Università degli Studi di Messina Facoltà di Medicina e Chirurgia CATTEDRA DI CHIRURGIA GENERALE Titolare: Prof. Salvatore Gorgone Corso di Laurea in Infermieristica Anno Accademico 2008 – 2009 Anatomia della parete toracica La gabbia toracica è costituita da una cavità espandibile con gli atti respiratori costituita da 12 vertebre toraciche, da 12 paia di coste e dallo sterno. Ha la forma di un tronco di cono ad apice rivolto in alto. La parete anteriore, che si estende per circa 18 cm dal giugolo all’apofisi xifoidea, è costituita dallo sterno e dalle cartilagini costali delle prime 10 coste. Le pareti laterali sono formate dalle ultime 10 coste. La parete posteriore è costituita dalle 12 vertebre toraciche e dalle 12 coste. È chiusa in alto dalla clavicola, dall’articolazione della spalla, posteriormente dalla scapola. L’apertura superiore è delimitata dalle prime coste, dal manubrio dello sterno e dal corpo della prima vertebra toracica. L’apertura inferiore, occupata dal diaframma, è circoscritta dalla dodicesima vertebra e dalle coste, anteriormente dalle cartilagini VII ‐ XII costali e dal processo xifoideo. Le pareti toraciche delimitano all’interno un ampio spazio, che è suddiviso nelle due cavità pleuriche separate dal mediastino1. La parete toracica comprende due gruppi muscolari suddivisi in estrinseci, che collegano il torace allo scheletro degli arti superiori (muscoli grande e piccolo pettorale, dentato anteriore; trapezio, gran dorsale, romboide, dentato posteriore, lunghi del dorso), ed intrinseci, i muscoli intercostali (esterni, medi e interni). Gli spazi intercostali sono percorsi dall’arteria, dalla vena e dal nervo intercostale, che dopo l’angolo costale si portano sotto il margine inferiore delle coste. Nella gabbia toracica sono contenuti: i polmoni, il cuore, i grossi vasi, l’esofago e importanti tronchi nervosi. Nel suo insieme la gabbia toracica gode di una notevole elasticità. Nel maschio l’altezza del torace è nel complesso maggiore che nella femmina. Le coste sono più oblique in basso, lo sterno è più verticale. Nella donna il torace è meno alto, le coste sono più orizzontali, lo sterno è più proiettato in avanti; in complesso è simile alla gabbia toracica di età infantile. 1 Il mediastino anteriore contiene il timo, i linfonodi mediastinici, l’aorta ascendente e trasversa, i vasi toracici; il mediastino medio è occupato da cuore, trachea, ili polmonari, nervi frenici e linfonodi ilari; il mediastino posteriore contiene le catene simpatiche, i nervi vaghi, l’esofago, il dotto toracico e l’aorta discendente. 2 CHIRURGIA CARDIACA Anatomia e fisiologia cardiaca Il cuore è un organo muscolare cavo con quattro cavità, che genera un flusso continuo di sangue per mantenere un livello pressorio nell’albero circolatorio. Il cuore è rivestito da una membrana fibroelastica il pericardio, tra pericardio e miocardio vi è una cavità virtuale, la cavità pericardica, che in condizioni normali contiene sino a 50 cc. di liquido pericardico, distribuito in maniera da costituire un velo liquido lubrificante che permette al cuore di muoversi liberamente durante la contrazione e il rilasciamento. In alcune malattie la quantità di liquido aumenta fortemente ostacolando la funzione del cuore. Anatomia Chirurgica del cuore Il cuore, all’apertura del pericardio, si presenta come un cono appiattito antero‐ posteriormente con l’asse della punta diretto in basso, indietro ed a sinistra. Si distinguono: • • • • • • La faccia anteriore, convessa, corrisponde prevalentemente alla parete libera del ventricolo destro, al cono d’efflusso polmonare, ad una piccola porzione del ventricolo sinistro ed all’origine dell’aorta e dell’arteria polmonare. Il solco interventricolare anteriore divide le superfici dei due ventricoli, mentre il solco atrioventricolare anteriore divide la superficie ventricolare da quella atriale. Separata dal pericardio, tale faccia è in rapporto con la parete sternocostale e la porzione mediastinica pleuropolmonare. La faccia infero‐posteriore poggia per buona parte sul diaframma ed è costituita dai due ventricoli e dai due atri. Il solco interventricolare posteriore divide le superfici dei ventricoli, il solco atrioventricolare posteriore i ventricoli dagli atri ed il solco interatriale i due atri. Separata dal pericardio, questa faccia è in stretto rapporto con alcune strutture del mediastino posteriore: l’esofago e l’aorta discendente toracica. Il margine acuto corrisponde ad una porzione del ventricolo destro; è in rapporto con la superficie del diaframma. Il margine ottuso, più ampio, costituisce la parete laterale del ventricolo sinistro ed è in stretto rapporto con la parete mediale del polmone sinistro. La base del cuore è formata dalle pareti atriali, dallo sbocco della vena cava superiore in atrio destro e dallo sbocco delle quattro vene polmonari in atrio sinistro. L’apice cardiaco appartiene esclusivamente al ventricolo sinistro e corrisponde all’itto della punta. 3 L’atrio destro riceve lo sbocco del seno coronarico e delle vene cave superiore ed inferiore che portano il sangue refluo dalla circolazione generale. L’auricola è ad ampia base d’impianto. L’atrio sinistro riceve le vene polmonari che portano il sangue refluo dal circolo polmonare. L’auricola è allungata. Il setto interatriale è costituito dalla fossa ovale ovvero dall’accollamento dei due foglietti primitivi, che in età neonatale collabiscono chiudendo il forame ovale. Il ventricolo destro è ampiamente trabecolato dai muscoli papillari, la sua struttura muscolare non è molto sviluppata e durante la sistole spinge il sangue nel circolo polmonare. Il ventricolo sinistro, più liscio, ha una struttura muscolare parietale che consente una adeguata contrazione durante la sistole per pompare il sangue nel circolo generale. Il setto interventricolare è costituito da una ampia porzione muscolare e da una porzione membranosa. Questa superiormente si continua nella parte fibrosa del cuore (scheletro) che supporta, circondandole, le valvole mitrale, aortica e tricuspide. Gli atri e i ventricoli, infatti, sono in comunicazione reciproca per mezzo di due orifizi atrio‐ventricolari forniti di valvole che ne regolano la chiusura (nel ventricolo destro la tricuspide, nel sinistro la mitrale). La valvola mitrale è costituita da due lembi con ampia superficie di collabimento e questo può consentire un certo grado di prolasso di uno di essi. Le corde tendinee nascono in gran parte dai muscoli papillari e si inseriscono sia nella porzione marginale che nella porzione ventricolare dei lembi. La valvola tricuspide è più ampia della mitrale, i tre lembi non sono di eguale dimensione. Le corde tendinee sono più esili. La valvola aortica è interposta tra ventricolo sinistro e aorta ascendente; è formata da tre coppe ancorate ad un anello fibroso. Nella parte libera ogni lembo presenta un margine ispessito con un nodulo centrale, che consente una buona tenuta della struttura. Al di sopra dell’impianto della valvola dall’arteria aorta nascono le due arterie coronarie, destra e sinistra, che si distribuiscono a tutto il cuore per irrorarlo. La valvola polmonare è simile all’aortica, manca però lo scheletro fibroso di sostegno, le cuspidi sono più sottili. L’area degli osti valvolari è tale da consentire il flusso sanguigno fisiologico senza gradiente pressorio tra i due compartimenti che si mettono in comunicazione a 4 valvola aperta. Quando essa si chiude i lembi valvolari, accollando gli orletti di chiusura, impediscono il reflusso del sangue. Esistono delle parti anatomiche deputate alla diffusione ritmica e coordinata dell’eccitazione elettrica del muscolo cardiaco. Queste strutture specializzate nella conduzione degli stimoli sono: il nodo del seno situato tra vena cava superiore e atrio destro, è il pace‐maker fisiologico del cuore; il nodo atrio‐ventricolare situato davanti allo sbocco del seno coronarico ed in diretta continuazione il fascio di His, che si divide in due branche i cui rami si sfioccano in un fascio periferico di fibre sull’endocardio dei due ventricoli. Il passaggio di una onda di eccitazione lungo le fibre miocardiche si accompagna a variazione di potenziale elettrico lungo la fibre; tale variazione di potenziale viene evidenziata tramite l’elettrocardiogramma, le cui onde rappresentano la registrazione del passaggio dell’impulso e dell’attivazione della muscolatura delle diverse parti del cuore2. Nel cuore si svolgono fenomeni elettrici che sono necessari perché si generi l’attività meccanica (contrazione delle fibre muscolari) ma indipendenti da questa. L’ECG non dà informazioni sui processi meccanici (contrazione e rilasciamento del muscolo) ma solo su quelli elettrici. 2 Venne introdotto alla fine dell’800 da Einthoven, che per questo motivo ricevette il premio Nobel, ma conserva ancora oggi intatta la sua importanza Si ottiene posizionando elettrodi sulla cute, sei sul torace anteriore e quattro sulle estremità degli arti un ECG si può dividere in cinque parti. Il tracciato elettrocardiografico è costituito da una sequenza di onde che esprimono la depolarizzazione (attivazione) e la ripolarizzazione (recupero) delle diverse sezioni del cuore. Inizia con un'onda di modeste dimensioni, l'onda P, provocata dalla contrazione degli atri (sistole atriale), che offre indicazioni del tempo impiegato dall'impulso per propagarsi a entrambi gli atri (può servire appunto per la diagnosi di patologie atriali come il flutter). Segue un tratto piano privo di onde, il segmento PQ, che indica il passaggio dell'impulso dagli atri ai ventricoli. Successivamente troviamo il complesso QRS, formato dall'onda Q, breve e verso il basso, l'alta e stretta onda R e la piccola onda S, anch'essa verso il basso; il complesso caratterizza la sistole ventricolare con l'arrivo dell'impulso ai ventricoli (onda Q) e l'estensione a tutto il tessuto (onde R e S). Il complesso QRS dà indicazioni su aritmie, fibrillazioni e può essere utile anche in caso d'infarto. Il lungo intervallo ST che segue l'onda S e comprende l'onda T può rilevare problemi ischemici, visto che rappresenta il periodo in cui i ventricoli si contraggono e poi (con l'onda T) ritornano a riposo. L'onda T permette di avere indicazioni sull'ipertrofia cardiaca, l'infarto e l'ischemia. L’onda U ha significato scarso e incerto. Esistono anche altre grandezze (come l'intervallo QT), significative per patologie particolari. Il tracciato elettrocardiografico registrato su carta comprende 12 derivazioni, 6 delle quali definite periferiche (I, II, III, aVR, aVL, aVF) perché ottenute ponendo gli elettrodi alle estremità degli arti, mentre le altre 6, denominate precordiali, perché si registrano con elettrodi posti sul torace, si distinguono con i simboli V1,V2,V3,V4,V5,V6. Tutte le derivazioni registrano la stessa serie di fenomeni, cioè la medesima sequenza di onde, anche se la forma e l’ampiezza di queste varia da una derivazione all’altra. In realtà ciascuna derivazione “vede” il cuore da un punto d’osservazione diverso, per cui tutte insieme offrono un panorama completo della realtà. Oltre che registrato sulla carta apposita, l’ECG può essere osservato su un monitor. Nelle Unita Coronariche, nelle Terapie Intensive e nelle Sale Operatorie la monitorizzazione dell’ECG fornisce informazioni di grandissima importanza sull’attività cardiaca. 