rubrica Il ritorno dello zar SAMOVAR APPUNTI E ANALISI DALLA RUSSIA La Russia di Putin: i limiti dei cambiamenti possibili lle elezioni presidenziali, come ci si aspettava, Putin ha ottenuto già al primo turno circa il 60 % dei voti. Tuttavia, malgrado questo evidente successo dell’amministrazione putiniana, la fiducia verso il potere, e quindi verso lo stesso presidente, è in calo. Nonostante tutti gli sforzi della propaganda di Stato, la sfacciata demagogia populistica, la corruzione o la costrizione degli elettori, il Cremlino è riuscito ad arrestare solo temporaneamente il processo di delegittimazione del regime. Nell’ultimo ciclo di campagne (sia quella parlamentare che quella presidenziale) non si è verificata la solita esplosione di ottimismo di massa né si sono risvegliate quelle speranze che avevano caratterizzato tutti i precedenti periodi elettorali. È stata erosa la base stessa su cui, per tutti i dodici anni di governo putiniano, si era retto il patto sociale implicito fra la società e un potere privo di ogni controllo. Proprio questo sfaldamento, oltre alla crescente inefficienza dello Stato, rende debole e instabile il regime di Putin per i prossimi sei anni del suo mandato. Le irregolarità e i brogli avvenuti in occasione delle elezioni sono stati solo un pretesto per l’espressione del malcontento popolare e le manifestazioni di protesta. Oggi è diventato oggetto di aspra critica e condanna sulla stampa e in internet tutto ciò a cui 54 la società russa si era rassegnata in questi anni: l’assenza di concorrenza politica, l’arbitrio amministrativo, la corruzione, la censura sulla televisione, il limitato accesso ai mass media per gli oppositori di Putin, le massicce falsificazioni nel computo dei voti degli elettori e via dicendo. Le manifestazioni di protesta, gli scioperi della fame dei deputati dell’opposizione, i processi sui brogli elettorali (sempre persi dagli avversari di Russia Unita), i picchetti di attivisti politici e difensori dei diritti umani fan- Lev Gudkov no sì che gli uomini al potere e la società non possano dimenticare l’ambiguità della posizione di Putin, proclamato leader nazionale, né cambiare l’agenda politica, sebbene gli interventi dell’opposizione con l’andar del tempo stiano perdendo intensità. Al momento difficilmente la situazione venutasi a creare può soddisfare qualcuno. Sono tutti scontenti: sia la burocrazia, sia il business, sia la popolazione, e nondimeno il regime dispone ancora di significative risorse di gestione e controllo, che non so- un effetto deprimente sul settore reale dell’economia di mercato, innanzitutto sulla piccola e media impresa. Le massicce sostituzioni di funzionari e la rimozione dei governatori che non hanno saputo garantire la “vittoria” elettorale del partito al potere, hanno portato a bruschi cambiamenti nella distribuzione delle forze a livello regionale, modificando l’influenza dei diversi gruppi e clan. Le incessanti manovre politiche, necessarie al regime per impedire alle autorità locali o ai diversi dicasteri settoriali di trasformare i loro ambiti d’azione in una proprietà privata o corporativa (tale politica è in un certo senso una versione soft delle purghe staliniane della nomenklatura), tengono l’apparato amministrativo in uno stato di incertezza e sospensione cronica. Le modifiche contraddittorie nella legislazione, la costante redistribuzione delle proprietà, gli scandali per malversazione e altro ancora rendono instabile e precaria la posizione della burocrazia e dei gruppi d’influenza ad essa legati (nel business, nell’amministrazione regionale e locale), aggravando in tal modo il peso della corruzione nell’apparato amministrativo. ambiziosi (come il mantenimento di un esercito e di una flotta imponenti, la costruzione di impianti per i Giochi olimpici estivi a Sochi o il summit dell’Apec – Asia-Pacific Economic Cooperation – a Vladivostok). L’ostinata aspirazione a restituire alla Russia lo status di grande potenza, perduto dopo il crollo dell’Urss, si risolve in una priorità degli obiettivi politici su quelli economici, il che provoca l’aumento dei prezzi e l’inflazione, e congela una struttura arcaica