INTERVISTA A Carlo Mangano Proteine morfogenetiche, cellule staminali e loro interazioni nella rigenerazione ossea Sempre più rigenerare tessuti vorrà dire, in futuro, utilizzare fattori di crescita e cellule staminali supportati da opportuni substrati e chirurgicamente innestati. Un mondo affascinante che anche in chirurgia odontostomatologica muove i suoi passi. Ma esattamente qual è lo stato dell’arte? Abbiamo chiesto al dottor Carlo Mangano, docente a contratto presso l’Università dell’InsubriaVarese, da sempre impegnato nella ricerca nell’ambito dell’Ingegneria Tessutale Ossea, di fare il punto sulla situazione di questo affascinante settore e sulle sue attuali applicazioni cliniche. Il dottor Mangano, autore di 176 pubblicazioni (di cui 75 su riviste internazionali) e di sette libri sui biomateriali e sulla chirurgia implantare, è fra l’altro socio attivo dell’International Association for Dental Research (IADR), della Società Implantologia Osteointegrata (SIO) e della Società Italiana Chirurgia Orale e Implantologia (SICOI). Come può l’ingegneria tissutale aumentare le possibilità delle tecniche rigenerative dell’osso? La rigenerazione è la ricostituzione della forma e della funzione dei tessuti danneggiati. Si identifica con la morfogenesi tissutale ed è un fenomeno che intende ricapitolare gli eventi che si verificano durante l’embriogenesi e il cui risultato è la genesi di una forma funzionale assolutamente indistinguibile dal tessuto originale sano. La formazione di tessuto osseo richiede tre ingredienti principali: il segnale solubile osteoinduttivo, un substrato insolubile adatto che funzioni da supporto e possa liberare il segnale per la formazione di nuovo tessuto osseo e un pool di cellule mesenchimali in grado di captare il segnale e differenziarsi in osteoblasti. Tutte e tre le componenti possono essere manipolate: il segnale o i segnali morfogenetici che devono essere trasmessi, la natura (struttura, composizione chimica, geometria, ecc.) del substrato, le cellule mesenchimali capaci di continua differenziazione. Negli ultimi dieci anni, i progressi della biologia cellulare e molecolare hanno permesso di chiarire i meccanismi fondamentali della guarigione ossea, il significato stesso del potenziale rigenerativo dell’osso, aprendo la strada all’ingegneria tissutale ossea. Oggigiorno sappiamo che una caratteristica fondamentale del tessuto osseo è la sua capacità di concentrare e sintetizzare una varietà molto notevole di fattori di crescita essenziali per la rigenerazione tissutale. Questi fattori possono essere utilizzati per ottenere la rigenerazione tissutale in contesti clinici. Quali sono i fattori di crescita ossea oggi conosciuti? Attualmente, sappiamo che i segnali responsabili dell’osteoinduzione appartengono a una famiglia di proteine chiamate collettivamente proteine morfogenetiche dell’osso (Bone Morphogenetic Proteins, BMP). Più di una ventina di sequenze aminoacidiche di BMP umane è stata clonata ed espressa per via ricombinante (recombinant human BMP, rhBMP). Le sole BMP ricombinanti presenti sul mercato e approvate dalla Food and Drug Administration (FDA) sono rhBMP-2 e rhBMP-7. Tuttavia, altri prodotti sono in fase di studio da parte della FDA e saranno presto immessi sul mercato, come per esempio BMP-XR, fondamentalmente rappresentato da BMP-9. Queste proteine appartengono alla superfamiglia dei fattori di crescita e differenziazione noti come Transforming Growth Factors beta (TGFs-beta). I membri della superfamiglia dei TGFs-beta sono morfogeni che controllano la crescita, la differenziazione e l’apoptosi delle cellule e hanno un ruolo centrale nelle fasi dello sviluppo embrionale e quindi nella morfogenesi tissutale. Nell’uomo, le BMP sono principalmente implicate nella morfogenesi del tessuto osseo e cartilagineo e sono espresse