione in proposito, dovrebbero essere possibili clausole di
limitazione fondate non sul luogo di residenza dell’utilizzatore finale, ma
sui livelli dimensionale del potenziale cliente, riservando, per esempio,
all’affiliante taluni clienti di più consistenti dimensioni per i quali sia
possibile ritenere ragionevolmente che l’affiliato non possieda la
competenza necessaria per prestare la propria opera (ovviamente in
relazione al tipo di servizio) senza far correre rischi di scarsa
soddisfazione del cliente con detrimento quindi per l’immagine e la
reputazione dell’affiliante e dell’intera rete.
Altre obbligazioni generali. Le altre obbligazioni di portata
generale dell’affiliante possono riguardare:
81
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
- eventuali impegni di attività promozionali o pubblicitarie di
carattere nazionale, per i quali possono essere chiesti o meno
contributi
finanziari,
ammissibili
se
preventivamente
predeterminati o predeterminabili sulla base di parametri certi, o
in natura (materiali, disponibilità sede etc.), agli affiliati;
- gli obblighi di formazione curata dall’affiliante dell’affiliato e
del suo personale per l’avvio dell’attività e periodicamente,
attraverso corsi o attività presso l’affiliato stesso con
specificazione dei costi a carico dei soggetti partecipanti e
dell’affiliante e/o di eventuali commissioni a beneficio di
quest’ultimo;
- la predisposizione di un Manuale operativo in cui l’affiliante
deve inserire tutto ciò che è utile all’attività in franchising e che
non trova collocazione nel contratto, gli aggiornamenti periodici
delle modalità tecniche di sviluppo del rapporto di franchising,
le istruzioni operative etc. badando bene che se attraverso una
apposita e specifica clausola, tale Manuale deve essere sempre
modificabile a propria discrezione dall’affiliante, tale clausola
non può spingersi sino a consentire all’affiliante di alterare in
modo significativo il rapporto economico con l’affiliato (per
esempio attraverso inserimenti sproporzionati al caso concreto di
prezzi di listino di merci rientranti nell’ambito del rapporto,
aumenti di commissioni per controprestazioni specifiche o di
altri oneri a carico dell’affiliato etc.).
82
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il rispetto degli obblighi di disclosure iniziali potrà essere integrato,
infine, sempre su di un piano generale, attraverso una clausola
contrattuale con cui l’affiliante si obblighi a comunicare periodicamente
agli affiliati dati e notizie circa l’andamento della rete ed a promuovere
riunioni tra gli affiliati stessi per l’esame di proposte di miglioramento
dell’efficienza della rete.
Quest’ultima obbligazione non è ben vista da molti affilianti che
temono una “sindacalizzazione” degli affiliati, ma in realtà ha la
funzione di risollevare periodicamente lo “spirito di squadra” del
franchising e in concreto può avere meno pericoli di quelli paventati
mentre la sua assenza, in ogni caso, non riesce ad impedire contestazioni
collettive da parte degli affiliati tutte le volte che le condizioni del
rapporto le rendano possibili.
Poteri di indirizzo e di controllo dell’affiliante. Un’analisi specifica
meritano, poi, le clausole contrattuali attraverso cui è opportuno
introdurre nel rapporto di franchising poteri di indirizzo dell’affiliante
nei confronti dell’affiliato.
Tali clausole trovano un’ampia giustificazione in dottrina ed in
giurisprudenza per l’interesse specifico dell’affiliante, ma anche generale
della rete, di mantenere e anzi elevare nel tempo il grado di efficienza
della rete stessa e comunque di proteggere l’uniformità d’immagine, il
livello di reputazione e gli elementi caratterizzanti.
A tale fine devono trovare collocazione nel contratto, clausole che,
oltre a consentire all’affiliante di inviare al singolo affiliato istruzioni
specifiche su situazioni carenti di questo (diverse da quelle generali
83
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
emanate tramite il Manuale e i suoi aggiornamenti), consentano pure
all’affiliante di apprendere notizie circa la situazione e il rispetto del
contratto da parte dell’affiliato attraverso questionari, visite di incaricati
anche a sorpresa (tale elemento va specificato in contratto), controlli
presso terzi (ad esempio, questionari alla clientela).
In determinati contratti di franchising tali clausole potranno una
valenza più importante che in altri, per esempio, con controlli sulla
riservatezza della custodia del know-how, sull’igiene dei locali o sulla
cautela di tenuta dei prodotti (ad esempio, catene del freddo e frigo di
esposizione), dispositivi di sicurezza etc.
Chiarezza in tale contesto può essere utile , inoltre, per poter
sviluppare difese dei diritti e interessi dell’affiliante e della rete di
maggior rilievo, anticipando la scoperta di comportamenti negligenti o
anche fraudolenti degli affiliati e, nello stesso tempo, può prevenire,
attraverso un dibattito costruttivo, crisi di ben più consistente livello
derivanti da comportamenti non conformi all’immagine o alla
reputazione
della
rete,
che
si
sarebbero
potuti
interrompere
vantaggiosamente se più tempestivamente colti dall’affiliante.
Concessione in uso dei segni distintivi. Nel franchising di
distribuzione l’affiliante concede all’affiliato una licenza d’uso
dell’insegna e del marchio di fabbrica.
L’insegna contraddistingue i locali dove l’attività dell’impresa
viene svolta, e può essere costituita da un nome o da un emblema.
Il marchio di fabbrica contraddistingue i prodotti dell’impresa
affiliante. Esso può essere costituito da parole (cosiddetto marchio
84
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
denominativo) o da figure (cosiddetto marchio figurativo; in questo caso,
il marchio può consistere anche in raffigurazioni astratte, particolari
combinazioni di linee e colori, etc). Inoltre, il marchio può essere
costituito da una combinazione di parole e figure.
Nel franchising di servizi, la concessione riguarda l’insegna ed il
marchio di servizio, che contraddistingue il particolare servizio offerto
dall’impresa affiliante. La liceità di concedere in licenza l’uso del
marchio, sulla cui sussistenza, in passato erano sorti alcuni dubbi, è ora
espressamente sancita dall’art. 2573, comma 1, cod. civ., nel testo
modificato dall’art. 83, D. Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, che ammette la
concessione in licenza del marchio “per la totalità o per una parte dei
prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato”, a condizione che “non
derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o dei servizi che sono
essenziali nell’apprezzamento del pubblico”.
Trasferimento del know-how e assistenza. Il know-how,
intendendo con questo termine ogni conoscenza od esperienza che sia
stata acquisita dal suo titolare attraverso un dispendio di energie
imprenditoriali (tempo, investimenti, personale etc) e che sia suscettibile
di essere portato comunque a conoscenza di un altro imprenditore, il
quale risparmia, così, analogo dispendio di energie, assume nel
franchising un ruolo privilegiato.
La comunicazione del know-how è, anzi, ritenuta uno degli
elementi di discrimine tra franchising e figure contrattuali affini, ed è
fondamentale per realizzare lo schema economico sul quale si basa lo
sviluppo del franchising, in quanto consente la circolazione delle
85
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
tecniche commerciali che rappresentano il tratto comune degli affiliati,
così facilitando l’accesso al mercato di nuove imprese.
La comunicazione del know-how, ancora, è uno dei requisiti
essenziali che il Regolamento comunitario di esenzione per categoria n.
4087/88 pone perché un contratto di franchising possa beneficiare
dell’esenzione dall’applicazione dell’art.85, Trattato CE.
Nel franchising di produzione (o franchising industriale), la
trasmissione del know-how avviene, generalmente, con la concessione di
una licenza d’uso relativa ad un brevetto di cui è titolare l’impresa
affiliante.
Il brevetto consiste in un diritto di esclusiva (di durata ventennale)
per l’utilizzazione dell’invenzione (brevetto per invenzione industriale).
Possono ottenersi, altresì, brevetti per modelli di utilità, aventi ad oggetto
una novità tecnologica destinata a conferire ad un prodotto industriale
esistente una particolare efficacia o comodità di applicazione o di
impiego, di durata decennale; e brevetti per modelli o disegni
ornamentali, che proteggono un’invenzione puramente estetica ed hanno
una durata di quindici anni.
Al di là di quanto consacrato in un brevetto per invenzione
industriale, il know-how deve possedere i requisiti precisati dal
Regolamento Commissione CEE n. 4087del 1988, il quale, sebbene
posto in essere non ai fini della regolamentazione giuridica del contratto
di franchising, ma allo scopo di delimitare l’esenzione dal divieto di
accordi restrittivi della concorrenza (art.85, §1, Trattato CEE), contiene
86
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
una definizione di franchising operante in tutti gli Stati membri
dell’Unione Europea.
Il know-how è definito come un patrimonio di conoscenze pratiche
non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante
(art.1, §3, lett. f, Reg. 4087/88). Lo stesso Regolamento comunitario
specifica che il valido know-how deve essere segreto, sostanziale ed
identificato: per “segreto” si intende non generalmente noto al di fuori
dell’impresa del franchisor e dei suoi affiliati (dunque, non si richiede la
segretezza assoluta, essendo sufficiente che le conoscenze oggetto del
know-how non siano agevolmente reperibili); non è necessario, pertanto,
che ogni singola componente del know-how sia totalmente ignota o
impossibile ad ottenere al di fuori dell’impresa affiliante (art.1, §3, lett. g
Reg. 4087/88).
Deve, inoltre, essere “sostanziale”, nel senso che il know-how deve
comprendere conoscenze importanti per la vendita di beni o per la
prestazione di servizi agli utilizzatori finali, in modo tale da essere utile
all’affiliato al fine di incrementarne la competitività, migliorandone
l’attività o consentendone l’accesso ad un nuovo mercato (art.1, §3, lett.
h, Reg. 4087/88). Il know-how deve avere un preciso contenuto e valore
economico; non deve trattarsi di “fumo”, ma di conoscenze utilmente
impiegabili nell’esercizio di un’attività d’impresa, il cui possesso
conferisce un vantaggio sui concorrenti.
Il know-how deve poi essere “identificato” o “accertato”, nel senso
di essere descritto in modo sufficientemente comprensibile, tale da
consentire la verifica con i criteri di segretezza e sostanzialità. La
87
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
descrizione del know-how può essere contenuta nell’accordo di
franchising o in un documento separato, oppure secondo qualsiasi altra
modalità adeguata (art.1, § 3, lett. i, Reg. 4087/88). Il know-how deve
essere fissato su un supporto materiale (il Manuale operativo), cartaceo o
di altra natura. Tale ultimo requisito ha, da un lato, la funzione di
consentire la migliore trasmissione del know-how, e dall’altro, quella di
consentire un controllo sull’esistenza degli altri requisiti, ed in
particolare del carattere “sostanziale” delle conoscenze trasmesse.
Oltre alla trasmissione del know-how, l’affiliante si obbliga a
fornire all’affiliato l’assistenza tecnica e commerciale (ad esempio,
fornitura di schede tecniche, di risultati di ricerche di mercato, di
manuali applicativi, etc.), la necessaria consulenza e, dove previsto,
anche la formazione del personale.
Il contratto può prevedere un’assistenza limitata alla fase iniziale di
attività dell’affiliato (la cosiddetta assistenza una tantum) o un’assistenza
continuativa, che può avere ad oggetto la gestione del punto di vendita.
Clausola di esclusiva. La stipulazione di una clausola di esclusiva
non è indispensabile; tuttavia, frequentemente, la prassi ne contempla
l’inserimento nell’accordo, assolvendo la duplice funzione di tutelare
l’investimento dell’affiliato e di creare un’omogenea rete di vendita,
identificata con i prodotti o servizi distribuiti.
Solitamente, l’esclusiva viene pattuita per una determinata zona e a
favore di entrambe le parti, sicchè l’affiliante non può stipulare
franchising con altri concessionari né l’affiliato può vendere prodotti o
servizi di terzi. In sostanza, a fronte dell’esclusiva, l’affiliato stipula un
88
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
patto di non concorrenza con valore nell’ambito della zona individuata
nella
clausola.
L’impresa
affiliante
può,
comunque,
riservarsi
espressamente il diritto di commercializzare direttamente i prodotti o i
servizi nel territorio dell’affiliato (l’esclusiva, pertanto, vincolerà solo
quest’ultimo). Infine, per il caso in cui il contratto nulla disponga al
riguardo, l’esistenza di un obbligo di esclusiva, a carico di una sola delle
parti o di entrambe, potrà comunque essere desunto dall’interpretazione
complessiva di tutte le clausole dell’accordo e da una sua interpretazione
secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.)
Fornitura dei beni. Nel caso di franchising di distribuzione,
l’affiliante è obbligato a fornire all’affiliato i beni che quest’ultimo deve
commercializzare, secondo le quantità ed i tempi pattuiti nel contratto.
9.
Obbligazioni dell’affiliato: obbligazioni di interesse generale della
rete; obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e dell’identità della
rete.12
Le obbligazioni dell’affiliato da inserire in contratto rappresentano,
in gran parte, una conferma ed una esplicitazione dei poteri e dei diritti
dell’affiliante e sono correlate alle di lui obbligazioni, come contropartita
commerciale o pecuniaria delle stesse.
Anche per le obbligazioni dell’affiliato è opportuno distinguere tra
obbligazioni di interesse generale della rete e obbligazioni specifiche
12
Cfr.: A. BALDASSARRI, I contratti di distribuzione, mediazione, concessione di vendita e
franchising, in I grandi orient. della giur. civ. e comm., III, Padova, 1992, p. 450 e ss.
89
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
finalizzate
al
mantenimento
e
all’incremento
dell’efficienza
e
dell’uniformità della rete stessa.
Le obbligazioni principali dell’affiliato che hanno particolare
rilievo per gli interessi generali della rete, oltre che dell’affiliante,
dovrebbero portare come cappello introduttivo un impegno dell’affiliato
a promuovere con la più elevata diligenza professionale (in questo
contesto si può far specificare ulteriormente la qualità di imprenditore
dell’affiliato) lo sviluppo delle attività svolte nella propria zona di
competenza (ove non esclusa), con obbligo di conformazione agli
standard qualitativi e quantitativi, di efficienza e di immagine della rete
stessa. Tale clausola ha la funzione di rafforzare il grado di diligenza cui
l’affiliato è tenuto, che dovrebbe essere quindi valutato, non alla stregua,
per esempio, del mandatario facendo riferimento al livello del “buon
padre di famiglia” (che fa scattare la responsabilità ad un livello medio
di colpa), ma a quella del “buon imprenditore” (che porta a rispondere
anche per colpa lieve) e ciò non per una inutile vessazione dell’affiliato,
ma in relazione alla estrema pericolosità che inadempimenti anche
marginali nei confronti di obblighi a tutela dell’immagine della rete
possono determinare in capo alla stessa e serve a giustificare,
nell’economia generale del contratto stesso, una minuziosità e rigorosità
di casistica di inadempimenti legittimanti le clausole risolutive espresse
di cui è opportuno corredare il contratto.
Corollario di tali obbligazioni di impegno sono poi gli obblighi che
l’affiliato si assume in ordine alle obbligazioni di conformazione con
riferimento all’allestimento dei locali da cui viene effettuata la
90
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
prestazione in franchising, all’addestramento proprio e del personale, al
rispetto generale delle istruzioni contenute nel Manuale e nei suoi
aggiornamenti o comunicazioni periodiche dell’affiliante comunque
definite etc.
Tra le obbligazioni nell’interesse generale della rete13 è opportuno
collocare, poi, due gruppi di obblighi dell’affiliato, e cioè quelli di non
concorrenza e di approvvigionamento esclusivo dall’affiliante o da terzi
da esso designati.
In ordine alle clausole relative alle obbligazioni di non concorrenza
dell’affiliato è possibile dire che alcune sono configurabili in maniera
assolutamente speculare alle clausole corrispondenti che proteggono
l’affiliato e si tratta principalmente di quelle di protezione territoriale.
Altre clausole proteggono in modo immediato l’affiliante ed i suoi
prodotti, ma hanno pur sempre come finalità la protezione dell’insieme
della rete.
Le clausole del primo gruppo mirano ad imporre all’affiliato di non
operare al di fuori della propria zona di competenza territoriale con gli
stessi limiti imposti all’affiliante e a tutti gli affiliati della rete per quanto
riguarda l’operatività di tali soggetti all’interno del territorio di
competenza esclusiva concesso al singolo affiliato.
Al secondo gruppo possono essere ricondotte le clausole relative
agli obblighi dell’affiliato:
13
Cfr.: DILIDDO, Il nuovo regolamento dell’associazione italiana di franchising, in Contratti, 1995,
p.78 e ss.
91
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
- di sfruttare il franchising solo operando dalla sede o dalle sedi
previste
dal
contratto
o
successivamente
autorizzate
dall’affiliante;
- di non produrre, vendere o utilizzare nella prestazione di servizi
prodotti concorrenti con quelli dell’affiliante avanti rilievo per
l’oggetto del franchising evidenziando soprattutto, per necessità
di chiarezza contrattuale oltre che in funzione di possibili
controlli di autorità Antitrust comunitario e/o nazionali, i limiti
di tali clausole;
- di non impegnarsi direttamente o indirettamente in attività
concorrenti con quelle oggetto
del franchising nell’ambito
territoriale in cui opera la rete (e limitatamente alla zona di
competenza, con tutte la riserve per un anno dopo la conclusione
del contratto stesso);
- di non acquisire in imprese concorrenti partecipazioni capaci di
influire sull’operato delle stesse.
Nel franchising di distribuzione e più raramente in quello di
prestazione di servizi potrebbero poter essere collocate, in questo punto
del contratto, attesa la stretta connessione con le clausole di non
concorrenza,
anche
dell’affiliato,
relativamente
franchising
nella
quelle
tipologia
che
ai
limitano
prodotti
distributiva
l’approvvigionamento
qualificanti
o
i
beni
l’attività
in
strumentali
particolarmente qualificanti, da acquisire tempo per tempo nel
franchising di prestazione di servizi.
92
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Quest’obbligo, per quanto corrispondente a quello relativo agli
acquisti iniziali per l’allestimento del punto affiliato, è chiaramente
distinto da esso. In relazione a detto obbligo, conseguentemente
dovrebbero essere menzionati i principi cui si fa riferimento per
l’individuazione di specifiche tecniche obiettive necessarie per la
corretta individuazione dei livelli qualitativi dei beni in questione, poi
liberamente acquisibili dall’affiliato, anche in relazione a più ampie
specificazioni fornite nel Manuale ovvero l’impossibilità di procedere in
pratica all’individuazione ed all’esplicitazione di tali criteri, con
l’introduzione di un obbligo, quindi, per l’affiliato, di approvvigionarsi
direttamente presso l’affiliante o presso produttori da esso designati, con
la limitazione ai beni necessari a connotare il rapporto di franchising.
Vi sono, poi, le obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e della
identità della rete14 che costituiscono, in parte, una ulteriore
specificazione delle obbligazioni di natura generale a carico dell’affiliato
e, per altro verso, rappresentano un elemento più spiccatamente
caratterizzante la strategia di sviluppo economico che la rete intende
conseguire sul mercato.
Rientrano tra le obbligazioni riferite al primo obiettivo, quelle
relative a clausole che impongono all’affiliato, a compimento degli
obblighi di conformazione di portata generale e a speculare obbligazione
dell’affiliato rispetto agli impegni e poteri dell’affiliante, le claisole che
contengono l’obbligo per l’affiliato di:
14
Cfr.: A. BALDASSARRI, I contratti di distribuzione, mediazione, concessione di vendita e
franchising, cit. p. 51.
93
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
- seguire personalmente e di far seguire ai propri dipendenti corsi
di formazione e di aggiornamento predisposti dall’affiliante;
- seguire e far seguire ai propri dipendenti i metodi commerciali,
le tecniche di vendita o di prestazione dei servizi indicate
dall’affiliante in sue istruzioni o nel Manuale;
- provvedere a rimuovere tempestivamente gli elementi negativi
riscontrati in tali controlli;
- collaborare alle indagini svolte dall’affiliante etc.
Possono essere, viceversa, ricondotte al secondo gruppo di finalità
prospettate, le clausole che obbligano l’affiliato a contribuire al
miglioramento delle potenzialità della rete, quali quelle che impongono
allo stesso di comunicare all’affiliante proprie esperienze ottenute
nell'operatività in franchising e di concedere in proposito all’affiliante
per l’impiego nella rete eventuali licenze di know-how, in relazione a tali
esperienze di segnalare all’affiliante gli inconvenienti riscontrati nelle
prestazioni, le migliorie effettuabili, i pregiudizi subiti dalla rete con
l’obbligo di collaborare con l’affiliante per la relativa rimozione etc.
A cavallo tra i due gruppi di clausole, possono collocarsi quelle
relative alla pubblicità imposta per contratto all’affiliato che, da un lato,
deve mirare a conformarsi allo stile della rete e dell’affiliante (e quindi
con possibilità di controlli preventivi e successivi da parte dell’affiliante
medesimo) e, da un altro lato, deve tendere ad un conseguimento dei
risultati strategici che risultino importanti per l’espansione dell’attività in
franchising nella zona operativa dell’affiliato e, quindi, con obblighi di
minimo quantitativo periodico e con incentivi (contributi, riduzione di
94
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
royalty, abbuono di contributi per la pubblicità nazionale…) a
raggiungimento di determinati volumi di pubblicità locale o premi per la
migliore pubblicità locale poi adottata a livello nazionale o da altri
affiliati della rete.
Sono a carico dell’affiliato anche obbligazioni di riservatezza.
La natura riservata che contraddistingue taluni elementi di
vantaggio propri dell’attività dell’affiliante poi sviluppati in franchising,
fa si che il contratto debba contenere anche specifiche clausole che
vincolano l’affiliato a mantenere riservati notizie ed elementi
caratterizzanti le tecniche di perseguimento di successo commerciale ed
economico elaborate dall’affiliante con conseguente apposizione di
clausole attinenti l’obbligo di non diffusione a terzi di tali elementi,
ricevuti dall’affiliante nell’ambito del rapporto di franchising, l’obbligo
di conservazione riservata di documentazione tecnica, quale in
particolare il Manuale, completato da limitazioni della possibilità di
copia e consegna del Manuale o di parte di esso, a dipendenti non
qualificati per rango e potenziale fedeltà aziendale, obblighi di
restituzione di detto materiale alla conclusione del contratto e così via.
Gli obblighi pecuniari dell’affiliato costituiscono, in definitiva, il
“prezzo” delle prestazioni dell’affiliante e comprendono sia il nucleo
centrale relativo al conferimento del diritto di operare in franchising e sia
le prestazioni complementari ad esso collegate.
Occorre, quindi, che le prestazioni pecuniarie dell’affiliato, che
costituiscono contropartita delle prestazioni dell’affiliante, siano
evidenziate nel contratto nel modo più trasparente possibile con
95
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
esclusione di pericolose commistioni con la vendita di prodotti iniziale e
periodica da parte dell’affiliante e tra diritti di entrata e royalty
periodiche.
Occorre, quindi, definire l’ammontare di diritti di entrata che
l’affiliante deve corrispondere una tantum e i diritti periodici che esso è
tenuto a versare periodicamente a titolo di integrazione della somma
iniziale, per le licenze d’uso e le altre prestazioni dell’affiliante con
specificazione dei parametri di quantificazione (ricavi lordi, incrementi
di fatturato annuo, utili netti in bilancio etc.), le scadenze di pagamento e
gli eventuali interessi moratori.
In tale sede potranno anche essere esplicitati i contributi richiesti
dagli affiliati a fronte della pubblicità nazionale svolta dall’affiliante
nell’interesse generale della rete, i rimborsi spese per la partecipazione
dell’affiliato o di suoi addetti a corsi, riunioni o manifestazioni
organizzate dall’affiliante, ed eventuali prestazioni pecuniarie che
l’affiliante ritenga di poter porre a carico dell’affiliato.
In relazione alla natura intuitu personae del contratto di franchising,
ed in particolare del franchising di prestazione di servizi, per la
prestazione di facere che è oggetto del contratto e per il rapporto più o
meno continuativo che si instaura con l’utilizzatore del servizio15, dovrà
essere previsto con apposita clausola un doppio ordine di vincoli
incombenti sull’affiliato e cioè il divieto di cessione del contratto di
franchising a terzi, per i quali l’affiliante non abbia dato il preventivo
consenso scritto (mentre l’affiliante dovrebbe riservarsi il diritto di
15
Cfr.: DELLI PRISCOLI, I contratti di distribuzione come categoria unitaria , in Giur. Comm.,
1994, vol. II, p.35.
96
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
cedere il contratto con il singolo affiliato unitamente alla cessione della
rete) ed il diritto di prelazione a favore dell’affiliante, in caso di cessione
o di locazione dell’azienda da parte dell’affiliato, ove questi intenda
vendere o comunque cedere la propria azienda.
Quest’ultima clausola dovrebbe, in particolare, prevedere i tempi e i
modi per l’esercizio di tale diritto e le eventuali conseguenze del
mancato esercizio del diritto da parte dell’affiliante, sia con riferimento
all’eventuale recesso dello stesso dal contratto in caso di non gradimento
del
subentro
dell’acquirente/locatario
dell’azienda
da
parte
dell’originario affiliato, e sia con risarcimento del danno a carico di
quest’ultimo in presenza di impedimenti da parte dello stesso nel corretto
utilizzo della prelazione da parte dell’affiliante.
10. Tutela dei segni distintivi, del know-how, del software,
dell’immagine commerciale16 del franchisor.
Tutela dei segni distintivi. La trasmissione, da parte del franchisor
al franchisee, di facoltà derivanti dai titoli di proprietà su beni
immateriali rappresenta un elemento caratteristico del contratto di
franchising. Lo stesso Regolamento Comunitario di esenzione per
categoria n. 4087/88 afferma che “gli accordi di franchising sono, in
sostanza, licenze di diritto di proprietà industriale o intellettuale relativi a
marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni,
16
Cfr.: E. ZANELLI, Il franchising nella tipologia della concessione tra imprese, in A.A. V.V. nuovi
tipi contrattuali e tecniche di redazione nella pratica commerciale, nei Quad. di giur. comm.,
Milano, 1978, p. 248.
97
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
diritti d’autore, know-how o brevetti da utilizzare per la rivendita di beni
o per la prestazione di servizi ad utilizzatori finali”.
Un simile raggruppamento di beni immateriali eterogenei è stato
oggetto di critiche da parte della dottrina, che ha sottolineato come un
franchising ben possa esistere anche senza la compresenza di tutti i beni
immateriali ricompresi nell’elenco.
Quale che sia il valore sistematico della definizione comunitaria, è
comunque fuori dubbio che, nello schema economico-causale del
franchising, i segni distintivi ed i diritti di proprietà industriale ed
intellettuale del franchisor, da questi concessi in licenza al franchisee,
svolgono un ruolo fondamentale. Perciò, è evidente l’importanza
rivestita dagli strumenti normativi e contrattuali, posti a loro tutela.
Nell’ambito dei beni immateriali concessi in licenza dal franchisor
a ciascun franchisee, un ruolo di primo piano è svolto senza dubbio dal
marchio, che la giurisprudenza americana ha definito “la pietra miliare
del franchising”. In un sistema di franchising, le funzioni caratteristiche
del marchio (e dell’altro segno distintivo che quasi sempre compare
quale oggetto dei contratti di franchising, l’insegna, sia essa di contenuto
uguale o differente rispetto al marchio), rivestono un’importanza
fondamentale: marchio e insegna sono i primi elementi che consentono
al consumatore l’individuazione di ciascun punto di vendita in
franchising. Perciò, agli stessi egli associa immediatamente la fama e
l’immagine commerciale di cui la rete è accreditata presso il pubblico: si
potrebbe, anzi, dire che i segni distintivi comuni assurgono appunto a
simboleggiare questa fama, con la conseguenza della sua immediata
98
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
attribuzione da parte del consumatore finale all’impresa che se ne fregi,
identificata quale appartenente alla rete.
Appunto in ragione di questo effetto di identificazione dei segni
distintivi con l’appartenenza alla rete e quindi con l’affidabilità ed il
prestigio, diviene evidente l’esigenza del titolare dei segni, oltre che ad
impedirne l’uso da parte di non aventi titolo (comune a qualsiasi segno
distintivo, comunque impiegato), di evitare l’uso degli stessi segni
distintivi da parte di affiliati che non rispettano gli standard qualitativi
voluti dalla casa-madre.
In questo caso, l’uso dei segni distintivi da parte di franchisee che
operino al di sotto degli standard comuni può avere come effetto diretto
quello
di
screditare
l’immagine
dei
segni
distintivi
che
contraddistinguono il prodotto (o il servizio) offerto dalla rete presso il
pubblico, e dunque, di danneggiare non solo l’affiliante, ma tutta la
catena.
