Modelli semplificati di dispositivi

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA
“TOR VERGATA”
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI
Corso di laurea in FISICA - Corso di laurea in SCIENZE DEI MATERIALI
LABORATORIO 3: Complementi di teoria alle esperienze
Modelli semplificati per circuiti elettronici a dispositivi attivi
Dott. Davide Badoni. Roma 10 gen. 2007
In questo documento, nella prima parte, viene introdotto l’aspetto generale della modellizzazione di base di dispositivi elettronici, attuata tramite la separazione dello studio tramite
i modelli per grandi segnali e per piccoli segnali.
Nella seconda parte viene accennata la descrizione del modello per grandi segnali di un
transistor a giunzione.
Nella terza parte viene trattato il modello a π a parametri ibridi.
Nella quarta e ultima parte viene trattato il calcolo dei parametri caratteristici di un
amplificatore a transistor bipolare in configurazione a collettore comune, utilizzando il modello
a π a parametri ibridi nella sua versione semplificata per bassa frequenza.
1
Introduzione
Le grandezze in gioco in un circuito elettrico (tensioni o correnti) generico, possono essere, in
generale, tra loro dipendenti tramite relazioni non lineari.
Riferendoci alla maggioranza dei casi reali, senza perdere troppo in generalità, è comunque
utile restringere i casi in cui la generica grandezza y è esprimibile con una funzione sviluppabile
in serie di Taylor:
y(x) = α0 + α1 x + α2 x2 + ...
con α0 , α1 ... coefficenti opportuni.
Soffermiamoci al caso specifico di amplificatori di segnali a dispositivi attivi a transistor.
Questi dispositivi sono rappresentabili come quadrupoli con un ingresso ed una uscita, riguardo
le grandezze e le relazioni a loro associate, per le quali molto spesso è sufficente considerare
solo i primi due termini:
y(x) = α0 + α1 x
dove y(x) è la grandezza (tensione o corrente) in uscita e x quella in ingresso, che può essere
in molti casi una funzione del tempo (x = x(t)). In un approccio tipico riguardante gli
amplificatori per piccoli segnali variabili nel tempo a transistor, il primo termine rappresenta la grandezza di polarizzazione in continua; vediamo allora cosa rappresenterà il secondo
termine. Generalmente l’amplificazione in un dispositivo attivo dipende dalla corrente (o
tensione) in uscita di lavoro che è quella applicata al dispositivo istante per istante, rigorosamente questa dipende dal valore assunto da entrambi i termini. Di fatto però la condizione
α0 >> α1 vale per molti casi concreti di amplificatori a transistor (a giunzione bipolare,
MOSFET ecc.). E quindi sotto l’approssimazione che la corrente di lavoro (complessiva)
1
sia sostanzialmente quella di riposo (ovvero quella senza segnale), è possibile identificare il
secondo termine come quello di amplificazione per piccoli segnali ; in questo caso il valore di
amplificazione α1 dipenderà esclusivamente da α0 mantenuto costante e fissato a priori.
Per le suddette ragioni è conveniente separare lo studio di un amplificatore in due fasi e
aspetti distinti:
Il primo è l’aspetto di Polarizzazione del dispositivo definito da α0 . In questa fase non si
considerano i contributi alla polarizzazione fornite dal secondo termine. Il modello più
o meno complesso che ne deriva sarà quindi chiamato in Continua oppure, per i motivi
che saranno chiari alla fine di questa sezione, più genericamente per Grandi segnali.
Il secondo è l’aspetto di Amplificazione per piccoli segnali del dispositivo definito da α1 . In
questa fase non si considerano le grandezze di polarizzazione fornite dal primo termine.
Il modello più o meno complesso che ne deriva è quindi chiamato per Piccoli segnali.
Riguardo il secondo aspetto c’è da aggiungere che, per analogia, si porterebbe essere tentati
di definire l’eventuale appellativo alternativo di modello in Alternata, ma occorre considerare
che nel modello per piccoli segnali è necessario passare per modelli approssimati più o meno
sofisticati a seconda se si voglia tener conto oppure no della banda passante, in particolare della
frequenza di taglio superiore determinata dalle capacità parassite intrinseche del dispositivo.
Quello che capita usualmente, è che si trattino due tipi di modellizzazione per piccoli segnali
del dispositivo differenti per grado di complessità.
• Il primo è il modello per piccoli segnali in bassa frequenza: non si tiene conto delle
capacità parassite.
• Un secondo è il modello per piccoli segnali in alta frequenza: questo modello contempla
anche le capacità parassite.
A rigore, anche per il modello per Grandi segnali si può trattare la parte in bassa oppure
alta frequenza, rispettivamente considerando oppure no le capacità parassite. Questo è però
il caso particolare in cui non è più valida l’ipotesi di partenza α0 >> α1 che significa che lo
studio non è più separabile nelle due parti per grandi segnali e per piccoli segnali: il modello
complessivo sarà più complesso e il contributo alla polarizzazione dato dalle grandezze relative
al segnale non è trascurabile rispetto all’eventuale offset fornito dalla polarizzazione che in
questo caso, al limite, può essere anche nullo. È ovvio che in questo specifico caso l’appellativo
alternativo di Modello in continua non è più applicabile.