dell’economia, costringendo lo Stato a sostenere l’industria pesante, in primo luogo quella metalmeccanica e militare. Ciò a sua volta ha Prove per la parata militare del 9 maggio, il Giorno della Vittoria, che festeggia la sconfitta nel 1945 della Germania nazista. a volontà di Putin di distanziarsi da una Russia Unita screditata e in crisi di autorità, e di presentarsi alle elezioni in qualità di leader plebiscitario, sostenuto da un Fronte popolare unito – creato in fretta e furia – ha nettamente indebolito, seppure non distrutto definitivamente, lo stesso partito al potere, che era al contempo sia una riserva di quadri per la L Afp / GettyImages / K. Kudryavtsev A di no legate alla qualità o all’efficienza dell’amministrazione. I motivi di malcontento sono diversi per le varie categorie di persone. La crisi economica non è finita, ma è entrata in una fase di stagnazione prolungata, il che ha gravi ripercussioni sulla situazione materiale di una parte notevole della società, soprattutto le fasce più povere, che dipendono dallo Stato e dalla sua capacità di adempiere ai propri impegni sociali. Gli alti prezzi mondiali del petrolio e del gas non stimolano più lo sviluppo dell’economia russa. Gli extraredditi ottenuti dall’esportazione delle risorse energetiche spingono il governo a un aumento abnorme delle spese, determinate sia dal desiderio di assicurarsi la lealtà della popolazione che dalle velleità geopolitiche e dai progetti DOSSIER east . rivista europea di geopolitica numero 42 . giugno 2012 55 Il ritorno dello zar 56 ni che muovono le persone a partecipare alle azioni di protesta, perciò ne è irritato e reagisce cercando di umiliare quelle persone, di svilire il senso di simili prese di posizione. Al gesto morale di chi protesta Putin (così come il suo entourage, “Putin collettivo”) contrappone una violenza dimostrativa ma molto selettiva, un ostentato disprezzo per la necessità di osservare le norme democratiche e giuridiche (che si era già manifestato nel processo a Kodorkhovsky). Le prospettive di modernizzazione o di europeizzazione della Russia oggi sono racchiuse non tanto nel potere – la cui natura conservatrice e l’incapacità di governare lo sviluppo del Paese sono diventate più o meno evidenti – quanto nella società stessa, nella sua disponibilità alla solidarietà, nella sua capacità di elaborare una nuova agenda politica alternativa, un programma di cambiamenti graduali e coerenti, e anche di formare strutture sociali parallele, destinate a esercitare una pressione costante sul regime allo scopo di costringerlo alle riforme politiche. Si tratta di un compito estremamente complesso. In Russia nessuno vuole una rottura violenta delle strutture: memori del prezzo troppo alto pagato in passato per la violenza sociale, i russi non auspicano “rivoluzioni”. Tutta la cultura politica della società, ereditata dal passato sovietico, spinge la gente a adattarsi passivamente al potere repressivo, a estraniarsi dalla politica: ne risulta una società debole e frammentata. Il regime si regge sulla docilità e l’apatia politica della popolazione, sulla ripugnanza per qualsiasi forma di partecipa- zione alla vita pubblica o di partito. Agli occhi di Putin la Russia è un Paese industrialmente evoluto con un potenziale bellico e un arsenale missilistico-nucleare enormi, che solo per un malinteso storico – oppure per una congiura dell’Occidente e per il tradimento dei propri governanti – ha perso nel mondo lo status che gli appartiene per diritto di forza. Ma dall’interno, dal basso, dal punto di vista dell’uomo comune, la Russia appare una comunità tanto estesa quanto friabile, debolmente strutturata e integrata, anzi piuttosto un agglomerato di comunità diverse, sostanzialmente dissimili per orientamenti e strategie vitali. Natalya Zubarevich, nota specialista nel campo della geografia economica, dice che ci sono in realtà “tre Russie diverse”. a “Russia 1” è la popolazione delle grandi città, dove si è già formata l’infrastruttura di mercato e il livello dei redditi, dell’istruzione e dell’informazione è molto superiore alla media del Paese. È questa la principale risorsa per la modernizzazione russa. I rappresentanti