La salvaguardia dell’immagine dei segni distintivi si attua, in primo
luogo, a monte, attraverso la ricerca e la selezione di aspiranti affiliati in
grado di soddisfare le esigenze qualitative dell’azienda affiliante, ed in
secondo luogo, attraverso apposite disposizioni contrattuali: prime fra
tutte, quelle che consentono all’affiliante il controllo su tutte le fasi
dell’attività del franchisee, in modo tale che sia sempre verificata la
sussistenza, nell’offerta del franchisee, dei livelli qualitativi voluti dalla
controparte. Tale controllo ha anche l’effetto di proteggere l’interesse dei
consumatori a non essere ingannati circa le caratteristiche del prodotto o
del servizio da essi richiesto. Ancora, potranno essere inserite nel
99
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
contratto clausole risolutive espresse che vietino l'ulteriore uso dei segni
distintivi da parte del franchisee, qualora questi si sia reso inadempiente
a determinate obbligazioni, di importanza determinante per la tutela
dell’immagine della rete.
Tuttavia, nel caso di verificazione di un evento “patologico” che
conduca alla risoluzione del contratto di franchising per inadempimento
del franchisee, potrà sorgere in capo al franchisor l’immediata esigenza
di impedire l’ulteriore utilizzo dei segni distintivi, anche per breve
tempo, da parte dell’ex-franchisee.
Il problema della tutela d’urgenza dei segni distintivi del franchisor
nei confronti dell’ex-franchisee, è stato affrontato, per la prima volta in
Italia, dal Tribunale di Milano, il quale, con due ordinanze del 1982 e del
1986, ha inibito, con provvedimento d’urgenza ex art.700 c.p.c., a due
ex-affiliati della rete in franchising Standa, l’ulteriore uso del marchio e
di ogni altro segno distintivo dell’affiliante, l’utilizzazione di ogni
riferimento al rapporto di affiliazione e di ogni tecnica commerciale e
pubblicitaria cui era stato autorizzato in forza dell’accordo in
franchising, essendo venuto meno, dopo la risoluzione del contratto per
inadempimento dell’affiliato, il titolo in virtù del quale a quest’ultimo
era stato concesso l’uso dei segni distintivi e degli altri beni immateriali
di proprietà della parte attrice17.
La tutela del know-how e del software del franchisor. La
protezione del know-how, durante la pendenza del rapporto e dopo la sua
cessazione, è una delle questioni chiave del rapporto di franchising.
17
Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , Torino, 1990, p. 395.
100
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Appunto per la centralità che il know-how assume nello schema
economico del contratto, esso è generalmente oggetto di clausole di
protezione, che obbligano il franchisee ad assicurarne la segretezza, con
impegno ad estendere tale obbligo anche ai suoi dipendenti o
collaboratori a diverso titolo, o comunque a tutti i soggetti che vengano
in contatto con lui nello svolgimento dell’attività in franchising.
Oltre all’obbligo di non divulgazione, vengono, poi, generalmente
inseriti nei contratti, obblighi che limitano le facoltà di uso del knowhow da parte del franchisee, ad esempio, disponendo che il know-how
non possa essere utilizzato al di fuori del punto di vendita in franchising,
o ancora, non possa essere utilizzato per attività connesse o collaterali a
quella in franchising, svolte al di fuori della rete. Sulla validità di queste
e simili pattuizioni contrattuali per il diritto privato non dovrebbe esserci
alcun dubbio, una volta che siano stati assolti gli oneri sostanziali e
probatori che il codice civile impone.
Tuttavia, le restrizioni imposte al franchisee, soprattutto alla
cessazione del rapporto, sono di natura tale che non potranno sfuggire ad
un controllo di conformità con le norme poste a difesa della libertà di
concorrenza.
Comunque, può considerarsi ormai un dato acquisito, che le
limitazioni imposte al franchisee e volte a preservare il valore economico
del know-how trasferito, evitando che ne beneficino, direttamente o
indirettamente, i concorrenti, devono ritenersi lecite.
101
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il problema della protezione del know-how si fa più delicato e
complesso con riferimento al momento della cessazione del rapporto, ed
all’epoca successiva.
Mentre per i segni distintivi non c’è alcun dubbio che, col venir
meno della licenza connessa al rapporto di franchising cessi ogni e
qualsiasi diritto del licenziatario di continuare l’utilizzazione sotto
qualsiasi forma, nel caso del know-how18, può risultare difficoltoso
definire i contorni del divieto di utilizzazione da parte dell’ex-franchisee,
dopo la cessazione del contratto. Potrebbe, infatti, sostenersi che, una
volta che il franchisee abbia legittimamente conoscenza del know-how,
pagandone il corrispettivo, esso sia entrato a far parte del patrimonio del
franchisee stesso, e pertanto nessuno potrebbe impedirgli di utilizzarlo.
Tuttavia, se si ammette, come non pare dubbio, anche alla luce del
Regolamento comunitario di esenzione per categoria, ed ancora del
recente Regolamento comunitario di esenzione per categoria degli
accordi di trasferimento di tecnologia, la possibilità di una licenza di
know-how, se ne dovrà dedurre che il licenziatario non potrà utilizzare le
conoscenze acquisite, al di fuori dei limiti, oggettivi e temporali, fissati
contrattualmente.
Del resto, che la trasmissione del know-how nell’ambito del
rapporto di franchising avvenga a titolo di licenza e non di cessione, non
pare discutibile. In primo luogo, il franchisee è tenuto al pagamento delle
royalty per tutta la durata del rapporto; ma soprattutto, il franchisee è
tenuto a sottoporsi, oltre che all’obbligo di segretezza (il quale, di per sé,
18
Cfr.: F. BORTOLOTTI, La tutela del know-how nell’ordinamento italiano, in Dir. Econ., 1970,
p.549.
102
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
introduce un divieto di disposizione incompatibile con l’esistenza di
posizioni dominicali sul know-how, in capo al franchisee), ai controlli
del franchisor quanto alla corretta implementazione del know-how.
L’unica eccezione alla persistenza del divieto di divulgazione e
ulteriore utilizzazione del know-how dopo la cessazione del rapporto, è
rappresentata dal caso che nel frattempo le conoscenza oggetto del
know-how siano diventate di pubblico dominio; in questa ipotesi, il
licenziante
non
potrà
pretendere,
dal
licenziatario,
alcuna
“autolimitazione”. Nella legislazione vigente, tuttavia, la protezione del
know-how, anche dopo la cessazione del contratto, è ulteriormente
garantita dall’art. 6-bis, r.d. 29 giugno 1939, n. 198, recante
“adeguamenti della legislazione interna in materia di proprietà
industriale alle prescrizioni obbligatorie dell’accordo relativo agli aspetti
dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il commercio. Uruguay
Round.” (si tratta dei cosiddetti TRIPs, accordi internazionali siglati dal
nostro Paese in ambito World Trade Organisation – WTO).
Tutela dell’ “immagine commerciale” del franchisor. Ai diritti di
proprietà industriale, oggetto del contratto di franchising, è assimilabile
la cosiddetta “immagine commerciale” della rete in franchising, concetto
solo parzialmente coincidente, in quanto più ampio, con quello
tradizionale di “avviamento”, che intende esprimere il prestigio e la
fiducia dei quali ciascun sistema in franchising gode presso il pubblico
dei consumatori, in quanto essa non rappresenta che il risultato
dell’impiego strumentale dei menzionati beni immateriali nell’ambito di
un’attività d’impresa.
103
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il frutto dell’esercizio, da parte di franchisor e franchisee, dei diritti
su beni immateriali del franchisor, e delle facoltà ad essi inerenti, è
rappresentato, appunto, dall’ “immagine commerciale” della rete in
franchising, che costituisce il principale elemento di valore e fonte di
potenziale espansione della rete stessa.
L’importanza
dell’immagine
commerciale
della
catena
in
franchising, ovvero del prestigio e della stima di cui questa gode presso
il pubblico, è evidente. L’immagine commerciale rappresenta il “valore
aggiunto” creato dall’opera coordinata di franchisor e franchisee
nell’applicare i metodi commerciali su cui si fonda la rete; si potrebbe
dire che essa è il risultato dell’impiego comune di know-how e segni
distintivi, i quali, proprio in virtù di questo impiego comune,
raggiungono un’efficacia presso il pubblico assai maggiore rispetto a
quella che sarebbe derivata dall’uso individuale da parte di ciascun
imprenditore.
L’immagine commerciale è, inoltre, il primo dei fattori di
espansione della catena (in quanto funge da collettore di possibili futuri
franchisee, attratti dal successo già raggiunto dagli altri aderenti). È
quindi del tutto chiaro il valore che tale immagine riveste per il
franchisor, così come evidente è la simmetrica gravità del danno che il
comportamento del franchisee, tale da ledere la reputazione della rete,
riveste. Ciò spiega perché nei contratti sia assai frequente l’inserimento
di clausole risolutive espresse, che assicurino lo scioglimento del
rapporto nel caso in cui il franchisee non adempia ad obblighi
104
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
contrattuali essenziali per proteggere la reputazione della rete; ancora,
tali clausole sono assai spesso accompagnate dalla previsione di penali.
Le decisioni giudiziaria in tema di responsabilità del franchisee
inadempiente per danno all’immagine commerciale del franchisor sono
assai rare. Il Tribunale di Milano, in una pronuncia del 199419, adito da
un franchisor per ottenere, tra l’altro, il risarcimento dei danni
all’immagine commerciale causatigli da un franchisee inadempiente
all’obbligo di rispettare gli standard contrattuali nella prestazione al
pubblico del servizio fornito in franchising, ha stabilito che non è
sufficiente per il franchisor dare la prova dell’inadempimento, ma
occorre inoltre provare che da questo sono derivati i danni di cui si
chiede il risarcimento.
11. Rilevanza contrattuale del c.d. segreto di impresa: obbligo di
segretezza, previsto in genere solo a carico del franchisee, ma
talvolta anche del franchisor, inteso come effetto naturale dei
contratti di trasferimento di tecnologie.
Le parti, con riferimento alla trasmissione di tale complesso di
conoscenze tecniche prevedono un vincolo di segretezza particolarmente
intenso, alla cui violazione è connessa, a volte, l’automatica risoluzione
del contratto20.
Tale obbligo viene, in genere, previsto solo a carico del franchisee,
ma non mancano contratti, soprattutto nel settore del franchising
19
Cfr.: Tribunale di Milano, 23 Novembre 1994, A. B. Sportsman Club S.r.L. c. Squash Vico S.r.L., in
Giur. it, 1996, I, 2, 382, (nota CIPRIANI, Sul danno dell’immagine del “franchisor”).
20
Cfr.: A. FRIGNANI, voce Segreti di impresa, in Noviss. Dig. It., App., VIII, Torino, 1987, p.12.
105
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
produttivo, che prevedono un uguale e corrispondente obbligo di
segretezza a carico del franchisor.
La previsione costante di un obbligo di segretezza, sia esso di
natura commerciale che industriale, induce a ritenere che si tratti di un
effetto naturale dei contratti di trasferimento di tecnologie.
Il “segreto industriale” viene inteso come quel segreto avente ad
oggetto conoscenze di carattere tecnico riguardanti l’attuazione di un
processo industriale che, sia per i risultati che consentono di ottenere, sia
per il loro carattere segreto o riservato, contribuiscono ad accrescere la
capacità concorrenziale dell’impresa che ne dispone.
Occorre, però, distinguere tra il segreto riguardante tecniche
brevettabili, che di per sé viene disciplinato da norme giuridiche che
trovano piena applicazione anche nello schema di franchising, e segreto
riguardante tecniche non brevettabili, rispetto al quale l’esigenza di
tutela va mitigata dalla necessità che conoscenze inerenti a processi
tecnico-produttivi non siano escluse da un’applicazione diffusa e
meritevole di considerazione.
La nozione di “segreto commerciale”, assai estesa e frequente nel
sistema distributivo, intende riferirsi a tutte quelle conoscenze che si
traducono in regole di condotta derivanti dall’esperienza nella gestione
imprenditoriale, attinente al settore organizzativo e commerciale.
Come si può notare, l’impresa funge da elemento essenziale ed
unificante per l’analisi giuridica dei segreti: essi sono creati
nell’esercizio di un’impresa (elemento causale), servono all’esercizio
della stessa (elemento teleologico), fanno capo all’imprenditore
106
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
(elemento soggettivo), fanno parte del patrimonio aziendale (elemento
oggettivo); in sostanza, il segreto costituisce una delle modalità
attraverso cui l’imprenditore decide di sfruttare economicamente
conoscenze che sono risultato dell’investimento nell’impresa.
La linea da seguire non risiede nell’impedire in modo assoluto che
altri utilizzino conoscenze cui siano pervenuti in modo lecito (autonoma
ricerca o reserve engineering), ma solo che non ci si appropri
illecitamente dei risultati del lavoro (e degli investimenti) altrui.
La tutela del segreto ha natura relativa, nel senso che i poteri in cui
essa si sostanzia non possono che rivolgersi verso una ristretta ricerca di
persone, oppure, in un significato più specifico, che essa possa trovar
luogo e fondamento solo nell’ambito di rapporti obbligatori: che possa,
in sostanza esser fatta valere solo nei confronti di persone tenute al
rispetto del segreto in virtù di rapporti contrattuali. Inoltre, i patti di non
divulgazione dei segreti dovranno avere un limite temporale, geografico
e di settore di attività, ed è chiaro che nel franchising, essendo di fronte
ad ancillany restraints, la limitazione temporale del patto non esiste più,
in quanto può estendersi per l’intera durata del contratto principale.
La violazione dell’obbligo di non divulgazione da parte del
franchisee costituisce, allora, vero e proprio inadempimento contrattuale,
la cui sanzione più appropriata risiede nella risoluzione del vincolo.
Ben più articolata e complessa è, invece, l’ipotesi di una violazione
del segreto al di fuori del rapporto collaborativo, rispetto alla quale
bisogne chiedersi se sia concepibile in astratto una protezione che
permetta di pretendere il rispetto del segreto e dell’esclusività anche da
107
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
terzi, che abbiano ricevuto le conoscenze direttamente o indirettamente
dal legittimo utilizzatore.
Evidentemente
la
fattispecie
è
qualificata
da
un
illecito
comportamento del terzo, che potrebbe concorrere con la negligenza
dell’utilizzatore. Il quadro appena delineato induce a ritenere che la
disciplina della responsabilità civile possa risolvere gran parte dei
problemi. Invero, sotto particolari aspetti, le conoscenze protette per
mezzo del segreto possono essere considerate dei beni giuridici, rispetto
ai quali si afferma una nozione di appartenenza, che nel diritto
nordamericano viene risolta alla luce dell’applicazione della disciplina
della property, in cui si può ritrovare la chiave interpretativa della tutela
nei confronti dei terzi. Questa soluzione si attaglia all’ipotesi in cui il
terzo venga in possesso, usando comportamenti illeciti, di conoscenze
trasmesse al franchisee nel corso del rapporto. Ciò non esclude, però,
l’applicazione dei principi di cui all’art. 1218 c.c. da parte del franchisor,
quando il franchisee, con la sua negligenza abbia permesso
l’appropriazione dei segreti da parte dei terzi ed abbia facilitato la loro
diffusione.
Molto più articolata e complessa è l’ipotesi di valutazione del
segreto alla fine del rapporto, rispetto alla quale bisogna premettere una
valutazione di ordine generale: la previsione di obblighi di segretezza
illimitati nel tempo contraddice le ragioni di salvaguardia della libertà
d’impresa oltre che la disciplina antitrust.
Innanzitutto, è quasi impossibile distinguere le conoscenze di
carattere oggettivo appartenenti al franchisor, rispetto a quelle che
108
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
formano il bagaglio di conoscenze e capacità imprenditoriali del
franchisee. In sostanza, il divieto di comunicare o rendere note le prime,
finirebbe per coinvolgere anche le seconde, con la conseguenza che
l’esperienza produttiva o commerciale risulterebbe non utilizzabile per
una delle parti del cessato rapporto di franchising.
In merito, seppure sotto un altro profilo, la dottrina tedesca ha
riconosciuto che un obbligo pieno ed illimitato del segreto viene
contraddetto proprio dall’impossibilità di separare conoscenze oggettive
e capacità soggettive dell’utilizzatore. Potrebbe ritenersi, cioè, che
l’obbligo di rispettare il segreto anche dopo la fuoriuscita dell’impresa
dal sistema integrato, precluderebbe la possibilità di utilizzare
completamente e ai migliori risultati, tutto il complesso di tecniche
raggiunto e maturato nel corso del rapporto.
Si può, quindi, ritenere che il patto di non divulgare il segreto debba
essere rigorosamente limitato nel tempo, assumendo come propri i
requisiti del patto di non concorrenza di cui all’art. 2557 c.c. Così, di
conseguenza, in presenza di un’ipotesi contrattuale di tal fatta,
allorquando il franchisee comunichi a terzi (concorrenti dell’affiliante) i
risultati tecnici acquisiti nel corso del rapporto, si potrebbero
immediatamente e direttamente richiamare le norme che puniscono i
comportamenti di concorrenza sleale.
Naturalmente, la premessa necessaria, è che le parti individuino
quelle conoscenze, particolarmente qualificate, che dovranno essere
ricoperte dal segreto. Da questo punto di vista, soprattutto nel
franchising di servizi, le parti distinguono tra “servizi per l’avviamento
109
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
dell’esercizio”, destinati ad avere carattere temporaneo e consistenti
nello studio dell’assistenza per la scelta dei servizi più idonei alle
esigenze del mercato, e “servizi per la gestione dell’esercizio”,
comprensivi delle conoscenze tecniche necessarie per un’ottimale
politica di gestione: i primi non sono ricoperti dall’obbligo di segretezza,
mentre i secondi sono oggetto del predetto obbligo.
12. La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei
consumatori.
Passando ora ad esaminare i problemi relativi alla fine del rapporto
contrattuale, è necessario premettere una serie di osservazioni che
consentano di valutare il concreto atteggiarsi del franchising nei
confronti dei consumatori.
In proposito, bisogna ricordare che, spesso, nei conflitti tra
imprenditori di diverse dimensioni, la mistica della tutela del contraente
più debole, quale potrebbe essere il franchisee, finisce per oscurare sia
l’esigenza di un corretto funzionamento del mercato, che quella, ben più
ampia ed articolata, della protezione dei consumatori21.
Il franchising, essendo una tecnica distributiva, coinvolge
inevitabilmente i consumatori finali di beni e di servizi.
Con ciò non si vuole aderire a quelle argomentazioni che, nel caso
di una tutela particolarmente intensa del franchisee, hanno ritenuto che
quest’ultimo
21
si
trasformasse
in
una
specie
di
“impiegato
Cfr.: E. ZANELLI, Il franchising , in Annali della Fac. di Giur. della Fac. di Genova, Milano, 1977,
p.1129.
110
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
dell’amministrazione statale” con un perpetuo diritto di godimento
virtualmente assicuratogli.
Sembra corretto, invece, ritenere che gli ostacoli frapposti
all’efficienza
allocativa,
inerenti
ad
un’eccessiva
e
forzata
stabilizzazione del franchisee, finirebbero per ritorcersi proprio a danno
dei consumatori. Anzi, la regolamentazione del sistema distributivo è
subito apparsa come uno strumento utilizzabile in via indiretta o mediata
per la creazione di strumenti giuridici a favore dei consumatori e delle
loro esigenze. Accedere ad una delle precedenti impostazioni significa
dimenticare che la disciplina contrattuale predisposta dalle parti mira,
naturalmente,
a
tutelare
più
il
corretto
funzionamento
della
collaborazione imprenditoriale che gli interessi del consumatore.
Il problema è se si possa enucleare o meno la possibilità di un
controllo dei consumatori sulle clausole dei contratti di fornitura.
Ebbene, tranne l’ipotesi della previsione di un prezzo al pubblico
contrario a quello determinato dalla legge, non si vede alcuna possibilità
reale e concreta di controllo. La giustificazione di tale ultimo intervento,
peraltro, non risiede neppure nella logica del contratto di distribuzione,
ma in quella più vasta ed articolata delineata dall’art. 1339 c.c.
Non si può, allora, che richiamare la nozione di “interessi diffusi”
dei consumatori, intesa in un’accezione sufficientemente ampia di
interessi pertinenti ad un gruppo, anche se non omogeneo, di soggetti.
Tali interessi vengono presi in considerazione non ai fini di
un’immediata tutela giudiziaria, ma come criteri-guida, alla stregua di
111
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
principi generali inerenti l’interpretazione del contratto, in relazione a
quelle clausole che specificamente disciplinano il fenomeno interruttivo.
Tale complesso di interessi, allora, potrà essere preso in
considerazione
come
termine
di
riferimento
per
un
corretto
funzionamento del mercato, in cui il criterio di comparazione non è dato
dal profitto imprenditoriale ma dal rapporto di massimazione del
profitto-utilità-sociale. Si recupera, in tal modo, la frattura venutasi a
creare col tempo tra il problema complessivo riguardante gli effetti delle
scelte imprenditoriali e l’aspetto settoriale della tutela del consumatore.
La tutela di un corretto funzionamento del mercato in tema di
franchising, potrebbe
concretarsi
nell’interesse
del
consumatore
all’acquisto di prodotti con particolari caratteristiche e nell’aspettativa a
vedersi garantito da una rete di assistenza specializzata.
Questa tutela dell’ “affidamento sul prodotto” non può evidenziarsi
di fronte a contratti di franchising con termine di scadenza a breve,
rispetto ai quali viene a mancare la convinzione secondo la quale il
franchisee distribuisce stabilmente o con certa continuità un bene dotato
di particolari caratteristiche commerciali. Al contrario, un contratto a
tempo indeterminato o a termine sufficientemente lungo, insieme ad altri
elementi, potrebbe far rilevare agli occhi del consumatore una situazione
di “coincidenza” o “omogeneità” tra franchisor e franchisee, che
verrebbe ad essere spezzata solo se il recesso fosse assistito da particolari
caratteristiche pubblicitarie e di congruità temporale.
In questa ipotesi, il possibile operato del giudice non avrebbe la
funzione di sostegno o di sussidio dell’autonomia privata, secondo una
112
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
logica solidale a scelte già effettuate dai contraenti, ma opererebbe alla
luce di valutazioni riportabili nello schema dell’ordine pubblico
economico, col vaglio di quelle clausole contrattuali tendenti a ridurre la
“sicurezza” distributiva a danno dei consumatori.
L’interesse dei consumatori trova, inoltre, un’immediata possibilità
applicativa proprio con riferimento alle vicende successive alla fine del
rapporto, specie con riguardo al possibile utilizzo da parte del franchisee
dei segni distintivi del franchisor.
Nel nostro ordinamento, la protezione del marchio e la tutela contro
gli atti di concorrenza sleale sono entrambe disposte a favore degli
imprenditori: i consumatori, quando vengono menzionati nelle leggi di
proprietà industriale, lo sono non in quanto portatori di un diritto proprio,
ma come titolari di una posizione di privacy, di un diritto a non essere
molestati da un uso contraffatto del marchio.
All’interesse dei consumatori a non essere tratti in inganno dalla
presenza di marchi confondibili, l’ordinamento non appresta quella tutela
immediata e diretta che è, invece, accordata al titolare del segno e che sul
piano processuale si manifesta nella legittimazione ad agire in
contraffazione.
La problematica coincide con l’interesse del concedente a non
veder utilizzati i propri segni distintivi, oltre i limiti desumibili dall’atto
del conferimento. Così, ad esempio, l’utilizzo del marchio del franchisor
per un periodo ben determinato successivo all’interruzione del vincolo,
concreta un’utilizzazione atipica, volta ad indicare al pubblico che il
113
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
franchisee distribuisce ancora certi prodotti o fornisce certi servizi di
quel determinato Markenartikel.
Così, gli ordinamenti che hanno approntato strumenti a tutela dei
consumatori ritengono indisponibili gli interessi degli stessi e pertanto,
qualsiasi accordo contrattuale tra franchisor e franchisee tendente ad
eliminare, ridurre o spostare obblighi che la legge pone a carico dell’uno
o dell’altro o di entrambi i soggetti, a tutela dei consumatori, se non vizia
l’intero contratto, sarà almeno privo di efficacia e come non apposto.
Questo vale per tutta la disciplina in materia di responsabilità
oggettiva del produttore, per quella attinente alla vendita a domicilio, per
la disciplina della pubblicità ingannevole o falsa.
La
legittima
preoccupazione
dei
franchisor
di
affermare
l’autonomia giuridica dei franchisee può essere dettata, inter alia, dalla
volontà di evitare di essere ritenuti responsabili ex contractu dai
consumatori per atti e comportamenti riferibili ai franchisee. Infatti,
attraverso la tecnica del franchising, si frappone una barriera giuridica
all’instaurazione di un rapporto contrattuale diretto fra produttore e
consumatore.
Tale esigenza, unita a quella di meglio informare i consumatori,
contribuendo, così, a garantire loro una congrua parte dei risultati che
attraverso il franchising si possono ottenere, è fatta propria dal
Regolamento CEE n. 4087/88.
Al n. 12 viene, infatti, affermata la necessità di prescrivere che
l’affiliato «debba essere tenuto ad indicare la sua qualità di impresa
commerciale indipendente con qualsiasi mezzo adeguato, che non metta
114
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
a repentaglio l’identità comune della rete in franchising…». Tale
indicazione diviene, per l’art. 4 lett. c, elemento essenziale per
l’applicazione dell’esenzione per categoria.
A questo proposito, si deve, però, osservare che la particolare
tecnica del franchising, implicante un alto grado di integrazione dei
franchisee nell’orbita dei franchisor, tanto è vero che alcuni parlano di
“imprese satelliti”, può indurre nel consumatore, anche di media
diligenza, la convinzione di trattare con un’impresa appartenente al
franchisor. Verificandosi tale ipotesi, può diventar più difficile per il
franchisor sottrarsi a qualsiasi tipo di responsabilità nei confronti del
consumatore.
Perciò, sarà opportuno che il franchisor ottenga contrattualmente
manleva dai franchisee per eventuali azioni dei consumatori in relazione
ad atti o comportamenti riferibili all’affiliato. Per altro verso, non pare
giustificabile il rifiuto del franchisor di tenere indenne i franchisee da
azioni per vizi dei beni venduti, quando per questi c’è l’obbligo di
approvvigionamento esclusivo, in particolare quando si tratti di vizi non
facilmente riconoscibili.
13. La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei
contraenti.
Già da tempo la dottrina ha sottolineato per i contratti di durata
l’influenza di considerazioni di ordine economico oltre che giuridico.
115
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
La previsione di una scadenza contrattuale trova giustificazione in
due circostanze: la possibilità che il mancato rinnovo, insieme alla
limitata durata, costituisca uno stimolo all’attività del franchisee; la
previsione della scadenza come occasione per rinegoziare il contenuto
dell’atto22.
Allorquando il contratto sia a tempo determinato, le parti, in
generale, prevedono che, prima della scadenza, il rapporto non possa
essere interrotto anticipatamente se non per “giusta causa”, in parte
richiamando alcune disposizioni in tema di somministrazione. Non solo,
ma alcuni codici deontologici indicano termini congrui per la scadenza
del contratto, corrispondenti agli interessi delle parti ad un corretto
sviluppo dello strumento di affiliazione.
In effetti, la possibilità che le parti stabiliscano il termine di
scadenza del contratto, esaurisce ogni problematica, se si escludono le
interessanti tracce fornite da certa dottrina tedesca che, di fronte ad una
pluralità successiva di contratti a tempo determinato con identico
contenuto e medesimi contraenti, ha intravisto l’esistenza di un contratto
a tempo indeterminato.
Del resto, già qualche ordinamento, come quello belga che ha
disciplinato alcuni profili del fenomeno con la l. 13 aprile 1971, prevede
espressamente
la
trasformazione
a
tempo
indeterminato
della
concessione di vendita a tempo determinato, rinnovata già due volte
senza modificazione alcuna del contenuto contrattuale.
22
Cfr.: A. FRIGNANI, Quando il giudice ordina la prosecuzione di un rapporto di franchising, in
Giur. It., 1985, I, 2, c.712.
116
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Nei contratti di durata privi, invece, di un termine finale, si ritiene,
in generale, che l’attribuzione del potere di recesso soddisfi l’esigenza di
apprestare un mezzo di integrazione del regolamento contrattuale: il
contraente, esercitando tale potere, altro non farebbe se non apporre il
termine finale sino a quel momento mancante. In questa prospettiva,
l’attribuzione (legale) del potere di recedere viene configurata come
strumento di reazione contro una regola negoziale che l’ordinamento
disapprova, piuttosto che come ausilio dell’autonomia dei privati.
Da opposta angolazione, invece, quando le parti prevedono il potere
di recedere unilateralmente, si rappresentano l’eventualità che in una di
loro maturi in futuro una valutazione di merito circa la convenienza del
regolamento contrattuale.
Il nostro ordinamento prevede, in genere, dei limiti in
considerazione di quei contratti ad esecuzione continuata per i quali
viene prescritta una durata minima, per cui, può legittimamente
affermarsi una certa inderogabilità delle disposizioni in tema di durata.
