Ortopedia e Traumatologia GENERALITA’ SULLE CONTUSIONI, DISTORSIONI, LUSSAZIONI, FRATTURE E DISTACCHI EPIFISARI CONTUSIONI Lesione che si produce per effetto di un corpo smusso che colpisce violentemente o ripetutamente un tessuto senza provocare soluzione di continuità. Quadro clinico • Sintomatologia dolorosa locale spontanea ed accentuata alla digitopressione, • Contrattura antalgica, • Arrossamento ed iperemia, • Tumefazione, edema, ecchimosi dopo 3–4 giorni (un modesto travaso ematico nel tessuto sottocutaneo) ed ematoma (imponente travaso ematico nel tessuto sottocutaneo). Indagini strumentali Rx (ci fa escludere un danno allo scheletro), ECO (se si crea una raccolta voluminosa). Gradi di contusione secondo Dupuytren Danno provocato dalla Manifestazioni contusione I° Rottura dei capillari Manifestazioni emorragiche, eritema, edema, ecchimosi II° Sottocute Rottura di piccoli vasi Il sangue si raccoglie in cavità, ematoma, ecchimosi III° Muscoli Lesione di vasi e nervi Ematoma, stupore neurologico (ipostesia, anestesia) IV° Muscoli e periostio Lesione di vasi e nervi Necrosi del tessuto, riparazione con tessuto cicatriziale Zone interessate dalla contusione Cute-sottocute Terapia Crioterapia locale (la borsa di ghiaccio limita l’ematoma), scarico dell’arto e riposo, bendaggio compressivo, farmaci antinfiammatori. In presenza di vasti ematomi è consigliabile il drenaggio. DISTORSIONI Perdita parziale e temporanea dei rapporti articolari con stiramento e/o lacerazione dell’apparato capsulo-legamentoso causato da ipersollecitazioni meccaniche. Le articolazioni più soggette alle distorsioni sono: la tibio-peroneo-astragalica, il ginocchio, la radiocarpica, il gomito, la spalla, la metacarpo-falange e la interfalange. Quadro clinico • Dolore spontaneo accentuato dalla digitopressione, • Edema e tumefazione, • Enartro, • Impotenza funzionale. Francesco Giuseppe Cannone 1 Ortopedia e Traumatologia Gradi di distorsione I° = distensione dell’apparato capsulo-legamentoso che non supera il coefficiente di resistenza. La stabilità articolare non è compromessa. II° = distrazione dell’apparato capsulo-legamentoso con lacerazioni minime e parziali (sfibrillamento). La stabilità articolare è lievemente compromessa. III° = rottura dell’apparto capsulo-legamentoso. La stabilità articolare è gravemente compromessa. Indagini Rx, Rx sotto stress (ormai superata), RMN (mai fare questo esame senza un giusto esame obbiettivo della situazione), artroscopia ( non è più utilizzata in diagnostica, ma in terapia). Terapia Crioterapia locale, scarico dell’arto, bendaggio compressivo, immobilizzazione e farmaci antinfiammatori. Trattamento cruento (plastica ricostruttiva nelle distorsioni di 3° grado). SUBLUSSAZIONI Perdita parziale e permanente dei rapporti fra superfici articolari contigue causate da sollecitazioni meccaniche che superano l’elasticità dell’apparato capsulo-legamentoso. LUSSAZIONI Perdita completa e permanente dei rapporti fra superfici articolari contigui causate da sollecitazioni meccaniche che superano l’elasticità dell’apparato capsulo-legamentoso. Le lussazioni più frequenti sono quelli della spalla (la testa omerale si allontana dalla cavità glenoidea della scapola. Si dividono in anteriore, posteriore, inferiore e superiore), acromionclavicolare, del gomito, del capitello radiale, metacarpo-falange ed interfalange, dell’anca o coxo-femorale, del ginocchio (femoro-tibiale e femoro-rotulea), metatarso-falange ed interfalange, della colonna vertebrale. Le articolazioni della spalla e dell’anca sono delle enartrosi (possono dare movimenti di circumlocuzione). Una lussazione può recidivare o diventare abituale perché spesso la capsula non si ripara del tutto, ma vi rimane un occhiello che permette la lussazione. Mentre la lussazione recidivante può essere trattata incruentamente, quella spontanea deve essere trattata dal chirurgo. Quadro clinico • Variazione del profilo anatomico dell’osso (deformazione) o dell’articolazione interessata. • Dolore articolare spontaneo, irradiato talvolta, per compressione dei tronchi nervosi. • Atteggiamento coatto dell’arto. • Impotenza funzionale. Indagini Rx nelle due proiezioni standard (antero-posteriore e latero-laterale o assiale). Francesco Giuseppe Cannone 2 Ortopedia e Traumatologia Classificazione delle lussazioni 1. traumatiche = sono provocate da traumi nelle articolazioni sane. Si distinguono in dirette (se la forza agisce direttamente sull’articolazione) o indirette (se la forza agisce indirettamente).. 2. patologiche = provocati da processi infiammatori o neoplastici. 3. recidivanti = quando avvengono 1 – 2 volte, a breve distanza dal primo episodio. 4. abituali = quando si manifestano anche con movimenti quasi fisiologici. Sono quasi indolore e l’articolazione può ritornare a posto facilmente. Trattamento a) Incruento = riduzione in anestesia generale (per far rilassare completamente il muscolo) o plessica mediante manovre appropriate incruente; immobilizzazione. b) Cruento = nelle lussazioni irriducibili o recidivanti o abituali, si attua il trattamento di plastica ricostruttiva dell’apparato capsulo-ligamentoso. FRATTURE La frattura è l’interruzione della continuità dell’osso causata da sollecitazioni meccaniche che superano il limite di elasticità e resistenza. La frattura patologica, invece, si produce spontaneamente (senza trauma) o con minimo trauma, in quanto esiste una alterazione qualitativa e quantitativa della componente organica ed inorganica del tessuto osseo. N.B.: metastasi e lesioni ripetitivi = sono tumori di un determinato tessuto che si diffondono e si localizzano in un altro sito dove “ripete” le stesse lesioni anantomopatologiche a scapito del tessuto dove è arrivato. Oggi, molto spesso ci si accorge di un tumore perché la metastasi ha determinato un frattura patologica o il soggetto ha dolore e fa una Rx: si fa poi una biopsia della metastasi e si scopre l’origine istologica del tumore primitivo. Meccanismo di produzione delle fratture L’osso ha una sua resistenza ed una componente di elasticità. L’osso si deforma sotto una sollecitazione meccanica per poi riprendere la sua forma originaria. Il meccanismo di produzione delle fratture può essere diretto o indiretto: • Diretto = il trauma agisce e si esaurisce dove e stato applicato • Indiretto = è la più frequente. La forza traumatica agisce da una parte e si esaurisce da un’altra parte. Esempio: la caduta in piede determina la frattura del calcagno e la frattura delle vertebre lombari. L’impatto frontale con un auto determina la frattura dell’acetabolo con possibile frattura della testa del femore perché la sollecitazione si trasmette dalle gambe irrigidite sul pedale del freno. Patogenesi delle forze traumatiche • Flessione (il trauma frattura l’osso lungo l’asse longitudinale), • Torsione (il trauma determina una rotazione in senso inverso tra le due estremità dell’osso. Tale rotazione determina la frattura). La rima di frattura non è semplice, ma obliqua, spiroidale. • Assiali: compressione, trazione, miste (il trauma può determinare uno schiacciamento o una trazione con successiva frattura). Francesco Giuseppe Cannone 3 Ortopedia e Traumatologia Ogni frattura può essere: • Frattura incompleta = interruzione parziale della continuità dell’osso (generalmente sotto il periostio). Può avvenire in flessione (a legno verde), in depressione (ossa piatte) o per infrazione. • Frattura completa = interruzione totale di continuità dell’osso. Una frattura completa può essere semplice (parcellare, trasversale, obliqua, spiroide), bifocale, complessa (da 1 a 3 frammenti), comminuta (più di 3 frammenti), bilaterale, multipla (polifratturato, soggetto che ha avuto più fratture, ma senza compromissione di altri organi o apparati. Il politraumatizzato invece ha traumi in diversi organi ed anche una o più fratture). o Per sede anatomica la frattura può essere: epifisaria (ha la prognosi più grave perché è articolare), metaepifisaria, diafisaria (in proiezione laterali sono spostate ad axim, cioè procurve verso l’alto, oppure ricurve verso il basso). o Per spostamento (determinati dalla forza traumatica + la forza angolare + la sua inserzione) la frattura può essere: - ad latus (trasversale), - ad longitudinum (accavallate. Si ha un accorciamento. Molto spesso questo genere di frattura non si vedono con la sola proiezione anteroposteriore Rx)), - ad axim (angolare. L’asse non è conservato, può essere procurvo [valgo, l’angolo più o meno aperto è verso l’esterno], oppure ricurvo [varo, l’angolo più o meno aperto è verso l’interno]), - ad peripheriam (vi è una rotazione di un solo frammento o di entrambi, uno verso l’interno ed uno verso l’esterno). Francesco Giuseppe Cannone 4 Ortopedia e Traumatologia • La frattura in base all’interessamento articolare può essere: ο Articolare ο Extrarticolare = ha una prognosi più grave perché è stata compromessa la cartilagine di rivestimento dei capi articolari e si può esitare in una patologia artrosica fino all’anchilosi. Le fratture possono essere: • Chiuse • Esposte (dall’esterno verso l’interno o dall’interno verso l’esterno). Le fratture esposte, rispetto a quelle chiuse, possono avere come complicanza più frequente l’infezione. L’infezione è più probabile nel tipo “dall’esterno verso l’interno”. Quindi le fratture esposte devono essere ripulite accuratamente ed alla fine dell’operazione si deve attuare una terapia antibiotica ad amplissimo spettro (gram +, gram -, aerobi ed anaerobi), per evitare che la contaminazione possa trasformarsi in infezione. Quadro clinico La frattura va considerata sempre come una malattia sistemica che determina : shock traumatico, dolore, insonnia, rialzo termico, alterazioni del tratto gastroenterico, alterazioni dei valori ematochimici. Esempio = può succedere che un paziente di terza età con intolleranza ai glucidi, ma non diabetico, in seguito ad una frattura importante possa avere una slatentizzazione del diabete. Questa iperglicemia può anche dare problemi al trattamento. Ma come accade molto spesso, alla risoluzione della frattura, la glicemia torna a valori di prima, mentre in altri pazienti può rimanere il diabete. Quadro clinico locale - Dolore intenso spontaneo ed accentuato alla digitopressione. - Tumefazione delle parti molli ( a causa dell’edema e del versamento emorragico) - Deformità locale (per lo spostamento dei frammenti ossei) - Accorciamento dell’arto (dato soprattutto dallo spostamento ad longitudinem), - Ecchimosi, - Contrattura antalgica (per via riflessa il paziente cerca di tenere ferma la frattura, anche se questo irrigidimento può peggiorare lo spostamento dei frammenti ossei), - Sensazione di crepitio e/o rumori di scroscio (dati dall’osso rotto), - Movimenti preternaturale dei monconi di frattura, - Impotenza funzionale. Diagnosi • Segni di certezza = movimento preternaturale dei monconi di frattura, sensazione di crepitio e/o rumori di scroscio, • Segni di probabilità (possono presentarsi anche in seguito ad una grave contusione o lussazione. Bisogna fare quindi l’Rx) = dolore intenso, spontaneo e/o alla palpazione, tumefazione delle parti molli, deformità locale, accorciamento dell’arto, ecchimosi, contrattura antalgica, impotenza funzionale. Indagini strumentali Rx (per diagnosticare una frattura si devono fare almeno due proiezioni: antero-posteriore