Indice INDICE CAPITOLO I Il franchising: un fenomeno in espansione 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. Le origini del contratto di franchising, il cui spirito era presente in nuce già nel medioevo, fino a divenire, dopo la guerra di secessione americana del 1861, pratica usuale nello sviluppo aziendale del settore terziario.................................................................................................... 3 Le caratteristiche del franchising europeo rispetto a quello americano: differenze di ordine psicologico, culturale e sociale. ....................... 5 Lo sviluppo del franchising in Italia dalla sua presumibile data di nascita, il 1871, sino ai giorni nostri. .................................................................. 7 I dati italiani: il Rapporto Quadrante 2000, elaborato da Quadrante S.r.l., Società di consulenza di franchising. ........................................................ 8 I franchisee devono diffidare dalle attività improvvisate e scarsamente professionali e dalle promesse eccessivamente ottimistiche di facili guadagni fatte dalle case madri........................................ 14 Internet: fonte primaria per imprenditori a caccia di business.......................... 16 Peculiarità del franchising rispetto agli altri contratti di distribuzione; in particolare rispetto alla concessione di vendita. .................... 18 Definizione giuridica del contratto di franchising. ........................................... 20 Le varie tipologie del contratto: a) il franchising distributivo; b) il franchising produttivo; c) il franchising di servizi............................................ 22 Definizioni giurisprudenziali. ........................................................................... 30 CAPITOLO II I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 1. 2. 3. 4. 5. Definizione di imprenditore ex art.2082 c.c. .................................................... 40 Peculiarità dell’imprenditore inserito nella rete di franchising rispetto all’imprenditore “indipendente”. ......................................................... 43 Il franchisor: un imprenditore affermato che utilizza i capitali altrui per espandersi più rapidamente sul mercato. .................................................... 45 Il franchisee: imprenditore moderno, attivo e partecipativo, che si affianca ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova attività, ma senza correrne i rischi. ................................................................... 47 Come scegliere il franchisor, preferendo le iniziative sul mercato di riferimento che emergono per serietà, validità ed efficacia, I Indice 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. valutando le reali possibilità di successo dell’attività e tenendo conto, nello stesso tempo, della cultura e delle consuetudini locali. – Costi di start up o di avviamento iniziale....................................................... 51 I presupposti del contratto. – Il concetto di pre-franchising e di pilotage. – Contratto preliminare di franchising, spesso considerato “inutile” e sostituito da un contratto già definitivo ma condizionato in via sospensiva o risolutiva al verificarsi dell'evento che impedisce l'immediata sottoscrizione. – Il contratto definitivo. ....................... 58 Note contrattuali................................................................................................ 66 Obbligazioni dell’affiliante: a) licenze d’uso; b) zona di protezione dell’affiliato; c) poteri-doveri di indirizzo e di controllo dell’affiliante; d) concessione in uso dei segni distintivi; e) trasferimento del know-how e assistenza; f) clausola di esclusiva; g) fornitura dei beni. ......................................................................................... 66 Obbligazioni dell’affiliato: obbligazioni di interesse generale della rete; obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e dell’identità della rete..................................................................................................................... 66 Tutela dei segni distintivi, del know-how, del software, dell’immagine commerciale del franchisor....................................................... 66 Rilevanza contrattuale del c.d. segreto di impresa: obbligo di segretezza, previsto in genere solo a carico del franchisee, ma talvolta anche del franchisor, inteso come effetto naturale dei contratti di trasferimento di tecnologie. ............................................................ 66 La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei consumatori....................................................................................................... 66 La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei contraenti........................................................................................................... 66 Scioglimento del rapporto – Risoluzione, scadenza, mancato rinnovo del contratto – La durata del contratto e gli obblighi successivi allo scioglimento del contratto......................................................... 66 Profili fallimentari: scioglimento del rapporto contrattuale nel caso di fallimento dell’affiliato. ................................................................................ 66 Tipicità o atipicità del franchising?................................................................... 66 CAPITOLO III La disciplina del contratto di franchising 1. 2. La disciplina applicabile al contratto di franchising: in particolare, richiamo alle disposizioni generali codicistiche che disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano ed al Ddl Senato 4 luglio 2000. .................................................................................................... 66 Relazione Tavola Rotonda del 26/09/00 – Incontro con Sviluppo Italia sul nuovo d.lgs. 185/00 per le agevolazioni al settore del franchising......................................................................................................... 66 II Indice 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. Relazione Tavola Rotonda del 18/09/01 – Incontro sull’ipotesi di applicazione al franchising del G.E.I.E. e del trust........................................... 66 I codice di autodisciplina ed in particolare il Codice Deontologico dell’Assofranchising. ........................................................................................ 66 Regolamento dell’Associazione Italiana del Franchising (01/01/95 rev. in data 01/04/97). ....................................................................................... 66 Dalla Promofranchising alla Federazione Italiana del Franchising e del Partenariato. ................................................................................................ 66 Promofranchising: uno strumento della FIF. .................................................... 66 Il Codice Deontologico Europeo e la sua forza esecutiva – Norme relative alla pubblicità per il reclutamento – Relazione dei franchisee – Regole relative al contratto........................................................... 66 Regole sulla concorrenza – Restrizioni pattizie alla concorrenza – Disciplina antitrust. ........................................................................................... 66 Federazione Europea del Franchising. .............................................................. 66 Il caso Pronuptia. .............................................................................................. 66 CAPITOLO IV Il franchising di servizi 1. 2. 3. 4. Franchising di servizi e franchising di distribuzione, cui corrispondono, rispettivamente, obbligazioni di facere e di dare. .................... 66 Il franchising di servizi. .................................................................................... 66 Franchising di servizi e franchising di distribuzione: differenze nell’ubicazione del punto di vendita ed analisi delle rispettive clientele. ............................................................................................................ 66 Il franchising misto, una commistione fra i due principali tipi di franchising: la prestazione di servizi può essere associata alla distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può richiedere la prestazione di servizi alla clientela. ............................................. 66 CONCLUSIONI................................................................................................... 66 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................. 66 APPENDICE ......................................................................................................... 66 III CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione CAPITOLO I Il franchising: un fenomeno in espansione 1 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione SOMMARIO: 1. Le origini del contratto di franchising, il cui spirito era presente in nuce già nel medioevo, fino a divenire, dopo la guerra di secessione americana del 1861, pratica usuale nello sviluppo aziendale del settore terziario. – 2. Le caratteristiche del franchising europeo rispetto a quello americano: differenze di ordine psicologico, culturale e sociale. – 3. Lo sviluppo del franchising in Italia dalla sua presumibile data di nascita, il 1871, sino ai giorni nostri. – 4. I dati italiani: il Rapporto Quadrante 2000, elaborato da Quadrante S.r.l., Società di consulenza di franchising. – 5. I franchisee devono diffidare dalle attività improvvisate e scarsamente professionali e dalle promesse eccessivamente ottimistiche di facili guadagni fatte dalle case madri. – 6. Internet: fonte primaria per imprenditori a caccia di business. – 7. Peculiarità del franchising rispetto agli altri contratti di distribuzione; in particolare rispetto alla concessione di vendita. – 8. Definizione giuridica del contratto di franchising. – 9. Le varie tipologie del contratto: a) il franchising distributivo; b) il franchising produttivo; c) il franchising di servizi. – 10. Definizioni giurisprudenziali. 2 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione 1. Le origini del contratto di franchising, il cui spirito era presente in nuce già nel medioevo, fino a divenire, dopo la guerra di secessione americana del 1861, pratica usuale nello sviluppo aziendale del settore terziario. Le radici del termine franchising sono nel medioevo, quando alti funzionari della Chiesa pagavano al re o al governo una somma forfetaria denominata “franchigia” in cambio del diritto a riscuotere i tributi necessari alle loro funzioni. La franchigia è stipulata tra proprietario e riscossore, due figure giuridiche indipendenti: è possibile, per esempio, l’utilizzo esclusivo del prodotto in cambio di investimenti insieme alla casa madre. È necessario regolarizzare le posizioni nel contratto per evitare possibili raggiri . Pratica cessata con il Concilio di Trento nel 1562 che sanzionò un diverso sistema di imposizione, successivamente si imposero dottrine anglosassoni in favore del libero commercio e della soppressione di pedaggi e dogane interne e la franchigia cadde in disuso , mantenendo il suo significato. Ebbe grande sviluppo dopo la guerra di secessione americana: numerose industrie ed operatori locali erano felici di fregiarsi della prerogativa di beneficiare di marchi e simboli della grande industria ma al tempo stesso erano gelosissimi del proprio status di imprenditori indipendenti (General Motors, Singer). Costrinsero i proprietari a condizionarli, inserendo nei contratti clausole sempre più specifiche in ordine alla collaborazione. Questo tipo di rapporto, progredendo nel tempo è andato via via perfezionandosi fino a diventare quello che noi oggi conosciamo come contratto di franchising, divenendo pratica usuale nello sviluppo aziendale del settore terziario. 3 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Sulle origini dei primi contratti di associazione, il cui spirito ha dato origine al contratto di franchising esistono due teorie discordanti: per alcuni tutto è cominciato negli Stati Uniti con i “gerenti associati” organizzati da F. Woolworth; per Dolby, invece il franchising è nato contemporaneamente, intorno al 1929, sulle due coste dell’Oceano Atlantico: in Francia e negli USA. In Francia, presso il lanificio di Roubaix1, il titolare Jean Prouvost aveva incaricato un giovane ingegnere del suo staff, Philippe Bourguignom, di dare vita alla prima grande catena di magazzini specializzati nella vendita di lane da lavorare a maglia: le “Laines du Pingouin”, con l’obiettivo di assicurare allo stabilimento appena costruito il rapido smaltimento della produzione di filati. Questi associò un certo numero di dettaglianti indipendenti al produttore mediante un contratto che garantiva loro l’esclusività del marchio, peraltro lanciato e sostenuto da molteplici campagne pubblicitarie, in una zona territoriale ben definita e delimitata. Tale contratto, a quell’epoca, non si chiamava ancora contratto di franchising ma, nelle sue grandi linee, ne aveva già le caratteristiche e lo spirito. All’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1939, la rete Pingouin contava ben 350 franchisee, mentre oggi, solo in Francia sono oltre 1200. Negli Stati Uniti, agli inizi degli anni Trenta, l’industria automobilistica si scontrava invece con l’applicazione delle leggi antitrust che proibivano, tra l’altro, ai costruttori l’integrazione verticale con i rivenditori. Per aggirare tale normativa il direttore generale della 1 Cfr.: www.assofranchising.it 4 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione General Motors mise a punto, con i legali dell’azienda, un contratto che associava in modo più liberale i rivenditori di auto con la casa madre. Ebbe origine così il primo contratto di franchising americano. Questa doppia origine del franchising ha la sua importanza nella storia del sistema. Individua già due vie di sviluppo, da una e dall’altra parte dell’Atlantico. Seppure coetanei, è stato comunque il franchising americano la causa dello sviluppo rapido di quello europeo (in particolare francese) nel decennio ‘70-80. 2. Le caratteristiche del franchising europeo rispetto a quello americano: differenze di ordine psicologico, culturale e sociale. Il franchising europeo, nei confronti di quello statunitense, presenta differenze di ordine psicologico: il franchisee americano è attratto soprattutto dalla prospettiva di diventare imprenditore autonomo e di avere un facile guadagno; quello europeo, invece, bada di più alla limitazione del rischio; al contrario di quanto avviene negli USA infatti, il franchisee europeo è molto restio a pagare forti diritti di entrata (front money) mentre preferisce pagare royalty più elevate. Ciò si spiega con il desiderio, da un lato, di correre minor rischio e, dall’altro, di avere nel franchisor un vero partner e perciò condizionarne l’assistenza e la consulenza durante tutto il rapporto di franchising. C’è, inoltre, una diversa concezione del sistema: mentre negli Stati Uniti il franchising costituisce l’alternativa alla grande distribuzione, in Europa sono spesso 5 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione i grandi marchi a ricorrere al franchising per penetrare nei mercati in cui sarebbe difficoltoso ed antieconomico entrare direttamente2. Essendo il franchising in molti paesi il concetto commerciale abbastanza nuovo, spesso non sono disponibili statistiche affidabili né da parte di fonti governative né di fonti indipendenti sul numero degli operatori in franchising e sui volumi d’affari da essi sviluppato. Senza statistiche affidabili è difficile stimare la penetrazione di mercato ottenuta dal franchising. È chiaro tuttavia che nelle economie più avanzate la proposta delle vendite generate dal franchising aumenterà sostanzialmente negli anni a venire. Tale tendenza viene confermata dai dati di ricerca attualmente disponibili. Il concetto di franchising internazionale (licenza master) ha avuto recentemente una nuova spinta grazie alla maturazione di quei mercati dove il franchising al momento è più sviluppato, particolarmente negli Stati Uniti. L’imminente saturazione del mercato interno in molti paesi ha convinto il franchisor a guardare fuori dalle frontiere per poter continuare a crescere e a sfruttare con profitto la sua formula di franchising. Questa tendenza allo “internazionalismo” porterà ad uno sviluppo globale nel mercato. Tuttavia, mentre ci può essere un ampio accordo per quanto riguarda la natura essenziale del franchising di tipo commerciale, le differenze politiche, economiche, legali, commerciali e culturali rimarranno tali, anche tra quei paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti che hanno un background culturale e legale simile3. 2 3 Cfr.: www.opportunitalia.it Cfr.: www.opportunitalia.it 6 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione 3. Lo sviluppo del franchising in Italia dalla sua presumibile data di nascita, il 1871, sino ai giorni nostri. Dal 1971, anno di nascita del franchising in Italia, le reti sono progredite costantemente, prima lentamente e a ritmo più sostenuto negli ultimi anni. Si è passati dalle 15 insegne nel 1978 alle 562 nel 2000. Un’accelerazione si è avuta soprattutto nel periodo 1990/95, quando le reti sono aumentate dell’89,6%. Grazie anche alla new economy, il 2000 ha mostrato una grande vivacità nell’offerta di nuovi sistemi di franchising, con il lancio di attività legate ad Internet, all’e-commerce, alle telecomunicazioni e all’informatica. Nel 2000 i posti di lavoro creati dal franchising sono stati 10.928 e il giro d’affari relativo agli affiliati di 23.592 miliardi4. Anche se i margini di guadagno non sono elevatissimi, il franchising ha l’indiscussa capacità di limitare il fattore rischio, riducendo la necessità di capitale, riuscendo a creare profitto sia per l’affiliante sia per gli affiliati, garantendo così una certa stabilità. Inoltre consente di utilizzare mezzi pubblicitari e consulenze marketing elevatissimi. La formula appare vincente, visto anche il consenso tributario, in tutti questi anni, da vari settori del mercato, tra i quali quelli dell’abbigliamento, della compravendita immobiliare e della ristorazione. 4 Cfr.: www.opportunitalia.it 7 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione 4. I dati italiani: il Rapporto Quadrante 2000, elaborato da Quadrante S.r.l., Società di consulenza di franchising. I dati più recenti e autorevoli relativi allo sviluppo del franchising in Italia sono quelli del Rapporto Quadrante 2000, elaborato da Quadrante S.r.l., Società di consulenza di franchising. Il franchising in Italia rappresenta una realtà in costante e continua crescita. Nel 2000 questo sistema ha raggiunto il traguardo di 562 insegne, con il numero di affiliati pari a 31.439, il personale impiegato presso le aziende affiliate di 85.808. Inoltre i posti di lavoro creati dal franchising nel 2000 sono stati 10.928 e il giro d’affari ha raggiunto i 23.592 miliardi di vecchie lire. Se si può datare la nascita del franchising italiano al 1971, con la fondazione dell’Associazione Italiana del franchising, è del 1972 il lancio in franchising della prima insegna per iniziativa della Standa. Da allora la crescita è stata costante. Nel 1978 l’Associazione registrava appena 15 sistemi di franchising, una ricerca del CESDIT, nel 1985, rilevava 62 affilianti che gestivano 3.338 affiliati; nel 1987 il primo Annuario Multipla rilevava 154 reti di franchising con 9.400 affiliati5. Il franchising, dunque, è cresciuto in modo deciso nei suoi Trent’anni di vita, con un’accelerazione nel periodo 1990/1995, in cui le reti sono aumentate dell’89,6%. Invece, nell’ultimo quinquennio del secolo ( 1995/2000 ) si può registrare un certo rallentamento, dimostrato dalla crescita delle reti di solo il 28,9%. Ma questo, in parte, si può attribuire al diverso criterio utilizzato per l’inserimento nella Banca dati 5 Cfr.: www.opportunitalia.it www.assofranchising.it 8 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Quadrante: per le stime del 2000, infatti, sono stati considerati nelle statistiche solo gli affilianti che hanno dichiarato di gestire 3 o più affiliati, nel tentativo di presentare unicamente quei sistemi di franchising che appaiono “vitali”. Dalle statistiche si possono rilevare due dati evidenti ed inconfutabili: - il dinamismo del sistema di franchising che mostra un trend di crescita costante; - la sua capacità di soddisfare lo spirito imprenditoriale di vaste categorie di persone; Il franchising inoltre, contribuisce, ed ha contribuito, all’ammodernamento del settore terziario italiano ed all’ammissione, nel circuito del dettaglio di forze giovani. In particolare, il 2000 ha mostrato una grande vivacità nell’offerta di nuovi sistemi di franchising derivanti dalla new economy, con il lancio di attività legate ad Internet, all’e-commerce, alle telecomunicazioni ed all’informatica. Il franchising italiano mostra i suoi limiti in campo internazionale; se si escludono le griffe della moda, sono ancora poche le insegne italiane che si spingono oltre i confini nazionali. Viceversa, la presenza in Italia delle reti straniere con punti di vendita affiliati è di 74 imprese, pari al 13% del totale degli affilianti. Gli Stati Uniti dispongono in Italia di 34 insegne ( Mc Donald’s è la catena di fast food in franchising più famosa del mondo, con 300 punti di vendita in Italia e 29.000 in 121 paesi ), l Francia di 18, la Gran Bretagna di 7. 9 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Settore di attività Numero di affilianti per settore di attività Commercio alim. specializzato 28 Commercio despecializzato 19 Articoli per la persona 125 Articoli per la casa 36 Altro commercio specializzato 80 Servizi 211 Alberghi e ristoranti 31 Costruzioni e manutenzioni 4 Industria 2 Totale 562 Numero di affiliati per settore di attività 2.247 3.308 5.640 1.103 3.428 13.960 981 673 99 31.439 Personale impiegato presso gli affiliati 6.368 12.900 10.696 2.878 7.534 32.417 11.498 1.340 177 85.808 Giro d’affari delle reti di franchising (in mld. di lire) 2.382 7.057 3.152 875 2.408 6.224 1.251 203 42 23.592 Tab.1: rielaborazione di alcuni dei dati presenti nel Rapporto Quadrante. Franchisor Franchisee Personale impiegato presso i franchisee Giro d’affari delle reti in franchising: valori in milioni di euro. Giro d’affari delle reti in franchising: valori in miliardi di lire. 1999 538 28.242 2000 560 29.488 2001 592 31.177 75.186 81.079 87.434 11.542 12.119 12.696 22.348 23.465 24.583 Tab.2: il franchising in Italia dal 1999 al 2001. 10 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Settore di attività % Commercio alim. specializzato 5,59 Commercio despecializzato 4,13 Articoli per la persona 20,57 Articoli per la casa 6,57 Altro commercio specializzato 13,24 Servizi 42,58 Alberghi e ristoranti 5,99 Costruzioni e manutenzioni 0,88 Industria 0,44 Totale 100,00 1999 % 30 5,24 22 3,62 111 20,13 35 6,71 71 12,75 229 43,44 32 6,80 5 0,87 2 0,44 538 100,00 2000 % 2001 29 5,30 20 3,71 113 20,20 38 6,69 71 12,83 243 43,30 38 6,66 5 0,87 2 0,44 560 100,00 31 22 120 40 76 256 39 5 3 592 Tab.3: numero di affilianti per settore di attività. Settore di attività % 1999 % 2000 % 2001 Commercio alim. specializzato 7,10 2.004 6,90 2.036 7,60 2.370 Commercio despecializzato 10,40 2.936 9,80 2.891 9,90 3.087 Articoli per la persona 17,10 4.828 18,10 5.340 17,60 5.489 Articoli per la casa 2,61 736 2,90 855 2,85 889 Altro commercio specializzato 11,60 3.274 10,42 3.073 10,61 3.310 Servizi 46,40 13.100 46,80 13.806 46,40 14.470 Alberghi e ristoranti 3,27 923 3,78 1.116 3,70 1.153 Costruzioni e manutenzioni 1,27 359 0,97 285 1,02 317 Industria 0,29 83 0,30 87 0,30 92 Totale 100,00 28.242 100,00 29.488 100,00 31.177 Tab.4: numero di affiliati per settore di attività. 11 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Settore di attività % 1999 % Commercio alim. specializzato 8,00 6.015 7,84 Commercio despecializzato 17,40 13.082 16,83 Articoli per la persona 13,20 9.925 12,99 Articoli per la casa 3,00 2.256 3,10 Altro commercio specializzato 9,40 7.067 9,20 Servizi 38,20 28.721 38,04 Alberghi e ristoranti 8,60 6.466 10,02 Costruzioni e manutenzioni 2,00 1.504 1,86 Industria 0,20 150 0,22 Totale 100,00 75.186 100,00 2000 % 2001 6.354 7,88 13.561 16,89 10.530 13,04 2.513 3,07 7.463 9,25 30.846 38,08 8.123 9,66 1.510 1,90 179 0,22 81.079 100,00 6.888 14.771 11.402 2.688 8.091 33.298 8.450 1.659 189 87.434 Tab.5: personale impiegato presso gli affiliati. Settore di attività % 1999 % 2000 % 2001 Commercio alim. specializzato 10,50 1.212 10,41 1.262 10,41 1.322 Commercio despecializzato 33,80 3.901 32,88 3.985 32,88 4.175 Articoli per la persona 12,50 1.443 12,70 1.539 12,70 1.612 Articoli per la casa 3,80 439 3,76 456 3,76 477 Altro commercio specializzato 10,60 1.223 10,51 1.274 10,51 1.334 Servizi 23,60 2.724 24,28 2.942 24,28 3.082 Alberghi e ristoranti 4,20 485 4,47 542 4,47 568 Costruzioni e manutenzioni 0,80 92 0,80 97 0,80 102 Industria 0,20 23 0,19 23 0,19 24 Totale 100,00 11.542 100,00 12.119 100,00 12.696 Tab.6A: Giro d’affari delle reti di franchising (valori in milioni di euro). 12 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Settore di attività % 1999 % 2000 % 2001 Commercio alim. specializzato 10,50 2.347 10,41 2.443 10,41 2.560 Commercio despecializzato 33,80 7.554 32,88 7.716 32,88 8.084 Articoli per la persona 12,50 2.794 12,70 2.980 12,70 3.122 Articoli per la casa 3,80 849 3,76 883 3,76 925 Altro commercio specializzato 10,60 2.369 10,51 2.466 10,51 2.584 Servizi 23,60 5.274 24,28 5.696 24,28 5.968 Alberghi e ristoranti 4,20 939 4,47 1.049 4,47 1.099 Costruzioni e manutenzioni 0,80 179 0,80 188 0,80 197 Industria 0,20 45 0,19 44 0,19 46 Totale 100,00 22.348 100,00 23.466 100,00 24.584 Tab.6B: Giro d’affari delle reti di franchising (valori in miliardi di lire). Anno di entrata % Incr. Progr. Fino al 1980 Dal 1981 al 1985 Dal 1986 al 1990 Dal 1991 al 1995 Dal 1996 al 2000 Nel 2001 Totale 3,72 5,24 8,95 25,68 51,01 5,41 100,00 22 31 53 152 302 32 592 22 53 106 258 560 592 Tab.7: Insegne entrate nel mercato. 13 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Regioni Nord Ovest Nord Est Centro Sud Isole Valle d’Aosta Piemonte Lombardia Liguria Friuli Venezia Giulia Trentino Alto Adige Veneto Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Campania Molise Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale Italia % n. 0,17 9,46 36,66 1,69 1,97 0,36 11,83 9,46 5,24 2,33 1,25 8,79 1,79 2,69 0,18 2,15 0,72 2,37 0,90 100,00 1 56 217 10 12 2 70 56 31 14 7 52 11 16 1 13 4 14 5 592 n. 284 140 115 34 19 592 Tab.8: Distribuzione degli affilianti per regione nel 2001. 5. I franchisee devono diffidare dalle attività improvvisate e scarsamente professionali e dalle promesse eccessivamente ottimistiche di facili guadagni fatte dalle case madri. Stando alle statistiche sul franchising, esiste anche qualche ombra sulla serietà e trasparenza di molte iniziative imprenditoriali: per esempio è ancora troppo alto l’indice di rotazione ( il rapporto tra gli affilianti che sono usciti dal mercato e il totale degli affilianti in un certo anno ). Molte reti mostrano uno scarso tasso di espansione e non fanno 14 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione registrare alcun progresso negli anni. Per non parlare di iniziative improvvisate e scarsamente professionali che creano dubbi e sospetti tra gli investitori. Per capire se una proposta di franchising è davvero credibile basta avere qualche punto di riferimento. Chi vuole vendere un prodotto, per partire ha bisogno di almeno 100 milioni di vecchie lire. Solo il franchising di servizi consente di ridurre il primo esborso di capitale. Non a caso proprio il franchising di servizi è esploso negli ultimi anni: il vantaggio è che non bisogna spendere per riempire un magazzino. Con 20.000-25.000 euro si apre, per esempio, un’agenzia immobiliare. In generale, su queste cifre si aggirano tutte quelle attività che consentono di partire con un piccolo ufficio. I franchising che assicurano un decollo indolore partendo con poche migliaia di euro si riferiscono sicuramente a piccole attività da svolgere da casa. In generale il franchising di servizi risulta però più rischioso di quello di distribuzione anche perché rilevano maggiormente le capacità del singolo affiliato che deve assumersi le proprie responsabilità. È verissimo che alcune case madri eccedono con l’ottimismo, ma è altrettanto vero che talvolta il potenziale affiliato, ansioso di raggiungere i fatturati promessi dalla casa madre, non tiene in debito conto le difficoltà e le spese legate alla fase di avvio (spese per l’allacciamento degli impianti etc.) ed al problema della territorialità della c.d. cultura d’impresa: gli usi, i gusti, le abitudini e le tradizioni legati alle diverse zone anche di uno stesso paese: infatti un prodotto o un’attività che può “ funzionare” e generare grandi profitti in una regione, ad esempio del Nord Italia, può non avere altrettanta fortuna in un’altra regione. Sarebbe 15 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione infatti azzardato avviare un’attività di produzione di gelati “dietetici” in Sicilia laddove fa da padrona la dolcissima cassata. 6. Internet: fonte primaria per imprenditori a caccia di business. Le catene in franchising costituiscono, dunque, una realtà consolidata e in sempre maggiore espansione. Ma quello che è certamente uno dei fenomeni più rilevanti del panorama economico internazionale degli ultimi venti anni ha in sé mille anime, mille sfaccettature: da una parte comprende le grandi potenze multinazionali, dall’altra network limitati, ben più modesti. Da una parte, dunque, sono in gioco giri d’affari “stellari”, dall’altra opportunità per piccole imprese o singoli individui. Per garantirsi una visibilità è fondamentale avere una presenza sul Web: questo il messaggio forte e chiaro che Internet lancia ai franchisor. La rete non solo costituisce una possibilità concreta e diretta di stabilire contatti tra franchisor e franchisee, ma è una risorsa fondamentale in termini di informazioni, le quali diventano disponibili ed accessibili a tutti: oggi esistono online decine, se non centinaia, di database dei franchisor, divisi per marchi, per investimenti, per settori di attività. Si può ragionevolmente supporre che nel corso della prossima decade Internet diventerà la fonte primaria di informazione per franchisor in cerca di espansione e per imprenditori a caccia di opportunità di business. 16 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Dalla Germania arriva oggi la proposta Abacus6. Anche gli insegnanti possono puntare al franchising dando lezioni “in rete” e trasformando così le banali ripetizioni in un’impresa, affiliandosi ad Abacus, una società tedesca che offre un servizio organizzato di ripetizioni a domicilio. Abacus esiste dal 1993 e ad oggi vanta una cinquantina di franchisor su tutto il territorio nazionale tedesco. Il servizio si rivolge a tutti coloro che possono aver bisogno di ripetizioni nelle materie scolastiche tradizionali. Abacus, che è un marchio registrato, è anche membro dell’Associazione Franchising Tedesca: questo significa che i contratti hanno subito rigorose verifiche giuridiche. Nel 1999 la casa madre ha ottenuto il secondo posto nel concorso per il miglior franchising in Germania. L’obiettivo adesso è esportare il progetto in Italia. L’investimento iniziale è limitato poiché nella prima fase di attività, ma anche successivamente, l’affiliato può operare da casa propria. Le lezioni infatti vengono svolte presso il domicilio del cliente. Non è necessario dunque calcolare l’affitto di una sede ma è sufficiente poter disporre di una scrivania, un fax, un personal computer e una linea telefonica. Abacus assiste in ogni fase il franchisor. La formula franchising crea infatti sinergie di cui beneficiano entrambi le parti. Una stima del fatturato potenziale a priori è estremamente difficile; la casa madre tuttavia, considerato il basso investimento iniziale, stima i risultati economici interessanti, anche nel caso gli allievi siano pochi. Se l’investimento necessario per mettersi in proprio in franchising è troppo oneroso, oggi alcune banche forniscono finanziamenti a 6 Cfr.: Corriere Lavoro n.13 anno 2001, supplemento del Corriere della Sera 17 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione condizioni vantaggiose a chi si mette in proprio con la formula dell’affiliazione. Tra queste , il Credito Italiano ha fatto da apripista; l’importante è scegliere una catena che la banca consideri affidabile. I vantaggi per il franchisee che chiede il prestito sono due: innanzitutto un tasso d’interesse molto al di sotto dei livelli di mercato ed inoltre maggiore sicurezza circa l’affidabilità della casa madre che ha superato l’accurato vaglio della banca. 7. Peculiarità del franchising rispetto agli altri contratti di distribuzione; in particolare rispetto alla concessione di vendita. Il franchising è l’ultimo contratto di distribuzione ad essere emerso in ordine di tempo ed è anche quello in cui è massima l’integrazione tra le parti. Il franchising è una figura contrattuale nata dalla prassi, dall’evoluzione della concessione di vendita nel senso di una maggiore integrazione. I maggiori problemi per definire il franchising derivano proprio dalle difficoltà di rinvenire dei sicuri punti di differenziazione dalla concessione di vendita. Come la concessione di vendita, il franchising privilegia l’aspetto della collaborazione e dell’integrazione rispetto a quello della somministrazione di prodotti, aspetto, quest’ultimo, che nel franchising manca più di frequente (e ciò avviene nei casi del c.d. franchising di produzione o del franchising di servizi) in relazione a quanto avviene nella concessione di vendita. Le caratteristiche del franchising quali elementi differenziatori rispetto alla concessione di vendita sono: la trasmissione continua di un know-how 18 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione dal franchisor al franchisee; la possibilità per il franchisee di fregiarsi del marchio e dell’insegna del franchisor; la possibilità di usufruire di eventuali licenze di brevetti; il pagamento al franchisor da parte del franchisee di un diritto di entrata (c.d. entry fee) e di canoni durante il rapporto (c.d. royalty). Nessuno di questi elementi è però in grado di caratterizzare in modo decisivo il franchising: infatti il pagamento di un diritto di entrata e di canoni periodici durante il rapporto contrattuale non è un elemento essenziale e non è, specie in Italia, sempre previsto nel contratto; mentre il trasferimento del know-how e la possibilità di utilizzare i segni distintivi del produttore sono elementi il più delle volte propri anche della concessione di vendita. Credo perciò, che la differenza tra concessione di vendita e franchising non vada ricercata nella presenza o meno di una singola clausola; ritengo invece, che per inquadrare una pattuizione contrattuale nell’uno o nell’altro tipo di rapporto, sia necessario procedere ad una valutazione globale dell’assetto di interessi realizzato e alla luce di questo, giudicare se esista un livello di integrazione tale da far ritenere più corretto parlare di concessione di vendita o di franchising7. Dunque i confini tra le due figure contrattuali non sono netti; non esiste una precisa differenza se non per l’esistenza o meno e per una diversa intensità di quell’elemento impalpabile che è l’integrazione8. Mentre inquadrare un certo contratto nel franchising o nella concessione di vendita non ha rilevanza, nel diritto interno, ai fini della legge applicabile al rapporto, trattandosi in entrambi i casi di contratti atipici nei quali bisognerà fare innanzitutto riferimento alla 7 8 Cfr.: A. SECA, Franchising e concessione di vendita a confronto, in Arch. civ., 2001, parte I, p.3 e ss. Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000, p.120 e ss. 19 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione regolamentazione apprestata dalle parti e, quando eventualmente la disciplina del contratto risulti carente, fare ricorso, per singole tranche del contratto a contratti tipici, non è invece indifferente ricondurre un contratto al franchising o alla concessione di vendita per quanto riguarda la disciplina CEE antimonopolistica, perché la CEE ha predisposto per il franchising un apposito regolamento che riserva a questo contratto un trattamento più benevolo nella valutazione della liceità dei patti restrittivi della concorrenza di quanto non lo sia in via generale l’art.85 del Trattato CEE. Ricordo, quindi, la definizione che del franchising dà il regolamento CEE 4087/88: «gli accordi di franchising sono in sostanza licenze di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi o insegne e know-how, correlate eventualmente a restrizioni relative alla fornitura o all’acquisto di merci». 8. Definizione giuridica del contratto di franchising. A tutt’oggi, nonostante la sua ormai notevole diffusione e quindi l’avanzata fase in cui si trova il suo processo di tipizzazione “sociale”, ad opera della prassi degli operatori economici, non esiste nell’ordinamento italiano alcuna normativa che disciplini specificamente il franchising. Come tutti i conti sviluppati dalla prassi e non ancora disciplinati dal legislatore, il primo problema che si pone riguarda la loro corretta individuazione. E per il franchising, come per tutti gli altri, la risposta non è soddisfacente. Se infatti se ne prende un’accezione rigida, ne rimangono fuori una serie di varietà e varianti che appunto il mondo 20 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione degli affari ha creato per venire incontro alle esigenze del caso concreto. Se, all’opposto, se ne accoglie una visione lata, si rischia di mettere sullo stesso piano elementi marginali e solo eventuali con quelli essenziali. Tuttavia, con queste cautele, è ancora valido definire il franchising (o affiliazione commerciale) come una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di beni o servizi fra un imprenditore (affiliante) e uno o più imprenditori (affiliati), giuridicamente ed economicamente indipendenti l’uno dall’altro ma vincolati da un contratto in virtù del quale l’affiliante concede all’affiliato l’utilizzazione della propria formula commerciale, comprensiva del diritto di sfruttare il suo know-how (l’insieme delle tecniche e della conoscenze necessarie) o addirittura una semplice formula o segreto commerciale, ed i propri segni distintivi, unitamente ad altre prestazioni e forme di assistenza atte a consentire all’affiliato la gestione della propria attività con la medesima immagine dell’impresa affiliante. L’affiliato, a sua volta, si impegna a far propria la politica commerciale e l’immagine dell’affiliante nell’interesse reciproco delle parti medesime e del consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni contrattuali liberamente pattuite. Si tratta quindi di un sistema di distribuzione di prodotti e servizi fondato su una collaborazione organica tra una produttore (o rivenditore) di beni o un offerente di servizi (franchisor) ed una distributore locale (franchisee). Il franchisor cede al franchisee un “pacchetto” comprendente il know-how di una formula commerciale, di un prodotto o servizio originale, un marchio, un’immagine, una protezione d’area, varie forme 21 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione d’assistenza. Il franchisee, da parte sua, oltre ad impegnarsi a seguire le linee fondamentali del sistema elaborato dal franchisor, fornisce i mezzi finanziari necessari ad allestire il punto vendita e versa all’impresa affiliante una quota di associazione iniziale più “royalty” periodiche. È quindi la gestione in comune di un’attività imprenditoriale l’elemento chiave di un rapporto di franchising9. 9. Le varie tipologie del contratto: a) il franchising distributivo; b) il franchising produttivo; c) il franchising di servizi. Di recente la Corte di Giustizia Europea ha ripreso una distinzione presente nella migliore dottrina americana ed europea nonché nella giurisprudenza e nelle definizioni delle varie associazioni nazionali, distinguendo, appunto, fra un franchising distributivo o commerciale, un franchising produttivo, ed un franchising di servizi. Tale differenza è diretta non tanto ad enucleare differenti tipi o sottotipi del medesimo contratto, quanto a contribuire allo sforzo di atomizzazione del franchising e di distacco dalla concessione di vendita. a) Il franchising distributivo Per quanto riguarda il franchising commerciale, bisogna innanzitutto sottolineare nel settore di dettaglio, una crescente diffusione di strutture di grandi dimensioni che presentano caratteristiche nuove ed opposte a quelle tradizionalmente 9 Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising, Torino, 1990, p.395. 22 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione conosciute per le imprese dettaglianti. Secondo una consolidata tesi aziendalistica, queste imprese si caratterizzano per il fatto di disporre di una forza finanziaria ed operativa assai rilevante, per il fatto di operare su vaste aree, e per avere la possibilità di scegliere fra numerose politiche di vendita, cui è connessa l’opportunità di arrivare a larghe economie nei costi di acquisto e di gestione. La tendenza del mercato è orientata proprio verso la continua espansione di queste forme di “grande dettaglio” che soverchiano il piccolo dettaglio dei papa and mama stores e che rendono possibile le forme di collaborazione e di associazione aziendale le più svariate. Il fine di questi complessi integrati è quello di ridurre i tempi ed i costi delle distribuzioni commerciali, caratterizzate da una forte discrepacy in materia di tempi, luoghi e quantità da ricercare nella complessità dei bisogni dei consumatori e nella grande varietà dei beni offerti. Secondo l’impostazione tradizionale, ma ancora valida, il ruolo della distribuzione commerciale risiederebbe nel ridurre gradualmente tale divario, per assicurare ai consumatori finali, rectius utilizzatori, la realizzazione delle funzioni di vendita e di acquisto con il minor spreco possibile di risorse. In genere il sistema di affiliazione comporta l’integrazione contrattuale per la gestione organica di un’intera attività economica: l’affiliante, promotore e coordinatore dell’iniziativa, offre i vantaggi tipici della macro-struttura manageriale, quale produttore di una strategia di mercato specifica ed originale; l’affiliato offre un’azienda di piccole e medie dimensioni, un’organizzazione snella 23 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione che risponde alle esigenze del mercato locale. L’affiliante, pertanto, si preoccupa di mettere a punto la formula di affiliazione, che potrà essere totale (relativa all’intero punto di vendita) o parziale (relativa solo ad una parte della “offerta” commerciale), attraverso la definizione particolareggiata del pacchetto di offerte agli affiliati, la progettazione del punto di vendita dell’affiliato tipo, la messa a punto di servizi da espletare nel modo che precede l’apertura del punto di vendita, la definizione dei servizi complementari, la specificazione della realizzazione della gestione commerciale dei beni. L’affiliato, da parte sua, si obbliga quasi sempre a realizzare a proprie spese le opere, le strutture progettate o richieste dall’affiliante per il singolo punto di vendita, a far accedere nei propri locali il personale dell’affiliante, ad assumere il proprio personale in tempi tali da permettere un’adeguata formazione professionale specifica, a rispettare le modalità e le condizioni di vendita, ad assicurare con massimali adeguati la merce. Il complesso contrattuale così realizzato permette di soddisfare le esigenze dell’affiliante, perché consente di “comprare” imprenditorialità locale dinamica e attiva, e nello stesso tempo costituisce una risposta agli interessi degli affiliati, giacché permette loro di acquisire l’avviamento commerciale dell’organizzazione affiliante, con i relativi vantaggi promozionali e pubblicitari già creati e di servirsi di un complesso di strutture tecnico-commerciali. 24 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Il franchising deve essere distinto dal tradename franchise o concessione della denominazione commerciale con cui il concedente autorizza esclusivamente l’uso del proprio marchio. Non rientra nella categoria contrattuale neppure il branchising, in cui il livello di affiliazione è limitato esclusivamente ad un compenso per le prestazioni svolte dal branchisee, che in genere esplica un ruolo simile a quello degli agenti generali. In sostanza il franchising commerciale puro si caratterizza non solo per il fatto che l’affiliato gestisce la propria azienda sotto il nome del concedente e per il pagamento di un diritto d’entrata e/o di canoni periodici, ma per la configurazione di particolari obblighi di gestione e di conduzione dell’attività secondo criteri di merchandising predeterminati dall’affiliante. Per quanto riguarda poi le dimensioni delle imprese che partecipano a tale sistema di affiliazione, si distingue il franchising tra produttore e grossista, quello tra produttore e dettagliante e quello tra grossista e dettagliante. Più organicamente la dottrina francese distingue l’ipotesi in cui il franchisor è un produttore da quella in cui è un distributore, differenziando quest’ultimo caso in tre fattispecie: 1- il franchisor fornisce da solo i franchisee, per cui si qualifica come un compratore-rivenditore ; 2- il franchisor opera come una centrale di acquisto, per cui agisce nella qualità di commissionario in favore degli affiliati; 3- il franchisor comunica agli affiliati una lista di fornitori graditi presso i quali sono disponibili articoli selezionati. 