In altre fattispecie, il recesso ad nutum viene subordinato alla
verifica di determinate circostanze (si fa l’esempio degli artt. 2518 n. 8 e
2603 n. 6 c.c.), oppure si vieta alle parti di stabilire ipotesi di recesso
diverse da quelle già assicurate dalla legge (si fa l’esempio dell’art. 2437
c.c.). Altre volte, invece, l’esercizio del diritto viene subordinato al
rispetto di certi termini, ritenuti essenziali al soddisfacimento o alla
realizzazione degli interessi di una parte (si fa l’esempio dell’agenzia o
della stessa somministrazione).
117
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
In merito, i tentativi di applicare al franchising norme nate per il
contratto di locazione o per quello di lavoro, specie per quanto attiene la
fase conclusiva del rapporto, non possono trovare tutela del franchisee,
di fronte ad illegittimi rifiuti di fornitura della merce. La soluzione di
problemi residuali che possono sfuggire all’obbligo di contrarre
riconosciuto in capo al franchisor per prestazioni specifiche e
determinate, potrebbe essere ricollegata alla violazione del criterio
generale di correttezza nello svolgimento dell’attività.
14. Scioglimento del rapporto – Risoluzione, scadenza, mancato
rinnovo del contratto – La durata del contratto e gli obblighi
successivi allo scioglimento del contratto.
Le caratteristiche del franchising (la durata, l’effettuazione di
investimenti anche notevoli, l’esclusiva etc.) postulano una peculiare
considerazione circa il momento terminale dello stesso.
Partendo dalla considerazione che, delle due parti, il franchisor è ,
normalmente, il più forte, si può verificare in concreto che, in caso di
buoni profitti, quest’ultimo cerchi di modificare a suo favore alcune
clausole contrattuali, oppure, addirittura, di rilevare l’azienda del
franchisee; se gli affari procedono tutt’altro che positivamente, di
scaricare sul franchisee ogni responsabilità non rinnovandogli il
contratto oppure invocando pretestuosi motivi di risoluzione anticipata
dello stesso23.
23
Cfr.: G. GABRIELLI, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, nei Quad. di Giur. comm., Milano,
1985, p.13 e ss.
118
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Ma, pur respingendo la “mistica del contraente più debole” rimane
comunque l’esigenza di offrire una tutela nei casi in cui il mancato
rinnovo o il recesso ad nutum abbiano, secondo il comune sentire, sapore
di iniquità. Occorre esplorare quali norme giuridiche si possano invocare
e, per poter fare ciò, quali interessi del franchisee siano degni di tutela.
Questi ultimi sono comunemente individuati, da un lato, nel recupero
degli investimenti fissi, dall’altro, nel recupero del capitale circolante e
delle spese generali, ed infine dell’avviamento. È, comunque,
problematica, in Italia, l’individuazione delle norme applicabili per la
tutela del contraente più debole di fronte ad atteggiamenti vessatori del
franchisor, tanto è vero che la giurisprudenza, pur nel lodevole tentativo
di raggiungere un simile risultato, ha percorso strade non sempre
corrette. Per esempio, quando si è detto che il contratto di franchising ad
altro non serve se non a mascherare un rapporto di agenzia con la
conseguente applicazione dell’art. 409, n. 3 c.p.c. (nella versione dettata
dalla L. 11 agosto 1973, n. 533), si è data una tutela alla parte più debole,
ma usando gli strumenti sbagliati, perché se la suddetta assimilazione
può essere asserita in qualche caso concreto, sul piano teorico e
concettuale la differenziazione tra rapporto di agenzia e rapporto di
franchising è netta e precisa24.
Comunque, altri dovrebbero essere gli strumenti giuridici per
tutelare quella delle due parti che è ritenuta più debole, senza modificare
la natura del contratto di franchising, che postula l’indipendenza del
franchisee.
24
Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , cit. p.80
119
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Si dovrebbero tenere, inoltre, distinte le ipotesi di franchising a
tempo determinato da quelle di un contratto a tempo indeterminato. Nel
primo caso, suddistinguiamo ancora: a) mancato rinnovo del contratto
alla scadenza; b) risoluzione del contratto prima della scadenza:
a) proprio per l’indipendenza delle parti, non si ritiene esista un
diritto del franchisee a vedersi rinnovato il contratto una volta
giunto alla scadenza. In proposito, è utile uno sguardo
comparatistico al diritto statunitense. La maggioranza degli Stati
dell’Unione ha ormai approvato dei Franchise Acts di
applicazione generale oppure relativi a settori particolari, nei
quali la necessità di una causa “buona” (o “giusta” o
“ragionevole”) è richiesta per il mancato rinnovo del contratto.
Tuttavia, non si è ancora giunti ad una generale stabilizzazione
del contratto, anche perché il concetto di good cause è molto
ampio. La difficoltà di arrivare ad una stabilizzazione del
contratto di franchising è dimostrata anche dall’esperienza
francese. Perciò, è giustificata la conclusione secondo la quale
anche in Italia, pur in assenza di norme specifiche, dovrebbe
ritenersi che, in considerazione degli investimenti fatti
dal
franchisee, dell’eventuale nuova clientela acquisita e dunque di
una legittima aspettativa alla continuazione del rapporto, il
mancato rinnovo, non supportato da un valido motivo, possa
urtare contro la norma di comportamento che si riporta ai canoni
della buona fede nell’esecuzione contrattuale, nel solco dell’art.
1375 c.c. A titolo di esempio, violerebbe tale regola il franchisor
120
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
che, durante le trattative per il rinnovo, successive alla
comunicazione della disdetta, approvasse o permettesse che il
franchisee faccia nuovi investimenti, nel presupposto del
rinnovo del contratto, per il quale si richiedono nuove condizioni
troppo onerose perché il franchisee le possa accettare;
b) gli stessi temperamenti al principi alla libera determinazione
delle parti circa la disciplina del loro regolamento contrattuale
dovrebbero essere impiegati dai giudici per quanto concerne la
rottura ante tempus di un contratto di franchising. È chiaro,
infatti, che per applicare al caso di specie la disciplina degli artt.
1453 - 1462 c.c. sarà necessario un attento esame circa la
presenza del requisito dell’art. 1455 c.c. alla luce del contesto
concreto nel quale si sviluppa il rapporto di franchising; così
dovrà essere non solo per l’importanza dell’inadempimento, ma
anche per altre cause, ad esempio, quelle basate sull’intuitus
personae (sostituzione nella persona fisica del franchisee,
cambiamento nella compagine sociale dell’impresa dello stesso,
peggioramento
delle
condizioni
finanziarie,
procedure
fallimentari etc).
c) condizioni non dissimili valgono quando il contratto sia a tempo
indeterminato (si tratta peraltro di ipotesi molto rare, perché
contrarie agli interessi sia del franchisor che del franchisee): la
minaccia del recesso ad nutum (del franchisor) costituisce,
infatti, una perenne spada di Damocle sulla testa del franchisee,
il quale sarà indotto a dare esecuzione a clausole o ad accettare
121
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
nuove condizioni per lui anche assai pesanti. In linea di
principio, deve ritenersi non superato il diritto di ciascuna delle
parti di porre termine al contratto, anche se, qualora l’iniziativa
parta dal franchisor, i giudici tendono a riconoscere al franchisee
la necessità del congruo preavviso, l’osservanza del principio di
buona fede, la mancanza di un abuso del diritto.
Nel franchising, come in tutti i contratti di durata, è ammissibile il
recesso ad nutum se la durata del contratto non è determinata. In linea
teorica, l’effetto della dichiarazione recettizia di recesso potrebbe essere
immediato; tuttavia, per i contratti d’impresa, si va imponendo un
principio diverso, e cioè, la necessità di un certo lasso di tempo tra la
dichiarazione ed i suoi effetti, a tutela di una sola o, più spesso, di
ambedue le parti.
Già ne esiste traccia nel cod. civ.; l’art. 1569 stabilisce, infatti, la
regola del preavviso, da determinarsi con tre criteri graduati: volontà
delle parti, usi oppure congruità. Una conferma in tal senso viene poi
dall’art. 1725, 2° comma in tema di mandato.
Si può, dunque, concludere che, nonostante l’inequivoca tendenza
protezionistica, soprattutto ad opera di una giurisprudenza pretorile, non
sia stato ancora riconosciuto un diritto al rinnovo del contratto.
La risoluzione per inadempimento del contratto di franchising è
governata, in assenza di norme specifiche, dalle disposizioni generali di
cui all’art. 1453 e ss., cod. civ.
In relazione a tale disciplina, il problema di maggiore momento
riguarda i limiti alla facoltà della parte adempiente di chiedere la
122
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
risoluzione del contratto, per inadempimenti dell’altra parte, imposti
dall’art. 1455, cod. civ., ai sensi del quale il contratto non può essere
risolto “se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza,
avuto riguardo all’interesse dell’altra”.
Nel caso di contratto di franchising, che impone ad ambedue le parti
numerose quanto svariate obbligazioni, ciascuna delle quali svolge una
differente funzione nell’ambito dell’economia del contratto, ci si deve
domandare l’inadempimento di quali obbligazioni possa essere
considerato di importanza sufficiente per condurre all’immediata
risoluzione del contratto.
Dal punto di vista economico, la risoluzione di un contratto di
franchising prima della sua naturale scadenza pone problemi non
indifferenti: sia per il franchisee, che si trova in condizione di non poter
ulteriormente sfruttare gli investimenti effettuati per predisporre e
svolgere l’attività in franchising, sia per il franchisor, che da un lato
subisce l’inevitabile danno all’immagine che consegue alla chiusura di
ciascun punto vendita, e dall’altro, si trova a non più dell’accesso al
mercato rappresentato dal punto vendita oggetto del contratto risolto.
In relazione all’entità degli interessi economici di ciascuna parte
coinvolti
nel
contratto,
può
sostenersi
che
“l’importanza”
dell’inadempimento al fine di giustificare la risoluzione del contratto
deve essere valutata con particolare attenzione.
In giurisprudenza, le pronunce sul tema sono tutt’altro che
numerose.
123
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
Il Tribunale di Milano25, in due pronunce rese in sede cautelare,
entrambe relative al franchising Standa, ha ritenuto sufficiente a
giustificare la risoluzione del contratto il mancato pagamento, da parte
del franchisee, di rilevanti partite di merce. Tuttavia, in ambedue i casi, e
come assai frequentemente avviene nella prassi, i contratti contenevano
clausole risolutive espresse, che disciplinavano la patologia verificatasi.
Ci pare, invece, alquanto dubbio che, in linea generale, possa
considerarsi sufficiente a condurre alla risoluzione del contratto il solo
sporadico inadempimento da parte del franchisee ad obbligazioni
pecuniarie, a meno che non sia prevista una clausola risolutiva espressa.
Analogo problema si pone in relazione agli obblighi di fare e di non
fare imposti al franchisee: tali obblighi sono per la maggior parte
strettamente
connessi
alla
tutela
dell’uniformità
della
rete
e
dell’immagine commerciale del franchisor.
Potrebbe, perciò, sostenersi che anche un inadempimento sporadico
ad uno di simili obblighi sia in grado di condurre alla risoluzione del
contratto. In realtà, una simile conclusione non può essere raggiunta in
via assoluta e generale, ma occorre esaminare caso per caso, tenendo
conto soprattutto della natura della franchise oggetto del contratto, se
l’importanza dell’economia del contratto della specifica obbligazione
violata, insieme all’entità della violazione, siano tali da giustificare la
risoluzione del contratto.
Soprattutto, in caso di inadempimento occasionale da parte del
franchisee, può essere necessario tener conto del fatto che la dispersione
25
Cfr.: Tribunale di Milano, 30 Aprile 1982, Soc. Standa c. Soc. Arcobaleno Market, in Foro it., 1982,
I, 2042.
124
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
di investimento che la risoluzione comporterebbe a suo danno potrebbe
essere
sproporzionata
rispetto
all’entità
del
pregiudizio
che
l’inadempimento, nel caso concreto, ha arrecato all’immagine della rete
in franchising.
Un esempio di tale valutazione ci viene fornito dalla decisione della
Corte d’Appello di Milano26 nel caso Unali c. S.E.M., relativo alla
violazione
dell’obbligo
di
esclusiva.
La
Corte
ha
concluso,
principalmente sulla base dell’analisi del testo contrattuale, dal quale ha
potuto trarre la prova della rilevanza attribuita all’esclusiva nell’ambito
della causa del contratto, nel senso della sufficienza della violazione
dell’obbligo di acquisto esclusivo in capo al franchisee per giustificare la
risoluzione del contratto medesimo. Lo stretto rapporto esistente tra
obbligo di acquisto esclusivo del franchisee ed immagine della rete,
insieme alla fondamentale funzione svolta dal medesimo obbligo
nell’evitare che prodotti di terzi si avvantaggino dell’esposizione e della
distribuzione presso punti venduta in franchising: per questi motivi la
decisione della Corte d’Appello appare condivisibile.
Il problema dell’importanza dell’inadempimento in relazione alla
risoluzione del contratto si pone anche in relazione ai possibili
inadempimenti del franchisor. Benché non esista praticamente casistica
in materia, si può sostenere che senz’altro legittimino alla risoluzione gli
inadempimenti relativi alla trasmissione dei segni distintivi e del knowhow, così come quelli relativi agli obblighi di assistenza e
collaborazione, quando siano di entità tale da incidere sulla concreta
26
Cfr.: Corte d’Appello di Milano, 4 giugno 1996, Unali c. S.E.M. S.p.A., in Contratti, 1996, 585.
125
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
possibilità per il franchisee di svolgere la sua attività d’impresa secondo i
dettami ed in applicazione de know-how che caratterizzano la catena in
franchising.
L’indicazione della durata del contratto e delle possibilità di suo
rinnovo, o di recesso in caso di contratti a tempo indeterminato, non
dovrebbe porre particolari problemi di formulazione di clausole, tenendo
conto del fatto che occorre in ogni caso prevedere una durata congrua
rispetto al volume di investimenti richiesti inizialmente dall’affiliante e
ai tempi necessari di ammortamento che tali investimenti comportano.
Con riferimento alle clausole di durata del contratto, possono essere
altresì previste una serie di obbligazioni post-contratto che specifichino
quelle già inserite con riferimento agli obblighi di non concorrenza e di
restituzione di insegne, del Manuale, e di altri elementi concessi
all’affiliato in comodato con specificazione dei tempi necessari per la
restituzione, l’eventuale ripartizione di oneri derivanti da dette
restituzioni ed eventuali penali per ritardi in tali adempimenti da parte
dell’affiliato.
15. Profili fallimentari: scioglimento del rapporto contrattuale nel
caso di fallimento dell’affiliato.
Il contratto di franchising solitamente si preoccupa di sancire lo
scioglimento del rapporto nel caso di fallimento dell’affiliato.
Indipendentemente
dalla
regolamentazione
contrattuale
del
fallimento di una delle parti, si ritiene applicabile al franchising la
126
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
disciplina fallimentare prevista per il contratto di commissione (art. 78,
R.D. 16 marzo 1942, n. 267), con il relativo scioglimento del contratto al
momento della dichiarazione di fallimento di una delle parti.
La tesi dello scioglimento immediato si giustifica con la
considerazione che il franchising, di qualunque tipo esso sia, presuppone
una collaborazione ed integrazione tra l’impresa affiliante e quella
affiliata, basata sulla reciproca fiducia nelle rispettive qualità e capacità
imprenditoriali; tali condizioni, pertanto, rendono incompatibile la
prosecuzione del rapporto con il curatore fallimentare.
Pochissime sono le pronunce giurisprudenziali sul tema: da
segnalarsi, la sentenza del Trib. di Torino, 11 gennaio 1995, in Contratti,
1995, 597, con nota critica di A. Frignani, che, contrariamente a quanto
testé esposto, ha ritenuto applicabile, in caso di fallimento dell’affiliante,
l’art. 74, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, con la possibilità per il curatore
fallimentare di subentrare nel contratto di franchising.
16. Tipicità o atipicità del franchising?
Non è agevole fornire una univoca risposta alla domanda sulla
tipicità o atipicità del franchising.
L’entrata in vigore del Regolamento 4087/88 ha indotto taluno a
sostenere che il contratto di franchising non sarebbe più innominato.
Peraltro, un simile orientamento non sembra del tutto condivisibile,
posto che, anche tenendo conto della diretta efficacia della disciplina
127
CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione
comunitaria, questa altro non contiene, che possa servire quale punto di
riferimento sul piano civilistico, se non la già ricordata definizione.
Nessuna norma positiva è prevista dal Regolamento, ovviamente,
che regoli il franchising sul piano civilistico, e la mera presenza di una
definizione non pare sufficiente a far passare il contratto atipico alla
condizione della tipicità, soprattutto ove si consideri che tale definizione
è caratterizzata dal fatto di essere stata “modellata” in relazione allo
scopo contingente di delimitare l’ambito di applicazione del divieto di
intese tra imprese restrittive della concorrenza contenuto nell’art. 85,
comma 1, Trattato CE, ed è perciò priva anche dell’intenzione di
precisare i contorni della figura contrattuale in quanto tale, ma solo come
intesa potenzialmente restrittiva della concorrenza.
128
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
CAPITOLO III
La disciplina del contratto di franchising
129
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
SOMMARIO: 1. La disciplina applicabile al contratto di franchising: in
particolare, richiamo alle disposizioni generali codicistiche che
disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano ed al Ddl
Senato 4 luglio 2000. – 2. Relazione Tavola Rotonda del 26/09/00 –
Incontro con Sviluppo Italia sul nuovo d.lgs. 185/00 per le agevolazioni
al settore del franchising. – 3. Relazione Tavola Rotonda del 18/09/01 –
Incontro sull’ipotesi di applicazione al franchising del G.E.I.E. e del
trust. – 4. I codice di autodisciplina ed in particolare il Codice
Deontologico dell’Assofranchising. – 5. Regolamento dell’Associazione
Italiana del Franchising (01/01/95 rev. in data 01/04/97). – 6. Dalla
Promofranchising alla Federazione Italiana del Franchising e del
Partenariato. – 7. Promofranchising: uno strumento della FIF. – 8. Il
Codice Deontologico Europeo e la sua forza esecutiva – Norme relative
alla pubblicità per il reclutamento – Relazione dei franchisee – Regole
relative al contratto. – 9. Regole sulla concorrenza – Restrizioni pattizie
alla concorrenza – Disciplina antitrust. – 10. Federazione Europea del
Franchising. – 11. Il caso Pronuptia.
130
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
1.
La disciplina applicabile al contratto di franchising: in
particolare, richiamo alle disposizioni generali codicistiche che
disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano ed
al Ddl Senato 4 luglio 20001.
Ancora dibattuto è il problema della disciplina applicabile al
contratto di franchising.
Problema, questo, che scaturisce dalla riconosciuta atipicità di tale
contratto, all’interno del quale si collocano una serie di prestazioni che
rappresentano l’oggetto tipico di altrettanti contratti (somministrazione,
licenza di marchio, di brevetto, know-how), e che si concreta nella scelta
se applicare analogicamente principi che regolano il contratto in generale
(artt. 1322 ss. c.c.) o, piuttosto, disposizioni previste per contratti affini
al franchising.
La prima soluzione, criticata dalla dottrina, in quanto insufficiente a
risolvere i problemi di “controllo” e soprattutto di “integrazione” della
volontà delle parti, muove dalla considerazione che la particolare
complessità sostanziale che caratterizza il franchising nell’ambito dei
contratti di distribuzione priva di sostanza il tentativo di assimilarlo
all’uno o all’altro dei contratti nominati.
Troppe e numerose sarebbero, infatti, le prestazioni suscettibili di
essere dedotte nell’affare e molti i segmenti dei rapporti tipici che si
prestano ad essere impiegati e combinati dalle parti per soddisfare i
rispettivi interessi economici; la disciplina del rapporto di franchising
andrebbe così piuttosto tratta dalle categorie generali del diritto dei
1
Cfr.: E. ZANELLI, Il franchising di fronte all’ordinamento italiano: spunti per un’indagine
comparatistica, in Riv. dir. ind., 1972, p. 249.
131
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
contratti, sia in funzione suppletiva, sia soprattutto ai fini di integrare e
controllare il regolamento pattizio. Il contratto di franchising, in forza
proprio di una norma di diritto positivo italiano e precisamente l’art.
1323 c.c. (“Tutti i contratti, ancorché non appartenenti ai tipi che hanno
una disciplina particolare, sono sottoposti alle norma generali contenute
in questo titolo” – cioè, massimamente, il Titolo II del Libro IV del
Codice civile) è sottoposto ad una generale regolamentazione giuridica
codicistica. Così, anche il contratto di franchising è sottoposto, oltre che
alla generale disciplina delle obbligazioni in generale racchiuse nel
Titolo I del Libro IV del Codice civile, a regole di legge derivanti dal
successivo Titolo II riguardanti i contratti in generale e che
comprendono, in primo luogo, l’esistenza di requisiti previsti dall’art.
1325 c.c. concernenti la presenza e la rappresentazione nel testo del
contratto di taluni elementi essenziali quali “l’accordo delle parti”, “la
causa” e “l’oggetto” (l’ultimo di tali requisiti previsto da detto articolo, e
cioè la “forma”, non essendo ovviamente prescritta dalla legge a pena di
nullità per i rapporti di franchising non presenta rilievo). Proseguendo in
questo veloce richiamo delle disposizioni generali codicistiche che
disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano,
un’attenzione deve essere rivolta ai due elementi accidentali del
contratto, costituiti dalla condizione (artt. 1353-1361 c.c.) e dal termine
(artt. 1184-1187 c.c.) che possono caratterizzare molte parti del contratto
in relazione ai poteri di intervento dell’affiliante, ai tempi di
adempimento di specifici obblighi dell’affiliante e dell’affiliato. Di
estrema
importanza
sono,
poi,
132
le
disposizioni
civilistiche
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
sull’interpretazione del contratto (artt. 1362-1371 c.c.) con particolare
riferimento all’interpretazione del contratto secondo buona fede ex art.
1366 c.c.; il coordinarsi complessivo dell’interpretazione delle varie
clausole in cui si concretizza il contratto art. 1363 c.c. che nel contratto
di franchising assume notevole rilievo per l’esistente eterogeneità delle
clausole potenzialmente inseribili ed infine, l’interpretazione contro il
proponente delle clausole, in caso di incertezza interpretativa (art. 1370
c.c.). In merito alle disposizioni codicistiche sugli effetti del contratto,
giganteggia nel contratto di franchising, come contratto atipico, la
previsione dell’obbligo di esecuzione secondo buona fede (art. 1375 c.c.)
che rappresenta il completamento dell’obbligo di prevedere nel contratto
stesso, ab origine, una causa lecita, rappresentata principalmente da un
equilibrio di vantaggi tra affiliante ed affiliato, che deve permanere
durante l’intera durata del contratto e nei successivi obblighi reciproci
previsti dal contratto stesso. Da non trascurare anche le previsioni
dell’art. 1374 c.c. che dispongono l’integrazione del contratto secondo la
legge o, in mancanza, secondo gli usi o l’equità che nei rapporti di
franchising potrebbero avere rilievo, specie con riferimento a talune
prestazioni poste a carico degli affiliati. Completamento delle norme
sulla carenza o illiceità dell’oggetto e della causa, sono, quindi, le
disposizioni sulla nullità del contratto (artt. 1418-1424 c.c.) e quelle in
tema di annullabilità del contratto in relazione ai cosiddetti “vizi della
volontà”, cioè a dire per “errore”, “violenza” o “dolo” (artt. 1427-1440
c.c.). Rilevanti sono, infine, per i contratti di franchising, le disposizioni
che consentono il recesso unilaterale (art. 1373 c.c.) e le più ampie
133
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
disposizioni sulla risoluzione (artt. 1453-1469 c.c.), in base ai quali è
necessario individuare con chiarezza, anche nel contratto di franchising,
le clausole risolutive espresse, in contrapposizione con le altre
condizioni di risoluzione, tenendo sempre presente l’obbligo di
contenere eventuali penali per inadempimento nell’ambito dei danni
effettivi ricevuti o ricevibili (art. 1384 c.c.) in considerazione del potere
del giudice (o dell’arbitro) di ridurle in caso di sproporzione.
La seconda soluzione, trova, invece, fondamento nella particolare
struttura del franchising, che è contratto di impresa bilaterale,
sinallagmatico, a forma libera, di durata, caratterizzato dall’intuitus
personae: elementi, questi, che, tutti, nel loro insieme, portano,
conseguentemente, a far ritenere il contratto in questione assimilabile ad
altri contratti affini, con la conseguente applicazione allo stesso delle
disposizioni regolanti detti contratti.
Il risultato sarà, quindi, un “ mosaico”, formato da tasselli ricavati
da vari modelli contrattuali, che comporterà, come conseguenza, la
regolamentazione del franchising alla stregua di quelle che sono le
norme disciplinanti singoli aspetti del contratto tipico o dei contratti
tipici considerati, cosicché si potrà verificare che più schemi contrattuali
coesistano tra loro ed i singoli regolamenti contrattuali operino
cumulativamente, incidendo in un’unica convenzione.
Ed è questa la soluzione preferita anche dalla giurisprudenza.
Ne è esempio una recente sentenza del Tribunale di Torino (11
gennaio 1995, Dir. Fall., 1995, 1065), la quale, in relazione al caso
specifico di fallimento del franchisor, scartata l’assimilabilità del
134
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
franchising al contratto de mandato o di commissione, si attesta sulla
parificabilità di tale contratto alla somministrazione, con la conseguente
applicabilità della disciplina propria di quest’ultimo e, pertanto anche
dell’art. 74 L. fall. con relativo richiamo ai commi 2,3 e 4 dell’art. 72.
Fino adesso il Parlamento Italiano non ha approvato una normativa
sul franchising, anche se sono stati presentati diverse proposte di legge
su questa materia.
Possiamo ricordare l’iter parlamentare delle diverse proposte
legislative riguardo la disciplina del franchising.
A febbraio del 1997, durante la XIII Legislatura, è stato presentato
al Senato il primo disegno di legge ad iniziativa del Senatore Asciutti; a
questo sono seguiti nel 1998 i disegni di legge del Senatore Caponi e del
Senatore Gambini.
Alla Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato è
stato approvato, il 4 luglio 2000, durante la precedente Legislatura, un
disegno di legge sul franchising. Il testo è risultato dall’unificazione dei
disegni di legge dei Senatori Asciutti, Caponi e Gambini.
Oggi la situazione non è molto cambiata: al Senato sono stati
presentati altri disegni di legge, il primo ancora del Senatore Asciutti (30
maggio 2001), poi del Senatore Maconi e del Senatore Marino.
In questa XIV Legislatura, tanto alla Camera come al Senato, i testi
sono gli stessi del disegno di legge approvato al Senato il 4 luglio 2000. I
testi contengono 9 articoli. La normativa prevista in questi 9 articoli non
pretende di legiferare sul contratto di franchising, ma di regolamentare
l’informazione precontrattuale fornita dalle parti di un rapporto di
135
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
franchising prima della sottoscrizione del contratto. In questo senso, 30
giorni prima della sottoscrizione, il franchisor deve consegnare al
franchisee una copia del suo contratto di franchising, corredandolo con
gli allegati riguardanti i suoi dati aziendali, marchi, elementi dell’attività
in franchising, numero di franchisee, eventuali procedimenti giudiziari
ed arbitrali e l’ipotesi di bilancio previsionale.
Questa regolamentazione segue la tendenza della legislazione
straniera, che limita alla cosiddetta “disclosure” precedente alla
sottoscrizione, cioè al solo momento dello scambio di informazioni, la
regolamentazione del rapporto di franchising, perché, essendo il
franchising un sistema attraverso il quale si possono sviluppare le più
inimmaginabili formule commerciali, sarebbe impossibile, oltre che
controproducente, pretendere di regolamentare il contratto di franchising
in tutte le sue sfaccettature. Sotto questo aspetto, è molto importante
quanto chiarisce l’articolo 1 della proposta approvata al Senato lo scorso
anno. Ai sensi della legge “rientrano, anche se diversamente definiti, nel
franchising o affiliazione commerciale, i rapporti che sono caratterizzati
dalla presenza di un soggetto, affiliante, fornitore o franchisor, che mette
a disposizione di un altro soggetto, affiliato, acquirente o franchisee, un
insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi,
denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti
d’autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e
commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una
pluralità
di
affiliati
distribuiti
sul
territorio,
allo
scopo
di
commercializzare determinati beni o servizi”. In base a questo articolo si
136
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
eviterà che alcuni marchi, che sono in franchising ma operano sotto altra
denominazione, possano continuare ad operare.
Il disegno di legge approvato il 4 luglio 2000 dalla Commissione
Industria, Commercio e Turismo, del Senato che, in sintesi, risulta come
l’unificazione di tre precedenti disegni di legge, detta una serie di regole
che consentano la trasparenza nei rapporti di franchising.
L’obiettivo del documento è quello di evitare che piccoli
imprenditori, non opportunamente tutelati, rimangano vittime del
moltiplicarsi di situazioni gestionali e finanziarie.
