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Relazione di S. E. Mons. Erwin Josef Ender,
Nunzio Apostolico in Germania
Mons. Cesare Orsenigo, Nunzio Apostolico in Germania
(1930 – 1946)
Egregi Signori e Signore,
1. All’Aja in Olanda nel 1922 attendeva a Mons. Cesare
Orsenigo una nuova vita all’insegna della diplomazia. Egli era, come
conferma la biografia di Monica Biffi, in un certo senso estraneo agli
affari.
Padre Gemelli, suo amico, che ebbe l’occasione di vederlo al
lavoro nella Nunziatura d’Aja, scrisse a proposito del suo nuovo
compito:”L’opera di un Nunzio deve essere silenziosa…la vita di
nunziatura, se se ne tolgono le visite fatte e ricevute e l’affaticante
lavoro di segreteria, si svolge nel silenzio”.
Il Cardinale Faulhaber, Arcivescovo di Monaco-Frisinga, si
esprimeva ancora più chiaramente a riguardo nell’omelia pronunciata
durante le esequie di Mons. Orsenigo, nel 1946 ad Eichstätt: “ I Nunzi
che dal Vescovo di Roma vengono inviati in un dato Paese, hanno una
missione diplomatica e una missione schiettamente religiosa, nessuna
missione politica. La loro missione diplomatica consiste nello stabilire
un vitale collegamento tra la Santa Sede ed il Governo dello Stato
presso cui sono accreditati, cosicché sussista sempre la possibilità di
restare in collegamento fra il Governo dello Stato e la Santa Sede ed
altresì la possibilità di dirimere le possibili vertenze. La missione
religiosa dei Nunzi consiste invece nell’informare il Santo Padre della
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situazione religiosa nella loro giurisdizione e far presente i bisogni. Il
compito assegnato da Cristo alla Chiesa Apostolica di estendersi su
tutto il mondo, a tutta l’umanità, racchiude in sé il dovere di entrare in
relazione con tutti i popoli a servizio della missione religiosa”.
La missione di Mons. Orsenigo in Olanda durava tre anni. Nel
1925 entrava ufficialmente a Budapest come rappresentante pontificio.
Il 14 maggio del 1930 venne nominato Nunzio in Germania, quale
successore di Mons. Eugenio Pacelli, richiamato a Roma dove venne
nominato Cardinale e Segretario di Stato.
La recente parziale apertura degli Archivi vaticani per il periodo
1922-1939 consente pertanto di ricavare elementi di novità su temi
scottanti e soprattutto di capire meglio, attraverso circa 1500 rapporti
del Nunzio Orsenigo e 500 dispacci del Segretario di Stato Pacelli,
quali fossero i problemi all’ordine del giorno e l’approccio della Santa
Sede ad essi.
2. Il Nunzio Apostolico Mons. Orsenigo si trovò a reggere la
Nunziatura berlinese dal 1930 fino al 1946, ossia in un periodo
decisivo per la storia del Novecento, durante il quale si assisté alla
crisi della Repubblica di Weimar, all’ascesa e al consolidamento del
nazismo, e poi al suo crollo. Anche la figura di Orsenigo
(parallelamente a quella di Pacelli) è stata spesso oggetto di polemiche
e di speculazioni a margine del dibattito sul rapporto tra la Chiesa
cattolica e la Germania nazista.
Com’ è noto, Papa Pio XI, con cui Orsenigo ebbe rapporto di
lunga amicizia, e il successore, Pio XII, erano sempre molto attenti
alla delicata situazione interna tedesca.
Uno dei punti di prova è il doppio ruolo di Cesare Orsenigo in
Germania, di Nunzio Apostolico e di Decano del Corpo Diplomatico
presso il Presidente del Reich. In Germania, il Decano era eletto a quel
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tempo periodicamente da tutto il Corpo Diplomatico accreditato a
Berlino; per “suffragio diretto” Orsenigo fu dunque designato
all’esercizio di tale funzione.