5 Il cuore è una pompa muscolare atta a generare un flusso continuo di sangue ed a mantenere un livello pressorio nell’albero circolatorio In un ciclo cardiaco, gli atri destro e sinistro vengono riempiti dal sangue che ritorna ad essi, rispettivamente, attraverso le vene cave e le vene polmonari. Trascorso il breve tempo necessario al riempimento, essi si contraggono simultaneamente, spingendo il loro contenuto rispettivamente nel ventricolo destro e sinistro. Questi ultimi, una volta riempiti, si contraggono anch’essi contemporaneamente. La forza della loro contrazione chiude le valvole atrioventricolari ed apre quelle polmonare e aortica, attraverso le quali il contenuto ventricolare viene rispettivamente spinto nell’arteria polmonare e nell’aorta. Nello stesso tempo gli atri si riempiono di nuovo. L’efficienza del cuore dipende in gran parte dal fatto che queste diverse fasi si susseguono ordinatamente. In certe condizioni patologiche molto comuni (aritmie, fibrillazione), questa sequenza di eventi viene alterata. Dalla ritmica attività delle contrazioni atriale e ventricolare vengono generati i toni cardiaci provocati dalla rapida accelerazione e decelerazione che il sangue subisce durante il ciclo cardiaco. Il I tono origina dalla sistole ventricolare segnandone l’inizio; è causato dall’urto del sangue contro le valvole atrio‐ventricolari e all’oscillazione del sangue tra le valvole e le pareti e dall’oscillazione del sangue che esce dalla dall’aorta e dall’arteria polmonare. Il II tono origina dalla fine della sistole ventricolare; è causato dalla vibrazione della colonna di sangue sui lembi chiusi delle valvole aortica e polmonare. 6 Il III tono origina alla fine della fase diastolica di riempimento rapido; è causato dalla vibrazione di tutto il sistema atrio‐ventricolare. Il IV tono origina a metà della sistole atriale; è causato dalla stessa sistole. Diastole ventricolare: comincia subito dopo l’onda T dell’ECG (fase di ripolarizzazione) con il rilasciamento della muscolatura ventricolare. Le valvole semilunari si chiudono per effetto di un regime pressorio più elevato in aorta ed in arteria polmonare rispetto alle cavità ventricolari; le valvole mitrale e tricuspide, al contrario, si aprono in seguito alla caduta delle pressioni ventricolari al di sotto di quelle atriali ed il sangue fluisce attraverso di esse ad una velocità che progressivamente si riduce, con il riempimento dei ventricoli, al termine della diastole. Sistole atriale: comincia dopo l’onda P ed attraverso la contrazione della muscolatura atriale contribuisce ad un 20% del riempimento ventricolare. Sistole ventricolare: ha inizio dopo il complesso QRS dell’ECG (fase di depolarizzazione) con la contrazione del miocardio e la rapida chiusura delle valvole atrioventricolari per l’improvviso aumento di pressione all’interno delle cavità ventricolari. Si distingue una fase isometrica della sistole durante la quale tutte le valvole cardiache risultano chiuse e la tensione sviluppata dalle pareti muscolari (lavoro cardiaco statico) si trasmette alla massa sanguigna contenuta nelle cavità ventricolari aumentandone la pressione interna; quando quest’ultima supera la pressione diastolica in aorta (70‐80 mmHg) ed in arteria polmonare (10‐ 15 mmHg), con l’apertura delle rispettive valvole semilunari, ha inizio la fase isotonica durante la quale la tensione di parete si trasmette alla massa sanguigna espulsa nei condotti arteriosi ad un determinato regime pressorio [valori medi normali: 130/80 mmHg] (lavoro cardiaco dinamico). Le sezioni del cuore costituiscono due sistemi idraulici posti in serie: il circolo polmonare (sezione destra) a bassa pressione ed il circolo sistemico (sezione sinistra) ad alta pressione. La quantità di sangue espulsa dal ventricolo sinistro deve essere pari a quella che giunge al ventricolo destro nella medesima unità di tempo. Il cuore è in grado di adeguare la portata cardiaca (quantità di sangue che viene pompata dal cuore in un minuto) alle esigenze metaboliche dei tessuti periferici attraverso semplici variazioni dei due parametri: frequenza cardiaca e gittata sistolica. 1. Frequenza cardiaca (l´aumento della frequenza cardiaca non è in grado di migliorare la portata cardiaca in modo lineare; superato un certo limite la riduzione del riempimento diastolico e della perfusione coronarica determinano la diminuzione della portata cardiaca) 7 2. Gittata sistolica è condizionata da • precarico (riempimento diastolico ventricolare; è influenzato dalla volemia, dal tono venoso, dalla pressione intratoracica, dalla sistole atriale al riempimento ventricolare e dalla compliance delle pareti ventricolari) • postcarico (tensione sviluppata a livello della parete ventricolare durante la sistole; è influenzato dal diametro della camera ventricolare e dall´impedenza aortica) • stato contrattile miocardico (proprietà contrattile intrinseca del muscolo cardiaco). Lo studio della contrattilità miocardica (mediante Ecocardiografia e Miocardioscintigrafia) ha notevole valore prognostico sul risultato chirurgico immediato e a lungo termine Meccanismi dello scompenso cardiaco sono la perdita di massa contrattile con sostituzione fibrotica per danno cellulare diretto o l’aumento di massa muscolare in risposta ad un sovraccarico di pressione o di volume. Circolazione extracorporea La circolazione extracorporea permette di sostituire temporaneamente la funzione di pompa del cuore e di scambiatore di gas del polmone. Essa è indispensabile per la chirurgia cardiaca e per l’assistenza prolungata in pazienti con grave insufficienza cardiaca acuta o con insufficienza respiratoria acuta. L’intero flusso ematico venoso refluo in atrio destro è aspirato e dirottato verso una macchina esterna ove viene ossigenato e pompato a pressione controllata, quindi reintrodotto nell’albero arterioso (aorta o arteria femorale). Ne consegue che il sangue deve passare attraverso condotti non endotelizzati e gli organi ricevono un flusso non pulsatile ma continuo. Tuttavia la specie umana tollera questa condizione, che può essere definita “parafisiologica”. I componenti essenziali di un circuito extra‐corporeo, destinati a sostituire il cuore e i polmoni per consentire una perfusione e un’ossigenazione dei tessuti il più vicino possibile alle condizioni fisiologiche, sono la pompa e l’ossigenatore. A questi si aggiungono gli aspiratori, il cardiotomo, i filtri e lo scambiatore di calore. Questi vari componenti sono collegati al paziente mediante tubi e cannule di materiale sintetico. Gli inconvenienti legati al circuito sono di lieve entità quando viene usato per qualche ora, divengono rilevanti nell’assistenza prolungata cardiaca o respiratoria. Il sangue, dopo eparinizzazione3 del paziente viene raccolto da una cannula posta in atrio destro o da due cannule inserite nelle vene cave e raggiunge l’ossigenatore da 3 Iniettando 300 UI/kg di eparina. Controlli seriati del tempo di coagulazione consentono di mantenerlo almeno tre volte superiore al normale per tutto il tempo della circolazione extracorporea. Alla fine del by-pass si neutralizza l’eparina con solfato di protamina in rapporto di 1:1 con l’eparina somministrata. 8 dove, depurato dalla CO2 e ossigenato, quindi opportunamente riscaldato o raffreddato, viene pompato nell’albero arterioso attraverso una cannula inserita nell’aorta ascendente o nell’arteria femorale. In questo modo il sangue del paziente bypassa il cuore e i polmoni rendendo possibili interventi a cuore aperto con campo esangue e cuore fermo. Circuiti accessori permettono di aspirare il sangue eparinato dal campo operatorio, esso viene raccolto e convogliato in un serbatoio (cardiotomo), filtrato e fatto defluire nell’ossigenatore. Necessari sono i filtri per fermare microemboli e piccole bolle d’aria, uno scambiatore di calore e sistemi di monitoraggio della pressione e della temperatura.4 Il circuito extracorporeo deve essere riempito di sangue o altre soluzioni prima di essere collegato al paziente per evitare l’immissione di aria in circolo. Attualmente si adoperano per il priming soluzioni idroelettrolitiche bilanciate per ottenere un ematocrito del 20 ‐ 25% con un minor uso di sangue, diminuzione della viscosità del sangue durante l’ipotermia, minore entità di danni polmonari, renali ed encefalici postoperatori. Il danno miocardico conseguente all’arresto ischemico è la più comune causa di mortalità e di morbilità nella chirurgia a cuore aperto. Pertanto vengono introdotte nelle coronarie, attraverso la radice aortica, soluzioni cardioplegiche (soluzioni alcaline fredde con una concentrazione di potassio di 15 ‐ 30 mEq/l, lievemente ipocalcemiche e a contenuto in magnesio simile a quello intracellulare) che riducendo le richieste metaboliche del miocardio stabilizzando lo stato fisico‐ chimico delle membrane cellulari proteggono il cuore dall’insulto ischemico. Rispettando i principi e le modalità di esecuzione, che devono assicurare una distribuzione uniforme della soluzione cardioplegica in tutte le regioni miocardiche, con l’ipotermia profonda e la cardioplegia si può protrarre anche per due – tre ore il tempo di ischemia.5 4 L’ipotermia (moderata 32° - 25° C, profonda 25° - 18° C) diminuisce il consumo di ossigeno da parte dei tessuti. L’ipotermia sistemica oltre ad evitare o limitare i danni cardiaci, protegge anche gli altri parenchimi (rene, cervello). 5 La cardioplegia deve pertanto assolvere alle seguenti funzioni: indurre l´arresto diastolico del cuore; indurre l´ipotermia miocardica - è da considerare "sicura" una temperatura monitorata del setto interventricolare inferiore ai 15 °C; apportare substrati metabolici (glutammato, aspartato) utilizzando soluzioni iperosmolari (per ridurre l’edema interstiziale). In rapporto alla via di somministrazione la cardioplegia può essere: anterograda (la soluzione cardioplegica è iniettata nel bulbo aortico ad aorta clampata), o retrograda (la soluzione cardioplegica è iniettata nel seno coronarico). In rapporto alla modalità di somministrazione: intermittente (la più diffusa) in cui la soluzione cardioplegica è infusa sistematicamente a dose fissa ogni 20 minuti, o continua in cui la perfusione coronarica cardioplegica è continua per tutto il tempo dell´arresto cardiaco. In rapporto alla temperatura della soluzione somministrata: ipotermica o normotermica ( alcuni protocolli, non estendibili alla totalità dei pazienti, possono governare l´arresto cardiaco in normotermia mediante infusione di soluzione ematica iperpotassica ma espongono gli organi ad uno stress biologico maggiore). Fasi dell´arresto cardioplegico: Induzione: in cui viene indotto l´arresto cardiaco in diastole. Mantenimento: è la fase più prolungata (varie decine di minuti) in cui il cuore viene mantenuto asistolico. La durata di questa fase è pari al tempo tecnico della fase centrale dell´intervento cardiochirurgico vero e proprio. In questa fase la soluzione cardioplegica viene somministrata regolarmente ad intervalli regolari. Riperfusione: si induce la ripresa dell´attività elettromeccanica del cuore con il ripristino della normotermia e con l´induzione di soluzioni ripolarizzanti. È la fase in cui può avvenire il danno da riperfusione, causato dall´accumulo di calcio intracellulare e da miocitolisi. 