In particolare, dopo che l’art. 1 detta le definizioni di franchising,
affiliante, affiliato, know-how, diritto d’ingresso e royalty, all’art. 2
vengono dettate le norme per la costituzione di una rete di franchising al
fine di evitare che il franchisor o affiliante immetta la propria formula
sul mercato senza averla sperimentata a sufficienza. Sempre nello stesso
articolo, poi, si rende obbligatorio il deposito dei relativi marchi
commerciali.
All’art. 3, inoltre, viene dettata la definizione di contratto di
franchising, ne viene obbligata la redazione per iscritto a pena di nullità,
e viene stabilito che in esso debbono essere specificamente indicati gli
estremi della registrazione o del deposito dei marchi, la fonte, la durata e
l’estensione dell’esclusiva dell’affiliante, nel caso in cui questi non sia
titolare dei medesimi. Gli obblighi dell’affiliante vengono stabiliti all’art.
4, mentre quelli dell’affiliato all’art. 5. Seguono, poi, una serie di nuovi
articoli, non contenuti nei disegni di legge precedenti, in cui si tenta di
regolamentare in modo inequivocabile le reti di franchising, che, in
137
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Italia, ammonterebbero a 361, con 17.500 punti vendita ed un fatturato
che si aggira intorno ai 10 milioni di euro l’anno.
2.
Relazione Tavola Rotonda del 26/09/00 – Incontro con Sviluppo
Italia sul nuovo d.lgs. 185/00 per le agevolazioni al settore del
franchising.
La Relazione sulla Tavola Rotonda evidenzia la centralità e
l’importanza, nella nuova normativa, delle convenzioni da stipulare con i
franchisor e traccia un breve profilo del soggetto beneficiario delle
agevolazioni, che deve essere disoccupato da almeno 6 mesi, e precisa
che la nuova legge lascia spazio anche ai lavoratori indipendenti ed
autonomi, che volessero licenziarsi o smettere la propria attività entro
tale termine. L’applicazione del d.lgs. 185/002 non prevede l’erogazione
di finanziamenti in denaro, ma mutui agevolati fino a 100.000 euro, con
tassi bassissimi all’1 o 2%, rimborsabili tra i 5 e i 10 anni, più un periodo
gratuito di formazione e assistenza tecnica del franchisee da realizzarsi
in azienda o tramite l’apporto di società di consulenza esterna. I
finanziamenti saranno disponibili per tutte le zone del centro-sud, mentre
al nord saranno scelti soltanto alcuni comuni.
I franchisor interessati ad ottenere le agevolazioni dovranno
presentare il piano rete con l’indicazione di quanti punti in franchising si
intende aprire; il piano iniziativa con la descrizione dettagliata dell’idea,
dell’allestimento e dei costi di apertura e di gestione; il piano
2
Cfr.: www.fif-franchising.it.
138
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
investimenti comprensivo della situazione patrimoniale e dei flussi
finanziari previsti per i primi anni di attività.
A chi contesta l’impostazione giuridica del nuovo decreto
legislativo, definendolo in contrasto con le recenti normative
comunitarie, in quanto troppo discrezionale nella scelta dei franchisor
con cui stipulare le convenzioni e dei franchisees tramite i quali attuarle,
si può rispondere che in realtà, non esiste una vera e propria gara
d’appalto tra i franchisor, perché nei vari settori d’attività sarà
selezionata soltanto un’idea, quella ritenuta più innovativa e capace di
esprimere in termini potenziali il più alto tasso d’occupazione. Unica
condizione per l’accettazione delle proposte è che il prodotto o servizio
proposto sia “franchisizzabile”. Per quanto riguarda la discrezionalità
nella scelta dei franchisee, il problema non si pone nemmeno, perché il
profilo dell’affiliato beneficiario delle agevolazioni sarà proposto dal
franchisor stesso.
Altri rilevano la mancanza di trasparenza della nuova normativa,
soprattutto perché non sono fissate delle regole precise nella selezione
delle proposte, e chiedono delle garanzie nella scelta dei franchisor e dei
franchisee in sintonia con quanto previsto dal codice deontologico
dell’Associazione Italiana Franchising. Tuttavia, il franchisee sarà in
ogni caso tenuto a sottoscrivere il contratto che viene sottoposto dal
franchisor,
insieme
al
manuale
operativo
e
a
tutta
l’altra
documentazione, già in sede di presentazione della domanda a Sviluppo
Italia.
139
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Sviluppo Italia erogherà in anticipo, sempre sotto forma di mutuo e
non a fondo perduto, a copertura dei costi d’avviamento dei franchisee e
conferma che se i costi di formazione saranno sostenuti dal franchisor,
gli potranno essere rimborsati. Inoltre, le spese di gestione relativi ai
primi anni di attività sono comprese anch’esse nel finanziamento in
conto mutuo. Nell’ambito di questa normativa non sono richieste
garanzie né ai franchisor né ai franchisee, anche se sarà compito di
Sviluppo Italia seguire, passo dopo passo, ogni singola iniziativa in
modo da revocare subito il mutuo ai franchisee morosi o a coloro che si
saranno resi rei di violazioni contrattuali nei confronti di Sviluppo Italia
o dei franchisor proponenti i progetti. Ad oggi, non esiste un tetto
massimo globale per i mutui erogabili da Sviluppo Italia; i fee d’ingresso
saranno riconosciuti soltanto ai franchisor più importanti in grado di
garantire un vantaggio competitivo certo ed inopinabile; ai migliori
franchisor sarà riconosciuto anche il diritto di ripetere la convenzione.
Il nuovo decreto legislativo 185/00, nonostante presenti alcune zone
d’ombra da verificare in sede attuativa, è sicuramente un lodevole
incentivo al settore, ma per avere degli effetti benefici e duraturi
dovrebbe essere seguito dalla defiscalizzazione delle imprese nei primi
anni di attività per consentire alle aziende di liberare altre risorse
essenziali in termini di investimenti e occupazione.
140
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
3.
Relazione Tavola Rotonda del 18/09/01 – Incontro sull’ipotesi di
applicazione al franchising del G.E.I.E. e del trust3.
Il 18 settembre 2001, presso la sede di Assofranchising a Milano, si
è svolto un interessante incontro riguardo i possibili vantaggi
dell’utilizzo delle “figure giuridiche” del G.E.I.E. e del Trust da parte dei
franchisor, al quale hanno partecipato i rappresentanti di molte aziende
associate dei più diversi settori economici, dal turismo alla grande
distribuzione, dall’immobiliare all’editoriale, dalle libere professioni ad
altri
ancora,
a
testimonianza
che
gli
argomenti
proposti
da
Assofranchising hanno avuto un ottimo successo trasversale tra i soci per
il loro aspetto innovativo e per l’adattabilità a realtà imprenditoriali
molto diverse.
Il G.E.I.E., ovvero il “Gruppo Economico d’Interesse Europeo”, è
stato istituito dalla CEE nel 1985, anche se in Italia è stato recepito solo
agli inizi degli anni novanta. Il G.E.I.E. deve essere costituito da almeno
due persone fisiche o giuridiche , di minimo due Stati membri della
Comunità Europea, e prevede delle “norme quadro” molto generali
lasciando un’ampia libertà di pattuizione ai contraenti, e solo in
mancanza di accordi specifici tra questi ultimi, rimanda alle normative
nazionali dello Stato membro in cui ha sede legale. Come figura
giuridica si avvicina al consorzio, del quale conserva il carattere
mutualistico, differenziandosi, però, principalmente perché garantisce
ampi poteri amministrativi e gestionali agli organi amministrativi e un
considerevole potere decisionale ai soci di maggioranza.
3
Cfr.: www.fif-franchising.it
www.assofranchising.it
141
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Il G.E.I.E. si adatta molto bene alla formula commerciale
del
franchising perché può prevedere un allargamento sino a 500 soci, la
commistione tra persone fisiche e persone giuridiche, consente alle
imprese che
decidano adottarlo di ottenere con più facilità i
finanziamenti della Comunità Economica Europea, e come detto sopra,
lascia molto spazio alle pattuizioni statutarie, imponendo solo pochi e
per lo più flessibili vincoli normativi.
Un’altra peculiarità del G.E.I.E. è che i soci non sono obbligati a
versare un fondo patrimoniale comune, anche se esiste la responsabilità
illimitata degli stessi nei confronti di eventuali creditori.
Per quanto riguarda la regolamentazione fiscale, eventuali perdite o
profitti, sono soggetti al regime impositivo nazionale di ciascun socio
secondo le quote di competenza nel G.E.I.E.
In questo tipo di figura giuridica transnazionale si verifica, infatti, il
caso classico della “trasparenza fiscale mutualistica” che prevede il
pagamento del tributo da parte dei soli membri, mentre l’ente può essere
considerato soltanto come soggetto passivo dell’accertamento fiscale.
L’atto di costituzione del G.E.I.E. non deve svolgersi davanti al
notaio, ma necessita soltanto la pubblicazione integrale sulla Gazzetta
Ufficiale.
Il G.E.I.E. di servizi è più facile da creare perché, essendoci meno
capitali da investire, anche le garanzie richieste dai membri sono
inferiori e meno complicate, mentre il tipo specifico di attività svolta è
abbastanza indifferente perché il G.E.I.E. è essenzialmente un mezzo per
142
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
operare più agevolmente fuori dai confini nazionali tra partner di Paesi
membri diversi.
Il Trust, invece, è un tipo di accordo riconosciuto dalla
Convenzione dell’Aia del 1985, per cui un soggetto, detto il
“disponente”, si spoglia di determinati beni a favore del “trusty”
(l’eventuale franchisor), che li deve gestire nell’interesse dei beneficiari
(gli eventuali franchisee), il tutto con grande libertà contrattuale e,
successivamente, sotto l’occhio vigile di un altro attore, detto
“protector”, che ha il compito di controllare che ogni cosa si svolga
come concordato tra le parti.
Il Trust si adatta molto bene al franchising perché, a differenza del
G.E.I.E., non prevede un numero massimo di beneficiari e la tassazione
può essere portata facilmente fuori dell’Europa.
In caso di Trust esterno, cioè fuori dai confini nazionali, la
legislazione e le normative fiscali a cui si dovrà fare riferimento sono
quelle dei Paesi in cui il Trust stesso è istituito. Inoltre, il patrimonio che
è gestito dal trusty, nella maggioranza dei casi, non può essere aggredito
da eventuali creditori terzi.
Il Trust conviene per sviluppare eventuali politiche di affiliazione
all’estero, mentre per quanto riguarda l’Italia, è particolarmente oneroso
per via degli alti costi di trasferimento dei beni ed è utilizzato soprattutto
in circostanze ereditarie. Quindi, casi consolidati di applicazione del trust
al franchising non ne esistono, trovandoci attualmente in una prima fase
di sperimentazione con il lancio di alcune esperienze pilota e la
giurisprudenza in merito è ancora molto carente.
143
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
4.
I codice di autodisciplina ed in particolare il Codice Deontologico
dell’Assofranchising.
Le finalità prime dei codici di autodisciplina (o codici deontologici)
sono di natura interna alle categorie che li approvano e vi si
sottopongono. Gli impegni contenuti nei codici hanno carattere
volontaristico e si impongono ai membri od a coloro che li hanno
sottoscritti od adottati in virtù di un patto associativo4.
La violazione degli stessi non può giovarsi dei sistemi sanzionatori
extra contrattuali dell’ordinamento, ma dovrà necessariamente rimanere
all’interno dell’associazione, nel limite delle previsioni statutarie
preconosciute ed accettate.
Per quanto concerna l’ordinamento italiano, va rilevato che il
codice deontologico5, adottato dall’AIF in data 23 marzo 1978, non
risulta avere al suo interno la previsione di alcun sistema di controllo ed
alcuna sanzione per il suo eventuale inadempimento. In queste
condizioni, esso rischia di diventare poco più di una formalità.
Tuttavia, gli effetti del codice di condotta non si esauriscono alla
cerchia interna dei rapporti tra i membri che lo hanno sottoscritto.
Sembra, infatti, degna di approvazione quella recente tendenza
giurisprudenziale avallata, seppur non unanimemente, dalla dottrina,
secondo la quale al giudice sarebbe permesso utilizzare eventuali
4
Cfr.: O. CAGNASSO, I contratti commerciali, in Trattato di dir. comm. e di dir. pubb. dell’econ.
Padova, 1991, vol. XVI.
5
Cfr.: C. DILIDDO, Il nuovo regolamento dell’associazione italiana di franchising, in Contratti,
Padova, 1995, p.78 e ss.
144
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
contenuti del codice come elemento probatorio per identificare quegli
“abusi professionali” che costituiscono uno, seppur non l’unico, dei
criteri per dare un contenuto ai principi della correttezza professionale di
cui all’art. 2598, n. 3 c.c.
Si può così concludere che i codici di deontologia professionale del
franchising dispiegano anche effetti esterni e cioè con riferimento pure a
coloro che non li avessero espressamente accettati.
Ma essi possono servire ad una funzione molto più importante.
Per un verso, i codici di condotta tenderanno a produrre una
“moralizzazione” dell’ambiente: nessun franchisor può violare con
leggerezza regole comunemente applicate dagli altri franchisor.
In secondo luogo, tanto più severa è l’autodisciplina, tanto maggiori
probabilità di successo avrà il tentativo o di respingere una legislazione
restrittiva nazionale o di indurre il legislatore a tenere in considerazione
l’uniformità della prassi (quando riveli soluzioni eque tra franchisor e
franchisee).
Il Codice Deontologico dell’Assofranchising6 prevede che ogni
membro, al momento di presentarsi, si impegni:
- ad organizzare un programma di franchising, affiliazione
commerciale, tecnicamente completo ed economicamente valido
per l’affiliato se correttamente attuato dalle parti;
- a fornire preventivamente informazioni complete e veritiere a
chi intende affiliarsi perché possa opportunamente valutare ogni
6
Cfr.: www.assofranchising.it
www.intervideo.it
145
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
aspetto economico attinente sia l’inizio, sia lo svolgimento
dell’attività che il rapporto di affiliazione comporta;
- a stipulare per iscritto in forma chiara e completa i termini e le
condizioni del contratto di franchising. Tutte le condizioni ivi
contenute devono essere eque nei confronti dell’affiliato e da
quest’ultimo recepite in tutte le sue parti prima che lo stesso
sottoscriva il contratto. All’affiliato, unitamente al contratto,
dovranno essere consegnati gli eventuali allegati facenti parte
integrante del contratto medesimo;
- a prevedere nel contratto una durata ed una zona in esclusiva
adeguate all’attività da svolgere;
- a prevedere nel contratto una normativa che riguardi la
cessazione del rapporto di franchising;
- ad
assicurare
all’affiliato
il
necessario
ed
opportuno
addestramento sia iniziale che successivo, ove occorrente,
nonché a prestare puntualmente la consulenza pattuita nel
contratto;
- a concedere all’affiliato, nei limiti consentiti dalla legge,
l’utilizzazione dei propri segni distintivi occorrenti per lo
svolgimento dell’attività in oggetto. L’affiliato, da parte sua,
deve impegnarsi a rispettare scrupolosamente l’immagine
dell’affiliante;
- a rispettare l’autonomia e l’indipendenza imprenditoriale di ogni
singolo affiliato, pur seguendone attentamente l’operato onde
146
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
salvaguardare la corretta immagine dell’attività di franchising
nell’interesse di tutti i propri affiliati;
- a mantenere un dialogo costante con i propri affiliati sugli
aspetti operativi del rapporto al fine di migliorarne l’efficienza,
- ad operare al più alto livello di condotta nella gestione dei propri
affari evitando ogni comportamento illecito o non conforme
all’etica professionale ed invocando un pari atteggiamento da
parte dei propri affiliati.
5.
Regolamento dell’Associazione
(01/01/95 rev. in data 01/04/97).
Italiana
del
Franchising
Il Regolamento dell’AIF deve essere osservato da tutti i soci
dell’Associazione Italiana del Franchising; esso ha lo scopo di imporre
agli affiliati, soci dell’Assofranchising, l’adozione di regole di
comportamento ispirate a principi di correttezza e professionalità7.
L’appartenenza
dell’affiliante
all’Assofranchising
garantisce,
quindi, l’assoggettamento di esso a tali ulteriori regole, tendenti a
favorire l’instaurazione e lo svolgimento di un corretto rapporto di
franchising.
Il Regolamento dell’AIF integra, ma non sostituisce né si pone in
contrasto, con le normative di legge e/o di autoregolamentazione, vigenti
a livello nazionale ed europeo, che devono, quindi, continuare ad essere
scrupolosamente osservate dai soci.
7
Cfr.: www.italiafranchising.it
147
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Nel caso in cui, in futuro, dovesse insorgere un conflitto tra il
Regolamento ed una normativa di legge inderogabile, sarà cura
dell’Assofranchising modificare di conseguenza il Regolamento. Nello
stesso tempo, i soci saranno automaticamente esonerati dall’osservanza
delle norme in esso contenute, che dovessero risultare in contrasto con
tale normativa.
Il Regolamento presuppone la stretta osservanza, da parte dei soci,
delle regole deontologiche e di autoregolamentazione, predisposte dalla
Federazione Europea del Franchising, con le quali esso deve essere
concordato, sia in fase interpretativa che applicativa, per impedire
l’insorgere qualsiasi conflitto.
Il Regolamento dell’Associazione Italiana del Franchising verrà,
poi, periodicamente rivisto ed aggiornato, per essere in linea con le
nuove normative che dovessero essere adottate, sia su base legislativa
che volontaria, a livello nazionale ed europeo.
6.
Dalla Promofranchising alla
Franchising e del Partenariato8.
Federazione
Italiana
del
La sempre più marcata affermazione del franchising porta come
diretta conseguenza una sempre più attenta presa in considerazione di
tale formidabile strumento della moderna distribuzione da parte della
Promofranchising.
Dall’Associazione il franchising è visto sui due tipici versanti:
8
Cfr.: www.opportunitalia.it
148
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
- quello di strumento a disposizione delle imprese produttrici che
lo utilizzano per svilupparsi direttamente sui mercati “saltando”
l’intermediazione delle figure tipiche (importatori, grossisti,
rappresentanti, agenti);
- quello di strumento di specializzazione ora a disposizione dei
dettaglianti interessati ad acquisire prodotti e know-how in
grado di offrire valide posizioni competitive in un mercato
sempre più monopolizzato dai gruppi della grande distribuzione.
L’attività dell’Associazione non è, però, soltanto rivolta a registrare
i fenomeni, a studiarli e a subirli. È volta soprattutto a valutarne
implicazioni ed a progettare valide applicazioni capaci di risolvere i
sempre più pressanti problemi che insistono sul variegato mondo della
distribuzione.
Quindi, non si tratta tanto (o soltanto) di attività di sindacato, ma
soprattutto di azione di guida del processo, di proposizione innovativa di
sviluppo, di una concreta azione di affiancamento nell’applicazione, di
un supporto tecnico continuativo agli utilizzatori.
Per questo la Promofranchising è stata trasformata in FIF.
La
Federazione
Italiana
del
Franchising
nasce
con
la
consapevolezza che il sistema dell’affiliazione è un sistema unitario,
anche se composto da soggetti diversamente collocati; promuoverne lo
sviluppo non può che significare il superamento di qualsivoglia visione
di parte a vantaggio degli affilianti o viceversa degli affiliati.
149
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
La FIF nasce, appunto, con l’obiettivo di rappresentare ed essere il
punto di riferimento dei franchisor (affilianti) e dei franchisee (affiliati) e
per perseguire importanti obiettivi:
- promozione del sistema, cioè, sviluppare tutte quelle iniziative
atte a far conoscere le caratteristiche del sistema;
- assistenza e supporto verso i sistemi e le catene “minori”.
L’elemento più interessante della fase attuale del franchising in
Italia è lo sviluppo di catene piccole e medie che attraverso
elevati livelli di specializzazione esprimono capacità di
penetrazione, vivacità e dinamismo;
- promozione di rapporti corretti tra le parti: nell’ambito delle reti
di franchising le relazioni tra le diverse componenti sono spesso
instabili. Il Codice Deontologico Europeo posto alla base
dell’attività dell’associazione e l’assistenza da questa fornita
costituiscono il quadro etico dell’intervento di FIF. Gli interventi
dell’Associazione consentono di migliorare il rapporto tra
franchisor e franchisee. La FIF vuole essere una struttura che si
pone al centro dei due soggetti attori del rapporto di affiliazione
commerciale, evitando il rischio gravissimo di appiattirsi e di
annullarsi in uno solo di questi (affiliante o affiliato);
- diffondere l’informazione. Diffondere la conoscenza del
franchising presso gli operatori economici e soprattutto nei
confronti dei pubblici poteri è compito di primaria rilevanza:
uno Stato moderno deve conoscere molto bene le formule
150
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
commerciali moderne per poter correttamente intervenire a loro
sostegno;
- promuovere una corretta disciplina di questo rapporto e
diffondere l’applicazione del Codice Deontologico Europeo e
della FIF. Il principale obiettivo del Codice è di evitare rapporti
contrattuali squilibrati tra le parti. In alcuni Paesi (USA, Francia
e Spagna) il Codice Deontologico è stato affiancato da norme
legislative precise. Questa direzione di marcia deve essere
assunta, alla luce dei processi di unificazione in atto, certamente
anche nel nostro Paese;
- sostenere il franchising intervenendo con azioni di sostegno a
favore di imprese che operano in franchising;
- formazione professionale promuovendo corsi di informazione
generale sul franchising (2-4 gg.); corsi per assistenti rete (500900 ore); corsi specifici per le singole catene, rivolti agli affiliati
finalizzati a periodici aggiornamenti sui singoli aspetti
dell’attività commerciale; gestione del punto di vendita;
- promozione delle catene. La FIF definisce accordi specifici con
franchisor finalizzati allo sviluppo della propria catena
attraverso la pubblicazione di redazionali su giornali delle
strutture Confesercenti con manchette di ritorno per ulteriori
informazioni, attraverso la selezione delle risposte sulla base
dell’indicazione dell’affiliante ed, infine, attivando il contatto
diretto affiliante-affiliato;
151
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
- consulenza ed assistenza sulle pratiche per finanziamenti
pubblici. La FIF, in collaborazione con le strutture operative
centrali e periferiche, può fornire specifiche assistenze sia
nell’impostazione e definizione della pratica, sia nell’iter
burocratico della stessa. Un ulteriore servizio per i soci FIF è
dato dalla Scuola Superiore del Franchising, con sede a Roma e
Milano, che prevede corsi per catene in franchising per la
formazione dei franchisee con agevolazioni fino al 30% sulle
quote relative ai corsi. A tutto ciò, è da aggiungere la consulenza
a 360 gradi della struttura di esperti promossa dalla Federazione.
7.
Promofranchising: uno strumento della FIF.
Promofranchising è uno strumento di servizio di consulenza per gli
operatori del franchising, creato dalla FIF9.
In promofranchising si trovano le migliori professionalità del
mondo del franchising, associate per offrire il meglio in materia di
consulenza delle imprese per quanto riguarda i servizi:
- legali e contrattuali;
- fiscali e finanziari;
- progettazione d’impresa (creazione della rete, tutoraggio,
implementazione, manuale operativo, contratto…);
- Geomarketing;
- Commercializzazione, Immagine e Pubblicità;
9
Cfr.: www.opportunitalia.it
www.intervideo.it
152
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
- Servizi Import-Export (presenze Fiere, master franchising, jointventure).
Gli esperti di Promofranchising sono a disposizione dei soci e degli
aspiranti operatori in franchising per la consulenza e l’assistenza.
8.
Il Codice Deontologico Europeo e la sua forza esecutiva – Norme
relative alla pubblicità per il reclutamento – Relazione dei
franchisee – Regole relative al contratto10.
Il Codice Deontologico Europeo è nato da incontri e discussioni in
ambito comunitario, in particolare, all’interno della Commissione
Commercio e Distribuzione della CEE. Frutto degli studi e delle
esperienze della Fèdèration Francaise du Franchisage e dell’Association
Belge de la Franchise, costituisce, tuttavia, il risultato di una sintesi non
soltanto tra i codici deontologici di queste associazioni, ma anche delle
regolamentazioni in vigore negli altri Paesi della Comunità.
Così come i Codici nazionali, il Codice Deontologico europeo non
ha forza esecutiva come può averla una direttiva od un regolamento
CEE. Tuttavia, essendo stato questo codice approvato all’unanimità dagli
esperti governativi, s’impone come normativa d’uso.
Nell’ambito di questo codice, il franchising viene definito come una
forma
di
collaborazione
contrattuale
tra
parti
giuridicamente
indipendenti ed uguali: da un lato, l’impresa di franchising (franchisor) e
dall’altro, uno o più imprenditori (franchisee).
10
Cfr.: www.opportunitalia.it
www.fif-franchising.it
153
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Per l’impresa di franchising (franchisor) prevede:
- la proprietà di una ragione sociale, un marchio commerciale,
logotipo o segno distintivo di un’attività commerciale o di un
servizio, ed un know-how, che vengono messi a disposizione
della o delle imprese affiliate;
- la disponibilità di una serie di prodotti e/o servizi presentati con
una formula riconoscibile ed originale, essendo tale formula
basata su di un insieme di specifiche tecniche commerciali
preventivamente sperimentate, che vengono continuamente
perfezionate e controllate con riguardo alla loro validità ed
efficacia.
Lo scopo principale nella definizione di un accordo di franchising
tra le due parti è quello di consentire un beneficio sia al franchisor che al
franchisee attraverso la combinazione delle loro risorse umane e
finanziarie senza in alcun modo condizionare l’indipendenza delle due
parti. Il franchising è, pertanto, qualcosa di più di un contratto di vendita,
di una concessione o di un contratto di licenza, in quanto entrambe le
parti sottoscrivono impegni importanti, in aggiunta ed al di sopra di
quelli stabiliti da un rapporto commerciale di tipo convenzionale.
Un accordo di franchising si basa sulla reciproca fiducia e le parti
tendono in ogni momento ad evitare incomprensioni nelle relazioni fra di
esse e nei confronti del pubblico in generale.
La pubblicità di reclutamento sarà onesta e corretta. Non dovrà
contenere ambiguità né essere in alcun modo ingannevole. Tutta la
pubblicità dovrà corrispondere, tanto nella forma che nei contenuti, alle
154
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
leggi vigenti. L’eventuale pubblicità di reclutamento, che faccia
riferimento diretto o indiretto a risultati, cifre o statistiche relative a
reddito od ai profitti che possono essere previsti a favore del franchisee,
sarà obiettiva, completa e verificabile, specialmente per quanto riguarda
il territorio geografico e il periodo di riferimento. Qualunque
informazione relativa agli aspetti finanziari dell’acquisto della franchise
dovrà essere dettagliata in tutti gli aspetti ed indicare l’importo totale
dell’investimento richiesto.
Il franchisor selezionerà ed accetterà solo i candidati in possesso dei
requisiti richiesti dal programma di franchise. Ogni eventuale
discriminazione basata su tendenze politiche, sulla razza, lingua o
religione o sesso, dovrà essere eliminata dai requisiti richiesti.
È necessario ed inerente al franchising che l’accordo di base tra
franchisor e franchisee sia sancito da un contratto scritto che definisca i
diritti e gli obblighi delle parti in modo equo e tale da assicurare la buona
gestione da parte sia del franchisor che del franchisee. Il contratto dovrà
essere redatto in chiari termini e nella lingua madre sia del franchisor che
del franchisee.
9.
Regole sulla concorrenza – Restrizioni pattizie alla concorrenza –
Disciplina antitrust.
Il franchising, che è stato definito “contratto bilaterale d’impresa”11,
instaura tra i due partner un rapporto di stretta collaborazione, che
11
Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000, p.150 e ss.
155
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
tuttavia, non può mai far venir meno l’indipendenza e l’autonomia
giuridica esistente fra gli stessi; da ciò deriva che almeno potenzialmente
gli interessi perseguiti potrebbero anche non coincidere. Ecco, allora, che
entrano in gioco le regole sulla lealtà concorrenziale.
La concorrenzialità non si misura in modo statico in rapporto alla
posizione che l’imprenditore occupa sul mercato, bensì con riferimento
alla possibilità di avere o di indirizzarsi alla stessa clientela (identità
potenziale di clientela). Dunque, anche i rapporti tra franchisor e
franchisee devono essere improntati ai criteri che i vari legislatori hanno
posto a presidio della lealtà concorrenziale.
Un ulteriore elemento è dato dalla presenza di una “rete” o “catena”
di distribuzione, di modo che, come hanno dimostrato gli studi di
marketing ed economici, il comportamento sleale del franchisor verso
uno dei suoi franchisee può produrre effetti concorrenzialmente negativi
anche sugli altri e per converso, il comportamento sleale di un franchisee
può danneggiare non solo il franchisor, ma anche tutti gli altri franchisee.
