I sinomoni: ecco le armi chimiche delle piante

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I composti organici volatili
che proteggono le piante
contro gli insetti fitofagi
I sinomoni:
ecco le armi
chimiche
delle piante
di Salvatore Guarino
Bruco di Ennomos fuscantaria su
una foglia di nocciolo
[Immagine: J.P. Hamon,
Wikipedia Commons, 2009]
Le piante venivano una
volta considerate come
organismi passivi nei
confronti degli attacchi
degli animali nocivi. Invece,
durante gli ultimi due
decenni la ricerca scientifica
ha appurato che non è affatto
così. Analizziamo assieme i
meccanismi di difesa delle piante
e le loro capacità di difendersi
dagli insetti fitofagi, attraverso un
ingegnoso e curioso meccanismo
col quale richiamano i loro nemici
naturali lanciando SOS di tipo
chimico: i sinomoni.
Ecco i sinomoni Le armi delle piante
HIPVs e sinomoni
La conoscenza degli elementi che influenzano le relazioni tra organismi viventi è
una sfida importante dell’ecologia di base
e applicata. Durante gli ultimi vent’anni
si è avuto un grosso incremento delle co-
noscenze degli stimoli di tipo chimico che
mediano le relazioni tra vegetali, insetti
fitofagi (dal greco fitos = pianta e fago =
nutro) e loro nemici naturali.
Nel corso della loro evoluzione, le piante
hanno sviluppato interessanti meccanismi
Forma larvale (bruco) del lepidi difesa per proteggersi dagli attacchi dei
dottero Trichoplusia ni.
[Immagine: David Cappaert, Mi- fitofagi, sia di tipo costitutivo, sia indotto
chigan State University, Bugwo- dall’attività degli insetti stessi (vedi tabella). Quelli del primo tipo ostacolano diretod.org]
tamente l’attività degli “erbivori” mediante
sistemi meccanici, rappresentati da adattaUn esemplare adulto del lepidottero Trichoplusia ni (Lepidoptera, Noctuidae).
[Immagine: Calibas, Wikipedia
Commons, 2007]
MECCANISMI DIFENSIVI DELLE PIANTE
COSTITUTIVI
DIRETTI
Adattamenti morfologici, fisiologici
e biochimici che ostacolano l’attività
trofica degli insetti fitofagi. Ad
esempio: spine, tricomi, metaboliti
tossici.
DIRETTI
Produzione di sostanze che agiscono
contro il fitofago: composti volatili
repellenti (HIPVs), tossine, essudati
ecc.
INDIRETTI
Produzione ed emissione di sostanze
volatili (HIPVs) che richiamano
i nemici naturali del fitofago: i
sinomoni.
INDOTTI DALL’ATTIVITÀ
DEL FITOFAGO
Strategie e meccanismi di difesa
delle piante nelle relazioni tritrofiche tra pianta, insetto fitofago e nemici naturali di quest’ultimo.
Struttura dell’isoprene
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menti morfologici quali spine e tricomi, o
per via biochimica, attraverso la presenza
di metaboliti tossici nei tessuti. Le difese
indotte, invece, agiscono in risposta all’attività esercitata dal fitofago sulla pianta.
È stato osservato che l’attacco di un tale
insetto su una pianta
ospite può determinare
un cambiamento quantitativo o qualitativo dei
composti volatili prodotti dai tessuti vegetan.27 | Settembre 2012
li. Se questi ultimi sono prodotti ex novo
dalla pianta solo in seguito all’attacco di un
insetto, si parla di herbivory induced plant
volatiles (HIPVs; composti vegetali volatili indotti dagli erbivori).
Gli HIPVs giocano un ruolo molto importante nelle interazioni tra pianta e fi-
tofago. In alcuni casi essi agiscono come
mezzo di difesa diretto, avendo un’azione
repellente nei confronti dell’insetto. Una
ricerca condotta da Landolt nel 1993 evidenziò, infatti, che gli adulti del lepidottero
Trichoplusia ni (Hubner), un insetto alta-
Caratterizzazione
chimica
dei sinomoni
Le piante a seguito di attacchi
di insetti fitofagi emettono i
sinomoni, composti volatili organici che si inquadrano in due
categorie principali. La prima
- quella dei “volatili della foglia”, tipicamente formata da
molecole a sei atomi di carbonio (alcoli, esteri) - è poco spe- Struttura dell’acido
jasmonico, un noto
cifica poiché queste molecole
sinomone (elicitor)
vengono emesse anche in seestratto originariaguito a lesioni meccaniche dei
mente dal gelsomino.
tessuti vegetali. La seconda,
quella degli HIPVs, è formata
principalmente da composti terpenoidi che
rappresentano una risposta specifica. Infatti,
vengono sintetizzati ex novo tramite processi
metabolici secondari attivati da sostanze induttrici (elicitor) derivate da attività dell’insetto, quali la nutrizione e la riproduzione. Infatti,
possono essere presenti nella saliva delle larve
o nel secreto che ricopre le uova deposte dalle
femmine.