9 La ridotta riserva cardiaca, l’instabilità circolatoria, le ripercussioni della circolazione extracorporea sui polmoni e sugli altri apparati, l’elevata richiesta metabolica (per lo stato di “infiammazione generalizzata” e per la necessità di riscaldarsi dall’ipotermia) impongono un trattamento intensivo nell’immediato periodo postoperatorio. Il paziente ancora sedato e intubato viene collegato ad un respiratore automatico e monitorizzato. Raggiunta la stabilità circolatoria e riscaldato l’operato viene lasciato emergere dalla sedazione e quindi estubato. In genere, quando tutto procede bene, sono necessarie 8 ‐ 12 ore postoperatorie per raggiungere una situazione di equilibrio stabile e 24 ore per recuperare il normale stato di coscienza. Decorso postoperatorio in terapia intensiva garantire un risveglio graduale dall´anestesia: si evitano così il fenomeni di ipertensione e la tachicardia dovuti all´ansia e al dolore postoperatorio normalizzare la temperatura del paziente, ricorrendo sia a metodi di riscaldamento attivi che a farmaci per prevenire fenomeni di brivido, causa di aumentato consumo di ossigeno svezzare gradualmente il paziente dalla ventilazione meccanica. Dopo la CEC, il parenchima polmonare è edematoso per l´aumento della permeabilità capillare ed il sovraccarico idrico, la capacità vitale e la capacità funzionale residua sono ridotte, compaiono micro‐atelettasie. Inoltre la sonnolenza dovuta al residuo dell´anestesia, il dolore causato dalla ferita sternale e dalla presenza di drenaggi toracici e mediastinici, la perdita di integrità delle pleure e la frequente presenza di versamento limitano la capacità del paziente di espettorare e mantenere una ventilazione adeguata. Per questi motivi solo una piccola percentuale di pazienti può essere risvegliata ed estubata subito dopo l´intervento: la maggior parte necessita invece di un periodo di durata variabile di ventilazione meccanica stabilizzare le condizioni emodinamiche: anche dopo interventi non complicati, si osserva una depressione della funzionalità cardiaca che raggiunge l´apice a circa 4 ore dalla fine dell´intervento. Sebbene si tratti di un fenomeno reversibile, durante questa fase è indispensabile intervenire attivamente per mantenere una portata cardiaca ed una pressione di perfusione adeguate, con il controllo del sanguinamento postoperatorio, il reintegro della volemia, il mantenimento di un ritmo cardiaco stabile, l´utilizzo di farmaci inotropi e vasoattivi Per il successo di un intervento chirurgico assume particolare importanza il controllo continuo di taluni parametri, indici di funzionalità dei principali apparati (cardiocircolatorio, respiratorio, renale e cerebrale), della coagulazione e del metabolismo generale, in modo da poterne controllare le variazioni e agire 10 tempestivamente con manovre e accorgimenti terapeutici idonei. Il monitoraggio va attuato sia durante l’intervento6 che nell’immediato periodo post‐operatorio7 in unità di terapia intensiva. Arresto circolatorio Complicanza del decorso postoperatorio, soprattutto delle prime 24 ore postoperatorie. Le cause più frequenti sono infarto postoperatorio, tamponamento cardiaco, ipovolemia acuta da sanguinamento massivo, distacco di protesi valvolare, ipokaliemia o iperkaliemia, pneumotorace ipertensivo. Terapia: massaggio cardiaco esterno (100 compressioni al minuto che provochino la depressione dello sterno di 4‐5 cm); ventilazione in ossigeno puro (12 insufflazioni al minuto sincronizzate con le compressioni toraciche); defribillazione elettrica (scarica non sincronizzata di corrente continua fino a 360 Joule di energia); farmaci (adrenalina in bolo di 0,5‐1 mg o in infusione continua nella linea venosa centrale e cloruro di calcio); massaggio cardiaco interno (dopo riapertura d’emergenza del torace); contropulsatore aortico (catetere a palloncino posizionato in aorta discendente collegato ad un apparecchi esterno che gonfia il palloncino in diastole e bruscamente lo sgonfia all’inizio della sistole, in questo modi si ha un rialzo pressorio diastolico con aumento della perfusione coronaria). Insufficienza renale acuta postoperatoria Circa il 4% dei pazienti operati in CEC sviluppa insufficienza renale oligoanurica, condizione che è gravata da una mortalità elevata (60‐80%). Fattori predisponenti sono la creatininemia preoperatoria > 1,6 mg/dl; l’insufficienza cardiaca preoperatoria; l’età avanzata; la durata della CEC; la bassa portata postoperatoria; la politrasfusione; l’uso di mezzi di assistenza circolatoria meccanica. Una volta instaurata, l’insufficienza renale acuta oligoanurica insensibile al trattamento con i diuretici deve essere trattata aggressivamente con emofiltrazione o dialisi per evitare le conseguenze dell’uremia, della ritenzione idrica e dell’iperpotassiemia. 6 Temperatura, elettrocardiogramma, pressione arteriosa, pressione venosa centrale, diuresi, equilibrio acido-base, bilancio idroelettrolitico. 7 Temperatura, elettrocardiogramma, pressione arteriosa, pressione venosa centrale, gittata cardiaca, gas ematici, diuresi e parametri di funzione renale, equilibrio acido-base, bilancio idroelettrolitico, computo delle perdite ematiche dai tubi di drenaggio, assetto metabolico e coagulativo, esame neurologico ed elettroencefalogramma. La pressione arteriosa, mediante agocannula in un’arteria periferica, permette di valutare l’efficacia contrattile del miocardio e di controllare la volemia del paziente. La pressione venosa centrale si ottiene incannulando una vena centrale (succlavia, femorale, giugulare interna) e serve a valutare sia l’attività cardiaca che l’entità della massa circolante. La misurazione della gittata cardiaca serve a valutare la funzione di pompa del cuore. La diuresi viene monitorata con un catetere vescicole a palloncino. La funzione respiratoria viene controllata con l’esame emogasanalitico ripetuto a intervalli regolari. A fine intervento vengono posizionati due drenaggi in mediastino sia per drenare le perdite ematiche sia per misurare le perdite ed effettuare un adeguato rimpiazzo. Il bilancio idroelettrolitico si calcola comparando le perdite (diuresi, perdite ematiche, drenaggio dal sondino naso-gastrico, perspiratio insensibilis) con le entrate (soluzioni somministrate per endovena e per os). Il tempo di risveglio del paziente, il suo orientamento nel tempo e nello spazio, la capacità di muovere gli arti su richiesta sono i parametri neurologici principali che vanno eventualmente completati con l’esame neurologico e con l’EEG. 11 Valutazione del rischio chirurgico European System for Cardiac Operative Risk Evaluation o EUROSCORE rappresenta uno dei più recenti strumenti a punteggio per valutare il rischio chirurgico. Pubblicato nel 1999, è stato costruito su un set di circa 19.000 pazienti operati in 128 centri di 8 paesi europei. L’end point analizzato è la mortalità entro 30 giorni oppure nel corso del ricovero, se questo dura più di 30 giorni. La stima di mortalità nello studio originale è la seguente: da 0 a 2 punti: 0,8%; da 3 a 5 punti: 3,0%; oltre i 5 punti: 11,2%. 12 Cardiopatie congenite Nel feto solo una piccola quantità di sangue passa nei polmoni non espansi; gran parte del sangue pompato dal ventricolo destro passa nell’aorta discendente tramite il dotto arterioso. La pressione nell’atrio destro si mantiene più alta che a sinistra e quindi parte del sangue può defluire attraverso la pervietà del forame ovale nel ventricolo sinistro e da qui, insieme ad una piccola quota proveniente dalle vene polmonari, nell’aorta. Alla nascita, dopo i primi atti respiratori, si ha una marcata vasodilatazione arteriolare con grande aumento di flusso; nel contempo aumentano le resistenze periferiche per la chiusura dei vasi ombelicali. L’aumentato ritorno venoso polmonare incrementa la pressione nell’atrio sinistro con chiusura del forame ovale dapprima funzionale, per apposizione dei foglietti del setto interatriale, in seguito anatomica. Pochi giorni dopo la nascita parimenti avviene la chiusura totale del dotto arterioso di Botallo. La valutazione clinica di un neonato con cardiopatia congenita è rivolta al riconoscimento della presenza di cianosi8, di rumori cardiaci aggiunti, della difficoltà nell’alimentazione, della mancata crescita ponderale, di frequenti infezioni respiratorie, della facile stancabilità ed irritabilità. La valutazione strumentale comprende necessariamente la radiografia del torace e l’elettrocardiogramma. L’esame ecografico bidimensionale e Doppler consente il riconoscimento specifico della maggior parte delle cardiopatie congenite. Nelle forme più complesse si aggiunge il cateterismo cardiaco9. 8 Con questo termine s’indica il colorito bluastro che si osserva a carico della cute e delle mucose quando il sangue è particolarmente povero d’ossigeno. I globuli rossi contengono l’emoglobina, proteina il cui compito è quello di trasportare l’ossigeno; questo si lega all’emoglobina nei polmoni e viene poi ceduto dall’emoglobina ai tessuti a livello capillare. L’emoglobina si può trovare in due differenti stati: può contenere l’ossigeno o non contenerlo (in questa seconda situazione prende il nome d’emoglobina ridotta) perché non è riuscita a captarlo a livello degli alveoli polmonari oppure perché lo ha già ceduto ai tessuti. Il contenuto normale di emoglobina nel sangue è pari a 16 grammi per 100 millilitri. Quando il sangue capillare contiene più di 5 grammi di emoglobina ridotta per 100 millilitri, compare la cianosi. Questo reperto non è specifico delle malattie di cuore ma compare anche in alcune malattie respiratorie. Cianosi periferica: riflette un’abnorme estrazione di O2 da sangue arterioso con normale saturazione (stagnazione) Cianosi centrale: risultato di una diminuita saturazione di O2 del sangue arterioso (mixing artero-venoso) Per accertare la presenza della cianosi è necessario valutare il colorito della cute e delle mucose, osservando particolarmente le guance, le labbra, le dita delle mani e dei piedi, le unghie, i padiglioni auricolari. 