di questa Russia si rendono conto che il regime putiniano è diventato un freno per lo sviluppo economico e politico del Paese, perciò esigono riforme: il cambiamento in primo luogo del sistema politico, ma anche delle altre istituzioni ereditate dall’epoca sovietica (sistema giudiziario, forze dell’ordine ecc.). La “Russia 2”, rappresentata prevalentemente dalla popolazione delle città medie e piccole, costituisce la base di quella Russia industriale che L conserva le caratteristiche di fondo dell’economia pianificata e centralizzata di tipo sovietico. Si tratta soprattutto di persone occupate nel settore statale, di lavoratori delle imprese e organizzazioni statali, di pensionati e altre categorie della popolazione che dipendono dalla burocrazia e la cui mentalità è ancora legata al paternalismo di Stato. Queste persone non vogliono riforme, ma ulteriori garanzie che la loro vita non peggiorerà. Basta che si assicuri loro che la nuova leadership continuerà la stessa prevedibile politica di stabilità portata avanti per tutto il decennio pasIl primo ministro e presidente eletto Vladimir Putin presiede una riunione nella sua residenza di Novo Ogaryovo, fuori Mosca, il 3 maggio scorso. Afp / GettyImages / A. Druzhinin nomenklatura che un trampolino di lancio per la carriera dei funzionari, nonché un’organizzazione lobbistica, per non parlare del suo ruolo di controllo della burocrazia. L’esercito e la polizia – con l’eccezione dei servizi speciali – sono perennemente sottoposti a riforme, che si protraggono da quasi vent’anni senza mai potersi concludere, il che trasforma gli ufficiali di carriera in ostaggi del ministero della Difesa o del ministero degli Interni, privandoli della sicurezza del futuro e delle garanzie di previdenza sociale. Perfino l’immediato entourage di Putin, i dirigenti delle maggiori compagnie e degli apparati militari e di polizia, in cui il regime trova il suo sostegno, sono allarmati e insoddisfatti della situazione che si è venuta a creare, in quanto dubitano della capacità di Putin di garantire l’affidabilità dell’attuale sistema di potere e di sostenere l’equilibrio degli interessi dei clan. È chiaro fin d’ora che Putin si opporrà a qualsiasi cambiamento e non solo perché considera ogni riforma come una concessione all’opposizione, cioè come una manifestazione di debolezza personale. Per lui l’economia e il benessere della popolazione non sono valori in sé, ma solo condizioni per conservare e sostenere la grandezza e la potenza dello Stato di cui è capo. Nella sua concezione la grande potenza è espressione simbolica della forza o del potere come tale, rispetto al quale le circostanze particolari (leggi di mercato, diritto, morale ecc.) svolgono un ruolo subordinato e strumentale. Egli non è in grado di capire e accettare le motivazio- DOSSIER east . rivista europea di geopolitica numero 42 . giugno 2012 sato. In questi casi l’incertezza del futuro, la paura del mercato con le sue nuove richieste al lavoratore, la fobia del nuovo e dell’ignoto si trasformano in rifiuto di qualsiasi cambiamento politico, in sostegno a Putin anche nel caso in cui non suscitasse alcuna simpatia come persona. Questi gruppi sono i principali portatori degli orientamenti e dei concetti antimoderni, sono la forza che si oppone alle riforme e ai processi di modernizzazione o, per meglio dire, di europeizzazione della Russia. E, infine, vi è la “Russia 3”, rappresentata principalmente dagli abitanti delle campagne e dei piccoli centri, lontani dai luoghi dove si svolge la vita sociale ed economica. Si tratta di zone di povertà stagnante, di arretratezza, di letargia politica e culturale. Queste persone hanno altro a cui pensare che alle riforme, in quanto il loro orizzonte intellettuale è limitato ai problemi della pura sopravvivenza fisica. Le condizioni di vita di questi gruppi e strati della popolazione si distinguono per il tradizionalismo, la primitività della struttura economica, il ritualismo quotidiano, la chiusura all’interno di rapporti e legami particolaristici, etnici o locali, e di conseguenza la fissità dei concetti e delle norme che regolano il comportamento in enclavi isolate della vita rurale