25 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione b) Il franchising industriale Il franchising industriale, invece, rientra nella cosiddetta franchigia di fabbricazione o di lavorazione, ed appare più complesso sia della licenza di brevetto, che del trasferimento di tecnologia, poiché è il solo a costituire, nello stesso tempo, un sistema completo e ripetibile sia di produzione che di commercializzazione. Nel contesto delle pattuizioni si prevede che il licenziante trasmetta al licenziatario gli elementi essenziali o la formula per un prodotto da fabbricare o lavorare o vendere secondo gli standard e sotto il controllo del franchisor. L’affiliante costruisce o fa costruire un impianto di produzione, concedendo all’affiliato la licenza dei brevetti di fabbricazione e dei marchi, assicurandogli l’input tecnologico e l’assistenza tecnica costante. Pertanto la franchigia industriale, a differenza di quella commerciale, esige da parte dell’affiliato rilevanti disponibilità di capitali. La struttura del rapporto conosce anche delle varianti, le quali, accanto alla concessione relativa alla formula per preparare un prodotto, prevedono una gestione dell’esercizio al dettaglio del bene finito. Il licenziante-franchisor deve assicurarsi che il prodotto sia di qualità uniforme in tutti gli esercizi licenziatari, con la conseguenza che il contratto prevede un addestramento del franchisee ed un controllo sulla produzione esercitato dal franchisor. 26 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione L’interesse delle parti ad adottare la formula del franchising industriale è evidente: il franchisor aumenta le possibilità di vendere il proprio prodotto senza la necessità di procedere ad investimenti supplementari, il franchisee accede ad un patrimonio di know-how non proporzionato alle dimensioni ed al ruolo della propria struttura produttiva. In effetti quando un’impresa di certe dimensioni e con determinate caratteristiche produttive decide di espandersi, lasciando da parte l’ipotesi di ricercare nuovi partner, che potrebbero minare il potere di controllo, e scartando la soluzione dell’autofinanziamento, può utilizzare proprio lo strumento del franchising. In tal caso i capitali necessari sono apportati dal franchisee, come corrispettivo dell’intervento tecnico e di marketing del franchisor. Il “patrimonio” de cui quest’ultimo dispone è composto dalle licenze di un brevetto, da know-how, da tecniche di sviluppo delle fasi produttive, del marketing e della gestione, da engineering, da progetti di sviluppo. Una variante dello schema è costituita dal licencing, che, realizzando una semplice cessione della licenza di fabbricazione, consente al cedente un utile immediato ed automatico sotto forma di royalty ed un controllo sullo sviluppo di mercato di quel dato prodotto, connesso ad un aumento di profitto. La peculiarità di tale forma contrattuale risiede nella combinazione ottimale della licenza di brevetto e di know-how con le più avanzate tecniche finanziarie e commerciali, approntate dall’impresa leader. 27 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione Nel settore industriale, in sostanza, gli accordi sono diretti a produrre e a vendere modelli gestionali, realizzando, attraverso la cessione della franchigia, sistemi produttivi e distributivi di alta innovazione. In effetti, però, bisogna sottolineare che il franchising industriale viene in tal modo assorbito dalla stessa funzione distributiva, tant’è che le più recenti elaborazioni – Protocollo di regolamento (CEE) della commissione concernente l’applicazione dell’art.85, par.3, del trattato a categorie di accordi di franchising – escludono dall’ambito degli accordi proprio il franchising industriale “puro” in base al rilievo che, disciplinando i rapporti fra produttori, esso presenterebbe caratteristiche diversi da quelle degli altri tipi di contratto, trattandosi di licenze di fabbricazione base su brevetti di know-how tecnologiche correlate da licenze di marchio. c) Il franchising di servizi Il franchising può trovare proficua applicazione anche nel settore dei servizi, anzi, l’esperienza insegna che in questo comparto economico sono diffusi i migliori e più evoluti sistemi di affiliazione. Nell’ambito di questa categoria si distingue tra il franchising alberghiero ed il franchising applicabile al cosiddetto settore terziario puro. La caratteristica di queste tipologie negoziali risiede nell’elevata richiesta di investimenti iniziali per gli affiliati: l’affiliato non vende alcun prodotto, ma offre la prestazione di servizi originali, messi a punto ed ampiamente sperimentati nella propria struttura aziendale. Non solo, ma nel franchising di servizi 28 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione alberghieri, la globalità del trasferimento del know-how è molto più accentuata che rispetto al franchising distributivo e produttivo10. È questo un settore in cui la distinzione fra “prodotto” e “servizio” non è sempre inequivocabile, anzi, nella maggior parte dei prodotti è insito un contenuto di “servizi” ed un esempio particolare può essere il franchising dei negozi di bellezza, creati presso il dettagliante che li gestisce per conto proprio, ma con il nome della “marca”. In sostanza la natura particolare di tali forme negoziali permette l’interrelazione fra organizzazione di servizi e distribuzione o produzione di beni. Fra i settori in cui può trovare felice applicazione il franchising va ricordato quello agricolo, ove lo strumento risponde all’esigenza di superare la situazione di estrema frammentarietà delle aziende. Non appare ipotizzabile, infatti, a causa dei numerosi vincoli esistenti (legislazione sui contratti agrari, costo dei terreni, rigidità di alcuni principi di diritto successorio) un sensibile aumento della ampiezza media aziendale, il che non consente di affrontare i problemi gestionali ed organizzativi che il moderno mercato dei prodotti agricoli pone ai produttori: acquisto di mezzi tecnici e di macchinari, ricerca, organizzazione gestionale, contabile e finanziaria, organizzazione delle vendite, politica del marchio. Tutti questi servizi possono, invece, essere assicurati dal franchisor, mentre i franchisee sono tenuti a seguire scrupolosamente le regole produttive ed 10 Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, cit. p.19 29 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione organizzative stabilite dal franchisor, nonché a corrispondere adeguate royalty per tali prestazioni. 10. Definizioni giurisprudenziali. Le pronunce giurisprudenziali relative al franchising, nell’arco degli ormai numerosi decenni della sua diffusione in Italia, sono state piuttosto scarse. Se ciò, da un lato, depone a favore dell’efficacia di tale formula contrattuale nel realizzare un trasferimento di segni distintivi e tecnologia tra le parti, unitamente ad una loro più o meno intensa integrazione commerciale, d’altra parte, inevitabile conseguenza è la scarsità dell’elaborazione giurisprudenziale quanto alla definizione ed all’individuazione dei contenuti del contratto di franchising. Proprio il fatto che in tema di franchising non si sia ancora formato, né, in realtà, si stia formando, un sufficientemente consistente corpus casistico, al quale i giudici di volta in volta chiamati a pronunciarsi possano attingere, ha fatto sì che l’attenzione di questi si rivolgesse soprattutto alle elaborazioni della dottrina, e quindi, in epoca più recente, alla definizione, già ricordata, fornita dal Regolamento comunitario di esenzione per categoria n. 4087/88. Ciononostante, l’esame della casistica evidenzia, comunque, l’esistenza di una certa evoluzione nei tentativi giurisprudenziali di definizione e inquadramento del franchising. Le prime decisioni pongono l’accento soprattutto sulla concessione del diritto all’uso di segni distintivi, ed identificano il tratto distintivo del 30 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione franchising nell’amplificazione della notorietà a questi connessa attraverso la diffusione del loro uso derivante dalla loro attribuzione in licenza ad una pluralità di imprese. Così, la prima sentenza italiana in assoluto ad occuparsi di franchising. Tribunale di Milano, 30 aprile 1982, Soc. Standa c. Soc. Arcobaleno Market, in Foro it., 1982, I, 204211. “(Omissis). — la notorietà del marchio e l’avviamento commerciale della ricorrente stanno alla base del contratto di affiliazione stipulato in data 18 aprile 1978 con l’Arcobaleno Market; in forza di tale contratto, l’Arcobaleno Market è stata autorizzata ad utilizzare i segni distintivi e le tecniche commerciali e pubblicitarie della concorrente. (Omissis)” Alcune successive decisioni, pur senza abbandonare il riferimento alla licenza di segni distintivi, dedicano una maggiore attenzione ai connotati ulteriori del franchising, ed in particolare all’integrazione fra le imprese facenti parte della rete in franchising. Benché sia chiaramente riconosciuta, nella decisione del Tribunale di Chieti, 29 ottobre 1987, Februo Stefano c. Stefanel S.p.A.12, la comunanza di interessi che lega reciprocamente il franchisor ed i franchisee, ed appaiano, dunque, superate semplicistiche visioni che considerano il franchisee un semplice destinatario di beni immateriali, che non apporta un significativo contributo al successo della rete, il giudice ha comunque individuato il 11 Cfr.: R. PARDOLESI, Contratto di franchising, risoluzione di diritto, provvedimenti d’urgenza, Padova, 1995, p. 170. 12 Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , cit. p. 48 e ss. 31 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione corrispettivo sinallagmatico delle prestazioni pecuniarie e degli obblighi di fare e di non fare del franchisee nella “concessione”. Il franchising è ancora considerato, quindi, sostanzialmente, un contratto di scambio, in cui il vantaggio attribuito al franchisee consiste in una serie di beni immateriali di cui gli viene concesso il diritto all’uso. Accanto allo scambio licenza di beni immateriali- obblighi pecuniari e non, il giudice individua un ulteriore rapporto sinallagmatico, costruito sul piano delle esclusive. All’obbligo del franchisee di vendere soltanto i rapporti contrattuali corrisponde il riconoscimento a suo favore di un’esclusiva territoriale. Si tratta di uno schema familiare ai giudici, in quanto già diffuso nella diversa figura contrattuale della concessione di vendita. Tuttavia, il Tribunale di Chieti, nella sentenza citata, ha compiuto un passo ulteriore, mettendo in relazione le esclusive con la predisposizione del design del negozio del franchisee ad opera del franchisor (tramite una società collegata). Nello schema caratteristico della concessione di vendita la funzione di identificazione degli appartenenti alla rete è rimessa, in primo luogo, ai segni distintivi; nel franchising, l’esigenza di uniformità delle strutture aziendali degli appartenenti alla rete è più forte, in quanto, proprio nell’omogeneità delle metodologie commerciali si trova il principale fattore di successo della rete stessa. Perciò, al franchisee si richiede l’ulteriore sacrificio di sottoporsi alle direttive del franchisor nell’allestimento del punto vendita, o addirittura, come nel caso di specie, di “farlo allestire” dal franchisor; 32 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione quale corrispettivo, avrà la maggiore capacità di attrazione della clientela, all’interno della zona di esclusiva, che l’uniforme presentazione dei punti vendita appartenenti alla rete dimostrerà rispetto alla mera apposizione di un segno distintivo (insegna) comune. La sentenza del Tribunale di Lecce, 9 febbraio 1990, Pantaleo c. Benetton S.p.A., in Foro it., 1990, I, 2978, sottolinea, appunto, in maniera assai forte, il rapporto di integrazione che lega i componenti della rete in franchising. Agli occhi del pubblico, sostiene il Tribunale di Lecce, il franchisee appare come una “filiale”, un “terminale diretto” del produttore, con il quale viene immediatamente identificato. Fondamentale nell’economia della rete in franchising non è tanto l’identificazione, da parte del consumatore, del franchisee con il franchisor, quanto, invece, l’omogeneità dei prodotti, dei servizi, e soprattutto dello “stile” aziendale che incontrerà, qualora varchi la soglia di un punto vendita che reca i simboli dell’appartenenza alla rete. Proprio questa omogeneità fa sì che il punto vendita in franchising operi quale ricettore di clientela, indipendentemente dall’identità del franchisee, in quanto i simboli dell’appartenenza alla rete garantiscono da soli, ed in via immediata, al consumatore, la sicurezza di trovare i prodotti e gli standard qualitativi che conosce ed apprezza. Ed appunto questa funzione di ricettore di clientela assicurata dall’omogeneità della rete, giustifica quelle restrizioni della libertà imprenditoriale del franchisee alle quali il Tribunale di Lecce più volte accenna; la “perdita di identità” imprenditoriale del franchisee, in un corretto rapporto di franchising, non rappresenta per questi un danno. Anzi, essa è la 33 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione condizione indispensabile perché possa giovarsi appieno dei vantaggi derivanti dall’appartenenza alla rete. Negli stessi anni, non è mancata una giurisprudenza arbitrale che, in netta controtendenza rispetto all’esaminato atteggiamento dei giudici ordinari, ha risolto semplicemente ogni problema definitorio attraverso il rinvio alla prassi ed alla consistente diffusione del franchising nel mondo commerciale, ritenendo superato ogni dubbio di compatibilità con l’ordinamento. Lodo arbitrale, Roma, 31 ottobre 1989, Toson S.r.l. c. Midal S.p.A.13 “(Omissis).- Il contratto di franchising è un contratto di distribuzione commerciale emerso nella prassi economico-sociale, considerato nell’ordinamento giuridico italiano figura pienamente lecita di autonomia privata (Omissis)”. L’analisi del franchising svolta dal Pretore di Milano, 21 luglio 1992, Grimaldi S.p.A. c. Magatelli ed Effeci S.a.s.14, dimostra, ancora una volta, l’influenza, del tutto notevole, svolta sulla giurisprudenza dal Regolamento comunitario di esenzione per categoria, che non si limita, in questo caso, alla definizione ma si estende all’intera analisi dell’utilità e dei benefici economici del franchising svolta dalla Corte di Giustizia CE e dalla Commissione europea, poi trasfusa nel Regolamento stesso. Ancora una volta viene sottolineata la capacità del franchising di facilitare la diffusione delle tecniche, attraverso una sostanziale 13 14 Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , cit. p. 300. Cfr.: in Contratti, 1993, 173. 34 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione ripartizione dei costi di espansione della catena distributiva tra affiliante ed affiliati, che consente una assai più rapida espansione rispetto a quella che sarebbe possibile tramite la gestione diretta di tutti i punti vendita da parte del franchisor. Tuttavia, la sentenza mostra di aver recepito l’elaborazione comunitaria anche per quanto riguarda gli effetti positivi che dal franchising derivano ai consumatori, elemento sul quale gli organi comunitari si sono lungamente soffermati per giustificare la concessione dell’esenzione dall’applicazione dell’art. 85, comma 1, Trattato CE. Non solo il franchising consente al consumatore di accedere a prodotti e servizi innovativi, ma gli garantisce al tempo stesso l’uniformità tendenziale del livello qualitativo nei vari punti vendita. Tribunale di Torino, 11 gennaio 1995, Istituto Ambrosiano Finanziario (I.A.F.) c. Fallimento Casamercato, 1995, II, 106515. I giudici affermano “la assoluta atipicità del contratto rispetto ai modelli previsti dal legislatore. In linea generale il franchising può essere definito quel contratto in forza del quale il franchisor accorda al franchisee, dietro compenso finanziario, la facoltà di sfruttare una serie di diritti di proprietà industriale o intellettuale al fine di commercializzare prodotti od offrire servizi determinati. In tale contesto, le obbligazioni proprie del contratto in esame sono: 15 - l’utilizzazione dei segni distintivi del franchisor; - la comunicazione, da parte del franchisor, del know-how; Cfr.: in Contratti, 1995, 597 e in Dir. Fall., 1995, II, 1065. 35 CAPITOLO I – Il franchising: un fenomeno in espansione - l’assistenza, da parte del franchisor, commerciale o tecnica, per tutta la durata del contratto; Nel contempo, a carico del franchisee, possono ravvisarsi i seguenti obblighi: - pagare i compensi finanziari; - adeguare la propria attività di mercato agli standard imposti dal franchisor.” 36 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione CAPITOLO II I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 37 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione SOMMARIO: 1. Definizione di imprenditore ex art.2082 c.c. – 2. Peculiarità dell’imprenditore inserito nella rete di franchising rispetto all’imprenditore “indipendente”. – 3. Il franchisor: un imprenditore affermato che utilizza i capitali altrui per espandersi più rapidamente sul mercato. – 4. Il franchisee: imprenditore moderno, attivo e partecipativo, che si affianca ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova attività, ma senza correrne i rischi.– 5. Come scegliere il franchisor, preferendo le iniziative sul mercato di riferimento che emergono per serietà, validità ed efficacia, valutando le reali possibilità di successo dell’attività e tenendo conto, nello stesso tempo, della cultura e delle consuetudini locali. – Costi di start up o di avviamento iniziale. – 6. I presupposti del contratto. – Il concetto di pre-franchising e di pilotage. – Contratto preliminare di franchising, spesso considerato “inutile” e sostituito da un contratto già definitivo ma condizionato in via sospensiva o risolutiva al verificarsi dell'evento che impedisce l'immediata sottoscrizione. – Il contratto definitivo. – 7. Note contrattuali. – 8. Obbligazioni dell’affiliante: a) licenze d’uso; b) zona di protezione dell’affiliato; c) poteri-doveri di indirizzo e di controllo dell’affiliante; d) concessione in uso dei segni distintivi; e) trasferimento del know-how e assistenza; f) clausola di esclusiva; g) fornitura dei beni. – 9. Obbligazioni dell’affiliato: obbligazioni di interesse generale della rete; obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e dell’identità della rete. – 10. Tutela dei segni distintivi, del know-how, del software, dell’immagine commerciale del franchisor. – 11. Rilevanza contrattuale del c.d. segreto di impresa: 38 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione obbligo di segretezza, previsto in genere solo a carico del franchisee, ma talvolta anche del franchisor, inteso come effetto naturale dei contratti di trasferimento di tecnologie. – 12. La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei consumatori. – 13. La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei contraenti. – 14. Scioglimento del rapporto – Risoluzione, scadenza, mancato rinnovo del contratto – La durata del contratto e gli obblighi successivi allo scioglimento del contratto. – 15. Profili fallimentari: scioglimento del rapporto contrattuale nel caso di fallimento dell’affiliato. – 16. Tipicità o atipicità del franchising? 39 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 1. Definizione di imprenditore ex art.2082 c.c.1 La predisposizione di beni e servizi per il mercato generale non è, nella realtà pratica, il frutto di un’attività accidentale ed improvvisata, ma è l’oggetto di un’attività specializzata e professionale, la quale si esplica attraverso organismi economici appositamente predisposti, basati su di un’organizzazione fondata su principi tecnici e su leggi economiche e che si propongono il soddisfacimento delle esigenze del mercato generale: le imprese. Obiettivamente considerata, l’impresa si presenta come una organizzazione di elementi personali e reali operata in funzione di un risultato economico e attuata in vista di un intento speculativo da una persona: l’imprenditore. Da forme semplici di imprese si passa a forme sempre più complesse nelle quali sempre più rifulge il genio creativo e regolatore dell’imprenditore. L’individuazione della persona dell’imprenditore nell’ambito dell’impresa non è, tuttavia, sempre agevole; la stessa scienza economica non è sufficientemente precisa a questo riguardo. Per lo più la persona dell’imprenditore si contrappone a quella del capitalista e a quella del lavoratore. Non si è mancato di rilevare che l’imprenditore è, in definitiva, esso stesso un servitore dell’impresa (il primo dei servitori) e lo stesso Codice civile pone la figura dell’imprenditore sotto il titolo “del lavoro nella impresa”. 1 Cfr.: G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1999, p.35 e ss. 40 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Tuttavia, queste immagini metaforiche e questa comprensione dell’imprenditore nella categoria dei lavoratori non debbono indurre in errore in ordine alla individuazione della sua posizione. L’art. 2082 c.c. dà una chiara definizione di imprenditore: in ogni caso, dal punto di vista giuridico, è imprenditore chi esercita un’attività produttiva (di beni o servizi o scambio di essi) svolta in modo organizzato ( del capitale e del lavoro proprio e altrui) con criteri di economicità ( finalità di profitto o quantomeno di equilibrio tra costi e ricavi) e professionalità (cioè, l’attività dell’imprenditore deve essere costante, sistematica, abituale e non occasionalità); dal punto di vista economico, è colui che fa da intermediario tra chi dispone dei fattori della produzione (capitali e lavoro), ed i soggetti, i quali richiedono la prestazione di servizi o prodotti. Due sono gli elementi fondamentali che servono a caratterizzare l’imprenditore nei confronti degli altri soggetti pure interessati nell’impresa, e cioè, nei confronti dei capitalisti e dei lavoratori: l’iniziativa ed il rischio. L’iniziativa indica il potere di determinare, nella fase organizzativa, le basi strutturali dell’impresa ed in sede di esercizio, l’indirizzo della sua attività; il potere di organizzare e dirigere, secondo proprie scelta tecniche ed economiche, il processo produttivo. Il rischio d’impresa indica, invece, la sopportazione di tutti gli oneri, compresi quelli di carattere sociale, inerenti all’organizzazione dell’impresa e l’assunzione delle alee, favorevoli o sfavorevoli, legate all’attività esercitata. 41 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Per l’attuazione dei suoi compiti, l’imprenditore può avvalersi, come normalmente avviene, della collaborazione temporanea o duratura di altri soggetti, ma già nella scelta dei collaboratori è dato ravvisare una manifestazione del suo potere di iniziativa e comunque, almeno normalmente, le sue determinazioni sono, in caso di disparità di vedute, destinate a prevalere su quelle dei collaboratori. D’altra parte, anche le alee favorevoli o sfavorevoli inerenti all’esercizio dell’impresa possono rifluire a carico del capitalista o dei lavoratori; ciò avviene quando la remunerazione del capitale o quella dei lavoratori si attua, in tutto o in parte, sulla base di una partecipazione agli utili; ciò avviene, ancora, quando, pur essendo la determinazione del corrispettivo spettante al capitalista o al lavoratore esattamente compiuta, tuttavia, l’imprenditore, proprio in conseguenza dei risultati dell’esercizio dell’impresa, non sia più in grado di far fronte agli impegni assunti nei loro confronti. Ma l’incidenza dell’alea inerente all’esercizio dell’impresa non è rispetto a questi soggetti, come è, invece, rispetto all’imprenditore, immediata e diretta. Tuttavia, è da tener presente che al potere d’iniziativa dell’imprenditore può essere riconosciuto, nei diversi momenti storici, una maggiore o minore ampiezza: da un lato, l’adozione di concezioni sociali dell’impresa economica è in grado di porre inevitabili limiti alle sue determinazioni; dall’altro, la previsione, in via generale oppure per particolari settori di attività, di autorizzazione, controlli, limiti di prezzo, pone ulteriori limitazioni alla libertà d’azione dell’imprenditore; infine, 42 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione proprio sulla base di una comunanza delle alee inerenti all’esercizio dell’impresa, si sono da tempo manifestate tendenze volte a rivendicare a favore dei lavoratori non soltanto e non tanto il diritto ad una più adeguata partecipazione agli utili dell’impresa, quanto piuttosto il diritto di partecipare al potere stesso d’iniziativa dell’imprenditore. 2. Peculiarità dell’imprenditore inserito nella rete di franchising rispetto all’imprenditore “indipendente”. Dopo aver individuato nel potere di iniziativa e nel rischio di impresa quelle che sono le caratteristiche, in generale, della persona dell’imprenditore, è possibile delineare le differenze e le peculiarità del franchisee rispetto ad un imprenditore “indipendente”.2 Il franchisee, sottoscrivendo il contratto di franchising, entra a far parte di una catena, acquista un marchio già noto presso il pubblico di consumatori ed aderisce ad un progetto già sperimentato e di successo, pur condividendone la filosofia generale e accettando determinate strategie di marketing, senza sopportare, però, il cosiddetto “rischio di impresa”, ossia, tutti gli oneri inerenti all’organizzazione, all’avviamento ed alla gestione dell’impresa. Proprio per questo “risparmio di energie imprenditoriali”, una parte della dottrina ha proposto una distinzione, per la verità alquanto opinabile sebbene significativa, tra imprenditori inseriti nella rete in franchising e imprenditori indipendenti, definendo questi ultimi, 2 Cfr.: www. assofranchising.it. 43 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione imprenditori “puri” perché si accollano il rischio di gestione ed ogni altra responsabilità legata all’attività esercitata; ed i franchisee, imprenditori “spuri”, proprio perché non hanno le caratteristiche di responsabilità del “vero” imprenditore. Del resto, se è vero, come è vero, che con il termine strategia si intende l’insieme delle azioni di fondo dell’impresa, necessarie per conseguire le sue finalità ed i suoi obiettivi di “lungo periodo”, si può affermare con certezza che la scelta di operare in franchising è sicuramente una strategia per entrambi i partner del rapporto, per i quali innumerevoli possono essere i vantaggi: - acquisire conoscenze e competenze imprenditoriali; - la possibilità di accedere alle tecniche gestionali tipiche delle grandi imprese; - ridurre i tempi di avviamento; - fruire di una formazione iniziale e di un’assistenza tecnica continua; - acquisire prodotti e/o servizi riconoscibili per il marchio affermato e promozionato; - consentire una distribuzione più vasta e veloce; - consentire di espandersi con meno capitale; - richiede un numero minore di dipendenti e minori costi del personale; - consente di realizzare una distribuzione selettiva in ogni zona; - attrae imprenditori locali attivamente partecipi, ben radicati nel loro mercato, conosciuti e rispettati nella loro comunità; 44 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione - produce affiliati attenti alle vendite ed ai costi, con rendimenti superiori a quelli di dirigenti stipendiati e più disponibili a suggerire idee per risparmiare ed innovazioni commerciali; - migliora l’immagine, le relazioni pubbliche e la propaganda dell’azienda. Come si deduce da questo breve elenco dei possibili vantaggi che il contratto di franchising può offrire, quello dell’elusione, per l’affiliato, del rischio di impresa, non è l’unico elemento di attrazione verso questa forma contrattuale, sebbene si possa considerare, nella gran parte dei casi, quello preponderante. 3. Il franchisor: un imprenditore affermato che utilizza i capitali altrui per espandersi più rapidamente sul mercato. L’affiliante e l’affiliato sono operatori giuridicamente ed economicamente indipendenti l’uno dall’altro. Il franchisor, o affiliante, o casa-madre, è l’azienda che ha ideato un progetto di franchising, lo ha reso operativo, lo ha sperimentato attraverso uno o più centri “pilota” e lo propone ad altri imprenditori indipendenti che, firmando un contratto di affiliazione, si accordano per svilupparlo in una determinata area di mercato secondo i criteri ed i sistemi concordati ed accettati. Alcuni elementi qualificanti accomunano i franchisor al di là dei settori di appartenenza, delle categorie merceologiche trattate, delle 45 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione dimensioni delle imprese, della loro organizzazione, dei servizi che forniscono ai loro affiliati e dei contenuti del “progetto franchising”.3 Per “fare franchising” non è sufficiente un’idea di business, una singola attività sperimentata e di successo o un punto vendita operativo. Servono sedi e strutture, risorse umane organizzate e risorse finanziarie adeguate al progetto che si intende sviluppare; sembrerà una precisazione superflua, se non capitasse frequentemente di imbattersi in presunti franchisor. La volontà imprenditoriale è un elemento necessario, ma non l’unico indispensabile per quegli imprenditori che intendono sviluppare un sistema franchising. Il franchisor è, generalmente, un imprenditore che ha raggiunto l’acme dell’attività imprenditoriale e che, contando sulla propria esperienza nel suo specifico settore di attività e dopo aver testato la validità della formula ed ottenuto significativi riscontri di mercato, decide di “aprire dei negozi” in franchising divenendo, così, centropilota della futura catena. Il franchisor, infatti, con il contratto di franchising, cede essenzialmente know-how, ovvero, competenza nell’avviare e gestire una determinata attività ma, soprattutto, esperienza e professionalità nello specifico settore di riferimento, a soggetti, i franchisee, che, invece, ne sono privi e che vogliono investire su un marchio “sicuro”, il cui successo e prestigio sono già riconosciuti. 3 Cfr.: www.italiafranchising.it 46 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il franchisor, dunque, cede il know-how, quel bagaglio di esperienze che ha acquisito nel tempo attraverso la propria concreta attività sul campo. Ovviamente, per far crescere una rete e per assicurare agli affiliati la notorietà del marchio oggetto di licenza d’uso, è necessario aver investito o poter investire in comunicazione presso i potenziali clienti finali. La strategia di comunicazione deve precedere la fase di commercializzazione del progetto e proseguire per tutto il periodo del contratto di affiliazione. Il franchisor deve valutare il grado di riproducibilità del suo progetto con opportuni test, che dimostrino l’efficacia della formula in aree geografiche ed in condizioni di mercato differenti da quelle che hanno ospitato il centro-pilota. Egli deve, inoltre, essere in grado di trasferire le capacità necessarie a rendere l’unità affiliata del tutto omogenea, per standard di efficienza e di redditività, ai centri-pilota. 4. Il franchisee: imprenditore moderno, attivo e partecipativo, che si affianca ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova attività, ma senza correrne i rischi. Il franchisee o affiliato è un imprenditore indipendente che decide di avviare una nuova attività stipulando un accordo di collaborazione continuativa, della durata di alcuni anni, con un’azienda che ha ideato un progetto di franchising, lo ha reso operativo e ne propone lo sviluppo per una determinata area di mercato. 47 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione L’affiliato sceglie un progetto secondo le proprie attitudini, le disponibilità economiche e le caratteristiche del mercato nell’area geografica di riferimento per la propria futura attività. Il franchisee è, dunque, un imprenditore moderno, attivo e partecipativo, che desidera affiancarsi ad un partner qualificato, il franchisor, per operare al meglio sul mercato, sostenendo i costi dell’inizio di una nuova attività, ma senza correrne i rischi, dal momento che aderisce ad un progetto già avviato, prestigioso e che ha già riscosso successo presso i consumatori (o utenti, se l’attività concerne la fornitura di servizi). Il franchisee diventa, così, una specie di “dipendente” del franchisor, perché, inesperto ed “insicuro”, preferisce “comprare l’esperienza altrui” attraverso il pagamento di canoni periodici. Non a caso, infatti, coloro che entrano in una rete di franchising come franchisee sono solitamente giovani imprenditori in cerca della prima occupazione che vogliono lanciarsi nel mondo dell’imprenditorialità, sfruttando l’esperienza e la professionalità acquisita con il tempo da altri (il franchisor) ed acquistando un marchio prestigioso, già noto presso i consumatori e che ha già conquistato un certo target di clientela, che sa di poter trovare presso i nuovi punti vendita gli stessi standard qualitativi e la stessa professionalità cui era affezionata, senza, dunque, correre i rischi connessi all’apertura di una nuova attività e senza le incertezze relative al successo del prodotto o del servizio. 48 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il franchising offre, dunque, sicuramente a coloro che non hanno alcuna esperienza commerciale, una indipendenza accompagnata da una certa sicurezza; la notorietà di una marca, la tranquillità legata alla sperimentazione precedente, il know-how, la comunicazione di un sistema di franchising nei minimi dettagli, l’assistenza commerciale e di gestione, sono elementi che rassicurano il candidato inesperto che cerca un impiego. Una delle chiavi del successo del franchising è, infatti, la qualità costante dei prodotti e dei servizi forniti al cliente in ogni unità affiliata allo stesso sistema. Quando si decide di applicare l’insegna e di utilizzare il marchio di un’azienda, contemporaneamente si comunica al cliente finale la decisione di utilizzare uno specifico strumento di lavoro, di erogare particolari servizi o di vendere determinati prodotti (e non altri). L’ordinamento italiano ha, peraltro, cervato di aiutare i giovani imprenditori attivi e dinamici, ma nello stesso tempo “cauti”, accorti e prudenti, con la legge n.185/00 sull’autoimprenditorialità, che prevede una serie di agevolazioni, anche economiche, a favore di giovani in cerca della prima occupazione e che vogliono entrare a far parte della grande “famiglia” cui si può paragonare ogni catena in franchising. Avranno, quindi, interesse a divenire affiliati tutti quegli imprenditori che hanno a disposizione capitali da investire in una nuova attività, ma inesperti, cui manca quel quid necessario per avere successo nel mercato, cioè il know-how, la competenza e l’esperienza in un settore specifico. 49 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Chi è convinto di avere più capacità o creatività imprenditoriali o esperienza specifica o possibilità di successo del franchisor di cui sta valutando la proposta di affiliazione, è meglio che scarti l’idea di affiliarsi: sarebbe del tutto inutile “comperare” un know-how e dei sistemi di cui ci si sente di poter fare a meno. Come pure è sbagliato affiliarsi quando non si condivide la filosofia generale di un progetto o non si accettano determinate impostazioni del business. Dichiarare di non sapersi conformare ad una precisa formula e di sapersi esprimere solo individualmente equivale a definirsi inadatti al ruolo di franchisee. Tuttavia, una delle convinzioni più sbagliate è che l’avvio e la conduzione di un’attività in franchising sia meno faticosa ed impegnativa rispetto ad attività in proprio di carattere tradizionale. Infatti, anche quando il franchisor svolge interamente il proprio dovere offrendo un ottimo addestramento iniziale ed un’assistenza continuativa, è il franchisee a dover dimostrare l’attitudine e la preparazione a gestire adeguatamente la propria impresa. 50 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 5. Come scegliere il franchisor, preferendo le iniziative sul mercato di riferimento che emergono per serietà, validità ed efficacia, valutando le reali possibilità di successo dell’attività e tenendo conto, nello stesso tempo, della cultura e delle consuetudini locali. – Costi di start up o di avviamento iniziale. Chi viene a contatto per la prima volta con pubblicazioni specialistiche o con manifestazioni dedicate al franchising ha spesso l’impressione di entrare in uno strano e abbagliante supermercato dove il prodotto offerto è un marchio e un sistema. Ciò che l’aspirante affiliato deve assolutamente evitare è lasciarsi trasportare dall’ansia del consumo, ovvero dalla voglia di comprare il primo progetto all’apparenza accattivante. Il franchising non è di per se stesso una formula per la moltiplicazione dei denari, ma un sistema di collaborazione d’affari che può essere applicato in diversi settori e da diversi soggetti economici con maggiore o minore efficacia. La constatazione che questo strumento in molti casi si sia dimostrato validissimo non garantisce affatto che chiunque lo utilizzi in veste di franchisor sia capace di ottenere buoni profitti per sé e per i propri affiliati. Molti fattori concorrono alla buona riuscita di un’iniziativa di franchising: alcuni sono comuni a qualsiasi progetto imprenditoriale, altri sono specifici di questo sistema. È dunque necessario disporre di numerosi elementi informativi prima di avventurarsi nella scelta del proprio franchisor ideale nella vasta gamma di proposte nascenti o consolidate. La selezione di un progetto vincente è il vero momento critico che l’imprenditore deve affrontare con lo stesso atteggiamento 51 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione con il quale si definiscono le principali scelte strategiche d’avvio di una nuova impresa. Firmare un contratto solo perché si è attratti dalla “novità” o dall’originalità, è un errore che si può pagare molto caro (parecchie decine di migliaia di euro) e per molto tempo (la durata tipica dei contratti è fra i tre e i dieci anni4). Il primo scoglio da superare è quello della comparazione tra le varie offerte, scegliendo quelle iniziative sul mercato di riferimento che emergono per serietà, validità ed efficacia. Questa valutazione è oggi complicata e semplificata al tempo stesso dal numero e dalla varietà di iniziative esistenti. Complicata, se si vuole considerare la maggiore necessità di documentazione e di informazione sulle alternative da comprare e all’opposto semplificata dalla possibilità di trovare quasi in ogni settore la proposta più adatta a più valida rispetto alle attese di ciascun potenziale affiliato. Non è l’utilizzo del sistema franchising che crea un’iniziativa di successo, ma al contrario solo un’impresa vincente può utilizzare efficacemente questa formula. Soprattutto in passato, si sono attribuite alle “magiche” virtù del franchising performance che in realtà sono essenzialmente legate a specifiche qualità delle imprese, cioè a prodotti validi, organizzazioni efficienti, risorse umane eccellenti, progetti accuratamente sperimentati. Questi ed altri requisiti devono essere verificati attentamente dal potenziale affiliato attraverso un adeguato lavoro di ricerca sulla storia e sulla struttura aziendale, sulla solidità economica delle società proponenti i progetti di maggior interesse. 4 Cfr.: www.intervideo.it www.assofranchising.it 52 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il lavoro informativo non può bastare a far maturare una scelta giudiziosa se non è accompagnato da una serena e attenta autoanalisi da parte dell’aspirante affiliato. Dopo aver identificato un bel marchio, un negozio attraente, un’azienda leader in un determinato settore, è necessario che il potenziale affiliato metta in relazione questi elementi con quelli attinenti al proprio profilo imprenditoriale. La scelta deve tener conto degli interessi e delle attitudini a svolgere o a gestire l’attività, delle proprie capacità manageriali, delle risorse economiche a disposizione, della filosofia propria e del franchisor, delle attese, degli obiettivi economici e personali che si vogliono perseguire. Chi “compra” un progetto frequentemente pensa che sia compito del franchisor farlo funzionare e che il proprio impegno si debba limitare ad un iniziale esborso finanziario e ad uno sporadico controllo di gestione. La realtà dimostra invece con puntuale frequenza che il rapporto di franchising dà i migliori risultati soprattutto quando il coinvolgimento dell’affiliato e la condivisione delle modalità proposte dal franchisor sono pieni e totali. Si deve investire in un progetto in franchising valutando attentamente quanto tempo, quanto denaro, quanto impegno personale si è in grado di mettere a disposizione per la sua riuscita. Ultimo elemento, ma non meno importante: il mercato. Il sistema franchising serve anche da ammortizzatore dei rischi dell’impatto sul mercato di una nuova iniziativa; ma se un determinato settore è in crisi, o una certa area geografica ha scarsa propensione al 53 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione consumo di specifici beni o servizi, anche il migliore dei sistemi vedrà limitate le possibilità di successo. Non è un caso, per esempio, che l’offerta di progetti in franchising nel commercio di articoli per la persona abbia subito un rallentamento nella crescita in questi ultimi anni, come portato dalla flessione della domanda in questi particolari comparti distributivi. Al contrario, settori come quello del turismo, della cultura, delle attività legate al tempo libero, alla salute e alla sicurezza hanno visto fiorire diverse proposte di franchising con prospettive di crescita. Una analisi del segmento di mercato dove si intende operare resta certamente importante e spesso basta una rapida indagine tra operatori del settore e consulenti di fiducia per scoprire se un’attività in un certo settore è in crescita o in calo. Altrettanto utile può rivelarsi un’indagine sul campo a livello locale, per scoprire se i prodotti o i servizi che costituiscono l’offerta dell’attività che si sta valutando possono essere ben accolti, oppure se nella zona esistono gusti, mode, bisogni, abitudini di spesa, sostanzialmente contrari o differenti. Avviare una rete comporta anche un impegno economico rilevante. Ufficio, collaboratori, ricerche di marketing, consulenti legali per la stesura del contratto… Spese vive che possono frenare anche i progetti più promettenti. La pianificazione dello sviluppo della rete è fondamentale, pena il collasso del progetto5. Avviare un sistema franchising è oneroso: meglio decidere in anticipo i tempi di crescita, per calcolare i costi da sostenere in ogni fase e comprendere se si hanno a 5 Cfr.: Ekò Millionaire, Febbraio 2002 54 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione disposizione i fondi necessari. Rivolgersi ad un consulente rappresenta una spesa aggiuntiva… che può far risparmiare molti inconvenienti: un esperto è in grado di valutare tutti i passaggi dell’operazione, dalle tempistiche di crescita ai margini di guadagno degli affiliati. E soprattutto, di comprendere se l’idea ha reali possibilità di riuscita. La costruzione di una formula franchising richiede anche flessibilità. Prodotto, contratto di affiliazione, strategia di ricerca dei franchisee… E’ sempre possibile apportare modifiche per raggiungere risultati migliori. Quando l’organizzazione della rete è pronta, si passa alla parte più complessa dell’operazione: la ricerca degli affiliati. Stringere contratti di affiliazione quando la rete è ancora allo stato iniziale è un po’ come tentare di vendere un prodotto ancora sconosciuto. Per farsi conoscere, un sistema franchising deve utilizzare tre diverse modalità di comunicazione6. Per i consumatori. Anche un marchio franchising deve farsi conoscere dal pubblico sfruttando inserzioni locali o nazionali, volantini, manifesti, Internet. Per i futuri affiliati. Per attirare gli aspiranti franchisee è necessario realizzare campagne pubblicitarie che, anziché puntare sul prodotto o servizio offerto, dimostrino le qualità del progetto imprenditoriale e diano informazioni su guadagni e investimenti. Questa comunicazione, per essere efficace, deve essere svolta in canali 6 Cfr.: Ekò Millionaire, Febbraio 2002 55 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione specialistici: fiere, testate di settore, siti… ma si possono valutare anche altre strade come la sponsorizzazione di eventi. Per gli addetti ai lavori. Soprattutto quando si è agli inizi, il franchisor ha bisogno di farsi conoscere anche nell’ambiente di lavoro, dai fornitori, dalle riviste specializzate, dalle associazioni… questo perché la notorietà può apportare fiducia da parte di chi è interessato all’affiliazione. I tre canali d’informazione devono essere seguiti in sincronia, bilanciando gli sforzi pubblicitari. Chi trova molti consumatori ma pochi affiliati non può sviluppare la rete, e viceversa: è difficile stipulare molti contratti quando il marchio è ancora poco conosciuto. Anche la scarsa notorietà nell’ambiente di lavoro si ritorce contro il franchisor, che difficilmente riesce ad acquistare credibilità con fornitori e aspiranti franchisee. In ogni caso la promozione è onerosa: parte dei suoi costi vengono recuperati dal franchisor grazie al pagamento dei diritti d’ingresso. I costi di start up costituiscono un’altra area a “rischio” per il candidato affiliato. Nei costi iniziali dell’allestimento dei punti vendita, dell’installazione dei macchinari e impianti, delle prime forniture, possono nascondersi veri e propri “diritti d’entrata mascherati”, ricavati dai franchisor attraverso maggiorazioni dei prezzi di prodotti e servizi rispetto alle quotazioni di mercato. La miglior verifica della correttezza dell’affiliante è data dal riscontrare la presenza di allegati al contatto che riportino specifici capitolati d’oneri, o preventivi dell’investimento iniziale, che devono 56 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione essere approvati da entrambe le parti prima della firma dell’accordo definitivo. Questo genere di prospetti informativi consente all’affiliato di verificare se le cifre di investimento iniziale richieste sono conformi a quelle di mercato e quindi non nascondono insidie o frodi ai suoi danni. Alcuni franchisor progettano ed allestiscono i punti vendita tramite arredatori convenzionati anche in forma gratuita ed arredamento a carico dell’affiliato, altri ancora richiedono per i propri fornitori i corrispettivi sia del progetto che dell’allestimento. Talvolta le aziende si limitano ad indicare all’affiliato alcuni standard, lasciando a quest’ultimo il compito di adeguarsi. In molti casi, invece, vengono suggeriti uno o più fornitori convenzionati ai quali il candidato deve necessariamente ed obbligatoriamente rivolgersi. Lo stesso vale per attrezzature e macchinari. Spesso accade che gli affiliati dedichino la loro attenzione ai soli risvolti economici immediati del contratto, trascurando voci altrettanto importanti quali, per esempio, gli obblighi e gli impegni di comportamento delle due parti. L’ignoranza riguardo alle modalità di svolgimento del rapporto e alla sua gestione possono ingenerare equivoci e incomprensioni con conseguenze economiche rilevanti. 