e laterale; se è necessario, fare anche quella obliqua.), TAC (se vogliamo vedere la frattura nelle tre dimensioni possiamo fare una Tac spirale), scintigrafia (è obbligatoria in caso di fratture patologiche, per vedere se ci sono altre lesioni in altre regioni. [osteoporosi, metastasi]. Se si evidenziano poche lesioni, non in tutto lo scheletro, il paziente si può operare), RMN. Francesco Giuseppe Cannone 5 Ortopedia e Traumatologia Evoluzione delle fratture Da quando si ha la frattura hanno inizio i meccanismi di riparazione che si suddividono in 4 fasi: I fase = (25-30gg) organizzazione dell’ematoma, formazione del callo fibroso (callo iniziale): quando l’osso si frattura esce sangue e si forma l’ematoma di frattura. Attraverso tale sangue arrivano i fibroblasti e la fibrina. L’ematoma si organizza e forma il callo fibroso. Evapora anche l’acqua ematica, facendo diventare il sangue più solido. Il callo fibroso è già in grado di stabilizzare il focolaio di frattura (per cui i due frammenti di ossa, che prima erano mobili, ora incominciano a saldarsi). Il callo fibroso si forma anche se i due frammenti ossei si trovano a distanza. Tanto maggiore sarà la distanza, tanto meno il callo bloccherà la mobilità dei due monconi. Il ruolo dell’ortopedico non è quello di favorire la consolidazione (che è un processo normale), ma quello di ridurre (riavvicinare) il più possibile i due monconi. II fase = (30-32gg) differenziazione tissutale in senso osteogenico del callo (i condroblasti si differenziano in osteoblasti). Tale callo osteoide non è ancora osso ben organizzato perché non è precipitato ancora il calcio (idrossiapatite). Tale callo si chiama callo esterno di Mc Kibbin). III fase = termine di consolidazione. Precipitano i cristalli di idrossiapatite che conferiscono alla struttura neoformata (callo esterno) le caratteristiche di osso. IV fase = rimodellamento. All’Rx si vede una piccola bozza che scompare in circa 3 mesi per un processo di rimodellamento che segue la legge di Wolfe. La legge di Wolfe dice che: dove vi è sollecitazione aumenta la parte ossea, se invece non c’è sollecitazione, diminuisce la parte ossea. Il callo è in grado di contenere e stabilizzare il focolaio di frattura in diversi modi: - consolidazione naturale = l’osso si è riunito ed ha stabilito la contiguità iniziale, - consolidazione viziosa = l’osso si è riunito ma non ha stabilito la contiguità iniziale, perchè i monconi, mentre vi è il processo di guarigione, si spostano e il callo fibroso non diventa callo esterno ma formerà una deformazione perché non vi è continuità anatomica. - pseudoartrosi = frattura che non consolida e che non può consolidare naturalmente. Il termine deriva dal greco “false articolazioni”, c’è in tal caso ancora il movimento fra i due frammenti ossei e lo spazio fra questi è riempito da tessuto fibroso. Se la frattura è ridotta e immobilizzata, il processo di consolidazione va avanti, ma se la frattura viene ridotta e non c’è stata una buona immobilazione avremo lo spostamento e la mobilità del segmento di frattura. Tale movimento fa regredire il callo con tutti i suoi elementi. La IV fase avviene sempre anche se non ci sono fratture. Fattori influenzanti la formazione del callo iniziale - Influenze meccaniche = cioè se la frattura non viene ridotta o ben immobilizzata, - Influenze umorali = carenze bioumorali, - Fattori anatomici: • Nella sede = per esempio l’astragalo non ha inserzioni muscolari ma su esso si inseriscono solo capsula e legamenti, di conseguenza questo non riceve sangue se non dalle inserzioni della capsula che lo avvolge. In questo osso non si avrà mai formazione dell’ematoma di frattura. Ricevendo poco sangue esso deve essere subito ridotto altrimenti va in necrosi. Stessa cosa si può dire del calcagno. Questo è un osso trabecolare difficile da ridurre Æ può perdere la sua morfologia, ma guarisce molto bene per via della vascolarizzazione. Ancora nella sede occorre considerare epifisi (fratture difficili, ma che guariscono molto bene per via della vascolarizzazione), metafisi (ricche di sangue, facili da ridurre ed immobilizzare), diafisi (con molto sangue Æ unica differenza è data ai lunghi tempi di guarigione). • Nella meccanica = dipende dal tipo di frattura, per cui la rima di frattura diventa un movimento di estrema importanza, • Diastasi dei monconi ossei; Interposizione delle parti molli; Rima di frattura. Complicanze a) Generali • Immediate = shock traumatico (causato da grave perdita ematica. Frequente nel polifratturato. Si ha pallore, sudorazione, brividi, ipotermia cutanea, polso piccolo e frequente, ipotensione arteriosa ed obnubilazione del sensorio). • Precoci = embolia adiposa (si ha penetrazione nel circolo di gocce adipose provenienti dal focolaio della frattura che determinano dispnea, cianosi, polso piccolo e frequente, Francesco Giuseppe Cannone 6 Ortopedia e Traumatologia turgore delle vene del collo, edema polmonare), tromboembolia. Oggi il rischio è ridotto del 90%. • Tardive = broncopolmoniti, cistopieliti, piaghe da decubito. b) Locali • Immediate = esposizione del focolaio di frattura, associazione frattura-lussazione, lesioni vascolari (l’arto si presenta di colorito pallido, dolente spontaneamente, freddo. I polsi arteriosi distali mancano. È scarsa la sensibilità cutanea), lesioni nervose (anestesia cutanea, abolizione dei riflessi e della motilità muscolare) o viscerali (alla vescica, all’uretra). • Precoci = sindrome di Volkmann (è una retrazione dei muscoli flessori e pronatori delle dita dovuta ad ischemia tissutale, in seguito a fratture sopracondiloidee dell’omero e raramente dell’avambraccio. I fattori patogenetici sono: a. Vascolari = per compressione dell’arteria omerale da parte di un frammento osseo o per ematoma che non può espandersi. b. Nervoso = per compressione del nervo mediano o ulnare o radiale. La sindrome può manifestarsi in seguito ad uno spasmo arteriolare riflesso aggravato da un apparecchio gessato stretto che ostacola la diffusione di un ematoma. La compressione determina una riduzione dell’ossigeno e quindi ischemia con degenerazione del tessuto muscolare e formazione di tessuto cicatriziale. La mano o il piede assume una forma ad artiglio. Sintomi sono: dolore, edema, cute fredda, parastesi e cianosi. Questa sindrome deve essere riconosciuta immediatamente ed intervenire facendo, prima l’eliminazione del gesso e subito dopo una asportazione dei fasci per fare più spazio all’ematoma), infezione del focolaio di frattura. • Tardive = disturbi o ritardi di consolidazione, vizi di consolidazione (determinano il valgismo ed il varismo. Il vagismo è lo spostamento verso l’esterno di una parte dell’osso rispetto all’asse medio. Il varismo è la deformazione e lo spostamento verso l’interno di una parte dell’osso rispetto all’asse mediano) , necrosi asettica, artrosi posttraumatica, rigidità articolare, complicanze nervose, osteoditrofia post-traumatica di Sudeck (quando il tempo di immobilizzazione è lungo in seguito alle fratture delle estremità distali degli arti. Si ha dolore, edema, tumefazione, atrofia). Obiettivi del trattamento Consistono nel ridurre il focolaio di frattura, nell’immobilizzazione, nel consolidamento della frattura e nella guarigione. Per aversi una guarigione completa occorre una adeguata riabilitazione. a) Riduzione del focolaio di frattura = consiste nel riportare i frammenti di frattura a contatto, ricomponendo, per quanto è possibile la morfologia, ma soprattutto la funzionalità del segmento osseo leso. 1) Riduzione incruenta o Immediata o estemporanea, ottenuta mediante manovre manuali. o Graduale o progressiva, ottenuta mediante: trazione transcheletrica diretta o mediata, nell’adulto mediante fili metallici di Kirschener o Staimann. Si può effettuare o in modo diretto (se diretta all’osso, con infissione distale dei fili metallici nello stesso arto fratturato) oppure mediata (fra l’osso fratturato ed il filo metallico vi è interposta una articolazione). Nel movimento di trazione si girano i 2 capi dal lato opposto in cui si trovano affinché si abbia la riduzione. a pelle (skin-traction) nei neonati o bambini fino a 4 anni. La trazione viene fatta con cerotti adesivi o rivolti verso l’alto (trazione allo zenith) o rivolti lungo il piano del letto. 2) Riduzione cruenta = riduzione chirurgica a cielo aperto o a cielo chiuso. Francesco Giuseppe Cannone 7 Ortopedia e Traumatologia b) Immobilizzazione = consiste nel mantenimento della riduzione ottenuta. Può essere incruenta, cruenta ed insieme incruenta e cruenta. 1 - Immobilizzazione incruenta = con apparecchio gessato o altro materiale. L’immobilizzazione incruenta è il trattamento più valido perché non si svuota l’ematoma di frattura e quindi permette l’osteogenesi. L’apparecchio gessato con tecnica tradizionale prevede che la continenza del focolaio di frattura avvenga inglobando le articolazioni prossimali e distali al segmento interessato al fine di evitare spostamenti secondari e di distendere gli apparati muscolari. Complicanze della contenzione con apparecchio gessato - Disturbi correlati alla presenza dell’apparecchio gessato : stasi venosa, rigidità articolare, dermatiti da gesso, ipotrofia muscolare, osteoporosi, turbe oligodistrofiche /Sudeck) - Disturbi determinati da imperfetta confezione dell’apparecchio gessato: piaghe da decubito, disturbi circolatori arteriosi e/o venosi, disturbi nervosi da compressione. Vantaggi del trattamento incruento: o rispetto biologico del focolaio di frattura; o possibilità di intervenire in un secondo tempo (gipsotonia, pressore di delitala). Apparecchio gessato con metodica funzionale: prevede la funzione articolare dell’arto fratturato senza compromettere la stabilità del focolaio accelerandone il processo di guarigione. I principi teorici del gesso sono: • Compattezza uniforme : confezionare l’apparecchio gessato a contesto uniforme e totale, • Effetto idraulico: è determinato dalla compattezza uniforme sui muscoli, • Effetto attrito: dato dalle forze di compressione e di trazione, determinato dalle contrazioni muscolari e da carico. • Motilità controllata : favorisce la osteogenesi con formazione del callo periostale. Apparecchio gessato con la metodica della trazione-sospensione di Neufeld = è una riduzione incruenta che si utilizza nelle fratture pluriframmentarie di 1/3 medio o di 1/3 inferiore del femore. Con tale metodo si ottiene: • Riduzione progressiva della frattura, • Mantenimento della riduzione fino ad ottenere una certa stabilità intrinseca della frattura, • Ripresa della funzione arteriosa e muscolare sin dai primi 5-6 giorni. 