o semirurale. È la sfera della cultura tradizionale e dei modi di vivere scarsamente modificabili, che si possono incontrare soprattutto nelle repubbliche nazionali della Russia (nel Caucaso del Nord, in Tatarstan, Jakuzia, Bashkirya, ma anche nelle regioni meno popolose e più povere della Russia cen- 57 Il ritorno dello zar 58 vo verso la proprietà privata e molti altri fattori, che determinano la resistenza e il rifiuto delle nuove forme, dei nuovi valori, concetti e modelli di rapporti. Questo modello di vita – con il basso livello di fiducia istituzionale e di solidarietà tipico dell’uomo sovietico, con l’etica della sopravvivenza e la nostalgia del passato – è difficile da cambiare, in quanto determinato da una struttura economica inerte per la sua distribuzione territoriale e settoriale, rimasta identica dai tempi della modernizzazione forzata dell’industria e dell’apparato militare sovietico (anni 1930-1970). Perciò questi gruppi hanno osteggiato e osteggiano la privatizzazione e la grande proprietà privata, esigono dallo Stato la regolamentazione dei prezzi e il sostegno, la sovvenzione di settori arretrati, il mantenimento di tecnologie e modi di gestione del passato. E dunque riproducono le priorità ideologiche della fase di sviluppo precedente, di rincorsa all’industrializzazione, che Putin ripetutamente proclama come capisaldi della sua politica ormai da oltre dieci anni. L’autoritarismo come specifica tecnologia di dominio è finalizzato a neutralizzare e soffocare in qualsiasi modo la resistenza delle masse, in primo luogo nella sfera politica: non ha bisogno del terrore, gli basta l’apatia della società o una parvenza di consenso. La tattica fondamentale utilizzata oggi dal regime consiste nel cambiare continuamente qualcosa, senza cambiare nulla nelle basi fondamentali della struttura del potere. Qualsiasi innovazione intrapresa dal Cremlino è volta a risolvere compiti immediati: allentare la tensione sociale, screditare l’opposizione, favorire quelli che garantiscono il mantenimento dell’attuale sistema di potere e distribuzione dei redditi. Alla persistente tensione sociale la dirigenza del Paese risponde proponendo “misure forti”, subito però neutralizzate da aggiunte solo apparentemente insignificanti, che le privano di forza politica e rilevanza giuridica. Così, per esempio, la riforma politica annunciata da Medvedev sul finire del suo mandato presidenziale sembrerebbe reintrodurre molte norme della pratica degli anni Novanta: innanzitutto un principio molto importante per la modernizzazione del sistema politico, quello dell’elettività dei governatori (da tempo richiesta dalla popolazione), e anche la riduzione del numero degli iscritti necessario per la registrazione ufficiale dei partiti e la legalizzazione della loro attività politica. Ma di fatto queste e altre proposte sono solo un gioco kafkiano, in quanto nello stesso tempo si introduce la norma per cui le candidature presentate per le elezioni devono passare attraverso un duplice filtro: ricevere da una parte la sanzione del presidente e dall’altra quella dei deputati del parlamento regionale, dove oggi, dopo tante elezioni disoneste, domina Russia Unita. Allo stesso modo anche l’abbassamento della soglia per la registrazione di nuovi partiti (di quasi dieci volte: da 40mila iscritti ad alcune migliaia), ma con il mantenimento del divieto di coalizioni e blocchi elettorali – e con l’esclusione delle organizzazioni sociali e dei movimenti dalla partecipazione alle elezioni – significa east . rivista europea di geopolitica Afp / GettyImages / A. Smirnov trale, in Siberia o in Estremo Oriente). Non si tratta di un problema di geografia, ma dei tipi di capitale sociale che si possono associare a queste categorie. In sostanza qui abbiamo a che fare con un capitale sociale “moderno”, “premoderno” e, soprattutto, “antimoderno”, e di conseguenza con stili di vita e di consumo diversi, con diverse reti di relazione e interazione con altri gruppi, diversi orizzonti informativi e diverse credenze, valutazioni dei fatti, norme di comportamento. Le recenti proteste di massa e la reazione delle autorità dopo le elezioni hanno reso evidenti