Per fare qualche esempio, basti pensare alla violazione dell’esclusiva da
parte del franchisor, alla violazione del prezzo imposto da parte del
franchisee, all’invasione di zona altrui, alla vendita di prodotti
concorrenti, alla vendita di beni contrattuali ma venendo meno al rispetto
degli standard qualitativi, allo sfruttamento del know-how al di fuori dei
limiti stabiliti in contratto, alla fuga di segreti d’impresa, etc.
Di solito, la tecnica contrattuale usata è sufficientemente articolata
da specificare tutti questi punti nel contratto, sanzionandone la
156
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
violazione con la risoluzione accompagnata dall’obbligo risarcitorio,
spesso preventivamente liquidato e chiamato impropriamente “penale”.
Ora, il problema che si pone in proposito è quello di vedere se la
violazione di qualcuno di questi impegni abbia una sanzione solo a
livello contrattuale od anche a livello extracontrattuale e la
giurisprudenza è ormai consolidata nel senso della cumulabilità dei due
livelli di tutela, perché il contenuto degli impegni di facere e non facere
assunti contrattualmente può validamente andare molto al di là di quelle
che altrimenti sono le regole oggettive cui devono attenersi gli
imprenditori nei reciproci rapporti.
Naturalmente, anche a proposito del franchising si pone il problema
di determinare, al di là della fattispecie la cui lealtà è tipizzata, il
contenuto dell’obbligo di non avvalersi di mezzi non conformi ai
principi della correttezza professionale. Sicuramente si può dire che il
settore ha già raggiunto in molti Stati un livello di aggregazione tale da
consentire, almeno in via di prima approssimazione, l’individuazione di
alcuni di questi principi.
Per quanto riguarda in particolare le restrizioni pattizie alla
concorrenza nel diritto italiano, c’è da dire che la perdurante mancanza
di una legge antitrust ad hoc ha condotto alla conclusione che le
limitazioni convenzionali della concorrenza sono ammesse purchè non
superino i limiti fissati dall’art. 2596 c.c.: pertanto, clausole quali
l’esclusiva territoriale e di prodotto, l’imposizione di prezzi, la
ripartizione di mercati, non sono di per sé illecite. Pertanto, i limiti
dell’art. 2596 c.c. valgono soltanto per le clausole restrittive autonome,
157
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
ma non più quando le restrizioni diventano funzionali o sono inerenti ad
un contratto principale (ancillary restraint).
È stato sostenuto che gli stesi limiti dell’art. 2596 c.c. potrebbero
essere coartati dall’art. 41 della Costituzione, tutte le volte che si
risolvessero in una restrizione alla libertà di iniziativa economica, ma la
Corte Costituzionale, con sentenza del 16 dicembre 1982, n. 223, ha
affermato che l’autolimitazione della libertà di concorrenza, se contenuta
entro i limiti dell’art. 2596 c.c. non è in contrasto con l’interesse
collettivo e pertanto non va contro l’utilità sociale di cui all’art. 41 Cost.
In proposito il diritto italiano è improntato ad una grande libertà,
che fa ritenere sicuramente lecite tutte le ancillary restraint, mentre per le
non-ancillary i margini dell’art. 2596 c.c. sembrano sufficientemente
ampi da garantire al franchisor spazi di tutela adeguati.
Secondo un’opinione sostenuta di recente, l’art. 41 Cost.
estrinsecherebbe
un
«principio
di
ordine
pubblico
economico
inderogabilmente imposto all’osservanza dei privati anche nell’esercizio
della loro autonomia negoziale». Alla stregua di tale impostazione, ogni
comportamento volto a limitare «la libertà di accedere al mercato e di
continuare ad operare in esso sarebbe illecito»; in particolare,
costituirebbe atto contrario ai principi della correttezza professionale il
rifiuto di contrarre da parte di un’impresa dotata di potere di mercato.
L’opinione deve, però, fare i conti con le difficoltà del privato di
conformare il proprio comportamento ad un concetto di “utilità sociale”,
la cui conoscibilità non è proprio al di sopra di ogni discussione ove si
prescinda da una sua concretizzazione ad opera del legislatore ordinario,
158
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
cui fa , del resto, riferimento lo stesso costituente con la previsione
espressa di «programmi e controlli». È pur vero che i “programmi”
fissati dal legislatore non esauriscono il concetto della “utilità sociale”,
tuttavia, “utilità sociale” è concetto i cui limiti esterni dovrebbero essere
tracciati in attuazione della politica economica statale.
Difficoltà ancora maggiori devono essere affrontate nel tentativo di
individuare eventuali strumenti di controllo del momento genetico del
contratto da cui scaturiranno restrizioni per una parte. Ciò richiederebbe,
infatti, una netta presa di posizione del costituente a favore di una
struttura di mercato determinata, mentre, invece, tale scelta non è dato
rinvenire nella norma, la quale si limita a porre il limite dell’utilità
sociale (intendendo, con tale espressione, la “sicurezza, libertà e dignità
umane”), onde, a ragione, si è escluso che la norma vada intesa nel senso
di un obbligo dell’imprenditore privato di perseguire l’utilità sociale, ma
solo del divieto di andare in contrasto con la stessa.
D’altro canto, non pare agevole ritenere che lo strumento di
controllo utilizzato in ambito comunitario (artt. 85 e 86 del Trattato) sia
trasponibile in ordine a fattispecie puramente interne attraverso le norme
di richiamo contenute negli artt. 2595 e 2598 c.c.
Quanto all’art. 2595 c.c., è vero che non appare inevitabile ritenerne
la caducazione con la caduta dell’ordinamento corporativo; resta da
vedere se nel concetto di “legge” in esso contenuta si possa
ricomprendere una normativa che è bensì entrata nell’ordinamento
giuridico italiano attraverso la legge di ratifica dei Trattati, ma che è
dettata per disciplinare comportamenti di rilevanza interstatuale o, in
159
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
altri termini, se una norma in bianco, che per sua natura presuppone
l’esistenza di disposizioni suscettibili di darvi contenuto, sia in grado di
svolgere una funzione creativa ampliando l’ambito originario di
applicazione di norme destinate a disciplinare comportamenti di
esclusiva rilevanza comunitaria.
Perplessità
analoghe,
suscita
il
tentativo
di
qualificare
comportamento scorretto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2598, n. 3, la
violazione del disposto degli artt. 85 e 86. Questa costruzione
presuppone la risposta positiva al quesito se la pura e semplice
violazione di una norma di diritto pubblico costituisca in se stessa atto
concorrenziale illecito.
La rilevanza nazionale della normativa antitrust comunitaria già era
stata pacificamente accolta, al fine di consentire l’irrogazione di sanzioni
civili, per comportamenti che violavano tale normativa. Tale conclusione
era giustificata dalla mancanza di un sistema sanzionatorio a livello
europeo ed era prettamente circoscritta alla realizzazione, nella
fattispecie concreta, della violazione delle norme comunitarie, che hanno
nel «pregiudizio al commercio degli Stati membri» un elemento
essenziale.
Dunque, anche accogliendo tale opinione, non risulterebbe possibile
ricavare dall’art. 2598, n. 3, la norma primaria volta ad impedire o a
dichiarare illecite restrizioni contrattualmente pattuite, se non nel senso
in cui, oltre agli altri elementi di cui agli artt. 85 e 86, si verifichi un
pregiudizio al commercio tra gli Stati membri.
160
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Quale che sia, comunque, l’opinione che si accolga nella
controversa materia, una considerazione conclusiva si impone: non si
potrà mai pretendere di colmare completamente con la normativa
comunitaria il vuoto costituito dalla mancanza, in Italia, di una
normativa antitrust nazionale, e ciò non per i comportamenti di rilevanza
comunitaria, bensì, per quelli di rilevanza esclusivamente interna.
10. Federazione Europea del Franchising12.
Il franchising, per sua stessa natura, implica una rete di
collegamenti e relazioni internazionali.
In
Europa,
lo
sviluppo
del
franchising
viene
promosso,
rappresentato e difeso dalla Federazione Europea del Franchising, che
allo stato attuale rappresenta 17 associazioni nazionali, ciascuna delle
quali è l’organo ufficiale rappresentativo per il franchising nel Paese in
questione. Tredici di questi Paesi fanno parte dell’Unione Europea
(Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Irlanda, Italia, Lussemburgo, Spagna, Svezia e Regno Unito); gli altri
quattro sono: Norvegia, Ungheria, Svizzera e Slovenia.
I membri delle associazioni nazionali includono franchisor,
franchisee, esperti con interessi nel franchising aventi diversi
background professionali (legali, esperti di sviluppo e marketing,
pubblicitari, rappresentanti delle banche e delle compagnie assicurative).
12
Cfr.: www.opportunitalia.it
161
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
La Federazione Europea del Franchising, fondata nel 1972, ha come
obiettivi la definizione di un approccio autoregolato al franchising per un
suo uso buono e corretto. Inoltre, tenta di coordinare le azioni delle
associazioni o federazioni nazionali, oltre a svolgere attività di studio e
di promozione di questa pratica.
11. Il caso Pronuptia.
Nell’ambito dell’ordinamento comunitario assume particolare
rilievo la nota sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità del 28
gennaio 1986 sul caso Pronuptia, che costituisce la prima presa di
posizione sul contratto di franchising13.
La “casa parigina di abiti ed altri accessori per sposa Pronuptia” si
era estesa sul mercato tedesco attraverso dei contratti di franchising.
Un franchisee, per non pagare le royalty convenute, aveva sollevato
l’eccezione di incompatibilità con le regole della concorrenza CEE di
alcune clausole contrattuali: in particolare, l’obbligo di non fare
pubblicità se non dietro approvazione del franchisor, gli obblighi relativi
all’allestimento e all’immagine del punto di vendita ed alla sua
localizzazione, l’obbligo di approvvigionamento esclusivo presso la casa
madre.
Il Bgh aveva, dunque, chiesto alla Corte di dire se questi contratti
rientrassero o meno nei comuni contratti di concessione a vendere con
esclusiva e, dunque, potessero godere o meno dell’esenzione per
13
Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising, Torino, 1990, p. 300.
162
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
categoria che l’allora vigente regolamento 67/67 prevedeva per questi
ultimi.
La Corte, nel rispondere al quesito, ha esaminato solo la fattispecie
del contratto di franchising di distribuzione, individuandone il contenuto
e tracciando la linea di demarcazione tra tale modello e la concessione di
vendita. In questo contesto ha affermato che vi sono clausole che non
costituiscono restrizioni alla concorrenza; per contro, sussistono
clausole, come quelle che determinano una ripartizione dei mercati e
quelle relative al prezzo imposto, che hanno per effetto la restrizione
della concorrenza.
La linea tracciata dalla Corte viene poi seguita dalla Commissione
in alcune successive decisioni.
Tali precedenti hanno costituito la base per il successivo
Regolamento n. 4087/88 della Commissione del 30 novembre 1988, che
ha previsto l’esenzione per categoria, ai sensi dell’art. 85, comma 3, del
Trattato CEE, con riferimento a determinati accordi di franchising.
Nel Regolamento, dopo la già citata definizione degli accordi di
franchising, vengono distinti, in relazione al contenuto, vari tipi di
franchising: «il franchising industriale che riguarda la produzione di
beni; il franchising in materia di distribuzione che riguarda la vendita di
merci; il franchising in materia di servizi che riguarda la prestazione,
appunto, di servizi».
Il Regolamento vale «per gli accordi di franchising nei quali una
delle parti fornisce merci o presta servizi agli utilizzatori finali», mentre
«non si applica agli accordi di franchising industriale».
163
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
Ai sensi dell’art. 1, § 3, lett. b, del Regolamento, per «accordo di
franchising si intende un accordo col quale un’impresa, l’affiliante,
concede ad un’altra, l’affiliato, dietro corrispettivo finanziario diretto o
indiretto, il diritto di sfruttare un franchising allo scopo di
commercializzare determinati tipi di beni e/o servizi. Esso comprende
almeno gli obblighi connessi all’uso di una denominazione o di
un’insegna commerciale comune e di una presentazione uniforme della
sede e/o dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; alla comunicazione
da parte dell’affiliante all’affiliato di un know-how; alla prestazione
permanente, da parte dell’affiliante all’affiliato, di un’assistenza in
campo commerciale o tecnico per la durata dell’accordo».
L’esenzione vale in presenza dell’obbligo, imposto all’affiliante,
entro un territorio determinato del mercato comune, di non trasferire in
tutto o in parte il diritto di sfruttare il franchising; di non sfruttare
direttamente il franchising; di non fornire direttamente i beni
dell’affiliante a terzi. L’esenzione vale, altresì, in presenza dell’obbligo,
imposto all’affiliato, di non stipulare accordi di franchising con affiliati
fuori del suo territorio; di sfruttare il franchising solo operando dalla
sede oggetto del contratto; di astenersi, al di fuori del territorio
concessogli, dal ricercare clienti; di non produrre, né vendere, né
utilizzare, nella prestazione di servizi, prodotti concorrenti.
L’art. 3 elenca una serie di obblighi imposti all’affiliato: l’esenzione
si applica anche in presenza di tali obblighi, nella misura in cui siano
necessari per tutelare i diritti di proprietà intellettuale o industriale
164
CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising
dell’affiliante o salvaguardare la comune identità e la reputazione della
rete in franchising.
Per contro, in conformità all’art. 5 del Regolamento, l’esenzione
non può applicarsi in presenza di determinate ipotesi. Ad esempio,
l’esenzione non si applica qualora le imprese che producono beni o che
prestano servizi che sono identici o sono considerati dagli utilizzatori
come equivalenti dal punto di vista delle loro caratteristiche, prezzo e
destinazione d’uso, aderiscano ad accordi di franchising rispetto a tali
beni o servizi; oppure gli affiliati siano obbligati a non fornire
nell’ambito del mercato comune i prodotti o servizi oggetto del
franchising a determinati utilizzatori finali in funzione del loro luogo di
residenza.
Com’è noto, nell’ordinamento italiano, l’art. 2596 c.c. fissa le
condizioni di validità dei patti limitativi della concorrenza: entro i
confini stabiliti da tale norma , i patti in questione sono validi.
Il quadro normativo ora richiamato, ha subito recentemente una
notevole evoluzione attraverso l’introduzione nell’ordinamento italiano
di una disciplina antitrust: la legge 10 ottobre 1990, n. 287, dal titolo
“norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, ha disciplinato,
sul modello delle regole comunitarie, le intese restrittive della libertà di
concorrenza. Il contratto di franchising dovrà, pertanto, essere valutato
anche alla luce di tale disciplina.
165
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
CAPITOLO IV
Il franchising di servizi
166
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
SOMMARIO: 1. Franchising di servizi e franchising di distribuzione, cui
corrispondono, rispettivamente, obbligazioni di facere e di dare. – 2. Il
franchising di servizi. – 3. Franchising di servizi e franchising di
distribuzione: differenze nell’ubicazione del punto di vendita ed analisi
delle rispettive clientele. – 4. Il franchising misto, una commistione fra i
due principali tipi di franchising: la prestazione di servizi può essere
associata alla distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione
può richiedere la prestazione di servizi alla clientela.
167
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
1.
Franchising di servizi e franchising di distribuzione, cui
corrispondono, rispettivamente, obbligazioni di facere e di dare.
Prima di analizzare nel dettaglio il fenomeno del franchising di
servizi e di coglierne gli elementi caratterizzanti e tali da distinguerlo dal
franchising di distribuzione, è necessario richiamarsi, preliminarmente,
alla corrispondente distinzione tra obbligazioni di facere e quelle di dare.
Quando si parla di obbligazioni di facere, che costituiscono, nella
maggior parte dei casi l’oggetto principale dei contratti di franchising di
servizi, si fa riferimento ad un rapporto che presuppone una certa durata
ed in cui l’adempimento della prestazione in un dato momento non
esaurisce gli effetti del contratto, il quale impone sempre nuovi
adempimenti per il periodo della sua durata in funzione del pieno
soddisfacimento dell’utente del servizio. Basti pensare al contratto di
agenzia immobiliare, ove, oggetto della prestazione dell’intermediario
immobiliare è la consulenza nel suo specifico settore, o a quello di
autonoleggio (cfr. Appendice), sebbene questo sia considerato un
contratto di franchising di servizi sui generis, dal momento che oggetto
del contratto non è solo un facere, ma, necessariamente, per rispondere
alla causa del contratto, anche la messa a disposizione dell’utente di beni
(le autovetture).
Proprio questa continuità di relazione che intercorre tra colui che
presta il servizio e coloro che ne usufruiscono, rende ancor più
necessaria, nell’imprenditore, la presenza di requisiti di professionalità ,
capacità e serietà, essendo il franchising di servizi, come ogni negozio
che si basi su prestazioni di facere, un contratto intuitu personae,
168
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
stipulato, cioè, in considerazione delle qualità personali di uno dei due
soggetti. Di conseguenza, anche i corsi di formazione e perfezionamento
organizzati dal franchisor per la preparazione e l’aggiornamento dei
franchisee e per far sì che questi adegui la quantità e la qualità dei servizi
a quelle della casa madre, acquista maggiore rilevanza nel contratto di
franchising di servizi piuttosto che in quello di distribuzione, ove quello
che più conta, invece, è solo che il franchisee rispetti l’obbligo di fornirsi
del materiale necessario all’attività presso i fornitori indicatigli dal
franchisor o il franchisor stesso.
Le obbligazioni di dare, oggetto principale dei contratti di
franchising di distribuzione, infatti, non richiedono necessariamente
nell’affiliato quelle spiccate qualità personali che sono indispensabili,
invece, nella prestazione e fornitura di un servizio, la cui qualità dipende
e varia inevitabilmente dalla persona dell’imprenditore.
La distribuzione, o vendita, è l’atto giuridico attraverso il quale,
essenzialmente, anche se non esclusivamente, si realizza lo scambio,
cioè, è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di
una cosa verso corrispettivo di un prezzo.
Da questo, si deduce che l’elemento principale per il buon esito
dell’affare è la qualità del bene da trasferire, non già quel “savoir faire”
che si richiede ad un fornitore di servizi.
169
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
2.
Il franchising di servizi.
Il franchising di servizi è il rapporto che si instaura tra un’azienda
che produca servizi (e talvolta anche prodotti collegati), dalla
ristorazione alla computerizzazione, dalla intermediazione immobiliare a
quella finanziaria, dall’attività alberghiera alla locazione di veicoli e via
dicendo.
Uno studioso francese ha effettuato una suddivisione che distingue
il franchising che implica la presenza di un forte valore aggiunto e lo ha
chiamato franchising di servizi di tipo terziario, da quello che implica un
forte investimento finanziario ( che è molto simile al franchising di
produzione) chiamandolo con un termine generico: di tipo alberghiero.
Se volessimo schematizzare questo concetto, avremmo:
regole di successo
caratteristiche
di tipo terziario
di tipo alberghiero
l’investimento è essenzialmente intellettuale e
commerciale
forte investimento
materiale
a grande sviluppo
concorrenziale
a sviluppo
concorrenziale limitato
es.: camere di hotel,
informatica, noleggio
camion, ecc.
es.: noleggio auto
es.: società di
consulenza
sviluppare la rete di
franchising il più
rapidamente possibile
mantenere un alto
livello innovativo
Tab.1: Franchising di servizi.
170
offrire e mantenere un alto
tasso di economicità dei
capitali investiti
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
Bisogna distinguere il franchising di servizi di tipo alberghiero da
quello di tipo terziario. La differenza sta tutta nella diversità di impegno
finanziario richiesto per entrambi.
Nel primo caso, l’investimento iniziale è notevole e richiede il
mantenimento di un tasso di economicità molto elevato.
Nel secondo, bisogna considerare i due aspetti in cui si configura il
sistema: uno, che si presta ad uno sviluppo concorrenziale elevato, e
l’altro, che necessariamente ha uno sviluppo competitivo limitato.
Il primo è rappresentato da aziende molto flessibili, in quanto non
richiedono un forte investimento iniziale e tutto è basato sull’immagine
dell’azienda, per cui i costi sono soprattutto di promozione. La
caratteristica di questo business è quella di avere un ROI (ritorno sugli
investimenti) veloce, che significa grande liquidità che può essere poi
reinvestita. Ecco perché questo particolare rapporto di franchising porta
facilmente alla diversificazione, con conseguenti grandi vantaggi
derivanti dal frazionamento dei rischi, dalle economie di scala nei costi
promozionali e distributivi, dall’espansione flessibile e rapida. È il caso,
ad esempio, di istituti di bellezza che diversificano la loro attività
producendo articoli per la cura del viso e del corpo. Sono esempi
significativi Yves Rocher, Becos’Club, Cellu Center ed altri.
Si presta ad uno sviluppo concorrenziale limitato, invece, il
franchising di servizi che non ha in sé elementi di differenziazione molto
definita, come, ad esempio, uno studio professionale, dove è interesse
dei consulenti che non vi sia una standardizzazione del loro lavoro,
perché questo porterebbe ad un’eccessiva competitività.
171
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
3.
Franchising di servizi e franchising di distribuzione: differenze
nell’ubicazione del punto di vendita ed analisi delle rispettive
clientele.
Il contratto di franchising è nato e si è sviluppato nella prassi,
quindi, proprio da un’osservazione empirica è possibile cogliere le sue
caratteristiche e gli elementi che macroscopicamente differenziano il
franchising di servizi da quello di distribuzione.
Il franchising di distribuzione. Considerazioni importanti sono da
farsi per quanto riguarda l’aspetto logistico dei punti di vendita, in
considerazione anche del target di clientela cui si rivolge il tipo di
attività.
Infatti, possiamo facilmente notare, volgendo anche lo sguardo per
le vie della nostra città, che i punti vendita delle reti in franchising che si
occupano della commercializzazione e della distribuzione dei prodotti,
sono ubicati, prevalentemente e con insegne accattivanti, “su fronte
strada” per essere visibili ai passanti, i quali potrebbero divenire
potenziali clienti, attirati dal marchio noto, da un punto vendita curato
nell’estetica e nei dettagli dell’allestimento e dal personale, spesso in
divisa.
Per fare qualche esempio, basti pensare ai negozi Benetton,
Stefanel, o ai punti GS o COOP.
Il franchising di distribuzione si rivolge, dunque, ad una fascia
indistinta di consumatori ed è perciò necessaria una collocazione del
punto di vendita che sia il più possibile evidente, centrale, strategica, in
172
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
modo da attirare un numero sempre maggiore di clienti, secondo quelle
che sono le comuni regole del mercato e della concorrenza.
Nella scelta dell’ubicazione del negozio è necessario prestare molta
attenzione, quindi al contesto in cui si andrà ad operare: non bisogna
sottovalutare il fatto che, normalmente, i prezzi dei prodotti venduti in
franchising sono più alti di quelli di prodotti similari venduti in negozi
che non appartengono ad una rete in franchising, dato che il prezzo
proposto dall’imprenditore in franchising comprende anche i costi per
l’allestimento dei locali in maniera uniforme con lo stile della casa
madre, ed i pagamenti delle royalty.
Non a caso, non hanno avuto successo franchisee che hanno
“aperto” punti vendita in franchising in zone molto “commerciali”, ove è
possibile acquistare lo stesso prodotto a minor prezzo, sebbene privo del
marchio della catena in franchising.
Un esempio è dato dai numerosi negozi Calzedonia che vendono gli
stessi prodotti che commercializzano i negozi all’ingrosso ed i
supermercati (l’identità dei prodotti è stata accertata confrontando i
codici a barre), ad un prezzo circa tre volte superiore. Addirittura,
sembrerebbe che i prodotti della stessa fabbrica seguirebbero due distinte
strade: una, quella dei negozi all’ingrosso; l’altra, quella che apporrà sul
capo di biancheria intima il marchio Calzedonia.
È inutile dire che un punto vendita Calzedonia troverà fortuna solo
laddove scarseggiano centri commerciali o negozi che, pur trattando gli
stessi articoli, praticano prezzi più abbordabili perché non sostengono le
spese che l’appartenere ad una rete in franchising comporta.
173
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
Lo stesso discorso vale, ad esempio, per i punti vendita Foot
Locker, i quali immettono sul mercato articoli sportivi Nike, Reebok etc,
a prezzi decisamente maggiori di quanto possa costare lo stesso articolo
Nike in un negozio che non sia in franchising.
Le valutazioni che il franchisee è tenuto a fare sull’ubicazione del
punto di vendita sono, dunque, strettamente connesse all’oggetto della
propria attività ed al target di clientela cui ci si vuole indirizzare.
Nel caso del franchising di servizi, invece, il cliente è come fosse
anche esso già “affiliato”, perché si riferisce ad un target di clientela già
determinato.
Il franchising di servizi riesce ad avere un minore impatto sul
pubblico perché incide su di un bacino di utenza più selettivo, cioè,
risponde alle esigenze di una determinata cerchia di persone. A questo
proposito, pensiamo ai beauty center o centri estetici ( DIBI center, per
citarne uno), che riservano i loro trattamenti di bellezza a clienti che
richiedono un certo tipo di trattamento, oltre il singolo servizio che
potrebbe fornire qualsiasi estetista anche a poco prezzo, e che, quindi,
sanno già a priori che il prezzo non tradirà le aspettative di comfort delle
clienti più esigenti. Questi centri estetici non necessitano, dunque, di una
ubicazione “su fronte strada”, in quanto è la stessa clientela che cerca
loro, attratta dal già noto logo e dalla qualità del servizio.
Un’ubicazione strategica è richiesta, invece, per i punti vendita
dall’attività di autonoleggio, la cui presenza sarà utile soprattutto nei
pressi dei porti, degli aeroporti, delle stazioni ferroviarie o degli alberghi
principali delle città. Sarà il singolo utente del servizio, poi, a scegliere la
174
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
qualità del servizio, preferendo il più costoso, ma anche più efficiente,
marchio Avis piuttosto che il più economico marchio Maggiore: infatti,
una ricca flotta di macchine di nuova immatricolazione ed il comodo
servizio a domicilio, forniti da un personale serio e professionalmente
qualificato, distinguono il prestigioso marchio Avis.
4.
Il franchising misto, una commistione fra i due principali tipi di
franchising: la prestazione di servizi può essere associata alla
distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può
richiedere la prestazione di servizi alla clientela.
Nella realtà economica è possibile rinvenire una commistione tra il
franchising di distribuzione e quello di servizi (è il caso del cosiddetto
franchising misto): la prestazione di servizi può, infatti, essere associata
alla distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può,
viceversa, richiedere la prestazione di servizi (prae e post-vendita) per
soddisfare al meglio tutte le esigenze della clientela.
È questa, una tipologia di contratto di franchising, importata dagli
Stati Uniti, che ha trovato, nell’esperienza italiana, vastissima diffusione.
Sono sempre più numerose le imprese che per aumentare i profitti
svolgono contemporaneamente attività di servizi e di distribuzione, e
questo è possibile prevedendo, nell’oggetto sociale, accanto all’attività
principale, altre attività potenzialmente da praticare, in modo che non
sarà necessaria l’omologazione del notaio nel caso l’impresa decida di
ampliare il suo oggetto sociale.
175
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
Il franchising di servizi rappresenta, dunque, l’esempio pratico e
tangibile, del fatto che, spesso, franchising di distribuzione e di servizi
convergono.
Significativo, in proposito, è il caso delle profumerie, dotate, oggi,
di un personale qualificato: non semplici banconiste, ma giovani estetiste
che, avendo una preparazione nel settore, la mettono a disposizione del
pubblico fornendo consulenza sui trattamenti estetici e sui cosmetici più
adatti (fornendo, quindi un servizio) alle più diverse esigenze della
clientela. In questo caso abbiamo visto come la prestazione di servizi sia
stata associata alla distribuzione di prodotti fornendo una consulenza,
prae e post-vendita alla clientela; ma vi sono anche casi in cui,
viceversa, alla prestazione di servizi venga affiancata quella di
commercializzazione.
È il caso, questo, del cosiddetto mail-box, impresa che si frappone
tra mittente e destinatario, svolgendo un’attività di comunicazione
analoga a quella del servizio postale, che, a poco a poco, ha ampliato
l’oggetto della sua attività, consistente, inizialmente, solo nella fornitura
di un servizio, fino a creare una vera e propria attività di distribuzione di
articoli di cancelleria, completamente indipendente da quella di
comunicazione.
Praticando, in tal modo, anche attività di distribuzione, alle imprese
di mail-box si è posto il problema dell’ubicazione, richiedendo, in questo
caso, il punto vendita, una maggiore centralità ed evidenza di quanto non
fosse richiesta per la sola fornitura di un servizio.
176
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
Nuovamente utile ed esplicativo sarà tornare al contratto di
autonoleggio con le sue diverse e consequenziali sfaccettature che
derivano proprio dall’essere un contratto di franchising di servizi, a mio
giudizio, sui generis.
Infatti, l’obbligo, derivante dal contratto con la casa madre, di
rinnovare la flotta di autovetture dopo un certo chilometraggio (circa
40.000 km) o dopo massimo un anno dall’immatricolazione, portano i
partner dell’attività di autonoleggio a stipulare accordi ad hoc con le
case costruttrici, come il buyback ed il turnback.