L’atmosfera politica in Germania era in quel momento
particolarmente incandescente. Con particolare frequenza, fin dai suoi
primi rapporti, il nuovo Nunzio insisteva non solo sulla continua
instabilità governativa, ma anche sul pericolo comunista. Con accenti
particolarmente accorati descriveva la “rieducazione” giovanile ai
valori comunisti.
Già nel 1933 Mons. Orsenigo scrive al Cardinale Pacelli di un
altro grave pericolo…”purtroppo il principio antisemita fu accettato e
sanzionato dall’intero Governo, e questo fatto purtroppo resterà come
un ignobile macchia proprio sulle prime pagine della storia…che sta
scrivendo il nazionalsocialismo germanico!”.
Nel rapporto del 14 settembre 1935 Mons. Orsenigo descrive
l’ideologia del partito di Hitler: “Non so se tutto il bolscevismo russo
sia stata opera esclusiva dei giudei; ma qui si è trovato modo di farlo
credere e di agire di conseguenza contro il giudaismo. Se, come pare,
il Governo nazionalsocialista avrà vita lunga, i giudei sono destinati a
scomparire da questa nazione”.
Circa il vandalismo antisemita avvenuto nel novembre 1938 in
Germania, Mons. Orsenigo scrive: “Nella notte si frantumarono tutte
le vetrine e si incendiarono le sinagoghe; il giorno seguente furono
saccheggiati i negozi…tutto ciò lascia facilmente intuire che l’ordine
o il permesso di agire veniva molto dall’alto”.
3. L’avvento di Hitler pose alla Santa Sede diversi problemi. Il
nuovo cancelliere tedesco s’era pubblicamente professato cristiano,
ma in Vaticano non si riteneva tutto ciò rassicurante, dato che egli non
aveva proclamato l’appartenenza ad una confessione precisa.
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Nel 1935 Mons. Orsenigo osserva: “Il discorso di Hitler è una
esposizione di una strana, per non dire irriverente, filosofia della storia
del popolo tedesco considerato anche nei suoi contatti con il
cristianesimo; purtroppo si fa palese ogni mancanza di fede sia
cristiana che semplicemente religiosa, e il disconoscimento di ogni
utile collaborazione della religione per la grandezza del popolo
tedesco, che viene attribuita solo al nazionalsocialismo ed è attesa
unicamente dal partito e dalle armi”.
Vi era poi il problema dell’educazione religiosa e del
prevedibile conflitto che tale questione avrebbe ingenerato tra la
Chiesa e lo Stato. Non secondario era il pericolo di veder sorgere una
“Chiesa nazionale” o una “Chiesa di Stato” tedesca staccata da quella
di Roma.
Dalle carte archivistiche vaticane troviamo confermata anche
l’idea che il Concordato firmato dalla Santa Sede e la Germania
nazista nel luglio 1933 non sancì affatto la pace tra Chiesa e Stato; le
indicazioni documentarie conducono anzi a conclusioni opposte.
Questo discorso tocca direttamente la figura del Nunzio a Berlino:
giacché in molte circostanze, nella già ricordata veste di Decano del
Corpo Diplomatico, Orsenigo si trovò a parlare al Governo nazista,
esprimendo il punto di vista di tutti i suoi colleghi diplomatici senza
peraltro provocare, a quanto risulta, dissensi o proteste da parte di
questi ultimi per le parole da lui pronunciate in circostanze ufficiali.
Nel dispaccio del 4 gennaio 1934 scrive al Cardinale Pacelli
sulla insistenza di Hitler sulla volontà di pace della Germania: ”Queste
dichiarazioni solenni di pace ricorrono sulla bocca di quelle persone
che combatterono fino a ieri energicamente ogni movimento pacifista,
che per questo bisogna prendere come una manovra politica per
prepararsi alibi. Fra i diplomatici si parla apertamente del pericolo di
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una guerra; certo armamento morale e materiale procede qui
febbrilmente…”.