queste differenze di cultura sociale, prima nascoste, mostrando al contempo anche i diversi vettori dell’evoluzione postsovietica. Per comprendere quanto sta avvenendo in Russia è particolarmente importante proprio il tipo antimoderno di capitale sociale, in quanto i portatori di questa cultura costituiscono la base dell’attuale regime autoritario, sono i custodi dei simboli e dei valori del passato sovietico. Nell’antimodernismo l’esperienza della vita nelle condizioni del socialismo sovietico e l’adattamento allo Stato repressivo, con le sue pratiche di distribuzione livellanti, si combinano con le nuove forme ideologizzate che l’autoritarismo putiniano utilizza attivamente. Fra queste ultime, si possono annoverare il fondamentalismo religioso affermatosi nell’ultimo decennio, l’antioccidentalismo, il nazionalismo compensatorio russo, il conservatorismo politico e l’estraniamento dalla politica, la priorità degli interessi dello Stato su quelli privati e individuali, l’atteggiamento negati- DOSSIER un netto aumento del numero di partiti piccoli e deboli, assolutamente incapaci di contrastare la posizione monopolistica del superpartito burocratico al potere. a demagogia populistica di Putin, le sue promesse di ripetuti aumenti di stipendi, pensioni, sussidi sociali, di miglioramento della qualità e del valore dell’assistenza medica, di accessibilità dell’istruzione, si accompagnano a un netto aumento del budget militare e al rifiuto dello Stato di assolvere gli impegni sociali presi in precedenza e sanciti dalla Costituzione della Federazione Russa. Le spese per la polizia e l’esercito nei prossimi tre o quattro anni dovranno crescere notevolmente e la parte del leone la farà l’aumento degli stipendi degli ufficiali. Le spese complessive per la sicurezza dello Stato superano di 3,5 volte quelle per l’istruzione, L numero 42 . giugno 2012 Prove per la parata militare del 9 maggio, il Giorno della Vittoria. l’assistenza medica e le politiche sociali messe insieme. Tenendo conto della generale tendenza demografica all’invecchiamento della popolazione e alla contrazione del numero degli occupati, tale redistribuzione del budget porta all’aumento del peso fiscale sulle imprese, soprattutto piccole e medie, orientate verso il settore reale dell’economia, e al mantenimento dei privilegi delle imprese statali, direttamente e indirettamente legate alla redistribuzione del gettito fiscale proveniente dall’esportazione di materie prime. Ciò implica una crescita di fatto delle spese dei cittadini per i bisogni sociali, una svalutazione delle pensioni e un abbassamento del loro valore reale. Perciò davanti al paese si apre la prospettiva di un ciclicità elettorale negativa. Nell’immediato futuro il rapporto fra le fasce di popolazione con tipi diversi di capitale sociale resterà sfavorevole a chi aspira alla modernizzazione della Russia: il peso specifico dei fautori della modernizzazione si può valutare approssimativamente attorno al 20-25%, quello dei portatori di un modo di vita “premoderno”, tradizionalista, intorno al 25-30%, e di conseguenza la massa fondamentale della popolazione, caratterizzata da orientamenti antimoderni, va valutata intorno al 40-45%, comprese le forme miste o intermedie. In un futuro prevedibile il regime autoritario (se non si verificherà qualche fortissima crisi economica che possa provocare massicce agitazioni sociali e prese di posizione contro il governo di Putin) disporrà di un consenso sufficiente, che è pronto a contrapporre all’opposizione in sede 59 elettorale. Anche supponendo che (a condizione di “elezioni oneste”) ci sia il passaggio del potere da una persona all’altra, in ogni caso si tratterà di un politico dipendente dai detentori del potere reale. Questo modello appare perfettamente realistico, e in parte è stato già collaudato dal famoso tandem, l’alternanza periodica dei leader nominali e degli pseudopartiti che fa sì che il potere resti sempre nelle mani dello stesso gruppo, comunque si chiami: Russia Unita, Fronte popolare o magari “partito della grande Russia e della modernizzazione”. Anche ammettendo che, in presenza di una crisi prolungata e di un crescente malcontento