57 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 6. I presupposti del contratto. – Il concetto di pre-franchising e di pilotage. – Contratto preliminare di franchising, spesso considerato “inutile” e sostituito da un contratto già definitivo ma condizionato in via sospensiva o risolutiva al verificarsi dell'evento che impedisce l'immediata sottoscrizione. – Il contratto definitivo. L’estrema variabilità delle attività che possono essere oggetto di un contratto di franchising ha portato ad una diversificazione del contenuto, con accentuazione di alcuni profili negoziali a seconda del settore in cui il sistema collaborativo è andato a svilupparsi. Tuttavia, la stesse Associazioni per lo sviluppo del franchising tendono a rendere sotto alcuni profili omogeneo il contenuto del contratto, cercando, cioè, di individuare dei punti cardinali da tener presenti in ogni singolo rapporto. Per questo motivo, è possibile trarre dalla variegata prassi negoziale, quelle costanti che a buona ragione possono dirsi comuni a tutti i contratti di franchising. Innanzitutto, bisogna considerare che a monte del contratto vero e proprio, vi è un altro documento, il cosiddetto “Manuale operativo” e cioè quel complesso di regole che permettono al franchisee di venire a conoscenza dei principi operativi che regolano l’attività d’impresa. In genere, questi “accordi integrativi” dettano principi in ordine all’espletamento delle pratiche burocratiche necessarie per ottenere le autorizzazioni, alle modalità di conduzione delle attività prescelte, di fabbricazione e/o di presentazione dei prodotti, alle procedure amministrative che devono essere attivate nel corso del rapporto, ai criteri per la selezione del personale, all’elaborazione dei dati contabili e certificativi che permettono alle parti di verificare la 58 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione convenienza economica del contratto. Queste disposizioni, che sono predisposte unilateralmente dal franchisor, integrano il contenuto del contratto e costituiscono indici valutativi del comportamento delle parti, soprattutto in ordine all’eventualità di scioglimento del vincolo per inadempimento. Il successo di un dato sistema di franchising è dovuto alla sua formula, che verte principalmente sull’offerta di un bene o di un servizio o di un processo produttivo già sperimentato o facilmente sperimentabile con alte probabilità di successo, alla dimostrazione dei risultati concretamente ottenuti con “unità pilota”, alla predisposizione di corsi di formazione per i franchisee, al trasferimento di pratiche produttive e know-how, di tecniche operative e gestionali, all’offerta di un marchio affermato o conosciuto e di un nome commerciale di una certa rilevanza7. È solo sulla base della combinazione di tutti questi elementi che il franchisor potrà stabilire la giusta misura della quota fissa di ammissione o il pagamento di royalty periodiche che il franchisee dovrà corrispondere in relazione ai servizi prestati dall’affiliante nel corso del rapporto. Fra questi ultimi vanno menzionati i controlli sulle operazioni successive all’apertura del punto di vendita, le prestazioni di assistenza tecnica ed economica altamente specializzate. Rientra nello stesso interesse del franchisor che l’impresa affiliata realizzi le migliori condizioni di produttività, anche perché essa dovrà apparire agli occhi dei consumatori quasi come una succursale della casa madre e la sua 7 Cfr.: V. STASOLLA, Il franchising. Lineamenti tecnoeconomici, Milano, 1992, p. 256 e ss. 59 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione efficienza comporterà un vantaggio per tutta la catena e per tutto il sistema8. Questo vale a spiegare anche quella serie successiva di controlli sui prodotti e sull’attività, che sono orientati al miglioramento della qualità delle funzioni di commercializzazione e/o di produzione. Controlli così penetranti, talvolta anche “a sorpresa” presso i punti di vendita delle imprese affiliate, sulle qualità economiche e soprattutto personali del franchisee mirano anche ad evitare che della rete possano entrare a far parte imprenditori scarsamente professionali, rappresentando un limite, quindi alla delinquenza. Il sistema di franchising richiede delle garanzie economiche, finanziarie, ma soprattutto inerenti alla persona degli affiliati, i quali non possono essere considerati semplici imprenditori perché, essendo inseriti in una rete, in una catena, quasi fosse una “grande famiglia”, con la sottoscrizione del contratto di affiliazione, manifestano proprio la volontà a sottostare alle regole e ai controlli che il sistema di collaborazione commerciale impone. Lo strumento negoziale diviene, per così dire, polivalente, adempiendo a scopi sempre nuovi, che valgono a rafforzare il dato aggregativo: il franchisor può predisporre visite ed ispezioni o sovrintendere a valutazioni, a volte molto particolareggiate, sulla capacità economica del futuro affiliato. Molte volte il contratto di franchising vero e proprio viene preceduto, ciò soprattutto nella pratica contrattuale francese, da un cosiddetto préfranchisage. In effetti, il préfranchisage costituisce uno 8 Cfr.: A. BONANI, Cos’è e come si crea un sistema di franchising, in Il franchising, inserto del n.18 di Consulenza, 1982. 60 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione strumento negoziale volto a verificare le possibilità di mantenere in vita un futuro rapporto collaborativo; si tratta, quindi, di un accordo limitato nel tempo, diretto a misurare le reazioni di un imprenditore indipendente in relazione alle esigenze del sistema e a predisporre nel concreto i metodi di controllo sull’attività. Queste considerazioni hanno portato a configurare il contratto come strettamente legato alla persona del franchisee. Già per la concessione di vendita, la dottrina e la stessa giurisprudenza hanno avuto modo di sottolineare la particolare configurazione intuitu personae del negozio, sulla base della circostanza che spesso il risultato utile del contratto sarebbe strettamente inerente alla qualità e alla professionalità del concessionario, oppure in virtù dell’accostamento della figura negoziale al mandato9. In tal senso, si è affermato che la morte del concedente risulta irrilevante nella prosecuzione del rapporto, perché per il concessionario è normalmente indifferente che i prodotti di cui è assicurata l’esclusiva siano fabbricati da quel concedente o da altri cui sia stata ceduta l’azienda, i brevetti e i marchi; mentre si finisce per ritenere rilevante l’evento che colpisca la persona del concessionario. Questo poteva avere una propria logica in un sistema di concessione di vendita, in cui il concessionario era in genere titolare di una piccola impresa a base personale, ma non può essere riproposto negli stessi termini in un moderno sistema di franchising. In questo caso vengono valutate non solo le qualità particolari 9 Cfr.: Tribunale di Napoli, 29 Novembre 1974, Petrone c. Soc. Ethicon, in “Dir. e Giur.”, 1975, p.584, ove viene sottolineata la natura del contratto che presenta insieme i tratti caratteristici della vendita e del mandato. 61 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione dell’imprenditore da affiliare, ma pure la capacità dell’imprenditore a penetrare nel mercato locale e ad accrescere il livello del sistema aggregativo cui partecipa. Un ulteriore profilo che emerge con forza in un sistema efficiente di franchising, oltre a quelli relativi al marketing e alla produzione, è quello comunemente denominato della “leva finanziaria”, che deriva dalla capacità di indebitamento, intesa come forza attrattiva del credito, specie bancario, la cui funzionalità viene assicurata dalla possibilità che l’intero gruppo faccia fronte agli oneri di finanziamento. Questo profilo del sistema aggregativo costituisce un dato recente: si è sottolineato, così, che l’aumento della cosiddetta superficie finanziaria dell’impresa affiliata, le consente di effettuare investimenti e di accrescere le attività patrimoniali. Non solo, ma si vanno diffondendo, soprattutto nel franchising produttivo, ipotesi contrattuali che prevedono anche la creazione di comuni strutture per la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie. Il Codice Europeo di deontologia del franchising prescrive espressamente che il contratto deve essere redatto in termini chiari, ove per “chiarezza” non si intende esclusivamente quella linguistica e terminologica, ma soprattutto quella economica, relativa ai costi ed ai benefici che alle parti derivano dall’adesione al sistema. Tale esigenza di chiarezza deve essere attualizzata sin dal momento delle trattative. Nella fase di formazione del contratto, una problematica di importanza particolare è quella relativa alla parità di trattamento che il franchisor dovrebbe attualizzare nei confronti dei futuri franchisee. Il 62 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione tema si è imposto nella dottrina nordamericana, per quanto riguarda la liceità della concessione di licenze di brevetto con clausola di esclusiva, rispetto alla quale si è adottata la soluzione che obbliga il titolare del brevetto a trasferire licenze a condizioni identiche a quelle pattuite nella prima a tutti coloro che ne facciano richiesta e che ne abbiano i necessari requisiti. L’interesse principale del franchisor è quello di realizzare un “sistema” il più possibile omogeneo e che la stessa selezione qualitativa dei distributori serve a facilitare l’erogazione dei servizi aggiuntivi, che possono essere offerti solo da “commercianti specializzati”. Come giustamente è stato rilevato, la causa associativa, in materia, si potrebbe ritrovare più nel momento genetico, cioè nella volontà di costituire lo strumento per l’integrazione dell’attività di ciascuno, che nel momento funzionale, dove i vantaggi che ciascuno singolarmente ritrae dalla nuova struttura dipendono sempre meno, via via che l’integrazione si rafforza e si sviluppa, dalla volontà degli affiliati, e sempre più dalle tecnostrutture createsi e dal contesto in cui queste operano. Nello stesso tempo, il tentativo di delimitare il principio di uguaglianza alla luce del criterio della buona fede, lascerebbe troppo spazio all’arbitrio e finirebbe per non delimitare il settore della “libertà contrattuale” da quello in cui vige l’obbligo della parità di trattamento. La parità di trattamento potrebbe, allora, essere qualificata come principio accessorio del Milltìürverbot, del divieto di arbitrio che condiziona l’attività del franchisor, nel regolare casi simili, così che l’individuazione nel singolo contratto di clausole poco rispettose del 63 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione principio della libertà economica dell’affiliato potrebbe rappresentare un indice sintomatico di un uso distorto del franchising. La problematica in tal modo finirebbe per allontanarsi dal tema della parità di trattamento per accostarsi a quello della violazione delle norme, soprattutto comunitarie, sulla libertà di concorrenza. Contrariamente che nella distribuzione selettiva, la libertà di scelta del franchisor discende direttamente dal suo potere discrezionale, che non sopporta criteri oggettivi di selezione, tanto che la stessa Commissione CEE nella decisione Yves Rocher (J.O. CEE n.L.8/49 10 gennaio 1987) ha precisato che: «l’absence d’une obligation contractuele d’Yves Rocher de respecter des critères de sélection dans les choix de ses partènaires s’explique par le fait qu’Yves Rocher forme lui-même ses franchisés au cours d’un stage d’initiation en vue de la création de nouveaux magasins franchisés». In effetti, si registra una vera e propria inversione del processo proprio della concessione di vendita con esclusiva; in questo caso è il produttore a ricercare elevati livelli di competenza nei distributori, mentre nel franchising sono gli affiliati a chiedere una particolare competenza o specializzazione dell’affiliante. Altro spessore acquista l’esigenza di uguaglianza dei franchisee nel corso del rapporto, allorquando il franchisor si impegna a realizzare su vasta scala le iniziative promozionali o a concretare un sistema di assistenza efficiente: in tal caso la violazione del principio di parità di trattamento finirebbe per creare uno svantaggio a danno di un affiliato nei confronti di altri operatori che operano nella stessa zona in presenza 64 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione delle medesime condizioni economiche, oppure nei confronti di altri franchisee. In tal caso, se nel contratto vi è un’apposita clausola che impone al franchisor l’obbligo della parità di trattamento, ci si trova di fronte ad un vero e proprio inadempimento, che in alcune modulistiche nordamericane ha la propria sanzione in un cospicuo risarcimento dei danni. Qualora il contratto non contenga alcuna clausola di tal genere, non resta che richiamare i principi in tema di buona fede in executivis. In concreto, bisogna sottolineare che assai difficilmente è possibile verificare ipotesi di violazione dei principi di parità di trattamento: il risultato di una corretta integrazione verticale è rimesso non solo alla centralizzazione dei processi decisionali, ma soprattutto all’omogeneità dei processi di intervento sulle singole imprese affiliate. Nella letteratura straniera si parla talvolta di contratto di pilotage o pre-franchising per indicare quei rapporti nei quali si vuole sperimentare la formula e le condizioni che dovranno reggere tutta la successiva catena di franchising. Questa fase può essere evitata (e di solito lo è) quando è lo stesso franchisor che ha sperimentato il punto di vendita pilota e la formula che lo regge. Nel contratto di pre-franchising il franchisor chiede al franchisee di partecipare alla sperimentazione della formula, che condurrà a sviluppare il know-how. Dunque anche l’eventuale successo apparterrà ai due contraenti, che dovranno ripartirne contrattualmente la titolarità e l’utilizzazione. Ci saranno le note clausole che si riferiscono alle insegne, al nome commerciale ed agli altri segni distintivi; ci sarà l’obbligo di segretezza; non sarà invece giustificata una entrance fee; 65 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione sarà rara una royalty; la durata del contratto sarà piuttosto breve; se non ci sarà continuazione del rapporto (cioè non partirà il contratto di franchising vero e proprio), il franchisor dovrà riprendersi tutto lo stock; il franchisee chiederà il patto di preferenza e così via. Nel contratto di pilotage il franchisor ha già trovato l’idea e ne affida ad un terzo, a suo rischio, lo sfruttamento-pilota. Il contratto non dura generalmente più di un anno; c’è l’esclusiva a favore del franchisee; c’è l’obbligo di segretezza; spesso c’è una divisione degli utili, mentre le perdite possono essere addossate al franchisee. Il contratto di pilotage (che spesso è difficile distinguere da quello di prefranchising) è sempre necessario in quegli ordinamenti in cui, per legge o per autodisciplina, si richiede, nell’ambito degli obblighi di disclosure, di rivelare nomi e risultati del o dei punti pilota. Oltre che per valutarne meglio rischi economici e di marketing, entrambi i contratti sono volti all’ottenimento (o perfezionamento) di quel know-how che, assieme ai segni distintivi, costituisce elemento essenziale del franchising. Da distinguere rispetto agli istituti del prefranchising e del pilotage, è il contratto preliminare di franchising. Come si evince dalla denominazione stessa, esso è funzionale non solo alla stipula del contratto definitivo, ma altresì all’inizio di attuazione del medesimo. Con il contratto preliminare, dunque, si definiscono obbligazioni, ripartizioni di compiti e di costi, nonché opzioni o impegni di riservatezza che devono vincolare le parti nel periodo antecedente la messa in opera del contratto definitivo. Gli aspetti che più di frequente 66 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione sono disciplinati nel contratto preliminare di franchising concernono: la scelta dei locali, approvata dall’affiliante, e la stipulazione del relativo contratto di locazione per un periodo che non dovrebbe essere inferiore alla durata del contratto di affiliazione; l’adempimento degli oneri amministrativi necessari al fine di poter esercitare l’attività in franchising; una serie di impegni assunti dall’affiliante e relativi in particolare al patto d’opzione, alla sottoscrizione del contratto definitivo qualora il candidato-franchisee adempia quanto previsto dal preliminare, al divieto di concludere, per il periodo di durata dell’opzione, un altro contratto di franchising nella zona riservata al candidato; una serie di impegni assunti dall’affiliato concernenti l’adempimento di quanto previsto dal preliminare ed infine le disposizioni relative alla eventuale mancata conclusione del contratto definitivo. Benché il problema si ponga molto spesso, il ricorso, almeno in Italia, al duplice strumento, il preliminare seguito dal definitivo, non è molto frequente, poiché i contraenti preferiscono inserire nello stesso definitivo le clausole circa la sospensione dell’efficacia del contratto al verificarsi di tutte le condizioni previste (negozio sub condicione) e lo stesso Regolamento dell’Assofranchising lo sconsiglia apertamente. Le ragioni di uno sfavore nei confronti della stipula di un preliminare sono molteplici e poggiano essenzialmente su due ordini di motivazioni. In primo luogo è la natura stessa del contratto preliminare a non apparire necessaria nel contesto della formalizzazione contrattuale di un rapporto di franchising. 67 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il preliminare, infatti, rispetto ai contratti in genere e di franchising in particolare non è altro che la previsione ed il contestuale esercizio di una doppia opzione incrociata in cui le due parti contraenti che hanno raggiunto un accordo sui punti essenziali di un particolare negozio si impegnano a stipularlo in un secondo tempo, definendo in tale contesto i dettagli perché appunto tali dettagli ininfluenti al raggiungimento della volontà di concludere sono ancora da definire o perché una delle parti deve acquisire qualcosa di indispensabile alla stipula del contratto definitivo (ad esempio un mutuo per pagare una parte del prezzo dell’acquisto di un immobile in relazione ad un contratto di vendita). Nel contratto di franchising i punti essenziali del contratto sono fondati in genere sulla conoscenza e accettazione complessiva della quasi totalità delle clausole che riguardano il rapporto, per cui quando si è raggiunto l’accordo sui punti essenziali del contratto si sarebbe dovuto (per l’affiliato) aver conosciuto e accettato non solo i punti essenziali, ma anche i dettagli del contratto che su tali punti confluiscono; e allora è inutile un preliminare, ma conviene sottoscrivere un contratto definitivo condizionato in via sospensiva o risolutiva al verificarsi dell’evento che impedisce l’immediata sottoscrizione. Infatti, può succedere che anche nel contratto di franchising una delle parti non sia pronta ad impegnarsi in un contratto definitivo perché attende un elemento determinante per la stipula del contratto indipendentemente dalla propria volontà (ad esempio la licenza di apertura di un locale o un finanziamento). Ora, in tal caso, una volta che, come detto, le parti dovrebbero aver conosciuto e accettato anche i 68 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione dettagli del contratto, può essere più opportuno, sul piano della trasparenza dei rapporti di negoziazione e della correttezza operativa, sottoscrivere il contratto definitivo anziché affidarsi ad un preliminare generico e operare attraverso condizioni sospensive e/o al tempo stesso risolutive per vincolare l’entrata in vigore di taluni obblighi del contratto o la sua caducazione al verificarsi o meno degli auspicati eventi, siano essi l’attesa licenza o un finanziamento. In secondo luogo, il preliminare, l’invito a stipulare un preliminare, può nascondere intenti dell’affiliante non particolarmente onorevoli, quali quello di acquisire una caparra, che poi gli sarà addirittura possibile incamerare senza impegnarsi nel contratto da cui fuggirà lo stesso incauto potenziale affiliato quando si sarà accorto (e solo grazie al testo del contratto definitivo!) della pesantezza degli obblighi che il rapporto di franchising comporta per lui o della sua inconsistenza economica. Tale tipo di offerte di sottoscrizione di un preliminare (specie se con sostanziosa caparra) possono essere un indizio di situazioni del genere e, in ogni caso, rappresentano un indizio ancora più consistente di una scarsa attenzione dell’affiliante alle qualità soggettive dell’affiliato, che rappresentano viceversa uno dei presupposti del successo della rete. Il rapporto di franchising è l’incontro tra due imprenditori e se il potenziale affiliato deve dedicare particolare attenzione a valutare la validità delle offerte dell’affiliante e della rete cui intende aderire in termini di maggior convenienza per i più elevati livelli di competitività che gli derivano rispetto ad un’iniziativa autonoma nello stesso settore merceologico, altrettanto deve fare l’affiliante nella selezione e scelta dei 69 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione propri affiliati, curando di effettuare una valutazione del potenziale affiliato che gli garantisca non solo correttezza e onestà, ma anche un’adeguata capacità imprenditoriale confacente alle caratteristiche della rete. Ciò presuppone dai due lati attenta valutazione soggettiva (soprattutto del potenziale affiliato da parte dell’affiliante) ed oggettiva (soprattutto dell’affiliato per i vantaggi di mercato e la proporzionalità degli oneri che la rete gli comporta) che non possono non condurre ad un’analisi anche dettagliata del testo contrattuale, e cioè ad una sua conoscenza e accettazione. Tale doppia valutazione comporta quindi che, quando si sia giunti ad un adeguato livello di reciproca accettazione tra potenziale affiliante e affiliato tale da sottoscrivere un impegno preliminare a vincolarsi poi con un contratto definitivo si sia già in condizione di firmare il vero e proprio contratto di franchising anche qui con la conseguenza di rendere la sottoscrizione di un preliminare assolutamente priva di senso. È quindi da diffidare di ogni offerta che spinga a sottoscrivere immediatamente un preliminare contro versamento di caparra giustificata, per esempio, dalla possibilità di “bloccare” una zona di esclusiva o l’ammontare di un diritto di entrata o per ottenere una riduzione di tale diritto dato che assai difficilmente ci si troverà di fronte ad un progetto di franchising che punti realisticamente al successo. Una volta scoperta la gravosità dell’adesione o l’inconsistenza del progetto di franchising proposto le procedure civilistiche recuperatorie potrebbero essere lunghe e defatiganti e non sempre si hanno gli elementi per procedere sul piano penalistico, fornendo le prove di artifizi 70 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione e raggiri nei tempi previsti per la querela di parte richiesta dall’art.640 c.p. per truffa. Può esistere però nel corso delle trattative per un potenziale affiliato la necessità di assicurarsi una zona territoriale di esclusiva appetita da altri concorrenti i quali, per talune lungaggini della trattativa stessa, potrebbero proficuamente portare a termine più celermente un proprio iter valutativo. In tale ipotesi, per l’affiliante che intenda approfondire e nel contempo rassicurare uno specifico potenziale affiliato alle cui buone qualità cominci a tenere, può essere utile concedere un’opzione temporanea, condizionata alla stipula piuttosto che stipulare un preliminare a trattativa non ancora completata. Per manifestare in sede contrattuale il rispetto dei propri obblighi di disclosure è opportuno che nel contratto trovino esplicito riferimento taluni elementi che caratterizzano la figura dell’affiliante, la sua posizione di vantaggio acquisita sul mercato e il trasferimento di detta posizione nella rete. In genere è preferibile che tali menzioni vengano inserite in una “Premessa” o “Preambolo” al contratto che dello stesso devono costituire parte integrante. In tale sede l’affiliante dovrebbe fornire, in primo luogo, una sintetica descrizione della propria struttura d’impresa, specie se fa parte di un gruppo societario, con in tal caso un’indicazione dei rapporti di controllo. Successivamente, è proprio l’attività dell’affiliante che andrebbe descritta, con la necessaria specificazione dei successi conseguiti da cui 71 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione sia possibile desumere la posizione di vantaggio di mercato acquisita nel tempo in termini di maggiore competitività rispetto ai concorrenti. Ciò posto, occorre menzionare gli elementi che caratterizzano tale posizione di mercato e precisamente, i diritti di proprietà industriale (marchi, brevetti), l’iscrizione, la natura incontestata, il know-how che a tali marchi e brevetti si aggiunge, le ulteriori tecniche di vendita e di prestazione dei servizi e la suscettibilità di tale insieme di elementi a determinare una traslazione di tali vantaggi in capo ad un affiliato con positivi risultati per il livello di competitività di quest’ultimo anche per effetto di un suo inserimento in una rete di franchising. La descrizione dell’organizzazione della rete, della sua attività, delle sperimentazioni compiute in precedenza tramite progetti-pilota dovrebbe completare quindi la descrizione dei vantaggi di mercato goduti dall’affiliante. L’avvenuta valutazione dell’idoneità del potenziale affiliato controparte dovrebbe, infine, trovare menzione tramite un accenno al superamento di procedure di selezione completate con la positiva volontà dell’affiliato di perseguire il proprio successo tramite l’inserimento nella rete realizzata dall’affiliante accettandone anche oneri e limitazioni operative. Va da sé che la prospettazione fornita in contratto deve trovare puntuale riscontro nella realtà, altrimenti dalla discrasia tra prospettazioni contrattuali e realtà comprovabile, l’assenza di causa o l’illiceità della stessa potrebbero emergere in modo ancor più lampante che in assenza di tale menzione nel testo contrattuale. 72 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 7. Note contrattuali. a) Il franchisor curerà che il franchisee abbia, prima dell’entrata in vigore del contratto, l’addestramento necessario ed in caso negativo lo aiuterà ad ottenerlo. Tale addestramento comprenderà di norma un corso preliminare in un’impresa similare. Il franchisor garantirà ai franchisee, per la durata del contratto, assistenza ed informazioni appropriate ed istituirà contatti stretti e continuativi con esso, avvalendosi a tal fine di funzionari competenti10. b) Il franchisor dovrà essere disponibile alle richieste del franchisee. Saranno scambiate proposte e le operazioni importanti verranno discusse insieme, al fine di migliorare la reciproca comprensione e l’identità d’interessi tra le parti. c) Il franchisor fornirà al potenziale franchisee dati precisi, completi e controllabili, rilevati da una o più reali esperienze precedenti simili, per collocazione geografica e caratteristiche generali, a quelle proposte al franchisee. Questi dati riguarderanno, in particolare, il potenziale della zona territoriale ed i conti di gestione del o dei punti di vendita o di iniziative similari. d) Il franchisee fornirà al franchisor informazioni operative atte a facilitare la valutazione dei risultati, nonché i parametri finanziari necessari ad un buon controllo di gestione. A questo 10 Cfr.: www.assofranchising.it 73 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione fine è essenziale che consenta al franchisor od ai suoi funzionari l’accesso in qualunque momento ai locali della sua impresa ed ai suoi documenti. e) Il franchisor assisterà il franchisee fornendogli una guida costante circa i suoi costi operativi ed i margini che dovrà realizzare in ogni momento della sua attività. f) Il franchisor fornirà al franchisee tutta l’assistenza necessaria all’ottenimento ed al perfezionamento della tecnologia della franchise. g) Il franchisor farà un’accurata valutazione dell’investimento in attrezzature, materiali, stock iniziale e del costo d’avviamento e la comunicherà ai potenziali franchisee prima del contratto. h) In caso di violazione o cessazione del contratto, il franchisee sarà tenuto a restituire immediatamente i segni distintivi del franchisor, nonché quei materiali e modelli legati all’uso di questi segni distintivi. i) Entrambi, franchisor e franchisee, dovranno rispettare scrupolosamente la politica generale della franchise dal punto di vista commerciale ed amministrativo, sia all’interno del rapporto che nei confronti dei clienti esterni e del pubblico in generale. j) Entrambi, franchisor e franchisee, si impegnano a non intraprendere azioni che siano penalmente, fiscalmente, o commercialmente perseguibili, tali da recar danno alla reputazione della franchise e del marchio. 74 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione k) Il franchisor userà ogni mezzo possibile per assicurare che il franchisee riceva una fornitura regolare di merci e servizi di qualità buona, genuina e vendibile. Qualora il franchisor ceda, con qualsivoglia modalità, ad una terza parte, l’impresa che costituisce la sua attività, dovrà essere garantita la continuità del contratto di franchising ed i diritti del franchisee dovranno essere salvaguardati integralmente. Ogni eventuale patto di non concorrenza applicabile dopo la violazione o cessazione del contratto, dovrà essere indicato e definito nel contratto in termini precisi con riguardo alla sua durata e i limiti territoriali. l) Il franchisor farà del suo meglio per risolvere, in buona fede e spontaneamente, lamentele, contestazioni e dispute che possono sorgere con i suoi franchisee mediante contatti e trattative oneste e dirette ed inoltre concederà al franchisee un ragionevole periodo di tempo per correggere i propri difetti e viceversa. m) Qualora il contratto di franchising preveda il foro di competenza in caso di controversia, è auspicabile che tale competenza sia attribuita al foro più prossimo alla sede del franchisee. Quando possibile, il franchisor dovrebbe risolvere le controversie con i franchisee attraverso gli Istituti Nazionali d’Arbitrato o la Camera del Commercio Internazionale di Parigi, in conformità con i relativi regolamenti formulati da tali organismi. 75 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione 8. Obbligazioni dell’affiliante: a) licenze d’uso; b) zona di protezione dell’affiliato; c) poteri-doveri di indirizzo e di controllo dell’affiliante; d) concessione in uso dei segni distintivi; e) trasferimento del know-how e assistenza; f) clausola di esclusiva; g) fornitura dei beni.11 Il conferimento del diritto di operare in franchising descritto nell’ambito dell’oggetto del contratto trova una prima importante specificazione nella elencazione delle obbligazioni di cui si fa carico l’affiliante. Tale elencazione ha inoltre una ulteriore e non secondaria funzione negoziale, consistente nella costituzione di parametri obiettivi che, previ riscontri fattuali di consistenza concreta, consentano valutazioni di congruità sia dei diritti d’entrata che delle royalty periodiche richieste all’affiliato. Licenze d’uso. In tale contesto generale occorre trovare adeguata esplicitazione, in primo luogo, delle licenze d’uso di diritti di proprietà intellettuale o industriale dell’affiliante, con una specificazione del titolo, originario o derivato, di tali diritti, con gli estremi delle relative registrazioni e la menzione di elementi identificativi dei beni immateriali non registrati come il know-how, sia pure con un rinvio per le più intense descrizioni e applicazioni operative al Manuale, rinvio che consente, quindi, anche la variazione futura di tali elementi, secondo le nuove acquisizioni e sperimentazioni tecniche e metodologiche dell’affiliante (§ in Appendice il contratto Avis Autonoleggio S.p.A.) 11 Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000, p.100 e ss. 76 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Di tali licenze d’uso occorrerà, quindi, specificare l’ampiezza ed i limiti degli impegni da esse derivanti con riferimento a insegne, vetrofanie o altri simboli di identificazione aziendale o del prodotto, con l’accortezza di specificare che ogni utilizzo debba tener conto di dare adeguata visibilità esterna alla natura di affiliato della rete interessata. A questo proposito, una prassi contrattuale che si va affermando e che merita consenso per le maggiori garanzie che presenta per un uso più conforme ai dettami contrattuali e per una più pronta ed effettiva preclusione di utilizzo dopo il termine del contratto, è quella che vuole che Insegne, Decorazioni richiamanti i marchi, vetrofanie etc. di rilievo e quanto di identificativo dei marchi dell’affiliante si presti ad una durata stabile, vengano predisposti dall’affiliante stesso e ceduti in comodato (ovviamente a titolo gratuito) all’affiliato, con la doppia conseguenza di un controllo assoluto dell’affiliante sulla configurazione e uniformità degli stessi nel contesto della rete e di un’azione di recupero più incisiva per tempi ed effetti rispetto al mero obbligo contrattuale dell’affiliato di dismettere insegne e altri segni identificativi della rete che, da chiunque realizzati, fossero di proprietà di quest’ultimo. L’esattezza di un obbligo di non utilizzo sarebbe infatti molto più difficile e costosa da verificare dopo il termine del contratto, specie in presenza di malafede dell’affiliato per protrarre nel tempo l’utilizzo se non di insegne, quanto meno di elementi di decorazione o altro richiamanti marchi e insegne di un precedente affiliante, dato che l’affiliato li avrebbe comunque pagati e avrebbe e avrebbe convenienza ad utilizzarli, essendo tali elementi 77 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione ancora in astratto idonei ad un uso aziendale proficuo ancorché giuridicamente illegittimo. Tale discorso sul comodato gratuito delle insegne consente di introdurne uno limitrofo ma di ancor più consistente rilievo, relativo agli impegni contrattuali dell’affiliante (e le corrispondenti obbligazioni di acquisto o esecuzione dell’affiliato) in ordine alla conformazione del Punto affiliato in particolare agli accordi relativi a detti locali. Che le esigenze di uniformità di tutti i Punti della rete impongano che l’affiliante abbia e presenti a tutti gli affiliati un progetto di configurazione dei locali, che contenga anche dettagliati elementi architettonici ornamentali o d’arredo non è solo una mera facoltà accessoria arrogatasi dall’affiliante, ma è un elemento caratterizzante del franchising. Però, una cosa è che l’affiliato debba necessariamente conformarsi ad un progetto per poter entrare a far parte della rete, e altra, e ben differente, cosa è che l’esecuzione di tale progetto debba necessariamente essere fornita dall’affiliante come presupposto necessario per aderire alla rete. Clausole della specie sono purtroppo molto spesso in uso nei contratti di franchising, ma se anche accettate dall’aspirante affiliato che sottoscrive il contratto, in caso di una cattiva riuscita dell’iniziativa economica o, comunque. In caso di litigio consistente con l’affiliante, possono essere molto pericolose per quest’ultimo e fonte di azioni risarcitorie. 78 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione A questo proposito, appare opportuno, in primo luogo, che l’affiliante predisponga un progetto con le specifiche tecniche idonee, al duplice fine di consentire all’affiliato e a terzi di eseguirlo e allo stesso affiliante di esercitare corretti ed efficaci controlli di conformità. Eventuali obblighi di acquisto presso l’affiliante o produttori terzi designati dall’affiliante stesso dovrebbero, quindi, essere limitati a elementi architettonici o di arredo assolutamente infungibili o, comunque, per i quali non sia in pratica possibile stabilire preventivamente delle specifiche tecniche oggettive e gli stessi siano necessariamente caratterizzanti, tenendo conto dell’oggetto, il rapporto di franchising instaurato. In tutti gli altri casi dovrebbe essere consentito all’affiliato, con un’idonea clausola contrattuale, di acquisire o ottenere la realizzazione dei beni in questione sulla base della libertà contrattuale di acquisizione dall’affiliante o da terzi da questo designati o della realizzazione diretta in proprio di quanto necessario. In quest’ultimo caso, un’apposita clausola contrattuale dovrebbe quindi prevedere la possibilità di controllo di rispondenza, di quanto acquisito da terzi ovvero realizzato in proprio dall’affiliato, al progetto dell’affiliante e il potere di quest’ultimo di imporre alla controparte le eventuali modifiche o integrazioni da realizzare, a pena di risoluzione del contratto, per conformarsi al progetto dell’affiliante. Merita di essere ribadita, infine, l’opportunità di tener chiaramente distinte, in ogni caso, le controprestazioni pecuniarie dell’affiliato relative alla realizzazione o agli arredi concernenti il locale dell’affiliato dai diritti d’entrata relativi alla partecipazione alla rete e 79 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione alla concessione dei diritti di operare in franchising nel suo complesso per evitare pericolose commistioni in caso di lite. Zona di protezione territoriale dell’affiliato. Un ulteriore aspetto delle obbligazioni dell’affiliante che presenta poi speculare corrispondenza con quelli dell’affiliato, è quello relativo all’ambito di protezione, in particolare territoriale, di cui gode il singolo affiliato e che, per converso, obbliga lo stesso a comportamenti coerenti a vantaggio degli altri affiliati. Ove l’affiliante non intenda accordare un’area geografica di esclusiva all’affiliato è quanto meno opportuno che lo specifichi in contratto anziché trincerarsi dietro un mero silenzio del contratto in proposito, evidenziandone anche sommariamente le ragioni. Così pure, ove tale zona territoriale di operatività esclusiva venga inserita, è opportuno che il contratto specifichi, attraverso clausole chiare e dettagliate quali ne siano i limiti geografici (con eventuali allegati di cartine geografiche o topografiche), qualitativi (quali prodotti e/o servizi sono coperti da esclusiva e quali eventualmente in concorrenza), operativi (quali canali distributivi possa eventualmente continuare a sfruttare l’affiliante in un franchising distributivo). Andranno specificati, in questa sede, anche eventuali limiti, o possibilità di coesistenza, di attività promozionali, pubblicitarie o comunque di sollecitazione della clientela aventi effetti al di fuori di tale zona riservata, tenendo presente che sarebbero di dubbia legittimità obblighi contrattuali imposti all’affiliato di respingere la clientela che ad esso si rivolga, per ragioni di origine geografica o per onorare garanzie della rete, mentre meno pericolose potrebbero essere le clausole che 80 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione obblighino l’affiliato a vendere solo ad utilizzatori finali e non a grossisti o altri rivenditori, sempre che, come vuole il Regolamento comunitario, si tratti di limitazioni che vengono inserite specificando che mirano alla tutela dei diritti di proprietà industriale o intellettuale dell’affiliante e a quella della comune identità e reputazione della rete. Apparentemente più complessi potrebbero essere i problemi da risolvere posti alla base di clausole della specie or ora esaminata, relative al franchising di servizi. Qui, le clausole restrittive dovrebbero limitarsi a quelle effettuabili dalla sede da cui promana l’attività e all’attività promozionale, tenendo presente le necessità di un’accorta specificazione di quest’ultima, attesa la natura geograficamente poco comprimibile delle attività in questione. In questo contesto di franchising di servizi, in assenza di una chiara normazione in proposito, dovrebbero essere possibili clausole di limitazione fondate non sul luogo di residenza dell’utilizzatore finale, ma sui livelli dimensionale del potenziale cliente, riservando, per esempio, all’affiliante taluni clienti di più consistenti dimensioni per i quali sia possibile ritenere ragionevolmente che l’affiliato non possieda la competenza necessaria per prestare la propria opera (ovviamente in relazione al tipo di servizio) senza far correre rischi di scarsa soddisfazione del cliente con detrimento quindi per l’immagine e la reputazione dell’affiliante e dell’intera rete. Altre obbligazioni generali. Le altre obbligazioni di portata generale dell’affiliante possono riguardare: 81 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione - eventuali impegni di attività promozionali o pubblicitarie di carattere nazionale, per i quali possono essere chiesti o meno contributi finanziari, ammissibili se preventivamente predeterminati o predeterminabili sulla base di parametri certi, o in natura (materiali, disponibilità sede etc.), agli affiliati; - gli obblighi di formazione curata dall’affiliante dell’affiliato e del suo personale per l’avvio dell’attività e periodicamente, attraverso corsi o attività presso l’affiliato stesso con specificazione dei costi a carico dei soggetti partecipanti e dell’affiliante e/o di eventuali commissioni a beneficio di quest’ultimo; - la predisposizione di un Manuale operativo in cui l’affiliante deve inserire tutto ciò che è utile all’attività in franchising e che non trova collocazione nel contratto, gli aggiornamenti periodici delle modalità tecniche di sviluppo del rapporto di franchising, le istruzioni operative etc. badando bene che se attraverso una apposita e specifica clausola, tale Manuale deve essere sempre modificabile a propria discrezione dall’affiliante, tale clausola non può spingersi sino a consentire all’affiliante di alterare in modo significativo il rapporto economico con l’affiliato (per esempio attraverso inserimenti sproporzionati al caso concreto di prezzi di listino di merci rientranti nell’ambito del rapporto, aumenti di commissioni per controprestazioni specifiche o di altri oneri a carico dell’affiliato etc.). 