I terpeni sono biomolecole rappresentate da
polimeri dell’isoprene, per questo detti anche
isoprenoidi, lineari, ciclici o combinati. In presenza di sostituenti contenenti atomi diversi
da carbonio e idrogeno - come gruppi idrossili,
carbonili o azotati - vengono chiamati terpenoidi.
Ecco i sinomoni Le armi delle piante
Predatori e parassitoidi
degli insetti fitofagi
I nemici naturali degli insetti fitofagi si dividono in
predatori e parassitoidi. I primi sono insetti carnivori che allo stadio di adulto o di larva si nutrono
attivamente del fitofago. Tra i più utili in agricoltura vi sono i coleotteri della famiglia delle coccinelle
che si nutrono di afidi e cocciniglie. I parassitoidi
invece sono insetti che attaccano il fitofago deponendo un uovo sul corpo (ectoparassitoidi) o all’interno del corpo (endoparassitoidi) dell’ospite.
Dopo la schiusa dell’uovo, la larva si nutrirà dei tessuti dell’ospite uccidendolo. La maggior parte dei
parassitoidi appartiene agli ordini dei ditteri (mosche e simili) e degli imenotteri (api, vespe ecc.).
In natura sia i predatori che i parassitoidi svolgono
un ruolo importante nel contenere le popolazioni
degli insetti fitofagi, tanto che oggi vengono allevati in maniera massiva in laboratorio per essere
utilizzati come insetticidi naturali nei programmi di
agricoltura biologica e integrata.
La coccinella comune Coccinella
septempunctata Linnaeus, 1758
(Coleoptera, Coccinellidae).
[Immagine: Pietro Zito, Università di Palermo]
mente polifago, mostravano una maggiore
attrazione verso i composti volatili prodotti
da piante sane di cotone o di cavolo usate
nell’esperimento, rispetto a quelli emessi
da piante danneggiate dall’attività trofica
dei bruchi di Trichoplusia. Un successivo
studio ha evidenziato che le larve di un altro lepidottero, Heliothis virescens (Fabricius), nutrendosi sulle foglie di tabacco, inducono nella pianta l’emissione di sostanze
che agiscono come repellenti nei confronti
degli insetti adulti.
Schematizzazione di un sistema
tri-trofico.
1 - attacco del fitofago;
2 - il fitofago induce la produzione di sostanze volatili da parte
della pianta con funzione di sinomoni;
3 - i sinomoni vengono utilizzati dal parassitoide per ritrovare
l’ospite;
4 - il fitofago viene attaccato ed
ucciso dal parassitoide.
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Gli HIPVs possono anche funzionare come
mezzi di difesa indiretta, attraendo i nemici
naturali dell’insetto fitofago attraverso una
sorta di SOS chimico (vedi figura). Tali antagonisti, predatori e parassitoidi, agiscono
sul controllo naturale degli organismi erbivori, i primi predandoli direttamente, i
secondi parassitando e uccidendo l’insetto
fitofago. Tali sostanze SOS che richiamano
i nemici naturali, vengono anche definite
“sinomoni” (dal greco sin = insieme e ormao = stimolo), composti detti “allelochi-
Ecco i sinomoni Le armi delle piante
mici” utili sia all’organismo che li emette
(la pianta), sia a quello che li capta (predatore o parassitoide). Questi meccanismi
sono stati evidenziati in molte famiglie di
piante e sono alla base di un’importante
strategia per limitare i danni dovuti agli attacchi di insetti fitofagi. I vegetali non sono
quindi esseri passivi, anzi sono capaci di
proteggersi dagli attacchi con sistemi ingegnosi un tempo insospettabili.
I sistemi tri-trofici
Adulti dell’afide Acyrthosiphum
pisum (Hemiptera, Aphididae).
[Immagine: Frank Peairs, Colorado State University, Bugwood. Dal punto di vista ecologico, risulta evidente come le relazioni tra piante e insetti
org]
Individuo adulto di Aphidius ervi
(Hymenoptera, Braconidae), una
vespa parassitoide di Acyrthosiphum pisum.