9 È possibile introdurre nel cuore, attraverso vene o arterie periferiche, sottili sonde flessibili (cateteri), sia a scopo diagnostico che terapeutico. Nel primo caso il catetere, spinto sotto controllo radiologico fin dentro le cavità cardiache, può misurare la pressione intracavitaria o registrare l’elettrocardiogramma direttamente all’interno del cuore. Si può eseguire, inoltre, attraverso il catetere, un prelievo di sangue per misurare la saturazione d’ossigeno nelle diverse cavità cardiache (questa tecnica si impiega per misurare la portata cardiaca o per calcolare l’entità di uno shunt intracardiaco), ed infine si può iniettare mezzo di contrasto per opacizzare le cavità del cuore o i vasi arteriosi (per esempio, le coronarie) o venosi. Da un punto di vista terapeutico, il cateterismo cardiaco può consentire di dilatare vasi stenotici (ristretti) od occlusi (tecnica denominata angioplastica) o valvole stenotiche (valvuloplastica). Sempre con metodica transcatetere, si possono oggi correggere alcune malformazioni congenite del cuore come il difetto interatriale o interventricolare e la pervietà del dotto arterioso di Botallo. Infine, numerose aritmie cardiache possono essere curate con una metodica di stimolazione transcatetere: per esempio nel blocco AV è possibile introdurre nel cuore un elettrocatetere che, connesso ad uno stimolatore (pacemaker) stimola il cuore evitando che insorga 13 La chirurgia delle cardiopatie congenite si indirizza sempre più verso la correzione completa in età precoce con l’obiettivo di ristabilire il più rapidamente possibile una normale funzione emodinamica. L’intervento palliativo invece non raggiunge questo obiettivo e complica il quadro anatomopatologico, tuttavia è fuori discussione il valore delle tecniche palliative nelle malformazioni complesse, nelle procedure d’urgenza e in particolari situazioni anatomiche perchè tendono ad alleviare la sintomatologia ed il compenso del piccolo paziente senza modificare la lesione anatomica responsabile. Infatti solo poche malformazioni sono completamente risolte dall’intervento, più frequentemente la correzione consente un radicale mutamento dell’aspettativa di vita, ma non esita in un completo ritorno alla normalità. Difetto interatriale È una comunicazione di varia dimensione tra i due atri, in genere si ha uno shunt sinistro ‐ destro. Rappresenta il 7% delle cardiopatie congenite, più frequente nel sesso femminile (2:1). Abitualmente il riscontro di difetto interatriale è occasionale, la sintomatologia si manifesta nella IV ‐ V decade di vita con aritmie sopraventricolari, dispnea10 da sforzo e, nei casi gravi, scompenso cardiaco; nei primi anni di vita possono essere presenti frequenti episodi bronchitici; all’ascoltazione soffio sistolico polmonare. Il cateterismo cardiaco non è necessario nei bambini e nei giovani, negli adulti può essere necessario per valutare i valori della pressione polmonare. L’intervento chirurgico è indicato nei pazienti con shunt superiore al 50% della portata sistemica e consiste nella chiusura del difetto mediante sutura diretta o con patch di materiale sintetico. Difetto interventricolare É dovuto alla presenza di una comunicazione tra i due ventricoli. Le dimensioni del difetto e le resistenze polmonari condizionano il quadro fisiopatologico. Un ampio difetto causa un importante shunt sinistro ‐ destro con grave iperafflusso polmonare e tendenza precoce allo scompenso cardiaco. Se lo shunt è bidirezionale compare cianosi ma il compenso di circolo si mantiene più adeguato. Difetti piccoli presentano quadri emodinamici più sfumati e paucisintomatici. l’arresto cardiaco dovuto all’asistolia. Somministrando attraverso la punta del catetere, posta a contatto con la superficie interna del cuore, energia a radiofrequenza, è possibile creare piccole lesioni che provocano a carico del tessuto un danno termico, il quale evolve poi in fibrosi; si possono così eliminare piccole zone miocardiche dalle quali si origina un’aritmia; questa metodica prende il nome di ablazione transcatetere. 10 È la sensazione che per respirare si deve fare uno sforzo, come per vincere un ostacolo. Questo sintomo riconosce numerose cause, ed è comune sia nelle malattie dell’apparato respiratorio che in quelle cardiache. La dispnea d’origine cardiaca è solitamente sintomo di scompenso cardiaco, esprime cioè quella condizione in cui il cuore non riesce a fornire una portata circolatoria (cioè una quantità di sangue) sufficiente a soddisfare le richieste dell’organismo. La dispnea interviene dopo sforzo se la compromissione del cuore è lieve o moderata, mentre quando lo scompenso è d’entità rilevante il sintomo compare a riposo. Allora il paziente è costretto a dormire con più cuscini o deve addirittura mettersi seduto o in piedi per respirare. Una dispnea grave e ad insorgenza improvvisa rappresenta un’emergenza, e richiede un trattamento immediato. 14 L’80% dei difetti interventricolari diagnosticati ad un mese di vita si chiude spontaneamente entro il primo anno. I criteri diagnostici sono: soffio sistolico, segni di scompenso cardiaco che rispondono bene alla terapia medica; frequenti infezioni broncopolmonari; scarsa crescita corporea. Un terzo dei pazienti è asintomatico. La diagnosi, oltre ai reperti clinici, è formulata sulla base dei dati ecocardiografici bidimensionali e Doppler. L’intervento di chiusura con patch è da fare in urgenza nei casi di difetti ampi con scompenso conclamato e intrattabile. Può essere dilazionato se i sintomi non sono severi. Persistenza del dotto arterioso Il dotto arterioso costituisce una comunicazione tra l’aorta e la parte distale del tronco dell’arteria polmonare. Nei nati a termine il dotto arterioso si chiude nei primi giorni di vita. Se esso rimane pervio si verifica iperafflusso polmonare con graduale tendenza allo scompenso cardiaco. Il 5% dei nati a termine con persistenza del dotto arterioso muore entro il primo anno di vita per scompenso cardiaco e complicanze polmonari. Nella prima infanzia si osservano frequenti infezioni dell’apparato broncopolmonare con scompenso cardiaco; nei bambini più grandi i sintomi sono sfumati ma è presente un soffio sisto‐diastolico sul focolaio della polmonare. Il trattamento terapeutico viene effettuato mediante chiusura chirurgica del dotto. Tetralogia di Fallot Malformazione caratterizzata da stenosi infundibolare e valvolare polmonare, ampio difetto del setto interventricolare, cavalcamento aortico del setto ed ipertrofia del ventricolo destro. Costituisce il 12% delle cardiopatie congenite. È dovuta alla deviazione anteriore del setto infundibolare male allineato con le restanti porzioni del setto interventricolare. Si realizza nelle forme tipiche un quadro di shunt destro ‐ sinistro con ridotta portata polmonare, elevata portata aortica, cianosi marcata, dispnea da sforzo, ippocratismo digitale, squatting, policitemia. Se la stenosi polmonare è moderata lo shunt sarà prevalentemente sinistro ‐ destro con cianosi modesta. La gravità e l’età di comparsa della sintomatologia sono in rapporto al grado di severità della stenosi polmonare. 15 La tetralogia di Fallot è spesso associata con difetti di crescita, ma se la malformazione cardiaca viene riparata precocemente, può essere ottenuta a lungo termine una crescita normale. L'intervento precoce, prima dei 5 anni di età, determina un'accelerazione della crescita in altezza e peso, con normalizzazione del processo di crescita a lungo termine e raggiungimento del potenziale genetico individuale. Trattamento medico: prevenzione delle crisi asfittiche. In considerazione della prognosi naturale molto severa (la sopravvivenza media spontanea è di 12 anni, con mortalità del 50% nel primo anno) e degli ottimi risultati tecnici raggiunti, la tetralogia di Fallot rappresenta una indicazione assoluta all’intervento chirurgico correttivo. Stenosi polmonare Rappresenta circa il 10% delle cardiopatie congenite. Causa un’ostruzione alla fuoriuscita del sangue dal ventricolo destro con conseguente aumento della pressione intraventricolare. È sempre presente un soffio sul focolaio polmonare; nei casi gravi crisi ipossiche e scarsa crescita; dispnea da sforzo e facile stancabilità; possibilità di morte improvvisa. Il trattamento di scelta consiste nella dilatazione valvolare percutanea con catetere a palloncino (valvuloplastica). Forme associate con comunicazione interatriale o con prevalente ostruzione muscolare infundibolare richiedono la correzione chirurgica (commissurotomia valvolare). Coartazione aortica Restringimento dell’aorta a livello dell’istmo, più frequente nel sesso maschile (2,5:1). In epoca neonatale provoca scompenso cardiaco con mortalità elevata (75% nel primo anno di vita) che impone il precoce intervento chirurgico di resezione dell’istmo aortico stenotico e successiva anastomosi termino‐terminale dell’aorta. La coartazione può rimanere asintomatica fino all’adolescenza quando compaiono i sintomi: astenia, crampi da sforzo agli arti inferiori, cefalea, epistassi. Trasposizione dei grossi vasi La trasposizione dei grossi vasi è una delle più frequenti cardiopatie cianogene del neonato, rappresentando il 30 ‐ 40% di tutti i casi. È la risultanza di una anomala divisione del tronco bulbare nel corso dello sviluppo embriologico, così che l’aorta origina dal ventricolo destro e l’arteria polmonare dal ventricolo sinistro. L’ossigenazione ematica è possibile solo attraverso un mescolamento (mixing) delle due circolazioni mediante l’esistenza di un difetto interatriale o interventricolare. L’assenza del mescolamento è incompatibile con la vita. I sintomi sono precoci: cianosi di vario grado in rapporto al mescolamento, scompenso cardiaco. La mortalità è molto alta: 90% nel primo anno di vita. Di notevole complessità è la sua correzione, che deve essere precoce e gravata di alta mortalità. 16 Stenosi aortica È un’ostruzione all´efflusso ventricolare sinistro (4%). La più frequente delle lesioni anatomiche è la stenosi valvolare (50%). Si possono riscontrare valvole aortiche tricuspidi ma malformate, bicuspidi, monocuspidi o a cupola con foro centrale; frequenti sono le fusioni tra le commissure ed i processi degenerativi dovuti a traumi emodinamici. La stenosi sopravalvolare è causata da un restringimento a clessidra subito sopra al piano valvolare aortico. La stenosi sottovalvolare può essere determinata dalla presenza di un anello fibromuscolare sottovalvolare o da una marcata ipertrofia settale asimmetrica. In caso di stenosi valvolare aortica una valvuloplastica può ridurre il gradiente e permettere di rinviare l´intervento in attesa di un maggiore accrescimento del piccolo paziente. Alternativamente si ricorre ad interventi in circolazione extracorporea per eseguire commissurotomia e rimodellamento della valvola Anomalia di Ebstein Anomalo sviluppo della valvola tricuspide, caratterizzato da un´inserzione dei lembi settale e posteriore, variamente dislocati inferiormente all´anello valvolare, verso l´apice ventricolare. La riduzione volumetrica del ventricolo destro e l´incontinenza valvolare determinano una ridotta capacità di riempimento ventricolare con aumento della pressione atriale, comparsa di shunt destro‐sinistro e di segni di insufficienza ventricolare destra; la cianosi è conseguente allo shunt interatriale invertito ed è di entità variabile. Plicatura della parte atrializzata del ventricolo e rimodellamento o sostituzione della valvola per ridurne l´insufficienza. Le complicanze aritmiche sono frequenti e rendono pari al 10% circa la mortalità perioperatoria Altre cardiopatie congenite Altre cardiopatie congenite di minore frequenza, spesso associate, sono: • ritorno venoso anomalo totale • atresia della tricuspide • tronco arterioso comune • sindrome del cuore sinistro ipoplasico • cor triatrium • ventricolo unico • anomalie coronariche • malposizione del cuore • arco aortico interrotto. 