In occasione degli auguri per il Capodanno del 1935, Orsenigo
insistesse con Hitler, nuovo Capo dello Stato tedesco, sull’urgente
desiderio di pace nel mondo: bisogno condiviso da molte parti.
4. E’ proprio in questo periodo di maggior dinamismo della
Germania che l’azione del Nunzio a Berlino sembrò in un certo senso
condizionata: quasi che Orsenigo fosse incapace di districarsi tra
l’imperante culto dello Stato-partito, cui ormai soggiaceva anche una
parte del clero e dei cattolici tedeschi, e la necessità di rappresentare
adeguatamente gli interessi della Santa Sede in un’ora così tormentata.
Tutto
ciò
non
può
certamente
condurre,
allo
stato
della
documentazione, a vedere in Orsenigo un filo-nazista e tantomeno un
fiancheggiatore di Hitler. Ci si può legittimamente chiedere, tuttavia,
se egli non risentisse in certo modo dell’ambiente in cui si trovava,
talora lasciandosene suggestionare: fosse pure nella speranza di
migliorare in tal modo la condizione della Chiesa cattolica in
Germania e di rendere più efficace ed incisiva la propria azione di
rappresentanza. Ci si potrebbe chiedere se, pur con indubbie qualità
pastorali, egli non soffrisse talora per la grave responsabilità di
reggere una “sede disagiata” come la Nunziatura Apostolica nella
Germania nazista.
La freddezza nei rapporti vaticani dopo la pubblicazione dell’
Enciclica “Mit Brennender Sorge” del 1937 portò anche a un
mutamento di tono della Nunziatura berlinese. Nel discorso per il
Capodanno del 1938, è il testo più sobrio che Orsenigo abbia mai
scritto in simili occasioni, si parla di pace, o piuttosto della necessità
di giungere alla “vera pace” e alla collaborazione fra i popoli,
“affratellati, finalmente nella giustizia, nell’ordine e nella carità”; vi si
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auspica una “alacre collaborazione fra di loro, nell’interesse di una
comune prosperità”.
Si trattava dunque di toni preoccupanti, che erano certamente
anche il riflesso dei rapporti vaticano-tedeschi nel 1937. Non a caso
questo testo di Orsenigo, accettato dal Vaticano senza modifiche,
sarebbe stato ripreso dai giornali americani e interpretato come un
chiaro segno che Pio XI aveva voluto dare un ammonimento a Hitler.
Oltre agli incontri annuali dei diplomatici con Hitler ed il suo
Governo a Berlino, Mons. Orsenigo si recò due volte a Berchtesgaden
per incontrare Hitler, che nei pressi della cittadina bavarese aveva
costruito una sua residenza, il noto “nido delle aquile”. Il 5 maggio
1939 il Nunzio sottopose a Hitler il progetto della Santa Sede di una
conferenza internazionale fra Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia
e Polonia per scongiurare il pericolo di una soluzione bellica delle
controversie esistenti. La proposta incontrò solo un superficiale
interesse e, benché Hitler assicurasse di non volere la guerra, tenne a
dire al Nunzio di essersi fortificato “in maniera imbattibile” contro la
Francia e di esserlo sempre più anche al confine orientale contro la
Polonia e fece le sue lagnanze contro la Gran Bretagna. Era in pratica
il preannuncio della ormai vicina guerra.