[Immagine D.K.B. Cheung, Nursery and Landscape Pests Demo
Site,
http://dkbdigitaldesigns.
com/clm/]
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predatori e/o parassitoidi mediate dai sinomoni presentino vantaggi per entrambi. Per
i nemici naturali dei fitofagi, questi segnali
chimici a lungo e corto raggio sono indispensabili trovare e riconoscere le prede.
In un articolo del 2001 apparso sulla prestigiosa rivista scientifica Science, Kessler
e Baldwin hanno evidenziato che l’emissione di composti organici volatili da parte
della specie Nicotiana attenuata a seguito
degli attacchi di tre insetti fitofagi portava
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ad un incremento della loro predazione del
90% circa. I predatori vanno alla ricerca di
“bersagli” piccoli e ben mimetizzati, pertanto il ruolo giocato dagli stimoli chimici olfattivi è fondamentale nel processo di
ritrovamento. Ovviamente i benefici per
la pianta sono rappresentati dalla diminuzione del numero di fitofagi e dalla conseguente riduzione dei danni ai suoi tessuti.
Un esperimento condotto nel 1990 da
Turling, Tumlison e Lewis - pubblicato
anch’esso su Science - ha dimostrato la capacità di secernere i sinomoni solo in presenza di danni tissutali provocati da insetti
e non a seguito di lesioni meccaniche dovute a fattori abiotici come, ad esempio, tagli
e rotture dovute al vento. Le osservazioni
effettuate sul mais hanno evidenziato che
le piante attaccate dalle larve di lepidotteri
mostravano un significativo aumento nelle emissioni di terpenoidi volatili rispetto
a quelle sane. Questi ultimi avevano un
ruolo chiave nell’attrarre l’insetto Cotesia
marginiventris, un importante parassitoide
di molti lepidotteri nottuidi dannosi per le
colture. Tali molecole non erano sintetizzate in caso di danno tissutale artificiale,
tuttavia, se la zona interessata veniva cosparsa con la secrezione boccale dei bruchi, veniva indotta la produzione di queste
“sostanze SOS”. È stato così provato che
l’emissione di questi composti volatili è legata al danno fisico dei tessuti vegetali in
combinazione con la presenza degli elicitor contenuti nella saliva dei bruchi.
Non solo i lepidotteri, le cui voraci larve
hanno un potente apparato boccale masticatore che provoca gravi danni alle foglie
delle piante, ma anche altri insetti erbivori,
con apparato boccale pungente e succhiante, i cosiddetti “fitomizi”, possono indurre
nei vegetali l’emissione di sostanze volatili
con funzione di sinomoni. Lo studio condotto da Guerrieri nel 1999 ha dimostrato
che le piante di fagiolino infestate dall’afide Acyrthosiphon pisum, producevano sostanze volatili in grado di attrarre le femmine del suo parassitoide, l’imenottero
braconide Aphidius ervi. La produzione di
questi sinomoni non si limitava ai soli tessuti attaccati dagli afidi, ma veniva indotta
anche in altri distretti ancora indenni tramite la cosiddetta “induzione sistemica”,
determinata dal trasporto floematico degli
elicitor lungo il sistema circolatorio.
Ancora più sorprendente è stata la scoperta
che l’induzione della produzione di sinomoni non è legata unicamente alla attività di alimentazione da parte del fitofago.
Talvolta, infatti, è stato evidenziato che
anche l’attività di deposizione delle uova
nei tessuti della pianta può determinare un
Ecco i sinomoni Le armi delle piante
Veduta d’insieme del sistema del
sistema tri-trofico pianta (Vicia
faba), fitofago (Nezara viridula)
e parassitoide oofago (Trissolcus basalis). In questo caso, in
seguito alla contemporanea attività di nutrizione e deposizione
delle uova del fitofago, la pianta
produce composti volatili che
attraggono il parassitoide (sinomoni).
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cambiamento nella produzione dei composti volatili che determinano l’attrazione di
nemici naturali. In questo caso i composti
SOS determinano l’attrazione di parassitoidi oofagi, i quali attaccano lo stadio di uovo
del fitofago: viene così attuata una forma di
difesa preventiva che ha luogo prima della schiusa delle uova e della conseguente
azione dannosa esercitata dalle larve.