82 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il rispetto degli obblighi di disclosure iniziali potrà essere integrato, infine, sempre su di un piano generale, attraverso una clausola contrattuale con cui l’affiliante si obblighi a comunicare periodicamente agli affiliati dati e notizie circa l’andamento della rete ed a promuovere riunioni tra gli affiliati stessi per l’esame di proposte di miglioramento dell’efficienza della rete. Quest’ultima obbligazione non è ben vista da molti affilianti che temono una “sindacalizzazione” degli affiliati, ma in realtà ha la funzione di risollevare periodicamente lo “spirito di squadra” del franchising e in concreto può avere meno pericoli di quelli paventati mentre la sua assenza, in ogni caso, non riesce ad impedire contestazioni collettive da parte degli affiliati tutte le volte che le condizioni del rapporto le rendano possibili. Poteri di indirizzo e di controllo dell’affiliante. Un’analisi specifica meritano, poi, le clausole contrattuali attraverso cui è opportuno introdurre nel rapporto di franchising poteri di indirizzo dell’affiliante nei confronti dell’affiliato. Tali clausole trovano un’ampia giustificazione in dottrina ed in giurisprudenza per l’interesse specifico dell’affiliante, ma anche generale della rete, di mantenere e anzi elevare nel tempo il grado di efficienza della rete stessa e comunque di proteggere l’uniformità d’immagine, il livello di reputazione e gli elementi caratterizzanti. A tale fine devono trovare collocazione nel contratto, clausole che, oltre a consentire all’affiliante di inviare al singolo affiliato istruzioni specifiche su situazioni carenti di questo (diverse da quelle generali 83 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione emanate tramite il Manuale e i suoi aggiornamenti), consentano pure all’affiliante di apprendere notizie circa la situazione e il rispetto del contratto da parte dell’affiliato attraverso questionari, visite di incaricati anche a sorpresa (tale elemento va specificato in contratto), controlli presso terzi (ad esempio, questionari alla clientela). In determinati contratti di franchising tali clausole potranno una valenza più importante che in altri, per esempio, con controlli sulla riservatezza della custodia del know-how, sull’igiene dei locali o sulla cautela di tenuta dei prodotti (ad esempio, catene del freddo e frigo di esposizione), dispositivi di sicurezza etc. Chiarezza in tale contesto può essere utile , inoltre, per poter sviluppare difese dei diritti e interessi dell’affiliante e della rete di maggior rilievo, anticipando la scoperta di comportamenti negligenti o anche fraudolenti degli affiliati e, nello stesso tempo, può prevenire, attraverso un dibattito costruttivo, crisi di ben più consistente livello derivanti da comportamenti non conformi all’immagine o alla reputazione della rete, che si sarebbero potuti interrompere vantaggiosamente se più tempestivamente colti dall’affiliante. Concessione in uso dei segni distintivi. Nel franchising di distribuzione l’affiliante concede all’affiliato una licenza d’uso dell’insegna e del marchio di fabbrica. L’insegna contraddistingue i locali dove l’attività dell’impresa viene svolta, e può essere costituita da un nome o da un emblema. Il marchio di fabbrica contraddistingue i prodotti dell’impresa affiliante. Esso può essere costituito da parole (cosiddetto marchio 84 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione denominativo) o da figure (cosiddetto marchio figurativo; in questo caso, il marchio può consistere anche in raffigurazioni astratte, particolari combinazioni di linee e colori, etc). Inoltre, il marchio può essere costituito da una combinazione di parole e figure. Nel franchising di servizi, la concessione riguarda l’insegna ed il marchio di servizio, che contraddistingue il particolare servizio offerto dall’impresa affiliante. La liceità di concedere in licenza l’uso del marchio, sulla cui sussistenza, in passato erano sorti alcuni dubbi, è ora espressamente sancita dall’art. 2573, comma 1, cod. civ., nel testo modificato dall’art. 83, D. Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, che ammette la concessione in licenza del marchio “per la totalità o per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato”, a condizione che “non derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o dei servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico”. Trasferimento del know-how e assistenza. Il know-how, intendendo con questo termine ogni conoscenza od esperienza che sia stata acquisita dal suo titolare attraverso un dispendio di energie imprenditoriali (tempo, investimenti, personale etc) e che sia suscettibile di essere portato comunque a conoscenza di un altro imprenditore, il quale risparmia, così, analogo dispendio di energie, assume nel franchising un ruolo privilegiato. La comunicazione del know-how è, anzi, ritenuta uno degli elementi di discrimine tra franchising e figure contrattuali affini, ed è fondamentale per realizzare lo schema economico sul quale si basa lo sviluppo del franchising, in quanto consente la circolazione delle 85 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione tecniche commerciali che rappresentano il tratto comune degli affiliati, così facilitando l’accesso al mercato di nuove imprese. La comunicazione del know-how, ancora, è uno dei requisiti essenziali che il Regolamento comunitario di esenzione per categoria n. 4087/88 pone perché un contratto di franchising possa beneficiare dell’esenzione dall’applicazione dell’art.85, Trattato CE. Nel franchising di produzione (o franchising industriale), la trasmissione del know-how avviene, generalmente, con la concessione di una licenza d’uso relativa ad un brevetto di cui è titolare l’impresa affiliante. Il brevetto consiste in un diritto di esclusiva (di durata ventennale) per l’utilizzazione dell’invenzione (brevetto per invenzione industriale). Possono ottenersi, altresì, brevetti per modelli di utilità, aventi ad oggetto una novità tecnologica destinata a conferire ad un prodotto industriale esistente una particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego, di durata decennale; e brevetti per modelli o disegni ornamentali, che proteggono un’invenzione puramente estetica ed hanno una durata di quindici anni. Al di là di quanto consacrato in un brevetto per invenzione industriale, il know-how deve possedere i requisiti precisati dal Regolamento Commissione CEE n. 4087del 1988, il quale, sebbene posto in essere non ai fini della regolamentazione giuridica del contratto di franchising, ma allo scopo di delimitare l’esenzione dal divieto di accordi restrittivi della concorrenza (art.85, §1, Trattato CEE), contiene 86 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione una definizione di franchising operante in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Il know-how è definito come un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante (art.1, §3, lett. f, Reg. 4087/88). Lo stesso Regolamento comunitario specifica che il valido know-how deve essere segreto, sostanziale ed identificato: per “segreto” si intende non generalmente noto al di fuori dell’impresa del franchisor e dei suoi affiliati (dunque, non si richiede la segretezza assoluta, essendo sufficiente che le conoscenze oggetto del know-how non siano agevolmente reperibili); non è necessario, pertanto, che ogni singola componente del know-how sia totalmente ignota o impossibile ad ottenere al di fuori dell’impresa affiliante (art.1, §3, lett. g Reg. 4087/88). Deve, inoltre, essere “sostanziale”, nel senso che il know-how deve comprendere conoscenze importanti per la vendita di beni o per la prestazione di servizi agli utilizzatori finali, in modo tale da essere utile all’affiliato al fine di incrementarne la competitività, migliorandone l’attività o consentendone l’accesso ad un nuovo mercato (art.1, §3, lett. h, Reg. 4087/88). Il know-how deve avere un preciso contenuto e valore economico; non deve trattarsi di “fumo”, ma di conoscenze utilmente impiegabili nell’esercizio di un’attività d’impresa, il cui possesso conferisce un vantaggio sui concorrenti. Il know-how deve poi essere “identificato” o “accertato”, nel senso di essere descritto in modo sufficientemente comprensibile, tale da consentire la verifica con i criteri di segretezza e sostanzialità. La 87 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione descrizione del know-how può essere contenuta nell’accordo di franchising o in un documento separato, oppure secondo qualsiasi altra modalità adeguata (art.1, § 3, lett. i, Reg. 4087/88). Il know-how deve essere fissato su un supporto materiale (il Manuale operativo), cartaceo o di altra natura. Tale ultimo requisito ha, da un lato, la funzione di consentire la migliore trasmissione del know-how, e dall’altro, quella di consentire un controllo sull’esistenza degli altri requisiti, ed in particolare del carattere “sostanziale” delle conoscenze trasmesse. Oltre alla trasmissione del know-how, l’affiliante si obbliga a fornire all’affiliato l’assistenza tecnica e commerciale (ad esempio, fornitura di schede tecniche, di risultati di ricerche di mercato, di manuali applicativi, etc.), la necessaria consulenza e, dove previsto, anche la formazione del personale. Il contratto può prevedere un’assistenza limitata alla fase iniziale di attività dell’affiliato (la cosiddetta assistenza una tantum) o un’assistenza continuativa, che può avere ad oggetto la gestione del punto di vendita. Clausola di esclusiva. La stipulazione di una clausola di esclusiva non è indispensabile; tuttavia, frequentemente, la prassi ne contempla l’inserimento nell’accordo, assolvendo la duplice funzione di tutelare l’investimento dell’affiliato e di creare un’omogenea rete di vendita, identificata con i prodotti o servizi distribuiti. Solitamente, l’esclusiva viene pattuita per una determinata zona e a favore di entrambe le parti, sicchè l’affiliante non può stipulare franchising con altri concessionari né l’affiliato può vendere prodotti o servizi di terzi. In sostanza, a fronte dell’esclusiva, l’affiliato stipula un 88 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione patto di non concorrenza con valore nell’ambito della zona individuata nella clausola. L’impresa affiliante può, comunque, riservarsi espressamente il diritto di commercializzare direttamente i prodotti o i servizi nel territorio dell’affiliato (l’esclusiva, pertanto, vincolerà solo quest’ultimo). Infine, per il caso in cui il contratto nulla disponga al riguardo, l’esistenza di un obbligo di esclusiva, a carico di una sola delle parti o di entrambe, potrà comunque essere desunto dall’interpretazione complessiva di tutte le clausole dell’accordo e da una sua interpretazione secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.) Fornitura dei beni. Nel caso di franchising di distribuzione, l’affiliante è obbligato a fornire all’affiliato i beni che quest’ultimo deve commercializzare, secondo le quantità ed i tempi pattuiti nel contratto. 9. Obbligazioni dell’affiliato: obbligazioni di interesse generale della rete; obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e dell’identità della rete.12 Le obbligazioni dell’affiliato da inserire in contratto rappresentano, in gran parte, una conferma ed una esplicitazione dei poteri e dei diritti dell’affiliante e sono correlate alle di lui obbligazioni, come contropartita commerciale o pecuniaria delle stesse. Anche per le obbligazioni dell’affiliato è opportuno distinguere tra obbligazioni di interesse generale della rete e obbligazioni specifiche 12 Cfr.: A. BALDASSARRI, I contratti di distribuzione, mediazione, concessione di vendita e franchising, in I grandi orient. della giur. civ. e comm., III, Padova, 1992, p. 450 e ss. 89 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione finalizzate al mantenimento e all’incremento dell’efficienza e dell’uniformità della rete stessa. Le obbligazioni principali dell’affiliato che hanno particolare rilievo per gli interessi generali della rete, oltre che dell’affiliante, dovrebbero portare come cappello introduttivo un impegno dell’affiliato a promuovere con la più elevata diligenza professionale (in questo contesto si può far specificare ulteriormente la qualità di imprenditore dell’affiliato) lo sviluppo delle attività svolte nella propria zona di competenza (ove non esclusa), con obbligo di conformazione agli standard qualitativi e quantitativi, di efficienza e di immagine della rete stessa. Tale clausola ha la funzione di rafforzare il grado di diligenza cui l’affiliato è tenuto, che dovrebbe essere quindi valutato, non alla stregua, per esempio, del mandatario facendo riferimento al livello del “buon padre di famiglia” (che fa scattare la responsabilità ad un livello medio di colpa), ma a quella del “buon imprenditore” (che porta a rispondere anche per colpa lieve) e ciò non per una inutile vessazione dell’affiliato, ma in relazione alla estrema pericolosità che inadempimenti anche marginali nei confronti di obblighi a tutela dell’immagine della rete possono determinare in capo alla stessa e serve a giustificare, nell’economia generale del contratto stesso, una minuziosità e rigorosità di casistica di inadempimenti legittimanti le clausole risolutive espresse di cui è opportuno corredare il contratto. Corollario di tali obbligazioni di impegno sono poi gli obblighi che l’affiliato si assume in ordine alle obbligazioni di conformazione con riferimento all’allestimento dei locali da cui viene effettuata la 90 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione prestazione in franchising, all’addestramento proprio e del personale, al rispetto generale delle istruzioni contenute nel Manuale e nei suoi aggiornamenti o comunicazioni periodiche dell’affiliante comunque definite etc. Tra le obbligazioni nell’interesse generale della rete13 è opportuno collocare, poi, due gruppi di obblighi dell’affiliato, e cioè quelli di non concorrenza e di approvvigionamento esclusivo dall’affiliante o da terzi da esso designati. In ordine alle clausole relative alle obbligazioni di non concorrenza dell’affiliato è possibile dire che alcune sono configurabili in maniera assolutamente speculare alle clausole corrispondenti che proteggono l’affiliato e si tratta principalmente di quelle di protezione territoriale. Altre clausole proteggono in modo immediato l’affiliante ed i suoi prodotti, ma hanno pur sempre come finalità la protezione dell’insieme della rete. Le clausole del primo gruppo mirano ad imporre all’affiliato di non operare al di fuori della propria zona di competenza territoriale con gli stessi limiti imposti all’affiliante e a tutti gli affiliati della rete per quanto riguarda l’operatività di tali soggetti all’interno del territorio di competenza esclusiva concesso al singolo affiliato. Al secondo gruppo possono essere ricondotte le clausole relative agli obblighi dell’affiliato: 13 Cfr.: DILIDDO, Il nuovo regolamento dell’associazione italiana di franchising, in Contratti, 1995, p.78 e ss. 91 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione - di sfruttare il franchising solo operando dalla sede o dalle sedi previste dal contratto o successivamente autorizzate dall’affiliante; - di non produrre, vendere o utilizzare nella prestazione di servizi prodotti concorrenti con quelli dell’affiliante avanti rilievo per l’oggetto del franchising evidenziando soprattutto, per necessità di chiarezza contrattuale oltre che in funzione di possibili controlli di autorità Antitrust comunitario e/o nazionali, i limiti di tali clausole; - di non impegnarsi direttamente o indirettamente in attività concorrenti con quelle oggetto del franchising nell’ambito territoriale in cui opera la rete (e limitatamente alla zona di competenza, con tutte la riserve per un anno dopo la conclusione del contratto stesso); - di non acquisire in imprese concorrenti partecipazioni capaci di influire sull’operato delle stesse. Nel franchising di distribuzione e più raramente in quello di prestazione di servizi potrebbero poter essere collocate, in questo punto del contratto, attesa la stretta connessione con le clausole di non concorrenza, anche dell’affiliato, relativamente franchising nella quelle tipologia che ai limitano prodotti distributiva l’approvvigionamento qualificanti o i beni l’attività in strumentali particolarmente qualificanti, da acquisire tempo per tempo nel franchising di prestazione di servizi. 92 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Quest’obbligo, per quanto corrispondente a quello relativo agli acquisti iniziali per l’allestimento del punto affiliato, è chiaramente distinto da esso. In relazione a detto obbligo, conseguentemente dovrebbero essere menzionati i principi cui si fa riferimento per l’individuazione di specifiche tecniche obiettive necessarie per la corretta individuazione dei livelli qualitativi dei beni in questione, poi liberamente acquisibili dall’affiliato, anche in relazione a più ampie specificazioni fornite nel Manuale ovvero l’impossibilità di procedere in pratica all’individuazione ed all’esplicitazione di tali criteri, con l’introduzione di un obbligo, quindi, per l’affiliato, di approvvigionarsi direttamente presso l’affiliante o presso produttori da esso designati, con la limitazione ai beni necessari a connotare il rapporto di franchising. Vi sono, poi, le obbligazioni nell’interesse dell’efficienza e della identità della rete14 che costituiscono, in parte, una ulteriore specificazione delle obbligazioni di natura generale a carico dell’affiliato e, per altro verso, rappresentano un elemento più spiccatamente caratterizzante la strategia di sviluppo economico che la rete intende conseguire sul mercato. Rientrano tra le obbligazioni riferite al primo obiettivo, quelle relative a clausole che impongono all’affiliato, a compimento degli obblighi di conformazione di portata generale e a speculare obbligazione dell’affiliato rispetto agli impegni e poteri dell’affiliante, le claisole che contengono l’obbligo per l’affiliato di: 14 Cfr.: A. BALDASSARRI, I contratti di distribuzione, mediazione, concessione di vendita e franchising, cit. p. 51. 93 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione - seguire personalmente e di far seguire ai propri dipendenti corsi di formazione e di aggiornamento predisposti dall’affiliante; - seguire e far seguire ai propri dipendenti i metodi commerciali, le tecniche di vendita o di prestazione dei servizi indicate dall’affiliante in sue istruzioni o nel Manuale; - provvedere a rimuovere tempestivamente gli elementi negativi riscontrati in tali controlli; - collaborare alle indagini svolte dall’affiliante etc. Possono essere, viceversa, ricondotte al secondo gruppo di finalità prospettate, le clausole che obbligano l’affiliato a contribuire al miglioramento delle potenzialità della rete, quali quelle che impongono allo stesso di comunicare all’affiliante proprie esperienze ottenute nell'operatività in franchising e di concedere in proposito all’affiliante per l’impiego nella rete eventuali licenze di know-how, in relazione a tali esperienze di segnalare all’affiliante gli inconvenienti riscontrati nelle prestazioni, le migliorie effettuabili, i pregiudizi subiti dalla rete con l’obbligo di collaborare con l’affiliante per la relativa rimozione etc. A cavallo tra i due gruppi di clausole, possono collocarsi quelle relative alla pubblicità imposta per contratto all’affiliato che, da un lato, deve mirare a conformarsi allo stile della rete e dell’affiliante (e quindi con possibilità di controlli preventivi e successivi da parte dell’affiliante medesimo) e, da un altro lato, deve tendere ad un conseguimento dei risultati strategici che risultino importanti per l’espansione dell’attività in franchising nella zona operativa dell’affiliato e, quindi, con obblighi di minimo quantitativo periodico e con incentivi (contributi, riduzione di 94 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione royalty, abbuono di contributi per la pubblicità nazionale…) a raggiungimento di determinati volumi di pubblicità locale o premi per la migliore pubblicità locale poi adottata a livello nazionale o da altri affiliati della rete. Sono a carico dell’affiliato anche obbligazioni di riservatezza. La natura riservata che contraddistingue taluni elementi di vantaggio propri dell’attività dell’affiliante poi sviluppati in franchising, fa si che il contratto debba contenere anche specifiche clausole che vincolano l’affiliato a mantenere riservati notizie ed elementi caratterizzanti le tecniche di perseguimento di successo commerciale ed economico elaborate dall’affiliante con conseguente apposizione di clausole attinenti l’obbligo di non diffusione a terzi di tali elementi, ricevuti dall’affiliante nell’ambito del rapporto di franchising, l’obbligo di conservazione riservata di documentazione tecnica, quale in particolare il Manuale, completato da limitazioni della possibilità di copia e consegna del Manuale o di parte di esso, a dipendenti non qualificati per rango e potenziale fedeltà aziendale, obblighi di restituzione di detto materiale alla conclusione del contratto e così via. Gli obblighi pecuniari dell’affiliato costituiscono, in definitiva, il “prezzo” delle prestazioni dell’affiliante e comprendono sia il nucleo centrale relativo al conferimento del diritto di operare in franchising e sia le prestazioni complementari ad esso collegate. Occorre, quindi, che le prestazioni pecuniarie dell’affiliato, che costituiscono contropartita delle prestazioni dell’affiliante, siano evidenziate nel contratto nel modo più trasparente possibile con 95 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione esclusione di pericolose commistioni con la vendita di prodotti iniziale e periodica da parte dell’affiliante e tra diritti di entrata e royalty periodiche. Occorre, quindi, definire l’ammontare di diritti di entrata che l’affiliante deve corrispondere una tantum e i diritti periodici che esso è tenuto a versare periodicamente a titolo di integrazione della somma iniziale, per le licenze d’uso e le altre prestazioni dell’affiliante con specificazione dei parametri di quantificazione (ricavi lordi, incrementi di fatturato annuo, utili netti in bilancio etc.), le scadenze di pagamento e gli eventuali interessi moratori. In tale sede potranno anche essere esplicitati i contributi richiesti dagli affiliati a fronte della pubblicità nazionale svolta dall’affiliante nell’interesse generale della rete, i rimborsi spese per la partecipazione dell’affiliato o di suoi addetti a corsi, riunioni o manifestazioni organizzate dall’affiliante, ed eventuali prestazioni pecuniarie che l’affiliante ritenga di poter porre a carico dell’affiliato. In relazione alla natura intuitu personae del contratto di franchising, ed in particolare del franchising di prestazione di servizi, per la prestazione di facere che è oggetto del contratto e per il rapporto più o meno continuativo che si instaura con l’utilizzatore del servizio15, dovrà essere previsto con apposita clausola un doppio ordine di vincoli incombenti sull’affiliato e cioè il divieto di cessione del contratto di franchising a terzi, per i quali l’affiliante non abbia dato il preventivo consenso scritto (mentre l’affiliante dovrebbe riservarsi il diritto di 15 Cfr.: DELLI PRISCOLI, I contratti di distribuzione come categoria unitaria , in Giur. Comm., 1994, vol. II, p.35. 96 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione cedere il contratto con il singolo affiliato unitamente alla cessione della rete) ed il diritto di prelazione a favore dell’affiliante, in caso di cessione o di locazione dell’azienda da parte dell’affiliato, ove questi intenda vendere o comunque cedere la propria azienda. Quest’ultima clausola dovrebbe, in particolare, prevedere i tempi e i modi per l’esercizio di tale diritto e le eventuali conseguenze del mancato esercizio del diritto da parte dell’affiliante, sia con riferimento all’eventuale recesso dello stesso dal contratto in caso di non gradimento del subentro dell’acquirente/locatario dell’azienda da parte dell’originario affiliato, e sia con risarcimento del danno a carico di quest’ultimo in presenza di impedimenti da parte dello stesso nel corretto utilizzo della prelazione da parte dell’affiliante. 10. Tutela dei segni distintivi, del know-how, del software, dell’immagine commerciale16 del franchisor. Tutela dei segni distintivi. La trasmissione, da parte del franchisor al franchisee, di facoltà derivanti dai titoli di proprietà su beni immateriali rappresenta un elemento caratteristico del contratto di franchising. Lo stesso Regolamento Comunitario di esenzione per categoria n. 4087/88 afferma che “gli accordi di franchising sono, in sostanza, licenze di diritto di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, 16 Cfr.: E. ZANELLI, Il franchising nella tipologia della concessione tra imprese, in A.A. V.V. nuovi tipi contrattuali e tecniche di redazione nella pratica commerciale, nei Quad. di giur. comm., Milano, 1978, p. 248. 97 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione diritti d’autore, know-how o brevetti da utilizzare per la rivendita di beni o per la prestazione di servizi ad utilizzatori finali”. Un simile raggruppamento di beni immateriali eterogenei è stato oggetto di critiche da parte della dottrina, che ha sottolineato come un franchising ben possa esistere anche senza la compresenza di tutti i beni immateriali ricompresi nell’elenco. Quale che sia il valore sistematico della definizione comunitaria, è comunque fuori dubbio che, nello schema economico-causale del franchising, i segni distintivi ed i diritti di proprietà industriale ed intellettuale del franchisor, da questi concessi in licenza al franchisee, svolgono un ruolo fondamentale. Perciò, è evidente l’importanza rivestita dagli strumenti normativi e contrattuali, posti a loro tutela. Nell’ambito dei beni immateriali concessi in licenza dal franchisor a ciascun franchisee, un ruolo di primo piano è svolto senza dubbio dal marchio, che la giurisprudenza americana ha definito “la pietra miliare del franchising”. In un sistema di franchising, le funzioni caratteristiche del marchio (e dell’altro segno distintivo che quasi sempre compare quale oggetto dei contratti di franchising, l’insegna, sia essa di contenuto uguale o differente rispetto al marchio), rivestono un’importanza fondamentale: marchio e insegna sono i primi elementi che consentono al consumatore l’individuazione di ciascun punto di vendita in franchising. Perciò, agli stessi egli associa immediatamente la fama e l’immagine commerciale di cui la rete è accreditata presso il pubblico: si potrebbe, anzi, dire che i segni distintivi comuni assurgono appunto a simboleggiare questa fama, con la conseguenza della sua immediata 98 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione attribuzione da parte del consumatore finale all’impresa che se ne fregi, identificata quale appartenente alla rete. Appunto in ragione di questo effetto di identificazione dei segni distintivi con l’appartenenza alla rete e quindi con l’affidabilità ed il prestigio, diviene evidente l’esigenza del titolare dei segni, oltre che ad impedirne l’uso da parte di non aventi titolo (comune a qualsiasi segno distintivo, comunque impiegato), di evitare l’uso degli stessi segni distintivi da parte di affiliati che non rispettano gli standard qualitativi voluti dalla casa-madre. In questo caso, l’uso dei segni distintivi da parte di franchisee che operino al di sotto degli standard comuni può avere come effetto diretto quello di screditare l’immagine dei segni distintivi che contraddistinguono il prodotto (o il servizio) offerto dalla rete presso il pubblico, e dunque, di danneggiare non solo l’affiliante, ma tutta la catena. La salvaguardia dell’immagine dei segni distintivi si attua, in primo luogo, a monte, attraverso la ricerca e la selezione di aspiranti affiliati in grado di soddisfare le esigenze qualitative dell’azienda affiliante, ed in secondo luogo, attraverso apposite disposizioni contrattuali: prime fra tutte, quelle che consentono all’affiliante il controllo su tutte le fasi dell’attività del franchisee, in modo tale che sia sempre verificata la sussistenza, nell’offerta del franchisee, dei livelli qualitativi voluti dalla controparte. Tale controllo ha anche l’effetto di proteggere l’interesse dei consumatori a non essere ingannati circa le caratteristiche del prodotto o del servizio da essi richiesto. Ancora, potranno essere inserite nel 99 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione contratto clausole risolutive espresse che vietino l'ulteriore uso dei segni distintivi da parte del franchisee, qualora questi si sia reso inadempiente a determinate obbligazioni, di importanza determinante per la tutela dell’immagine della rete. Tuttavia, nel caso di verificazione di un evento “patologico” che conduca alla risoluzione del contratto di franchising per inadempimento del franchisee, potrà sorgere in capo al franchisor l’immediata esigenza di impedire l’ulteriore utilizzo dei segni distintivi, anche per breve tempo, da parte dell’ex-franchisee. Il problema della tutela d’urgenza dei segni distintivi del franchisor nei confronti dell’ex-franchisee, è stato affrontato, per la prima volta in Italia, dal Tribunale di Milano, il quale, con due ordinanze del 1982 e del 1986, ha inibito, con provvedimento d’urgenza ex art.700 c.p.c., a due ex-affiliati della rete in franchising Standa, l’ulteriore uso del marchio e di ogni altro segno distintivo dell’affiliante, l’utilizzazione di ogni riferimento al rapporto di affiliazione e di ogni tecnica commerciale e pubblicitaria cui era stato autorizzato in forza dell’accordo in franchising, essendo venuto meno, dopo la risoluzione del contratto per inadempimento dell’affiliato, il titolo in virtù del quale a quest’ultimo era stato concesso l’uso dei segni distintivi e degli altri beni immateriali di proprietà della parte attrice17. La tutela del know-how e del software del franchisor. La protezione del know-how, durante la pendenza del rapporto e dopo la sua cessazione, è una delle questioni chiave del rapporto di franchising. 17 Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , Torino, 1990, p. 395. 100 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Appunto per la centralità che il know-how assume nello schema economico del contratto, esso è generalmente oggetto di clausole di protezione, che obbligano il franchisee ad assicurarne la segretezza, con impegno ad estendere tale obbligo anche ai suoi dipendenti o collaboratori a diverso titolo, o comunque a tutti i soggetti che vengano in contatto con lui nello svolgimento dell’attività in franchising. Oltre all’obbligo di non divulgazione, vengono, poi, generalmente inseriti nei contratti, obblighi che limitano le facoltà di uso del knowhow da parte del franchisee, ad esempio, disponendo che il know-how non possa essere utilizzato al di fuori del punto di vendita in franchising, o ancora, non possa essere utilizzato per attività connesse o collaterali a quella in franchising, svolte al di fuori della rete. Sulla validità di queste e simili pattuizioni contrattuali per il diritto privato non dovrebbe esserci alcun dubbio, una volta che siano stati assolti gli oneri sostanziali e probatori che il codice civile impone. Tuttavia, le restrizioni imposte al franchisee, soprattutto alla cessazione del rapporto, sono di natura tale che non potranno sfuggire ad un controllo di conformità con le norme poste a difesa della libertà di concorrenza. Comunque, può considerarsi ormai un dato acquisito, che le limitazioni imposte al franchisee e volte a preservare il valore economico del know-how trasferito, evitando che ne beneficino, direttamente o indirettamente, i concorrenti, devono ritenersi lecite. 101 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il problema della protezione del know-how si fa più delicato e complesso con riferimento al momento della cessazione del rapporto, ed all’epoca successiva. Mentre per i segni distintivi non c’è alcun dubbio che, col venir meno della licenza connessa al rapporto di franchising cessi ogni e qualsiasi diritto del licenziatario di continuare l’utilizzazione sotto qualsiasi forma, nel caso del know-how18, può risultare difficoltoso definire i contorni del divieto di utilizzazione da parte dell’ex-franchisee, dopo la cessazione del contratto. Potrebbe, infatti, sostenersi che, una volta che il franchisee abbia legittimamente conoscenza del know-how, pagandone il corrispettivo, esso sia entrato a far parte del patrimonio del franchisee stesso, e pertanto nessuno potrebbe impedirgli di utilizzarlo. Tuttavia, se si ammette, come non pare dubbio, anche alla luce del Regolamento comunitario di esenzione per categoria, ed ancora del recente Regolamento comunitario di esenzione per categoria degli accordi di trasferimento di tecnologia, la possibilità di una licenza di know-how, se ne dovrà dedurre che il licenziatario non potrà utilizzare le conoscenze acquisite, al di fuori dei limiti, oggettivi e temporali, fissati contrattualmente. Del resto, che la trasmissione del know-how nell’ambito del rapporto di franchising avvenga a titolo di licenza e non di cessione, non pare discutibile. In primo luogo, il franchisee è tenuto al pagamento delle royalty per tutta la durata del rapporto; ma soprattutto, il franchisee è tenuto a sottoporsi, oltre che all’obbligo di segretezza (il quale, di per sé, 18 Cfr.: F. BORTOLOTTI, La tutela del know-how nell’ordinamento italiano, in Dir. Econ., 1970, p.549. 102 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione introduce un divieto di disposizione incompatibile con l’esistenza di posizioni dominicali sul know-how, in capo al franchisee), ai controlli del franchisor quanto alla corretta implementazione del know-how. L’unica eccezione alla persistenza del divieto di divulgazione e ulteriore utilizzazione del know-how dopo la cessazione del rapporto, è rappresentata dal caso che nel frattempo le conoscenza oggetto del know-how siano diventate di pubblico dominio; in questa ipotesi, il licenziante non potrà pretendere, dal licenziatario, alcuna “autolimitazione”. Nella legislazione vigente, tuttavia, la protezione del know-how, anche dopo la cessazione del contratto, è ulteriormente garantita dall’art. 6-bis, r.d. 29 giugno 1939, n. 198, recante “adeguamenti della legislazione interna in materia di proprietà industriale alle prescrizioni obbligatorie dell’accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale concernenti il commercio. Uruguay Round.” (si tratta dei cosiddetti TRIPs, accordi internazionali siglati dal nostro Paese in ambito World Trade Organisation – WTO). Tutela dell’ “immagine commerciale” del franchisor. Ai diritti di proprietà industriale, oggetto del contratto di franchising, è assimilabile la cosiddetta “immagine commerciale” della rete in franchising, concetto solo parzialmente coincidente, in quanto più ampio, con quello tradizionale di “avviamento”, che intende esprimere il prestigio e la fiducia dei quali ciascun sistema in franchising gode presso il pubblico dei consumatori, in quanto essa non rappresenta che il risultato dell’impiego strumentale dei menzionati beni immateriali nell’ambito di un’attività d’impresa. 103 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il frutto dell’esercizio, da parte di franchisor e franchisee, dei diritti su beni immateriali del franchisor, e delle facoltà ad essi inerenti, è rappresentato, appunto, dall’ “immagine commerciale” della rete in franchising, che costituisce il principale elemento di valore e fonte di potenziale espansione della rete stessa. L’importanza dell’immagine commerciale della catena in franchising, ovvero del prestigio e della stima di cui questa gode presso il pubblico, è evidente. L’immagine commerciale rappresenta il “valore aggiunto” creato dall’opera coordinata di franchisor e franchisee nell’applicare i metodi commerciali su cui si fonda la rete; si potrebbe dire che essa è il risultato dell’impiego comune di know-how e segni distintivi, i quali, proprio in virtù di questo impiego comune, raggiungono un’efficacia presso il pubblico assai maggiore rispetto a quella che sarebbe derivata dall’uso individuale da parte di ciascun imprenditore. L’immagine commerciale è, inoltre, il primo dei fattori di espansione della catena (in quanto funge da collettore di possibili futuri franchisee, attratti dal successo già raggiunto dagli altri aderenti). È quindi del tutto chiaro il valore che tale immagine riveste per il franchisor, così come evidente è la simmetrica gravità del danno che il comportamento del franchisee, tale da ledere la reputazione della rete, riveste. Ciò spiega perché nei contratti sia assai frequente l’inserimento di clausole risolutive espresse, che assicurino lo scioglimento del rapporto nel caso in cui il franchisee non adempia ad obblighi 104 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione contrattuali essenziali per proteggere la reputazione della rete; ancora, tali clausole sono assai spesso accompagnate dalla previsione di penali. Le decisioni giudiziaria in tema di responsabilità del franchisee inadempiente per danno all’immagine commerciale del franchisor sono assai rare. Il Tribunale di Milano, in una pronuncia del 199419, adito da un franchisor per ottenere, tra l’altro, il risarcimento dei danni all’immagine commerciale causatigli da un franchisee inadempiente all’obbligo di rispettare gli standard contrattuali nella prestazione al pubblico del servizio fornito in franchising, ha stabilito che non è sufficiente per il franchisor dare la prova dell’inadempimento, ma occorre inoltre provare che da questo sono derivati i danni di cui si chiede il risarcimento. 11. Rilevanza contrattuale del c.d. segreto di impresa: obbligo di segretezza, previsto in genere solo a carico del franchisee, ma talvolta anche del franchisor, inteso come effetto naturale dei contratti di trasferimento di tecnologie. Le parti, con riferimento alla trasmissione di tale complesso di conoscenze tecniche prevedono un vincolo di segretezza particolarmente intenso, alla cui violazione è connessa, a volte, l’automatica risoluzione del contratto20. Tale obbligo viene, in genere, previsto solo a carico del franchisee, ma non mancano contratti, soprattutto nel settore del franchising 19 Cfr.: Tribunale di Milano, 23 Novembre 1994, A. B. Sportsman Club S.r.L. c. Squash Vico S.r.L., in Giur. it, 1996, I, 2, 382, (nota CIPRIANI, Sul danno dell’immagine del “franchisor”). 20 Cfr.: A. FRIGNANI, voce Segreti di impresa, in Noviss. Dig. It., App., VIII, Torino, 1987, p.12. 105 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione produttivo, che prevedono un uguale e corrispondente obbligo di segretezza a carico del franchisor. La previsione costante di un obbligo di segretezza, sia esso di natura commerciale che industriale, induce a ritenere che si tratti di un effetto naturale dei contratti di trasferimento di tecnologie. Il “segreto industriale” viene inteso come quel segreto avente ad oggetto conoscenze di carattere tecnico riguardanti l’attuazione di un processo industriale che, sia per i risultati che consentono di ottenere, sia per il loro carattere segreto o riservato, contribuiscono ad accrescere la capacità concorrenziale dell’impresa che ne dispone. Occorre, però, distinguere tra il segreto riguardante tecniche brevettabili, che di per sé viene disciplinato da norme giuridiche che trovano piena applicazione anche nello schema di franchising, e segreto riguardante tecniche non brevettabili, rispetto al quale l’esigenza di tutela va mitigata dalla necessità che conoscenze inerenti a processi tecnico-produttivi non siano escluse da un’applicazione diffusa e meritevole di considerazione. La nozione di “segreto commerciale”, assai estesa e frequente nel sistema distributivo, intende riferirsi a tutte quelle conoscenze che si traducono in regole di condotta derivanti dall’esperienza nella gestione imprenditoriale, attinente al settore organizzativo e commerciale. Come si può notare, l’impresa funge da elemento essenziale ed unificante per l’analisi giuridica dei segreti: essi sono creati nell’esercizio di un’impresa (elemento causale), servono all’esercizio della stessa (elemento teleologico), fanno capo all’imprenditore 106 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione (elemento soggettivo), fanno parte del patrimonio aziendale (elemento oggettivo); in sostanza, il segreto costituisce una delle modalità attraverso cui l’imprenditore decide di sfruttare economicamente conoscenze che sono risultato dell’investimento nell’impresa. La linea da seguire non risiede nell’impedire in modo assoluto che altri utilizzino conoscenze cui siano pervenuti in modo lecito (autonoma ricerca o reserve engineering), ma solo che non ci si appropri illecitamente dei risultati del lavoro (e degli investimenti) altrui. La tutela del segreto ha natura relativa, nel senso che i poteri in cui essa si sostanzia non possono che rivolgersi verso una ristretta ricerca di persone, oppure, in un significato più specifico, che essa possa trovar luogo e fondamento solo nell’ambito di rapporti obbligatori: che possa, in sostanza esser fatta valere solo nei confronti di persone tenute al rispetto del segreto in virtù di rapporti contrattuali. Inoltre, i patti di non divulgazione dei segreti dovranno avere un limite temporale, geografico e di settore di attività, ed è chiaro che nel franchising, essendo di fronte ad ancillany restraints, la limitazione temporale del patto non esiste più, in quanto può estendersi per l’intera durata del contratto principale. La violazione dell’obbligo di non divulgazione da parte del franchisee costituisce, allora, vero e proprio inadempimento contrattuale, la cui sanzione più appropriata risiede nella risoluzione del vincolo. Ben più articolata e complessa è, invece, l’ipotesi di una violazione del segreto al di fuori del rapporto collaborativo, rispetto alla quale bisogne chiedersi se sia concepibile in astratto una protezione che permetta di pretendere il rispetto del segreto e dell’esclusività anche da 107 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione terzi, che abbiano ricevuto le conoscenze direttamente o indirettamente dal legittimo utilizzatore. Evidentemente la fattispecie è qualificata da un illecito comportamento del terzo, che potrebbe concorrere con la negligenza dell’utilizzatore. Il quadro appena delineato induce a ritenere che la disciplina della responsabilità civile possa risolvere gran parte dei problemi. Invero, sotto particolari aspetti, le conoscenze protette per mezzo del segreto possono essere considerate dei beni giuridici, rispetto ai quali si afferma una nozione di appartenenza, che nel diritto nordamericano viene risolta alla luce dell’applicazione della disciplina della property, in cui si può ritrovare la chiave interpretativa della tutela nei confronti dei terzi. Questa soluzione si attaglia all’ipotesi in cui il terzo venga in possesso, usando comportamenti illeciti, di conoscenze trasmesse al franchisee nel corso del rapporto. Ciò non esclude, però, l’applicazione dei principi di cui all’art. 1218 c.c. da parte del franchisor, quando il franchisee, con la sua negligenza abbia permesso l’appropriazione dei segreti da parte dei terzi ed abbia facilitato la loro diffusione. Molto più articolata e complessa è l’ipotesi di valutazione del segreto alla fine del rapporto, rispetto alla quale bisogna premettere una valutazione di ordine generale: la previsione di obblighi di segretezza illimitati nel tempo contraddice le ragioni di salvaguardia della libertà d’impresa oltre che la disciplina antitrust. Innanzitutto, è quasi impossibile distinguere le conoscenze di carattere oggettivo appartenenti al franchisor, rispetto a quelle che 108 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione formano il bagaglio di conoscenze e capacità imprenditoriali del franchisee. In sostanza, il divieto di comunicare o rendere note le prime, finirebbe per coinvolgere anche le seconde, con la conseguenza che l’esperienza produttiva o commerciale risulterebbe non utilizzabile per una delle parti del cessato rapporto di franchising. In merito, seppure sotto un altro profilo, la dottrina tedesca ha riconosciuto che un obbligo pieno ed illimitato del segreto viene contraddetto proprio dall’impossibilità di separare conoscenze oggettive e capacità soggettive dell’utilizzatore. Potrebbe ritenersi, cioè, che l’obbligo di rispettare il segreto anche dopo la fuoriuscita dell’impresa dal sistema integrato, precluderebbe la possibilità di utilizzare completamente e ai migliori risultati, tutto il complesso di tecniche raggiunto e maturato nel corso del rapporto. Si può, quindi, ritenere che il patto di non divulgare il segreto debba essere rigorosamente limitato nel tempo, assumendo come propri i requisiti del patto di non concorrenza di cui all’art. 2557 c.c. Così, di conseguenza, in presenza di un’ipotesi contrattuale di tal fatta, allorquando il franchisee comunichi a terzi (concorrenti dell’affiliante) i risultati tecnici acquisiti nel corso del rapporto, si potrebbero immediatamente e direttamente richiamare le norme che puniscono i comportamenti di concorrenza sleale. Naturalmente, la premessa necessaria, è che le parti individuino quelle conoscenze, particolarmente qualificate, che dovranno essere ricoperte dal segreto. Da questo punto di vista, soprattutto nel franchising di servizi, le parti distinguono tra “servizi per l’avviamento 109 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione dell’esercizio”, destinati ad avere carattere temporaneo e consistenti nello studio dell’assistenza per la scelta dei servizi più idonei alle esigenze del mercato, e “servizi per la gestione dell’esercizio”, comprensivi delle conoscenze tecniche necessarie per un’ottimale politica di gestione: i primi non sono ricoperti dall’obbligo di segretezza, mentre i secondi sono oggetto del predetto obbligo. 