17 Cardiopatie acquisite Valvulopatie La stenosi valvolare si crea quando le cuspidi o foglietti valvolari si inspessiscono e si fondono tra loro negli angoli in cui si toccano (commissure). Separando le due parti fuse tra di loro si può ridurre la stenosi e permettere ai foglietti di muoversi più liberamente. L’insufficienza valvolare può essere causata dall’indebolimento o allungamento dei foglietti valvolari o delle corde tendinee. Il bordo dei lembi che normalmente devono combaciare viene spostato, la valvola non chiude più correttamente ed il sangue refluisce indietro. Il rigurgito stesso del sangue fa ulteriormente progredire la disfunzione valvolare causandone la dilatazione; diventa quindi necessario restaurare chirurgicamente i corretti rapporti tra le diverse componenti della valvola. Per far questo può essere necessario asportare il tessuto in eccesso, oppure accorciare le corde tendinee, oppure ancora stringere l’anello valvolare rinforzandolo con anelli di supporto. In alcuni casi le due alterazioni sono presenti contemporaneamente nella stessa valvola: "stenoinsufficienza". Stenosi aortica Può essere di origine congenita (rara), degenerativa ma più frequentemente reumatica (50% dei casi); il reperto anatomopatologico è caratterizzato inizialmente dall’ispessimento, la retrazione e la fusione delle cuspidi valvolari che successivamente, a causa della turbolenza del flusso ematico a livello dell’ostio valvolare alterato, andranno incontro a calcificazione e/o fusione di una o più commissure. L’ostacolo che la valvola aortica stenotica oppone all’uscita del sangue dal ventricolo sinistro determina un aumento del lavoro necessario per mantenere adeguata la portata cardiaca. Pazienti portatori di stenosi aortica possono essere asintomatici. I pazienti sintomatici hanno sincopi, vertigini, angina pectoris o dispnea durante lo sforzo fisico. Nel 10% si verifica la morte improvvisa. La sopravvivenza media senza intervento è di 2 anni. Bisogna intervenire alla comparsa dei primi sintomi o quando all’esame emodinamico si riscontri un gradiente pressorio transvalvolare superiore a 75 mmHg. L’intervento chirurgico correttivo consiste nella sostituzione della valvola aortica con una protesi valvolare11 meccanica o biologica. 11 Il disegno, i materiali e le funzioni di tutte le protesi valvolari cardiache sono tesi a soddisfare le caratteristiche di valvola artificiale ottimale: non essere ostruttiva, non essere incontinente, non provocare emolisi, non essere trombogenica essere biologicamente inerte, essere facile da inserire, avere lunga durata. Le protesi meccaniche si suddividono in tre gruppi: protesi 18 Insufficienza aortica Il reflusso di sangue dall’aorta al ventricolo sinistro durante la diastole determina un aumento del lavoro del cuore, il ventricolo sinistro ad ogni sistole deve espellere oltre alla gittata sistolica anche il sangue refluito durante la diastole precedente. L’etiologia può essere secondaria a malattia reumatica, ad ectasia dell’anulus aortico, ad endocardite infettiva, secondaria ad aneurisma aterosclerotico dell’aorta, essere complicanza della sifilide o di malattie autoimmuni che retraggono le cuspidi valvolari. Può essere un vizio valvolare cronico ingravescente che spesso gode di una lunga fase asintomatica, o avere un inizio improvviso e acuto. I sintomi dominanti sono: dispnea da sforzo, angina pectoris, cardiomegalia. Vi è indicazione all’intervento chirurgico di sostituzione valvolare in tutti i pazienti sintomatici e negli asintomatici con cardiomegalia o con tendenza al sovraccarico ventricolare in cui non raramente è necessario procedere ad un intervento d’urgenza. Stenosi mitralica La causa più frequente (99%) è la malattia reumatica. Si manifesta con un’incidenza doppia nel sesso femminile rispetto al maschile. Il paziente lamenta dispnea da sforzo, ortopnea e dispnea parossistica notturna. Complicanze della stenosi mitralica sono: la fibrillazione atriale episodica o persistente con concomitante embolia arteriosa sistemica, l’edema12 polmonare acuto, l’emottisi, l’ipertensione polmonare che può determinare scompenso ventricolare destro. Tre tipi di intervento chirurgico, consigliabile in tutti i pazienti sintomatici a causa del basso rischio operatorio e della possibilità di episodi embolici cerebrali, possono a palla, a disco oscillante, a due emidischi. Le valvole biologiche sono costituite da valvole aortiche di maiale o costruite con pericardio di bue. I pazienti in cui sono stati impiantate protesi meccaniche devono seguire una terapia anticoagulante per ridurre il rischio di formazione di coaguli sanguigni sulle protesi; i pazienti con protesi biologiche non richiedono terapia anticoagulante se hanno ritmo sinusale; purtroppo il processo di soppressione dell’antigenicità dei tessuti della protesi provoca la distruzione parziale di alcuni costituenti biologici con progressiva alterazione della struttura (distruzione e calcificazione della valvola) in un tempo variabile da pochi anni fino a 10 anni. Protesi meccaniche e biologiche vanno considerate valutandone pregi e difetti, quindi la loro indicazione deve essere di volta in volta adeguata alla storia clinica del paziente. 12 Si definisce edema la condizione in cui liquido fuoriuscito dai capillari si raccoglie nell’interstizio, particolarmente nel sottocutaneo, nel parenchima di un viscere o in una cavità sierosa (pleura, pericardio, peritoneo). L’edema sottocutaneo si accumula, a causa della forza gravità, nelle zone declivi. Il gonfiore si rileva esercitando una pressione, con il polpastrello del pollice, sul dorso del piede, alla caviglia o sulla faccia anteromediale della tibia, là dove l’osso non è ricoperto da muscolo: se è presente edema, la pressione genera un avvallamento (segno della fovea). Nel caso, invece, in cui il malato decomba da tempo a letto, è poco utile ricercare la fovea al piede o alla gamba, perché il liquido non si accumula in quelle zone; bisogna invece mettere il paziente a sedere e comprimere in corrispondenza del sacro, dove, in caso di edema, si apprezzerà il segno della fovea. La presenza di edema si può riscontrare in diverse condizioni, le più importanti delle quali sono: • Lo scompenso cardiaco • Le malattie del fegato o del rene in cui è alterata la composizione delle proteine plasmatiche. 19 essere praticati: la commissurolisi mitralica “a cuore chiuso” mediante un divulsore che forza sui lembi valvolari in modo da separare le commissure fuse; la commissurotomia in circolazione extracorporea; la sostituzione della valvola mitralica con protesi. Insufficienza mitralica Il reflusso di sangue dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro può essere ad etiologia cronica dovuto a malattia reumatica, a mesenchimopatie, a prolasso della mitrale, a lesioni valvolari determinate da una endocardite infettiva o ad una malformazione della valvola, o acuta per rottura dei muscoli papillari da ischemia miocardica. La forma cronica può restare asintomatica per anni. Sintomi caratteristici sono: astenia e ridotta tolleranza allo sforzo, dispnea da sforzo e parossistica notturna, ortopnea, palpitazioni, cardiopalmo13. Vanno trattati chirurgicamente pazienti con insufficienza mitralica sintomatica refrattaria al trattamento medico o pazienti asintomatici con ingrandimento progressivo del ventricolo sinistro. L’intervento chirurgico consiste nella riparazione della valvola o nella sua sostituzione con una protesi. Insufficienza tricuspidale É il vizio più frequente a carico della valvola tricuspide Determina un reflusso di sangue dal ventricolo destro all’atrio destro durante la sistole. Riconosce nella maggior parte dei casi una etiologia reumatica. Con l’eccezione delle forme da endocardite settica, frequenti nei tossicodipendenti, non si presenta in forme isolate, ma spesso è associata a valvulopatie mitraliche. Il quadro clinico comprende edemi declivi, turgore giugulare, epatomegalia, frequente la fibrillazione atriale. L’insufficienza tricuspidale isolata lieve o moderata non ha indicazione a correzione chirurgica perché ben tollerata, quella severa richiede il trattamento chirurgico di riparazione o di sostituzione quando determina una netta riduzione della capacità funzionale del paziente. 13 Normalmente il battito cardiaco non viene avvertito dall’individuo, se non in particolari condizioni (per esempio, dopo una corsa). La sensazione che deriva dal sentire il battito del proprio cuore viene definita cardiopalmo. Spesso il cardiopalmo dipende dall’aumento del numero dei battiti (tachicardia), ma i due fenomeni non sono sempre associati: è possibile, infatti, non accorgersi del battito cardiaco anche in presenza di una tachicardia ad elevata frequenza, e al contrario si può “sentire” il cuore anche se questo batte a frequenza normale (fra 60 e 100 battiti al minuto nell’adulto). Davanti ad un paziente che riferisce cardiopalmo, la prima cosa da fare è palpare il polso. Questa semplice manovra consente di rilevare due dati: la frequenza (numero di battiti al minuto) e la regolarità o irregolarità del polso. E’ così possibile comprendere se alla base del cardiopalmo vi sia un’alterazione del ritmo cardiaco (aritmia) o della frequenza, o se invece non sia presente alcun’anomalia che spieghi il sintomo. 20 Stenosi tricuspidale Il quadro anatomico è caratterizzato dalla fusione dei lembi valvolari che delimitano una piccola apertura centrale di 1 ‐ 1,5 cm di diametro, con alterazioni più o meno gravi delle corde tendinee. Per la sua correzione si può procedere alla commissurotomia o alla sostituzione valvolare, in base alle alterazioni anatomiche dei lembi e delle corde tendinee. Le alterazioni a carico della valvola tricuspide vengono generalmente trattate chirurgicamente al momento della correzione della concomitante e più importante patologia mitralica. Endocardite infettiva È una infezione localizzata sulle valvole cardiache native (endocardite valvolare da Streptococco), sulle protesi (endocardite protesica da Stafilococco), sull’endocardio parietale. La sintomatologia è costituita da: febbre, segni sistemici di infezione, insorgenza o aggravamento di un rigurgito valvolare. Sono frequenti le complicanze emboliche o microemboliche a carico di ogni distretto. Il trattamento medico, dopo l’antibiogramma, deve essere attuato per via endovenosa; quello chirurgico deve essere sollecito se la sepsi non è controllata rapidamente (10 gg) dall’antibiotico, se compare scompenso cardiaco, se si verificano embolie. Cardiopatia ischemica La cardiopatia ischemica rappresenta la singola causa di morte più importante nel mondo occidentale. È determinata da uno squilibrio fra fabbisogno e apporto di Ossigeno o per aumentato consumo miocardico o per riduzione del flusso coronario. La causa più importante è la malattia aterosclerotica. La lesione fondamentale è la placca ateromasica14 a sviluppo nei vasi arteriosi intraluminale ed intraparietale. Se la placca cresce lentamente si possono sviluppare circoli collaterali in grado di mantenere una buona riserva coronarica. La placca può andare incontro a complicanze quali la calcificazione, l’ulcerazione, l’emorragia e la trombosi. Quest’ultima non comporta necessariamente una ostruzione permanente poiché la retrazione del coagulo o la ricanalizzazione del trombo permettono il ristabilirsi, almeno in parte, della circolazione sanguigna. Nella maggior parte dei casi nella genesi dell’ischemia miocardica accanto al fattore organico partecipa quello funzionale: lo spasmo dei vasi coronarici. L’aterosclerosi coronarica può essere asintomatica o può determinare vari gradi di angina per giungere fino all’infarto, allo scompenso, alle aritmie, alla morte improvvisa. Lo spasmo coronarico in assenza di placca aterosclerotica è possibile ma molto raro. Un tipo del tutto particolare di malattia coronarica su base non aterosclerotica si 14 La placca ateromasica è dotata di un centro lipidico di colesterolo e di una sovrastante cappa fibrosa. 