durante l’età dello sviluppo e della crescita, ma anche nel callo osseo in seguito a ITALIAN ORAL SURGERY 2009;8(5):243-246 | 2.indd 243 243 11/12/09 5:07:59 PM Intervista A Carlo Mangano fratture. Potenti promotrici dell’induzione ossea, di cui rappresentano il segnale centrale, esse stimolano le cellule mesenchimali a proliferare e differenziarsi in osteoblasti, che producono osso. Il concetto che l’induzione ossea dipenda dall’azione combinata delle BMP e di un substrato complementare è di fondamentale importanza per le applicazioni terapeutiche. Per una prospettiva di rilascio locale, è richiesto un substrato carrier per liberare le BMP verso gli specifici recettori presenti sulle cellule bersaglio in quantità sufficiente a evocare la risposta terapeutica desiderata. D’altro canto, le cellule mesenchimali indifferenziate devono aderire a un substrato solido per poter ricevere il segnale, proliferare e differenziarsi in cellule produttrici di osso. Il substrato deve quindi essere in grado di ricevere il segnale (BMP) e liberarlo (divenendo così un delivery system), ma deve anche fungere da supporto (scaffold) per la neoformazione di osso. Le BMP non sono gli unici fattori di crescita oggigiorno conosciuti. Vanno infatti ricordati i PlateletDerived Growth Factors (PDGF): in particolare, l’utilizzo di rhPDGF-BB in combinazione con carrier in beta-fosfato tricalcico ha dato ottimi risultati clinici nella rigenerazione di difetti ossei parodontali di dimensioni limitate. Lavori più recenti hanno voluto testare la potenzialità rigenerativa di rhPDGF-BB in combinazione con blocchi di osso bovino deproteinizzato in contesti difficili, come l’aumento verticale di cresta alveolare. Anche in questo tipo di applicazioni rhPDGF-BB ha prodotto risultati estremamente promettenti, dimostrandosi in grado di rigenerare osso. Quindi gli “scaffold”, o materiali di supporto, assumono grande importanza? È certo che una specifica configurazione geometrica del substrato è in grado di favorire l’invasione vascolare e mesenchimale, quindi l’osteogenesi. Segnali solubili inducono morfogenesi e forze fisiche impartite dalla topografia geometrica del substrato dettano tratti biologici, costruendo l’induzione ossea e regolando l’espressione di prodotti genici selettivi in funzione della struttura. La ripetitiva serie di concavità preparate sul substrato e dentro di esso induce crescita e rapida invasione vascolare e capillare. Questi vasi forniscono poi un flusso 244 2.indd 244 continuo di cellule mesenchimali (staminali) pericapillari capaci di differenziazione e trasformazione in cellule osteoblastiche sotto lo stimolo delle proteine morfogenetiche (BMP). Gli osteoblasti sono incoraggiati a migrare in pori di diametro compreso tra 200 e 400 ed è su superfici con queste caratteristiche che anche le cellule mesenchimali riescono a esprimere il fenotipo osteogenico. Le concavità sono infatti dotate di memoria geometrica, dal momento che riproducono eventi morfologici che si verificano durante lo sviluppo embrionario e agiscono come “gate” attivando la crescita e la differenziazione di cellule mesenchimali in osteoblasti. Queste evidenze hanno portato a codificare il concetto di induzione geometrica della formazione ossea. La geometria superficiale del substrato influenza la morfologia cellulare e i rapporti tra le strutture cellulari, con enormi riflessi sulla funzione cellulare, sul nucleo e sull’espressione genica. In questo senso si parla oggigiorno di biomateriali biomimetici, matrici intelligenti in grado di mimare e guidare la guarigione tissutale dettando precisi tratti biologici e costruendo l’induzione ossea. Certamente, la concavità rappresenta un microambiente ideale anche in questo senso perché protegge le cellule mesenchimali da stress eccessivi, permettendo la loro adesione