2- Immobilizzazione cruenta = stabilizzazione chirurgica della frattura mediante mezzi di sintesi, previa riduzione della stessa, possibilmente con osteosintesi. • Indicazioni = fratture irriducibili ed instabili dell’adulto, fratture sottoposte all’azione diastesante dei muscoli, complicanze nervose e/o vascolari, polifratturati. Osteosintesi • Rigida = sintesi statica che non permette alcuna motilità interframmentaria. Si suddivide in interna [endomidollare (chiodi di Kurtschen con un doppio alesaggio del canale, e chiodi bloccati); corticale(viti e chiodi, placche, cerchiaggi, fissatori esterni, in cui da fuori si vede il chiodo)] ed esterna ( fissatore esterno, cioè placca con chiodi). • Elastica = sintesi dinamica che permette una certa mobilità controllata interframmentaria determinata dal carico o dalla contrazione muscolare. L’osteosintesi favorisce la formazione del callo osseo. Si suddivide in interna [endomidollare (Rush, Euder, chiodi di Kurtscher senza alesaggio del canale, e chiodi di Gross-Kempf non bloccati), corticale (fissatori esterni, placche)] ed esterna (fissatore esterno). Francesco Giuseppe Cannone 8 Ortopedia e Traumatologia • • Osteosintesi a minima = (fratture con piccoli pezzi d’osso) sintesi con mezzi metallici minimi (mantenendo il contatto fra le superfici) come i fili di Kirschener e le viti. - Vantaggi: poco indaginoso, poco traumatizzante, si effettua anche per via percutanea. Fissazione esterna = è indicata nelle fratture esposte, nelle fratture complesse e complicate, e nell’allungamento per ipometria degli arti superiori ed inferiori. Consente la riduzione e la stabilizzazione della frattura tramite un apparato esterno che si fissa a monte ed a valle del focolaio di frattura tramite chiodi o fili metallici. - Vantaggi: rispetto del focolaio di frattura, migliore controllo della ferita cutanea, possibilità di contemporanei e/o successivi interventi chirurgici vascolari e di chirurgia plastica, possibilità di intervenire attivamente nel processo di guarigione (compensazione o distrazione). - Svantaggi: risulta talvolta sgradito al paziente, i tempi di guarigione sono sovrapponibili alle altre metodiche, richiede manutenzione costante. - Tipi di montaggio: monolaterale, bilaterale, triangolare, circolare, ibrido. 3- Immobilizzazione incruenta e cruenta insieme DISTACCHI EPIFISARI Lesioni traumatiche tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza che interessano le cartilagini di coniugazione epifisarie ed apofisarie. Sedi più colpite sono il gomito ed il polso con distacco epifisario del radio, del condilo omerale esterno, dell’epifisi prossimale dell’omero e distale della tibia, dell’epifisi prossimale del radio e dell’epitroclea omerale. Sintomatologia Tumefazione, dolore alla digitopressione, impotenza funzionale, deformità in caso di spostamento. Fattori prognostici Tipo di lesione, età all’epoca del trauma (più piccolo è il paziente, più gravi sono le conseguenze dell’epifisiodesi), apporto sanguigno, metodo di trattamento. Complicanze Epifisiodesi (l’epifisiodesi può essere completa ed in questo caso determina l’accorciamento dell’arto interessato se il segmento interessato è composto da un solo osso come nel braccio e nella coscia; se invece il segmento è composto da due ossa, come nella gamba e nell’avambraccio, si ha deformità assiale), necrosi ischemica dell’epifisi interessata, arresto della crescita, deviazione assiale (valgismo e varismo), accorciamento del segmento interessato, pseudoartrosi. Trattamento Riduzione, immobilizzazione in apparecchio gessato o trattamento chirurgico di sintesi a minima nei distacchi misti. Negli esiti di accorciamento o deviazione assiali si può ricorrere all’osteotomia correttiva ed all’allungamento. Francesco Giuseppe Cannone 9 Ortopedia e Traumatologia Classificazione di Salter e Harris 1) Distacchi epifisari di I tipo: l’interruzione decorre esclusivamente nel disco cartilagineo (distacco puro). (prognosi buona) 2) Distacchi epifisari di II tipo: l’interruzione inizia nel disco cartilagineo e termina nel contesto della metafisi (distacco misto). (prognosi buona) 3) Distacchi epifisari di III tipo: l’interruzione interessa il disco ed il nucleo epifisario (distacco misto). 4) Distacchi epifisari di IV tipo: l’interruzione interessa il nucleo epifisario, il disco cartilagineo e la metafisi (distacco misto). 5) Distacco epifisario di V tipo: schiacciamento totale o parziale del disco con compromissione metafisaria e/o epifisaria (distacco misto). È il più grave perché la cartilagine soffre di più e a distanza si deforma e l’arto può smettere di crescere. 6) Distacco epifisario di VI tipo: si ha quando ad un distacco di I, II tipo si associa un distacco di V tipo. N.B. = la cartilagine d’accrescimento è formata da tre strati: 1. strato basale = vi sono condrociti irregolari, 2. strato della cartilagine seriata = vi sono condrociti regolari che assicurano la crescita in lunghezza delle ossa lunghe, 3. strato della cartilagine ipertrofica = si ha l’inizio dell’ossificazione con deposizione di sali di calcio nella sostanza fondamentale. Perifericamente alla cartilagine d’accrescimento vi sono delle strutture fibrose che servono a regolare l’accrescimento della cartilagine di coniugazione. N.B. = La cartilagine di coniugazione offre una minima resistenza al tessuto osseo, alla capsula ed al legamento, per tal motivo le sollecitazioni di distensione o di torsione possono staccarla. Francesco Giuseppe Cannone 10 Ortopedia e Traumatologia LESIONI TRAUMATICHE DEL CINGOLO SCAPOLO-OMERALE E DELL’ARTO SUPERIORE Articolazione scapolo omerale Tre sono i requisiti per il movimento dell’articolazione scapolo omerale: Il fulcro (testa omerale e glena) Cuffia dei rotatori Muscolo deltoide Stabilità I legamenti scapolo-omerale la cuffia dei rotatori (Sovraspinoso, Sottospinoso, Grande rotondo, Piccolo rotondo, Sottoscapolare) la capsula con il suo cercine glenoideo Importanza del bicipite e cuffia dei rotatori: Coaptano l’articolazione rendendola stabile Muscolo deltoide = Il deltoide solleva il braccio di fronte al corpo (in sinergismo con l’azione del sovraspinoso di centraggio della testa omerale nella glena) LUSSAZIONE SCAPOLO OMERALE Fattori favorenti la lussazione: Incongruenza articolare fra testa omerale e glena (4/1) Capsula articolare e legamenti relativamente lassi Dispalsia della glena Tipi di lussazione Anteriori (sottocoracoidea, sottoglenoidea, isottoclavicolare), Posteriori (sottoacromiale, sottospinosa). intracoracoidea, sopracoracoidea, Meccanismo di produzione Lussazione anteriore o Esagerata retroposizione del braccio abdotto (l’acromion agisce da fulcro) o Per caduta sul palmo della mano col gomito esteso ed il braccio abdotto o Per esagerata abduzione Lussazione posteriore o Esagerata rotazione interna del braccio retroposto o Per caduta sul palmo della mano o sul gomito con braccio anteposto e ruotato all’interno o Per urto diretto dall’avanti all’indietro Indagine strumentale Rx grafia nelle due proiezioni standard Trattamento 1° episodio: bendaggio soffice per 5 settimane 2° episodio o più: trattamento cruento di riparazione della cuffia Francesco Giuseppe Cannone 11 Ortopedia e Traumatologia FRATTURA DELLA EPIFISI OMERALE Classificazione a 4 frammenti secondo Neer A livello del collo anatomico Grande tuberosità (numerosi frammenti) Piccola tuberosità Collo chirurgico Meccanismo di produzione Trauma diretto: caduta sulla spalla Trauma indiretto: Caduta sulla mano o sul gomito con braccio anteposto ed addotto Sintomatologia Tumefazione. Ecchimosi diffusa a tutto il braccio, all’ascella ed alla regione aterale del torace. Arto addotto e flesso al gomito. Impotenza funzionale Trattamento Riduzione incruenta nelle fratture composte o sintesi a minima. Sostituzione protesica nelle fratture a 4 frammenti FRATTURE DELLA SCAPOLA La scapola si comporta come superficie piana contro le coste per la stabilizzazione dell’arto superiore sul torace a) Fratture del corpo della scapola b) Fratture dell’apofisi coracoide c) Fratture del collo della scapola Sintomatologia Braccio addotto. Limitazione funzionale scapolo-omerale. Ematoma a cuscinetto (corpo della sc.). Spianamento del contorno. Dolore Spostamento Frammento in basso dovuto al peso dell’arto + azione del sottoscapolare e muscoli del braccio. Rxgrafia Proiezione antero-posteriore, obliqua tangenziale alla scapola. ascellare per valutare la cavità glenoidea Trattamento Crioterapia locale per contenere il sanguinamento nelle prime 4 ore Immobilizzazione con apparecchio gessato toraco-brachiale in abduzione per 7-8 settimane LUSSAZIONE ACROMION-CLAVEARE La stabilità dell’articolazione dipende dalle inserzioni muscolari, dai legamenti acromionclavicolari e dal legamento conoide e legamento coraco-clavicolare Funzioni Punto di ancoraggio tra clavicola e scapola per dirigere la rotazione scapolare, evitando il conflitto sub-acromiale. I legamenti acromionclavicolari e coracoclavicolari mantengono sospesa la scapola,sopportano il peso del braccio e proteggono il plesso brachiale. Francesco Giuseppe Cannone 12 Ortopedia e Traumatologia Meccanismo di produzione Trauma diretto sulla faccia posteriore dell’acromion e spina della scapola Classificazione In base alla gravità della lacerazione della capsula e legamenti Sintomatologia Abnorme sporgenza dell’estremo acromiale della clavicola in alto ed all’indietro (segno del tasto del pianoforte). Braccio addotto ed impotenza funzionale. Dolore (accentuato alla digitopressione) Trattamento Borsa di ghiaccio + bendaggio compressivo nei tipi I e II Trattamento cruento di ricostruzione legamentosa e sintesi con fili di K negli altri casi Complicanze Lussazione inveterata dolorosa. Conflitto sub-acromiale FRATTURA DELLA CLAVICOLA Sedi Terzo medio (il terzo medio è un locus minoris resistentiae a causa del cambiamento della sezione da triangolare a cilindrica) Laterali o intralegamentose Mediali Meccanismo di produzione Trauma diretto: per urto contro ostacoli, corpi contundenti Trauma indiretto: per caduta sulla spalla ad arto superiore addotto Spostamento Frammento mediale in alto e posteriormente per azione del m. sternocleidomastoideo Frammento laterale in basso per azione del peso del braccio e medialmente per azione del grande pettorale Sintomatologia Atteggiamento coatto (braccio contro il petto). Tumefazione ed edema. Deformità palpabile. Crepitio a livello della frattura. Dolore (esacerbato dalla digitopressione) . Trattamento Incruento = Bendaggio soffice ad otto Cruento = Osteosintesi FRATTURE DIAFISARIE DELL’OSSO Meccanismo di produzione = Per urto diretto o indiretto con meccanismo di flessione, torsione o combinati. Spostamento Rima di frattura tra l’inserzione del gran pettorale e deltoide Rima di frattura sotto l’inserzione del deltoide Francesco Giuseppe Cannone 13 Ortopedia e Traumatologia Sintomatologia Tumefazione. Ematoma ed ecchimosi. Accorciamento e deformità dell’arto. Impotenza funzionale Indagini strumentali Rxgrafia nelle due proiezioni standard E.M.G. in presenza di lesioni nervose Arteriografia ed Esame Doppler in presenza di sospette lesioni vascolo-nervose Complicanze Deficit neurologici (n. radiale, mediano, ulnare) Lesioni vascolari Perdita dlla riduzione Pseudoartrosi Trattamento Incruento = apparecchio gessato Cruento = Placca, Chiodo endomidollare, Fissatore esterno FRATTURE DELLE ESTREMITA’ DISTALI DELL’OMERO Meccanismo di produzione Trauma indiretto: Per caduta sul palmo della mano a gomito esteso o flesso. Si possono formare fratture extrarticolari, condiloidee, bicondiloidee. Sono lesioni gravi tipiche dell’età infantile per la possibile compromissione dei nuclei d’accrescimento, e soprattutto del fascio pascolo-nervoso (arteria Omerale, nervo radiale, nervo mediano, nervo ulnare). Sintomatologia è caratterizzata da imponente tumefazione del gomito, ecchimosi, dolore (accentuato alla digito-pressione), impotenza funzionale, parestesie (in presenza di lesioni vascolo-nervose). Si può arrivare alla sindrome ischemica di Volkmann. Trattamento Primo