2
Cenni sui modelli semplificati per In Continua di un
BJT (transistor a giunzione bipolare)
Riguardo un transistor a giunzione una modellizazione semplice in continua può essere fatta
usando un circuito equivalente diverso a seconda se il transistor viene fatto lavorare in zona
attiva o in zona di saturazione.
Il transistor, può essere rappresentato da un quadrupolo, in configurazione tipica con
l’emettitore comune, dove l’ingresso è rappresentato dai terminali B − E (base-emettitore) e
l’uscita da quelli C − E (collettore-emettitore).
2
2.1
Modello in continua del transistor BJT in zona attiva
Il circuito equivalente è rappresentato in fig. 1.
• La VBE è quella tipica di lavoro in zona attiva e vale quindi, ad esempio, approssimativamente 0.7 V per un transistor al silicio.
• Il parametro di guadagno in continua βF mette in relazione la corrente di collettore in
uscita con quella di base IB .
• R0 tiene conto dell’effetto Early, che funzionalmente rappresenta la dipendenza della
corrente di collettore dalla tensione di collettore, effetto che in alcuni casi si può trascurare (si toglie la resistenza) approssimando la corrente al solo contributo legato al valore
della corrente di ingresso.
B
ΙC
ΙΒ
βFΙΒ
VBE (attiva)
C
R0
E
E
Figura 1: Circuito equivalente semplificato in continua di un transistor BJT in configurazione con emettitore
comune nella zona di funzionamento attiva.
2.2
Modello in continua del transistor BJT in zona di saturazione
Il circuito equivalente è rappresentato in fig. 2.
In questo caso la corrente di uscita sostanzialmente non dipende più da quella di ingresso
e la VCE si attesta ai valori tipici di saturazione.
B
ΙΒ
ΙC
VBE (sat.)
E
C
VCE (sat.)
E
Figura 2: Circuito equivalente in continua di un transistor BJT in configurazione con emettitore comune nella
zona di funzionamento di saturazione.
3
3
Modello per piccoli segnali di un BJT (transistor a
giunzione bipolare) in configurazione di emettitore
comune
Il circuito equivalente è rappresentato in fig. 3. Una convenzione diffusa è quella che riguarda
i caratteri usati nei nomi dei parametri del circuito equivalente per piccoli segnali che sono
minuscoli diversamente da quelli usati nei circuiti in continua che solitamente sono maiuscoli.
Come detto esaurientemente nella prima parte, qui tutti i parametri sono quelli relativi
alle variazioni (segnale); tutte le componenti continue (costanti nel tempo) vanno considerate
nulle.
B
ιb
ιc
rcont
+
vπ
rπ
cµ
cπ
gmvπ
C
r0
E
E
Figura 3: Circuito equivalente a π ibrido di un transistor BJT in configurazione di emettitore comune.
• rπ e cπ rappresentano rispettivamente la resistenza differenziale e la capacità di diffusione
della giunzione B−E. I valori tipici di rπ vanno da centinaia a migliaia di ohm a seconda
del dispositivo e della corrente di polarizzazione.
• La capacità cπ rappresenta la capacità di svuotamento della giunzione B − C che
tipicamente è polarizzata inversamente.
• r0 tiene conto dell’effetto Early e quindi funzionalmente fornisce la dipendenza di ic da
vce .
• Il generatore di corrente di uscita dipendente fornisce una corrente pari a gm vπ dove
gm è la transconduttanza di uscita e tiene conto delle variazioni della corrente di uscita
dovute a variazioni (segnale) in ingresso valutate intorno al punto di riposo:
∆IC ic gm =
=
∆VBE VCE = cost= VCEQ
vbe vce = 0
• rcont è la resistenza ohmica di contatto, solitamente di valore relativamente basso da
poter essere trascurata nella maggior parte dei casi.
Se si vuole studiare il comportamento in bassa frequenza si può semplificare il circuito
equivalente eliminando le due capacità .
Spesso in luogo della transconduttanza viene indicato il parametro hf e che è il guadagno
differenziale di corrente diretto in cortocircuito a emettitore comune (common emitter forward
short-circuit current gain), che quindi è definito come:
∆IC ic hf e =
=
∆IB VCE = cost= VCEQ
ib vce = 0
4
Trascurando rcont , per vce = 0
⇒
4
ic = gm vπ = gm rπ ib da cui:
⇒
ic
= gm rπ = hf e
ib
Amplificatore a collettore comune: calcolo dei parametri
caratteristici con l’utilizzo del modello per piccoli
segnali
Nel disegnare un circuito equivalente per piccoli segnali a partire dal circuito completo della
rete di polarizzazione, è necessario tener conto di tutte le osservazioni fatte in precedenza che
corrispondono ad eliminare l’effetto di tutti i generatori indipendenti di grandezze costanti
ovvero:
• sostituire un cortocircuito ai generatori indipendenti costanti di tensione.