e proliferazione, quindi la differenziazione in osteoblasti. Per quanto riguarda le cellule staminali, quali prospettive apre il loro impiego per la rigenerazione ossea in odontostomatologia? Le cellule staminali sono cellule primordiali, altamente indifferenziate, che possiedono due qualità importanti: notevole potenzialità proliferativa e capacità di differenziarsi, sotto appropriati stimoli, in svariate linee cellulari. Le cellule staminali oggigiorno più note nell’accezione comune sono certamente le cellule staminali embrionali. Nonostante le caratteristiche di queste cellule siano per molti aspetti ineguagliabili, l’aspro dibattito etico e legale in corso in molti Paesi sul loro impiego ne rende improponibile l’impiego in ambito odontostomatologico. La contemporanea scoperta nei tessuti maturi dell’adulto delle cosiddette cellule staminali adulte ha aperto una nuova e affascinante strada nella medicina rigenerativa. Queste cellule, infatti, sono in grado di replicare molto bene e a lungo | ITALIAN ORAL SURGERY 5/2009 11/12/09 5:08:00 PM Intervista A Carlo Mangano in coltura, pur mostrando segni di senescenza e graduale perdita di potenziale differenziativo dopo estese replicazioni (limite di Hayflick) e, aspetto più importante, si mostrano multipotenti, cioè in grado di differenziarsi in almeno 2-3 linee cellulari definite. Per poter rigenerare osso in contesti clinici, naturalmente, è di fondamentale importanza individuare un adeguato sito di prelievo dal quale asportare una piccola quantità di cellule staminali adulte del paziente da replicare in coltura. Le cellule staminali adulte, infatti, sono presenti in una vasta quantità di tessuti, quali midollo osseo, osso trabecolare, periostio, tessuto adiposo, legamento parodontale e polpa dentaria. Sebbene il prelievo dal midollo osseo abbia per primo catturato l’attenzione dei ricercatori, l’interesse del nostro gruppo di ricerca, diretto e coordinato dal professor Papaccio, direttore di Tissue Engineering and Regenerative Medicine (TERM) del Dipartimento di Medicina Sperimentale della Seconda Università di Napoli, si è subito orientato al prelievo di cellule staminali dalla polpa dentale. La polpa dentale è infatti serbatoio naturale di una grande quantità di cellule staminali adulte e rappresenta un sito più accessibile nella pratica comune in odontostomatologia. L’estrazione dell’ottavo incluso è un evento piuttosto frequente in studio odontoiatrico e può rivelarsi fonte di una grande quantità di cellule staminali adulte. Proprio per evitare di ricorrere ai tradizionali prelievi di osso autologo da sedi intraorali, il nostro interesse si è quindi concentrato sulla polpa dentale e le sue cellule staminali. A che punto è la ricerca sulle staminali della polpa dentaria? Queste cellule mostrano un’estesa capacità di proliferare in coltura, addirittura superiore a quella delle cellule prelevate dal midollo osseo, prima di andare incontro a senescenza. Inoltre, mantengono a lungo il proprio potenziale multilineare e possono differenziarsi in una varietà di tipi cellulari e, aspetto molto importante per noi, in cellule in grado di deporre osso. Va al gruppo di ricercatori italiani guidati dai professori Papaccio e Laino il merito di avere isolato, primi al mondo, attraverso l’uso di specifiche formule anticorpali (STRO-1, CD34, c-Kit e altri) una sottopopolazione di cellule staminali pulpari aventi la produzione di tessuto osseo, e non dentina, come proprio destino predefinito. Queste cellule sono in grado di deporre in vitro strutture tridimensionali di osso immaturo, che vanno incontro a fenomeni di maturazione e rimodellamento quando impiantate in vivo, fino a dare osso lamellare. Un aspetto di grande interesse, inoltre, è come questo gruppo peculiare di cellule staminali pulpari sia in grado di differenziarsi