Quattro anni più tardi, nel novembre 1943, Orsenigo si recò
nuovamente a Berchtesgaden “per altissimo incarico”, cioè inviato da
Pio XII, allo scopo di chiedere “moderazione ed umanità” nel
trattamento degli ebrei. Nel racconto fatto alcuni giorni dopo dallo
stesso Nunzio al professore Edoardo Senatra, il diplomatico così
descrisse il drammatico incontro col dittatore: “Non appena iniziai ad
affrontare il tema degli ebrei, il Führer mi girò le spalle, andò alla
finestra e tamburellò con le dita sul vetro. Lei può immaginarsi come
mi era penoso presentare la mia richiesta dietro le spalle del mio
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interlocutore. Ciò nonostante, ho continuato. Poi, all’improvviso
Hitler si girò, andò al tavolo su cui era posato un bicchiere d’acqua, lo
prese e lo scagliò pieno d’ira a terra. Con questo gesto di “alta
diplomazia” e “degno di uno statista” potei considerare la mia
missione allo stesso tempo come conclusa e purtroppo come respinta”.
Questi due incontri personali di Mons. Orsenigo con Hitler sono
anche due insuccessi nella storia della diplomazia vaticana che
testimoniano tuttavia dell’impegno per la pace, che è una delle priorità
dell’attività della Santa Sede.
5. Il 13 aprile 1940 Mons. Orsenigo aveva scritto: “Nei
momenti di esaltazione patriottica, è veramente pericoloso per il clero
di manifestare ostentatamente una attitudine contraria. I nemici del
cristianesimo non cessano di fare una propaganda intensa contro la
fede sui giornali e i libri iniqui; ma essi trovano purtroppo il migliore
argomento per avvalorare la loro propaganda nell’atteggiamento di
opposizione preso dal clero. Finché la lotta è solo diretta contro la
politica interna del paese, è facile per tutti distinguere tra
comportamento antinazionalsocialista e antipatriottico; il clero è,
come è giusto, antinazionalsocialista, ma non è antipatriottico.
Oggigiorno, in politica estera, questa distinzione è molto più difficile:
non c’è più chi pensa che si possa essere contro Hitler senza essere
allo stesso tempo contro la nazione, cioè senza essere traditori della
patria…”.A questo proposito aveva fatto una chiara distinzione tra
patriottismo “tedesco” e patriottismo “nazista” il Vescovo di Münster,
il Beato Cardinale von Galen. L’atteggiamento di Mons. Orsenigo,
espresso all’inizio della guerra e generato dalla sua volontà di non
offrire ai nazisti il ben minimo appiglio per accentuare la persecuzione
contro la Chiesa, era condiviso dal Cardinale Bertram, Presidente
della Conferenza Episcopale Tedesca e da altri Prelati, non però
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accettato da altri membri dell’episcopato, tra i quali il Vescovo di
Berlino, Mons. Preysing, il quale in una sua lettera molto
confidenziale al Papa, chiedeva una rottura netta con il Governo
nazista e la sostituzione del Nunzio o addirittura la chiusura della
Nunziatura.
Pio XII, nelle sue risposte, mostrava di condividere in parte il
suo spirito di lotta, ma affidava l’incarico di protestare e di intervenire
ai singoli Vescovi, i quali, essendo sul posto, avrebbero potuto
calibrare meglio il da farsi in base alla loro situazione, senza esporre
alla possibilità di rappresaglie l’intera Chiesa e quindi altri civili e
innocenti.
La politica dei piccoli interventi locali in favore dei bisognosi,
un po’ dovunque nei paesi occupati, attuata senza attirare troppo
l’attenzione dei capi supremi e quindi senza provocare drastiche prese
di posizione ufficiali, testimonia probabilmente la scarsa fiducia del
Vaticano nei gerarchi nazisti e la convinzione di non riuscire ad
ottenere nulla di positivo con una lotta aperta. Mons. Orsenigo
dimostrava di condividere fino in fondo questa linea ufficiale e si
sforzava di metterla in pratica, anche se ciò, lo sapeva benissimo, lo
avrebbe esposto a critiche e incomprensioni, essendo il rappresentante
del Papa sul luogo. Essendo Mons. Orsenigo l’unico rappresentante
ufficiale della diplomazia vaticana rimasta al suo posto nel centro
Europa, sconvolto dalla guerra, divenne facilmente, per alcuni, il
capro espiatorio delle supposte latitanze di Roma. Il fatto che il Papa
l’abbia lasciato al suo posto anche dopo la fine della guerra, dimostra,
invece, la fiducia di cui godeva in Vaticano.