• eliminare i generatori indipendenti costanti di corrente aprendo il circuito.
In figura 4 è rappresentato lo schema minimale completo di un amplificatore a collettore
comune, detto anche ad inseguitore per i motivi che saranno chiari alla fine di questa sezione.
Le resistenze R1 e R2 forniscono la necessaria polarizzazione del transistor determinando
il punto di riposo.
R1
Vcc
C
B
Rs
E
Vs
R2
vin
RE
vout
Figura 4: Amplificatore a BJT in configurazione di collettore comune.
B
ib
rπ
E
+
Rs
vs
Rb
vin
gmvπ
i0
C
RE vout
C
rin
-
rout
Figura 5: Circuito equivalente a π ibrido dell’amplificatore a collettore comune della figura precedente.
Il circuito equivalente è rappresentato in fig. 5. Il generatore reale di segnale è rappresentato nella sua completezza comprendendo un generatore ideale di segnale di valore di
ampiezza pari a vs e la sua resistenza interna di valore Rs .
5
Il segnale in tensione di ingresso all’amplificatore è vin .
Il segnale in tensione in uscita dall’amplificatore è vout .
La resistenza Rb è pari a R1 //R2 .
Utilizzando il modello per piccoli senali, si è in grado di determinare i parametri dinamici
caratteristici di questo amplificatore:
• Guadagno in corrente.
• Resistenza di ingresso vista verso destra tra i due punti indicati dalla freccia.
• Guadagno in tensione.
• Resistenza di uscita vista verso sinistra tra i due punti indicati dalla freccia..
4.1
Guadagno in corrente AI
Per definizione è AI = ii0b .
Sul nodo E:
i0 = −ib − gm vπ ; ma vπ = ib rπ
e poiché hf e = gm rπ si ottiene:
⇒ i0 = −ib − gm ib rπ = −ib (gm rπ + 1)
i0
= AI = −(hf e + 1)
ib
Il guadagno in corrente è sostanzialmente pari ad hf e essendo hf e >> 1. Il segno (−)
indica che la corrente è di verso opposto alla verso della freccia (è uscente dall’emettitore).
4.2
Resistenza di ingresso rin
Per definizione è rin = viinb .
vin = ib rπ − i0 RE ; uso i0 = −(hf e + 1) ib
da cui:
⇒ ri =
vin
ib
=
1
( i b rπ
ib
+ RE (hf e + 1) ib )
ri = rπ + (hf e + 1) RE
La resistenza di ingresso rispetto al valore di quella della configurazione ad emettitore
comune (che vale circa rπ ) è incrementata di hf e + 1 volte il valore di RE .
4.3
Guadagno in tensione AV
v0
.
vin
(hf e + 1) RE
Per definizione è AV =
v0
vin
=
−i0 RE
vin
=
vin
ib
=
(hf e + 1) RE
rin
AV =
e quindi:
(hf e + 1) RE
rπ + (hf e + 1) RE
Poiché tipicamente (hf e + 1) RE
>> rπ
6
<
1
⇒ AV è di poco inferiore all’unità.
4.4
Resistenza di uscita rout
Conviene fare un’ utile approssimazione: tipicamente è Rb >> Rs , infatti la resistenza interna
del generatore deve essere piccola rispetto a Rb altrimenti non si avrebbe un buon trasferimento
di tensione del segnale dal generatore all’amplificatore.
Con questa approssimazione per calcolare la resistenza di uscita si può utilizzare il circuito
equivalente indicato in fig. 6.
ib
B
rπ
i0
Rs
E
vout
rout
g mv π
C
RE
Figura 6: Circuito equivalente per il calcolo della resistenza di uscita
i0 = hf e ib + ib = (1 + hf e ) ib
; rout =
rout =
vout
i0
=
vout
(1 + hf e ) ib
ma
vout
ib
= rπ + Rs quindi:
rπ + R s
(1 + hf e )
La resistenza di uscita è ridotta ad un fattore
ad emettitore comune (che vale circa rπ ).
1
hf e + 1
di quella relativa alla configurazione
Riassumendo i confronti con l’emettitore comune:
• La resistenza di ingresso è elevata.
• La resistenza di uscita è bassa.
• Il guadagno in corrente è circa pari ad hf e .
• Il guadagno in tensione è prossimo (poco inferiore) all’unità.
L’ultima caratteristica elencata, unita al fatto che il segnale è in fase con quello di ingresso
determina l’appellativo di amplificatore Inseguitore di emettitore perchè la tensione in uscita
Insegue quella di ingresso senza raggiungerla completamente.
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