Con il primo, l’imprenditore dell’attività di autonoleggio si
impegna a restituire l’autovettura al produttore entro un termine
prefissato (impegnandosi, in caso di mancato rispetto del termine, al
pagamento di una penale); con il secondo, invece, la casa costruttrice
autorizza l’affiliato esercente l’impresa di autonoleggio a vendere le
autovetture dopo, però, almeno sei mesi di noleggio, per non ostacolare
le vendite e non entrare in concorrenza con la casa costruttrice stessa.
L’impresa di autonoleggio associa, in questo modo, alla fornitura
di un servizio, che costituisce l’oggetto principale della sua attività, la
vendita di un prodotto.
Questo dimostra, come, spesso, o per motivi di concorrenza (come
nel caso delle attività di autonoleggio), o per l’ampliamento dell’attività,
(come nel caso delle imprese di mail-box), il franchising di servizi
finisce per somigliare, almeno sostanzialmente, al franchising di
distribuzione, del quale si trova a dover affrontare le stesse
problematiche in tema di concorrenza ed ubicazione, e questo spiega
177
CAPITOLO IV – Il franchising di servizi
anche l’assenza di una disciplina, o quantomeno di qualche clausola,
specifica che si riferisca in particolare a questa tipologia di contratto di
franchising, tanto diffuso nella prassi proprio per l’ampio spazio che
riserva all’autonomia delle parti del contratto e per permettere loro di
inserire liberamente clausole ad hoc in grado di regolare nel migliore dei
modi i rapporti tra di esse, in relazione all’oggetto del contratto ed alle
esigenze di territorialità.
178
Conclusioni
Conclusioni
179
Conclusioni
Le conclusioni intorno ad un tema ed una materia in così rapida
evoluzione non possono che essere caratterizzate da una qualche
provvisorietà: qualsiasi dato sistematico corre il rischio di apparire o
troppo avanzato o troppo arretrato nei confronti di una pratica in rapida
evoluzione e soggetta a repentini cambiamenti di rotta.
La verità è che allorquando si esaminano forme nuove e peculiari di
collaborazione fra imprese è difficile ricondurre il discorso in schemi
rigidi e precostituiti.
In effetti, da una parte, gli istituti tradizionali tendono a modificare i
loro contenuti nel tentativo di adattarsi alle molteplicità delle esigenze
diffuse nella prassi; dall’altra, le nuove ipotesi contrattuali fanno fatica
ad iscriversi nella serie degli istituti preesistenti.
Questo spiega anche perché la cooperazione tra imprenditori
costituisce il risvolto simmetrico della competizione tra essi. Il che,
indubbiamente, comporta non solo la difficoltà di tipizzare simili
rapporti, ma impone l’esigenza di recuperare, senza manipolazioni o
forzature eccessive, alcuni tratti di identità e di identificazione causale.
In tal senso, si è innanzitutto provveduto ad un esame analitico e, si
spera, il più possibile completo, di tutto quel complesso di pattuizioni
che caratterizzano il franchising, avendo cura di distinguere secondo che
il contratto afferisca ad un sistema produttivo, distributivo o di servizi.
Invero, la distinzione, ormai ricorrente come dato di fatto, tra il
franchising distributivo, produttivo e di servizi, non si impone solo per la
diversità dei sistemi merceologici che il sistema integrativo tende a
regolare, ma come dato contenutistico delle ipotesi negoziali in oggetto.
180
Conclusioni
Questa tripartizione è stata tenuta sempre presente, anche se, in
fondo, il franchising distributivo, per la sua maggiore diffusione, ha
finito per fare la parte del leone, anche perché il franchising di servizi
richiede caratteristiche troppo selettive, sia riguardo la selezione degli
affiliati, sia riguardo la rigorosa professionalità che si richiede nei
rapporti con l’utenza.
Uno studioso francese ha effettuato una suddivisione che distingue
il franchising che implica la presenza di un forte valore aggiunto e lo ha
denominato franchising di servizi di tipo terziario, da quello che implica
un forte investimento finanziario, chiamandolo con un termine molto
generico: di tipo alberghiero. La differenza tra i due tipi sta tutta nella
diversità di impegno finanziario richiesto per entrambi. Nel caso del
franchising di servizi di tipo alberghiero l’investimento iniziale è
notevole e richiede il mantenimento di un tasso di economicità molto
elevato. Nel caso del franchising di servizi di tipo terziario bisogna
considerare i due aspetti in cui si configura il sistema: uno che si presta
ad uno sviluppo concorrenziale elevato e l’altro che necessariamente ha
uno sviluppo competitivo limitato. Il primo è rappresentato da aziende
molto flessibili in quanto non richiedono un forte investimento iniziale e
tutto è basato sull’immagine dell’azienda, per cui i costi sono soprattutto
di promozione. La caratteristica di questo business è quello di avere un
ROI (ritorno sugli investimenti) veloce, che significa grande liquidità
che può essere poi reinvestita. È il caso, ad esempio, di istituti di
bellezza che diversificano la loro attività producendo articoli per la cura
181
Conclusioni
del viso e del corpo. Sono esempi significativi Yves Rocher, Becos’
Club, Cellu Center ed altri.
Si presta ad uno sviluppo concorrenziale limitato, invece, il
franchising di servizi che non ha in sé elementi di differenziazione molto
definiti, come, ad esempio, uno studio professionale, dove è interesse dei
consulenti che non vi sia una standardizzazione del loro lavoro, perché
questo porterebbe ad una eccessiva competitività.
Il metodo prescelto nell’analisi ha fatto definitivamente naufragare
il tentativo di rappresentare il franchising sotto un unico schema,
ricorrendo indifferentemente ad uno dei tipi contrattuali predisposti dal
codice civile, oppure ritenendo assorbente una causa di qualche negozio
anch’esso atipico.
Il complesso delle pattuizioni ricorrenti nei contratti è stato
ricondotto ad unità, e non tanto sotto il profilo del loro contenuto o della
funzionalizzazione dei singoli momenti negoziali.
I singoli negozi di somministrazione, di prestazione di servizi, di
licenze di marchio o di altro segno distintivo, di trasferimento di
tecnologie e know-how, sono stati ritenuti dotati di causa propria, solo
che, inseriti nel contesto negoziale più ampio del franchising, sono stati
qualificati come momenti di attuazione e di completamento della ragione
organizzativa ed associativa del vincolo.
Il contratto di franchising si presenta, così, come un “contratto
quadro”, in cui sono sistemate in maniera originale e riproducibile
modalità di attuazione di réseaux distributivi o produttivi, elaborati
anche grazie al concorso delle imprese affiliate, e che il franchisor mette
182
Conclusioni
a disposizione di eventuali soggetti interessati a partecipare ad un
sistema integrato. L’adesione a tale “organizzazione” comporta la
fruizione
di
assistenza
tecnica
altamente
specializzata,
di
centralizzazione di alcune funzioni di impresa ( ad esempio, pubblicità,
contabilità o accesso ai mercati di capitale), di trasferimento di knowhow oltre, naturalmente, l’utilizzo dei segni distintivi del franchisor,
rectius, indicanti il sistema organizzato, connessi alla somministrazione
in esclusiva di prodotti di marca. L’adesione al sistema, oltre che
obblighi pecuniari, comporta il rispetto delle condizioni di vendita,
commercializzazione e produzione elaborati e consolidati nel corso della
vita del rapporto associativo, tendenti a tutelare l’omogeneità della
funzione integrativa, nell’interesse di tutti gli affiliati, oltre che
dell’affiliante.
Le catene di franchising costituiscono, dunque, una realtà
consolidata ed in sempre maggiore espansione. Ma quello che è
certamente uno dei fenomeni più rilevanti del panorama economico
internazionale degli ultimi venti anni ha in sé mille anime, mille
sfaccettature: da una parte comprende le grandi potenze multinazionali,
dall’altra network limitati, ben più modesti. Da una parte sono in gioco
giri d’affari “stellari”, dall’altra, opportunità per piccole imprese o
singoli individui.
Per garantirsi una visibilità è fondamentale avere una presenza sul
Web: la rete non solo costituisce una possibilità concreta e diretta di
stabilire contatti tra franchisor e franchisee, ma è una risorsa
fondamentale in termini di informazioni, le quali diventano disponibili
183
Conclusioni
ed accessibili a tutti. Oggi esistono online decine, se non centinaia, di
database dei franchisor, divisi per marchi, per investimenti, per settori di
attività.
Posso concludere col dire, dunque, che il contratto di franchising
risulta, indubbiamente, vantaggioso sia per gli imprenditori che per i
consumatori, ma solo laddove il marchio sia affermato, noto e
prestigioso in quanto queste qualità compenseranno sicuramente
l’onerosità delle royalty per l’affiliato e nel contempo saranno garanzia
di qualità e di efficienza per i consumatori.
Assistiamo, però, ad un proliferare di catene di franchising, che pur
non offrendo prodotti di grande qualità, sono costrette ad azzardare
prezzi elevati, proprio per poter ammortizzare i costi che derivano
dall’appartenere ad una rete di franchising. In questi casi il marchio non
è più garanzia di affidabilità ed il consumatore sprovveduto, che spesso
associa, invece, all’elevatezza del prezzo la garanzia di qualità del
prodotto o del servizio, sarà “vittima del sistema”.
Occorre quindi prestare molta attenzione nell’acquistare o nel
servirsi presso punti vendita in franchising, perché non sempre c’è
frammentazione dei costi di gestione, che andranno, invece, ad incidere
sul prezzo di vendita, come ho su ampiamente dimostrato riferendomi al
“caso Calzedonia”, laddove lo stesso articolo di biancheria intima (e
l’identità è stata dimostrata confrontando i codici a barre) è offerto a
prezzi sensibilmente diversi nei grandi magazzini e nei centri
Calzedonia, e ciò ha portato numerosi punti vendita di questa rete al
184
Conclusioni
fallimento (un esempio, nella città di Napoli, è offerto dalla chiusura del
punto Calzedonia sito in via Tino da Camaino).
185
Bibliografia
Bibliografia
186
Bibliografia
A. BALDASSARRI,
I
contratti
di
distribuzione,
mediazione,
concessione di vendita e franchising, in I grandi orient. della giur.
civ. e comm., Padova, 1992.
M. BARBUTO, Il franchising nella distribuzione, in Società, 1990.
P. BONANI, Cos’è e come si crea un sistema di franchising, in Il
franchising, inserto del n. 18 di Consulenza, 1982.
F. BORTOLOTTI, La tutela del know-how nell’ordinamento italiano,
in Dir. Econ., 1970.
M. BUSSANI e P. CENDON, I contratti nuovi, Milano, 1989.
O. CAGNASSO, I contratti commerciali, in Tratt. di dir. comm. e di
dir. pubb. dell’econ., vol. XVI, Padova, 1991.
G. CERIDONO, I contratti di distribuzione, in Dir. priv. e eur., vol.II
C. DILIDDO, Il nuovo regolamento dell’Associazione italiana di
franchising, in Contratti, 1995.
G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1999.
A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000.
ID., Il franchising, Torino, 1990.
R. PARDOLESI, I contratti di distribuzione, Padova, 1995.
A. SECA, Franchising e concessione di vendita a confronto, in Arch.
civ., parte I, 2001.
187
Bibliografia
V. STASOLLA, Il franchising. Lineamenti tecnoeconomici, Milano,
1992.
E. ZANELLI, Il franchising di fronte all’ordinamento italiano: spunti
per un’indagine comparatistica, in Riv. dir. ind., 1972.
ID, Il franchising nella tipologia della concessione tra imprese, in A.A.
V.V., nuovi tipi contrattuali e tecniche di redazione nella pratica
commerciale, nei Quad. di giur. comm., Milano, 1978.
Siti Internet.
-
www.assofranchising.it
-
www.fif-franchising.it
-
www.intervideo.it
-
www.italiafranchising.it
-
www.opportunitalia.it
Decisioni.
-
Tribunale di Milano, 30 aprile 1982, Soc. Standa c. Soc. Arcobaleno
Market, in Foro it., 1982, I, 2042.
-
Tribunale di Chieti, 29 ottobre 1987, Februo Stefano c. Stefanel
S.p.A.
-
Tribunale di Lecce, 9 febbraio 1990, Pantaleo c. Benetton S.p.A., in
Foro it., 1990, I, 2978.
-
Lodo arbitrale, Roma, 31 ottobre 1989, Toson S.r.l. c. Midal S.p.A.
188
Bibliografia
-
Pretore di Milano, 21 luglio 1992, Grimaldi S.p.A. c. Magatelli ed
Effeci S.a.s.
-
Tribunale di Torino, 11 gennaio 1995, Istituto Ambrosiano
Finanziario (I.A.F.) c. Fallimento Casamercato, 1995, II, 1065.
189
Appendice
Appendice
190
Appendice
Contratto di franchising di servizi: AVIS Autonoleggio
S.p.A.
Roma, 01 Luglio 1996
CONTRATTO DI CONCESSIONE
TRA
la AVIS Autonoleggio S.p.A., (in seguito “La
AVIS”) con sede in Roma, Via Tiburtina, n.
1231 in persona del suo legale rappresentante
Signor… (cod. fis…., partita I.V.A….)
-
E
la Società SERVICAR S.R.L. (in seguito, il
“Concessionario”) con sede legale in Napoli
Via… Codice Fiscale/ Partita I.V.A….in persona
del legale rappresentante Signor…, in possesso
di licenza di autonoleggio senza conducente con
il sistema viaggi a lasciare rilasciata dal Comune
di Napoli.
-
-
PREMESSO CHE
l’AVIS Autonoleggio S.p.A. è licenziataria
esclusiva per il territorio nazionale della
Repubblica italiana, con facoltà di nominare
concessionari, di una serie di diritti relativi ad
un sistema per l’organizzazione dell’attività
di autonoleggio di veicoli (qui di seguito,
“Veicoli”), con o senza autista, di cui è
proprietaria, licenziante ed esclusiva titolare
la AVIS Rent a Car System, Inc., Società del
Delaware (USA);
il sistema di noleggio consiste, tra l’altro, in
metodi operativi uniformi, contabilizzazioni,
pubblicità, servizi, tessere di noleggio, genere
ed ammontare delle coperture assicurative
degli equipaggiamenti e dei Veicoli, di
assistenza ai veicoli/cliente durante il
noleggio, in regole di scelta del tipo e stile
delle attrezzature, mobili ed apparecchiature
da usare nello svolgimento dell’attività,
diritto di usare i nomi e le espressioni “AVIS
RENT A CAR SYSTEM” (sistema di
noleggio AVIS) e “AVIS TRUCK RENTAL
SERVICE” (servizio di noleggio autocarri
AVIS), qui di seguito chiamati anche soltanto
“Sistema Avis”, oltre a qualsiasi marchio di
fabbrica AVIS usato nelle specifiche zone
sotto indicate in nome della concedente.
Il Concessionario desidera ottenere una
concessione esclusiva per l’uso del sistema
AVIS, ivi incluso il diritto ad utilizzare il
marchio AVIS, per condurre l’attività di
autonoleggio nella località e per il territorio
specificati nel presente contratto;
tanto premesso,
SI CONVIENE E STIPULA QUANTO
SEGUE:
1. la premessa è parte integrante e sostanziale
del presente contratto.
2. Il presente accordo è disciplinato dalle
seguenti condizioni che sono state tutte
convenute ed accettate da ambo le parti.
3. OGGETTO DELLA CONCESSIONE :
l’AVIS conferisce al Concessionario, che
accetta, la concessione esclusiva per l’uso del
Sistema AVIS e del marchio AVIS, da
utilizzare al fine di svolgere, fermo restando
quanto previsto ai successivi artt. 9.1 e 17,
l’attività di autonoleggio di veicoli nel
territorio delineato in rosso sulla mappa
allegata al presente contratto, di cui ne viene
a far parte integrante, come Allegato A (in
seguito, “Territorio Autorizzato”).
Il Concessionario potrà usare il Sistema
AVIS soltanto per l’attività della propria
impresa di autonoleggio, da svolgersi
esclusivamente nelle stazioni ubicate nelle
località analiticamente descritte nell’Allegato
B (Ubicazione delle Stazioni).
Nell’ambito del Territorio Autorizzato, il
Concessionario potrà variare il numero delle
stazioni o l’ubicazione delle stesse solo con il
preventivo consenso scritto dell’AVIS.
Il Concessionario potrà usare il sistema
consenso scritto dell’AVIS.
Il Concessionario potrà usare il sistema AVIS
solamente per quanto attiene l’autonoleggio
191
Appendice
dei veicoli presenti sul tariffario AVIS
Nazionale in vigore durante il periodo di
validità del contratto e nei limiti consentiti
dalle norme vigenti nel “Territorio
Autorizzato” di cui all’Allegato “A”.
L’Autonoleggio di tali veicoli dovrà
escludere operazioni che comportino
autonoleggio ad un solo cliente di uno stesso
veicolo per una durata globale che,
sommando i periodi parziali, acceda i dodici
mesi della vita utile del veicolo stesso.
Restano,
comunque,
escluse
dalla
concessione le operazioni di locazione
finanziaria.
4. DIRITTO DI ENTRATA/ GARANZIA
FIDEIUSSORIA
Il Concessionario corrisponderà all’AVIS la
cifra forfettaria di Euro… determinata da
AVIS proporzionalmente al valore del
territorio assegnato.
A garanzia del puntuale adempimento dei
propri obblighi contrattuali, il Concessionario
ha costituito fideiussione a favore dell’AVIS
Autonoleggio S.p.A. per Euro…….con
l’Istituto Banco di Napoli.
Tale fideiussione avrà cessazione sei mesi
dopo la scadenza del presente contratto o
comunque sei mesi dopo l’eventuale
risoluzione anticipata, qualsiasi ne sia il
motivo o la causa.
5. DURATA DELLA CONCESSIONE
Il presente contratto entra in vigore alla data
della sua firma ed avrà una durata di due
anni, salvi i casi di risoluzione anticipata di
cui appresso.
Alla scadenza dei due anni il contratto verrà
rinnovato di anno in anno, salvo che una delle
parti non comunichi all’altra la propria
intenzione di non voler procedere al rinnovo
almeno sei mesi prima della data di scadenza.
6. COMPAGINE
SOCIALE
DEL
CONCESSIONARIO
Il Concessionario s’impegna a produrre
idonea documentazione da cui si evinca che il
100% del suo capitale sociale, alla data di
stipulazione del presente contratto è di
proprietà ed è controllato dalle seguenti
persone o enti nelle percentuali appresso
indicate:
- Sig. ………. 33,33%
- Sig. ………. 33,33%
- Sig. ………. 33,33%
e che tali persone o enti non venderanno,
assegneranno o trasferiranno le loro quote o
azioni sociali a chicchessia, con particolare
riferimento ad altre imprese o entità
appartenenti al Sistema AVIS, senza aver
prima ottenuto il consenso scritto dell’AVIS,
consenso che non sarà irragionevolmente
negato. L’AVIS avrà facoltà di chiedere in
qualunque momento al Concessionario la
documentazione
comprovante
la
composizione della compagine sociale del
Concessionario.
7. AZIENDA DEL CONCESSIONARIO
Il Concessionario si impegna a produrre alla
data di firma del presente contratto, la
documentazione e le dichiarazioni necessarie
per l’accertamento della permanenza delle
condizioni di insussistenza di provvedimenti
e/o procedimenti previsti dalla vigente
normativa antimafia ad i certificati dei carichi
pendenti rilasciati dalla Procura presso il
Tribunale e la Pretura competenti. Il
Concessionario
s’impegna,
inoltre,
a
comunicare all’AVIS i nominativi delle
persone che si occupano dei contatti con il
pubblico o che comunque siano interessati
per le loro mansioni alla vendita del Sistema
AVIS, onde permettere alla stessa di
accertare che tra essi non vi siano persone
che hanno o abbiano avuto con l’AVIS
controversie per concorrenza sleale o di
natura penale o che operino contestualmente
anche per le aziende concorrenti. A tale
scopo il Concessionario s’impegna a produrre
i relativi certificati dei carichi penali
pendenti, garantendo altresì che alla data di
stipula del presente contratto le seguenti
persone occupano la posizione per ciascuno
di loro indicate:
- Sig. …….
- Sig. …….
E si obbliga, in caso di sostituzione delle
stesse, ad avvertire l’AVIS affinché questa
possa esprimere il suo parere per iscritto.
8. DIRITTI DELL’AVIS
192
Appendice
-
Il Concessionario riconosce, senza alcuna
limitazione o riserva di qualsiasi specie o
natura, la piena proprietà e titolarità in
capo all’AVIS (come licenziataria
esclusiva per l’Italia dell’AVIS Rent a
Car Inc.) dei diritti relativi al Sistema
AVIS, ed a ogni singola parte dello
stesso, ivi inclusi, senza limitazione,
stampati bollettini e relativi supplementi,
moduli o altri documenti di volta in volta
utilizzati, materiali pubblicitari, nonché
diritti di autore, marchi e brevetti richiesti
o concessi sia in Italia che all’estero.
- Il Concessionario riconosce altresì il
diritto esclusivo dell’AVIS di usare e
concedere ad altri, a sua completa
discrezione, il Sistema AVIS ed il
marchio AVIS per lo svolgimento
dell’attività di autonoleggio di veicoli al
di fuori del Territorio Autorizzato.
- Il Concessionario si obbliga a svolgere
l’attività di autonoleggio dei veicoli in
conformità con i metodi, le norme e le
regole del Sistema AVIS. Di tali
modificazioni
l’AVIS
darà
comunicazione al Concessionario, il quale
sarà tenuto alla immediata applicazione
delle stesse.
9. OBBLIGHI DEL CONCESSIONARIO
9.1 Svolgimento
dell’attività
del
Concessionario
a. Il Concessionario si obbliga a
condurre la propria attività di
autonoleggio
in
maniera
commercialmente corretta ed in
osservanza delle leggi, norme e
regolamenti vigenti nel Territorio
Autorizzato (All. A), munendosi a
tal uopo di tutte le prescritte
autorizzazioni, concessioni e licenze
e mantenendole in vigore per tutta la
durata del presente contratto.
L’AVIS
non
avrà
alcuna
responsabilità per violazioni di
qualsiasi genere che dovessero
essere commesse dal Concessionario
nell’esercizio della propria attività di
autonoleggio.
193
b. Il Concessionario dovrà, inoltre,
uniformarsi alle direttive scritte e
alle
istruzioni
contenute
nel
“Manuale
del
Concessionario”
(cosiddetto Licensee Operational
Manual L.O.M.), e7o in altri
manuali, stampati, circolari o
comunicazioni che di volta in volta
potranno essere adottati dall’AVIS
per lo svolgimento dell’attività di
autonoleggio.
c. Il Concessionario nello svolgimento
della sua attività si obbliga ad
onorare qualsiasi contratto avente
condizioni
speciali,
stipulato
dall’AVIS con clienti aventi
rilevanza
nazionale
e/o
internazionale, sempre che tale
contratto speciale sia stato notificato
al Concessionario. La notifica
s’intende effettuata al momento in
cui i dati relativi al contratto speciale
verranno inseriti nel Sistema
Informatico
Wizard.
Per
il
Concessionario non collegato al
sistema, la notifica di tali contratti
speciali avverrà a mezzo apposite
circolari.
d. Il Concessionario, in conformità con
quanto previsto dalle procedure, è
tenuto al rispetto scrupoloso
dell’immagine AVIS nell’utilizzo
degli arredi, delle insegne e delle
divise, osservando altresì la massima
pulizia ed il rispetto delle norme di
sicurezza nel luogo ove svolge la
propria attività.
e. Il Concessionario s’impegna a
provvedere a propria cura e spese a
ricoverare, custodire e mantenere
puliti gli autoveicoli dell’AVIS, di
Concessionari e Affiliati della stessa
secondo gli standard richiesti
dall’AVIS, di effettuare i lavori di
piccola manutenzione e tutte le
piccole riparazioni (CAR CARE)
addebitando
tali
importi
ai
proprietari degli autoveicoli. Il
Concessionario non dovrà effettuare
Appendice
alcuna riparazione, che comporti una
spesa, inclusi i pezzi di ricambio,
superiore ai limiti di autorizzazione
e ai preventivi di spesa previsti dalle
circolari a tal uopo in vigore, senza
aver prima ottenuto il consenso
scritto dai proprietari delle auto e
non dovrà utilizzare officine diverse
da quelle loro indicate se non
preventivamente autorizzato. Resta
inteso che il Concessionario non farà
alcuna riparazione o atto in contrasto
alle norme contenute nella garanzia
della fabbrica a copertura del
veicolo.
FLOTTA DEL
CONCESSIONARIO
Il Concessionario potrà utilizzare per
lo svolgimento della sua attività
esclusivamente veicoli rientranti per
marca, modello e accessori nello
standard AVIS.
Al momento della firma del presente
contratto,
il
Concessionario
consegnerà un elenco di tutti i
veicoli di sua proprietà, o in
locazione finanziaria comunque
facenti parte della sua flotta
contrassegnati da un marchio d’uso
di locazione a terzi senza
conducente, veicoli muniti di libretto
di circolazione/foglio di via e
polizza assicurativa secondo i
massimali indicati dall’AVIS.
Il Concessionario è obbligato ad
adottare la medesima procedura in
caso di inserimento nella flotta di
nuovi veicoli. I veicoli che possono
essere inseriti nel Sistema dovranno
essere esclusivamente di proprietà
del Concessionario o comunque, se
in locazione finanziaria, recanti la
doppia intestazione. Resta ferma ed
invariata
l’obbligatorietà
dell’Assicurazione
per
la
Responsabilità Civile, con polizza a
nome del Concessionario stesso ed
in conformità con i massimali
determinati dall’AVIS.
194
Il Concessionario userà nello
svolgimento
dell’attività
di
autonoleggio veicoli di anzianità non
superiore ad un anno e comunque
con una percorrenza non superiore a
25.000 chilometri per le autovetture.
Per i veicoli destinati al trasporto di
oltre 5 persone, l’anzianità non potrà
essere superiore a 2 anni con una
percorrenza massima di 60.000
chilometri.
I veicoli destinati al trasporto di cose
con massa complessiva a pieno
carico non superiore a 6 t. dovranno
avere un’attività non superiore a 24
mesi e/o non superiore a 120.000
chilometri; i veicoli della stessa
categoria di cui sopra, del gruppo k,
possono essere dati a noleggio solo
se con attività non superiore a 36
mesi e/o non superiore a 150.000
chilometri.
f. Il Concessionario nell’ambito del
servizio di assistenza al cliente è
tenuto alla eventuale sostituzione
della vettura con mezzi in forza
presso la sua stazione o, in
mancanza, ad inoltrare una richiesta
presso la stazione più vicina.
g. Disservizi e lamentele segnalate
dalla clientela al Concessionario
dovranno
essere
da
questi
prontamente inoltrate all’AVIS, che
rimane la sola ed unica autorizzata
alla risposta.
9.2 Ispezioni da parte dell’AVIS
Il Concessionario consente sin d’ora che
l’AVIS senza preavviso durante l’orario
di lavoro, ispezioni i locali ove il
Concessionario svolge la propria
attività, nonché tutti i veicoli utilizzati
di sua proprietà, di proprietà AVIS e/o
di altri affiliati e Concessionari. È
consentito all’AVIS di esaminare e
revisionare tutti i documenti (su
supporto cartaceo o magnetico) del
Concessionario che in qualsiasi modo
siano correlati allo svolgimento
dell’attività di autonoleggio.
Appendice
9.3 Obblighi
di
esclusiva
del
Concessionario
e
divieto
di
associazione con altre organizzazioni
a. Il Concessionario, per la durata del
presente contratto, si obbliga a
svolgere l’attività di autonoleggio
esclusivamente ed interamente con
l’AVIS ed in conformità col Sistema
AVIS, come previsto nel presente
contratto.
b. Il Concessionario dichiara di non
essere (e si obbliga a non divenire)
associato,
direttamente
o
indirettamente, o tramite qualsiasi
società o altra entità da esso
controllata
e
da
cui
esso
Concessionario sia controllato in
qualsiasi territorio anche diverso dal
Territorio Autorizzato, di altra
organizzazione internazionale o
nazionale o regionale di noleggio di
veicoli che sia in concorrenza con
quella esercitata dall’AVIS e/o sue
consociate o collegate estere.
9.4 Obbligo di collaborazione con AVIS,
Affiliati ed altri Concessionari
a. Il Concessionario dovrà collaborare
con l’AVIS, con le sue consociate e
collegate estere con gli altri
concessionari
e
affiliati
nel
promuovere, pubblicizzare e tutelare
anche a livello internazionale il
Sistema AVIS, operando in modo
tale da rendere noto il suo rapporto
di concessione con l’AVIS.
b. Il Concessionario si obbliga ad usare
le insegne, il nome e gli altri marchi
e segni distintivi del Sistema AVIS
nella maniera e con il risalto
specificati di volta in volta
dall’AVIS, e a non usare altri
marchi, nomi o segni distintivi non
approvati.
c. Il Concessionario si obbliga, a
proprie spese, a far elencare il nome
AVIS, con caratteri di rilievo, nella
sezione alfabetica degli elenchi
telefonici locali e nelle pagine gialle,
così come sarà indicato dall’AVIS.