21 manifesta nel trapianto cardiaco (da denervazione). Si va diffondendo la cardiopatia ischemica da cocaina. Sintomo principale è il dolore anginoso15, improvviso, intenso, di breve durata ~10 m, alla parete anteriore del torace, che si irradia alla spalla e all’arto superiore sinistro (faccia ulnare), o alla mandibola. Talora presenti: pallore, sudorazione, senso di angoscia. La diagnosi si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo, sulle curve enzimatiche, sull’ECG, sull’ecocardiogramma16 e sulle indagini radioisotopiche a riposo, da sforzo e dopo somministrazione di farmaci coronaroattivi. La coronarografia è utile per valutare sede e gravità delle alterazioni coronariche ed è il presupposto indispensabile ad una procedura di rivascolarizzazione miocardica. La ventricolografia sinistra permette di valutare l’efficienza ventricolare e la presenza di altre complicanze o di altre patologie. 15 Dolore da ischemia cardiaca Compare nella cardiopatia ischemica e nella pericardite acuta. La prima si deve quasi sempre a stenosi (restringimento) o occlusione di un’arteria coronaria o di un suo ramo determinandosi l’ischemia, che è alla base del dolore. Nella pericardite si verifica un’infiammazione del pericardio; il dolore si deve in questo caso proprio al processo infiammatorio che stimola le terminazioni nervose dolorifiche del pericardio. Il dolore cardiaco ischemico è molto più comune di quello pericardico, e può essere localizzato ovunque nel torace, ma più spesso è retrosternale e s’irradia ad entrambe le braccia e al giugulo. Questo dolore può essere di durata variabile: quando dura da qualche minuto fino a 20-30 m, la malattia sottostante è l’angina pectoris, mentre durate maggiori corrispondono di solito all’infarto miocardico. È non di rado difficile precisare l’origine (cardiaca o no) di un dolore toracico solo in base alle sue caratteristiche (sede, irradiazione, intensità, durata), ma è spesso necessario ricorrere a indagini strumentali (elettrocardiogramma, ecocardiogramma) o di laboratorio per escludere o affermare l’origine cardiaca del dolore di un determinato paziente. Nella diagnosi differenziale del dolore cardiaco, vanno considerate le seguenti condizioni: • Nevriti e nevralgie toraciche (p.e. herpes zoster) • Affezioni gastriche o esofagee (p.e. ernia jatale) • Affezioni respiratorie (p.e. pneumotorace, pleurite) • Affezioni cardiovascolari (p.e. aneurisma dissecante dell’aorta) • Embolia polmonare. Dolore da ischemia acuta degli arti Un’arteria periferica può occludersi per la formazione di un trombo o la migrazione di un embolo che, trasportato dal sangue, finisce per ostruire il vaso; nella maggior parte di occlusione embolica di un’arteria, l’embolo proviene dal cuore sinistro o dall’aorta. L’occlusione improvvisa di una grossa arteria degli arti si accompagna ad un quadro clinico spesso drammatico. La mancanza di flusso sanguigno a tutto l’arto o ad una parte di esso provoca l’ischemia della zona non più irrorata, ciò genera immediatamente dolore acuto e impotenza funzionale. In casi del genere, è il malato ad attirare l’attenzione del personale sanitario. Le prime semplici manovre da compiere, nel sospetto di un’occlusione arteriosa acuta sono: 1. L’ispezione della parte colpita, per osservare se il colore della cute è o no uguale a quello osservabile nell’arto controlaterale (l’arto ischemico si presenta, nella fase acuta, più pallido del controlaterale). 2. La palpazione della parte colpita, per ricercare se la sua temperatura è o no più bassa di quella rilevabile nelle analoghe zone dell’arto controlaterale (l’arto ischemico è più freddo del controlaterale). Si può ricercare la presenza dei polsi, cioè la pulsatilità delle grosse arterie, paragonandola sempre con quella rilevabile nell’arto omologo (l’arresto del flusso di sangue si accompagna ad assenza dei polsi corrispondenti ad arterie che nascono al di sotto dell’ostruzione). Per l’arto superiore andrà ricercato il polso radiale, mentre per l’arto inferiore bisogna esplorare i polsi femorale, pedidio e tibiale posteriore. 16 L’ecocardiogramma è l’esplorazione del cuore eseguita con ultrasuoni. Gli ultrasuoni (suoni che l’uomo non può sentire perché hanno frequenza maggiore alla soglia dell’udibile) vengono prodotti da un apposito apparecchio e diretti all’interno del corpo attraverso un trasduttore (sonda). A seconda degli organi interni che incontrano nel loro tragitto, gli ultrasuoni vengono riflessi e ritornano alla sonda con caratteristiche che dipendono dalla struttura e dalla composizione dei tessuti che li riflettono. Si formano così le immagini degli organi. L’ecocardiografia ha rivoluzionato la diagnostica cardiologia perché, in particolare con gli apparecchi dell’ultima generazione, è possibile ottenere immagini del cuore particolarmente nitide e attendibili. L’ecocardiogramma può essere eseguito con tecnica monodimensionale, bidimensionale e recentemente anche tridimensionale. Inoltre la tecnica Doppler e color Doppler consente uno studio adeguato del flusso intracardiaco, rivelando per esempio insufficienze valvolari o shunt (passaggi innaturali di sangue) intracardiaci. 22 La terapia chirurgica della cardiopatia ischemica ha il compito di normalizzare il flusso nelle zone di miocardio nelle quali la malattia lo ha ridotto e correggere eventuali complicanze dell’infarto al fine di alleviare la sintomatologia soggettiva e prolungare la vita del paziente. La normalizzazione del flusso coronarico viene ottenuta impiantando sulla porzione sottostenotica dell’arteria ammalata (by‐pass aorto‐coronarico17) un tratto di vena safena autologa di calibro idoneo che all’estremo craniale viene impiantata sull’aorta ascendente, oppure l’arteria mammaria interna il cui estremo prossimale viene lasciato alla sua origine nell’arteria succlavia, oppure, in caso di estrema necessità, delle protesi sintetiche di dacron e teflon18. I risultati dei by‐pass sono condizionati da alcuni fattori negativi quali possibilità di obliterazione della protesi (15 ‐ 20%) nel primo anno postoperatorio e dalla naturale tendenza alla progressione della malattia aterosclerotica di base con ostruzione a monte dell’anastomosi. Altra moderna metodica di rivascolarizzazione è l’angioplastica coronaria percutanea transluminale19 che consiste nell’introdurre nell’arteria coronarica un catetere con palloncino e, in corrispondenza della stenosi, risolvere la stessa gonfiando il palloncino. Nei pazienti colpiti da infarto miocardico possono evidenziarsi a breve o a lungo termine complicanze dell’episodio necrotico stesso, quali la perforazione del setto interventricolare, la rottura della parete libera del ventricolo sinistro, l’insufficienza mitralica acuta o cronica, l’aneurisma ventricolare sinistro, la cardiomiopatia ischemica; queste lesioni determinano solitamente gravi alterazioni dell’emodinamica cardiaca. 17 Consiste nella sostituzione del tratto di coronaria compromesso con un innesto di un segmento di vaso che aggira l'ostruzione. Per l'innesto si possono usare sia segmenti di arterie sia segmenti di vene. Quando si sceglie un segmento di arteria, è possibile suturare le due estremità una alla aorta e l'altra alla coronaria interessata al di sotto dell'ostruzione, oppure si può lasciare l'estremità più lontana attaccata all'arteria "donatrice" e limitarsi a suturare l'estremo libero alla coronaria (sempre al di sotto dell'ostruzione). Si preleva l'innesto dall'arteria mammaria interna del torace, dalla vena safena della gamba, dall'arteria radiale del braccio o anche da altre arterie più o meno periferiche. Il numero di bypass che si possono effettuare dipende dal numero di coronarie o di rami delle coronarie ostruiti: uno, tre, cinque, teoricamente non c'è limite. Le complicanze incidono per il 5%, la mortalità per il 2%. 18 I condotti si dividono in: 19 Peduncolati o in situ: sono le arterie delle quali si conserva l´origine anatomica. In pratica ciò è possibile per le arterie mammarie e l´arteria gastroepiploica destra Free graft: sono quelli per i quali si rende necessaria un´anastomosi prossimale a un´altra arteria che fornisca il sangue arterioso; sono free graft tutti i condotti venosi, artificiali e quelle arterie che devono essere escisse completamente quali la radiale e l´epigastrica inferiore L'angioplastica a palloncino diminuisce la resistenza al flusso ematico del lume coronarico stirando e lacerando la placca aterosclerotica e la parete del vaso, e per un grado minore, ridistribuendo la placca lungo il diametro longitudinale del vaso. Il meccanismo più importante per il miglioramento del flusso sanguigno sembra essere la rottura e la frammentazione della placca aterosclerotica che determina la formazione di numerose fissurazioni e di canali subito riempiti dal sangue. la frequenza di successo è del 90%. Complicanza immediata è l'occlusione improvvisa del vaso (4-8%); complicanza a distanza è la ristenosi (3040%). Lo stent è il metodo di scelta per trattare la minaccia di chiusura improvvisa del vaso. In base al loro disegno, rivestimento e composizione, gli stent differiscono per forze radiali, flessibilità, profilo, rintracciabilità , radio opacità, biocompatibilità, trombogenicità e rischio di ristenosi intra-stent. La malattia di una singola coronaria è la principale indicazione alla PTCA 23 La correzione di queste complicanze prevede una serie di procedure chirurgiche tendenti a rimuovere, riparare, sostituire le strutture anatomiche danneggiate (resezioni di aneurismi, infartectomia con resezione endomiocardica mirata; chiusura delle brecce settali; sostituzione o riparazione valvolari, trapianto cardiaco, ecc.). Aneurismi dell´aorta toracica L´aneurisma aortico è una condizione anatomica caratterizzata da una dilatazione del vaso in cui le tre tuniche parietali (intima, media ed avventizia) sono normalmente e contemporaneamente presenti. Viene invece definito pseudoaneurisma una dilatazione sacciforme dell´aorta, perlopiù di origine traumatica, il cui lume è in diretto contatto con quello aortico ma la cui parete non è composta interamente dalle tre tuniche aortiche. Gli aneurismi dell´aorta toracica rappresentano il 35% degli aneurismi aortici. Distinguiamo, a seconda del tratto interessato dalla lesione, aneurismi dell´aorta ascendente, dell´arco aortico, dell´aorta discendente. Gli aneurismi dell´aorta ascendente sono i più frequenti, con una percentuale del 45%; seguono quelli dell´aorta discendente (35%), dell´arco (10%) e del tratto toraco‐addominale (10%). Tra i fattori eziologici più comuni degli aneurismi aortici ricordiamo la patologia aterosclerotica, le patologie degenerative, le aortiti e le lesioni congenite. Le lesioni aterosclerotiche danneggiano la tunica intimale riducendo l´elasticità della media. L´ipertensione, compagna costante della patologia aterosclerotica, trova nelle lesioni aneurismatiche un locus minoris resistentiae determinando un progressivo incremento del diametro aortico. Tra le patologie degenerative la medionecrosi cistica gioca il ruolo principale. Le lesioni luetiche sono invece tra le cause più frequenti di aortite. La presenza di coartazione aortica, di una persistenza del dotto arterioso pervio e di stenosi valvolari aortiche