tempo = Immediata trazione transcheletrica per ridurre la frattura Secondo tempo = Incruento con app. gessato oppure cruento con sintesi a minima o placche secondo tecniche A.O. LUSSAZIONE DEL GOMITO Rappresenta un’evenienza traumatica frequente, che interessa tutte le età e particolarmente gli adulti Meccanismo di produzione Per caduta sul palmo della mano a gomito flesso Classificazione Posteriore (più frequente). Laterale. Mediale. Anteriore Quadro clinico Deformità del gomito con abnorme sporgenza dell’olecrano. Tumefazione con ecchimosi alla superficie volare del braccio e avambraccio. Inversione del triangolo di Huter. Impotenza funzionale. Francesco Giuseppe Cannone 14 Ortopedia e Traumatologia Trattamento Riduzione in urgenza = Immobilizzazione con app.gessato brachio-mano con gomito flesso di 110 – 115°, antibrachio supinato, per tre settimane Trattamento cruento = per le lussazioni irriducibili o per le fratture-lussazioni o per le lussazioni recidivanti Complicanze Immediate = lesioni ossee associate, lesioni vascolo- nervose Tardive = Calcificazioni articolari e/o extra-aricolari, Rigidità articolare, Lussazioni recidivanti FRATTURE DEL CAPITELLO RADIALE Frattura articolare che, se non guarisce in modo perfetto, dà luogo ad una limitazione permanente del movimento di prono-supinazione dell’antibrachio ed a volte anche di quello di flesso-estensione del gomito. Meccanismo di produzione Per caduta abitualmente sul palmo ella mano con sollecitazione del gomito in valgismo ed estensione (schiacciamento del capitello radiale contro il condilo omerale) Quadro clinico delle fratture del capitello radiale Tumefazione. Ecchimosi sul lato radiale del gomito (fase tardiva). Atteggiamento coatto. Impotenza funzionale. Vivo dolore alla digitopressione Trattamento Frutture senza o con modico spostamento: Incruento con app. gessato brachi-mano a gomito flesso a 90° ed avambraccio supinato Frutture con spostamento: Riduzione anatomica se maggiore di 2 mm. Osteosintesi con fili di K o microviti. Resezione del capitello radiale FRATTURE DELL’OLECRANO Sono di solito fratture articolari il cui trattamento mira: a ristabilire la funzione estensoria a recuperare la motilità articolare a restituire la stabilità articolare Meccanismo di produzione Provocata dall’associarsi di un meccanismo diretto con urto gomito flesso ed indiretto (brusca contrazione del tricipite). Quadro clinico Tumefazione. Ecchimosi. Atteggiamento coatto ed impotenza funzionale. Impossibile l’estensione attiva del gomito. Avvallamento interframmentario Trattamento delle fratture dell’olecrano composte Incruento con immobilizzazione in app. gessato brachio-mano Trattamento delle fratture dell’olecrano scomposte Riduzione anatomica. Osteosintesi con metodica di Weber. Viti. Placca e viti Francesco Giuseppe Cannone 15 Ortopedia e Traumatologia FRATTURA DELL’ESTREMITA DISTALE DEL RADIO Sono frequenti nell’osso osteoporotico, con spostamenti radio-dorsali. Quadro clinico tumefazione, deformità a dorso di forchetta in laterale, e a baionetta in visione frontale, dolore, impotenza funzionale dell’articolazione radio-carpica. Si distinguono in: a) fratture extra-articolari (fratture di Calles e di Goyrand) b) fratture articolari (frattura a V oppure a Y o a T) c) fratture articolari pluriframmentarie. Trattamento delle fratture di Calles Incruento (fratture extrarticolari, articolari composte) riduzione mediante manovre appropriate immobilizzazione con apparecchio gessato braccio-mano a gomito fisso. Cruento (riduzione incompleta, fratture articolari, plurifratture e fratture esposte) sintesi con viti, placche, fissatore esterno o a minima con fili K FRATTURE DELL’AVAMBRACCIO Frattura biossea della diafisi ulnare e radiale Frattura isolata della diafisi radiale Frattura della diafisi ulnare Frattura dell’ulna e lussazione dell’estremità prossimale del radio (lesione di Monteggia) Frattura isolata del radio e lussazione dell’estremità distale dell’ulna (lesione di Galeazzi) LESIONE DI GALEAZZI È la lesione isolata del terzo distale del radio e la lussazione della stiloide ulnare. Si possono provocare per trauma indiretto per caduta sulla palma della mano. La sintomatologia è data da tumefazione, impotenza funzionale dell’avambraccio e del polso. LESIONE DI MONTEGGIA È la frattura della diafisi dell’ulna e della contemporanea lussazione prossimale del radio. Trattamento a) Incruento Trazione longitudianle a gomito esteso e arto superiore supinato Flessione del gomito e riduzione del capitello radiale Immobilizzazione in app. gessato brachio-mano a gomito flesso ed antibrachio in supinazione a) Cruento Osteosintesi dell’ulna Sutura o plastica del legamento anulare FRATTURE DEL RADIO Al di sopra della inserzione del muscolo pronatore rotondo Al di sotto della inserzione del muscolo pronatore rotondo Quadro clinico Tumefazione. Deformità ossea in genere con angolo a vertice dorsale. Deformità rotatoria del terzo distale dell’avambraccio. Impotenza funzionale, atteggiamento coatto. Dolore acuto Francesco Giuseppe Cannone 16 Ortopedia e Traumatologia Complicanze a) Pseudoartrosi b) Sinostosi radio-ulnare Trattamento a) incruento (Fratt. senza o con scarso spostamento e fratt. del 1/3 distale) Riduzione della deformità in narcosi (se necessario) Immobilizzazione con app. gessato brachio - mano b) cruento (Fratt. scomposte ed instabili biossee; Fratt. Esposte) Sintesi con infibuli, placche, fissatore esterno. FRATTURE DEL CARPO Quello che si frattura maggiormente è l’osso sesamoide per caduta sulla palma della mano. La sintomatologia è il dolore e la tumefazione. Il trattamento va fatto tenendo presente la sede, la direzione, la stabilità della frattura. Potrà essere incruento (gesso) nelle fratture stabili, oppure chirurgico (osteosintesi) nelle fratture instabili. Nelle fratture del polo prossimale si esegue l’intervento di Marti-Russe (applicazione di un innesto cortico-spongioso, posto ad incastro sul focolaio di frattura, seguito da gesso per 4-6 settimane). FRATTURE DEI METACARPI Possono essere causati da traumi diretti. La frattura-lussazione di Bennet è una frattura parcellare della base del primo metacarpo associata a sublussazione o dislocazione completa del metacarpo. La sintomatologia è data da tumefazioni, ecchimosi. Il trattamento può essere incruento (gesso) nei casi di lieve spostamento, oppure sintesi chirurgica con fili e viti, nei casi di forte spostamento. FRATTURE DELLA DIAFISI DEI METACARPI Per traumi diretti o indiretti. Il trattamento può essere incruento o cruento, in base al tipo di frattura o allo spostamento. FRATTURE DELLE FALANGI Sono in genere stabili e vengono trattati con stecche per 8-10 giorni LUSSAZIONI METACARPO-FALANGE ED INTERFALANGE La riduzione si fa facilmente ad eccezione di quando il sesamoide si interpone fra la base della falange e la testa del metacarpo. In questo caso necessita l’intervento chirurgico. Francesco Giuseppe Cannone 17 Ortopedia e Traumatologia FRATTURE E LUSSAZIONI DELL’ARTO INFERIORE LUSSAZIONI DELL’ANCA Si dividono in posteriori ed anteriori: ο Posteriori = si producono per trauma diretto applicato al ginocchio che si trasmette all’anca atteggiata in flessione ed adduzione. Comprende due varietà: l’iliaca (l’arto è accorciato, intraruotato ed addotto) e l’ischiatica (l’arto ha una flessione ma è poco accorciato). ο Anteriori = si producono quando il trauma avviene quando l’anca è in abduzione ed extrarotazione. Comprende due varietà: l’otturatoria (l’anca è extraruotata, flessa ed abdotta, ma non è accorciata) e la pubica (l’anca può essere estesa o flessa). La sintomatologia è il dolore e lo shock. Una forma particolare di lussazione dell’anca è la lussazione centrale della testa del femore. Anche in questo caso il trattamento consiste nella trazione continua per 3-4 mesi. Complicazione sono la necrosi avascolare e l’artrosi. FRATTURA COLLO DEL FEMORE Anatomia L’estremo prossimale del femore è costituito da una testa sferica e da un collo molto sviluppato che si slarga, nel massiccio trocanterico, formato dal grande trocantere e dal piccolo trocantere uniti posteriormente da un rilievo osseo compatto (calcar o sperone di Merkel) ed anteriormente da una linea rugosa. L’articolazione coxofemorale è una enartrosi che lega la testa del femore con la cavità acetabolare (per due terzi contiene la testa femorale sferica). La testa del femore è irrorata dall’arteria femorale profonda ed indirettamente dall’arteria circonflessa. L’angolo di inclinazione (è l’angolo formato fra collo e diafisi femorale) è di 125° - 130°. È > di 125° nella coxa valga, mentre è < di 125° nella coxa vara. L’asse diafisario è l’asse che passa per il collo. L’angolo di declinazione o di anteversione [perché è aperto davanti] (è l’angolo formato fra l’asse del collo e l’asse passante per i condili femorali) è di 15° - 20°. I muscoli si inseriscono nel grande trocantere ed equilibrano il corpo quando si ha un appoggio monocodalino. Se i muscoli sono paralitici o ipotonici o si è rotto il grande trocantere, si ha il segno di Treundelemburg. L’ileo psoas si inserisce nel piccolo trocantere. La struttura esterna della testa del femore è formata da un astuccio corticale, robusto ma incompleto infatti si esaurisce nel grande trocantere e medialmente al collo. La corticale assorbe il maggior carico (70%), ma anche l’osso spugnoso interno (30%). Il sistema trabecolare aumenta la resistenza e l’elasticità della struttura del collo del femore. Il sistema trabecolare è formato dai fasci trabecolari: cefalico, arciforme e trocanterico. All’interno di tali fasci si delimita uno spazio libero detto triangolo di Ward (il tessuto spugnoso è diradato), in cui vi è minore resistenza ed anche spontaneamente o per osteoporosi, osteomalacia, si può rompere. Lo sperone di Merkel, rappresentato dal calcar, lamina di tessuto osseo compatto, rinforza la parete posteriore del collo. Patogenesi = 12% delle fratture scheletriche, età avanzata (dopo il 6° decennio di vita), sesso femminile: osteoporosi fisiologica. L’indice di Sing determina la reale consistenza delle trabecole ossee attraverso un’immagine radiopaca da 1 a 7. Meccanismi di produzione delle fratture del collo del femore Trauma diretto = per caduta con arto nella regione trocanterica in torsione Francesco Giuseppe Cannone 18 Ortopedia e Traumatologia Sintomatologia • Dolore alla regione inguinale, • Impotenza funzionale (nelle fratture spontanee, se si compattano non vi è impotenza), • Lieve extrarotazione di spostamento (lo spostamento nelle mediali è minore perché è intracapsulare). Prognosi La rima di fattura condiziona la prognosi, infatti è tanto peggiore quanto più la rima si avvicina alla verticale. Per tale motivo le fratture laterali sono a prognosi favorevole, mentre le fratture mediali sono a prognosi riservata. Quindi tanto più è prossimale la frattura, tanto più riservata è la prognosi. Classificazione delle fratture del collo del femore • su base topografica fratture mediali: sottocapitate, trancervicali, basicervicali (vicino alla linea mediana del corpo) per tale fratture vi è la classificazione di Garden: Tipo 1 = le travate sono verticalizzate, la frattura è ingranata in coxa valga. La prognosi è buona. Tipo 2 = le travate e la corticale inferiore sono interrotte ma senza spostamento. La prognosi è buona. Tipo 3 = le