6. Nel 1940 comincia per Mons. Orsenigo una nuova parte della
sua missione, e cioè l’azione umanitaria: interviene per procurare
l’assistenza
religiosa
ai
prigionieri
polacchi
nei
campi
di
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concentramento ed ai civili polacchi che lavoravano in Germania.
Informava pure che le autorità tedesche avevano iniziato la
deportazione degli Ebrei tedeschi verso regioni polacche, nei dintorni
di Lublino. Nell’aprile 1940 aveva proposto in Vaticano di utilizzare il
denaro raccolto in Polonia come Obolo di S. Pietro a favore dei
Polacchi stessi, cosa che il Papa aveva subito approvato. Nel mese di
luglio 1940 fu invitato ad adoperarsi “con la sua grande carità ed il
suo squisito tatto” per ottenere la liberazione di sacerdoti francesi
imprigionati. Il Nunzio si adoperò prontamente per sbrigare tutti
questi incarichi, con risultati però non troppo positivi.
Il 26 gennaio 1941 si recò con un permesso del Ministero degli
Esteri a visitare un gruppo di sacerdoti francesi, prigionieri di guerra
in Baviera. I sacerdoti lo accolsero con gioia e parole di
ringraziamento, anche per i libri di teologia che Orsenigo aveva loro
inviato in precedenza. Egli, felice di aver potuto portare loro un po’ di
sollievo, lasciò anche del denaro perché potessero avere “qualche
particolare godimento a ricordo di questo giorno”. Si rammaricava
però di non aver potuto visitare gli ammalati, ricoverati lì vicino,
perché la sua autorizzazione non lo concedeva. Inoltre, proseguirono
gli interventi umanitari attuati dal Nunzio a favore degli internati. Le
richieste in favore degli Ebrei erano immediatamente rifiutate senza
essere nemmeno prese in considerazione.
Anche un profano può certamente intuire quale peso colossale
gravi sulle spalle di un Nunzio, che negli anni della guerra e del
dopoguerra deve investirsi dei problemi della pace fra i popoli, negli
anni di assestamento deve interessarsi alla Giustizia, negli anni di
carestia deve pensare ai mezzi di sostentamento. Tutto ciò toccava
personalmente
l’unico
rappresentante
del
Romano
Pontefice
nell’Europa centrale negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
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Un reduce dalla prigionia, José Cottino ricordava: “E’ fitto nel
mio cuore e non si cancellerà più il ricordo di un Nunzio che,
nell’ormai lontano 18 giugno 1944, attraversava i reticoli del campo di
concentramento di Wietzendorf per portarci una parola di conforto.
Era Mons. Cesare Orsenigo, che dalla Germania in fiamme, mentre
s’accaniva la resistenza hitleriana in forme pazzesche, rappresentava
ancora il senso dell’equilibrio e della giustizia e cercava di salvare il
salvabile”. Sì, un migliore giudizio dell’operato di Mons. Orsenigo
negli anni della guerra non si potrebbe dare.
7. Dalle carte vaticane esaminate emerge la missione di Mons.
Orsenigo in un ben altra luce che quanto sia finora noto. Lo storico
tedesco Karl-Josef Hummel ha recentemente sottolineato che finora
abbiamo avuto l’immagine di Orsenigo creata dalle persone che non
condividevano il suo stile di lavoro. I documenti vaticani dimostrano
ben altra immagine e cioè di un attento osservatore non solo della vita
ecclesiale ma anche della politica tedesca con il suo antisemitismo, la
dittatura e l’agire di Hitler; un fedele e obbediente servitore della
Chiesa e del suo impegno per la pacifica convivenza fra i popoli.
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