favorisce lo sviluppo di dilatazioni aneurismatiche. L´evoluzione naturale degli aneurismi vascolari è la progressiva dilatazione sino alla rottura del vaso. La comparsa di dolore indica una rapida espansione della massa aneurismatica. La presenza di insufficienza valvolare aortica è attribuibile alla dilatazione della giunzione sinotubulare con aumento della reciproca distanza tra i rafi delle commissure aortiche e conseguente mancata coaptazione delle cuspidi valvolari. La radiografia del torace documenta la dilatazione dell´aorta ascendente ed il tracciato dell´elettrocardiogramma può evidenziare i segni di un´ipertrofia ventricolare sinistra da ipertensione arteriosa. L´indagine ecocardiografica confermerà la diagnosi fornendo dati sulla continenza valvolare. La TC con mezzo di 24 contrasto e la RM sono indagini diagnostiche raffinate e consentono di definire i rapporti dell´aneurisma con le strutture circostanti. Lo studio agiografico è indispensabile per definire l´anatomia dell´albero coronarico. L´intervento chirurgico è indicato in presenza di un aneurisma di diametro superiore ai 5 cm. Gli aneurismi dell´arco aortico sono attribuibili perlopiù a fattori degenerativi della parete aortica e, in percentuale ridotta, a processi infettivi ed aterosclerotici. La sintomatologia è rappresentata dal dolore toracico e dai segni di compressione delle strutture circostanti. La compressione della trachea può determinare dispnea fino a fenomeni di fistolizzazione nelle vie aeree con conseguente emottisi. La tensione esercitata sul nervo laringeo ricorrente determina disfonia. L´indicazione chirurgica viene posta quando il diametro dell´aneurisma oltrepassa i 5‐6 cm. Le procedure diagnostiche sono le medesime descritte per gli aneurismi dell´aorta ascendente. Dissezione aortica La dissezione aortica è caratterizzata dalla presenza di una fissurazione delle tuniche aortiche con formazione di un falso lume che decorre tra lo strato esterno e quello interno della media, separato dal vero lume aortico ed in comunicazione con questo attraverso una o più porte d´ingresso e d´uscita. La dissezione aortica è un evento acuto, caratterizzato dalla comparsa di un violento e trafittivo dolore toracico irradiato al dorso ed alla base del collo. Se la presenza della dissezione coinvolge importanti rami collaterali dell´aorta si possono avere manifestazioni di mancata perfusione dell´organo interessato che vanno dalla sincope alla lesione neurologica per dissezione delle carotidi, all´anuria per ischemia renale, alla ischemia degli arti inferiori per interessamento delle arterie iliaco‐ femorali, alla comparsa di infarto miocardico per dissezione delle coronarie. Se la dissezione interessa il bulbo aortico si assiste alla comparsa di insufficienza aortica per distacco delle commissure delle cuspidi valvolari dalla parete del vaso. L´ipertensione arteriosa è un fattore eziologico presente nel 90% dei casi di dissezione aortica. Possiamo distinguere una dissezione di tipo A, con interessamento dell´aorta ascendente, ed una di tipo B, nella quale l´arco e l´aorta ascendente sono risparmiati. Il paziente con dissezione aortica appare solitamente iperteso. È presente un´asimmetria dei polsi periferici. L´elettrocardiogramma può indicare i segni di una ipertrofia ventricolare sinistra da sovraccarico cronico di pressione ed eventuale ischemia miocardica per dissezione delle coronarie. Il radiogramma del torace evidenzia un marcato ingrandimento dell´aorta con possibile versamento pleurico sinistro se vi è rottura in cavità pleurica. L´ecocardiogramma transtoracico è diagnostico nei casi di dissezione di tipo A e permette di valutare la concomitante presenza di rigurgito valvolare aortico. L´osservazione di un versamento pericardico 25 o di un tamponamento cardiaco testimonia la presenza di una rottura dell´aorta. L´ecocardiogramma transesofageo conferma la diagnosi e permette di meglio studiare l´arco aortico. La TC è anch´essa esame diagnostico affidabile. La prognosi di una dissezione di tipo A è estremamente infausta. La diagnosi impone il trattamento chirurgico d´emergenza. In caso di dissezione di tipo B il primo provvedimento terapeutico da effettuarsi è il controllo della pressione arteriosa (β‐bloccanti). L´intervento d´emergenza all´esordio della patologia è indicato solo in caso di rottura dell´aneurisma in cavità toracica o per ischemia d´organo. Tumori del cuore Possono essere primitivi o secondari. I primitivi possono essere benigni (75%) o maligni. L’incidenza dei tumori maligni primitivi varia dal 5 all’11% di tutti i tumori maligni dell’organismo. Tra i tumori benigni il più frequente è il mixoma (50%), che si sviluppa nell’atrio sinistro, è costituito da cellule mucoidi con scarso connettivo e si presenta generalmente come una formazione multilobulata a consistenza gelatinosa; si manifesta tra i 30 e i 60 anni con tre possibili quadri: • stenosi mitralica per ostacolato passaggio del sangue al ventricolo sinistro; • embolia arteriosa per sfaldamento del tumore; • sincope20 per completo ostacolo al flusso sanguigno. L’intervento di asportazione va effettuato appena il tumore viene scoperto per il rischio di embolia sistemica. Il lipoma (19%) si sviluppa da cellule adipose localizzate più frequentemente nel subendocardio dell’atrio destro o del ventricolo sinistro. Il fibroelastoma papillare (17%) appare come una massa gelatinosa che origina dal tessuto connettivo delle valvole atrioventricolari, delle semilunari aortiche o più raramente dall’endocardio ventricolare. Tali neoformazioni sono spesso asintomatiche e rappresentano un 20 La sincope viene definita come una transitoria perdita della coscienza e del tono posturale. Essa dipende da un’improvvisa alterazione del metabolismo delle cellule cerebrali, le quali necessitano, per il loro funzionamento, di un continuo rifornimento di ossigeno e di glucosio. Le cause più comuni della sincope sono: • Le alterazioni vascolari quali l’occlusione di un’arteria succlavia (Sindrome da furto della succlavia), L’improvvisa caduta della pressione arteriosa, che comunemente consegue a vasodilatazione arteriolare (sincope da vasodepressione). La perdita del tono delle arteriole è, in genere, di natura riflessa, cioè consegue a un determinato stimolo che eccita (riflesso) il nervo vago, responsabile della vasodilatazione. • L’improvvisa mancanza del battito cardiaco. Se il cuore non si contrae per 6 secondi o più l’individuo perde i sensi perché viene meno il flusso di sangue al cervello. • L’alterazione cerebrale che consegue all’occlusione di un’arteria che porta il sangue al cervello. • Malattie cardiache come la stenosi della valvola aortica o il mixoma atriale,l’ipersensibilità del seno carotideo (risposta riflessa eccessiva alla compressione dell’arteria carotide nel punto in cui si biforca), e altre condizioni di minore rilievo. 26 riscontro occasionale. Altre neoplasie, molto più rare, hanno manifestazione inferiore al 4%. Tutti i tumori maligni sono sarcomi (angiosarcoma, rabdomiosarcoma, fibrosarcoma), rari, invadono il pericardio con versamento emorragico. La sintomatologia è costituita da affaticamento, dispnea, edemi, turgore giugulare, epatomegalia, anemia. L’intervento non è quasi mai eseguibile. I tumori secondari sono conseguenti (21%) a localizzazioni metastatiche di neoplasie primitive del polmone, della mammella, di linfomi o leucemia, oppure a infiltrazione miocardica da parte di tumori contigui. L’ecocardiografia bidimensionale rimane l´indagine diagnostica di scelta, utile la TC o la RM. Pericarditi Le affezioni del pericardio di interesse chirurgico si dividono in infiammatorie e tumorali. La pericardite essudativa non provoca alterazioni emodinamiche fino a che non si verifica un rapido accumulo o una notevole raccolta di liquido pericardico e quindi il tamponamento cardiaco. L’etiologia può essere: batterica (batteriemie streptococciche o stafilococciche, empiema polmonare); traumatica (emopericardio); iatrogena (sindrome postpericardiotomica, sanguinamento postoperatorio, trattamento radiante di tumori mediastinici); tumorale (tumori primitivi del pericardio, metastasi di carcinomi polmonari o sarcomi mediastinici); rottura postinfartuale di cuore. La sintomatologia è costituita da un dolore atipico non specifico; all’esame obiettivo rumori pericardici e attenuazione dei toni cardiaci. Le forme acute di versamento pericardico si manifestano clinicamente con i segni del tamponamento cardiaco caratterizzato da ipotensione, stasi venosa con turgore giugulare, epatostasi, sino al quadro più conclamato di bassa portata cardiaca. Le forme croniche sono ad evoluzione più lenta e, data l´elasticità del pericardio, si deve accumulare un cospicuo di versamento (anche più di un litro) prima che il quadro si manifesti clinicamente con dolore aspecifico ed i segni del tamponamento. La terapia consiste nell’aspirazione del liquido pericardico (pericardiocentesi) o nella rimozione chirurgica (sternotomia e drenaggio). La pericardite costrittiva è una forma subacuta o cronica di tamponamento cardiaco, causata da retrazione fibrosa del pericardio secondaria ad un processo infiammatorio. Può avere etiologia batterica (generalmente tubercolare), attinica (evoluzione fibrosa di trattamento radiante del mediastino), tumorale (mesotelioma). La sintomatologia consiste in dispnea, febbre, perdita di peso, tosse, 27 dolore pericardico e pleurico in fase acuta, tachicardia compensatoria e indebolimento dei toni cardiaci; in fase cronica dispnea da sforzo e fibrillazione atriale. Può essere presente epatomegalia, ascite e turgore delle giugulari. L’indicazione chirurgica è assoluta nei casi con impegno emodinamico e consiste nella rimozione più ampia possibile del pericardio (pericardiectomia). Trapianto del cuore Nel 1967 Christian Barnard eseguì in Sudafrica il primo trapianto cardiaco. Ora questo intervento è diventato talmente affidabile da essere in aumento progressivo e costante in tutto il mondo. In Italia a partire dal luglio 1985 il Ministero della Sanità ha autorizzato 8 centri a compiere i trapianti di cuore. Le due patologie principali sono: la cardiomiopatia dilatativa che a livello mondiale rappresenta il 47% dei casi; la cardiomiopatia ischemica non trattabile in modo conservativo, 49% dei casi; le altre patologie rappresentano il rimanente 4% dei casi. La compatibilità tra donatore e ricevente viene stabilita innanzitutto sulla base del gruppo sanguigno, con gli stessi criteri utilizzati per le trasfusioni, AB0 e HLA. L’organo di una persona di gruppo 0, per esempio, è compatibile con tutti gli altri, però vista la difficoltà di trovare organi, può donare solo ad altre persone dello stesso gruppo, che altrimenti sarebbero penalizzate. Il secondo criterio è rappresentato dalle dimensioni del cuore e dall’età di donatore e ricevente. Il donatore deve essere di età inferiore a 60 anni, deceduto per causa naturale o accidentale, sieronegativo per HBV, HCV, HIV. Per l’inserimento in lista d’attesa sono necessari una serie di accertamenti ed un’attenta valutazione clinica. Successivamente, se ritenuto idoneo, il paziente dovrà eseguire controlli periodici che serviranno a verificare lo stato di salute durante l’attesa. Si possono così riassumere i criteri generali di selezione: • • • • • • malattia cardiaca terminale con prognosi di vita inferiore ai 6 mesi età inferiore a 65 anni funzione renale ed epatica normale assenza di infezioni negatività per diabete insulino‐dipendente stabilità psicosociale e ambiente familiare cooperante. Il trapianto di cuore è ancora in grande prevalenza ortotopico, ossia avviene per sostituzione del cuore del ricevente con quello del donatore. Alla tecnica tradizionale, nota anche come tecnica biatriale, si è aggiunta di recente la tecnica bicavale che prevede la resezione della vena cava superiore e inferiore, conservando l’integrità dell’atrio destro. 