Uno studio condotto da Colazza e collaboratori nel 2004, proprio sui parassitoidi oofagi,
dimostrò che in alcuni casi l’induzione alla
produzione di sinomoni da parte della pianta
è legata all’effetto combinato dell’attività di
nutrizione e di deposizione da parte del fitofago. Durante quest’indagine si osservò che
le piante di fagiolino o di fava infestate dalla
ben conosciuta cimice verdognola degli ortaggi, Nezara viridula, producevano sostanze attrattive nei confronti delle femmine del
parassitoide oofago Trissolcus basalis, solo
quando le stesse presentavano sia danni da
alimentazione che la contemporanea presenza delle uova deposte dal fitofago. Al contrario, le piante in cui si verificava solo una
delle due condizioni non erano in grado di
attrarre il parassitoide. Gli elicitor paiono,
quindi, essere presenti non solo nella saliva,
ma anche nelle secrezioni che ricoprono le
uova del fitofago.
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Allarme “verde”
Un ulteriore interessante aspetto delle relazioni mediate dai sinomoni è che le piante
attaccate sono in grado di indurre la loro
produzione anche in quelle limitrofe, ancora non colpite. I vegetali, quindi, sono in
grado di comunicare tra loro per via aerea
e anche questa trasmissione degli avvisi di
pericolo è affidata a composti organici volatili.
Dal punto di vista metabolico, le risposte
indotte sulla pianta da organismi fitofagi
sono state schematicamente ricondotte a
due percorsi fisiologici principali, indicati
con il nome delle rispettive molecole terminali: il ciclo dell’acido salicilico e quello dell’acido jasmonico. Queste molecole
vengono poi trasformate nei rispettivi esteri
metilici e rilasciate in forma volatile. In generale si può dire che il ciclo dell’acido salicilico viene attivato dalla pianta a seguito
di un danno determinato da insetti con apparato boccale pungente e succhiante come
afidi, cocciniglie e aleirodidi. I fitofagi masticatori come lepidotteri, coleotteri e ditteri sono invece responsabili dell’attivazione
del ciclo dell’acido jasmonico.
Ecco i sinomoni Le armi delle piante
Applicazioni
agronomiche
I meccanismi di difesa delle piante rappresentano un’area di ricerca a forte valenza
interdisciplinare e coinvolgono competenze che vanno dalla fisiologia vegetale,
all’ecologia chimica e comportamentale,
alla biologia evolutiva.
Un primo importante passo per identificare
i composti volatili prodotti dalle piante sane
o danneggiate da insetti fitofagi è quello di
campionarli mediante sistemi in aerazione
o air entertainment. Le piante vengono poste in corrente d’aria all’interno di grosse
sfere di vetro. Le molecole emesse in atmosfera vengono catturate utilizzando dei
collettori contenenti adsorbenti chimici
come tenax, porapaq o carbone attivo. Esse
sono poi estratte con un opportuno solvente organico per essere caratterizzate e identificate con tecniche di gascromatografia
e spettrometria di massa, oppure possono
essere utilizzate per effettuare test comportamentali su fitofagi e loro nemici naturali.
I progressi acquisiti in questo campo negli
ultimi vent’anni fanno intravedere anche
possibili applicazioni pratiche in agronomia. A tutt’oggi queste applicazioni hanno
riguardato principalmente l’uso dei sinomoni per manipolare il comportamento dei
nemici naturali dei fitofagi, aumentandone
l’attività e l’efficacia. In futuro potrebbe
prendere consistenza la possibilità di manipolare geneticamente le piante per ottenere
una produzione costitutiva costante di sinomoni, al fine di massimizzare l’efficacia
della lotta biologica integrata basata sulla
presenza dei nemici naturali.
Salvatore Guarino
Dipartimento DEMETRA,
Facoltà di Agraria
Università degli Studi di Palermo
Olfattometro a due vie utilizzato
per saggiare l’attrazione a breve
distanza dei parassitoidi nei confronti di sorgenti odorose.
[Immagine: S. Colazza]
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Test
comportamentali
Il comportamento degli insetti utili - predatori e parassitoidi - può essere studiato in laboratorio per
valutare quali sostanze o loro miscele possano avere funzione di sinomoni nei loro confronti. I principali
strumenti utilizzati allo scopo sono il tunnel del vento e l’olfattometro. Il primo permette di osservare le reazioni e i movimenti (voli, orientamento, atterraggio ecc.) di insetti sottoposti ad un flusso di
odori, in condizioni controllate, che riproducono il più verosimilmente possibile le condizioni naturali.
Questo strumento si utilizza fondamentalmente per valutare gli stimoli coinvolti nell’attrazione a lunga
distanza. L’olfattometro, invece, si utilizza per valutare l’attrazione a corta distanza degli insetti verso
una particolare fonte odorosa, in questo caso l’insetto deve scegliere tra i due bracci dello strumento
che contengono molecole o miscele diverse.
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