12. La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei consumatori. Passando ora ad esaminare i problemi relativi alla fine del rapporto contrattuale, è necessario premettere una serie di osservazioni che consentano di valutare il concreto atteggiarsi del franchising nei confronti dei consumatori. In proposito, bisogna ricordare che, spesso, nei conflitti tra imprenditori di diverse dimensioni, la mistica della tutela del contraente più debole, quale potrebbe essere il franchisee, finisce per oscurare sia l’esigenza di un corretto funzionamento del mercato, che quella, ben più ampia ed articolata, della protezione dei consumatori21. Il franchising, essendo una tecnica distributiva, coinvolge inevitabilmente i consumatori finali di beni e di servizi. Con ciò non si vuole aderire a quelle argomentazioni che, nel caso di una tutela particolarmente intensa del franchisee, hanno ritenuto che quest’ultimo 21 si trasformasse in una specie di “impiegato Cfr.: E. ZANELLI, Il franchising , in Annali della Fac. di Giur. della Fac. di Genova, Milano, 1977, p.1129. 110 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione dell’amministrazione statale” con un perpetuo diritto di godimento virtualmente assicuratogli. Sembra corretto, invece, ritenere che gli ostacoli frapposti all’efficienza allocativa, inerenti ad un’eccessiva e forzata stabilizzazione del franchisee, finirebbero per ritorcersi proprio a danno dei consumatori. Anzi, la regolamentazione del sistema distributivo è subito apparsa come uno strumento utilizzabile in via indiretta o mediata per la creazione di strumenti giuridici a favore dei consumatori e delle loro esigenze. Accedere ad una delle precedenti impostazioni significa dimenticare che la disciplina contrattuale predisposta dalle parti mira, naturalmente, a tutelare più il corretto funzionamento della collaborazione imprenditoriale che gli interessi del consumatore. Il problema è se si possa enucleare o meno la possibilità di un controllo dei consumatori sulle clausole dei contratti di fornitura. Ebbene, tranne l’ipotesi della previsione di un prezzo al pubblico contrario a quello determinato dalla legge, non si vede alcuna possibilità reale e concreta di controllo. La giustificazione di tale ultimo intervento, peraltro, non risiede neppure nella logica del contratto di distribuzione, ma in quella più vasta ed articolata delineata dall’art. 1339 c.c. Non si può, allora, che richiamare la nozione di “interessi diffusi” dei consumatori, intesa in un’accezione sufficientemente ampia di interessi pertinenti ad un gruppo, anche se non omogeneo, di soggetti. Tali interessi vengono presi in considerazione non ai fini di un’immediata tutela giudiziaria, ma come criteri-guida, alla stregua di 111 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione principi generali inerenti l’interpretazione del contratto, in relazione a quelle clausole che specificamente disciplinano il fenomeno interruttivo. Tale complesso di interessi, allora, potrà essere preso in considerazione come termine di riferimento per un corretto funzionamento del mercato, in cui il criterio di comparazione non è dato dal profitto imprenditoriale ma dal rapporto di massimazione del profitto-utilità-sociale. Si recupera, in tal modo, la frattura venutasi a creare col tempo tra il problema complessivo riguardante gli effetti delle scelte imprenditoriali e l’aspetto settoriale della tutela del consumatore. La tutela di un corretto funzionamento del mercato in tema di franchising, potrebbe concretarsi nell’interesse del consumatore all’acquisto di prodotti con particolari caratteristiche e nell’aspettativa a vedersi garantito da una rete di assistenza specializzata. Questa tutela dell’ “affidamento sul prodotto” non può evidenziarsi di fronte a contratti di franchising con termine di scadenza a breve, rispetto ai quali viene a mancare la convinzione secondo la quale il franchisee distribuisce stabilmente o con certa continuità un bene dotato di particolari caratteristiche commerciali. Al contrario, un contratto a tempo indeterminato o a termine sufficientemente lungo, insieme ad altri elementi, potrebbe far rilevare agli occhi del consumatore una situazione di “coincidenza” o “omogeneità” tra franchisor e franchisee, che verrebbe ad essere spezzata solo se il recesso fosse assistito da particolari caratteristiche pubblicitarie e di congruità temporale. In questa ipotesi, il possibile operato del giudice non avrebbe la funzione di sostegno o di sussidio dell’autonomia privata, secondo una 112 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione logica solidale a scelte già effettuate dai contraenti, ma opererebbe alla luce di valutazioni riportabili nello schema dell’ordine pubblico economico, col vaglio di quelle clausole contrattuali tendenti a ridurre la “sicurezza” distributiva a danno dei consumatori. L’interesse dei consumatori trova, inoltre, un’immediata possibilità applicativa proprio con riferimento alle vicende successive alla fine del rapporto, specie con riguardo al possibile utilizzo da parte del franchisee dei segni distintivi del franchisor. Nel nostro ordinamento, la protezione del marchio e la tutela contro gli atti di concorrenza sleale sono entrambe disposte a favore degli imprenditori: i consumatori, quando vengono menzionati nelle leggi di proprietà industriale, lo sono non in quanto portatori di un diritto proprio, ma come titolari di una posizione di privacy, di un diritto a non essere molestati da un uso contraffatto del marchio. All’interesse dei consumatori a non essere tratti in inganno dalla presenza di marchi confondibili, l’ordinamento non appresta quella tutela immediata e diretta che è, invece, accordata al titolare del segno e che sul piano processuale si manifesta nella legittimazione ad agire in contraffazione. La problematica coincide con l’interesse del concedente a non veder utilizzati i propri segni distintivi, oltre i limiti desumibili dall’atto del conferimento. Così, ad esempio, l’utilizzo del marchio del franchisor per un periodo ben determinato successivo all’interruzione del vincolo, concreta un’utilizzazione atipica, volta ad indicare al pubblico che il 113 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione franchisee distribuisce ancora certi prodotti o fornisce certi servizi di quel determinato Markenartikel. Così, gli ordinamenti che hanno approntato strumenti a tutela dei consumatori ritengono indisponibili gli interessi degli stessi e pertanto, qualsiasi accordo contrattuale tra franchisor e franchisee tendente ad eliminare, ridurre o spostare obblighi che la legge pone a carico dell’uno o dell’altro o di entrambi i soggetti, a tutela dei consumatori, se non vizia l’intero contratto, sarà almeno privo di efficacia e come non apposto. Questo vale per tutta la disciplina in materia di responsabilità oggettiva del produttore, per quella attinente alla vendita a domicilio, per la disciplina della pubblicità ingannevole o falsa. La legittima preoccupazione dei franchisor di affermare l’autonomia giuridica dei franchisee può essere dettata, inter alia, dalla volontà di evitare di essere ritenuti responsabili ex contractu dai consumatori per atti e comportamenti riferibili ai franchisee. Infatti, attraverso la tecnica del franchising, si frappone una barriera giuridica all’instaurazione di un rapporto contrattuale diretto fra produttore e consumatore. Tale esigenza, unita a quella di meglio informare i consumatori, contribuendo, così, a garantire loro una congrua parte dei risultati che attraverso il franchising si possono ottenere, è fatta propria dal Regolamento CEE n. 4087/88. Al n. 12 viene, infatti, affermata la necessità di prescrivere che l’affiliato «debba essere tenuto ad indicare la sua qualità di impresa commerciale indipendente con qualsiasi mezzo adeguato, che non metta 114 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione a repentaglio l’identità comune della rete in franchising…». Tale indicazione diviene, per l’art. 4 lett. c, elemento essenziale per l’applicazione dell’esenzione per categoria. A questo proposito, si deve, però, osservare che la particolare tecnica del franchising, implicante un alto grado di integrazione dei franchisee nell’orbita dei franchisor, tanto è vero che alcuni parlano di “imprese satelliti”, può indurre nel consumatore, anche di media diligenza, la convinzione di trattare con un’impresa appartenente al franchisor. Verificandosi tale ipotesi, può diventar più difficile per il franchisor sottrarsi a qualsiasi tipo di responsabilità nei confronti del consumatore. Perciò, sarà opportuno che il franchisor ottenga contrattualmente manleva dai franchisee per eventuali azioni dei consumatori in relazione ad atti o comportamenti riferibili all’affiliato. Per altro verso, non pare giustificabile il rifiuto del franchisor di tenere indenne i franchisee da azioni per vizi dei beni venduti, quando per questi c’è l’obbligo di approvvigionamento esclusivo, in particolare quando si tratti di vizi non facilmente riconoscibili. 13. La termination nel contratto di franchising: l’interesse dei contraenti. Già da tempo la dottrina ha sottolineato per i contratti di durata l’influenza di considerazioni di ordine economico oltre che giuridico. 115 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione La previsione di una scadenza contrattuale trova giustificazione in due circostanze: la possibilità che il mancato rinnovo, insieme alla limitata durata, costituisca uno stimolo all’attività del franchisee; la previsione della scadenza come occasione per rinegoziare il contenuto dell’atto22. Allorquando il contratto sia a tempo determinato, le parti, in generale, prevedono che, prima della scadenza, il rapporto non possa essere interrotto anticipatamente se non per “giusta causa”, in parte richiamando alcune disposizioni in tema di somministrazione. Non solo, ma alcuni codici deontologici indicano termini congrui per la scadenza del contratto, corrispondenti agli interessi delle parti ad un corretto sviluppo dello strumento di affiliazione. In effetti, la possibilità che le parti stabiliscano il termine di scadenza del contratto, esaurisce ogni problematica, se si escludono le interessanti tracce fornite da certa dottrina tedesca che, di fronte ad una pluralità successiva di contratti a tempo determinato con identico contenuto e medesimi contraenti, ha intravisto l’esistenza di un contratto a tempo indeterminato. Del resto, già qualche ordinamento, come quello belga che ha disciplinato alcuni profili del fenomeno con la l. 13 aprile 1971, prevede espressamente la trasformazione a tempo indeterminato della concessione di vendita a tempo determinato, rinnovata già due volte senza modificazione alcuna del contenuto contrattuale. 22 Cfr.: A. FRIGNANI, Quando il giudice ordina la prosecuzione di un rapporto di franchising, in Giur. It., 1985, I, 2, c.712. 116 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Nei contratti di durata privi, invece, di un termine finale, si ritiene, in generale, che l’attribuzione del potere di recesso soddisfi l’esigenza di apprestare un mezzo di integrazione del regolamento contrattuale: il contraente, esercitando tale potere, altro non farebbe se non apporre il termine finale sino a quel momento mancante. In questa prospettiva, l’attribuzione (legale) del potere di recedere viene configurata come strumento di reazione contro una regola negoziale che l’ordinamento disapprova, piuttosto che come ausilio dell’autonomia dei privati. Da opposta angolazione, invece, quando le parti prevedono il potere di recedere unilateralmente, si rappresentano l’eventualità che in una di loro maturi in futuro una valutazione di merito circa la convenienza del regolamento contrattuale. Il nostro ordinamento prevede, in genere, dei limiti in considerazione di quei contratti ad esecuzione continuata per i quali viene prescritta una durata minima, per cui, può legittimamente affermarsi una certa inderogabilità delle disposizioni in tema di durata. In altre fattispecie, il recesso ad nutum viene subordinato alla verifica di determinate circostanze (si fa l’esempio degli artt. 2518 n. 8 e 2603 n. 6 c.c.), oppure si vieta alle parti di stabilire ipotesi di recesso diverse da quelle già assicurate dalla legge (si fa l’esempio dell’art. 2437 c.c.). Altre volte, invece, l’esercizio del diritto viene subordinato al rispetto di certi termini, ritenuti essenziali al soddisfacimento o alla realizzazione degli interessi di una parte (si fa l’esempio dell’agenzia o della stessa somministrazione). 117 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione In merito, i tentativi di applicare al franchising norme nate per il contratto di locazione o per quello di lavoro, specie per quanto attiene la fase conclusiva del rapporto, non possono trovare tutela del franchisee, di fronte ad illegittimi rifiuti di fornitura della merce. La soluzione di problemi residuali che possono sfuggire all’obbligo di contrarre riconosciuto in capo al franchisor per prestazioni specifiche e determinate, potrebbe essere ricollegata alla violazione del criterio generale di correttezza nello svolgimento dell’attività. 14. Scioglimento del rapporto – Risoluzione, scadenza, mancato rinnovo del contratto – La durata del contratto e gli obblighi successivi allo scioglimento del contratto. Le caratteristiche del franchising (la durata, l’effettuazione di investimenti anche notevoli, l’esclusiva etc.) postulano una peculiare considerazione circa il momento terminale dello stesso. Partendo dalla considerazione che, delle due parti, il franchisor è , normalmente, il più forte, si può verificare in concreto che, in caso di buoni profitti, quest’ultimo cerchi di modificare a suo favore alcune clausole contrattuali, oppure, addirittura, di rilevare l’azienda del franchisee; se gli affari procedono tutt’altro che positivamente, di scaricare sul franchisee ogni responsabilità non rinnovandogli il contratto oppure invocando pretestuosi motivi di risoluzione anticipata dello stesso23. 23 Cfr.: G. GABRIELLI, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, nei Quad. di Giur. comm., Milano, 1985, p.13 e ss. 118 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Ma, pur respingendo la “mistica del contraente più debole” rimane comunque l’esigenza di offrire una tutela nei casi in cui il mancato rinnovo o il recesso ad nutum abbiano, secondo il comune sentire, sapore di iniquità. Occorre esplorare quali norme giuridiche si possano invocare e, per poter fare ciò, quali interessi del franchisee siano degni di tutela. Questi ultimi sono comunemente individuati, da un lato, nel recupero degli investimenti fissi, dall’altro, nel recupero del capitale circolante e delle spese generali, ed infine dell’avviamento. È, comunque, problematica, in Italia, l’individuazione delle norme applicabili per la tutela del contraente più debole di fronte ad atteggiamenti vessatori del franchisor, tanto è vero che la giurisprudenza, pur nel lodevole tentativo di raggiungere un simile risultato, ha percorso strade non sempre corrette. Per esempio, quando si è detto che il contratto di franchising ad altro non serve se non a mascherare un rapporto di agenzia con la conseguente applicazione dell’art. 409, n. 3 c.p.c. (nella versione dettata dalla L. 11 agosto 1973, n. 533), si è data una tutela alla parte più debole, ma usando gli strumenti sbagliati, perché se la suddetta assimilazione può essere asserita in qualche caso concreto, sul piano teorico e concettuale la differenziazione tra rapporto di agenzia e rapporto di franchising è netta e precisa24. Comunque, altri dovrebbero essere gli strumenti giuridici per tutelare quella delle due parti che è ritenuta più debole, senza modificare la natura del contratto di franchising, che postula l’indipendenza del franchisee. 24 Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising , cit. p.80 119 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Si dovrebbero tenere, inoltre, distinte le ipotesi di franchising a tempo determinato da quelle di un contratto a tempo indeterminato. Nel primo caso, suddistinguiamo ancora: a) mancato rinnovo del contratto alla scadenza; b) risoluzione del contratto prima della scadenza: a) proprio per l’indipendenza delle parti, non si ritiene esista un diritto del franchisee a vedersi rinnovato il contratto una volta giunto alla scadenza. In proposito, è utile uno sguardo comparatistico al diritto statunitense. La maggioranza degli Stati dell’Unione ha ormai approvato dei Franchise Acts di applicazione generale oppure relativi a settori particolari, nei quali la necessità di una causa “buona” (o “giusta” o “ragionevole”) è richiesta per il mancato rinnovo del contratto. Tuttavia, non si è ancora giunti ad una generale stabilizzazione del contratto, anche perché il concetto di good cause è molto ampio. La difficoltà di arrivare ad una stabilizzazione del contratto di franchising è dimostrata anche dall’esperienza francese. Perciò, è giustificata la conclusione secondo la quale anche in Italia, pur in assenza di norme specifiche, dovrebbe ritenersi che, in considerazione degli investimenti fatti dal franchisee, dell’eventuale nuova clientela acquisita e dunque di una legittima aspettativa alla continuazione del rapporto, il mancato rinnovo, non supportato da un valido motivo, possa urtare contro la norma di comportamento che si riporta ai canoni della buona fede nell’esecuzione contrattuale, nel solco dell’art. 1375 c.c. A titolo di esempio, violerebbe tale regola il franchisor 120 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione che, durante le trattative per il rinnovo, successive alla comunicazione della disdetta, approvasse o permettesse che il franchisee faccia nuovi investimenti, nel presupposto del rinnovo del contratto, per il quale si richiedono nuove condizioni troppo onerose perché il franchisee le possa accettare; b) gli stessi temperamenti al principi alla libera determinazione delle parti circa la disciplina del loro regolamento contrattuale dovrebbero essere impiegati dai giudici per quanto concerne la rottura ante tempus di un contratto di franchising. È chiaro, infatti, che per applicare al caso di specie la disciplina degli artt. 1453 - 1462 c.c. sarà necessario un attento esame circa la presenza del requisito dell’art. 1455 c.c. alla luce del contesto concreto nel quale si sviluppa il rapporto di franchising; così dovrà essere non solo per l’importanza dell’inadempimento, ma anche per altre cause, ad esempio, quelle basate sull’intuitus personae (sostituzione nella persona fisica del franchisee, cambiamento nella compagine sociale dell’impresa dello stesso, peggioramento delle condizioni finanziarie, procedure fallimentari etc). c) condizioni non dissimili valgono quando il contratto sia a tempo indeterminato (si tratta peraltro di ipotesi molto rare, perché contrarie agli interessi sia del franchisor che del franchisee): la minaccia del recesso ad nutum (del franchisor) costituisce, infatti, una perenne spada di Damocle sulla testa del franchisee, il quale sarà indotto a dare esecuzione a clausole o ad accettare 121 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione nuove condizioni per lui anche assai pesanti. In linea di principio, deve ritenersi non superato il diritto di ciascuna delle parti di porre termine al contratto, anche se, qualora l’iniziativa parta dal franchisor, i giudici tendono a riconoscere al franchisee la necessità del congruo preavviso, l’osservanza del principio di buona fede, la mancanza di un abuso del diritto. Nel franchising, come in tutti i contratti di durata, è ammissibile il recesso ad nutum se la durata del contratto non è determinata. In linea teorica, l’effetto della dichiarazione recettizia di recesso potrebbe essere immediato; tuttavia, per i contratti d’impresa, si va imponendo un principio diverso, e cioè, la necessità di un certo lasso di tempo tra la dichiarazione ed i suoi effetti, a tutela di una sola o, più spesso, di ambedue le parti. Già ne esiste traccia nel cod. civ.; l’art. 1569 stabilisce, infatti, la regola del preavviso, da determinarsi con tre criteri graduati: volontà delle parti, usi oppure congruità. Una conferma in tal senso viene poi dall’art. 1725, 2° comma in tema di mandato. Si può, dunque, concludere che, nonostante l’inequivoca tendenza protezionistica, soprattutto ad opera di una giurisprudenza pretorile, non sia stato ancora riconosciuto un diritto al rinnovo del contratto. La risoluzione per inadempimento del contratto di franchising è governata, in assenza di norme specifiche, dalle disposizioni generali di cui all’art. 1453 e ss., cod. civ. In relazione a tale disciplina, il problema di maggiore momento riguarda i limiti alla facoltà della parte adempiente di chiedere la 122 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione risoluzione del contratto, per inadempimenti dell’altra parte, imposti dall’art. 1455, cod. civ., ai sensi del quale il contratto non può essere risolto “se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”. Nel caso di contratto di franchising, che impone ad ambedue le parti numerose quanto svariate obbligazioni, ciascuna delle quali svolge una differente funzione nell’ambito dell’economia del contratto, ci si deve domandare l’inadempimento di quali obbligazioni possa essere considerato di importanza sufficiente per condurre all’immediata risoluzione del contratto. Dal punto di vista economico, la risoluzione di un contratto di franchising prima della sua naturale scadenza pone problemi non indifferenti: sia per il franchisee, che si trova in condizione di non poter ulteriormente sfruttare gli investimenti effettuati per predisporre e svolgere l’attività in franchising, sia per il franchisor, che da un lato subisce l’inevitabile danno all’immagine che consegue alla chiusura di ciascun punto vendita, e dall’altro, si trova a non più dell’accesso al mercato rappresentato dal punto vendita oggetto del contratto risolto. In relazione all’entità degli interessi economici di ciascuna parte coinvolti nel contratto, può sostenersi che “l’importanza” dell’inadempimento al fine di giustificare la risoluzione del contratto deve essere valutata con particolare attenzione. In giurisprudenza, le pronunce sul tema sono tutt’altro che numerose. 123 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione Il Tribunale di Milano25, in due pronunce rese in sede cautelare, entrambe relative al franchising Standa, ha ritenuto sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto il mancato pagamento, da parte del franchisee, di rilevanti partite di merce. Tuttavia, in ambedue i casi, e come assai frequentemente avviene nella prassi, i contratti contenevano clausole risolutive espresse, che disciplinavano la patologia verificatasi. Ci pare, invece, alquanto dubbio che, in linea generale, possa considerarsi sufficiente a condurre alla risoluzione del contratto il solo sporadico inadempimento da parte del franchisee ad obbligazioni pecuniarie, a meno che non sia prevista una clausola risolutiva espressa. Analogo problema si pone in relazione agli obblighi di fare e di non fare imposti al franchisee: tali obblighi sono per la maggior parte strettamente connessi alla tutela dell’uniformità della rete e dell’immagine commerciale del franchisor. Potrebbe, perciò, sostenersi che anche un inadempimento sporadico ad uno di simili obblighi sia in grado di condurre alla risoluzione del contratto. In realtà, una simile conclusione non può essere raggiunta in via assoluta e generale, ma occorre esaminare caso per caso, tenendo conto soprattutto della natura della franchise oggetto del contratto, se l’importanza dell’economia del contratto della specifica obbligazione violata, insieme all’entità della violazione, siano tali da giustificare la risoluzione del contratto. Soprattutto, in caso di inadempimento occasionale da parte del franchisee, può essere necessario tener conto del fatto che la dispersione 25 Cfr.: Tribunale di Milano, 30 Aprile 1982, Soc. Standa c. Soc. Arcobaleno Market, in Foro it., 1982, I, 2042. 124 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione di investimento che la risoluzione comporterebbe a suo danno potrebbe essere sproporzionata rispetto all’entità del pregiudizio che l’inadempimento, nel caso concreto, ha arrecato all’immagine della rete in franchising. Un esempio di tale valutazione ci viene fornito dalla decisione della Corte d’Appello di Milano26 nel caso Unali c. S.E.M., relativo alla violazione dell’obbligo di esclusiva. La Corte ha concluso, principalmente sulla base dell’analisi del testo contrattuale, dal quale ha potuto trarre la prova della rilevanza attribuita all’esclusiva nell’ambito della causa del contratto, nel senso della sufficienza della violazione dell’obbligo di acquisto esclusivo in capo al franchisee per giustificare la risoluzione del contratto medesimo. Lo stretto rapporto esistente tra obbligo di acquisto esclusivo del franchisee ed immagine della rete, insieme alla fondamentale funzione svolta dal medesimo obbligo nell’evitare che prodotti di terzi si avvantaggino dell’esposizione e della distribuzione presso punti venduta in franchising: per questi motivi la decisione della Corte d’Appello appare condivisibile. Il problema dell’importanza dell’inadempimento in relazione alla risoluzione del contratto si pone anche in relazione ai possibili inadempimenti del franchisor. Benché non esista praticamente casistica in materia, si può sostenere che senz’altro legittimino alla risoluzione gli inadempimenti relativi alla trasmissione dei segni distintivi e del knowhow, così come quelli relativi agli obblighi di assistenza e collaborazione, quando siano di entità tale da incidere sulla concreta 26 Cfr.: Corte d’Appello di Milano, 4 giugno 1996, Unali c. S.E.M. S.p.A., in Contratti, 1996, 585. 125 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione possibilità per il franchisee di svolgere la sua attività d’impresa secondo i dettami ed in applicazione de know-how che caratterizzano la catena in franchising. L’indicazione della durata del contratto e delle possibilità di suo rinnovo, o di recesso in caso di contratti a tempo indeterminato, non dovrebbe porre particolari problemi di formulazione di clausole, tenendo conto del fatto che occorre in ogni caso prevedere una durata congrua rispetto al volume di investimenti richiesti inizialmente dall’affiliante e ai tempi necessari di ammortamento che tali investimenti comportano. Con riferimento alle clausole di durata del contratto, possono essere altresì previste una serie di obbligazioni post-contratto che specifichino quelle già inserite con riferimento agli obblighi di non concorrenza e di restituzione di insegne, del Manuale, e di altri elementi concessi all’affiliato in comodato con specificazione dei tempi necessari per la restituzione, l’eventuale ripartizione di oneri derivanti da dette restituzioni ed eventuali penali per ritardi in tali adempimenti da parte dell’affiliato. 15. Profili fallimentari: scioglimento del rapporto contrattuale nel caso di fallimento dell’affiliato. Il contratto di franchising solitamente si preoccupa di sancire lo scioglimento del rapporto nel caso di fallimento dell’affiliato. Indipendentemente dalla regolamentazione contrattuale del fallimento di una delle parti, si ritiene applicabile al franchising la 126 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione disciplina fallimentare prevista per il contratto di commissione (art. 78, R.D. 16 marzo 1942, n. 267), con il relativo scioglimento del contratto al momento della dichiarazione di fallimento di una delle parti. La tesi dello scioglimento immediato si giustifica con la considerazione che il franchising, di qualunque tipo esso sia, presuppone una collaborazione ed integrazione tra l’impresa affiliante e quella affiliata, basata sulla reciproca fiducia nelle rispettive qualità e capacità imprenditoriali; tali condizioni, pertanto, rendono incompatibile la prosecuzione del rapporto con il curatore fallimentare. Pochissime sono le pronunce giurisprudenziali sul tema: da segnalarsi, la sentenza del Trib. di Torino, 11 gennaio 1995, in Contratti, 1995, 597, con nota critica di A. Frignani, che, contrariamente a quanto testé esposto, ha ritenuto applicabile, in caso di fallimento dell’affiliante, l’art. 74, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, con la possibilità per il curatore fallimentare di subentrare nel contratto di franchising. 16. Tipicità o atipicità del franchising? Non è agevole fornire una univoca risposta alla domanda sulla tipicità o atipicità del franchising. L’entrata in vigore del Regolamento 4087/88 ha indotto taluno a sostenere che il contratto di franchising non sarebbe più innominato. Peraltro, un simile orientamento non sembra del tutto condivisibile, posto che, anche tenendo conto della diretta efficacia della disciplina 127 CAPITOLO II – I soggetti, il contenuto e le vicende dell’operazione comunitaria, questa altro non contiene, che possa servire quale punto di riferimento sul piano civilistico, se non la già ricordata definizione. Nessuna norma positiva è prevista dal Regolamento, ovviamente, che regoli il franchising sul piano civilistico, e la mera presenza di una definizione non pare sufficiente a far passare il contratto atipico alla condizione della tipicità, soprattutto ove si consideri che tale definizione è caratterizzata dal fatto di essere stata “modellata” in relazione allo scopo contingente di delimitare l’ambito di applicazione del divieto di intese tra imprese restrittive della concorrenza contenuto nell’art. 85, comma 1, Trattato CE, ed è perciò priva anche dell’intenzione di precisare i contorni della figura contrattuale in quanto tale, ma solo come intesa potenzialmente restrittiva della concorrenza. 128 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising CAPITOLO III La disciplina del contratto di franchising 129 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising SOMMARIO: 1. La disciplina applicabile al contratto di franchising: in particolare, richiamo alle disposizioni generali codicistiche che disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano ed al Ddl Senato 4 luglio 2000. – 2. Relazione Tavola Rotonda del 26/09/00 – Incontro con Sviluppo Italia sul nuovo d.lgs. 185/00 per le agevolazioni al settore del franchising. – 3. Relazione Tavola Rotonda del 18/09/01 – Incontro sull’ipotesi di applicazione al franchising del G.E.I.E. e del trust. – 4. I codice di autodisciplina ed in particolare il Codice Deontologico dell’Assofranchising. – 5. Regolamento dell’Associazione Italiana del Franchising (01/01/95 rev. in data 01/04/97). – 6. Dalla Promofranchising alla Federazione Italiana del Franchising e del Partenariato. – 7. Promofranchising: uno strumento della FIF. – 8. Il Codice Deontologico Europeo e la sua forza esecutiva – Norme relative alla pubblicità per il reclutamento – Relazione dei franchisee – Regole relative al contratto. – 9. Regole sulla concorrenza – Restrizioni pattizie alla concorrenza – Disciplina antitrust. – 10. Federazione Europea del Franchising. – 11. Il caso Pronuptia. 130 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising 1. La disciplina applicabile al contratto di franchising: in particolare, richiamo alle disposizioni generali codicistiche che disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano ed al Ddl Senato 4 luglio 20001. Ancora dibattuto è il problema della disciplina applicabile al contratto di franchising. Problema, questo, che scaturisce dalla riconosciuta atipicità di tale contratto, all’interno del quale si collocano una serie di prestazioni che rappresentano l’oggetto tipico di altrettanti contratti (somministrazione, licenza di marchio, di brevetto, know-how), e che si concreta nella scelta se applicare analogicamente principi che regolano il contratto in generale (artt. 1322 ss. c.c.) o, piuttosto, disposizioni previste per contratti affini al franchising. La prima soluzione, criticata dalla dottrina, in quanto insufficiente a risolvere i problemi di “controllo” e soprattutto di “integrazione” della volontà delle parti, muove dalla considerazione che la particolare complessità sostanziale che caratterizza il franchising nell’ambito dei contratti di distribuzione priva di sostanza il tentativo di assimilarlo all’uno o all’altro dei contratti nominati. Troppe e numerose sarebbero, infatti, le prestazioni suscettibili di essere dedotte nell’affare e molti i segmenti dei rapporti tipici che si prestano ad essere impiegati e combinati dalle parti per soddisfare i rispettivi interessi economici; la disciplina del rapporto di franchising andrebbe così piuttosto tratta dalle categorie generali del diritto dei 1 Cfr.: E. ZANELLI, Il franchising di fronte all’ordinamento italiano: spunti per un’indagine comparatistica, in Riv. dir. ind., 1972, p. 249. 131 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising contratti, sia in funzione suppletiva, sia soprattutto ai fini di integrare e controllare il regolamento pattizio. Il contratto di franchising, in forza proprio di una norma di diritto positivo italiano e precisamente l’art. 1323 c.c. (“Tutti i contratti, ancorché non appartenenti ai tipi che hanno una disciplina particolare, sono sottoposti alle norma generali contenute in questo titolo” – cioè, massimamente, il Titolo II del Libro IV del Codice civile) è sottoposto ad una generale regolamentazione giuridica codicistica. Così, anche il contratto di franchising è sottoposto, oltre che alla generale disciplina delle obbligazioni in generale racchiuse nel Titolo I del Libro IV del Codice civile, a regole di legge derivanti dal successivo Titolo II riguardanti i contratti in generale e che comprendono, in primo luogo, l’esistenza di requisiti previsti dall’art. 1325 c.c. concernenti la presenza e la rappresentazione nel testo del contratto di taluni elementi essenziali quali “l’accordo delle parti”, “la causa” e “l’oggetto” (l’ultimo di tali requisiti previsto da detto articolo, e cioè la “forma”, non essendo ovviamente prescritta dalla legge a pena di nullità per i rapporti di franchising non presenta rilievo). Proseguendo in questo veloce richiamo delle disposizioni generali codicistiche che disciplinano anche il contratto di franchising di diritto italiano, un’attenzione deve essere rivolta ai due elementi accidentali del contratto, costituiti dalla condizione (artt. 1353-1361 c.c.) e dal termine (artt. 1184-1187 c.c.) che possono caratterizzare molte parti del contratto in relazione ai poteri di intervento dell’affiliante, ai tempi di adempimento di specifici obblighi dell’affiliante e dell’affiliato. Di estrema importanza sono, poi, 132 le disposizioni civilistiche CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising sull’interpretazione del contratto (artt. 1362-1371 c.c.) con particolare riferimento all’interpretazione del contratto secondo buona fede ex art. 1366 c.c.; il coordinarsi complessivo dell’interpretazione delle varie clausole in cui si concretizza il contratto art. 1363 c.c. che nel contratto di franchising assume notevole rilievo per l’esistente eterogeneità delle clausole potenzialmente inseribili ed infine, l’interpretazione contro il proponente delle clausole, in caso di incertezza interpretativa (art. 1370 c.c.). In merito alle disposizioni codicistiche sugli effetti del contratto, giganteggia nel contratto di franchising, come contratto atipico, la previsione dell’obbligo di esecuzione secondo buona fede (art. 1375 c.c.) che rappresenta il completamento dell’obbligo di prevedere nel contratto stesso, ab origine, una causa lecita, rappresentata principalmente da un equilibrio di vantaggi tra affiliante ed affiliato, che deve permanere durante l’intera durata del contratto e nei successivi obblighi reciproci previsti dal contratto stesso. Da non trascurare anche le previsioni dell’art. 1374 c.c. che dispongono l’integrazione del contratto secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi o l’equità che nei rapporti di franchising potrebbero avere rilievo, specie con riferimento a talune prestazioni poste a carico degli affiliati. Completamento delle norme sulla carenza o illiceità dell’oggetto e della causa, sono, quindi, le disposizioni sulla nullità del contratto (artt. 1418-1424 c.c.) e quelle in tema di annullabilità del contratto in relazione ai cosiddetti “vizi della volontà”, cioè a dire per “errore”, “violenza” o “dolo” (artt. 1427-1440 c.c.). Rilevanti sono, infine, per i contratti di franchising, le disposizioni che consentono il recesso unilaterale (art. 1373 c.c.) e le più ampie 133 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising disposizioni sulla risoluzione (artt. 1453-1469 c.c.), in base ai quali è necessario individuare con chiarezza, anche nel contratto di franchising, le clausole risolutive espresse, in contrapposizione con le altre condizioni di risoluzione, tenendo sempre presente l’obbligo di contenere eventuali penali per inadempimento nell’ambito dei danni effettivi ricevuti o ricevibili (art. 1384 c.c.) in considerazione del potere del giudice (o dell’arbitro) di ridurle in caso di sproporzione. La seconda soluzione, trova, invece, fondamento nella particolare struttura del franchising, che è contratto di impresa bilaterale, sinallagmatico, a forma libera, di durata, caratterizzato dall’intuitus personae: elementi, questi, che, tutti, nel loro insieme, portano, conseguentemente, a far ritenere il contratto in questione assimilabile ad altri contratti affini, con la conseguente applicazione allo stesso delle disposizioni regolanti detti contratti. Il risultato sarà, quindi, un “ mosaico”, formato da tasselli ricavati da vari modelli contrattuali, che comporterà, come conseguenza, la regolamentazione del franchising alla stregua di quelle che sono le norme disciplinanti singoli aspetti del contratto tipico o dei contratti tipici considerati, cosicché si potrà verificare che più schemi contrattuali coesistano tra loro ed i singoli regolamenti contrattuali operino cumulativamente, incidendo in un’unica convenzione. Ed è questa la soluzione preferita anche dalla giurisprudenza. Ne è esempio una recente sentenza del Tribunale di Torino (11 gennaio 1995, Dir. Fall., 1995, 1065), la quale, in relazione al caso specifico di fallimento del franchisor, scartata l’assimilabilità del 134 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising franchising al contratto de mandato o di commissione, si attesta sulla parificabilità di tale contratto alla somministrazione, con la conseguente applicabilità della disciplina propria di quest’ultimo e, pertanto anche dell’art. 74 L. fall. con relativo richiamo ai commi 2,3 e 4 dell’art. 72. Fino adesso il Parlamento Italiano non ha approvato una normativa sul franchising, anche se sono stati presentati diverse proposte di legge su questa materia. Possiamo ricordare l’iter parlamentare delle diverse proposte legislative riguardo la disciplina del franchising. A febbraio del 1997, durante la XIII Legislatura, è stato presentato al Senato il primo disegno di legge ad iniziativa del Senatore Asciutti; a questo sono seguiti nel 1998 i disegni di legge del Senatore Caponi e del Senatore Gambini. Alla Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato è stato approvato, il 4 luglio 2000, durante la precedente Legislatura, un disegno di legge sul franchising. Il testo è risultato dall’unificazione dei disegni di legge dei Senatori Asciutti, Caponi e Gambini. Oggi la situazione non è molto cambiata: al Senato sono stati presentati altri disegni di legge, il primo ancora del Senatore Asciutti (30 maggio 2001), poi del Senatore Maconi e del Senatore Marino. In questa XIV Legislatura, tanto alla Camera come al Senato, i testi sono gli stessi del disegno di legge approvato al Senato il 4 luglio 2000. I testi contengono 9 articoli. La normativa prevista in questi 9 articoli non pretende di legiferare sul contratto di franchising, ma di regolamentare l’informazione precontrattuale fornita dalle parti di un rapporto di 135 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising franchising prima della sottoscrizione del contratto. In questo senso, 30 giorni prima della sottoscrizione, il franchisor deve consegnare al franchisee una copia del suo contratto di franchising, corredandolo con gli allegati riguardanti i suoi dati aziendali, marchi, elementi dell’attività in franchising, numero di franchisee, eventuali procedimenti giudiziari ed arbitrali e l’ipotesi di bilancio previsionale. Questa regolamentazione segue la tendenza della legislazione straniera, che limita alla cosiddetta “disclosure” precedente alla sottoscrizione, cioè al solo momento dello scambio di informazioni, la regolamentazione del rapporto di franchising, perché, essendo il franchising un sistema attraverso il quale si possono sviluppare le più inimmaginabili formule commerciali, sarebbe impossibile, oltre che controproducente, pretendere di regolamentare il contratto di franchising in tutte le sue sfaccettature. Sotto questo aspetto, è molto importante quanto chiarisce l’articolo 1 della proposta approvata al Senato lo scorso anno. Ai sensi della legge “rientrano, anche se diversamente definiti, nel franchising o affiliazione commerciale, i rapporti che sono caratterizzati dalla presenza di un soggetto, affiliante, fornitore o franchisor, che mette a disposizione di un altro soggetto, affiliato, acquirente o franchisee, un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d’autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi”. In base a questo articolo si 136 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising eviterà che alcuni marchi, che sono in franchising ma operano sotto altra denominazione, possano continuare ad operare. Il disegno di legge approvato il 4 luglio 2000 dalla Commissione Industria, Commercio e Turismo, del Senato che, in sintesi, risulta come l’unificazione di tre precedenti disegni di legge, detta una serie di regole che consentano la trasparenza nei rapporti di franchising. L’obiettivo del documento è quello di evitare che piccoli imprenditori, non opportunamente tutelati, rimangano vittime del moltiplicarsi di situazioni gestionali e finanziarie. In particolare, dopo che l’art. 1 detta le definizioni di franchising, affiliante, affiliato, know-how, diritto d’ingresso e royalty, all’art. 2 vengono dettate le norme per la costituzione di una rete di franchising al fine di evitare che il franchisor o affiliante immetta la propria formula sul mercato senza averla sperimentata a sufficienza. Sempre nello stesso articolo, poi, si rende obbligatorio il deposito dei relativi marchi commerciali. All’art. 3, inoltre, viene dettata la definizione di contratto di franchising, ne viene obbligata la redazione per iscritto a pena di nullità, e viene stabilito che in esso debbono essere specificamente indicati gli estremi della registrazione o del deposito dei marchi, la fonte, la durata e l’estensione dell’esclusiva dell’affiliante, nel caso in cui questi non sia titolare dei medesimi. Gli obblighi dell’affiliante vengono stabiliti all’art. 4, mentre quelli dell’affiliato all’art. 5. Seguono, poi, una serie di nuovi articoli, non contenuti nei disegni di legge precedenti, in cui si tenta di regolamentare in modo inequivocabile le reti di franchising, che, in 137 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Italia, ammonterebbero a 361, con 17.500 punti vendita ed un fatturato che si aggira intorno ai 10 milioni di euro l’anno. 2. Relazione Tavola Rotonda del 26/09/00 – Incontro con Sviluppo Italia sul nuovo d.lgs. 185/00 per le agevolazioni al settore del franchising. La Relazione sulla Tavola Rotonda evidenzia la centralità e l’importanza, nella nuova normativa, delle convenzioni da stipulare con i franchisor e traccia un breve profilo del soggetto beneficiario delle agevolazioni, che deve essere disoccupato da almeno 6 mesi, e precisa che la nuova legge lascia spazio anche ai lavoratori indipendenti ed autonomi, che volessero licenziarsi o smettere la propria attività entro tale termine. L’applicazione del d.lgs. 185/002 non prevede l’erogazione di finanziamenti in denaro, ma mutui agevolati fino a 100.000 euro, con tassi bassissimi all’1 o 2%, rimborsabili tra i 5 e i 10 anni, più un periodo gratuito di formazione e assistenza tecnica del franchisee da realizzarsi in azienda o tramite l’apporto di società di consulenza esterna. I finanziamenti saranno disponibili per tutte le zone del centro-sud, mentre al nord saranno scelti soltanto alcuni comuni. I franchisor interessati ad ottenere le agevolazioni dovranno presentare il piano rete con l’indicazione di quanti punti in franchising si intende aprire; il piano iniziativa con la descrizione dettagliata dell’idea, dell’allestimento e dei costi di apertura e di gestione; il piano 2 Cfr.: www.fif-franchising.it. 138 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising investimenti comprensivo della situazione patrimoniale e dei flussi finanziari previsti per i primi anni di attività. A chi contesta l’impostazione giuridica del nuovo decreto legislativo, definendolo in contrasto con le recenti normative comunitarie, in quanto troppo discrezionale nella scelta dei franchisor con cui stipulare le convenzioni e dei franchisees tramite i quali attuarle, si può rispondere che in realtà, non esiste una vera e propria gara d’appalto tra i franchisor, perché nei vari settori d’attività sarà selezionata soltanto un’idea, quella ritenuta più innovativa e capace di esprimere in termini potenziali il più alto tasso d’occupazione. Unica condizione per l’accettazione delle proposte è che il prodotto o servizio proposto sia “franchisizzabile”. Per quanto riguarda la discrezionalità nella scelta dei franchisee, il problema non si pone nemmeno, perché il profilo dell’affiliato beneficiario delle agevolazioni sarà proposto dal franchisor stesso. Altri rilevano la mancanza di trasparenza della nuova normativa, soprattutto perché non sono fissate delle regole precise nella selezione delle proposte, e chiedono delle garanzie nella scelta dei franchisor e dei franchisee in sintonia con quanto previsto dal codice deontologico dell’Associazione Italiana Franchising. Tuttavia, il franchisee sarà in ogni caso tenuto a sottoscrivere il contratto che viene sottoposto dal franchisor, insieme al manuale operativo e a tutta l’altra documentazione, già in sede di presentazione della domanda a Sviluppo Italia. 