accompagnato da proteste sociali, alle elezioni vinca un rappresentante dell’opposizione democratica, egli sarebbe comunque un leader debole, privo di appoggi fra la burocrazia e il grande business ad essa affiliato. Come risultato, sarebbe inevitabile la ripetizione della stessa situazione in cui si trovarono Eltsin e tutta la squadra di Gajdar: debole sostegno delle masse, sempre più impazienti in una situazione di crisi crescente, discredito dei riformatori e arrivo dei conservatori che “riportano l’ordine”. Ipoteticamente non sarebbe difficile immaginare anche uno “scenario ottimistico”: il regime, sentendo la crescente opposizione e le proteste di massa, cerca di giocare d’anticipo; attua tutta una serie di riforme liberali, riducendo la dipendenza del Paese dalle materie prime, ridimensionando le ambizioni geopolitiche, cominciando a investire seriamente nel capitale umano e nello sviluppo delle infrastrutture, insistendo sull’indi- 60 pendenza della magistratura e la liberalizzazione generale del sistema politico. Ma per Putin e il suo entourage ciò significherebbe non solo la morte politica, ma anche il rischio reale di venir perseguiti penalmente per abuso di potere, corruzione, crimini di guerra nel Caucaso, brogli elettorali, operazioni finanziarie illecite e molto altro, il che comporterebbe conseguenze molto più gravi, fino all’esecuzione fisica del dittatore. Perciò tale scenario per Putin è escluso. Egli resterà aggrappato al potere fino alla fine e da solo non se ne andrà. La politica estera è determinata dalla politica interna. Perciò è lecito supporre che per tutta la durata del prossimo ciclo di governo putiniano essa manterrà lo stesso indirizzo strategico degli anni 2000, dato che oggi e domani resteranno al potere gli stessi uomini usciti dalla polizia politica e dall’esercito, che conservano in tutto e per tutto la mentalità geopolitica tardo-sovietica e la stessa visione in bianco e nero delle situazioni. Poiché l’ampliamento dell’influenza occidentale porta all’indebolimento del regime autoritario, in politica si manterrà un tono di contrapposizione, che però non si trasformerà mai in minacce dirette e in scontro pericoloso. La retorica aggressiva si coniugherà con un pragmatismo economico moderato, nonché piuttosto limitato nei suoi orizzonti, senza il quale il benessere personale dei vertici russi non può essere mantenuto e garantito. A queste stesse considerazioni si ispirerà la politica rispetto all’avvicinamento alla Cina e ai paesi dell’Asia centrale (interessi comuni nelle for- niture di gas e necessità di arginare la minaccia islamica proveniente dall’Afghanistan), così come la partnership con l’Unione Europea, nonostante l’evidente presa di distanza dai principi giuridici accettati nell’attuale pratica internazionale. Sul confronto con gli Stati Uniti, e di conseguenza sulle pretese di presentarsi come uno degli attori principali sulla scena mondiale, si regge la legittimazione e il riconoscimento del regime nella società russa. E non si tratta solo di mantenere all’interno del Paese l’illusione che la Russia abbia “ristabilito la sua autorità e il suo prestigio di potenza mondiale”, ma anche della relativa, profonda convinzione della popolazione russa che solo la potenza militare, il predominio nel possesso di missili e armi nucleari possano garantire la sicurezza del Paese. A causa del cinismo giuridico e della tradizionale violenza istituzionale, la coscienza sociale non ammette l’idea che la sicurezza possa presupporre anche altre forme e meccanismi, in particolare gli accordi internazionali, la partnership economica e altri interessi che neutralizzino il pericolo di un conflitto armato. La Russia non aspirerà (perlomeno nei prossimi anni) all’integrazione con l’Europa o con le grandi organizzazioni e unioni internazionali, orientandosi verso rapporti bilaterali fra singoli Paesi, nella misura in cui non le impongono sostanziali limitazioni, anche ideologiche. In conclusione, è inevitabile che la Russia si trasformi in uno dei Paesi periferici del mondo contemporaneo, sofferente del proprio isolazionismo e della propria arretratezza. . east . rivista europea di geopolitica