travate del fascio cefalico sono orizzontali e la testa assume l’aspetto a luna piena (frattura in coxa vara). La prognosi è infausta. Tipo 4 = le travate sono interrotte con spostamento completo dei frammenti • fratture laterali: pertrocanteriche, intertrocanteriche, sottotrocanteriche. in funzione della capsula = fratture intracapsulatri, fratture extracapsulari. Per le fratture trocanteriche si utilizzava la classificazione di Punwcls che oggi non viene più utilizzata. Francesco Giuseppe Cannone 19 Ortopedia e Traumatologia Trattamento delle fratture laterali Osteosintesi con chiodi o viti. Trattamento delle fratture mediali È condizionato da: età del soggetto (si deve evitare la degenza, l’allettamento prolungato ai pazienti anziani, quindi si preferisce il trattamento chirurgico anche per le fratture laterali), entità dello spostamento in base alla classificazione di Garden: • I° tipo: chiodi o viti • II° tipo: chiodi o viti • III° tipo: chirurgia sostitutiva, endoprotesi. Si devono asportare più frammenti • IV° protesi totale Gli esami strumentali da eseguire nelle fratture mediali sono l’Rx nelle due proiezioni standard. Complicanze Broncopolmoniti ipostatiche, piaghe da decubito, sepsi urinarie, varismo, necrosi cefalica, pseudoartrosi. FRATTURE DELLA DIAFISI FEMORALE Possono avvenire per trauma diretto o indiretto o ostetrico. Possono essere classificate in semplici (a rima trasversale), complesse (associano alla rima principale un terzo frammento), comminute (bibocali o pluriframmentate). La sintomatologia è data da dolore, deformazione, accorciamento, varismo (rotazione all’esterno del ginocchio e della gamba), ecchimosi, impotenza funzionale completa, shock. Si può complicare con embolia adiposa. Il trattamento è cruento per osteosintesi preceduta da trazione FRATTURE SOVRACONDILOIDEE DEL FEMORE Per trauma indiretto. Il frammento prossimale frastagliato ed appuntito viene spinto in avanti e si impiglia fra le carni del quadricipite. Il distale, per azione traente esercitata dai gemelli, cappotta posteriormente, per cui può ledere il fascio vascolo-nervoso del plopite. La sintomatologia è dominata dalla deformità, dell’impotenza funzionale e dall’emartro al ginocchio. La terapia è incruenta, nelle fratture comminute e dove è possibile ottenere una buona riduzione. È cruenta, per osteosintesi, nelle fratture irriducibili. FRATTURE DEI CONDILI FEMORALI Per traumi indiretti. La sintomatologia è dominata da emartro, dolore, deformità, valgismo o varismo, ecchimosi. Il trattamento è quasi sempre chirurgico (osteosintesi). FRATTURE DELLA ROTULA Per traumi diretti o indiretti per contrazione violenta del quadricipite con ginocchio in flessione. La sintomatologia è data da un ginocchio globoso per emartro con scomparsa delle fossette pararotulee, ecchimosi, diastasi. La terapia può essere incruenta o cruenta (osteosintesi mediante cerchiaggio. Le complicanze tardive possono essere la rigidità articolare, l’anchilosi, l’artrosi deformante, la pseudoartrosi. LUSSAZIONI DEL GINOCCHIO Si distinguono in: ο Lussazioni femoro-tibiali = si dividono in anteriori (la gamba si disloca al davanti dell’estremo distale del femore e risale verso l’alto per azione traente esercitata dal muscolo quadricipite; i legamenti crociati e collaterali sono lacerati o disinseriti.), posteriori (l’epifisi prossimale della tibia è dislocata posteriormente. La capsula ed i legamenti sono sempre lacerati) e laterali (sono rari e si accompagnano a lesioni dei crociati). La sintomatologia è dolore, deformità, emartro, impotenza funzionale. Il Francesco Giuseppe Cannone 20 Ortopedia e Traumatologia trattamento è prima incruento per riduzione in narcosi e svuotamento dell’emartro, successivamente si ricostruiscono le lesioni. ο Lussazioni femoro-rotulee = si dividono in interne ed esterne. La sintomatologia è caratterizzata da dolore, deformazione del ginocchio. Il trattamento è incruento. FRATTURE DEL PIATTO TIBIALE Per trauma diretto o indiretto. Possono essere monocondiloidee o bicondiloidee. Le fratture del piano tibiale si associano a lesioni degli apparati legamentosi del ginocchio e dei menischi. La sintomatologia è dominata dall’emartro, da deformità, dal dolore vivo, da ecchimosi e dalla impotenza funzionale. Il trattamento consiste nella ricostruzione morfologica dei segmenti ossei mediante chirurgia e gesso femoro-podalico. Le complicanze tardive possono essere: varismo o vagismo, artrosi, rigidità articolare. FRATTURE DELLE SPINE TIBIALI Si producono per traumi indiretti, per strappo da parte dei legamenti crociati. La sintomatologia è dominata da dolore, versamento intrarticolare, impotenza funzionale, emartro. La terapia si attua per svuotamento dell’emartro e poi gesso. A volte occorre reinserire il legamento crociato anteriore o quello posteriore, se vi sono state lesioni. FRATTURE DELLA GAMBA Sono le fratture associate di tibia e perone in seguito a traumi diretti, o indiretti (flessione, torsione o flessione e torsione associate. Si classificano in fratture: ο semplici (a due frammenti traversi, oblique corte e spiroidi o oblique lunghe) ο complesse 1. tre frammenti = il terzo frammento è ad ala di farfalla 2. bifocali = vi sono due frammenti che isolano un frammento intermedio. 3. comminute = a più frammenti. La sintomatologia è data da tumefazione, ecchimosi, dolore spontaneo. Le complicanze immediate sono: l’esposizione del focolaio di frattura con possibile infezione, lesioni vascolari, lesioni nervose. Le complicanze tardive sono: ritardi di consolidazione, pseudoartrosi, consolidamento in posizione viziosa (varismo o valgismo). La terapia nelle fratture non esposte è incruenta (gesso) nelle fratture senza spostamento, mentre è cruenta (osteosintesi e gesso) in quelle con spostamento. Nelle fratture esposte prima si devono trattare per prevenire l’infezioni. FRATTURE DEL COLLO DEL PIEDE Per trauma indiretto, possono essere: monomalleolari interne (per strappo ad opera del legamento deltoideo) ed esterne (per ipersollecitazione in varismo e adduzione), bimalleolari (nella frattura bimalleolare di Dupuytren si frattura il prone all’apice a livello della sindesmosi tibio-peroniera. Nella frattura di Maisonneuve, la frattura avviene più in alto, a livello del terzo superiore), trimalleolari (di Cotton, quando la frattura è a livello della periferia posteroinferiore della tibia), marginale (di Destot, quando la frattura è in periferia posteriore della tibia. La sintomatologia dipende dal tipo di frattura. Può essere modesta, oppure si può avere tumefazione, ecchimosi, deformazione a colpo d’ascia, impotenza funzionale completa. Le complicanze sono disturbi di circolo, oppure rigidità, instabilità tibio-tarsica, artrosi. La terapia: ο fratture monomalleolari senza spostamento = gesso ο fratture monomalleolari con dislocazione = riduzione incruenta a cui segue gambaletto gessato o osteosintesi. ο Fratture bimalleolari con dislocazione = trazione scheletrica a cui segue gesso e se necessario osteosintesi. Francesco Giuseppe Cannone 21 Ortopedia e Traumatologia FRATTURE DELL’ASTRAGALO Per trauma indiretto da strappo o da schiacciamento. Si dividono in: della testa, del collo, del corpo e dell’apofisi (di Shepherd). La sintomatologia è modesta. Il trattamento è incruento. La chirurgia interviene solo nei casi di fratture scomposte. La complicanza più temibile è la necrosi asettica avascolare. LUSSAZIONI METATARSO-FALANGEE E INTERFALANGEE In genere è interessata la prima articolazione metatarso-falangea. Facilmente si riducono. FRATTURE DEL CALCAGNO Per trauma diretto. Si dividono in: dell’apofisi (a becco d’oca), del corpo, comminute. Quelle più rilevati sono quelle talamiche (parte superiore del calcagno) che possono reliquiare una cattiva funzionalità del piede. Il calcagno è formato da osso spugnoso, con 5 sistemi di sostegno: talamico, achilleo, plantare posteriore, plantare anteriore, ipofisario. Fra questi sistemi vi è il triangolo debole del calcagno. L’angolo di Boiler è formato dall’incrocio di due rette, una tangente il punto più elevato dal talamo e il punto più elevato della grossa tuberosità, l’altra tangente il punto più elevato del talamo ed il punto più elevato della grande apofisi. Tale angolo in condizioni normali misura 20°-40°, nelle fratture con infossamento del talamo diminuisce fino a 0° e a volte diventa negativo. La sintomatologia è data da ecchimosi, tumefazioni, dolore spontaneo, deformità. La terapia è incruenta per le fratture composte (gambale gessato), è cruenta nelle fratture scomposte e con infossamento del talamo. Complicanze tardive sono l’osteoporosi postraumatica (malattia di Sudeck), edema, cianosi, dolore. Francesco Giuseppe Cannone 22 Ortopedia e Traumatologia PATOLOGIE DEGENERATIVE DEI TENDINI DEL POLSO E DELLA MANO Epicondilite È una tendinopatia inserzionale dei muscoli estensori della mano. Il sintomo è il dolore improvviso dopo un’intensa attività sportiva o un lavoro stressante. Invitando il paziente a stendere il polso o le dita, sotto resistenza, il dolore si risveglia(manovra di Thompson). All’Rx si notano calcificazioni o osteoporosi all’epicondilo. La terapia si attua con antinfiammatori e kinesiterapia. Solo raramente si ricorre alla chirurgia. Malattia di Dupuytren È l’ispessimento e la retrazione sclerotica dell’aponevrosi palmare e delle espansioni e formazioni da essa dipendenti, con conseguente flessione permanente e progressiva di uno o più dita delle mano. La malattia ha un andamento ingravescente, dal semplice nodulo palmare, alla deformità in flessione palmare delle dita (in genere il 4° e 5° dito). Per controllare l’evoluzione della malattia è stata proposta la classificazione di Tubianà e Michon che prende in considerazione l’asse longitudinale del metacarpo e l’asse longitudinale della seconda falange. L’angolo che ne risulta permette di stabilire il grado della malattia che va da zero a 4. La classificazione prende in considerazione anche l’interessamento palmare o digitale delle lesioni e la presenza dell’iperestensione dell’ultima falange (P, D, H). il trattamento e chirurgico mediante aponevrectomia parziale (escissione economica della aponeurosi palmare superficiale) o aponevrectomia totale (escissione totale della aponeurosi palmare superficiale). Francesco Giuseppe Cannone 23 Ortopedia e Traumatologia Sindrome del canale del carpo Il nervo mediano, al terzo medio inferiore dell’avambraccio, si superficializza scorrendo tra il flessore radiale del carpo ed il palmare gracile. Da qui inizia il suo ingresso nel tunnel carpale. Il tetto del tunnel è formato dal legamento anulare del carpo, teso fra scafoide, trapezio, piriforme ed uncinato. Le cause della compressione di tale tunnel possono essere: ο Restringimento o consolidamento di eventuali fratture o calli ossei. ο Eccessivo volume del contenuto dovuto ad infiammazioni o degenerazioni ο Neuropatie ascendenti in caso di amputazione delle prime tre dita. La sintomatologia è dato da ipoestesia, parestesia, algia, tumefazione, paresi e paralisi. Il trattamento è conservativo solo nella forma irritativa senza deficit (antinfiammatori, complesso vit. B, con doccia gessata per 15 giorni). Nella fase deficitaria è consigliabile l’intervento chirurgico. Malattia di De Quarvein È una tendinopatia causata dall’ispessimento della guaina comune dell’adduttore