139 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Sviluppo Italia erogherà in anticipo, sempre sotto forma di mutuo e non a fondo perduto, a copertura dei costi d’avviamento dei franchisee e conferma che se i costi di formazione saranno sostenuti dal franchisor, gli potranno essere rimborsati. Inoltre, le spese di gestione relativi ai primi anni di attività sono comprese anch’esse nel finanziamento in conto mutuo. Nell’ambito di questa normativa non sono richieste garanzie né ai franchisor né ai franchisee, anche se sarà compito di Sviluppo Italia seguire, passo dopo passo, ogni singola iniziativa in modo da revocare subito il mutuo ai franchisee morosi o a coloro che si saranno resi rei di violazioni contrattuali nei confronti di Sviluppo Italia o dei franchisor proponenti i progetti. Ad oggi, non esiste un tetto massimo globale per i mutui erogabili da Sviluppo Italia; i fee d’ingresso saranno riconosciuti soltanto ai franchisor più importanti in grado di garantire un vantaggio competitivo certo ed inopinabile; ai migliori franchisor sarà riconosciuto anche il diritto di ripetere la convenzione. Il nuovo decreto legislativo 185/00, nonostante presenti alcune zone d’ombra da verificare in sede attuativa, è sicuramente un lodevole incentivo al settore, ma per avere degli effetti benefici e duraturi dovrebbe essere seguito dalla defiscalizzazione delle imprese nei primi anni di attività per consentire alle aziende di liberare altre risorse essenziali in termini di investimenti e occupazione. 140 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising 3. Relazione Tavola Rotonda del 18/09/01 – Incontro sull’ipotesi di applicazione al franchising del G.E.I.E. e del trust3. Il 18 settembre 2001, presso la sede di Assofranchising a Milano, si è svolto un interessante incontro riguardo i possibili vantaggi dell’utilizzo delle “figure giuridiche” del G.E.I.E. e del Trust da parte dei franchisor, al quale hanno partecipato i rappresentanti di molte aziende associate dei più diversi settori economici, dal turismo alla grande distribuzione, dall’immobiliare all’editoriale, dalle libere professioni ad altri ancora, a testimonianza che gli argomenti proposti da Assofranchising hanno avuto un ottimo successo trasversale tra i soci per il loro aspetto innovativo e per l’adattabilità a realtà imprenditoriali molto diverse. Il G.E.I.E., ovvero il “Gruppo Economico d’Interesse Europeo”, è stato istituito dalla CEE nel 1985, anche se in Italia è stato recepito solo agli inizi degli anni novanta. Il G.E.I.E. deve essere costituito da almeno due persone fisiche o giuridiche , di minimo due Stati membri della Comunità Europea, e prevede delle “norme quadro” molto generali lasciando un’ampia libertà di pattuizione ai contraenti, e solo in mancanza di accordi specifici tra questi ultimi, rimanda alle normative nazionali dello Stato membro in cui ha sede legale. Come figura giuridica si avvicina al consorzio, del quale conserva il carattere mutualistico, differenziandosi, però, principalmente perché garantisce ampi poteri amministrativi e gestionali agli organi amministrativi e un considerevole potere decisionale ai soci di maggioranza. 3 Cfr.: www.fif-franchising.it www.assofranchising.it 141 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Il G.E.I.E. si adatta molto bene alla formula commerciale del franchising perché può prevedere un allargamento sino a 500 soci, la commistione tra persone fisiche e persone giuridiche, consente alle imprese che decidano adottarlo di ottenere con più facilità i finanziamenti della Comunità Economica Europea, e come detto sopra, lascia molto spazio alle pattuizioni statutarie, imponendo solo pochi e per lo più flessibili vincoli normativi. Un’altra peculiarità del G.E.I.E. è che i soci non sono obbligati a versare un fondo patrimoniale comune, anche se esiste la responsabilità illimitata degli stessi nei confronti di eventuali creditori. Per quanto riguarda la regolamentazione fiscale, eventuali perdite o profitti, sono soggetti al regime impositivo nazionale di ciascun socio secondo le quote di competenza nel G.E.I.E. In questo tipo di figura giuridica transnazionale si verifica, infatti, il caso classico della “trasparenza fiscale mutualistica” che prevede il pagamento del tributo da parte dei soli membri, mentre l’ente può essere considerato soltanto come soggetto passivo dell’accertamento fiscale. L’atto di costituzione del G.E.I.E. non deve svolgersi davanti al notaio, ma necessita soltanto la pubblicazione integrale sulla Gazzetta Ufficiale. Il G.E.I.E. di servizi è più facile da creare perché, essendoci meno capitali da investire, anche le garanzie richieste dai membri sono inferiori e meno complicate, mentre il tipo specifico di attività svolta è abbastanza indifferente perché il G.E.I.E. è essenzialmente un mezzo per 142 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising operare più agevolmente fuori dai confini nazionali tra partner di Paesi membri diversi. Il Trust, invece, è un tipo di accordo riconosciuto dalla Convenzione dell’Aia del 1985, per cui un soggetto, detto il “disponente”, si spoglia di determinati beni a favore del “trusty” (l’eventuale franchisor), che li deve gestire nell’interesse dei beneficiari (gli eventuali franchisee), il tutto con grande libertà contrattuale e, successivamente, sotto l’occhio vigile di un altro attore, detto “protector”, che ha il compito di controllare che ogni cosa si svolga come concordato tra le parti. Il Trust si adatta molto bene al franchising perché, a differenza del G.E.I.E., non prevede un numero massimo di beneficiari e la tassazione può essere portata facilmente fuori dell’Europa. In caso di Trust esterno, cioè fuori dai confini nazionali, la legislazione e le normative fiscali a cui si dovrà fare riferimento sono quelle dei Paesi in cui il Trust stesso è istituito. Inoltre, il patrimonio che è gestito dal trusty, nella maggioranza dei casi, non può essere aggredito da eventuali creditori terzi. Il Trust conviene per sviluppare eventuali politiche di affiliazione all’estero, mentre per quanto riguarda l’Italia, è particolarmente oneroso per via degli alti costi di trasferimento dei beni ed è utilizzato soprattutto in circostanze ereditarie. Quindi, casi consolidati di applicazione del trust al franchising non ne esistono, trovandoci attualmente in una prima fase di sperimentazione con il lancio di alcune esperienze pilota e la giurisprudenza in merito è ancora molto carente. 143 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising 4. I codice di autodisciplina ed in particolare il Codice Deontologico dell’Assofranchising. Le finalità prime dei codici di autodisciplina (o codici deontologici) sono di natura interna alle categorie che li approvano e vi si sottopongono. Gli impegni contenuti nei codici hanno carattere volontaristico e si impongono ai membri od a coloro che li hanno sottoscritti od adottati in virtù di un patto associativo4. La violazione degli stessi non può giovarsi dei sistemi sanzionatori extra contrattuali dell’ordinamento, ma dovrà necessariamente rimanere all’interno dell’associazione, nel limite delle previsioni statutarie preconosciute ed accettate. Per quanto concerna l’ordinamento italiano, va rilevato che il codice deontologico5, adottato dall’AIF in data 23 marzo 1978, non risulta avere al suo interno la previsione di alcun sistema di controllo ed alcuna sanzione per il suo eventuale inadempimento. In queste condizioni, esso rischia di diventare poco più di una formalità. Tuttavia, gli effetti del codice di condotta non si esauriscono alla cerchia interna dei rapporti tra i membri che lo hanno sottoscritto. Sembra, infatti, degna di approvazione quella recente tendenza giurisprudenziale avallata, seppur non unanimemente, dalla dottrina, secondo la quale al giudice sarebbe permesso utilizzare eventuali 4 Cfr.: O. CAGNASSO, I contratti commerciali, in Trattato di dir. comm. e di dir. pubb. dell’econ. Padova, 1991, vol. XVI. 5 Cfr.: C. DILIDDO, Il nuovo regolamento dell’associazione italiana di franchising, in Contratti, Padova, 1995, p.78 e ss. 144 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising contenuti del codice come elemento probatorio per identificare quegli “abusi professionali” che costituiscono uno, seppur non l’unico, dei criteri per dare un contenuto ai principi della correttezza professionale di cui all’art. 2598, n. 3 c.c. Si può così concludere che i codici di deontologia professionale del franchising dispiegano anche effetti esterni e cioè con riferimento pure a coloro che non li avessero espressamente accettati. Ma essi possono servire ad una funzione molto più importante. Per un verso, i codici di condotta tenderanno a produrre una “moralizzazione” dell’ambiente: nessun franchisor può violare con leggerezza regole comunemente applicate dagli altri franchisor. In secondo luogo, tanto più severa è l’autodisciplina, tanto maggiori probabilità di successo avrà il tentativo o di respingere una legislazione restrittiva nazionale o di indurre il legislatore a tenere in considerazione l’uniformità della prassi (quando riveli soluzioni eque tra franchisor e franchisee). Il Codice Deontologico dell’Assofranchising6 prevede che ogni membro, al momento di presentarsi, si impegni: - ad organizzare un programma di franchising, affiliazione commerciale, tecnicamente completo ed economicamente valido per l’affiliato se correttamente attuato dalle parti; - a fornire preventivamente informazioni complete e veritiere a chi intende affiliarsi perché possa opportunamente valutare ogni 6 Cfr.: www.assofranchising.it www.intervideo.it 145 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising aspetto economico attinente sia l’inizio, sia lo svolgimento dell’attività che il rapporto di affiliazione comporta; - a stipulare per iscritto in forma chiara e completa i termini e le condizioni del contratto di franchising. Tutte le condizioni ivi contenute devono essere eque nei confronti dell’affiliato e da quest’ultimo recepite in tutte le sue parti prima che lo stesso sottoscriva il contratto. All’affiliato, unitamente al contratto, dovranno essere consegnati gli eventuali allegati facenti parte integrante del contratto medesimo; - a prevedere nel contratto una durata ed una zona in esclusiva adeguate all’attività da svolgere; - a prevedere nel contratto una normativa che riguardi la cessazione del rapporto di franchising; - ad assicurare all’affiliato il necessario ed opportuno addestramento sia iniziale che successivo, ove occorrente, nonché a prestare puntualmente la consulenza pattuita nel contratto; - a concedere all’affiliato, nei limiti consentiti dalla legge, l’utilizzazione dei propri segni distintivi occorrenti per lo svolgimento dell’attività in oggetto. L’affiliato, da parte sua, deve impegnarsi a rispettare scrupolosamente l’immagine dell’affiliante; - a rispettare l’autonomia e l’indipendenza imprenditoriale di ogni singolo affiliato, pur seguendone attentamente l’operato onde 146 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising salvaguardare la corretta immagine dell’attività di franchising nell’interesse di tutti i propri affiliati; - a mantenere un dialogo costante con i propri affiliati sugli aspetti operativi del rapporto al fine di migliorarne l’efficienza, - ad operare al più alto livello di condotta nella gestione dei propri affari evitando ogni comportamento illecito o non conforme all’etica professionale ed invocando un pari atteggiamento da parte dei propri affiliati. 5. Regolamento dell’Associazione (01/01/95 rev. in data 01/04/97). Italiana del Franchising Il Regolamento dell’AIF deve essere osservato da tutti i soci dell’Associazione Italiana del Franchising; esso ha lo scopo di imporre agli affiliati, soci dell’Assofranchising, l’adozione di regole di comportamento ispirate a principi di correttezza e professionalità7. L’appartenenza dell’affiliante all’Assofranchising garantisce, quindi, l’assoggettamento di esso a tali ulteriori regole, tendenti a favorire l’instaurazione e lo svolgimento di un corretto rapporto di franchising. Il Regolamento dell’AIF integra, ma non sostituisce né si pone in contrasto, con le normative di legge e/o di autoregolamentazione, vigenti a livello nazionale ed europeo, che devono, quindi, continuare ad essere scrupolosamente osservate dai soci. 7 Cfr.: www.italiafranchising.it 147 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Nel caso in cui, in futuro, dovesse insorgere un conflitto tra il Regolamento ed una normativa di legge inderogabile, sarà cura dell’Assofranchising modificare di conseguenza il Regolamento. Nello stesso tempo, i soci saranno automaticamente esonerati dall’osservanza delle norme in esso contenute, che dovessero risultare in contrasto con tale normativa. Il Regolamento presuppone la stretta osservanza, da parte dei soci, delle regole deontologiche e di autoregolamentazione, predisposte dalla Federazione Europea del Franchising, con le quali esso deve essere concordato, sia in fase interpretativa che applicativa, per impedire l’insorgere qualsiasi conflitto. Il Regolamento dell’Associazione Italiana del Franchising verrà, poi, periodicamente rivisto ed aggiornato, per essere in linea con le nuove normative che dovessero essere adottate, sia su base legislativa che volontaria, a livello nazionale ed europeo. 6. Dalla Promofranchising alla Franchising e del Partenariato8. Federazione Italiana del La sempre più marcata affermazione del franchising porta come diretta conseguenza una sempre più attenta presa in considerazione di tale formidabile strumento della moderna distribuzione da parte della Promofranchising. Dall’Associazione il franchising è visto sui due tipici versanti: 8 Cfr.: www.opportunitalia.it 148 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising - quello di strumento a disposizione delle imprese produttrici che lo utilizzano per svilupparsi direttamente sui mercati “saltando” l’intermediazione delle figure tipiche (importatori, grossisti, rappresentanti, agenti); - quello di strumento di specializzazione ora a disposizione dei dettaglianti interessati ad acquisire prodotti e know-how in grado di offrire valide posizioni competitive in un mercato sempre più monopolizzato dai gruppi della grande distribuzione. L’attività dell’Associazione non è, però, soltanto rivolta a registrare i fenomeni, a studiarli e a subirli. È volta soprattutto a valutarne implicazioni ed a progettare valide applicazioni capaci di risolvere i sempre più pressanti problemi che insistono sul variegato mondo della distribuzione. Quindi, non si tratta tanto (o soltanto) di attività di sindacato, ma soprattutto di azione di guida del processo, di proposizione innovativa di sviluppo, di una concreta azione di affiancamento nell’applicazione, di un supporto tecnico continuativo agli utilizzatori. Per questo la Promofranchising è stata trasformata in FIF. La Federazione Italiana del Franchising nasce con la consapevolezza che il sistema dell’affiliazione è un sistema unitario, anche se composto da soggetti diversamente collocati; promuoverne lo sviluppo non può che significare il superamento di qualsivoglia visione di parte a vantaggio degli affilianti o viceversa degli affiliati. 149 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising La FIF nasce, appunto, con l’obiettivo di rappresentare ed essere il punto di riferimento dei franchisor (affilianti) e dei franchisee (affiliati) e per perseguire importanti obiettivi: - promozione del sistema, cioè, sviluppare tutte quelle iniziative atte a far conoscere le caratteristiche del sistema; - assistenza e supporto verso i sistemi e le catene “minori”. L’elemento più interessante della fase attuale del franchising in Italia è lo sviluppo di catene piccole e medie che attraverso elevati livelli di specializzazione esprimono capacità di penetrazione, vivacità e dinamismo; - promozione di rapporti corretti tra le parti: nell’ambito delle reti di franchising le relazioni tra le diverse componenti sono spesso instabili. Il Codice Deontologico Europeo posto alla base dell’attività dell’associazione e l’assistenza da questa fornita costituiscono il quadro etico dell’intervento di FIF. Gli interventi dell’Associazione consentono di migliorare il rapporto tra franchisor e franchisee. La FIF vuole essere una struttura che si pone al centro dei due soggetti attori del rapporto di affiliazione commerciale, evitando il rischio gravissimo di appiattirsi e di annullarsi in uno solo di questi (affiliante o affiliato); - diffondere l’informazione. Diffondere la conoscenza del franchising presso gli operatori economici e soprattutto nei confronti dei pubblici poteri è compito di primaria rilevanza: uno Stato moderno deve conoscere molto bene le formule 150 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising commerciali moderne per poter correttamente intervenire a loro sostegno; - promuovere una corretta disciplina di questo rapporto e diffondere l’applicazione del Codice Deontologico Europeo e della FIF. Il principale obiettivo del Codice è di evitare rapporti contrattuali squilibrati tra le parti. In alcuni Paesi (USA, Francia e Spagna) il Codice Deontologico è stato affiancato da norme legislative precise. Questa direzione di marcia deve essere assunta, alla luce dei processi di unificazione in atto, certamente anche nel nostro Paese; - sostenere il franchising intervenendo con azioni di sostegno a favore di imprese che operano in franchising; - formazione professionale promuovendo corsi di informazione generale sul franchising (2-4 gg.); corsi per assistenti rete (500900 ore); corsi specifici per le singole catene, rivolti agli affiliati finalizzati a periodici aggiornamenti sui singoli aspetti dell’attività commerciale; gestione del punto di vendita; - promozione delle catene. La FIF definisce accordi specifici con franchisor finalizzati allo sviluppo della propria catena attraverso la pubblicazione di redazionali su giornali delle strutture Confesercenti con manchette di ritorno per ulteriori informazioni, attraverso la selezione delle risposte sulla base dell’indicazione dell’affiliante ed, infine, attivando il contatto diretto affiliante-affiliato; 151 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising - consulenza ed assistenza sulle pratiche per finanziamenti pubblici. La FIF, in collaborazione con le strutture operative centrali e periferiche, può fornire specifiche assistenze sia nell’impostazione e definizione della pratica, sia nell’iter burocratico della stessa. Un ulteriore servizio per i soci FIF è dato dalla Scuola Superiore del Franchising, con sede a Roma e Milano, che prevede corsi per catene in franchising per la formazione dei franchisee con agevolazioni fino al 30% sulle quote relative ai corsi. A tutto ciò, è da aggiungere la consulenza a 360 gradi della struttura di esperti promossa dalla Federazione. 7. Promofranchising: uno strumento della FIF. Promofranchising è uno strumento di servizio di consulenza per gli operatori del franchising, creato dalla FIF9. In promofranchising si trovano le migliori professionalità del mondo del franchising, associate per offrire il meglio in materia di consulenza delle imprese per quanto riguarda i servizi: - legali e contrattuali; - fiscali e finanziari; - progettazione d’impresa (creazione della rete, tutoraggio, implementazione, manuale operativo, contratto…); - Geomarketing; - Commercializzazione, Immagine e Pubblicità; 9 Cfr.: www.opportunitalia.it www.intervideo.it 152 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising - Servizi Import-Export (presenze Fiere, master franchising, jointventure). Gli esperti di Promofranchising sono a disposizione dei soci e degli aspiranti operatori in franchising per la consulenza e l’assistenza. 8. Il Codice Deontologico Europeo e la sua forza esecutiva – Norme relative alla pubblicità per il reclutamento – Relazione dei franchisee – Regole relative al contratto10. Il Codice Deontologico Europeo è nato da incontri e discussioni in ambito comunitario, in particolare, all’interno della Commissione Commercio e Distribuzione della CEE. Frutto degli studi e delle esperienze della Fèdèration Francaise du Franchisage e dell’Association Belge de la Franchise, costituisce, tuttavia, il risultato di una sintesi non soltanto tra i codici deontologici di queste associazioni, ma anche delle regolamentazioni in vigore negli altri Paesi della Comunità. Così come i Codici nazionali, il Codice Deontologico europeo non ha forza esecutiva come può averla una direttiva od un regolamento CEE. Tuttavia, essendo stato questo codice approvato all’unanimità dagli esperti governativi, s’impone come normativa d’uso. Nell’ambito di questo codice, il franchising viene definito come una forma di collaborazione contrattuale tra parti giuridicamente indipendenti ed uguali: da un lato, l’impresa di franchising (franchisor) e dall’altro, uno o più imprenditori (franchisee). 10 Cfr.: www.opportunitalia.it www.fif-franchising.it 153 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Per l’impresa di franchising (franchisor) prevede: - la proprietà di una ragione sociale, un marchio commerciale, logotipo o segno distintivo di un’attività commerciale o di un servizio, ed un know-how, che vengono messi a disposizione della o delle imprese affiliate; - la disponibilità di una serie di prodotti e/o servizi presentati con una formula riconoscibile ed originale, essendo tale formula basata su di un insieme di specifiche tecniche commerciali preventivamente sperimentate, che vengono continuamente perfezionate e controllate con riguardo alla loro validità ed efficacia. Lo scopo principale nella definizione di un accordo di franchising tra le due parti è quello di consentire un beneficio sia al franchisor che al franchisee attraverso la combinazione delle loro risorse umane e finanziarie senza in alcun modo condizionare l’indipendenza delle due parti. Il franchising è, pertanto, qualcosa di più di un contratto di vendita, di una concessione o di un contratto di licenza, in quanto entrambe le parti sottoscrivono impegni importanti, in aggiunta ed al di sopra di quelli stabiliti da un rapporto commerciale di tipo convenzionale. Un accordo di franchising si basa sulla reciproca fiducia e le parti tendono in ogni momento ad evitare incomprensioni nelle relazioni fra di esse e nei confronti del pubblico in generale. La pubblicità di reclutamento sarà onesta e corretta. Non dovrà contenere ambiguità né essere in alcun modo ingannevole. Tutta la pubblicità dovrà corrispondere, tanto nella forma che nei contenuti, alle 154 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising leggi vigenti. L’eventuale pubblicità di reclutamento, che faccia riferimento diretto o indiretto a risultati, cifre o statistiche relative a reddito od ai profitti che possono essere previsti a favore del franchisee, sarà obiettiva, completa e verificabile, specialmente per quanto riguarda il territorio geografico e il periodo di riferimento. Qualunque informazione relativa agli aspetti finanziari dell’acquisto della franchise dovrà essere dettagliata in tutti gli aspetti ed indicare l’importo totale dell’investimento richiesto. Il franchisor selezionerà ed accetterà solo i candidati in possesso dei requisiti richiesti dal programma di franchise. Ogni eventuale discriminazione basata su tendenze politiche, sulla razza, lingua o religione o sesso, dovrà essere eliminata dai requisiti richiesti. È necessario ed inerente al franchising che l’accordo di base tra franchisor e franchisee sia sancito da un contratto scritto che definisca i diritti e gli obblighi delle parti in modo equo e tale da assicurare la buona gestione da parte sia del franchisor che del franchisee. Il contratto dovrà essere redatto in chiari termini e nella lingua madre sia del franchisor che del franchisee. 9. Regole sulla concorrenza – Restrizioni pattizie alla concorrenza – Disciplina antitrust. Il franchising, che è stato definito “contratto bilaterale d’impresa”11, instaura tra i due partner un rapporto di stretta collaborazione, che 11 Cfr.: A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000, p.150 e ss. 155 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising tuttavia, non può mai far venir meno l’indipendenza e l’autonomia giuridica esistente fra gli stessi; da ciò deriva che almeno potenzialmente gli interessi perseguiti potrebbero anche non coincidere. Ecco, allora, che entrano in gioco le regole sulla lealtà concorrenziale. La concorrenzialità non si misura in modo statico in rapporto alla posizione che l’imprenditore occupa sul mercato, bensì con riferimento alla possibilità di avere o di indirizzarsi alla stessa clientela (identità potenziale di clientela). Dunque, anche i rapporti tra franchisor e franchisee devono essere improntati ai criteri che i vari legislatori hanno posto a presidio della lealtà concorrenziale. Un ulteriore elemento è dato dalla presenza di una “rete” o “catena” di distribuzione, di modo che, come hanno dimostrato gli studi di marketing ed economici, il comportamento sleale del franchisor verso uno dei suoi franchisee può produrre effetti concorrenzialmente negativi anche sugli altri e per converso, il comportamento sleale di un franchisee può danneggiare non solo il franchisor, ma anche tutti gli altri franchisee. Per fare qualche esempio, basti pensare alla violazione dell’esclusiva da parte del franchisor, alla violazione del prezzo imposto da parte del franchisee, all’invasione di zona altrui, alla vendita di prodotti concorrenti, alla vendita di beni contrattuali ma venendo meno al rispetto degli standard qualitativi, allo sfruttamento del know-how al di fuori dei limiti stabiliti in contratto, alla fuga di segreti d’impresa, etc. Di solito, la tecnica contrattuale usata è sufficientemente articolata da specificare tutti questi punti nel contratto, sanzionandone la 156 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising violazione con la risoluzione accompagnata dall’obbligo risarcitorio, spesso preventivamente liquidato e chiamato impropriamente “penale”. Ora, il problema che si pone in proposito è quello di vedere se la violazione di qualcuno di questi impegni abbia una sanzione solo a livello contrattuale od anche a livello extracontrattuale e la giurisprudenza è ormai consolidata nel senso della cumulabilità dei due livelli di tutela, perché il contenuto degli impegni di facere e non facere assunti contrattualmente può validamente andare molto al di là di quelle che altrimenti sono le regole oggettive cui devono attenersi gli imprenditori nei reciproci rapporti. Naturalmente, anche a proposito del franchising si pone il problema di determinare, al di là della fattispecie la cui lealtà è tipizzata, il contenuto dell’obbligo di non avvalersi di mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale. Sicuramente si può dire che il settore ha già raggiunto in molti Stati un livello di aggregazione tale da consentire, almeno in via di prima approssimazione, l’individuazione di alcuni di questi principi. Per quanto riguarda in particolare le restrizioni pattizie alla concorrenza nel diritto italiano, c’è da dire che la perdurante mancanza di una legge antitrust ad hoc ha condotto alla conclusione che le limitazioni convenzionali della concorrenza sono ammesse purchè non superino i limiti fissati dall’art. 2596 c.c.: pertanto, clausole quali l’esclusiva territoriale e di prodotto, l’imposizione di prezzi, la ripartizione di mercati, non sono di per sé illecite. Pertanto, i limiti dell’art. 2596 c.c. valgono soltanto per le clausole restrittive autonome, 157 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising ma non più quando le restrizioni diventano funzionali o sono inerenti ad un contratto principale (ancillary restraint). È stato sostenuto che gli stesi limiti dell’art. 2596 c.c. potrebbero essere coartati dall’art. 41 della Costituzione, tutte le volte che si risolvessero in una restrizione alla libertà di iniziativa economica, ma la Corte Costituzionale, con sentenza del 16 dicembre 1982, n. 223, ha affermato che l’autolimitazione della libertà di concorrenza, se contenuta entro i limiti dell’art. 2596 c.c. non è in contrasto con l’interesse collettivo e pertanto non va contro l’utilità sociale di cui all’art. 41 Cost. In proposito il diritto italiano è improntato ad una grande libertà, che fa ritenere sicuramente lecite tutte le ancillary restraint, mentre per le non-ancillary i margini dell’art. 2596 c.c. sembrano sufficientemente ampi da garantire al franchisor spazi di tutela adeguati. Secondo un’opinione sostenuta di recente, l’art. 41 Cost. estrinsecherebbe un «principio di ordine pubblico economico inderogabilmente imposto all’osservanza dei privati anche nell’esercizio della loro autonomia negoziale». Alla stregua di tale impostazione, ogni comportamento volto a limitare «la libertà di accedere al mercato e di continuare ad operare in esso sarebbe illecito»; in particolare, costituirebbe atto contrario ai principi della correttezza professionale il rifiuto di contrarre da parte di un’impresa dotata di potere di mercato. L’opinione deve, però, fare i conti con le difficoltà del privato di conformare il proprio comportamento ad un concetto di “utilità sociale”, la cui conoscibilità non è proprio al di sopra di ogni discussione ove si prescinda da una sua concretizzazione ad opera del legislatore ordinario, 158 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising cui fa , del resto, riferimento lo stesso costituente con la previsione espressa di «programmi e controlli». È pur vero che i “programmi” fissati dal legislatore non esauriscono il concetto della “utilità sociale”, tuttavia, “utilità sociale” è concetto i cui limiti esterni dovrebbero essere tracciati in attuazione della politica economica statale. Difficoltà ancora maggiori devono essere affrontate nel tentativo di individuare eventuali strumenti di controllo del momento genetico del contratto da cui scaturiranno restrizioni per una parte. Ciò richiederebbe, infatti, una netta presa di posizione del costituente a favore di una struttura di mercato determinata, mentre, invece, tale scelta non è dato rinvenire nella norma, la quale si limita a porre il limite dell’utilità sociale (intendendo, con tale espressione, la “sicurezza, libertà e dignità umane”), onde, a ragione, si è escluso che la norma vada intesa nel senso di un obbligo dell’imprenditore privato di perseguire l’utilità sociale, ma solo del divieto di andare in contrasto con la stessa. D’altro canto, non pare agevole ritenere che lo strumento di controllo utilizzato in ambito comunitario (artt. 85 e 86 del Trattato) sia trasponibile in ordine a fattispecie puramente interne attraverso le norme di richiamo contenute negli artt. 2595 e 2598 c.c. Quanto all’art. 2595 c.c., è vero che non appare inevitabile ritenerne la caducazione con la caduta dell’ordinamento corporativo; resta da vedere se nel concetto di “legge” in esso contenuta si possa ricomprendere una normativa che è bensì entrata nell’ordinamento giuridico italiano attraverso la legge di ratifica dei Trattati, ma che è dettata per disciplinare comportamenti di rilevanza interstatuale o, in 159 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising altri termini, se una norma in bianco, che per sua natura presuppone l’esistenza di disposizioni suscettibili di darvi contenuto, sia in grado di svolgere una funzione creativa ampliando l’ambito originario di applicazione di norme destinate a disciplinare comportamenti di esclusiva rilevanza comunitaria. Perplessità analoghe, suscita il tentativo di qualificare comportamento scorretto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2598, n. 3, la violazione del disposto degli artt. 85 e 86. Questa costruzione presuppone la risposta positiva al quesito se la pura e semplice violazione di una norma di diritto pubblico costituisca in se stessa atto concorrenziale illecito. La rilevanza nazionale della normativa antitrust comunitaria già era stata pacificamente accolta, al fine di consentire l’irrogazione di sanzioni civili, per comportamenti che violavano tale normativa. Tale conclusione era giustificata dalla mancanza di un sistema sanzionatorio a livello europeo ed era prettamente circoscritta alla realizzazione, nella fattispecie concreta, della violazione delle norme comunitarie, che hanno nel «pregiudizio al commercio degli Stati membri» un elemento essenziale. Dunque, anche accogliendo tale opinione, non risulterebbe possibile ricavare dall’art. 2598, n. 3, la norma primaria volta ad impedire o a dichiarare illecite restrizioni contrattualmente pattuite, se non nel senso in cui, oltre agli altri elementi di cui agli artt. 85 e 86, si verifichi un pregiudizio al commercio tra gli Stati membri. 160 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Quale che sia, comunque, l’opinione che si accolga nella controversa materia, una considerazione conclusiva si impone: non si potrà mai pretendere di colmare completamente con la normativa comunitaria il vuoto costituito dalla mancanza, in Italia, di una normativa antitrust nazionale, e ciò non per i comportamenti di rilevanza comunitaria, bensì, per quelli di rilevanza esclusivamente interna. 10. Federazione Europea del Franchising12. Il franchising, per sua stessa natura, implica una rete di collegamenti e relazioni internazionali. In Europa, lo sviluppo del franchising viene promosso, rappresentato e difeso dalla Federazione Europea del Franchising, che allo stato attuale rappresenta 17 associazioni nazionali, ciascuna delle quali è l’organo ufficiale rappresentativo per il franchising nel Paese in questione. Tredici di questi Paesi fanno parte dell’Unione Europea (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Spagna, Svezia e Regno Unito); gli altri quattro sono: Norvegia, Ungheria, Svizzera e Slovenia. I membri delle associazioni nazionali includono franchisor, franchisee, esperti con interessi nel franchising aventi diversi background professionali (legali, esperti di sviluppo e marketing, pubblicitari, rappresentanti delle banche e delle compagnie assicurative). 12 Cfr.: www.opportunitalia.it 161 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising La Federazione Europea del Franchising, fondata nel 1972, ha come obiettivi la definizione di un approccio autoregolato al franchising per un suo uso buono e corretto. Inoltre, tenta di coordinare le azioni delle associazioni o federazioni nazionali, oltre a svolgere attività di studio e di promozione di questa pratica. 11. Il caso Pronuptia. Nell’ambito dell’ordinamento comunitario assume particolare rilievo la nota sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità del 28 gennaio 1986 sul caso Pronuptia, che costituisce la prima presa di posizione sul contratto di franchising13. La “casa parigina di abiti ed altri accessori per sposa Pronuptia” si era estesa sul mercato tedesco attraverso dei contratti di franchising. Un franchisee, per non pagare le royalty convenute, aveva sollevato l’eccezione di incompatibilità con le regole della concorrenza CEE di alcune clausole contrattuali: in particolare, l’obbligo di non fare pubblicità se non dietro approvazione del franchisor, gli obblighi relativi all’allestimento e all’immagine del punto di vendita ed alla sua localizzazione, l’obbligo di approvvigionamento esclusivo presso la casa madre. Il Bgh aveva, dunque, chiesto alla Corte di dire se questi contratti rientrassero o meno nei comuni contratti di concessione a vendere con esclusiva e, dunque, potessero godere o meno dell’esenzione per 13 Cfr.: A. FRIGNANI, Il franchising, Torino, 1990, p. 300. 162 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising categoria che l’allora vigente regolamento 67/67 prevedeva per questi ultimi. La Corte, nel rispondere al quesito, ha esaminato solo la fattispecie del contratto di franchising di distribuzione, individuandone il contenuto e tracciando la linea di demarcazione tra tale modello e la concessione di vendita. In questo contesto ha affermato che vi sono clausole che non costituiscono restrizioni alla concorrenza; per contro, sussistono clausole, come quelle che determinano una ripartizione dei mercati e quelle relative al prezzo imposto, che hanno per effetto la restrizione della concorrenza. La linea tracciata dalla Corte viene poi seguita dalla Commissione in alcune successive decisioni. Tali precedenti hanno costituito la base per il successivo Regolamento n. 4087/88 della Commissione del 30 novembre 1988, che ha previsto l’esenzione per categoria, ai sensi dell’art. 85, comma 3, del Trattato CEE, con riferimento a determinati accordi di franchising. Nel Regolamento, dopo la già citata definizione degli accordi di franchising, vengono distinti, in relazione al contenuto, vari tipi di franchising: «il franchising industriale che riguarda la produzione di beni; il franchising in materia di distribuzione che riguarda la vendita di merci; il franchising in materia di servizi che riguarda la prestazione, appunto, di servizi». Il Regolamento vale «per gli accordi di franchising nei quali una delle parti fornisce merci o presta servizi agli utilizzatori finali», mentre «non si applica agli accordi di franchising industriale». 163 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising Ai sensi dell’art. 1, § 3, lett. b, del Regolamento, per «accordo di franchising si intende un accordo col quale un’impresa, l’affiliante, concede ad un’altra, l’affiliato, dietro corrispettivo finanziario diretto o indiretto, il diritto di sfruttare un franchising allo scopo di commercializzare determinati tipi di beni e/o servizi. Esso comprende almeno gli obblighi connessi all’uso di una denominazione o di un’insegna commerciale comune e di una presentazione uniforme della sede e/o dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; alla comunicazione da parte dell’affiliante all’affiliato di un know-how; alla prestazione permanente, da parte dell’affiliante all’affiliato, di un’assistenza in campo commerciale o tecnico per la durata dell’accordo». L’esenzione vale in presenza dell’obbligo, imposto all’affiliante, entro un territorio determinato del mercato comune, di non trasferire in tutto o in parte il diritto di sfruttare il franchising; di non sfruttare direttamente il franchising; di non fornire direttamente i beni dell’affiliante a terzi. L’esenzione vale, altresì, in presenza dell’obbligo, imposto all’affiliato, di non stipulare accordi di franchising con affiliati fuori del suo territorio; di sfruttare il franchising solo operando dalla sede oggetto del contratto; di astenersi, al di fuori del territorio concessogli, dal ricercare clienti; di non produrre, né vendere, né utilizzare, nella prestazione di servizi, prodotti concorrenti. L’art. 3 elenca una serie di obblighi imposti all’affiliato: l’esenzione si applica anche in presenza di tali obblighi, nella misura in cui siano necessari per tutelare i diritti di proprietà intellettuale o industriale 164 CAPITOLO III – La disciplina del contratto di franchising dell’affiliante o salvaguardare la comune identità e la reputazione della rete in franchising. Per contro, in conformità all’art. 5 del Regolamento, l’esenzione non può applicarsi in presenza di determinate ipotesi. Ad esempio, l’esenzione non si applica qualora le imprese che producono beni o che prestano servizi che sono identici o sono considerati dagli utilizzatori come equivalenti dal punto di vista delle loro caratteristiche, prezzo e destinazione d’uso, aderiscano ad accordi di franchising rispetto a tali beni o servizi; oppure gli affiliati siano obbligati a non fornire nell’ambito del mercato comune i prodotti o servizi oggetto del franchising a determinati utilizzatori finali in funzione del loro luogo di residenza. Com’è noto, nell’ordinamento italiano, l’art. 2596 c.c. fissa le condizioni di validità dei patti limitativi della concorrenza: entro i confini stabiliti da tale norma , i patti in questione sono validi. Il quadro normativo ora richiamato, ha subito recentemente una notevole evoluzione attraverso l’introduzione nell’ordinamento italiano di una disciplina antitrust: la legge 10 ottobre 1990, n. 287, dal titolo “norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, ha disciplinato, sul modello delle regole comunitarie, le intese restrittive della libertà di concorrenza. Il contratto di franchising dovrà, pertanto, essere valutato anche alla luce di tale disciplina. 165 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi CAPITOLO IV Il franchising di servizi 166 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi SOMMARIO: 1. Franchising di servizi e franchising di distribuzione, cui corrispondono, rispettivamente, obbligazioni di facere e di dare. – 2. Il franchising di servizi. – 3. Franchising di servizi e franchising di distribuzione: differenze nell’ubicazione del punto di vendita ed analisi delle rispettive clientele. – 4. Il franchising misto, una commistione fra i due principali tipi di franchising: la prestazione di servizi può essere associata alla distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può richiedere la prestazione di servizi alla clientela. 167 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi 1. Franchising di servizi e franchising di distribuzione, cui corrispondono, rispettivamente, obbligazioni di facere e di dare. Prima di analizzare nel dettaglio il fenomeno del franchising di servizi e di coglierne gli elementi caratterizzanti e tali da distinguerlo dal franchising di distribuzione, è necessario richiamarsi, preliminarmente, alla corrispondente distinzione tra obbligazioni di facere e quelle di dare. Quando si parla di obbligazioni di facere, che costituiscono, nella maggior parte dei casi l’oggetto principale dei contratti di franchising di servizi, si fa riferimento ad un rapporto che presuppone una certa durata ed in cui l’adempimento della prestazione in un dato momento non esaurisce gli effetti del contratto, il quale impone sempre nuovi adempimenti per il periodo della sua durata in funzione del pieno soddisfacimento dell’utente del servizio. Basti pensare al contratto di agenzia immobiliare, ove, oggetto della prestazione dell’intermediario immobiliare è la consulenza nel suo specifico settore, o a quello di autonoleggio (cfr. Appendice), sebbene questo sia considerato un contratto di franchising di servizi sui generis, dal momento che oggetto del contratto non è solo un facere, ma, necessariamente, per rispondere alla causa del contratto, anche la messa a disposizione dell’utente di beni (le autovetture). Proprio questa continuità di relazione che intercorre tra colui che presta il servizio e coloro che ne usufruiscono, rende ancor più necessaria, nell’imprenditore, la presenza di requisiti di professionalità , capacità e serietà, essendo il franchising di servizi, come ogni negozio che si basi su prestazioni di facere, un contratto intuitu personae, 168 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi stipulato, cioè, in considerazione delle qualità personali di uno dei due soggetti. Di conseguenza, anche i corsi di formazione e perfezionamento organizzati dal franchisor per la preparazione e l’aggiornamento dei franchisee e per far sì che questi adegui la quantità e la qualità dei servizi a quelle della casa madre, acquista maggiore rilevanza nel contratto di franchising di servizi piuttosto che in quello di distribuzione, ove quello che più conta, invece, è solo che il franchisee rispetti l’obbligo di fornirsi del materiale necessario all’attività presso i fornitori indicatigli dal franchisor o il franchisor stesso. Le obbligazioni di dare, oggetto principale dei contratti di franchising di distribuzione, infatti, non richiedono necessariamente nell’affiliato quelle spiccate qualità personali che sono indispensabili, invece, nella prestazione e fornitura di un servizio, la cui qualità dipende e varia inevitabilmente dalla persona dell’imprenditore. La distribuzione, o vendita, è l’atto giuridico attraverso il quale, essenzialmente, anche se non esclusivamente, si realizza lo scambio, cioè, è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa verso corrispettivo di un prezzo. Da questo, si deduce che l’elemento principale per il buon esito dell’affare è la qualità del bene da trasferire, non già quel “savoir faire” che si richiede ad un fornitore di servizi. 