195
d. Il Concessionario incoraggerà e
solleciterà i clienti a preferire
esclusivamente il Sistema AVIS per
i loro noleggi e trasmetterà all’AVIS
ed agli altri concessionari e affiliati
tutte le prenotazioni per noleggi da
effettuarsi nelle località di loro
competenza.
e. Il Concessionario si obbliga altresì a
collaborare con l’AVIS e con gli
altri concessionari ed affiliati ai
programmi promozionali sviluppati
dall’AVIS.
9.5 Sistema Informatico Wizard
Il
Concessionario,
su
richiesta
dell’AVIS si impegna a collegarsi con il
Sistema Wizard, giusto contratto di
“Licenza per l’utilizzazione del Sistema
Telematico Wizard”.
Per tale servizio, il Concessionario si
impegna a rimborsare all’AVIS a far
data dall’1 Luglio 1996 i costi per
l’utilizzazione
di
tale
sistema
quantificati in £ 4.200 per contratto
aperto (check out) fatta eccezione per i
contratti imputati nel Sistema ed in
seguito annullati e dalla firma del
presente contratto £ 192.000 + IVA al
mese quale contributo costi trasmissione
dati.
Tali costi saranno rivedibili con cadenza
biennale a partire dall’1.1.1997, a
seconda delle variazioni dei costi AVIS
riferiti alle due voci summenzionate.
9.6 Programma “Noleggi a lasciare e
rinoleggi”
Il Concessionario si obbliga a
partecipare al programma dell’AVIS
“Noleggi a lasciare e rinoleggi”.
a. Il Concessionario, quindi, si obbliga
a permettere all’AVIS a agli altri
concessionari
e
affiliati
di
rinoleggiare ai propri clienti veicoli
di sua proprietà restituiti da altri
clienti a fine noleggio presso
stazioni dell’AVIS o di altri
concessionari o affiliati.
b. L’AVIS a sua volta permette, e si
obbliga a far sì che gli altri
Appendice
c.
d.
e.
f.
concessionari e affiliati permettano
che il Concessionario rinoleggi ai
propri clienti i veicoli di proprietà
dell’AVIS
o
di
altri
concessionari/affiliati restituiti da
altri clienti a fine noleggio presso
una stazione di noleggio del
Concessionario.
In caso di sostituzione di un veicolo
di proprietà dell’AVIS o di altro
Concessionario o Affiliato, a seguito
di
guasto
o
incidente,
il
Concessionario
effettuerà
la
sostituzione con un proprio veicolo
dello stesso gruppo e dovrà usare lo
speciale modulo previsto per le
sostituzioni
e
fatturare
al
proprietario del veicolo sostituito il
relativo periodo di sostituzione,
lasciando inalterata la tariffa del
contratto fiscale originale. Il
Concessionario che ha dato origine
al noleggio fatturerà al cliente
l’intero periodo di noleggio.
Il Concessionario dovrà emettere
fattura per tutti i noleggi iniziati
presso la sua stazione, compresi
quelli effettuati con veicoli non di
sua proprietà.
Il Concessionario sarà sempre
responsabile
dell’incasso
degli
importi dovuti dai clienti sui propri
noleggi. In tali casi, ove il cliente si
renda inadempiente, il noleggiante
risponderà del pagamento rimasto
insoluto nei confronti dell’AVIS e/o
degli altri concessionari e affiliati
proprietari del veicolo noleggiato
tenendoli
indenni
da
ogni
responsabilità al riguardo.
Salvo per i noleggi di cui al
successivo art. 9.12 e purché tali
noleggi siano relativi a clienti non
inclusi nelle liste degli utenti morosi
fornite dall’AVIS o dagli istituti che
hanno emesso le carte di credito o
vouchers utilizzati per il noleggio in
questione, ogni qualvolta l’AVIS o
un Concessionario o Affiliato
196
noleggi un veicolo del quale non sia
proprietario ed il veicolo sia oggetto
di appropriazione indebita, il
noleggiante dovrà corrispondere al
proprietario, purché questi abbia
sporto querela, e su presentazione
della relativa fattura, una somma
pari al 40% del prezzo lordo recato
dalla fattura d’acquisto, inclusi gli
accessori di cui l’automezzo fosse
stato eventualmente dotato. In caso
di mancata riconsegna del veicolo
alla scadenza del termine iniziale o
di quello posticipato autorizzato, il
Concessionario comunicherà tale
evento al proprietario del veicolo
entro tre giorni dallo stesso.
g. La suddetta somma, tenuto conto
dell’indisponibilità del veicolo e
quindi del danno emergente e lucro
cessante a danno del proprietario del
veicolo, resterà acquisita dallo stesso
anche qualora l’automezzo venisse
successivamente ritrovato. Andrà,
invece, restituita al noleggiante
qualora la querela fosse rimessa in
quanto il cliente ha dimostrato la
propria buona fede, restituito il
veicolo e pagato tutto quanto da esso
dovuto; resta inteso che in
quest’ultima ipotesi applicherà l’art.
9.7
(Compensi
dovuti
dal
noleggiante proprietario).
h. In tutti i casi in cui il cliente contro il
quale è stata sporta querela per
appropriazione
indebita
abbia
versato una somma a titolo di
deposito cauzionale all’atto del
noleggio o abbia sottoscritto un
ordine di pagamento con carta di
credito, la somma oggetto del
deposito o la somma il cui
pagamento è garantito dall’istituto
che ha emessola carta di credito in
questione,
rimarrà
acquisita
interamente al proprietario del
veicolo.
i. Nei casi in cui il veicolo oggetto di
appropriazione indebita fosse stato
Appendice
noleggiato sulla base di Tessere di
Noleggio
rilasciate
dall’AVIS,
nessuna pretesa potrà essere fatta
valere dal proprietario del veicolo, in
relazione al noleggio in questione ed
al veicolo noleggiato, nei confronti
del
noleggiante
e
neppure
dell’AVIS.
j. La denuncia per appropriazione
indebita potrà essere sporta dal
proprietario purché siano decorsi
almeno 5 giorni dalla data in cui il
cliente avrebbe dovuto riconsegnare
il veicolo e non vi siano ragioni di
ritenere che il cliente intenda
riconsegnare il veicolo.
9.7 Compensi dovuti dal noleggiante al
proprietario del veicolo
Nei casi previsti al pregresso art. 9.6, la
parte noleggiante non proprietaria dovrà
tempestivamente
notificare
al
proprietario del veicolo l’effettuazione
del noleggio e versargli l’80% dei
proventi di cui al successivo art. 9.11,
nonché il 70% del corrispettivo del
noleggio (calcolato secondo la formula
tempo e chilometri o altra applicabile, al
netto degli sconti ai clienti, dei proventi
delle coperture integrative, delle spese
di consegna e/o ripresa, delle particolari
spese
aggiuntive
pari
alla
maggiorazione tariffaria praticata sui
noleggi in partenza dagli aeroporti, ed al
netto, altresì, dell’IVA e delle altre
imposte
comunque
gravanti
sul
noleggio).
Il proprietario del veicolo noleggiato,
sia
esso
AVIS
o
Concessionario/Affiliato,
fatturerà
l’importo di cui sopra al noleggiante che
dovrà effettuare il pagamento a
ricevimento fattura.
Nell’ambito del sistema di cessione del
credito di cui al successivo art. 9.12,
l’AVIS acquisterà il 100% dell’importo
del
noleggio
addebitando
al
Concessionario la percentuale di sua
spettanza.
197
Nel caso che un veicolo AVIS sia
noleggiato a tariffa plurimensile, la
proprietaria del veicolo avrà diritto al
90% della tariffa al netto di IVA e
benzina.
9.8 Lettere di Noleggio
a. Il Concessionario si obbliga ad usare
quale unico documento contrattuale
per i propri autonoleggi le Lettere di
Noleggio standard AVIS recanti la
progressione numerica assegnata,
obbligandosi,
altresì,
ad
approvvigionarsi
esclusivamente
presso i fornitori indicati dall’AVIS.
È fatto obbligo al Concessionario
d’imputare tutti i noleggi nel
Sistema Informatico Wizard. Il
Concessionario non collegato al
Sistema dovrà inviare tutti i contratti
di noleggio alla stazione madre
dell’anno di appartenenza per
l’inserimento nel Sistema stesso.
b. È fatto obbligo al Concessionario di
conservare tutte le lettere di
Noleggio utilizzate o meno, ovvero
annullate, in progressione numerica
così come assegnate e per un
periodo di 3 anni dalla data in cui è
cessato il rapporto con l’AVIS, fatti
salvi gli obblighi di legge in tema
fiscale. Il Concessionario, se
richiesto, fornirà all’AVIS copia di
tali Lettere di Noleggio secondo la
progressione numerica assegnata
dall’AVIS stessa.
9.9 Tariffe del Concessionario
Qualora il Concessionario e/o l’AVIS
ritengano opportuno applicare un
sistema di tariffazione promozionale
locale, questa dovrà essere concordata
preventivamente per iscritto tra le parti.
Il Concessionario potrà esporre e
pubblicare le tariffe promozionali locali
utilizzando unicamente gli stampati e/o
le forme di comunicazione approvati
dall’AVIS.
Il
Concessionario
comunicherà
all’AVIS per iscritto con almeno 30
Appendice
giorni di anticipo la intenzione di
modificare le proprie tariffe.
9.10 Copertura assicurativa obbligatoria
a. Fermi
restando
gli
obblighi
assicurativi di legge per la
responsabilità civile verso terzi
derivante dalla circolazione dei
veicoli, il Concessionario dovrà
assicurare tali veicoli con primaria
compagnia
d’assicurazione,
di
gradimento dell’AVIS, per i
massimali
specificati
da
quest’ultima. Il Concessionario
s’impegna ad inviare copia della
polizza assicurativa contratta per
ciascun veicolo posseduto, e ne
modificherà
i
massimali
in
conformità con le raccomandazioni
dell’AVIS.
b. Il Concessionario s’impegna, inoltre,
a risarcire e tenere indenne l’AVIS,
la sua Casa Madre, le sussidiarie,
affiliate
e
concessionarie
da
qualsiasi
perdita,
costo,
responsabilità e spese, compresi gli
onorari di avvocato sostenuti ed
affrontati in relazione all’attività del
Concessionario, salvo che il fatto
non
sia
da
attribuire
alla
responsabilità dell’AVIS o dei suoi
dipendenti.
9.11 Esonero di responsabilità
a. Il Concessionario si obbliga a
concedere ad ogni cliente che
noleggia un veicolo e agli altri utenti
autorizzati alla guida del veicolo
noleggiato, senza oneri aggiuntivi,
l’esonero automatico da tutte le
responsabilità per furto e per danni
del veicolo noleggiato causati da
collisione o ribaltamento eccedenti i
limiti che verranno specificati
dall’AVIS, nonché, senza limiti, per
danni di incendio.
b. Il Concessionario dovrà consentire
al cliente di ottenere una riduzione
delle responsabilità di cui al
precedente paragrafo (ai livelli ed a
un costo supplementare non
198
superiore
a
quello
indicato
dall’AVIS).
c. L’AVIS
Autonoleggio,
subordinatamente alla sottoscrizione,
da parte del cliente delle polizze
assicurative Pai e Superpai, coprirà
con apposita polizza assicurativa i
veicoli del Concessionario per danni
alla persona del cliente e dei terzi
trasportati. Il Concessionario si
impegna ad offrire questa copertura
ai propri clienti trattenendosi il 50%
dell’incasso in caso di vendita con
copertura
assicurativa
standard
(PAI) e del 40%, in caso di
copertura super (SUPERPAI) e
assicurazione bagaglio.
9.12 Tessere di Noleggio standard ed altri
conti
a. Il Concessionario si obbliga a
riconoscere ed onorare, secondo le
regole e procedure che l’AVIS potrà
di volta in volta prescrivere, tutte le
tessere di Noleggio standard emesse
dall’AVIS, gli Acto e tutti i vouchers
forniti da AVIS aventi valore
facciale
determinato,
andranno
onorati dietro qualificazione del
cliente, come per i noleggi cash.
Dovranno, altresì, essere onorati dal
Concessionario gli altri titoli
rilasciati o emessi dall’AVIS e/o
dalle sue consociate estere. Il
Concessionario dovrà concedere ai
clienti che presentino tali tessere,
Acto, carte di credito o vouchers
(con le esclusioni di cui sopra), gli
sconti o le tariffe/condizioni fissati
di volta in volta dall’AVIS e/o dalle
sue consociate estere.
b. Nei casi di cui al precedente punto a.
l’AVIS,
subordinatamente
alla
verifica del rispetto delle norme e
procedure
AVIS
relative
all’accettazione clienti, acquisterà
pro solvendo dal Concessionario che
si obbliga a cederli, i crediti
derivanti da noleggi e rinoleggi (di
cui al precedente art. 9.6) da esso
Appendice
effettuati sulla base di Tessere di
Noleggio standard, Acto, vouchers
(come sopra descritti) e/o altri titoli
rilasciati o emessi dall’AVIS e/o sue
consociate estere, ad esclusione
dell’ipotesi
di
appropriazione
indebita di cui all’art. 9.6 “Noleggi a
lasciare e rinoleggi”, applicando una
commissione del 4% sul totale dei
crediti ceduti.
c. L’AVIS, subordinatamente alle
verifiche di cui sopra, acquisterà pro
solvendo
dal
Concessionario,
mediante fatturazione separata, tutti i
crediti che esulino dalle voci
specificamente
sottoscritte
dal
cliente al momento del noleggio.
d. L’AVIS non si assume alcuna
responsabilità né si obbliga a man
levare e tenere indenne il
Concessionario
in
relazione
all’incasso o al mancato incasso dei
corrispettivi dei noleggi da esso
effettuati onorando carte di credito,
vouchers, o altri titoli non rilasciati
emessi dall’AVIS benché la stessa
abbia disposto che questi vengano
riconosciuti
e
onorati
dai
concessionari, a meno che regole e
procedure emanate dall’AVIS non
prevedano diversamente in modo
specifico.
9.13 Pagamenti mensili – Modalità di
pagamento
Il
Concessionario
dovrà
pagare
all’AVIS, entro 30 gg. dalla data di
emissione dell’estratto conto, gli importi
di volta in volta dovuti ai sensi del
presente contratto e dovrà istituire un
sistema di addebito diretto sul conto
bancario che il Concessionario indicherà
per il pagamento di tutte le somme ad
essa dovute. In caso di mancato
pagamento di quanto dovuto all’AVIS,
questa, senza pregiudizi per qualsiasi
altro diritto, potrà compensare in tutto o
in parte le somme dovutegli con i crediti
che il Concessionario dovesse vantare
all’epoca nei suoi confronti. Per i
pagamenti effettuati in ritardo saranno
dovuti gli interessi al tasso prime rate
ABI maggiorato di tre punti e mezzo. È
in facoltà dell’AVIS di risolvere
immediatamente il presente contratto
senza preavviso nell’ipotesi in cui la
esposizione
debitoria
del
Concessionario raggiunga un importo
superiore all’80% della fideiussione
rilasciata.
9.14 Pubblicità
Il Concessionario dovrà investire per
pubblicità e promozione, per ogni anno
di vigenza del presente contratto non
meno del 2,5% dell’importo totale del
fatturato, al netto di benzine ed IVA,
prodotto dalle stazioni presenti sul
territorio autorizzato.
Tale percentuale verrà ripartita nel
seguente modo:
1,25% quale contributo per la campagna
pubblicitaria nazionale promossa da
AVIS, ed il restante 1,25% quale
promozione pubblicitaria a livello
locale.
Sono esclusi, da tale investimento, i
costi relativi ai materiali di supporto di
cui ai punti 12.2, 12.4 e 12.5, nonché
l’inserimento del marchio AVIS negli
elenchi telefonici di cui al paragrafo 9.4.
Tale pubblicità e promozione dovrà
essere preventivamente concordata con
l’AVIS sia per le forme ed i contenuti,
sia per i mezzi d’informazione.
La produzione di tali materiali, dei
tariffari locali e simili, dovrà essere
effettuata tramite l’AVIS, con fornitori
da questa designati e con fatturazione
diretta dal fornitore al Concessionario.
10. CORRISPETTIVI DELLA CONCESSIONE
I corrispettivi dovuti dal Concessionario
all’AVIS per la concessione prevista nel
presente contratto sono fissati nell’allegato E
(Corrispettivi della Concessione). Tali
corrispettivi verranno determinati in relazione
ai veicoli di proprietà del Concessionario di
cui al successivo paragrafo 11 e suddivisi per
il pagamento in canoni mensili. Il
Concessionario sarà tenuto alla liquidazione e
199
Appendice
pagamento dei suindicati canoni mensili,
secondo le modalità stabilite all’art. 9.1 che
precede.
11. VEICOLI DEL CONCESSIONARIO –
PIANO DEL MINIMO GARANTITO
Il Concessionario, per ogni annualità relativa
al presente contratto, dovrà avere disponibili,
per
lo
svolgimento
dell’attività
di
autonoleggio, il numero minimo medio di
veicoli indicati nell’allegato F (Flotta del
Concessionario),
conformi
a
quanto
specificato nell’art. 9.1 (Flotta del
Concessionario)
che
precede.
Il
Concessionario si obbliga a concordare con
l’AVIS ogni 4 mesi il numero minimo medio
di veicoli ed i requisiti della propria flotta,
per la quale esso si impegna a corrispondere
all’AVIS con il consuntivo di ciascun anno i
corrispettivi della Concessione di cui all’art.
10, all. E, e le relative somme a conguaglio
con un minimo garantito di £ 66.474.000.
Tale cifra, a decorrere dal primo gennaio
successivo alla data di stipula del presente
contratto, sarà rivalutata di una percentuale
pari a quella dell’aumento del costo della vita
su base annuale (indice ISTAT dei prezzi al
consumo) per l’adeguamento concordato del
numero e composizione minima media dei
veicoli.
12. OBBLIGHI DELL’AVIS
12.1 Consulenza al Concessionario
L’AVIS metterà a disposizione del
Concessionario, personale competente
e/o
organizzazioni
professionali
convenzionate, per fornire consulenza
sui temi pubblicitari, promozionali,
operativi e di sviluppo dell’attività del
Concessionario nel proprio territorio.
12.2 Insegne, Loghi AVIS e Terminale
Wizard
L’AVIS metterà a disposizione del
Concessionario le insegne luminose, il
terminale Wizard, i loghi AVIS, nonché
i cassonetti luminosi per diafanie
indicati ed inventariati nell’Allegato D.
L’AVIS si riserva il diritto di modificare
in qualunque momento le insegne, i
loghi, il sistema Wizard e quanto sopra.
200
12.3
12.4
12.5
12.6
Tutti i materiali forniti dovranno essere
mantenuti a cura e spese dell’AVIS alla
cessazione del presente contratto per
qualsiasi ragione.
Il Concessionario autorizza fin d’ora
l’AVIS a far ritirare le insegne, i loghi e
quant’altro di Sua proprietà da un suo
incaricato.
Assistenza negli approvvigionamenti
L’AVIS fornirà al Concessionario
l’assistenza
necessaria
per
l’acquisizione
delle
attrezzature
(compresi i veicoli) delle forniture e dei
servizi necessari per lo svolgimento
dell’attività di autonoleggio.
L’arredo dell’ufficio dovrà rispettare
l’immagine AVIS come da capitolato
fornito dalla stessa.
Pubblicazione di stampati e moduli
AVIS metterà a disposizione del
Concessionario, tramite vendita al costo
o in altro modo conveniente, stampati e
moduli da utilizzare nello svolgimento
dell’attività di autonoleggio.
Le spese di spedizione e/o trasporto dei
materiali sono interamente a carico del
Concessionario destinatario dei beni.
Uso dei nomi commerciali AVIS
L’AVIS permetterà al Concessionario
per l’intera durata del presente contratto,
di svolgere la propria attività di
autonoleggio utilizzando anche negli
elenchi telefonici, i marchi e le
espressioni
“AVIS”,
“AVIS
Autonoleggio” e “AVIS System”, a
condizione che:
a. le forme vengano preventivamente
autorizzate da AVIS;
b. tali nomi ed espressioni siano
sempre
seguiti
dalla
parola
“Concessionario”;
c. il Concessionario non utilizzi i nomi
e le espressioni sopra indicate o
qualsiasi variante di questi nella
propria
ditta,
ragione
o
denominazione sociale o nella
intestazione dei propri veicoli.
Pagamenti mensili – Modalità di
pagamento
Appendice
L’AVIS effettuerà il pagamento degli
importi dovuti ai sensi del presente
contratto, entro 30 giorni dalla data di
emissione del relativo estratto conto,
mediante bonifico bancario sul conto
indicato dal Concessionario.
13. FACOLTA’
DELL’AVIS
DI
APPORTARE
MODIFICHE
AL
SISTEMA
L’AVIS espressamente si riserva il diritto di
modificare, nei tempi e nei modi ritenuti più
opportuni, il Sistema AVIS o qualsiasi parte
di esso, incluse applicazioni informatiche,
moduli, stampati, bollettini, Lettere di
Noleggio standard e ogni altro documento
connesso. Il Concessionario si obbliga sin
d’ora
ad
accettare
ed
adottare
immediatamente tutte le modifiche di volta in
volta effettuate dall’AVIS. Eventuali
miglioramenti del Sistema sviluppati dal
Concessionario dovranno essere offerti
all’AVIS a titolo gratuito e, se adottati
dall’AVIS, diverranno proprietà dell’AVIS,
che potrà includere tali miglioramenti nel
sistema AVIS e depositare, registrare o
brevettare tali miglioramenti a suo nome,
come
ritenuto
più
opportuno.
Il
Concessionario non avrà diritto ad usare tali
miglioramenti se non nell’ambito del Sistema
AVIS ed a mero titolo derivativo per la
durata del presente contratto.
14. CESSIONE DEL CONTRATTO
Il Concessionario consente sin d’ora che
l’AVIS possa cedere il presente contratto,
ovvero parte dello stesso, a persona o enti di
scelta dell’AVIS, con efficacia decorrente
dalla
notifica
della
cessione.
Il
Concessionario non potrà cedere il presente
contratto in tutto o in parte a terzi, senza il
preventivo consenso scritto dell’AVIS.
15. CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA
15.1 Fermi restando, per ciascuna parte, i
rimedi di legge in caso di
inadempimento dell’altra parte, l’AVIS
potrà invocare la risoluzione espressa
del presente contratto nei seguenti casi:
a. nel caso di insolvenza, liquidazione,
fallimento
o
altra
procedura
concorsuale, a cui il Concessionario
venga sottoposto o chieda di essere
ammesso, o per la quale sia proposta
istanza, oppure nel caso in cui il
Concessionario ceda anche parte dei
propri beni ai creditori, o sia
addivenuto
ad
un
qualsiasi
concordato con gli stessi;
b. nel caso in cui la Flotta del
Concessionario non raggiunga i
minimi concordati con l’AVIS ai
sensi dell’art. 11;
c. nel caso in cui una qualsiasi delle
autorizzazioni,
concessioni,
permessi o licenze necessari per lo
svolgimento
dell’attività
del
Concessionario (di cui al precedente
art. 9.1), sia negata, revocata,
annullata, sospesa o interrotta,
oppure il libero e continuativo
esercizio di tale attività sia limitato o
impedito in maniera tale da
interessare l’assetto finanziario e
operativo del Concessionario;
d. nel caso in cui il Concessionario
assegni o trasferisca quote od azioni
sociali senza il preventivo consenso
scritto dell’AVIS;
e. nel caso in cui il Concessionario sia
inadempiente anche ad uno soltanto
degli obblighi previsti negli artt. 8,
9.1, 9.3, 9.4, 9.6, 9.7, 9.8, 9.10, 9.12,
9.13 e 14.
15.2 In tutti i casi di cui sopra, l’AVIS potrà
intimare
al
Concessionario
la
risoluzione espressa del contratto a
mezzo
telegramma
o
lettera
raccomandata a r., specificando i motivi
della risoluzione che avrà efficacia
immediata.
16. CONSEGUENZE DELLA CESSAZIONE
DEL CONTRATTO ANCHE IN CASO DI
CONTROVERSIA
a. Alla cessazione del presente contratto, per
qualsiasi ragione, anche in caso di
controversia, fermo restando gli altri
obblighi di legge, il Concessionario avrà
l’obbligo di cessare immediatamente
l’utilizzazione del Sistema AVIS e dei
marchi AVIS, nonché dei materiali forniti
201
Appendice
ai sensi del presente contratto, ivi
compresi i moduli, gli stampati, i
bollettini e gli altri materiali, gli slogans, i
simboli, le espressioni di cui agli artt.12.3
e 12.5 o qualsiasi combinazione di parole,
immagine o colori simili a quelli del
Sistema
AVIS. Il
Concessionario
s’impegna ad annullare, alla presenza di
un rappresentante AVIS, tutte le Lettere
di Noleggio utilizzate, fatti salvi gli
obblighi di legge in tema fiscale. Il
Concessionario
dovrà
restituire
immediatamente all’AVIS tutti i moduli,
il materiale pubblicitario, gli stampati, i
manuali operativi ed i bollettini con le
informazioni commerciali sui clienti,
ricevuti a suo tempo dall’AVIS e non
utilizzati o annullati. L’AVIS rimborserà
al Concessionario quanto da esso a suo
tempo pagato per tali materiali.
b. Il Concessionario si obbliga ora per allora
al fine di salvaguardare l’avviamento
dell’AVIS, ad astenersi dallo svolgere nel
territorio autorizzato, direttamente o
indirettamente, anche tramite persone o
enti da esso controllati o ad esso collegati,
ovvero che abbiano il controllo di esso
Concessionario per un periodo di 12 mesi
dopo la cessazione del presente contratto,
qualsiasi attività in concorrenza con
quella dell’AVIS, in particolare quella di
autonoleggio di veicoli del tipo e
categoria indicati nell’Allegato C “Veicoli
del Concessionario”.
17. CONTRAENTI INDIPENDENTI
Il presente contratto è concluso tra
imprenditori indipendenti. Esso non implica o
determina alcuna nomina del Concessionario
ad Agente o rappresentante dell’AVIS.
Il Concessionario riconosce di non aver
potere alcuno di rappresentanza dell’AVIS e
si obbliga a non comportarsi in maniera tale
da ingenerare nei terzi la convinzione che
esso Concessionario abbia il potere di
rappresentare l’AVIS.
18. CARATTERISTICHE DEL PRESENTE
ACCORDO
Il presente contratto sostituisce tutti gli
accordi precedenti, sia scritti che verbali,
intercorsi tra le parti, eccezion fatta per il
contratto di Licenza per l’utilizzazione del
Sistema Telematico Wizard di cui all’art. 9.5
che precede.
Esso potrà essere modificato soltanto con il
consenso scritto di entrambi i contraenti. I
titoli degli articoli e dei paragrafi sono stati
inseriti solamente per comodità e non
potranno
influire
sulla
corretta
interpretazione e applicazione del contratto.
19. COMUNICAZIONE E AVVISO
Comunicazioni e avvisi previsti nel presente
contratto saranno dati mediante scritto
firmato dalla parte interessata, recapitato per
posta raccomandata all’indirizzo indicato
nell’intestazione del presente contratto.
In casi di particolare urgenza o qualora si
rendesse
difficile
l’inoltro
della
raccomandata, tali comunicazioni potranno
avvenire anche a mezzo telegramma.
Ognuna delle parti potrà modificare il proprio
indirizzo dandone comunicazione all’altra nei
modi sopra indicati.
20. CLAUSOLE
CONTRARIE
ALLA
LEGGE
Qualsiasi clausola del presente contratto che
risulti essere contraria alla legge, non inficerà
in alcun modo la validità delle clausole da
essa indipendenti.
21. ARBITRATO
Ogni controversia che dovesse insorgere
sull’interpretazione, validità, esecuzione o
risoluzione del presente accordo, e comunque
ad esso relativa nel caso di mancata
definizione amichevole, sarà devoluta in via
esclusiva ad un collegio di 3 arbitri, nominati
uno da ciascuna delle parti, e il terzo, che
avrà funzioni di Presidente, dai primi due.
La parte che intende proporre l’arbitrato deve
comunicare all’altra la nomina del proprio
arbitratore e le domande che intende proporre
con lettera raccomandata r.r.. L’altra parte
deve provvedere allo stesso modo entro 10
giorni dal ricevimento della comunicazione.
Gli arbitratori così nominati hanno un
termine di 20 giorni dal giorno in cui la parte
istante per l’arbitrato ha ricevuto la
comunicazione dall’altra parte per nominare
il terzo arbitratore.
202
Appendice
Nel caso la nomina di uno o più arbitratori
non sia stata fatta nei termini di cui sopra
descritti, essa sarà fatta dal Presidente del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Roma su istanza della parte diligente,
contestualmente comunicata all’altra parte
con lettera raccomandata.