lungo e dell’estensore breve del pollice. Clinicamente si nota una tumefazione, dolente alla pressione, in corrispondenza della stiloide radiale. Il trattamento si effettua con antinfiammatori o nei casi estremi con la chirurgia. Dito a scatto o sindrome di Uotta-Neltou La genesi dovrebbe essere: ο Data dalla presenza di germi aberranti intratendinei che formerebbero dei noduli tendinei che ostacolerebbero lo scorrimento del tendine. ο Data dalla compressione che la guaina stenotica esercita a livello del tendine. Ciò farebbe formare il nodulo. La sintomatologia è caratterizzata dalla difficoltà ad estendere il dito, che è atteggiato in flessione. Si ha un blocco permanente. Lo scatto si sente quando il tendine supera la parte stenotica. Unica terapia è quella chirurgica. Francesco Giuseppe Cannone 24 Ortopedia e Traumatologia GENERALITA’ SUI TUMORI OSSEI METASTATICI E PRIMITIVI I tumori ossei possono derivare da tutte le diverse popolazioni cellulari che compongono l’osso o essere metastasi di altri tumori primitivi. TUMOSI METASTATICI DELL’OSSO Sono molto comuni nei carcinomi, rari nei sarcomi. Possono essere asintomatici o determinare lo stesso genere di problemi dei tumori primitivi ossei. Sono quasi sempre multipli. La disseminazione avviene per lo più attraverso via ematogena. Istologicamente e radiologicamente possono dare quadri: ο Osteolitici = i quadri osteolitici determinano facilmente ipercalcemia, ipercalciuria iperidrossiprolinuria. La fosfatasi alcalina è poco levata. Quadri osteolitici sono dati in genere dai carcinomi della tiroide, del rene e del colon. ο Osteoblastici = i quadri osteoblastici determinano elevazione della fosfatasi alcalina ma non ipercalcemia. Lesioni osteoblastiche sono date dal carcinoma alla prostata e dai carcinoidi maligni ο Misti = il carcinoma della mammella può dare quadri misti di osteolisi ed osteosclerosi. TUMORI PRIMITIVI DELL’OSSO Dal punto di vista fisiopatologico determinano il riassorbimento dell’osso perché i tumori ossei, producendo i fattori di attivazione degli osteoclasti (interleuchina I ed altri) stimolano la differenziazione o l’attivazione degli osteoclasti. La crescita del tumore però può essere ostacolata da una osteosclerosi che determina una modificazione della struttura ossea. I tumori ossei si rendono manifesti: ο Per la presenza di una massa nei tessuti molli circostanti ο Per la deformazione dell’osso ο Per dolore spontaneo o dolorabilità alla palpazione ο Per fratture patologiche. La diagnosi si esegue con TAC o con la scintigrafia ossea con Tc 99 polifosfato. Per il loro inquadramento si ricorre alla classificazione della WHO che si basa su criteri istogenetici o sul tipo di tessuto che tale cellule neoplastiche sono in grado di costruire. Inoltre tale classificazione distingue i tumori in benigni e maligni (non controllano la moltiplicazione). 1) Tumori osteogenetici = tali tumori producono sostanza osteoide che deriva dagli osteoblasti. a. Tumori benigni ο Osteoma = tumore a lento accrescimento. Si localizza in genere nei seni cranici. All’Rx si vede come una massa radiopaca a larga base d’impianto. ο Osteoma osteoide = si presenta come una piccola massa dolente. Si localizza in genere nelle ossa lunghe. All’Rx si vede un’area osteolitica tondeggiante di piccole dimensioni. Spesso regredisce da solo. ο Osteoblastoma = si presenta con dolenza e modesta tumefazione. Si localizza in genere nelle vertebre e nelle ossa lunghe. All’Rx si vede una lesione osteolitica di notevoli dimensioni. b. Tumori maligni ο Osteosarcoma o sarcoma osteogenico = il sintomo è un dolore persistente, spesso associato a tumefazione dura. È un tumore che nasce all’interno dell’osso, lo infiltra, lo solleva (triangolo di Codman) e lo distrugge Francesco Giuseppe Cannone 25 Ortopedia e Traumatologia rapidamente invadendo i tessuti molli circostanti. Possono determinare emorragie o telengectasie, metastasi (polmonari). Possono essere a basso grado di malignità, multicentrici, a piccole cellule. Possono invadere il periostio o il paraosteo (estremità distale del femore). All’Rx si vedono i denti di pettine o spina di pesce(dati dal triangolo di Codmann). La diagnosi deve essere confermata dall’esame istologico. Si conoscono tre varietà: osteoblastica, fibroblastica, condroblastica, a seconda che prevalgono la formazione di osteoide, di fibroblasti o di cartilagine. Gli osteosarcoma si possono formare nei mascellari, nel femore, nella tibia. Sono presenti nella malattia di Paget. 2) Tumori di origine condroblastica = tali tumori producono sostanza cartilaginea che deriva dai condroblasti. a. Tumori benigni ο Osteocondroma = è un amartroma che nasce da un nodulo sottoperiosteo di cartilagine. Le sedi più colpiti sono la metafisi distale del femore e quella prossimale dell’omero. Si manifesta come una tumefazione dura (bernoccoli), indolente All’Rx si vede una formazione esofitica, peduncolata o sessile ο Condrioma = è un tumore intraosseo che in genere si trova in tutte le ossa endocondrali. Può essere solitario o multiplo. Si ha una tumefazione dolente. Talvolta, quando sono multipli, si ha la comparsa di angiomi cutanei (sindrome di Maffucci). All’Rx si vede un’area osteolitica a limiti netti con orletto di calcificazione o ossificazione della cartilagine. Nella sindrome di Ollier, all’Rx si vede un aspetto a gocce di cera o rigonfio, in tal caso vi è un alto rischio di degenerazione maligna. ο Condroblastoma = si forma in genere nella cartilagine epifisaria delle ossa lunghe. All’Rx si vede un’area osteolitica rotondeggiante con granuli a spruzzi di calce. L’aspetto istologico è di cellule globose, a mattonella. ο Fibroma condromixoide = si forma in genere in sede metafisaria. All’Rx si vede un’area osteolitica pura, rotondeggiante. b. Tumori maligni ο Condrosarcoma = possono essere interni o centrali (in genere presenti nel collo del femore, bacino, coste, omero, scapola tibia. Si ha dolore. A volte l’osso si ingrossa. All’Rx si vede un’osteolisi centrale a limiti sfumati. A differenza dell’osteosarcoma che si espande rapidamente, esternamente alla corticale dell’osso, il condrosarcoma invade lentamente il canale midollare diafisario. Si distinguono tre gradi di malignità. Si hanno inoltre dei condrosarcomi a cellule chiare a basso grado di malignità e condrosarcomi mesenchimali), periferici (in genere presenti nel bacino, ala iliaca, femore, omero. Si presenta come una tumefazione dolente. All’Rx si vede una massa bernoccoluta a cavolfiore. Si distinguono tre gradi di malignità. Sono rare e tardive le metastasi polmonari), periostei (sono localizzati alle estremità delle diafisi delle ossa lunghe. Ha forma tondeggiante adagiata sulla corticale dell’osso). 3) Tumori di origine non osteoblastica a. Tumori benigni ο Fibroma non ossificante = è composto da istiofibroblasti. Predilige le metafisi delle ossa lunghe. Raramente causa dolore. La forma asiontomatica non richiede alcuna terapia. ο Osteoclastoma o tumore a cellule giganti = è composto da istiofibroblasti che tendono a fondersi e a diventare polinucleate. Si forma in genere all’interno delle metafisi delle ossa lunghe. Determinano dolore alle articolazioni limitrofe, Francesco Giuseppe Cannone 26 Ortopedia e Traumatologia ed anche tumefazione. All’Rx si vede una lesione osteolitica a livello metafisario. Si distinguono tre varietà: calma, attiva ed aggressiva. L’aspetto istologica è dato da cellule mononucleate globose. Raramente da metastasi al polmone. b. Tumori maligni ο Fibrosarcoma = è formato da cellule che si differenziano in fibroblasti. In genere si forma a livello del femore distale e prossimale e della tibia prossimale e distale. Si manifesta con dolore, tumefazione, con frequenti fratture. All’Rx si vede una lesione osteolitica con segni di aggressività.. Può dare metastasi polmonari e scheletriche. 4) Tumori di origine vascolare = si origina dal tessuto angioblastico embrionario a. Tumori benigni ο Emangioma = Predilige le vertebre, ossa piatte ed arti. Determina lombalgia, ma spesso è asintomatico. All’Rx si nota un’area osteolitica a nido d’ape. b. Tumori maligni ο Angiosarcoma = predilige i segmenti ossei degli arti inferiori ed il piede. Può essere: benigno (le cellule angioblastiche hanno molto citoplasma), a bassa malignità (le cellule angioblastiche hanno nuclei grandi), o maligno (vi è una anarchia cellulare). Le forme maligne producono frequenti metastasi polmonari, scheletriche e viscerali. ο Emangiopericitoma 5) Tumori di origine non definita o di altri tessuti a. Tumori benigni ο Lipoma, Neurinoma, Tumore o reazione a cellule giganti, Tumore a cellule giganti in osso pagetico, Fibroma desmoplastico dell’osso, Displasia fibrosa, Displasia osteofibrosa della tibia e del perone, Cisti ossea, Cisti mucosa intraossea, Cisti aneurismatica, Ossificazioni eterotopiche e calli ossei iperplastici b. Tumori maligni ο Sarcoma di Ewing = si origina da cellule reticolari indifferenziate del midollo osseo. Predilige le diafisi e le metadiafisi delle ossa lunghe e delle ossa del tronco. La sintomatologia è un dolore talora intenso, tumefazione, febbre, anoressia, dimagrimento, leucocitosi, VES aumentata. All’Rx si vede una lesione osteolitica a bulbo di cipolla o a denti di pettine. Istologicamente si vede un tappeto di piccole cellule, rotonde con nuclei globosi con tendenza a formare delle rosette attorno ai vasi. È molto maligno, con metastasi precoce allo scheletro ed ai polmoni. ο Liposarcoma, Linfoma primitivo dell’osso o reticolosarcoma, Plasmocitoma o mielosa multiplo, Istiocitoma fibroso maligno, Cordoma, Adamantinoma delle ossa lunghe, Sarcoma su osso pagetico, Sarcoma da raggi, Sarcoma in infarto osseo, Sarcoma in displasia fibrosa, Carcinoma e sarcoma in osteomielite cronica, Istiocitosi X. Francesco Giuseppe Cannone 27 Ortopedia e Traumatologia OSTEOCONDROSI E SUE MAGGIORI LOCALIZZAZIONI Sono in gruppo di malattie ad eziologia incerta, non infiammatoria (vi è una componente infiammatoria ma è concomitante, non causa), che interessano i nuclei di accrescimento epifisari, le apofisi e le ossa corte dello scheletro in accrescimento. Le lesioni compaiono imprevedibilmente e subdolamente in adolescenti sani, quasi sempre senza precedenti anamnestici. Non è mai possibile stabilire la data d’inizio della malattia. L’osteocondrosi primitiva guarisce sempre, spontaneamente (verso la riabilitazione del nucleo osseo-cartilagineo e la sua ricostruzione) ma lentamente, e spesso lascia delle conseguenze da non sottovalutare. Epidemiologia • Incidenza pari all’ 1,7% nell’ambito delle patologie ossee. • Maschi > femmine • Arto inferiore > arto superiore Frequenza di localizzazione • Epifisi prossimale femore 29,74% • Apofisi tibiale anteriore 21,45% • Epifisi vertebrale 17,7% • Tuberosità calcaneale 8,99% Forme cliniche = diverse fra cui: • osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (malattia di Legg-Perthes-Calvè), • osteocondrosi delle epifisi dei corpi vertebrali (malattia di Schuermann), • osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore (malattia di Osgood-Sclatter), • osteocondrosi dell’apofisi posteriore del calcagno (malattia di Haglund-Server-Blenke). Epoca d’insorgenza Localizzazione Età di maggiore frequenza Scafoide tarsale Epifisi femorale Corpo vertebrale Apofisi calcaneale posteriore Apofisi tibiale anteriore