28 Il trapianto eterotopico, in paziente con alte resistenze polmonari o in caso di cuore di donatore di dimensioni inferiori rispetto al ricevente, si realizza posizionando l’organo nell’emitorace destro. Appena viene segnalata l’esistenza del potenziale donatore, il primo paziente compatibile in lista d’attesa deve entrare in ospedale e prepararsi per la possibile operazione, mentre nell’altro ospedale l’equipe incaricata valuta le caratteristiche dell’organo. Una volta accertata l’idoneità del cuore, l’equipe chirurgica inizia l’asportazione, in stretto coordinamento con i medici dell’ospedale del ricevente. Il cuore del donatore viene lavato con una soluzione fisiologica salina fredda (4 gradi), prelevato e immerso in un contenitore con la stessa soluzione, in grado di conservarlo per 4‐5 ore. Inizia a questo punto la corsa contro il tempo che prevede uno scambio di informazioni costante tra le due equipe. L’intervento dura poco più di un’ora, dopodiché il paziente viene portato nell’unità di terapia intensiva per le cure post‐operatorie. Dopo il trapianto è necessario seguire una terapia con farmaci che impediscano i fenomeni di rigetto21, cioè le reazioni immunitarie con le quali l’organismo tenta di liberarsi dell’organo “intruso”. Altre frequenti complicanze sono le infezioni, la cui insorgenza viene ridotta da protocolli di farmaci antibiotici, antivirali e antimicotici, e le coronaropatie. Nel reparto di degenza ordinaria il paziente si ferma per un periodo di circa tre o quattro settimane durante le quali si effettuano prelievi del sangue per monitorare il nuovo organo. Quindi il paziente può tornare ad una normale attività e all’abituale stile di vita22. Il paziente dovrà continuare la terapia immunosoppressiva indefinitamente; dopo il primo anno non si eseguono più biopsie endomiocardiche di routine, inizia invece un programma di coronarografie periodiche, ogni 3‐6 mesi deve essere eseguito un controllo clinico con dosaggio ematico degli immunosoppressori, ecocardiografia, radiografia standard del torace. 21 Il rigetto può essere: assente, lieve (caratterizzato da soli infiltrati linfocitari perivasali), moderato (comparsa di edema interstiziale, infiltrati pericellulari e focolai di miocitolisi), severo (necrosi miocardia diffusa e marcata attivazione dei linfociti; esso è spesso accompagnato da malessere, febbre, mialgie, linfocitosi; ipotensione arteriosa, segni di alterata funzionalità cardiaca all’elettrocardiogramma e all’ecocardiogramma). Negli ultimi due casi si impone il trattamento medico (steroidi ad alte dosi) ed in quello severo il precoce controllo bioptico endomiocardico per via endoscopica. 22 Terapia perioperatoria: inizia con un’induzione preoperatoria/intraoperatoria generalmente a base di steroidi ad alte dosi, terapia anticorpale per 1 o 2 settimane, somministrazione ad elevate dosi degli immunosoppressori di mantenimento. Terapia di mantenimento: prosegue indefinitamente. Quella che si è affermata dagli anni Ottanta, portando la trapiantologia ai risultati attuali, è la "triplice": ciclosporina + azatioprina + steroidi. A partire da metà degli anni Novanta si sono diffusi farmaci alternativi, tra cui spiccano per importanza: tacrolimus, sirolimus e micofenolato mofetil, in varie combinazioni tra loro e con i farmaci classici. Attualmente la terapia di mantenimento più utilizzata è ancora triplice: un inibitore della calcineurina (ciclosporina o tacrolimus), un antimetabolita (micofenolato mofetil) e steroidi. Possono essere usati anticorpi sia come induzione nei primi 7-14 giorni dopo il trapianto, sia come terapia dei rigetti acuti: sieri antitimociti di coniglio e da anticorpi monoclonali contro i recettori IL-2 e CD-52. Terapia degli episodi di rigetto acuto: sono possibili molti schemi, tra i più sperimentati si contano gli steroidi ad alte dosi e gli anticorpi; alcuni farmaci di mantenimento come il tacrolimus si prestano a temporanei aumenti di dosaggio, oppure si può convertire la terapia di mantenimento in altri farmaci. In casi selezionati si è rivelata utile la plasmaferesi. In passato si è usato talvolta l´irradiamento. 29 I VAD (Venticular Artificial Device), sono pompe pulsatili che vengono inserite, in “parallelo”, al cuore, in crisi, del paziente; impiantate all’interno del corpo e collegate ad una fonte (pneumatica od elettrica) energetica esterna. Anche questi “ventricoli artificiali”, il cui vantaggio principale consiste nel poter rendere svincolabile il paziente dal letto di degenza, servono non solo come “ponte” al trapianto, ma si sta facendo strada l’ipotesi di utilizzarli per consentire, anche a pazienti non candidabili al trapianto, di prolungare la loro sopravvivenza in condizioni di qualità di vita dignitose, se non addirittura normali. Prospettive chirurgiche future: Xenotrapianto: Sono in corso studi in tutto il mondo per rendere compatibili con l´uomo cuori di animali mediante tecniche di ingegneria genetica. L´animale più studiato è il maiale. Oltre ai notevoli problemi che la cosa riveste in sé, esistono forti e fondati timori sul passaggio all´uomo di virus e altri patogeni finora bloccati dalle barriere di specie. Chirurgia conservativa dello scompenso cardiaco: Sono stati ottenuti importanti risultati con la correzione dell´insufficienza mitralica ed il rimodellamento ventricolare, che consiste nella resezione di aree infartuate acinetiche o discinetiche ricostruendo una corretta geometria del ventricolo sinistro. Trapianto di cellule: La possibilità di usare precursori autologhi rende particolarmente interessante questa prospettiva. Finora le applicazioni cliniche sono numericamente limitate, sono dimostrati alcuni benefici sulla funzione ventricolare globale, ma non ancora la formazione di nuovo miocardio che si contragga in modo coordinato ed efficace. Cardiomioplastica: Il muscolo gran dorsale viene avvolto attorno al cuore e stimolato ritmicamente con uno speciale pacemaker. Tra i numerosi problemi che si sono manifestati vi è la degenerazione nel tempo del muscolo dorsale. 30 INDICE ANATOMIA DELLA PARETE TORACICA ................................................................................ 2 ANATOMIA E FISIOLOGIA CARDIACA ................................................................................... 3 CIRCOLAZIONE EXTRACORPOREA....................................................................................... 8 DECORSO POSTOPERATORIO IN TERAPIA INTENSIVA ........................................................ 10 Arresto circolatorio ..................................................................................................................................................11 Insufficienza renale acuta postoperatoria................................................................................................................11 Valutazione del rischio chirurgico ...........................................................................................................................12 CARDIOPATIE CONGENITE ............................................................................................... 13 Difetto interatriale....................................................................................................................................................14 Difetto interventricolare ...........................................................................................................................................14 Persistenza del dotto arterioso .................................................................................................................................15 Tetralogia di Fallot ..................................................................................................................................................15 Stenosi polmonare ....................................................................................................................................................16 Coartazione aortica..................................................................................................................................................16 Trasposizione dei grossi vasi....................................................................................................................................16 Stenosi aortica ..........................................................................................................................................................17 Anomalia di Ebstein..................................................................................................................................................17 CARDIOPATIE ACQUISITE ................................................................................................. 18 Valvulopatie..............................................................................................................................................................18 Stenosi aortica ..........................................................................................................................................................18 Insufficienza aortica .................................................................................................................................................19 Stenosi mitralica .......................................................................................................................................................19 Insufficienza mitralica ..............................................................................................................................................20 Insufficienza tricuspidale..........................................................................................................................................20 Stenosi tricuspidale...................................................................................................................................................21 CARDIOPATIA ISCHEMICA ................................................................................................ 21 ANEURISMI DELL´AORTA TORACICA ................................................................................. 24 DISSEZIONE AORTICA ...................................................................................................... 25 TUMORI DEL CUORE ........................................................................................................ 26 PERICARDITI ................................................................................................................... 27 TRAPIANTO DEL CUORE ................................................................................................... 28 31