169 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi 2. Il franchising di servizi. Il franchising di servizi è il rapporto che si instaura tra un’azienda che produca servizi (e talvolta anche prodotti collegati), dalla ristorazione alla computerizzazione, dalla intermediazione immobiliare a quella finanziaria, dall’attività alberghiera alla locazione di veicoli e via dicendo. Uno studioso francese ha effettuato una suddivisione che distingue il franchising che implica la presenza di un forte valore aggiunto e lo ha chiamato franchising di servizi di tipo terziario, da quello che implica un forte investimento finanziario ( che è molto simile al franchising di produzione) chiamandolo con un termine generico: di tipo alberghiero. Se volessimo schematizzare questo concetto, avremmo: regole di successo caratteristiche di tipo terziario di tipo alberghiero l’investimento è essenzialmente intellettuale e commerciale forte investimento materiale a grande sviluppo concorrenziale a sviluppo concorrenziale limitato es.: camere di hotel, informatica, noleggio camion, ecc. es.: noleggio auto es.: società di consulenza sviluppare la rete di franchising il più rapidamente possibile mantenere un alto livello innovativo Tab.1: Franchising di servizi. 170 offrire e mantenere un alto tasso di economicità dei capitali investiti CAPITOLO IV – Il franchising di servizi Bisogna distinguere il franchising di servizi di tipo alberghiero da quello di tipo terziario. La differenza sta tutta nella diversità di impegno finanziario richiesto per entrambi. Nel primo caso, l’investimento iniziale è notevole e richiede il mantenimento di un tasso di economicità molto elevato. Nel secondo, bisogna considerare i due aspetti in cui si configura il sistema: uno, che si presta ad uno sviluppo concorrenziale elevato, e l’altro, che necessariamente ha uno sviluppo competitivo limitato. Il primo è rappresentato da aziende molto flessibili, in quanto non richiedono un forte investimento iniziale e tutto è basato sull’immagine dell’azienda, per cui i costi sono soprattutto di promozione. La caratteristica di questo business è quella di avere un ROI (ritorno sugli investimenti) veloce, che significa grande liquidità che può essere poi reinvestita. Ecco perché questo particolare rapporto di franchising porta facilmente alla diversificazione, con conseguenti grandi vantaggi derivanti dal frazionamento dei rischi, dalle economie di scala nei costi promozionali e distributivi, dall’espansione flessibile e rapida. È il caso, ad esempio, di istituti di bellezza che diversificano la loro attività producendo articoli per la cura del viso e del corpo. Sono esempi significativi Yves Rocher, Becos’Club, Cellu Center ed altri. Si presta ad uno sviluppo concorrenziale limitato, invece, il franchising di servizi che non ha in sé elementi di differenziazione molto definita, come, ad esempio, uno studio professionale, dove è interesse dei consulenti che non vi sia una standardizzazione del loro lavoro, perché questo porterebbe ad un’eccessiva competitività. 171 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi 3. Franchising di servizi e franchising di distribuzione: differenze nell’ubicazione del punto di vendita ed analisi delle rispettive clientele. Il contratto di franchising è nato e si è sviluppato nella prassi, quindi, proprio da un’osservazione empirica è possibile cogliere le sue caratteristiche e gli elementi che macroscopicamente differenziano il franchising di servizi da quello di distribuzione. Il franchising di distribuzione. Considerazioni importanti sono da farsi per quanto riguarda l’aspetto logistico dei punti di vendita, in considerazione anche del target di clientela cui si rivolge il tipo di attività. Infatti, possiamo facilmente notare, volgendo anche lo sguardo per le vie della nostra città, che i punti vendita delle reti in franchising che si occupano della commercializzazione e della distribuzione dei prodotti, sono ubicati, prevalentemente e con insegne accattivanti, “su fronte strada” per essere visibili ai passanti, i quali potrebbero divenire potenziali clienti, attirati dal marchio noto, da un punto vendita curato nell’estetica e nei dettagli dell’allestimento e dal personale, spesso in divisa. Per fare qualche esempio, basti pensare ai negozi Benetton, Stefanel, o ai punti GS o COOP. Il franchising di distribuzione si rivolge, dunque, ad una fascia indistinta di consumatori ed è perciò necessaria una collocazione del punto di vendita che sia il più possibile evidente, centrale, strategica, in 172 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi modo da attirare un numero sempre maggiore di clienti, secondo quelle che sono le comuni regole del mercato e della concorrenza. Nella scelta dell’ubicazione del negozio è necessario prestare molta attenzione, quindi al contesto in cui si andrà ad operare: non bisogna sottovalutare il fatto che, normalmente, i prezzi dei prodotti venduti in franchising sono più alti di quelli di prodotti similari venduti in negozi che non appartengono ad una rete in franchising, dato che il prezzo proposto dall’imprenditore in franchising comprende anche i costi per l’allestimento dei locali in maniera uniforme con lo stile della casa madre, ed i pagamenti delle royalty. Non a caso, non hanno avuto successo franchisee che hanno “aperto” punti vendita in franchising in zone molto “commerciali”, ove è possibile acquistare lo stesso prodotto a minor prezzo, sebbene privo del marchio della catena in franchising. Un esempio è dato dai numerosi negozi Calzedonia che vendono gli stessi prodotti che commercializzano i negozi all’ingrosso ed i supermercati (l’identità dei prodotti è stata accertata confrontando i codici a barre), ad un prezzo circa tre volte superiore. Addirittura, sembrerebbe che i prodotti della stessa fabbrica seguirebbero due distinte strade: una, quella dei negozi all’ingrosso; l’altra, quella che apporrà sul capo di biancheria intima il marchio Calzedonia. È inutile dire che un punto vendita Calzedonia troverà fortuna solo laddove scarseggiano centri commerciali o negozi che, pur trattando gli stessi articoli, praticano prezzi più abbordabili perché non sostengono le spese che l’appartenere ad una rete in franchising comporta. 173 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi Lo stesso discorso vale, ad esempio, per i punti vendita Foot Locker, i quali immettono sul mercato articoli sportivi Nike, Reebok etc, a prezzi decisamente maggiori di quanto possa costare lo stesso articolo Nike in un negozio che non sia in franchising. Le valutazioni che il franchisee è tenuto a fare sull’ubicazione del punto di vendita sono, dunque, strettamente connesse all’oggetto della propria attività ed al target di clientela cui ci si vuole indirizzare. Nel caso del franchising di servizi, invece, il cliente è come fosse anche esso già “affiliato”, perché si riferisce ad un target di clientela già determinato. Il franchising di servizi riesce ad avere un minore impatto sul pubblico perché incide su di un bacino di utenza più selettivo, cioè, risponde alle esigenze di una determinata cerchia di persone. A questo proposito, pensiamo ai beauty center o centri estetici ( DIBI center, per citarne uno), che riservano i loro trattamenti di bellezza a clienti che richiedono un certo tipo di trattamento, oltre il singolo servizio che potrebbe fornire qualsiasi estetista anche a poco prezzo, e che, quindi, sanno già a priori che il prezzo non tradirà le aspettative di comfort delle clienti più esigenti. Questi centri estetici non necessitano, dunque, di una ubicazione “su fronte strada”, in quanto è la stessa clientela che cerca loro, attratta dal già noto logo e dalla qualità del servizio. Un’ubicazione strategica è richiesta, invece, per i punti vendita dall’attività di autonoleggio, la cui presenza sarà utile soprattutto nei pressi dei porti, degli aeroporti, delle stazioni ferroviarie o degli alberghi principali delle città. Sarà il singolo utente del servizio, poi, a scegliere la 174 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi qualità del servizio, preferendo il più costoso, ma anche più efficiente, marchio Avis piuttosto che il più economico marchio Maggiore: infatti, una ricca flotta di macchine di nuova immatricolazione ed il comodo servizio a domicilio, forniti da un personale serio e professionalmente qualificato, distinguono il prestigioso marchio Avis. 4. Il franchising misto, una commistione fra i due principali tipi di franchising: la prestazione di servizi può essere associata alla distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può richiedere la prestazione di servizi alla clientela. Nella realtà economica è possibile rinvenire una commistione tra il franchising di distribuzione e quello di servizi (è il caso del cosiddetto franchising misto): la prestazione di servizi può, infatti, essere associata alla distribuzione di prodotti ed il franchising di distribuzione può, viceversa, richiedere la prestazione di servizi (prae e post-vendita) per soddisfare al meglio tutte le esigenze della clientela. È questa, una tipologia di contratto di franchising, importata dagli Stati Uniti, che ha trovato, nell’esperienza italiana, vastissima diffusione. Sono sempre più numerose le imprese che per aumentare i profitti svolgono contemporaneamente attività di servizi e di distribuzione, e questo è possibile prevedendo, nell’oggetto sociale, accanto all’attività principale, altre attività potenzialmente da praticare, in modo che non sarà necessaria l’omologazione del notaio nel caso l’impresa decida di ampliare il suo oggetto sociale. 175 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi Il franchising di servizi rappresenta, dunque, l’esempio pratico e tangibile, del fatto che, spesso, franchising di distribuzione e di servizi convergono. Significativo, in proposito, è il caso delle profumerie, dotate, oggi, di un personale qualificato: non semplici banconiste, ma giovani estetiste che, avendo una preparazione nel settore, la mettono a disposizione del pubblico fornendo consulenza sui trattamenti estetici e sui cosmetici più adatti (fornendo, quindi un servizio) alle più diverse esigenze della clientela. In questo caso abbiamo visto come la prestazione di servizi sia stata associata alla distribuzione di prodotti fornendo una consulenza, prae e post-vendita alla clientela; ma vi sono anche casi in cui, viceversa, alla prestazione di servizi venga affiancata quella di commercializzazione. È il caso, questo, del cosiddetto mail-box, impresa che si frappone tra mittente e destinatario, svolgendo un’attività di comunicazione analoga a quella del servizio postale, che, a poco a poco, ha ampliato l’oggetto della sua attività, consistente, inizialmente, solo nella fornitura di un servizio, fino a creare una vera e propria attività di distribuzione di articoli di cancelleria, completamente indipendente da quella di comunicazione. Praticando, in tal modo, anche attività di distribuzione, alle imprese di mail-box si è posto il problema dell’ubicazione, richiedendo, in questo caso, il punto vendita, una maggiore centralità ed evidenza di quanto non fosse richiesta per la sola fornitura di un servizio. 176 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi Nuovamente utile ed esplicativo sarà tornare al contratto di autonoleggio con le sue diverse e consequenziali sfaccettature che derivano proprio dall’essere un contratto di franchising di servizi, a mio giudizio, sui generis. Infatti, l’obbligo, derivante dal contratto con la casa madre, di rinnovare la flotta di autovetture dopo un certo chilometraggio (circa 40.000 km) o dopo massimo un anno dall’immatricolazione, portano i partner dell’attività di autonoleggio a stipulare accordi ad hoc con le case costruttrici, come il buyback ed il turnback. Con il primo, l’imprenditore dell’attività di autonoleggio si impegna a restituire l’autovettura al produttore entro un termine prefissato (impegnandosi, in caso di mancato rispetto del termine, al pagamento di una penale); con il secondo, invece, la casa costruttrice autorizza l’affiliato esercente l’impresa di autonoleggio a vendere le autovetture dopo, però, almeno sei mesi di noleggio, per non ostacolare le vendite e non entrare in concorrenza con la casa costruttrice stessa. L’impresa di autonoleggio associa, in questo modo, alla fornitura di un servizio, che costituisce l’oggetto principale della sua attività, la vendita di un prodotto. Questo dimostra, come, spesso, o per motivi di concorrenza (come nel caso delle attività di autonoleggio), o per l’ampliamento dell’attività, (come nel caso delle imprese di mail-box), il franchising di servizi finisce per somigliare, almeno sostanzialmente, al franchising di distribuzione, del quale si trova a dover affrontare le stesse problematiche in tema di concorrenza ed ubicazione, e questo spiega 177 CAPITOLO IV – Il franchising di servizi anche l’assenza di una disciplina, o quantomeno di qualche clausola, specifica che si riferisca in particolare a questa tipologia di contratto di franchising, tanto diffuso nella prassi proprio per l’ampio spazio che riserva all’autonomia delle parti del contratto e per permettere loro di inserire liberamente clausole ad hoc in grado di regolare nel migliore dei modi i rapporti tra di esse, in relazione all’oggetto del contratto ed alle esigenze di territorialità. 178 Conclusioni Conclusioni 179 Conclusioni Le conclusioni intorno ad un tema ed una materia in così rapida evoluzione non possono che essere caratterizzate da una qualche provvisorietà: qualsiasi dato sistematico corre il rischio di apparire o troppo avanzato o troppo arretrato nei confronti di una pratica in rapida evoluzione e soggetta a repentini cambiamenti di rotta. La verità è che allorquando si esaminano forme nuove e peculiari di collaborazione fra imprese è difficile ricondurre il discorso in schemi rigidi e precostituiti. In effetti, da una parte, gli istituti tradizionali tendono a modificare i loro contenuti nel tentativo di adattarsi alle molteplicità delle esigenze diffuse nella prassi; dall’altra, le nuove ipotesi contrattuali fanno fatica ad iscriversi nella serie degli istituti preesistenti. Questo spiega anche perché la cooperazione tra imprenditori costituisce il risvolto simmetrico della competizione tra essi. Il che, indubbiamente, comporta non solo la difficoltà di tipizzare simili rapporti, ma impone l’esigenza di recuperare, senza manipolazioni o forzature eccessive, alcuni tratti di identità e di identificazione causale. In tal senso, si è innanzitutto provveduto ad un esame analitico e, si spera, il più possibile completo, di tutto quel complesso di pattuizioni che caratterizzano il franchising, avendo cura di distinguere secondo che il contratto afferisca ad un sistema produttivo, distributivo o di servizi. Invero, la distinzione, ormai ricorrente come dato di fatto, tra il franchising distributivo, produttivo e di servizi, non si impone solo per la diversità dei sistemi merceologici che il sistema integrativo tende a regolare, ma come dato contenutistico delle ipotesi negoziali in oggetto. 180 Conclusioni Questa tripartizione è stata tenuta sempre presente, anche se, in fondo, il franchising distributivo, per la sua maggiore diffusione, ha finito per fare la parte del leone, anche perché il franchising di servizi richiede caratteristiche troppo selettive, sia riguardo la selezione degli affiliati, sia riguardo la rigorosa professionalità che si richiede nei rapporti con l’utenza. Uno studioso francese ha effettuato una suddivisione che distingue il franchising che implica la presenza di un forte valore aggiunto e lo ha denominato franchising di servizi di tipo terziario, da quello che implica un forte investimento finanziario, chiamandolo con un termine molto generico: di tipo alberghiero. La differenza tra i due tipi sta tutta nella diversità di impegno finanziario richiesto per entrambi. Nel caso del franchising di servizi di tipo alberghiero l’investimento iniziale è notevole e richiede il mantenimento di un tasso di economicità molto elevato. Nel caso del franchising di servizi di tipo terziario bisogna considerare i due aspetti in cui si configura il sistema: uno che si presta ad uno sviluppo concorrenziale elevato e l’altro che necessariamente ha uno sviluppo competitivo limitato. Il primo è rappresentato da aziende molto flessibili in quanto non richiedono un forte investimento iniziale e tutto è basato sull’immagine dell’azienda, per cui i costi sono soprattutto di promozione. La caratteristica di questo business è quello di avere un ROI (ritorno sugli investimenti) veloce, che significa grande liquidità che può essere poi reinvestita. È il caso, ad esempio, di istituti di bellezza che diversificano la loro attività producendo articoli per la cura 181 Conclusioni del viso e del corpo. Sono esempi significativi Yves Rocher, Becos’ Club, Cellu Center ed altri. Si presta ad uno sviluppo concorrenziale limitato, invece, il franchising di servizi che non ha in sé elementi di differenziazione molto definiti, come, ad esempio, uno studio professionale, dove è interesse dei consulenti che non vi sia una standardizzazione del loro lavoro, perché questo porterebbe ad una eccessiva competitività. Il metodo prescelto nell’analisi ha fatto definitivamente naufragare il tentativo di rappresentare il franchising sotto un unico schema, ricorrendo indifferentemente ad uno dei tipi contrattuali predisposti dal codice civile, oppure ritenendo assorbente una causa di qualche negozio anch’esso atipico. Il complesso delle pattuizioni ricorrenti nei contratti è stato ricondotto ad unità, e non tanto sotto il profilo del loro contenuto o della funzionalizzazione dei singoli momenti negoziali. I singoli negozi di somministrazione, di prestazione di servizi, di licenze di marchio o di altro segno distintivo, di trasferimento di tecnologie e know-how, sono stati ritenuti dotati di causa propria, solo che, inseriti nel contesto negoziale più ampio del franchising, sono stati qualificati come momenti di attuazione e di completamento della ragione organizzativa ed associativa del vincolo. Il contratto di franchising si presenta, così, come un “contratto quadro”, in cui sono sistemate in maniera originale e riproducibile modalità di attuazione di réseaux distributivi o produttivi, elaborati anche grazie al concorso delle imprese affiliate, e che il franchisor mette 182 Conclusioni a disposizione di eventuali soggetti interessati a partecipare ad un sistema integrato. L’adesione a tale “organizzazione” comporta la fruizione di assistenza tecnica altamente specializzata, di centralizzazione di alcune funzioni di impresa ( ad esempio, pubblicità, contabilità o accesso ai mercati di capitale), di trasferimento di knowhow oltre, naturalmente, l’utilizzo dei segni distintivi del franchisor, rectius, indicanti il sistema organizzato, connessi alla somministrazione in esclusiva di prodotti di marca. L’adesione al sistema, oltre che obblighi pecuniari, comporta il rispetto delle condizioni di vendita, commercializzazione e produzione elaborati e consolidati nel corso della vita del rapporto associativo, tendenti a tutelare l’omogeneità della funzione integrativa, nell’interesse di tutti gli affiliati, oltre che dell’affiliante. Le catene di franchising costituiscono, dunque, una realtà consolidata ed in sempre maggiore espansione. Ma quello che è certamente uno dei fenomeni più rilevanti del panorama economico internazionale degli ultimi venti anni ha in sé mille anime, mille sfaccettature: da una parte comprende le grandi potenze multinazionali, dall’altra network limitati, ben più modesti. Da una parte sono in gioco giri d’affari “stellari”, dall’altra, opportunità per piccole imprese o singoli individui. Per garantirsi una visibilità è fondamentale avere una presenza sul Web: la rete non solo costituisce una possibilità concreta e diretta di stabilire contatti tra franchisor e franchisee, ma è una risorsa fondamentale in termini di informazioni, le quali diventano disponibili 183 Conclusioni ed accessibili a tutti. Oggi esistono online decine, se non centinaia, di database dei franchisor, divisi per marchi, per investimenti, per settori di attività. Posso concludere col dire, dunque, che il contratto di franchising risulta, indubbiamente, vantaggioso sia per gli imprenditori che per i consumatori, ma solo laddove il marchio sia affermato, noto e prestigioso in quanto queste qualità compenseranno sicuramente l’onerosità delle royalty per l’affiliato e nel contempo saranno garanzia di qualità e di efficienza per i consumatori. Assistiamo, però, ad un proliferare di catene di franchising, che pur non offrendo prodotti di grande qualità, sono costrette ad azzardare prezzi elevati, proprio per poter ammortizzare i costi che derivano dall’appartenere ad una rete di franchising. In questi casi il marchio non è più garanzia di affidabilità ed il consumatore sprovveduto, che spesso associa, invece, all’elevatezza del prezzo la garanzia di qualità del prodotto o del servizio, sarà “vittima del sistema”. Occorre quindi prestare molta attenzione nell’acquistare o nel servirsi presso punti vendita in franchising, perché non sempre c’è frammentazione dei costi di gestione, che andranno, invece, ad incidere sul prezzo di vendita, come ho su ampiamente dimostrato riferendomi al “caso Calzedonia”, laddove lo stesso articolo di biancheria intima (e l’identità è stata dimostrata confrontando i codici a barre) è offerto a prezzi sensibilmente diversi nei grandi magazzini e nei centri Calzedonia, e ciò ha portato numerosi punti vendita di questa rete al 184 Conclusioni fallimento (un esempio, nella città di Napoli, è offerto dalla chiusura del punto Calzedonia sito in via Tino da Camaino). 185 Bibliografia Bibliografia 186 Bibliografia A. BALDASSARRI, I contratti di distribuzione, mediazione, concessione di vendita e franchising, in I grandi orient. della giur. civ. e comm., Padova, 1992. M. BARBUTO, Il franchising nella distribuzione, in Società, 1990. P. BONANI, Cos’è e come si crea un sistema di franchising, in Il franchising, inserto del n. 18 di Consulenza, 1982. F. BORTOLOTTI, La tutela del know-how nell’ordinamento italiano, in Dir. Econ., 1970. M. BUSSANI e P. CENDON, I contratti nuovi, Milano, 1989. O. CAGNASSO, I contratti commerciali, in Tratt. di dir. comm. e di dir. pubb. dell’econ., vol. XVI, Padova, 1991. G. CERIDONO, I contratti di distribuzione, in Dir. priv. e eur., vol.II C. DILIDDO, Il nuovo regolamento dell’Associazione italiana di franchising, in Contratti, 1995. G. FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1999. A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Milano, 2000. ID., Il franchising, Torino, 1990. R. PARDOLESI, I contratti di distribuzione, Padova, 1995. A. SECA, Franchising e concessione di vendita a confronto, in Arch. civ., parte I, 2001. 187 Bibliografia V. STASOLLA, Il franchising. Lineamenti tecnoeconomici, Milano, 1992. E. ZANELLI, Il franchising di fronte all’ordinamento italiano: spunti per un’indagine comparatistica, in Riv. dir. ind., 1972. ID, Il franchising nella tipologia della concessione tra imprese, in A.A. V.V., nuovi tipi contrattuali e tecniche di redazione nella pratica commerciale, nei Quad. di giur. comm., Milano, 1978. Siti Internet. - www.assofranchising.it - www.fif-franchising.it - www.intervideo.it - www.italiafranchising.it - www.opportunitalia.it Decisioni. - Tribunale di Milano, 30 aprile 1982, Soc. Standa c. Soc. Arcobaleno Market, in Foro it., 1982, I, 2042. - Tribunale di Chieti, 29 ottobre 1987, Februo Stefano c. Stefanel S.p.A. - Tribunale di Lecce, 9 febbraio 1990, Pantaleo c. Benetton S.p.A., in Foro it., 1990, I, 2978. - Lodo arbitrale, Roma, 31 ottobre 1989, Toson S.r.l. c. Midal S.p.A. 188 Bibliografia - Pretore di Milano, 21 luglio 1992, Grimaldi S.p.A. c. Magatelli ed Effeci S.a.s. - Tribunale di Torino, 11 gennaio 1995, Istituto Ambrosiano Finanziario (I.A.F.) c. Fallimento Casamercato, 1995, II, 1065. 189 Appendice Appendice 190 Appendice Contratto di franchising di servizi: AVIS Autonoleggio S.p.A. Roma, 01 Luglio 1996 CONTRATTO DI CONCESSIONE TRA la AVIS Autonoleggio S.p.A., (in seguito “La AVIS”) con sede in Roma, Via Tiburtina, n. 1231 in persona del suo legale rappresentante Signor… (cod. fis…., partita I.V.A….) - E la Società SERVICAR S.R.L. (in seguito, il “Concessionario”) con sede legale in Napoli Via… Codice Fiscale/ Partita I.V.A….in persona del legale rappresentante Signor…, in possesso di licenza di autonoleggio senza conducente con il sistema viaggi a lasciare rilasciata dal Comune di Napoli. - - PREMESSO CHE l’AVIS Autonoleggio S.p.A. è licenziataria esclusiva per il territorio nazionale della Repubblica italiana, con facoltà di nominare concessionari, di una serie di diritti relativi ad un sistema per l’organizzazione dell’attività di autonoleggio di veicoli (qui di seguito, “Veicoli”), con o senza autista, di cui è proprietaria, licenziante ed esclusiva titolare la AVIS Rent a Car System, Inc., Società del Delaware (USA); il sistema di noleggio consiste, tra l’altro, in metodi operativi uniformi, contabilizzazioni, pubblicità, servizi, tessere di noleggio, genere ed ammontare delle coperture assicurative degli equipaggiamenti e dei Veicoli, di assistenza ai veicoli/cliente durante il noleggio, in regole di scelta del tipo e stile delle attrezzature, mobili ed apparecchiature da usare nello svolgimento dell’attività, diritto di usare i nomi e le espressioni “AVIS RENT A CAR SYSTEM” (sistema di noleggio AVIS) e “AVIS TRUCK RENTAL SERVICE” (servizio di noleggio autocarri AVIS), qui di seguito chiamati anche soltanto “Sistema Avis”, oltre a qualsiasi marchio di fabbrica AVIS usato nelle specifiche zone sotto indicate in nome della concedente. Il Concessionario desidera ottenere una concessione esclusiva per l’uso del sistema AVIS, ivi incluso il diritto ad utilizzare il marchio AVIS, per condurre l’attività di autonoleggio nella località e per il territorio specificati nel presente contratto; tanto premesso, SI CONVIENE E STIPULA QUANTO SEGUE: 1. la premessa è parte integrante e sostanziale del presente contratto. 2. Il presente accordo è disciplinato dalle seguenti condizioni che sono state tutte convenute ed accettate da ambo le parti. 3. OGGETTO DELLA CONCESSIONE : l’AVIS conferisce al Concessionario, che accetta, la concessione esclusiva per l’uso del Sistema AVIS e del marchio AVIS, da utilizzare al fine di svolgere, fermo restando quanto previsto ai successivi artt. 9.1 e 17, l’attività di autonoleggio di veicoli nel territorio delineato in rosso sulla mappa allegata al presente contratto, di cui ne viene a far parte integrante, come Allegato A (in seguito, “Territorio Autorizzato”). Il Concessionario potrà usare il Sistema AVIS soltanto per l’attività della propria impresa di autonoleggio, da svolgersi esclusivamente nelle stazioni ubicate nelle località analiticamente descritte nell’Allegato B (Ubicazione delle Stazioni). Nell’ambito del Territorio Autorizzato, il Concessionario potrà variare il numero delle stazioni o l’ubicazione delle stesse solo con il preventivo consenso scritto dell’AVIS. Il Concessionario potrà usare il sistema consenso scritto dell’AVIS. Il Concessionario potrà usare il sistema AVIS solamente per quanto attiene l’autonoleggio 191 Appendice dei veicoli presenti sul tariffario AVIS Nazionale in vigore durante il periodo di validità del contratto e nei limiti consentiti dalle norme vigenti nel “Territorio Autorizzato” di cui all’Allegato “A”. L’Autonoleggio di tali veicoli dovrà escludere operazioni che comportino autonoleggio ad un solo cliente di uno stesso veicolo per una durata globale che, sommando i periodi parziali, acceda i dodici mesi della vita utile del veicolo stesso. Restano, comunque, escluse dalla concessione le operazioni di locazione finanziaria. 4. DIRITTO DI ENTRATA/ GARANZIA FIDEIUSSORIA Il Concessionario corrisponderà all’AVIS la cifra forfettaria di Euro… determinata da AVIS proporzionalmente al valore del territorio assegnato. A garanzia del puntuale adempimento dei propri obblighi contrattuali, il Concessionario ha costituito fideiussione a favore dell’AVIS Autonoleggio S.p.A. per Euro…….con l’Istituto Banco di Napoli. Tale fideiussione avrà cessazione sei mesi dopo la scadenza del presente contratto o comunque sei mesi dopo l’eventuale risoluzione anticipata, qualsiasi ne sia il motivo o la causa. 5. DURATA DELLA CONCESSIONE Il presente contratto entra in vigore alla data della sua firma ed avrà una durata di due anni, salvi i casi di risoluzione anticipata di cui appresso. Alla scadenza dei due anni il contratto verrà rinnovato di anno in anno, salvo che una delle parti non comunichi all’altra la propria intenzione di non voler procedere al rinnovo almeno sei mesi prima della data di scadenza. 6. COMPAGINE SOCIALE DEL CONCESSIONARIO Il Concessionario s’impegna a produrre idonea documentazione da cui si evinca che il 100% del suo capitale sociale, alla data di stipulazione del presente contratto è di proprietà ed è controllato dalle seguenti persone o enti nelle percentuali appresso indicate: - Sig. ………. 33,33% - Sig. ………. 33,33% - Sig. ………. 33,33% e che tali persone o enti non venderanno, assegneranno o trasferiranno le loro quote o azioni sociali a chicchessia, con particolare riferimento ad altre imprese o entità appartenenti al Sistema AVIS, senza aver prima ottenuto il consenso scritto dell’AVIS, consenso che non sarà irragionevolmente negato. L’AVIS avrà facoltà di chiedere in qualunque momento al Concessionario la documentazione comprovante la composizione della compagine sociale del Concessionario. 7. AZIENDA DEL CONCESSIONARIO Il Concessionario si impegna a produrre alla data di firma del presente contratto, la documentazione e le dichiarazioni necessarie per l’accertamento della permanenza delle condizioni di insussistenza di provvedimenti e/o procedimenti previsti dalla vigente normativa antimafia ad i certificati dei carichi pendenti rilasciati dalla Procura presso il Tribunale e la Pretura competenti. Il Concessionario s’impegna, inoltre, a comunicare all’AVIS i nominativi delle persone che si occupano dei contatti con il pubblico o che comunque siano interessati per le loro mansioni alla vendita del Sistema AVIS, onde permettere alla stessa di accertare che tra essi non vi siano persone che hanno o abbiano avuto con l’AVIS controversie per concorrenza sleale o di natura penale o che operino contestualmente anche per le aziende concorrenti. A tale scopo il Concessionario s’impegna a produrre i relativi certificati dei carichi penali pendenti, garantendo altresì che alla data di stipula del presente contratto le seguenti persone occupano la posizione per ciascuno di loro indicate: - Sig. ……. - Sig. ……. E si obbliga, in caso di sostituzione delle stesse, ad avvertire l’AVIS affinché questa possa esprimere il suo parere per iscritto. 8. DIRITTI DELL’AVIS 192 Appendice - Il Concessionario riconosce, senza alcuna limitazione o riserva di qualsiasi specie o natura, la piena proprietà e titolarità in capo all’AVIS (come licenziataria esclusiva per l’Italia dell’AVIS Rent a Car Inc.) dei diritti relativi al Sistema AVIS, ed a ogni singola parte dello stesso, ivi inclusi, senza limitazione, stampati bollettini e relativi supplementi, moduli o altri documenti di volta in volta utilizzati, materiali pubblicitari, nonché diritti di autore, marchi e brevetti richiesti o concessi sia in Italia che all’estero. - Il Concessionario riconosce altresì il diritto esclusivo dell’AVIS di usare e concedere ad altri, a sua completa discrezione, il Sistema AVIS ed il marchio AVIS per lo svolgimento dell’attività di autonoleggio di veicoli al di fuori del Territorio Autorizzato. - Il Concessionario si obbliga a svolgere l’attività di autonoleggio dei veicoli in conformità con i metodi, le norme e le regole del Sistema AVIS. Di tali modificazioni l’AVIS darà comunicazione al Concessionario, il quale sarà tenuto alla immediata applicazione delle stesse. 9. OBBLIGHI DEL CONCESSIONARIO 9.1 Svolgimento dell’attività del Concessionario a. Il Concessionario si obbliga a condurre la propria attività di autonoleggio in maniera commercialmente corretta ed in osservanza delle leggi, norme e regolamenti vigenti nel Territorio Autorizzato (All. A), munendosi a tal uopo di tutte le prescritte autorizzazioni, concessioni e licenze e mantenendole in vigore per tutta la durata del presente contratto. L’AVIS non avrà alcuna responsabilità per violazioni di qualsiasi genere che dovessero essere commesse dal Concessionario nell’esercizio della propria attività di autonoleggio. 193 b. Il Concessionario dovrà, inoltre, uniformarsi alle direttive scritte e alle istruzioni contenute nel “Manuale del Concessionario” (cosiddetto Licensee Operational Manual L.O.M.), e7o in altri manuali, stampati, circolari o comunicazioni che di volta in volta potranno essere adottati dall’AVIS per lo svolgimento dell’attività di autonoleggio. c. Il Concessionario nello svolgimento della sua attività si obbliga ad onorare qualsiasi contratto avente condizioni speciali, stipulato dall’AVIS con clienti aventi rilevanza nazionale e/o internazionale, sempre che tale contratto speciale sia stato notificato al Concessionario. La notifica s’intende effettuata al momento in cui i dati relativi al contratto speciale verranno inseriti nel Sistema Informatico Wizard. Per il Concessionario non collegato al sistema, la notifica di tali contratti speciali avverrà a mezzo apposite circolari. d. Il Concessionario, in conformità con quanto previsto dalle procedure, è tenuto al rispetto scrupoloso dell’immagine AVIS nell’utilizzo degli arredi, delle insegne e delle divise, osservando altresì la massima pulizia ed il rispetto delle norme di sicurezza nel luogo ove svolge la propria attività. e. Il Concessionario s’impegna a provvedere a propria cura e spese a ricoverare, custodire e mantenere puliti gli autoveicoli dell’AVIS, di Concessionari e Affiliati della stessa secondo gli standard richiesti dall’AVIS, di effettuare i lavori di piccola manutenzione e tutte le piccole riparazioni (CAR CARE) addebitando tali importi ai proprietari degli autoveicoli. Il Concessionario non dovrà effettuare Appendice alcuna riparazione, che comporti una spesa, inclusi i pezzi di ricambio, superiore ai limiti di autorizzazione e ai preventivi di spesa previsti dalle circolari a tal uopo in vigore, senza aver prima ottenuto il consenso scritto dai proprietari delle auto e non dovrà utilizzare officine diverse da quelle loro indicate se non preventivamente autorizzato. Resta inteso che il Concessionario non farà alcuna riparazione o atto in contrasto alle norme contenute nella garanzia della fabbrica a copertura del veicolo. FLOTTA DEL CONCESSIONARIO Il Concessionario potrà utilizzare per lo svolgimento della sua attività esclusivamente veicoli rientranti per marca, modello e accessori nello standard AVIS. Al momento della firma del presente contratto, il Concessionario consegnerà un elenco di tutti i veicoli di sua proprietà, o in locazione finanziaria comunque facenti parte della sua flotta contrassegnati da un marchio d’uso di locazione a terzi senza conducente, veicoli muniti di libretto di circolazione/foglio di via e polizza assicurativa secondo i massimali indicati dall’AVIS. Il Concessionario è obbligato ad adottare la medesima procedura in caso di inserimento nella flotta di nuovi veicoli. I veicoli che possono essere inseriti nel Sistema dovranno essere esclusivamente di proprietà del Concessionario o comunque, se in locazione finanziaria, recanti la doppia intestazione. Resta ferma ed invariata l’obbligatorietà dell’Assicurazione per la Responsabilità Civile, con polizza a nome del Concessionario stesso ed in conformità con i massimali determinati dall’AVIS. 194 Il Concessionario userà nello svolgimento dell’attività di autonoleggio veicoli di anzianità non superiore ad un anno e comunque con una percorrenza non superiore a 25.000 chilometri per le autovetture. Per i veicoli destinati al trasporto di oltre 5 persone, l’anzianità non potrà essere superiore a 2 anni con una percorrenza massima di 60.000 chilometri. I veicoli destinati al trasporto di cose con massa complessiva a pieno carico non superiore a 6 t. dovranno avere un’attività non superiore a 24 mesi e/o non superiore a 120.000 chilometri; i veicoli della stessa categoria di cui sopra, del gruppo k, possono essere dati a noleggio solo se con attività non superiore a 36 mesi e/o non superiore a 150.000 chilometri. f. Il Concessionario nell’ambito del servizio di assistenza al cliente è tenuto alla eventuale sostituzione della vettura con mezzi in forza presso la sua stazione o, in mancanza, ad inoltrare una richiesta presso la stazione più vicina. g. Disservizi e lamentele segnalate dalla clientela al Concessionario dovranno essere da questi prontamente inoltrate all’AVIS, che rimane la sola ed unica autorizzata alla risposta. 9.2 Ispezioni da parte dell’AVIS Il Concessionario consente sin d’ora che l’AVIS senza preavviso durante l’orario di lavoro, ispezioni i locali ove il Concessionario svolge la propria attività, nonché tutti i veicoli utilizzati di sua proprietà, di proprietà AVIS e/o di altri affiliati e Concessionari. È consentito all’AVIS di esaminare e revisionare tutti i documenti (su supporto cartaceo o magnetico) del Concessionario che in qualsiasi modo siano correlati allo svolgimento dell’attività di autonoleggio. Appendice 9.3 Obblighi di esclusiva del Concessionario e divieto di associazione con altre organizzazioni a. Il Concessionario, per la durata del presente contratto, si obbliga a svolgere l’attività di autonoleggio esclusivamente ed interamente con l’AVIS ed in conformità col Sistema AVIS, come previsto nel presente contratto. b. Il Concessionario dichiara di non essere (e si obbliga a non divenire) associato, direttamente o indirettamente, o tramite qualsiasi società o altra entità da esso controllata e da cui esso Concessionario sia controllato in qualsiasi territorio anche diverso dal Territorio Autorizzato, di altra organizzazione internazionale o nazionale o regionale di noleggio di veicoli che sia in concorrenza con quella esercitata dall’AVIS e/o sue consociate o collegate estere. 9.4 Obbligo di collaborazione con AVIS, Affiliati ed altri Concessionari a. Il Concessionario dovrà collaborare con l’AVIS, con le sue consociate e collegate estere con gli altri concessionari e affiliati nel promuovere, pubblicizzare e tutelare anche a livello internazionale il Sistema AVIS, operando in modo tale da rendere noto il suo rapporto di concessione con l’AVIS. b. Il Concessionario si obbliga ad usare le insegne, il nome e gli altri marchi e segni distintivi del Sistema AVIS nella maniera e con il risalto specificati di volta in volta dall’AVIS, e a non usare altri marchi, nomi o segni distintivi non approvati. c. Il Concessionario si obbliga, a proprie spese, a far elencare il nome AVIS, con caratteri di rilievo, nella sezione alfabetica degli elenchi telefonici locali e nelle pagine gialle, così come sarà indicato dall’AVIS. 195 d. Il Concessionario incoraggerà e solleciterà i clienti a preferire esclusivamente il Sistema AVIS per i loro noleggi e trasmetterà all’AVIS ed agli altri concessionari e affiliati tutte le prenotazioni per noleggi da effettuarsi nelle località di loro competenza. e. Il Concessionario si obbliga altresì a collaborare con l’AVIS e con gli altri concessionari ed affiliati ai programmi promozionali sviluppati dall’AVIS. 9.5 Sistema Informatico Wizard Il Concessionario, su richiesta dell’AVIS si impegna a collegarsi con il Sistema Wizard, giusto contratto di “Licenza per l’utilizzazione del Sistema Telematico Wizard”. Per tale servizio, il Concessionario si impegna a rimborsare all’AVIS a far data dall’1 Luglio 1996 i costi per l’utilizzazione di tale sistema quantificati in £ 4.200 per contratto aperto (check out) fatta eccezione per i contratti imputati nel Sistema ed in seguito annullati e dalla firma del presente contratto £ 192.000 + IVA al mese quale contributo costi trasmissione dati. Tali costi saranno rivedibili con cadenza biennale a partire dall’1.1.1997, a seconda delle variazioni dei costi AVIS riferiti alle due voci summenzionate. 9.6 Programma “Noleggi a lasciare e rinoleggi” Il Concessionario si obbliga a partecipare al programma dell’AVIS “Noleggi a lasciare e rinoleggi”. a. Il Concessionario, quindi, si obbliga a permettere all’AVIS a agli altri concessionari e affiliati di rinoleggiare ai propri clienti veicoli di sua proprietà restituiti da altri clienti a fine noleggio presso stazioni dell’AVIS o di altri concessionari o affiliati. b. L’AVIS a sua volta permette, e si obbliga a far sì che gli altri Appendice c. d. e. f. concessionari e affiliati permettano che il Concessionario rinoleggi ai propri clienti i veicoli di proprietà dell’AVIS o di altri concessionari/affiliati restituiti da altri clienti a fine noleggio presso una stazione di noleggio del Concessionario. In caso di sostituzione di un veicolo di proprietà dell’AVIS o di altro Concessionario o Affiliato, a seguito di guasto o incidente, il Concessionario effettuerà la sostituzione con un proprio veicolo dello stesso gruppo e dovrà usare lo speciale modulo previsto per le sostituzioni e fatturare al proprietario del veicolo sostituito il relativo periodo di sostituzione, lasciando inalterata la tariffa del contratto fiscale originale. Il Concessionario che ha dato origine al noleggio fatturerà al cliente l’intero periodo di noleggio. Il Concessionario dovrà emettere fattura per tutti i noleggi iniziati presso la sua stazione, compresi quelli effettuati con veicoli non di sua proprietà. Il Concessionario sarà sempre responsabile dell’incasso degli importi dovuti dai clienti sui propri noleggi. In tali casi, ove il cliente si renda inadempiente, il noleggiante risponderà del pagamento rimasto insoluto nei confronti dell’AVIS e/o degli altri concessionari e affiliati proprietari del veicolo noleggiato tenendoli indenni da ogni responsabilità al riguardo. Salvo per i noleggi di cui al successivo art. 9.12 e purché tali noleggi siano relativi a clienti non inclusi nelle liste degli utenti morosi fornite dall’AVIS o dagli istituti che hanno emesso le carte di credito o vouchers utilizzati per il noleggio in questione, ogni qualvolta l’AVIS o un Concessionario o Affiliato 196 noleggi un veicolo del quale non sia proprietario ed il veicolo sia oggetto di appropriazione indebita, il noleggiante dovrà corrispondere al proprietario, purché questi abbia sporto querela, e su presentazione della relativa fattura, una somma pari al 40% del prezzo lordo recato dalla fattura d’acquisto, inclusi gli accessori di cui l’automezzo fosse stato eventualmente dotato. In caso di mancata riconsegna del veicolo alla scadenza del termine iniziale o di quello posticipato autorizzato, il Concessionario comunicherà tale evento al proprietario del veicolo entro tre giorni dallo stesso. g. La suddetta somma, tenuto conto dell’indisponibilità del veicolo e quindi del danno emergente e lucro cessante a danno del proprietario del veicolo, resterà acquisita dallo stesso anche qualora l’automezzo venisse successivamente ritrovato. Andrà, invece, restituita al noleggiante qualora la querela fosse rimessa in quanto il cliente ha dimostrato la propria buona fede, restituito il veicolo e pagato tutto quanto da esso dovuto; resta inteso che in quest’ultima ipotesi applicherà l’art. 9.7 (Compensi dovuti dal noleggiante proprietario). h. In tutti i casi in cui il cliente contro il quale è stata sporta querela per appropriazione indebita abbia versato una somma a titolo di deposito cauzionale all’atto del noleggio o abbia sottoscritto un ordine di pagamento con carta di credito, la somma oggetto del deposito o la somma il cui pagamento è garantito dall’istituto che ha emessola carta di credito in questione, rimarrà acquisita interamente al proprietario del veicolo. i. Nei casi in cui il veicolo oggetto di appropriazione indebita fosse stato Appendice noleggiato sulla base di Tessere di Noleggio rilasciate dall’AVIS, nessuna pretesa potrà essere fatta valere dal proprietario del veicolo, in relazione al noleggio in questione ed al veicolo noleggiato, nei confronti del noleggiante e neppure dell’AVIS. j. La denuncia per appropriazione indebita potrà essere sporta dal proprietario purché siano decorsi almeno 5 giorni dalla data in cui il cliente avrebbe dovuto riconsegnare il veicolo e non vi siano ragioni di ritenere che il cliente intenda riconsegnare il veicolo. 9.7 Compensi dovuti dal noleggiante al proprietario del veicolo Nei casi previsti al pregresso art. 9.6, la parte noleggiante non proprietaria dovrà tempestivamente notificare al proprietario del veicolo l’effettuazione del noleggio e versargli l’80% dei proventi di cui al successivo art. 9.11, nonché il 70% del corrispettivo del noleggio (calcolato secondo la formula tempo e chilometri o altra applicabile, al netto degli sconti ai clienti, dei proventi delle coperture integrative, delle spese di consegna e/o ripresa, delle particolari spese aggiuntive pari alla maggiorazione tariffaria praticata sui noleggi in partenza dagli aeroporti, ed al netto, altresì, dell’IVA e delle altre imposte comunque gravanti sul noleggio). Il proprietario del veicolo noleggiato, sia esso AVIS o Concessionario/Affiliato, fatturerà l’importo di cui sopra al noleggiante che dovrà effettuare il pagamento a ricevimento fattura. Nell’ambito del sistema di cessione del credito di cui al successivo art. 9.12, l’AVIS acquisterà il 100% dell’importo del noleggio addebitando al Concessionario la percentuale di sua spettanza. 197 Nel caso che un veicolo AVIS sia noleggiato a tariffa plurimensile, la proprietaria del veicolo avrà diritto al 90% della tariffa al netto di IVA e benzina. 