Epifisi vertebrale Testa del 2° metatarso Semilunare 4-6 anni con max a 5 anni 5-8 anni con max a 6 anni 6-9 anni con max a 8 anni 9-11 anni con max a 9 anni 12-14 anni con max a 13 anni 13-15 anni con max a 15 anni 15-20 anni 19-20 anni Iter evolutivo 1. regressivo necrotico, 1. riparativo deformante Eziopatogenesi Vi sono tre teorie che tendono a spiegare l’eziologia di tale malattia: 1) teoria vascolare = dice che l’eziologia dell’ischemia è causata da: a. embolo micotico, b. compressione dei vasi perforanti il guscio cartilagineo epifisario per edema degenerativo della cartilagine stessa, c. stasi venosa, d. ostruzione, e. alterazione circolatoria da causa traumatica, f. obliterazione dei vasi capsulari per laterazione vasale primaria 2) teoria traumatica = il trauma potrebbe risultare il fattore scatenante che evidenzia uno stato morboso latente della cartilagine epifisaria, forse di natura congenita. Tale trauma può agire per: Francesco Giuseppe Cannone 28 Ortopedia e Traumatologia 3) a. azione diretta sulla cartilagine o sul nucleo epifisario, b. azione indiretta per disturbi circolatori determinati dal trauma. teoria della displasia della cartilagine = la segnalazione di casi di eredo-familiarità , la concordanza in gemelli bi e monocoriali, la non rara bilateralità della lesione, accreditano l’ipotesi di una alterazione congenita almeno di un substrato anatomico su cui verrebbero ad agire momenti scatenanti di origine diversa (meccanici e circolatori). Nella displasia della cartilagine dell’epifisi e dell’apofisi si ha: aumento dei proteoglicani che determinano turbe dell’ossificazione encondrale ed una diminuita resistenza della contrattilità Traumi ripetuti nel tempo Æ diminuzione dello spessore delle fibre collagene che determinano un abnorme accrescimento cartilagineo con fenomeni ischemici dal nucleo ? da danno vascolare Fasi della patogenesi dell’infarto osseo La necrosi dell’osso è causata dal diminuito apporto ematico, parziale o totale. Il destino delle cellule morte è l’autolisi ed infine la scomparsa seguita dalla riparazione o dalla ricostruzione ad opera del processo infiammatorio o della risposta riparativa. La riparazione del focolaio osteonecrotico non avviene lungo tutta la sua area, ma la zona reattiva avanza subdolamente e la sostituzione ossea avviene prevalentemente lungo il margine esterno della stessa zona reattiva (creeping substitution). Diagnosi • clinica = tumefazione ed edema, dolore, contrattura muscolare, ipotrofia • strumentale = (serve solo nella 1° fase della malattia quando la clinica manca) Rx, stratigrafia, scintigrafia, TC, RMN. Il quadro Rx nelle ossa lunghe si presenta così: strie arcuate radiotrasparenti nell’osso subcondrale, aree radiotrasparenti alternate ad aree di osteosclerosi, aree di osteosclerosi, aree di crollo, rima articolare integra. Il quadro Rx nelle ossa breve si presenta così: aree di radiotrasparenza frammiste ad aree osteosclerotiche, aree di crollo. Prognosi La malattia evolve verso la guarigione spontaneamente e la sua durata varia a secondo della sede, da pochi mesi a più anni. La guarigione avverrà senza postumi nei distretti scheletrici non sottoposti a carico, secondo la tabella sottostante: Localizzazione Corpo vertebrale Epifisi femore Scafoide tarsale Epifisi vertebre Testa del 2° metatarso Apofisi tibiale anteriore Apofisi calcaneale posteriore Decorso medio 4 anni 2-3 anni 1-2 anni 1-2 anni 1-2 anni 6-12 mesi 6-12 mesi I) Osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (malattia di Legg-Perthes-Calvè) Morbo tipico dell’età infantile localizzato a livello del nucleo prossimale del femore, caratterizzato dalla necrosi ed ischemia del tessuto osteo-cartilagineo. Sintomatologia Dolore saltuario all’anca o alla faccia interna del ginocchio che scompare con il riposo nella notte ed al mattino, per apparire alla fine della giornata. Epidemiologia • Maggiore nella razza bianca Francesco Giuseppe Cannone 29 Ortopedia e Traumatologia • • • • • Età : 4-11 anni max 5-6, preferibilmente colpisce i maschi Familiarità 6% Età ossea minore di 3 percentile 4,27 affezioni giovanili dell’anca 10% casi di interessamento bilaterale Eziopatogenesi La quasi totalità degli autori riconosce nell’infarto il meccanismo patogenetico fondamentale nel determinismo della malattia. Molteplici ed ancora discusse le ipotesi circa la causa che innesca tale meccanismo patogenetico. Si ha l’interruzione della vascolarizzazione anteriore del nucleo cefalico causata dalla cartilagine abnorme deformata dal carico. Cartilagine displastica: fibre collagene più sottili, granuli di proteoglicani più numerosi ed aumentati delle fibbre Quadro anatomo-patologico Microscopico: sinovia iperplastica, ricca di villi, iperemia con infiltrati istiocitari e linfoplasmocellulari. Capsula arrossata, edematosa, ispessita, specie nei punti di riflessione sul collo. Macroscopico: perdita di lucentezza della capsula, solchi e fissurazione a decorso irregolare più o meno profondi con accumuli emorragici sul fondo, necrosi dell’epifisi. Aspetto microscopico Condrociti: disposizione in gruppi isogeni irregolari, perdita della polarità con orientamenti secondo assi diversi, perdita di glicogeno a livello citoplasmatico, degenerazione ed atrofia. Alterazione del tide-mark: processo di calcificazione. Sostanza fondamentale: aumento dei proteoglicani, smascheramento della trama fibrillare, formazione di aree fibro-cicatriziali, gittate vascolari che slargano irregolarmente le travate calcificate. Nucleo di ossificazione: aree di ischemia alternate a zone iperischemiche (alla sezione, degenerazione degli osteociti. Fase riparativa: riassorbimento da parte del tessuto di granulazione delle parti sequestrate, neoproduzione di tessuto osseo, formazione di trabecole dall’aspetto ordinato (secondo le linee di carico). Vasi congesti ed ispessiti, infiltrato linfocitario e macrofagi, deposizione di tessuto di granulazione prima lasso e poi fitto, formazione di strie connettivali. Diagnosi clinica Zoppia di fuga ingravescente intermittente (aggravata dalla fatica), coxalgia irradiatesi alla faccia interna della coscia ed al ginocchio (aggravata dalla fatica), dolore alla digito-pressione in sede genitocrurale. Contrattura antalgica degli adduttori, limitazione dell’abduzione e della rotazione interna dell’anca. Ipotrofia dei muscoli della natica e della coscia. Indagini 1) Rx = evolve in 4 fasi: I) il nucleo si slarga e si schiaccia simulando un aumento della rima articolare. Ciò è in parte dovuta anche all’edema della parte cartilaginea, II) opacizzazione del nucleo (metallizzazione), cioè aumenta di densità ai raggi x, III) frammentazione del nucleo (nucleo tigrato) con irregolarità delle metafisi al di sotto della cartilagine di coniugazione, IV) ricostruzione del nucleo: si ricostruisce il nucleo ma l’epifisi appare deformata a fungo, mentre il collo è largo e tozzo rispetto al controlaterale (coxa plana). N.B. = tutte le quattro fasi possono essere presenti nella stessa sede sia dal punto di vista anatomo patologico che radiologico. 2) Scintigrafia = area fredda di ridotta od assente captazione del radioisotopo (polifosfato Tc 99m), 3) RNM = se eseguita bene può far distinguere nel nucleo le varie fasi di alterazione. Decorso dell’osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore L’intero ciclo della malattia evolve in 2 – 3 anni, passando attraverso le seguenti fasi: Francesco Giuseppe Cannone 30 Ortopedia e Traumatologia a) b) c) d) e) necrosi della testa stadio florido metallizzazione (frammentazione) ristrutturazione stadio terminale (collo senza testa) Classificazione di Catterall I gruppo = interessamento della sola porzione anteriore dell’epifisi, II gruppo = interessamento della sola porzione anteriore dell’epifisi con maggiore estensione dell’interessamento, III gruppo = solo una piccola parte della superficie mediale dell’epifisi è interessata, IV gruppo = coinvolgimento totale dell’epifisi. Francesco Giuseppe Cannone 31 Ortopedia e Traumatologia Indice di sublussazione laterale femorale AB/CD = 1 (valore normale) CD e AB sono le distanze tra i margini mediali patologici della metafisi prossimale del femore e il fondo dell’acetabolo nell’anca patologica Trattamento Parametri di valutazione nella programmazione del trattamento sono: estensione dell’osteonecrosi, grado di maturazione scheletrica ed età cronologica, eventuale presenza di sublussazione femorale laterale, grado di deformità della testa femorale, durata della malattia. Il trattamento si esegue in diversi modi: 1. osservazione-attesa = se il paziente ha un’età inferiore a 6 anni. È indicata nel I – II stadio di Catterall, quando l’escursione articolare è nella norma e l’indice di sublussazione laterale del femore è compreso tra 1 e 5 (basso). Consiste in controlli clinici periodici (valutazione dell’escursione articolare dell’anca coinvolta prestando particolare attenzione agli eventuali atteggiamenti coatti e controlli radiografici ad intervalli di 3 – 6 mesi. 2. trattamento incruendo = se il paziente ha un’età inferiore a 6 anni. È indicata nel II – III stadio di Catterall quando il paziente presenta zoppia, ha limitazione articolare e l’indice di sublussazione laterale del femore è compreso tra 1 e 5. Il trattamento consiste nella trazione a letto con effetto decontrattivante finalizzato alla risoluzione degli atteggiamenti assunti. Si applica l’apparecchio gessato pelvi-condiloideo con staffa di scarico. 3. trattamento cruento = si fa dopo mancata risoluzione della contrattura dopo trazione. I trattamento sono: miotenotomia degli adduttori (in caso di contrattura in adduzione dell’anca), release dello psoas, artrodiatesi mediante fissazione esterna. Se l’anca è deformata e mal centrata per difetto della testa (decentrata) e normale orientamento del collo del femore, si pratica l’osteotomia di centramento intertrocanterica che determina un’azione trofico biologica (può dare però crisi vascolari). Se invece si ha mancata copertura della testa del femore, si pratica l’osteotomia pelvica. 4. trattamento incruento e cruento indifferente = se il paziente ha un’età inferiore a 6 anni. È indicata nel III – IV stadio di Catterall e l’indice di sublussazione laterale del femore è > 5.in presenza di condizioni gi massima gravità, nessuno dei due trattamenti è migliore rispetto all’altro. In assoluto i risultati molto buoni. Gli esiti possono essere: coxoplasma Æ dismetria Æ coxartrosi 2. Osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore (malattia di Osgood-Sclatter) 3. Osteocondrosi dell’apofisi posteriore del calcagno (malattia di Haglund-Server-Blenke) Si possono considerare delle tendinopatie inserzionali dovute alla incapacità dei nuclei ipofisari di ossificazione di resistere alle sollecitazioni meccaniche in trazione esercitate a livello delle giunzioni osteotendinee dei tendini rispettivamente rotuleo e achilleo. Radiologicamente nella (2) si vedono spicole e frammenti ossei. Nella (3) il nucleo ipofisario appare appiattito, a volte frammentato e di densità aumentata. Sia nella (2) che nella (3) l’evoluzione è verso la guarigione funzionale. Il trattamento si fa con riposo fisico e quando necessita una immobilazione gessata.. spesso si possono associare degli antinfiammatori. 