Il Collegio, che avrà sede in Roma. Agirà
come comune mandatario delle parti a
definire e transigere la controversia secondo
equità.
Il Collegio potrà, dunque, disporre i più
opportuni mezzi istruttori senza formalità di
procedure e comunicherà alle parti con lettera
raccomandata spedita entro 90 giorni dalla
sua costituzione, la propria determinazione
motivata, assunta a maggioranza, che avrà
per le parti l’efficacia vincolante di un
accordo contrattuale fra loro direttamente
intervenuto. La presente clausola arbitrale
non precluderà alle parti il ricorso alla
Autorità
Giudiziaria
competente
per
l’ottenimento di provvedimenti cautelari.
Le parti indicano, sin d’ora, come Foro
competente, quello di Roma.
22. ULTERIORI DOCUMENTI
Su richiesta dell’AVIS, in qualsiasi momento,
il Concessionario dovrà sottoscrivere tutti gli
altri documenti, anche di carattere
contrattuale, necessari o utili per una migliore
esecuzione del presente contratto, ivi inclusi
documenti da presentare presso l’Ufficio
Centrale Brevetti, o presso altra autorità
amministrativa.
23. REGIME FISCALE DEL CONTRATTO
Le parti si danno reciprocamente atto che le
prestazioni oggetto del presente contratto,
sono soggette ad IVA. Pertanto, il presente
contratto è soggetto all’imposta di registro
nella misura fissa.
Roma, 20 Febbraio 2002
Oggetto: Modifiche ed integrazioni al
contratto di Concessione
In relazione al contratto di Concessione tra noi in
essere stipulato in data 01.07 1996 e successive
modifiche datate 01.07.1998, 14.06.1999,
06.08.1999, 26.01.2000, 01.12.2000, 01.01.2001
e 06.07.2001, a far data dal 1° Aprile 2002, lo
stesso si dovrà intendere così modificato:
1) L’articolo
“11.
VEICOLI
DEL
CONCESSIONARIO – PIANO DEL
MINIMO GARANTITO” è sostituito con il
presente (in grassetto le modifiche).
2) Il Concessionario, per ogni annualità relativa
al presente contratto, dovrà avere disponibili,
per
lo
svolgimento
dell’attività
di
autonoleggio, il numero minimo medio di
veicoli indicati nell’allegato F (Flotta del
Concessionario),
conformi
a
quanto
specificato nell’art. 9.1 (Flotta del
Concessionario)
che
precede.
Il
Concessionario si obbliga a concordare con
l’AVIS ogni 4 mesi il numero minimo medio
di veicoli ed i requisiti della propria flotta,
per la quale esso si impegna a corrispondere
all’AVIS a consuntivo di ciascun anno i
corrispettivi della Concessione di cui all’art.
10, all. E, e le relative somme a conguaglio
con un minimo garantito di euro 164.863,11.
Tale cifra, a decorrere dal primo gennaio
successivo alla data di stipula del presente
contratto, sarà rivalutata di una percentuale
pari a quella dell’aumento del costo della vita
su base annuale (indice ISTAT dei prezzi di
consumo), più l’adeguamento concordato del
numero e composizione minima media dei
veicoli.
3) Le parti dichiarano che le modifiche come
sopra riportate diventano integrante e
sostanziale del contratto sottoscritto in data
01. 07. 1996.
203
Appendice
Contratto di franchising commerciale: BATA
CONTRATTO DI AFFILIAZIONE
COMMERCIALE
TRA
COMPAR S.p.A. con sede legale in Limena
(PD), partita IVA e cod. fisc.……, capitale
sociale Lit. 12.000.000.000.
C.C.I.A.A. di Padova R.D. n. 53356 e R.E.C. n.
19438
Tribunale di Padova al n. 6312 Rag. Soc. e n.
12935 Val. Doc. in persona del suo legale
rappresentante, Sig.……., d’ora innanzi chiamata
COMPAR/BATA (franchisor)
E
La Ditta ……. Sede fiscale …….
Partita IVA ……. Cod. Fisc……..
Capitale sociale Lit……….. Numero di
iscrizione …….. del Registro delle Imprese
di……. Data di iscrizione il: ……. Iscritta alla
Sezione Ordinaria il: …….. Numero Repertorio
Economico Amministrativo: ……. In persona del
suo Legale Rappresentante, Sig…….., nato a
……residente a ….. Cod. Fisc. ……, d’ora
innanzi chiamato AFFILIATO (franchisee)
PREMESSO CHE
La COMPAR/BATA è proprietaria esclusiva del
marchio BATA in Italia, così come rappresentato
in allegato (1);
In Italia è leader assoluta nel franchising delle
calzature e pelletterie;
La formula dell’affiliazione commerciale ha
permesso all’azienda di incrementare la sua
presenza raggiungendo tutte le regioni italiane,
proponendo ogni anno nuovi negozi;
Gli attuali numerosi negozi in franchising
testimoniano il successo della formula del
FRANCHISING BATA che oggi può vantare
con i propri affiliati esperienze di oltre 15 anni di
partnership;
dall’adozione del FRANCHISING BATA il
trend di sviluppo di nuove unità e del giro
d’affari ha tracciato una linea in salita con tassi
d'incremento evidenti ed incontestabili;
il valore delle conoscenze tecniche, commerciali,
gestionali e di marketing relative alla
commercializzazione
del
prodotto
sono
testimoniate dal successo e dalla presenza del
marchio BATA in Italia e all’estero;
negli ultimi anni la BATA ha intrapreso con
successo l’introduzione dell’immagine e dei
punti vendita attraverso la proposta di collezione
sempre in linea con le tendenze della moda e gli
stili di vita emergenti, inclusi anche i più
prestigiosi marchi sport internazionali;
il programma di sviluppo per i prossimi anni
prevede l’apertura di numerosi nuovi negozi in
tutto il territorio nazionale, al fine di attirare una
clientela sempre più numerosa verso i punti
vendita BATA;
l’affiliato è intenzionato ad entrare a far parte
della rete di distribuzione e vendita BATA
attraverso la formula FRANCHISING BATA,
senza che ciò possa dar luogo ad alcuna forma
associativa o para associativa o ad alcun vincolo
di subordinazione,
l’affiliato è titolare di un negozio per la vendita
al minuto di calzature e pelletteria sito nel
Comune di ……… via ……..
la
serietà
e
l’esperienza
commerciale
dell’affiliato sono garantite dalla posizione
acquisita nella realtà locale ormai consolidata;
aderendo alla formula FRANCHISING BATA,
l’affiliato si propone un’ulteriore espansione
quantitativa, qualitativa e d’immagine della
propria impresa, attraverso il servizio di
assistenza e la vendita di prodotti forniti da
COMPAR/BATA.
Da ciò premesso le parti convengono e stipulano
il seguente contratto di
AFFILIAZIONE
COMMERCIALE
(FRANCHISING)
Le premesse costituiscono parte integrante del
presente contratto.
Articolo 1
Oggetto del contratto
COMPAR/BATA concede in licenza all’affiliato
l’utilizzo del marchio e dei segni distintivi
204
Appendice
BATA secondo le modalità in seguito
specificate.
L’affiliato è autorizzato da COMPAR/BATA a
vendere
in
nome
proprio,
calzature,
abbigliamento, borse, pelletteria, fornite con
marchio BATA ed altri marchi di proprietà
COMPAR/BATA come da allegato.
La fornitura della merce di cui al punto 1.2 sarà
commissionata dall’affiliato a COMPAR/BATA
scegliendola dalla collezione BATA, in
proporzione adeguata tra le categorie uomo,
donna, bambino, pantofole, tennis, borse e
accessori.
COMPAR/BATA trasferisce all’affiliato il
proprio know-how, ossia, l’insieme delle proprie
conoscenze tecniche, commerciali, gestionali e
d’immagine relative ai prodotti indicati al punto
1.2, come meglio specificati nel manuale
operativo allegato al presente contratto.
Articolo 2
Forniture merci e prezzi
2.1 La merce di cui al punto 1.2 sarà fatturata da
COMPAR/BATA al prezzo di vendita al
pubblico nell’epoca di consegna, in regime di
IVA …%, con lo sconto:
per le calzature, del ….+1%
(di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo
sconto reclamazione merce usata).
per l’abbigliamento in tessuto, del ….+1% ( di
cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto
reclamazione merce usata)
per l’abbigliamento in pelle, del …+1% (di cui
…% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto
reclamazione merce usata)
per le borse, pelletterie, valigie, zaini, del …+1%
(di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo
sconto reclamazione merce usata)
per le cinture, del …+1% (di cui …% per lo
sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione
merce usata)
per la merce con marchi, del …+1% (di cui…%
per lo sconto merce, e 1% per lo sconto
reclamazione merce usata)
per gli accessori per calzature, del …+1% (di cui
….% per lo sconto merce, e1% per lo sconto
reclamazione merce usata)
oltre ad IVA e/o altre imposte che dovessero
intervenire.
I suindicati sconti avranno validità per il
medesimo periodo in cui varranno le aliquote
IVA attualmente vigenti.
Qualora le aliquote subissero variazioni in più
e/o in meno, gli sconti subiranno correlato
adeguamento.
2.2 I prezzi di vendita, indicati al momento
dell’ordine, s’intendono orientativi, potendo
subire variazioni in aumento o diminuzione al
momento della consegna.
2.3 In caso di variazione prezzi, non si procederà
a conguagli di valori per la merce già
consegnata.
2.4 La consegna della merce sarà in parte
assegnata, mediante addebito in fattura delle
spese di trasporto che sono per ora
forfettariamente convenute in Lit……al paio di
calzature o pezzo di abbigliamento o borsa
spedita; tale importo potrà essere variato secondo
i listini degli spedizionieri pubblici o privati.
(Sono gratuiti gli imballi).
2.5 Salvi diversi e/o successivi accordi scritti, il
pagamento della merce dovrà essere effettuato a
mezzo Ricevuta Bancaria gg. 60/FINE MESE
dalla data di fattura, comprese le spese di
trasporto che saranno regolarmente fatturate.
2.6 In caso di inadempimento dei pagamenti alla
regolare scadenza, si applicherà la decadenza del
beneficio del termine di cui all’art. 1186 c.c.,
nonché gli interessi moratori, che le parti sin
d’ora convengono nel tasso bancario corrente
applicato a COMPAR in quel momento
maggiorato di 4 punti, decorrenti dalla formale
messa in mora del debitore a titolo di rimborso
spese di procedura e risarcimento del danno
derivante dall’inadempimento medesimo, fermo
restando il diritto di COMPAR/BATA di
risolvere il presente contratto.
Il mancato pagamento delle fatture alla scadenza
fissata comporta altresì, l’automatico blocco
delle successive forniture.
2.7 Le merci vendute con pagamento differito
rispetto alle consegne, sono sottoposte a patto di
riservato dominio con riserva della proprietà a
favore di COMPAR/BATA fino all’integrale
pagamento.
Articolo 3
205
Appendice
Regolamento resi – Reclami – Contestazioni
3.1 La merce manifestamente difettosa sarà resa
presso il deposito della COMPAR/BATA di
Limena in porto assegnato con il mezzo più
economico entro il trentesimo giorno dalla
consegna, e COMPAR/BATA accrediterà il
controvalore con lo sconto di cui all’art. 2.1 oltre
IVA, considerando per base il prezzo della
fattura iniziale con cui la merce è stata fornita.
3.2 Trascorso il termine sopra indicato (30
giorni), senza che vi siano reclami o
contestazioni, la merce consegnata s’intenderà
regolare a tutti gli effetti, restando a carico
dell’affiliato gli oneri per le eventuali riparazioni
e/o contestazioni dalla clientela.
3.3 In ogni caso, non è previsto né concesso il
reso della merce difettosa usata dalla clientela,
essendo già previsto in fattura lo sconto reclami
dell’1%.
Articolo 4
Operatività
4.1 L’ambito di attività del presente rapporto tra
COMPAR/BATA e affiliato, è delimitato dai
confini della prov./ com./ quartiere di …….
Articolo 5
Esclusiva
5.1 COMPAR/BATA s’impegna a non instaurare
altri rapporti di affiliazione commerciale
contraddistinti dall’insegna BATA nell’ambito
del territorio di operatività del presente contratto
di cui all’art. 4, riservandosi peraltro, la
possibilità di mantenere o aprire negozi a
struttura tradizionale con altre insegne, diretti o
affiliati, nella stessa zona del …………..
L’affiliato s’impegna a svolgere l’attività
inerente al presente contratto unicamente nella
sede del punto vendita del Comune di
…………….. via ……..
5.2 Il trasferimento del punto di vendita deve
essere preventivamente concordato e autorizzato,
poiché la variazione medesima potrebbe essere
pregiudizievole della natura del rapporto.
5.3 L’affiliato s’impegna, salvo diversi e separati
accordi
con
COMPAR/BATA,
a
non
commercializzare prodotti in concorrenza
(uguali, simili o comparabili) con quelli forniti
da COMPAR/BATA, ferma restando la
possibilità per l’affiliato di acquistare prodotti
diversi da quelli oggetto del presente contratto,
per una quota non superiore al …5 delle vendite
realizzate nell’anno di esercizio, presso fornitori
di sua scelta, previa autorizzazione di
COMPAR/BATA.
Il mancato rispetto del contenuto del presente
articolo comporta la risoluzione di diritto del
contratto.
Articolo 6
Durata del contratto
6.1 Il presente contratto avrà durata …
(…..)……. A partire dal …/ …/ … e si intenderà
tacitamente rinnovato di anno in anno in
mancanza di regolare disdetta da comunicarsi
con lettera raccomandata a.r. con anticipo di
mesi dodici rispetto alla scadenza naturale.
Articolo 7
Cessione del contratto
7.1 Il presente contratto, come pure ogni diritto
da esso nascente, non può essere oggetto di
cessione a terzi senza previa autorizzazione
scritta da parte di COMPAR/BATA, trattandosi
di rapporto “intuitu personae”.
Articolo 8
Diritto di prelazione
8.1 In caso di cessione dell’esercizio/azienda
commerciale, è riconosciuto a COMPAR/BATA
diritto
di
prelazione
sull’acquisto
dell’esercizio/ramo d’azienda medesima.
Articolo 9
Garanzie
9.1 In funzione della buona esecuzione del
presente contratto, l’affiliato presterà a favore
della COMPAR/BATA idonea garanzia per la
somma ritenuta congrua in rapporto al volume
del fatturato e del conseguente scoperto medio in
relazione ai termini di pagamento pattuiti.
9.2 Detta garanzia dovrà essere data con deposito
cauzionale fruttifero o con fideiussione di
primaria banca italiana o estera escutibile a
prima richiesta scritta o mediante il rilascio di
cambiali.
9.3 Le parti converranno con separato atto,
allegato al presente contratto, i termini e le
206
Appendice
condizioni della succitata garanzia. La mancata
emissione, della citata garanzia, è causa di nullità
del presente contratto.
Articolo 10
Obbligazioni di COMPAR/BATA
10.1 COMPAR/BATA s’impegna a concedere
all’affiliato la licenza d’uso dei propri segni
distintivi, nonché a trasferire il proprio knowhow come già previsto all’art.1.
10.2 COMPAR/BATA s’impegna a fornire
assistenza tecnica e commerciale per avviare
l’impresa dell’affiliato.
10.3 COMPAR/BATA s’impegna a fornire
consulenza commerciale, promozionale e di
marketing, durante tutta la durata del rapporto.
10.4 COMPAR/BATA s’impegna a fornire
l’addestramento iniziale al personale che sarà
impiegato dall’affiliato nell’impresa.
10.5 COMPAR/BATA s’impegna a fornire
all’affiliato tutti i suddetti servizi senza
discriminazione con le proprie unità di vendita.
10.6 COMPAR/BATA s’impegna a fornire tutti i
materiali pubblicitari e promozionali per vetrine,
arredo, imballaggi, già predisposti per i propri
punti vendita.
10.7 COMPAR/BATA s’impegna a non
sottoscrivere nella zona di competenza altri
contratti
di
affiliazione
contraddistinti
dall’insegna BATA come previsto al precedente
art. 5.1.
10.8 COMPAR/BATA s’impegna a non
richiedere quote di partecipazione per eventuali
campagne pubblicitarie istituzionali svolte a
mezzo stampa, televisione, radio, affissioni e
altri mezzi sempre a livello nazionale.
10.9 COMPAR/BATA s’impegna ad organizzare
annualmente almeno due incontri fra i vari
affiliati al fine di visionare il campionario ed
aggiornare e discutere la comune strategia
commerciale e d’immagine.
10.10 COMPAR/BATA s’impegna a garantire
l’affiliato contro tutti i terzi che si predicassero
titolari di marchi o altri segni simili a quelli dati
in uso per la merce posta in vendita e fornita da
COMPAR/BATA, nonché a farsi parte attiva per
inibire tutte le usurpazioni che saranno
commesse da terzi per i medesimi segni
distintivi.
10.11 COMPAR/BATA s’impegna a garantire la
libera scelta di acquisto su tutti i modelli previsti
per i propri negozi.
10.12 COMPAR/BATA s’impegna a garantire la
consegna della merce commissionata, alle stesse
epoche previste per i negozi BATA salvo i ritardi
dovuti alla produzione.
Articolo 11
Obbligazioni dell’affiliato
11.1 (punto vendita)
L’affiliato s’impegna ad allestire/trasformare il
proprio negozio, a proprie spese, corredando gli
interni, le vetrine ed installando le insegne (di
proprietà
COMPAR/BATA)
secondo
i
suggerimenti dei tecnici della COMPAR/BATA
in modo che l’immagine del negozio sia
conforme a quella standard dei negozi BATA.
11.2 (materiale d’arredamento)
L’affiliato s’impegna a non utilizzare alcun
componente dell’arredamento tipico dei negozi
BATA in altri punti vendita suoi o di terzi, anche
se tale componente sia stato dismesso su
autorizzazione di COMPAR/BATA.
11.3 (gestione del punto vendita)
La gestione del negozio è a carico dell’affiliato
con particolare riguardo alle imposte IVA,
imposte indirette, comunali, sul reddito, ed ogni
altro.
11.4 (oneri e spese)
Ogni onere o spesa relativi alla gestione del
negozio, quali, ad esempio, acquisto computer,
riparazioni, restauri, etc. sono a carico
dell’affiliato.
11.5 (conduzione ordinaria dell’attività)
L’affiliato s’impegna alla ordinata e diligente
conduzione della propria attività rispettando gli
standard di qualità nella presentazione e/o
vendita dei prodotti così come indicati nel
MANUALE
OPERATIVO
fornito
da
COMPAR/BATA.
11.6 (personale impiegato)
Il personale impiegato nel punto vendita si
intende assunto e retribuito esclusivamente
dall’affiliato al quale ne spetta la totale gestione.
L’affiliato s’impegna, altresì, ad informare per
iscritto il proprio personale sullo spirito e sul
significato del presente contratto, precisando che
nessun rapporto di lavoro intercorre o
207
Appendice
intercorrerà, per nessun motivo, tra il personale
stesso e COMPAR/BATA.
11.7 (assunzione personale)
In caso di assunzione di personale questo dovrà
possedere la professionalità adeguata per fornire
un efficiente servizio alla clientela in conformità
agli standard richiesti da COMPAR/BATA.
Sono, comunque, a carico dell’affiliato tutte le
spese necessarie per il training iniziale di detto
personale.
11.8 (segretezza)
L’affiliato s’impegna ad adottare la necessaria
riservatezza nell’utilizzo del know-how e delle
altre informazioni commerciali messe a sua
disposizione da COMPAR/BATA; si obbliga a
non divulgare le informazioni riservate e a porre
in essere tutte le attività necessarie per evitare un
uso non autorizzato o la divulgazione di tali
informazioni da parte del personale alle proprie
dipendenze inserendo una clausola speciale in
tutti i relativi contratti, e sarà ritenuto
responsabile dell’esatto adempimento da parte
dei dipendenti stessi dell’obbligo così assunto.
11.9 (obblighi di comunicazione)
Il presente contratto viene concluso avendo
riguardo
alla
situazione
patrimoniale
dell’affiliato, il quale, pertanto, è tenuto a
comunicare con lettera raccomandata entro 8
giorni dal suo verificarsi ogni rilevante modifica
che intervenga sul proprio patrimonio
(accensioni ipoteche, pegni, gravami su beni
mobili o immobili, etc.).
L’affiliato è comunque tenuto a comunicare, con
le stesse modalità di cui sopra, ogni rilevante
modifica che intervenga nella propria compagine
sociale, ivi compreso il mutamento di organi
dirigenti aventi poteri decisionali. Le modifiche
di cui sopra si riterranno ininfluenti ai fini della
prosecuzione del presente rapporto qualora
COMPAR/BATA non manifesti nei successivi
15 giorni una diversa volontà.
11.9.1 L’affiliato s’impegna, altresì, a riferire
prontamente a COMPAR/BATA qualunque
violazione del marchio o dell’immagine BATA
di cui sia venuto a conoscenza, direttamente o
indirettamente, nell’esercizio della propria
attività commerciale, prestando assistenza alle
azioni legali intentate contro i responsabili, se
richiesta da COMPAR/BATA.
11.9.2 L’affiliato s’impegna, inoltre, a fornire a
COMPAR/BATA, con scadenza settimanale,
relazioni sulle vendite, sulla penetrazione nel
mercato locale ed ogni altra informazione utile
alla pianificazione della comune strategia
commerciale.
11.10 (azioni promozionali)
L’affiliato s’impegna a partecipare alle stesse
azioni promozionali che saranno predisposte
dalla COMPAR/BATA per le vetrine e gli interni
dei propri negozi.
11.10.1 L’affiliato s’impegna, altresì, a
sottoporre
a
COMPAR/BATA
per
l’approvazione eventuali azioni promozionali e
di sconto nel punto vendita, oltre ai resti degli
annunci e le campagne pubblicitarie che
intendesse
intraprendere
nell’ambito
di
operatività del presente contratto ed ogni altra
iniziativa che preveda l’inserimento del “logo”
BATA.
11.11 (assistenza tecnica)
L’affiliato s’impegna ad accettare l’assistenza
tecnica
ed
i
suggerimenti
della
COMPAR/BATA: qualora fosse richiesto
l’intervento dei vetrinisti della COMPAR/BATA
ne sarà fatturato il costo sulla base delle tariffe
sindacali e delle spese di trasferta.
11.12 (minimi di acquisto)
L’affiliato s’impegna ad acquistare dalla
COMPAR/BATA un minimi del …% del valore
delle vendite sviluppato dal negozio e,
comunque, non meno di …paia di calzature, di
…capi di abbigliamento, di … pezzi di borse ed
accessori l’anno ed in quota proporzionale tra il
……… ed il …….
La previsione d’acquisto per i periodi successivi
sarà concordata sulla base delle proiezioni di
mercato elaborate da COMPAR/BATA e fissate
con l’affiliato entro il 31/ 12 di ogni anno.
11.13 (prezzi di rivendita)
I prezzi suggeriti dai listini o apposti sulle
etichette BATA sono da considerarsi quali prezzi
massimi di rivendita raccomandati. L’affiliato,
comunque, s’impegna, nello stabilire i propri
prezzi, a tutelare il buon nome, il marchio,
l’immagine e la rete distributiva BATA.
11.14 (controlli ed ispezioni)
L’affiliato s’impegna a consentire in qualunque
momento a COMPAR/BATA di ispezionare le
208
Appendice
operazioni del negozio, controllare il loro
metodo
di
gestione
(ad
esempio:
l’organizzazione commerciale, la contabilità del
negozio, il personale, l’assortimento della merce,
le attività promozionali e di vendita,
l’esposizione dei prodotti e dei marchi all’interno
e nelle vetrine) al fine di accertare la piena
conformità del negozio e delle attività ad esso
inerenti con gli standard e le politiche
commerciali adottate da COMPAR/BATA.
11.15 (assicurazioni)
L’affiliato s’impegna a stipulare con primari
istituti assicurativi e per congrui valori di
copertura, idonee polizze per il rischio incendio e
furto relativamente al volume medio delle merci
giacenti in negozio o magazzini interni o esterni,
provvedendo ad inviare a COMPAR/BATA
copia della polizza stipulata e debitamente
quietanzata.
11.16 (tutela del consumatore)
In caso di risoluzione contrattuale di qualsiasi
natura o di scadenza naturale del contratto,
l’affiliato s’impegna per un periodo di mesi … a
non continuare a porre in vendita merci eguali o
simili a quelle di cui all’oggetto del presente
contratto, onde evitare confusione o errori di
fatto per il consumatore.
Articolo 12
Risoluzione di diritto
Clausole risolutive.
Il presente contratto s’intenderà risalto di diritto
con il verificarsi delle violazioni dei seguenti
articoli:
12.1 violazione dell’art. 5.2 (esclusiva)
12.2 qualora non venga offerta la prelazione di
cui all’art. 8
12.3violazione degli obblighi di cui all’art. 11 ed
in particolare:
> conduzione ordinata e diligente dell’attività
> segretezza
>comunicazioni
11.15 > assicurazioni
Nonché al verificarsi dei seguenti
eventi:
12.4 qualora l’affiliato ritardasse il pagamento
delle fatture di oltre 60 giorni dalla scadenza
(cfr.: art. 2.6), salvo venga concessa una proroga
per iscritto da COMPAR/BATA e salvi in ogni
caso gli interessi di mora.
12.5
qualora
qualunque
autorizzazione,
consenso,
permesso,
licenza,
esenzione,
registrazione o altro requisito di qualunque
organo od autorità amministrativa, giudiziaria o
pubblica sia richiesto per consentire all’affiliato
di
rivendere
i
prodotti
forniti
da
COMPAR/BATA venga modificato, revocato,
rinunciato o rifiutato o cessi di essere in vigore
recando pregiudizio all’attività.
qualora vengano meno le garanzie prestate o
vengano
iniziate
procedure
concorsuali
dall’affiliato o contro l’affiliato.
Qualora l’affiliato faccia cattivo uso o un uso
non autorizzato dei marchi, segreti commerciali e
del know-how commerciale licenziati da
COMPAR/BATA.
Qualora l’affiliato venga condannato per delitto
con entenza passata in giudicato.
Articolo 13
Conseguenze alla risoluzione – Clausola penale
13.1 Intervenuta la risoluzione del presente
contratto, fatto salvo ogni altro effetto previsto
dalla legge, COMPAR/BATA ritirerà le merci
tutte giacenti presso i locali condotti dell’affiliato
perché di sua proprietà, in forza di patto di
riservato dominio e tratterrà quanto già pagato
quale acconto a titolo di risarcimento del
maggior danno subito.
13.2 L’affiliato cesserà immediatamente l’uso
dei segni distintivi e del know-how di
COMPAR/BATA, come pure l’uso di qualunque
altro segno e materiale stampato che contenesse
marchi o riferimenti ad essi, incluso l’uso di
qualsiasi marchio nominativo, marchio di
servizio o marchio simile o idoneo ad essere
confuso con quelli di COMPAR/BATA.
13.3 Qualora l’affiliato non si conformi a quanto
previsto al punto 13.2 nel termine di gg. 30
dall’avvenuta risoluzione contrattuale, sin d’ora
si conviene il pagamento di una penale di Lit.
1.000.000 al giorno, dalla scadenza del termine.
Articolo 14
Condizioni sospensive
Il presente contratto e tutti i diritti ed obblighi da
esso nascenti sono sottoposti alla seguente
209
Appendice
condizione sospensiva: l’affiliato dovrà essere in
possesso di tutte le polizze assicurative previste
dal presente contratto, delle necessarie
autorizzazioni e licenze richieste dalla legge o
regolamenti per attività commerciale esercitata,
copie delle quali dovranno essere consegnate a
COMPAR/BATA.
Articolo 15
Caso fortuito e forza maggiore
Nessuna parte sarà responsabile verso l’altra per
le perdite o i danni causati da scioperi, agitazioni
sindacali, serrate, incidenti, incendi, scarsità o
mancanza di materie prime, ritardi dei vettori,
caso fortuito, atti di governo, stato di guerra e/o
qualunque altra causa di forza maggiore.
La parte interessata dovrà comunicare all’altra
l’evento entro 7 giorni dal suo verificarsi.
Articolo 16
Legge applicabile
Il presente contratto sarà retto ed interpretato
dalla legge italiana.
Articolo 17
Foro competente
Per
qualsiasi
controversia
relativa
all’interpretazione ed esecuzione del presente
contratto, sarà competente il Foro di Padova.
Articolo 18
Clausola finale
18.1 Con la sottoscrizione del presente contratto,
si intende nullo ogni precedente accordo,
impegno, dichiarazione, rapporto o intesa, siano
esse orali o scritte connesse oggettivamente con
lo stesso.
18.2 Qualsiasi modificazione del presente
contratto dovrà essere fatta nella medesima
forma scritta e firmata da funzionari che ne
abbiano i poteri.
210