9.8 Lettere di Noleggio a. Il Concessionario si obbliga ad usare quale unico documento contrattuale per i propri autonoleggi le Lettere di Noleggio standard AVIS recanti la progressione numerica assegnata, obbligandosi, altresì, ad approvvigionarsi esclusivamente presso i fornitori indicati dall’AVIS. È fatto obbligo al Concessionario d’imputare tutti i noleggi nel Sistema Informatico Wizard. Il Concessionario non collegato al Sistema dovrà inviare tutti i contratti di noleggio alla stazione madre dell’anno di appartenenza per l’inserimento nel Sistema stesso. b. È fatto obbligo al Concessionario di conservare tutte le lettere di Noleggio utilizzate o meno, ovvero annullate, in progressione numerica così come assegnate e per un periodo di 3 anni dalla data in cui è cessato il rapporto con l’AVIS, fatti salvi gli obblighi di legge in tema fiscale. Il Concessionario, se richiesto, fornirà all’AVIS copia di tali Lettere di Noleggio secondo la progressione numerica assegnata dall’AVIS stessa. 9.9 Tariffe del Concessionario Qualora il Concessionario e/o l’AVIS ritengano opportuno applicare un sistema di tariffazione promozionale locale, questa dovrà essere concordata preventivamente per iscritto tra le parti. Il Concessionario potrà esporre e pubblicare le tariffe promozionali locali utilizzando unicamente gli stampati e/o le forme di comunicazione approvati dall’AVIS. Il Concessionario comunicherà all’AVIS per iscritto con almeno 30 Appendice giorni di anticipo la intenzione di modificare le proprie tariffe. 9.10 Copertura assicurativa obbligatoria a. Fermi restando gli obblighi assicurativi di legge per la responsabilità civile verso terzi derivante dalla circolazione dei veicoli, il Concessionario dovrà assicurare tali veicoli con primaria compagnia d’assicurazione, di gradimento dell’AVIS, per i massimali specificati da quest’ultima. Il Concessionario s’impegna ad inviare copia della polizza assicurativa contratta per ciascun veicolo posseduto, e ne modificherà i massimali in conformità con le raccomandazioni dell’AVIS. b. Il Concessionario s’impegna, inoltre, a risarcire e tenere indenne l’AVIS, la sua Casa Madre, le sussidiarie, affiliate e concessionarie da qualsiasi perdita, costo, responsabilità e spese, compresi gli onorari di avvocato sostenuti ed affrontati in relazione all’attività del Concessionario, salvo che il fatto non sia da attribuire alla responsabilità dell’AVIS o dei suoi dipendenti. 9.11 Esonero di responsabilità a. Il Concessionario si obbliga a concedere ad ogni cliente che noleggia un veicolo e agli altri utenti autorizzati alla guida del veicolo noleggiato, senza oneri aggiuntivi, l’esonero automatico da tutte le responsabilità per furto e per danni del veicolo noleggiato causati da collisione o ribaltamento eccedenti i limiti che verranno specificati dall’AVIS, nonché, senza limiti, per danni di incendio. b. Il Concessionario dovrà consentire al cliente di ottenere una riduzione delle responsabilità di cui al precedente paragrafo (ai livelli ed a un costo supplementare non 198 superiore a quello indicato dall’AVIS). c. L’AVIS Autonoleggio, subordinatamente alla sottoscrizione, da parte del cliente delle polizze assicurative Pai e Superpai, coprirà con apposita polizza assicurativa i veicoli del Concessionario per danni alla persona del cliente e dei terzi trasportati. Il Concessionario si impegna ad offrire questa copertura ai propri clienti trattenendosi il 50% dell’incasso in caso di vendita con copertura assicurativa standard (PAI) e del 40%, in caso di copertura super (SUPERPAI) e assicurazione bagaglio. 9.12 Tessere di Noleggio standard ed altri conti a. Il Concessionario si obbliga a riconoscere ed onorare, secondo le regole e procedure che l’AVIS potrà di volta in volta prescrivere, tutte le tessere di Noleggio standard emesse dall’AVIS, gli Acto e tutti i vouchers forniti da AVIS aventi valore facciale determinato, andranno onorati dietro qualificazione del cliente, come per i noleggi cash. Dovranno, altresì, essere onorati dal Concessionario gli altri titoli rilasciati o emessi dall’AVIS e/o dalle sue consociate estere. Il Concessionario dovrà concedere ai clienti che presentino tali tessere, Acto, carte di credito o vouchers (con le esclusioni di cui sopra), gli sconti o le tariffe/condizioni fissati di volta in volta dall’AVIS e/o dalle sue consociate estere. b. Nei casi di cui al precedente punto a. l’AVIS, subordinatamente alla verifica del rispetto delle norme e procedure AVIS relative all’accettazione clienti, acquisterà pro solvendo dal Concessionario che si obbliga a cederli, i crediti derivanti da noleggi e rinoleggi (di cui al precedente art. 9.6) da esso Appendice effettuati sulla base di Tessere di Noleggio standard, Acto, vouchers (come sopra descritti) e/o altri titoli rilasciati o emessi dall’AVIS e/o sue consociate estere, ad esclusione dell’ipotesi di appropriazione indebita di cui all’art. 9.6 “Noleggi a lasciare e rinoleggi”, applicando una commissione del 4% sul totale dei crediti ceduti. c. L’AVIS, subordinatamente alle verifiche di cui sopra, acquisterà pro solvendo dal Concessionario, mediante fatturazione separata, tutti i crediti che esulino dalle voci specificamente sottoscritte dal cliente al momento del noleggio. d. L’AVIS non si assume alcuna responsabilità né si obbliga a man levare e tenere indenne il Concessionario in relazione all’incasso o al mancato incasso dei corrispettivi dei noleggi da esso effettuati onorando carte di credito, vouchers, o altri titoli non rilasciati emessi dall’AVIS benché la stessa abbia disposto che questi vengano riconosciuti e onorati dai concessionari, a meno che regole e procedure emanate dall’AVIS non prevedano diversamente in modo specifico. 9.13 Pagamenti mensili – Modalità di pagamento Il Concessionario dovrà pagare all’AVIS, entro 30 gg. dalla data di emissione dell’estratto conto, gli importi di volta in volta dovuti ai sensi del presente contratto e dovrà istituire un sistema di addebito diretto sul conto bancario che il Concessionario indicherà per il pagamento di tutte le somme ad essa dovute. In caso di mancato pagamento di quanto dovuto all’AVIS, questa, senza pregiudizi per qualsiasi altro diritto, potrà compensare in tutto o in parte le somme dovutegli con i crediti che il Concessionario dovesse vantare all’epoca nei suoi confronti. Per i pagamenti effettuati in ritardo saranno dovuti gli interessi al tasso prime rate ABI maggiorato di tre punti e mezzo. È in facoltà dell’AVIS di risolvere immediatamente il presente contratto senza preavviso nell’ipotesi in cui la esposizione debitoria del Concessionario raggiunga un importo superiore all’80% della fideiussione rilasciata. 9.14 Pubblicità Il Concessionario dovrà investire per pubblicità e promozione, per ogni anno di vigenza del presente contratto non meno del 2,5% dell’importo totale del fatturato, al netto di benzine ed IVA, prodotto dalle stazioni presenti sul territorio autorizzato. Tale percentuale verrà ripartita nel seguente modo: 1,25% quale contributo per la campagna pubblicitaria nazionale promossa da AVIS, ed il restante 1,25% quale promozione pubblicitaria a livello locale. Sono esclusi, da tale investimento, i costi relativi ai materiali di supporto di cui ai punti 12.2, 12.4 e 12.5, nonché l’inserimento del marchio AVIS negli elenchi telefonici di cui al paragrafo 9.4. Tale pubblicità e promozione dovrà essere preventivamente concordata con l’AVIS sia per le forme ed i contenuti, sia per i mezzi d’informazione. La produzione di tali materiali, dei tariffari locali e simili, dovrà essere effettuata tramite l’AVIS, con fornitori da questa designati e con fatturazione diretta dal fornitore al Concessionario. 10. CORRISPETTIVI DELLA CONCESSIONE I corrispettivi dovuti dal Concessionario all’AVIS per la concessione prevista nel presente contratto sono fissati nell’allegato E (Corrispettivi della Concessione). Tali corrispettivi verranno determinati in relazione ai veicoli di proprietà del Concessionario di cui al successivo paragrafo 11 e suddivisi per il pagamento in canoni mensili. Il Concessionario sarà tenuto alla liquidazione e 199 Appendice pagamento dei suindicati canoni mensili, secondo le modalità stabilite all’art. 9.1 che precede. 11. VEICOLI DEL CONCESSIONARIO – PIANO DEL MINIMO GARANTITO Il Concessionario, per ogni annualità relativa al presente contratto, dovrà avere disponibili, per lo svolgimento dell’attività di autonoleggio, il numero minimo medio di veicoli indicati nell’allegato F (Flotta del Concessionario), conformi a quanto specificato nell’art. 9.1 (Flotta del Concessionario) che precede. Il Concessionario si obbliga a concordare con l’AVIS ogni 4 mesi il numero minimo medio di veicoli ed i requisiti della propria flotta, per la quale esso si impegna a corrispondere all’AVIS con il consuntivo di ciascun anno i corrispettivi della Concessione di cui all’art. 10, all. E, e le relative somme a conguaglio con un minimo garantito di £ 66.474.000. Tale cifra, a decorrere dal primo gennaio successivo alla data di stipula del presente contratto, sarà rivalutata di una percentuale pari a quella dell’aumento del costo della vita su base annuale (indice ISTAT dei prezzi al consumo) per l’adeguamento concordato del numero e composizione minima media dei veicoli. 12. OBBLIGHI DELL’AVIS 12.1 Consulenza al Concessionario L’AVIS metterà a disposizione del Concessionario, personale competente e/o organizzazioni professionali convenzionate, per fornire consulenza sui temi pubblicitari, promozionali, operativi e di sviluppo dell’attività del Concessionario nel proprio territorio. 12.2 Insegne, Loghi AVIS e Terminale Wizard L’AVIS metterà a disposizione del Concessionario le insegne luminose, il terminale Wizard, i loghi AVIS, nonché i cassonetti luminosi per diafanie indicati ed inventariati nell’Allegato D. L’AVIS si riserva il diritto di modificare in qualunque momento le insegne, i loghi, il sistema Wizard e quanto sopra. 200 12.3 12.4 12.5 12.6 Tutti i materiali forniti dovranno essere mantenuti a cura e spese dell’AVIS alla cessazione del presente contratto per qualsiasi ragione. Il Concessionario autorizza fin d’ora l’AVIS a far ritirare le insegne, i loghi e quant’altro di Sua proprietà da un suo incaricato. Assistenza negli approvvigionamenti L’AVIS fornirà al Concessionario l’assistenza necessaria per l’acquisizione delle attrezzature (compresi i veicoli) delle forniture e dei servizi necessari per lo svolgimento dell’attività di autonoleggio. L’arredo dell’ufficio dovrà rispettare l’immagine AVIS come da capitolato fornito dalla stessa. Pubblicazione di stampati e moduli AVIS metterà a disposizione del Concessionario, tramite vendita al costo o in altro modo conveniente, stampati e moduli da utilizzare nello svolgimento dell’attività di autonoleggio. Le spese di spedizione e/o trasporto dei materiali sono interamente a carico del Concessionario destinatario dei beni. Uso dei nomi commerciali AVIS L’AVIS permetterà al Concessionario per l’intera durata del presente contratto, di svolgere la propria attività di autonoleggio utilizzando anche negli elenchi telefonici, i marchi e le espressioni “AVIS”, “AVIS Autonoleggio” e “AVIS System”, a condizione che: a. le forme vengano preventivamente autorizzate da AVIS; b. tali nomi ed espressioni siano sempre seguiti dalla parola “Concessionario”; c. il Concessionario non utilizzi i nomi e le espressioni sopra indicate o qualsiasi variante di questi nella propria ditta, ragione o denominazione sociale o nella intestazione dei propri veicoli. Pagamenti mensili – Modalità di pagamento Appendice L’AVIS effettuerà il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente contratto, entro 30 giorni dalla data di emissione del relativo estratto conto, mediante bonifico bancario sul conto indicato dal Concessionario. 13. FACOLTA’ DELL’AVIS DI APPORTARE MODIFICHE AL SISTEMA L’AVIS espressamente si riserva il diritto di modificare, nei tempi e nei modi ritenuti più opportuni, il Sistema AVIS o qualsiasi parte di esso, incluse applicazioni informatiche, moduli, stampati, bollettini, Lettere di Noleggio standard e ogni altro documento connesso. Il Concessionario si obbliga sin d’ora ad accettare ed adottare immediatamente tutte le modifiche di volta in volta effettuate dall’AVIS. Eventuali miglioramenti del Sistema sviluppati dal Concessionario dovranno essere offerti all’AVIS a titolo gratuito e, se adottati dall’AVIS, diverranno proprietà dell’AVIS, che potrà includere tali miglioramenti nel sistema AVIS e depositare, registrare o brevettare tali miglioramenti a suo nome, come ritenuto più opportuno. Il Concessionario non avrà diritto ad usare tali miglioramenti se non nell’ambito del Sistema AVIS ed a mero titolo derivativo per la durata del presente contratto. 14. CESSIONE DEL CONTRATTO Il Concessionario consente sin d’ora che l’AVIS possa cedere il presente contratto, ovvero parte dello stesso, a persona o enti di scelta dell’AVIS, con efficacia decorrente dalla notifica della cessione. Il Concessionario non potrà cedere il presente contratto in tutto o in parte a terzi, senza il preventivo consenso scritto dell’AVIS. 15. CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA 15.1 Fermi restando, per ciascuna parte, i rimedi di legge in caso di inadempimento dell’altra parte, l’AVIS potrà invocare la risoluzione espressa del presente contratto nei seguenti casi: a. nel caso di insolvenza, liquidazione, fallimento o altra procedura concorsuale, a cui il Concessionario venga sottoposto o chieda di essere ammesso, o per la quale sia proposta istanza, oppure nel caso in cui il Concessionario ceda anche parte dei propri beni ai creditori, o sia addivenuto ad un qualsiasi concordato con gli stessi; b. nel caso in cui la Flotta del Concessionario non raggiunga i minimi concordati con l’AVIS ai sensi dell’art. 11; c. nel caso in cui una qualsiasi delle autorizzazioni, concessioni, permessi o licenze necessari per lo svolgimento dell’attività del Concessionario (di cui al precedente art. 9.1), sia negata, revocata, annullata, sospesa o interrotta, oppure il libero e continuativo esercizio di tale attività sia limitato o impedito in maniera tale da interessare l’assetto finanziario e operativo del Concessionario; d. nel caso in cui il Concessionario assegni o trasferisca quote od azioni sociali senza il preventivo consenso scritto dell’AVIS; e. nel caso in cui il Concessionario sia inadempiente anche ad uno soltanto degli obblighi previsti negli artt. 8, 9.1, 9.3, 9.4, 9.6, 9.7, 9.8, 9.10, 9.12, 9.13 e 14. 15.2 In tutti i casi di cui sopra, l’AVIS potrà intimare al Concessionario la risoluzione espressa del contratto a mezzo telegramma o lettera raccomandata a r., specificando i motivi della risoluzione che avrà efficacia immediata. 16. CONSEGUENZE DELLA CESSAZIONE DEL CONTRATTO ANCHE IN CASO DI CONTROVERSIA a. Alla cessazione del presente contratto, per qualsiasi ragione, anche in caso di controversia, fermo restando gli altri obblighi di legge, il Concessionario avrà l’obbligo di cessare immediatamente l’utilizzazione del Sistema AVIS e dei marchi AVIS, nonché dei materiali forniti 201 Appendice ai sensi del presente contratto, ivi compresi i moduli, gli stampati, i bollettini e gli altri materiali, gli slogans, i simboli, le espressioni di cui agli artt.12.3 e 12.5 o qualsiasi combinazione di parole, immagine o colori simili a quelli del Sistema AVIS. Il Concessionario s’impegna ad annullare, alla presenza di un rappresentante AVIS, tutte le Lettere di Noleggio utilizzate, fatti salvi gli obblighi di legge in tema fiscale. Il Concessionario dovrà restituire immediatamente all’AVIS tutti i moduli, il materiale pubblicitario, gli stampati, i manuali operativi ed i bollettini con le informazioni commerciali sui clienti, ricevuti a suo tempo dall’AVIS e non utilizzati o annullati. L’AVIS rimborserà al Concessionario quanto da esso a suo tempo pagato per tali materiali. b. Il Concessionario si obbliga ora per allora al fine di salvaguardare l’avviamento dell’AVIS, ad astenersi dallo svolgere nel territorio autorizzato, direttamente o indirettamente, anche tramite persone o enti da esso controllati o ad esso collegati, ovvero che abbiano il controllo di esso Concessionario per un periodo di 12 mesi dopo la cessazione del presente contratto, qualsiasi attività in concorrenza con quella dell’AVIS, in particolare quella di autonoleggio di veicoli del tipo e categoria indicati nell’Allegato C “Veicoli del Concessionario”. 17. CONTRAENTI INDIPENDENTI Il presente contratto è concluso tra imprenditori indipendenti. Esso non implica o determina alcuna nomina del Concessionario ad Agente o rappresentante dell’AVIS. Il Concessionario riconosce di non aver potere alcuno di rappresentanza dell’AVIS e si obbliga a non comportarsi in maniera tale da ingenerare nei terzi la convinzione che esso Concessionario abbia il potere di rappresentare l’AVIS. 18. CARATTERISTICHE DEL PRESENTE ACCORDO Il presente contratto sostituisce tutti gli accordi precedenti, sia scritti che verbali, intercorsi tra le parti, eccezion fatta per il contratto di Licenza per l’utilizzazione del Sistema Telematico Wizard di cui all’art. 9.5 che precede. Esso potrà essere modificato soltanto con il consenso scritto di entrambi i contraenti. I titoli degli articoli e dei paragrafi sono stati inseriti solamente per comodità e non potranno influire sulla corretta interpretazione e applicazione del contratto. 19. COMUNICAZIONE E AVVISO Comunicazioni e avvisi previsti nel presente contratto saranno dati mediante scritto firmato dalla parte interessata, recapitato per posta raccomandata all’indirizzo indicato nell’intestazione del presente contratto. In casi di particolare urgenza o qualora si rendesse difficile l’inoltro della raccomandata, tali comunicazioni potranno avvenire anche a mezzo telegramma. Ognuna delle parti potrà modificare il proprio indirizzo dandone comunicazione all’altra nei modi sopra indicati. 20. CLAUSOLE CONTRARIE ALLA LEGGE Qualsiasi clausola del presente contratto che risulti essere contraria alla legge, non inficerà in alcun modo la validità delle clausole da essa indipendenti. 21. ARBITRATO Ogni controversia che dovesse insorgere sull’interpretazione, validità, esecuzione o risoluzione del presente accordo, e comunque ad esso relativa nel caso di mancata definizione amichevole, sarà devoluta in via esclusiva ad un collegio di 3 arbitri, nominati uno da ciascuna delle parti, e il terzo, che avrà funzioni di Presidente, dai primi due. La parte che intende proporre l’arbitrato deve comunicare all’altra la nomina del proprio arbitratore e le domande che intende proporre con lettera raccomandata r.r.. L’altra parte deve provvedere allo stesso modo entro 10 giorni dal ricevimento della comunicazione. Gli arbitratori così nominati hanno un termine di 20 giorni dal giorno in cui la parte istante per l’arbitrato ha ricevuto la comunicazione dall’altra parte per nominare il terzo arbitratore. 202 Appendice Nel caso la nomina di uno o più arbitratori non sia stata fatta nei termini di cui sopra descritti, essa sarà fatta dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma su istanza della parte diligente, contestualmente comunicata all’altra parte con lettera raccomandata. Il Collegio, che avrà sede in Roma. Agirà come comune mandatario delle parti a definire e transigere la controversia secondo equità. Il Collegio potrà, dunque, disporre i più opportuni mezzi istruttori senza formalità di procedure e comunicherà alle parti con lettera raccomandata spedita entro 90 giorni dalla sua costituzione, la propria determinazione motivata, assunta a maggioranza, che avrà per le parti l’efficacia vincolante di un accordo contrattuale fra loro direttamente intervenuto. La presente clausola arbitrale non precluderà alle parti il ricorso alla Autorità Giudiziaria competente per l’ottenimento di provvedimenti cautelari. Le parti indicano, sin d’ora, come Foro competente, quello di Roma. 22. ULTERIORI DOCUMENTI Su richiesta dell’AVIS, in qualsiasi momento, il Concessionario dovrà sottoscrivere tutti gli altri documenti, anche di carattere contrattuale, necessari o utili per una migliore esecuzione del presente contratto, ivi inclusi documenti da presentare presso l’Ufficio Centrale Brevetti, o presso altra autorità amministrativa. 23. REGIME FISCALE DEL CONTRATTO Le parti si danno reciprocamente atto che le prestazioni oggetto del presente contratto, sono soggette ad IVA. Pertanto, il presente contratto è soggetto all’imposta di registro nella misura fissa. Roma, 20 Febbraio 2002 Oggetto: Modifiche ed integrazioni al contratto di Concessione In relazione al contratto di Concessione tra noi in essere stipulato in data 01.07 1996 e successive modifiche datate 01.07.1998, 14.06.1999, 06.08.1999, 26.01.2000, 01.12.2000, 01.01.2001 e 06.07.2001, a far data dal 1° Aprile 2002, lo stesso si dovrà intendere così modificato: 1) L’articolo “11. VEICOLI DEL CONCESSIONARIO – PIANO DEL MINIMO GARANTITO” è sostituito con il presente (in grassetto le modifiche). 2) Il Concessionario, per ogni annualità relativa al presente contratto, dovrà avere disponibili, per lo svolgimento dell’attività di autonoleggio, il numero minimo medio di veicoli indicati nell’allegato F (Flotta del Concessionario), conformi a quanto specificato nell’art. 9.1 (Flotta del Concessionario) che precede. Il Concessionario si obbliga a concordare con l’AVIS ogni 4 mesi il numero minimo medio di veicoli ed i requisiti della propria flotta, per la quale esso si impegna a corrispondere all’AVIS a consuntivo di ciascun anno i corrispettivi della Concessione di cui all’art. 10, all. E, e le relative somme a conguaglio con un minimo garantito di euro 164.863,11. Tale cifra, a decorrere dal primo gennaio successivo alla data di stipula del presente contratto, sarà rivalutata di una percentuale pari a quella dell’aumento del costo della vita su base annuale (indice ISTAT dei prezzi di consumo), più l’adeguamento concordato del numero e composizione minima media dei veicoli. 3) Le parti dichiarano che le modifiche come sopra riportate diventano integrante e sostanziale del contratto sottoscritto in data 01. 07. 1996. 203 Appendice Contratto di franchising commerciale: BATA CONTRATTO DI AFFILIAZIONE COMMERCIALE TRA COMPAR S.p.A. con sede legale in Limena (PD), partita IVA e cod. fisc.……, capitale sociale Lit. 12.000.000.000. C.C.I.A.A. di Padova R.D. n. 53356 e R.E.C. n. 19438 Tribunale di Padova al n. 6312 Rag. Soc. e n. 12935 Val. Doc. in persona del suo legale rappresentante, Sig.……., d’ora innanzi chiamata COMPAR/BATA (franchisor) E La Ditta ……. Sede fiscale ……. Partita IVA ……. Cod. Fisc…….. Capitale sociale Lit……….. Numero di iscrizione …….. del Registro delle Imprese di……. Data di iscrizione il: ……. Iscritta alla Sezione Ordinaria il: …….. Numero Repertorio Economico Amministrativo: ……. In persona del suo Legale Rappresentante, Sig…….., nato a ……residente a ….. Cod. Fisc. ……, d’ora innanzi chiamato AFFILIATO (franchisee) PREMESSO CHE La COMPAR/BATA è proprietaria esclusiva del marchio BATA in Italia, così come rappresentato in allegato (1); In Italia è leader assoluta nel franchising delle calzature e pelletterie; La formula dell’affiliazione commerciale ha permesso all’azienda di incrementare la sua presenza raggiungendo tutte le regioni italiane, proponendo ogni anno nuovi negozi; Gli attuali numerosi negozi in franchising testimoniano il successo della formula del FRANCHISING BATA che oggi può vantare con i propri affiliati esperienze di oltre 15 anni di partnership; dall’adozione del FRANCHISING BATA il trend di sviluppo di nuove unità e del giro d’affari ha tracciato una linea in salita con tassi d'incremento evidenti ed incontestabili; il valore delle conoscenze tecniche, commerciali, gestionali e di marketing relative alla commercializzazione del prodotto sono testimoniate dal successo e dalla presenza del marchio BATA in Italia e all’estero; negli ultimi anni la BATA ha intrapreso con successo l’introduzione dell’immagine e dei punti vendita attraverso la proposta di collezione sempre in linea con le tendenze della moda e gli stili di vita emergenti, inclusi anche i più prestigiosi marchi sport internazionali; il programma di sviluppo per i prossimi anni prevede l’apertura di numerosi nuovi negozi in tutto il territorio nazionale, al fine di attirare una clientela sempre più numerosa verso i punti vendita BATA; l’affiliato è intenzionato ad entrare a far parte della rete di distribuzione e vendita BATA attraverso la formula FRANCHISING BATA, senza che ciò possa dar luogo ad alcuna forma associativa o para associativa o ad alcun vincolo di subordinazione, l’affiliato è titolare di un negozio per la vendita al minuto di calzature e pelletteria sito nel Comune di ……… via …….. la serietà e l’esperienza commerciale dell’affiliato sono garantite dalla posizione acquisita nella realtà locale ormai consolidata; aderendo alla formula FRANCHISING BATA, l’affiliato si propone un’ulteriore espansione quantitativa, qualitativa e d’immagine della propria impresa, attraverso il servizio di assistenza e la vendita di prodotti forniti da COMPAR/BATA. Da ciò premesso le parti convengono e stipulano il seguente contratto di AFFILIAZIONE COMMERCIALE (FRANCHISING) Le premesse costituiscono parte integrante del presente contratto. Articolo 1 Oggetto del contratto COMPAR/BATA concede in licenza all’affiliato l’utilizzo del marchio e dei segni distintivi 204 Appendice BATA secondo le modalità in seguito specificate. L’affiliato è autorizzato da COMPAR/BATA a vendere in nome proprio, calzature, abbigliamento, borse, pelletteria, fornite con marchio BATA ed altri marchi di proprietà COMPAR/BATA come da allegato. La fornitura della merce di cui al punto 1.2 sarà commissionata dall’affiliato a COMPAR/BATA scegliendola dalla collezione BATA, in proporzione adeguata tra le categorie uomo, donna, bambino, pantofole, tennis, borse e accessori. COMPAR/BATA trasferisce all’affiliato il proprio know-how, ossia, l’insieme delle proprie conoscenze tecniche, commerciali, gestionali e d’immagine relative ai prodotti indicati al punto 1.2, come meglio specificati nel manuale operativo allegato al presente contratto. Articolo 2 Forniture merci e prezzi 2.1 La merce di cui al punto 1.2 sarà fatturata da COMPAR/BATA al prezzo di vendita al pubblico nell’epoca di consegna, in regime di IVA …%, con lo sconto: per le calzature, del ….+1% (di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione merce usata). per l’abbigliamento in tessuto, del ….+1% ( di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione merce usata) per l’abbigliamento in pelle, del …+1% (di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione merce usata) per le borse, pelletterie, valigie, zaini, del …+1% (di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione merce usata) per le cinture, del …+1% (di cui …% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione merce usata) per la merce con marchi, del …+1% (di cui…% per lo sconto merce, e 1% per lo sconto reclamazione merce usata) per gli accessori per calzature, del …+1% (di cui ….% per lo sconto merce, e1% per lo sconto reclamazione merce usata) oltre ad IVA e/o altre imposte che dovessero intervenire. I suindicati sconti avranno validità per il medesimo periodo in cui varranno le aliquote IVA attualmente vigenti. Qualora le aliquote subissero variazioni in più e/o in meno, gli sconti subiranno correlato adeguamento. 2.2 I prezzi di vendita, indicati al momento dell’ordine, s’intendono orientativi, potendo subire variazioni in aumento o diminuzione al momento della consegna. 2.3 In caso di variazione prezzi, non si procederà a conguagli di valori per la merce già consegnata. 2.4 La consegna della merce sarà in parte assegnata, mediante addebito in fattura delle spese di trasporto che sono per ora forfettariamente convenute in Lit……al paio di calzature o pezzo di abbigliamento o borsa spedita; tale importo potrà essere variato secondo i listini degli spedizionieri pubblici o privati. (Sono gratuiti gli imballi). 2.5 Salvi diversi e/o successivi accordi scritti, il pagamento della merce dovrà essere effettuato a mezzo Ricevuta Bancaria gg. 60/FINE MESE dalla data di fattura, comprese le spese di trasporto che saranno regolarmente fatturate. 2.6 In caso di inadempimento dei pagamenti alla regolare scadenza, si applicherà la decadenza del beneficio del termine di cui all’art. 1186 c.c., nonché gli interessi moratori, che le parti sin d’ora convengono nel tasso bancario corrente applicato a COMPAR in quel momento maggiorato di 4 punti, decorrenti dalla formale messa in mora del debitore a titolo di rimborso spese di procedura e risarcimento del danno derivante dall’inadempimento medesimo, fermo restando il diritto di COMPAR/BATA di risolvere il presente contratto. Il mancato pagamento delle fatture alla scadenza fissata comporta altresì, l’automatico blocco delle successive forniture. 2.7 Le merci vendute con pagamento differito rispetto alle consegne, sono sottoposte a patto di riservato dominio con riserva della proprietà a favore di COMPAR/BATA fino all’integrale pagamento. Articolo 3 205 Appendice Regolamento resi – Reclami – Contestazioni 3.1 La merce manifestamente difettosa sarà resa presso il deposito della COMPAR/BATA di Limena in porto assegnato con il mezzo più economico entro il trentesimo giorno dalla consegna, e COMPAR/BATA accrediterà il controvalore con lo sconto di cui all’art. 2.1 oltre IVA, considerando per base il prezzo della fattura iniziale con cui la merce è stata fornita. 3.2 Trascorso il termine sopra indicato (30 giorni), senza che vi siano reclami o contestazioni, la merce consegnata s’intenderà regolare a tutti gli effetti, restando a carico dell’affiliato gli oneri per le eventuali riparazioni e/o contestazioni dalla clientela. 3.3 In ogni caso, non è previsto né concesso il reso della merce difettosa usata dalla clientela, essendo già previsto in fattura lo sconto reclami dell’1%. Articolo 4 Operatività 4.1 L’ambito di attività del presente rapporto tra COMPAR/BATA e affiliato, è delimitato dai confini della prov./ com./ quartiere di ……. Articolo 5 Esclusiva 5.1 COMPAR/BATA s’impegna a non instaurare altri rapporti di affiliazione commerciale contraddistinti dall’insegna BATA nell’ambito del territorio di operatività del presente contratto di cui all’art. 4, riservandosi peraltro, la possibilità di mantenere o aprire negozi a struttura tradizionale con altre insegne, diretti o affiliati, nella stessa zona del ………….. L’affiliato s’impegna a svolgere l’attività inerente al presente contratto unicamente nella sede del punto vendita del Comune di …………….. via …….. 5.2 Il trasferimento del punto di vendita deve essere preventivamente concordato e autorizzato, poiché la variazione medesima potrebbe essere pregiudizievole della natura del rapporto. 5.3 L’affiliato s’impegna, salvo diversi e separati accordi con COMPAR/BATA, a non commercializzare prodotti in concorrenza (uguali, simili o comparabili) con quelli forniti da COMPAR/BATA, ferma restando la possibilità per l’affiliato di acquistare prodotti diversi da quelli oggetto del presente contratto, per una quota non superiore al …5 delle vendite realizzate nell’anno di esercizio, presso fornitori di sua scelta, previa autorizzazione di COMPAR/BATA. Il mancato rispetto del contenuto del presente articolo comporta la risoluzione di diritto del contratto. Articolo 6 Durata del contratto 6.1 Il presente contratto avrà durata … (…..)……. A partire dal …/ …/ … e si intenderà tacitamente rinnovato di anno in anno in mancanza di regolare disdetta da comunicarsi con lettera raccomandata a.r. con anticipo di mesi dodici rispetto alla scadenza naturale. Articolo 7 Cessione del contratto 7.1 Il presente contratto, come pure ogni diritto da esso nascente, non può essere oggetto di cessione a terzi senza previa autorizzazione scritta da parte di COMPAR/BATA, trattandosi di rapporto “intuitu personae”. Articolo 8 Diritto di prelazione 8.1 In caso di cessione dell’esercizio/azienda commerciale, è riconosciuto a COMPAR/BATA diritto di prelazione sull’acquisto dell’esercizio/ramo d’azienda medesima. Articolo 9 Garanzie 9.1 In funzione della buona esecuzione del presente contratto, l’affiliato presterà a favore della COMPAR/BATA idonea garanzia per la somma ritenuta congrua in rapporto al volume del fatturato e del conseguente scoperto medio in relazione ai termini di pagamento pattuiti. 9.2 Detta garanzia dovrà essere data con deposito cauzionale fruttifero o con fideiussione di primaria banca italiana o estera escutibile a prima richiesta scritta o mediante il rilascio di cambiali. 9.3 Le parti converranno con separato atto, allegato al presente contratto, i termini e le 206 Appendice condizioni della succitata garanzia. La mancata emissione, della citata garanzia, è causa di nullità del presente contratto. Articolo 10 Obbligazioni di COMPAR/BATA 10.1 COMPAR/BATA s’impegna a concedere all’affiliato la licenza d’uso dei propri segni distintivi, nonché a trasferire il proprio knowhow come già previsto all’art.1. 10.2 COMPAR/BATA s’impegna a fornire assistenza tecnica e commerciale per avviare l’impresa dell’affiliato. 10.3 COMPAR/BATA s’impegna a fornire consulenza commerciale, promozionale e di marketing, durante tutta la durata del rapporto. 10.4 COMPAR/BATA s’impegna a fornire l’addestramento iniziale al personale che sarà impiegato dall’affiliato nell’impresa. 10.5 COMPAR/BATA s’impegna a fornire all’affiliato tutti i suddetti servizi senza discriminazione con le proprie unità di vendita. 10.6 COMPAR/BATA s’impegna a fornire tutti i materiali pubblicitari e promozionali per vetrine, arredo, imballaggi, già predisposti per i propri punti vendita. 10.7 COMPAR/BATA s’impegna a non sottoscrivere nella zona di competenza altri contratti di affiliazione contraddistinti dall’insegna BATA come previsto al precedente art. 5.1. 10.8 COMPAR/BATA s’impegna a non richiedere quote di partecipazione per eventuali campagne pubblicitarie istituzionali svolte a mezzo stampa, televisione, radio, affissioni e altri mezzi sempre a livello nazionale. 10.9 COMPAR/BATA s’impegna ad organizzare annualmente almeno due incontri fra i vari affiliati al fine di visionare il campionario ed aggiornare e discutere la comune strategia commerciale e d’immagine. 10.10 COMPAR/BATA s’impegna a garantire l’affiliato contro tutti i terzi che si predicassero titolari di marchi o altri segni simili a quelli dati in uso per la merce posta in vendita e fornita da COMPAR/BATA, nonché a farsi parte attiva per inibire tutte le usurpazioni che saranno commesse da terzi per i medesimi segni distintivi. 10.11 COMPAR/BATA s’impegna a garantire la libera scelta di acquisto su tutti i modelli previsti per i propri negozi. 10.12 COMPAR/BATA s’impegna a garantire la consegna della merce commissionata, alle stesse epoche previste per i negozi BATA salvo i ritardi dovuti alla produzione. Articolo 11 Obbligazioni dell’affiliato 11.1 (punto vendita) L’affiliato s’impegna ad allestire/trasformare il proprio negozio, a proprie spese, corredando gli interni, le vetrine ed installando le insegne (di proprietà COMPAR/BATA) secondo i suggerimenti dei tecnici della COMPAR/BATA in modo che l’immagine del negozio sia conforme a quella standard dei negozi BATA. 11.2 (materiale d’arredamento) L’affiliato s’impegna a non utilizzare alcun componente dell’arredamento tipico dei negozi BATA in altri punti vendita suoi o di terzi, anche se tale componente sia stato dismesso su autorizzazione di COMPAR/BATA. 11.3 (gestione del punto vendita) La gestione del negozio è a carico dell’affiliato con particolare riguardo alle imposte IVA, imposte indirette, comunali, sul reddito, ed ogni altro. 11.4 (oneri e spese) Ogni onere o spesa relativi alla gestione del negozio, quali, ad esempio, acquisto computer, riparazioni, restauri, etc. sono a carico dell’affiliato. 11.5 (conduzione ordinaria dell’attività) L’affiliato s’impegna alla ordinata e diligente conduzione della propria attività rispettando gli standard di qualità nella presentazione e/o vendita dei prodotti così come indicati nel MANUALE OPERATIVO fornito da COMPAR/BATA. 11.6 (personale impiegato) Il personale impiegato nel punto vendita si intende assunto e retribuito esclusivamente dall’affiliato al quale ne spetta la totale gestione. L’affiliato s’impegna, altresì, ad informare per iscritto il proprio personale sullo spirito e sul significato del presente contratto, precisando che nessun rapporto di lavoro intercorre o 207 Appendice intercorrerà, per nessun motivo, tra il personale stesso e COMPAR/BATA. 11.7 (assunzione personale) In caso di assunzione di personale questo dovrà possedere la professionalità adeguata per fornire un efficiente servizio alla clientela in conformità agli standard richiesti da COMPAR/BATA. Sono, comunque, a carico dell’affiliato tutte le spese necessarie per il training iniziale di detto personale. 11.8 (segretezza) L’affiliato s’impegna ad adottare la necessaria riservatezza nell’utilizzo del know-how e delle altre informazioni commerciali messe a sua disposizione da COMPAR/BATA; si obbliga a non divulgare le informazioni riservate e a porre in essere tutte le attività necessarie per evitare un uso non autorizzato o la divulgazione di tali informazioni da parte del personale alle proprie dipendenze inserendo una clausola speciale in tutti i relativi contratti, e sarà ritenuto responsabile dell’esatto adempimento da parte dei dipendenti stessi dell’obbligo così assunto. 11.9 (obblighi di comunicazione) Il presente contratto viene concluso avendo riguardo alla situazione patrimoniale dell’affiliato, il quale, pertanto, è tenuto a comunicare con lettera raccomandata entro 8 giorni dal suo verificarsi ogni rilevante modifica che intervenga sul proprio patrimonio (accensioni ipoteche, pegni, gravami su beni mobili o immobili, etc.). L’affiliato è comunque tenuto a comunicare, con le stesse modalità di cui sopra, ogni rilevante modifica che intervenga nella propria compagine sociale, ivi compreso il mutamento di organi dirigenti aventi poteri decisionali. Le modifiche di cui sopra si riterranno ininfluenti ai fini della prosecuzione del presente rapporto qualora COMPAR/BATA non manifesti nei successivi 15 giorni una diversa volontà. 11.9.1 L’affiliato s’impegna, altresì, a riferire prontamente a COMPAR/BATA qualunque violazione del marchio o dell’immagine BATA di cui sia venuto a conoscenza, direttamente o indirettamente, nell’esercizio della propria attività commerciale, prestando assistenza alle azioni legali intentate contro i responsabili, se richiesta da COMPAR/BATA. 11.9.2 L’affiliato s’impegna, inoltre, a fornire a COMPAR/BATA, con scadenza settimanale, relazioni sulle vendite, sulla penetrazione nel mercato locale ed ogni altra informazione utile alla pianificazione della comune strategia commerciale. 11.10 (azioni promozionali) L’affiliato s’impegna a partecipare alle stesse azioni promozionali che saranno predisposte dalla COMPAR/BATA per le vetrine e gli interni dei propri negozi. 11.10.1 L’affiliato s’impegna, altresì, a sottoporre a COMPAR/BATA per l’approvazione eventuali azioni promozionali e di sconto nel punto vendita, oltre ai resti degli annunci e le campagne pubblicitarie che intendesse intraprendere nell’ambito di operatività del presente contratto ed ogni altra iniziativa che preveda l’inserimento del “logo” BATA. 11.11 (assistenza tecnica) L’affiliato s’impegna ad accettare l’assistenza tecnica ed i suggerimenti della COMPAR/BATA: qualora fosse richiesto l’intervento dei vetrinisti della COMPAR/BATA ne sarà fatturato il costo sulla base delle tariffe sindacali e delle spese di trasferta. 11.12 (minimi di acquisto) L’affiliato s’impegna ad acquistare dalla COMPAR/BATA un minimi del …% del valore delle vendite sviluppato dal negozio e, comunque, non meno di …paia di calzature, di …capi di abbigliamento, di … pezzi di borse ed accessori l’anno ed in quota proporzionale tra il ……… ed il ……. La previsione d’acquisto per i periodi successivi sarà concordata sulla base delle proiezioni di mercato elaborate da COMPAR/BATA e fissate con l’affiliato entro il 31/ 12 di ogni anno. 11.13 (prezzi di rivendita) I prezzi suggeriti dai listini o apposti sulle etichette BATA sono da considerarsi quali prezzi massimi di rivendita raccomandati. L’affiliato, comunque, s’impegna, nello stabilire i propri prezzi, a tutelare il buon nome, il marchio, l’immagine e la rete distributiva BATA. 11.14 (controlli ed ispezioni) L’affiliato s’impegna a consentire in qualunque momento a COMPAR/BATA di ispezionare le 208 Appendice operazioni del negozio, controllare il loro metodo di gestione (ad esempio: l’organizzazione commerciale, la contabilità del negozio, il personale, l’assortimento della merce, le attività promozionali e di vendita, l’esposizione dei prodotti e dei marchi all’interno e nelle vetrine) al fine di accertare la piena conformità del negozio e delle attività ad esso inerenti con gli standard e le politiche commerciali adottate da COMPAR/BATA. 11.15 (assicurazioni) L’affiliato s’impegna a stipulare con primari istituti assicurativi e per congrui valori di copertura, idonee polizze per il rischio incendio e furto relativamente al volume medio delle merci giacenti in negozio o magazzini interni o esterni, provvedendo ad inviare a COMPAR/BATA copia della polizza stipulata e debitamente quietanzata. 11.16 (tutela del consumatore) In caso di risoluzione contrattuale di qualsiasi natura o di scadenza naturale del contratto, l’affiliato s’impegna per un periodo di mesi … a non continuare a porre in vendita merci eguali o simili a quelle di cui all’oggetto del presente contratto, onde evitare confusione o errori di fatto per il consumatore. Articolo 12 Risoluzione di diritto Clausole risolutive. Il presente contratto s’intenderà risalto di diritto con il verificarsi delle violazioni dei seguenti articoli: 12.1 violazione dell’art. 5.2 (esclusiva) 12.2 qualora non venga offerta la prelazione di cui all’art. 8 12.3violazione degli obblighi di cui all’art. 11 ed in particolare: > conduzione ordinata e diligente dell’attività > segretezza >comunicazioni 11.15 > assicurazioni Nonché al verificarsi dei seguenti eventi: 12.4 qualora l’affiliato ritardasse il pagamento delle fatture di oltre 60 giorni dalla scadenza (cfr.: art. 2.6), salvo venga concessa una proroga per iscritto da COMPAR/BATA e salvi in ogni caso gli interessi di mora. 12.5 qualora qualunque autorizzazione, consenso, permesso, licenza, esenzione, registrazione o altro requisito di qualunque organo od autorità amministrativa, giudiziaria o pubblica sia richiesto per consentire all’affiliato di rivendere i prodotti forniti da COMPAR/BATA venga modificato, revocato, rinunciato o rifiutato o cessi di essere in vigore recando pregiudizio all’attività. qualora vengano meno le garanzie prestate o vengano iniziate procedure concorsuali dall’affiliato o contro l’affiliato. Qualora l’affiliato faccia cattivo uso o un uso non autorizzato dei marchi, segreti commerciali e del know-how commerciale licenziati da COMPAR/BATA. Qualora l’affiliato venga condannato per delitto con entenza passata in giudicato. Articolo 13 Conseguenze alla risoluzione – Clausola penale 13.1 Intervenuta la risoluzione del presente contratto, fatto salvo ogni altro effetto previsto dalla legge, COMPAR/BATA ritirerà le merci tutte giacenti presso i locali condotti dell’affiliato perché di sua proprietà, in forza di patto di riservato dominio e tratterrà quanto già pagato quale acconto a titolo di risarcimento del maggior danno subito. 13.2 L’affiliato cesserà immediatamente l’uso dei segni distintivi e del know-how di COMPAR/BATA, come pure l’uso di qualunque altro segno e materiale stampato che contenesse marchi o riferimenti ad essi, incluso l’uso di qualsiasi marchio nominativo, marchio di servizio o marchio simile o idoneo ad essere confuso con quelli di COMPAR/BATA. 13.3 Qualora l’affiliato non si conformi a quanto previsto al punto 13.2 nel termine di gg. 30 dall’avvenuta risoluzione contrattuale, sin d’ora si conviene il pagamento di una penale di Lit. 1.000.000 al giorno, dalla scadenza del termine. Articolo 14 Condizioni sospensive Il presente contratto e tutti i diritti ed obblighi da esso nascenti sono sottoposti alla seguente 209 Appendice condizione sospensiva: l’affiliato dovrà essere in possesso di tutte le polizze assicurative previste dal presente contratto, delle necessarie autorizzazioni e licenze richieste dalla legge o regolamenti per attività commerciale esercitata, copie delle quali dovranno essere consegnate a COMPAR/BATA. Articolo 15 Caso fortuito e forza maggiore Nessuna parte sarà responsabile verso l’altra per le perdite o i danni causati da scioperi, agitazioni sindacali, serrate, incidenti, incendi, scarsità o mancanza di materie prime, ritardi dei vettori, caso fortuito, atti di governo, stato di guerra e/o qualunque altra causa di forza maggiore. La parte interessata dovrà comunicare all’altra l’evento entro 7 giorni dal suo verificarsi. Articolo 16 Legge applicabile Il presente contratto sarà retto ed interpretato dalla legge italiana. Articolo 17 Foro competente Per qualsiasi controversia relativa all’interpretazione ed esecuzione del presente contratto, sarà competente il Foro di Padova. Articolo 18 Clausola finale 18.1 Con la sottoscrizione del presente contratto, si intende nullo ogni precedente accordo, impegno, dichiarazione, rapporto o intesa, siano esse orali o scritte connesse oggettivamente con lo stesso. 18.2 Qualsiasi modificazione del presente contratto dovrà essere fatta nella medesima forma scritta e firmata da funzionari che ne abbiano i poteri. 210