contemporaneamente e già in vitro in osteoblasti ed endoteliociti, cioè cellule in grado di formare vasi. È infatti ben nota l’importanza dell’angiogenesi nei fenomeni ossei rigenerativi, poiché essa stessa è prerequisito fondamentale per l’osteogenesi. Le cellule staminali dalla polpa dentaria danno luogo già in coltura a osso contenente una grande quantità di nuovi vasi e ciò porta alla rapida formazione di osso adulto dopo il trapianto in vivo. Come è possibile veicolare queste cellule nel sito del difetto osseo da rigenerare? E come si può in questo modo garantirne l’attività? Certamente, per espletare la loro funzione, anch’esse, come i fattori di crescita, necessitano di un substrato carrier che ne veicoli e sostenga l’attività nel sito del difetto. Nell’ambito della nuova e affascinante scienza dell’ingegneria tissutale, abbiamo oggigiorno alcune valide strategie per poter veicolare l’attività di cellule staminali nel sito del difetto. La prima prevede la proliferazione e differenziazione delle cellule staminali in coltura, con successiva semina su matrice tridimensionale e impianto nel sito del difetto. È questa la via più semplice da percorrere e la più studiata in passato. La seconda prevede la proliferazione e differenziazione cellulare già sulla matrice tridimensionale da innestare, con il vantaggio di una crescita e di uno sviluppo in ambiente 3D sotto stimoli ambientali peculiari. La terza prevede la proliferazione e parziale differenziazione in vitro con semina su matrice veicolante tridimensionale, completamento delle fasi differenziative all’interno di essa e successivo impianto. Il nostro gruppo sta concentrando le proprie ricerche sul comportamento delle cellule staminali pulpari impiantate su substrati solidi in idrossiapatiti porose e coralline. Quando impiantate su queste matrici tridimensionali ricche di pori e concavità, le cellule staminali pulpari colonizzano rapidamente gli spazi porosi e le cavità interne del materiale, proliferando all’interno di esso ITALIAN ORAL SURGERY 5/2009 | 2.indd 245 245 11/12/09 5:08:00 PM Intervista A Carlo Mangano e differenziandosi in osteoblasti in grado di deporre immediatamente osso. La geometria del substrato poroso sembra condizionare fortemente la risposta cellulare, secondo i dettami già definiti e codificati da un eminente studioso nell’ambito dell’ingegneria tissutale, il prof. Ugo Ripamonti dell’Università di Johannesburg, con il quale collaboriamo ormai da anni, secondo il quale, come anticipato prima a proposito degli scaffold, “la forma detta la funzione”. La produzione di osso da parte delle cellule staminali pulpari all’interno di queste matrici tridimensionali è stata inequivocabilmente dimostrata da studi in vitro e preclinici su modello animale; le successive fasi di sperimentazione clinica già in preparazione prevedono la collaborazione di prestigiosi gruppi di ricerca internazionali. È in fase di attuazione un progetto che prevede la creazione di una banca cellulare attraverso 246 2.indd 246 crioconservazione di cellule staminali pulpari per la realizzazione di terapie ritardate. In altre parole, la polpa prelevata, per esempio, da un ottavo incluso o da un dente deciduo estratto in giovane età potrebbe rappresentare fonte di cellule staminali per una rigenerazione ossea parodontale o peri-implantare nello stesso paziente ormai adulto, a distanza di anni. Dopo crioconservazione, infatti, le cellule staminali pulpari mantengono inalterato il proprio potenziale proliferativo e differenziativo, comportandosi esattamente come cellule fresche e senza dimostrare alcun fenomeno apoptotico o di attenuazione. Danilo Di Stefano Professore a contratto Ateneo Vita e Salute Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano e-mail: [email protected] | ITALIAN ORAL SURGERY 5/2009 11/12/09 5:08:00 PM