4. Osteocondrosi delle epifisi dei corpi vertebrali (malattia di Schuermann) È una osteocondrosi tipica dell’età puberale che interessa i nuclei epifisari superiori ed inferiore dei 3 o più corpi vertebrali, clinicamente caratterizzate dalla accentuazione della cifosi dorsale e dalla lordosi lombare. Radiologicamente vi è l’aspetto irregolare e frastagliato del disco vertebrale e conservazione degli spazi discali. Il trattamento, prima con corsetti gessati e poi con corsetti ortopedici, ha lo scopo di scaricare i dischi disco-vertebrali, arrestare la deformità ed annullare la cifosi e la lordosi. Si pratica pure la kinesiterapia. Francesco Giuseppe Cannone 32 Ortopedia e Traumatologia PIEDE TORTO CONGENITO È la più frequente e la più studiata deformità complessa dei piedi. È una deformità complessa del piede ad eziologia sconosciuta, ligamentosa, muscolo-tendinea (lo scheletro è indenne, esistono però delle eccezioni), che interessa maggiormente le fasce del versante mediale e plantare (quelli del lato laterale sono interessate secondariamente e tendono alla distensione), determinando un’alterazione dei normali rapporti degli abbozzi osteo-cartilaginei (si parla di abbozzi perché il bambino è appena nato) che lo compongono. Se noi lasciamo crescere il bambino con i piedi in questa posizione, si determinerà una alterazione ossea tardiva. Il piede torto è una patologia che può recidivare anche dopo l’accrescimento. La recidiva può essere globale (tutta la deformità) o parziale. Nel piede torto congenito, alla nascita non ci sono alterazioni ossee, ma man mano che il bambino cresce ed il piede torto rimane inalterato, si potrebbero formare delle alterazioni. Vi è anche un piede torto congenito embrionario. Alla nascita presenta delle alterazioni osteocartilaginee. Frequenza M/F = 2/1 Unilaterale Dx > 5 Sn Bilaterale 50% Deformità associate al piede torto congenito Displasia congenita dell’anca, deformità multiple, agenesia dell’alluce e delle dita del piede, briglie amniotiche, aplasie della tibia, ernia inquinale, trisomia 21, spina bifida, mielomeningocele (in questo caso il piede torto può essere affetto da alterazioni muscolari. Negli altri casi non si conosce il significato di queste associazioni, l’unica comprensibile è l’associazione con la displasia dell’anca, di cui comunque non si conosce l’eziologia e che comunque ha rispetto al piede torto anomalie diverse di struttura. In più la diagnosi di displasia all’anca è più difficile del piede torto congenito, ma se c’è mielomeningocele è meglio controllare l’anca.). Eziologia (ha un valore molto relativo) Ha origini multifattoriale che si possono distinguere in: • Fattori genetici = gene autosomico dominante con penetranza del 40%. • Fattori meccanici = anomalie interne (utero bicorne), aumentato tono della muscolatura uterina (spasmi muscolari prolungati), neoformazioni in utero (fibromi, polipi), anomalie di impianto della cellula uovo (gravidanza extrauterina), gravidanza prolungata in presenza di briglie anatomiche. Eziopatogenesi • Teoria meccanica (fetale) = malposizione, compressione sul feto da biglie amniotiche, macrosoma, aumento del liquido amniotico. • Teoria neuro-miopatica = si ha alterazione a livello del muscolo con alterazioni dei tronchi nervosi periferici cge determinano una simil-paresi dei muscoli laterali dei piedi. • Teoria ontogenetica (Bohn) = persistenza dell‘atteggiamento del piede al 2° mese di gestazione fino alla nascita. • Teoria enzimatica = la lattoriboflavina è un enzima che passa la barriera placentare e ciò causa alterazioni del collagene. Classificazione eziopatogenetica 1) piede torto embrionale = primitivo idiopatico 2) piede torto secondario (è determinato dalla mancata derotazione del piede per patologia dell’ambiente fetale = = vita embrionale o fetale. 3) piede torto sintomatico (è l’espressione di una malattia del sistema nervoso). Il piede torto è il sintomo di una attività induttiva. Francesco Giuseppe Cannone 33 Ortopedia e Traumatologia Angolo tra asse longitudinale del piede e della gamba È normale quando è di 90°, è equino quando è > 90°, è talo quando è < 90° . Asse longitudinale della gamba ed asse verticale del retropiede È aperto verso l’esterno (valgismo) del 5% nel normale (fisiologico), < del 10% nel valgo, < del 10% nel varo. Asse longitudinale dell’avampiede e l’asse longitudinale del retro e mesopiede, se esiste può essere normale, abdotto (quando l’asse longitudinale dell’avampiede e del retro è verso l’esterno) oppure addotto (se gli assi sono verso l’interno). Gli assi del retro ed avampiede non si spostano a formare angoli ma ruota l’avampiede: • Ruota all’esterno (la pianta del piede va verso il basso)Æ pronazione • Ruota all’interno (la pianta del piede va verso l’alto) Æ supinazione Francesco Giuseppe Cannone 34 Ortopedia e Traumatologia N.B. = nel cavismo si ha una volta plantare più accentuata. Lo pseudoequinismo si ha quando la parte che cade è solo l’avampiede. Anatomia patologica Le lesioni iniziali sono soltanto a carico delle parti molli e sono responsabili del mantenimento delle deformità. Lo scheletro è solo compromesso nei rapporti articolari. Ma dal punto di vista morfologico sono assolutamente normali. Varietà cliniche • Piede torto equino-cavo-varo-addotto-supinato 70% 1) Parti molli = Non avviene alcuna modifica istologica a carico delle fibre muscolari del tricipite della sura sia a livello macroscopico che microscopico. 2) Tessuto tendineo = i tenociti sono diminuiti, sono più tozzi e disordinati, vi è un minore numero fibre elastiche. 3) Astragalo, Calcagno, Scafoide, Cuboide, Cuneiforme, Metatarsali e Tibia sono deviati dalla loro posizione normale. • Piede torto talo-valgo-pronato 15% = si associa a displasia in genere alla familiare. • Piede torto metatarso-varo (addotto) 10% (probabilmente è il più frequente ma è difficile da diagnosticare). Adduzione dell’avampiede: asse del retropiede con l’asse dell’avampiede descrivono un angolo aperto all’interno con apice a livello cuneo-metatarsale. • Piede torto valgo-convesso a dondolo 5% = si ha l’inversione della volta longitudinale. Esame clinico La deformità più o meno grave è immediatamente manifesta alla nascita. L’esame è completato dalla valutazione del grado di correggibiltà della deformità del piede. Gradi di gravità di deformità 1. semplici atteggiamenti viziati correggibili normalmente (dito del calcagno, 3 dita dell’avampiede) normalmente con ottimi risultati. 2. la deformità è ben evidente nei suoi componenti: la correzione passiva normale è difficoltosa ma ottiene buoni risultati. 3. la deformità è molto resistente. È indicato il trattamento chirurgico cruento: prognosi più severa (tipico del piede torto congenito embrionario). Esami strumentali Ecografia ed Rx. Trattamento 1. incruento : modellamento manuale a tappe (il trattamento si fa subito, nei primi giorni di vita, appena il neonato ha recuperato peso, ma prima può farlo la mamma nella vasca da bagno. Le manovre correttive saranno graduali (4-5 volte al dì) per evitare lo schiacciamento dei nuclei di accrescimento, a tappe, per adattare le strutture vasculo-nervose alle nuove posizioni senza subire traumi.) seguito (dopo 10 gg dalla nascita) da confezionamento apparecchi gessati femoro-podali che servono a fissare il modellamento ottenuto a tappe (si cambiano ogni settimana, per evitare l’iperflessione, perché il bambino cresce). Si esegue con ginocchio flesso a 90° per tre motivi: a. correggere l’intratorsione tibiale, b. mantenere in posizione rilassata il tendine di Achille, c. evitare che il gesso venga sfilato. Il piede torto può recidivare da grande, quindi è necessaria la correzione e poi tutori notturni, calzature adatte. Il trattamento dura almeno un anno. 2. cruento : sulle parti molli; sulle parti scheletriche. Il trattamento chirurgico si fa su parti molli (muscoli, tendini, capsula) o su parti dello scheletro. L’intervento chirurgico si pone in base all’età, al tipo e grado di deformità, motilità residua. Non esiste possibilità di stabilire inizialmente se il trattamento da attuare sarà incruento o cruento. Francesco Giuseppe Cannone 35 Ortopedia e Traumatologia Interventi sui tessuti molli • allungamento semplice del tallone di Achille (mussone a Z), • allungamento del tallone di Achille e della capsula tibia posteriore, • sindesmotomia parziale • sindesmotomia di Codivilla (intervento nelle capsulo-sindesmotomiche posteriori, mediali ed inferiori del piede ed allungamento dei tendini mediali accorciati, cui segue apparecchio gessato). Interventi chirurgici sullo scheletro Artrodesi (resezione. È l’intervento del piede torto recidivante), osteotomia (a cuneo con base allargata in cui si sacrificano alcune articolazioni come l’astragalo-calcanee, l’astragalo scafoidea ed altre). Risultati Dipendono dalla precocità del trattamento e dal grado di deformità. immediatamente il trattamento. Francesco Giuseppe Cannone Fondamentale è iniziare 36 Ortopedia e Traumatologia AFFEZIONI CONGENITE ED AQUISITE DELLA COLONNA VERTEBRALE: SCOLIOSI, CIFOSI E LORDOSI La colonna vertebrale ha : 1. funzione statica di sostegno del tronco in opposizione all’azione della gravità; 2. funzione dinamica di controllo, attraverso una serie di movimenti di rotazione, flesso-estensione e flessione laterali; 3. funzione morfologica, protezione midollare. Sul piano frontale il rachide normale non presenta deviazioni per cui ogni curva permanente è da considerarsi patologica. Sul piano sagittale vi sono curve fisiologiche e convessità anteriore e posteriore, rispettivamente la lordosi cervicale e lombare e la cifosi dorsale e sacrale. N.B. = il triangolo della taglia (anca – schiena – braccio) normalmente è isoscele e deve essere uguale in entrambi i lati. N.B. = il menarca determina alterazioni della colonna vertebrale. La colonna vertebrale è una struttura plurisegmentaria la cui unità di base è costituita dal segmento di movimento (vertebra-disco-vertebra) e dai relativi legamenti. È costituita da un compartimento anteriore ed uno posteriore: 1. compartimento anteriore: è formato dalla emivertebra superiore ed inferiore, dal piatto vertebrale superiore ed inferiore, dal disco interposto, dal legamento largo anteriore e posteriore. Il compartimento anteriore è una camera idraulica (il nucleo polposo è fatto per l’80% di acqua, per questo si parla di camera idraulica) precompressa che regola ed omogeneizza la trasmissione delle sollecitazioni statico-dinamiche nelle pareti interne della camera dorsale. Il nucleo polposo armottizza, distribuisce le forze e funge da snodo (ciò è importante ricordarlo per correggere la scoliosi). 2. compartimento posteriore: è formato dall’arco neurale, dall’apofisi spinosa, dall’apofisi traversa a dalle faccette articolari. I corpi vertebrali sono dei corpi semirigidi. Le vertebre sono sostenute e vincolate da elementi visco-elestiche: 1. vincoli intrinseci = legamenti, dischi, 2. vincoli estrinseci = muscoli, cavità addominale, gabbia. Vi è un sistema di freni: • Freni passivi = controllano i movimenti in funzione della loro resistenza alla trazione (legamenti e capsula). Inoltre controllano i movimenti in funzione alle loro caratteristiche morfologiche (superficie articolari). • Freni attivi = è il sistema neuromuscolare. Deformità vertebrali : ipercifosi, ipelordosi, scoliosi. SCOLIOSI La scoliosi è una deformazione della colonna vertebrale caratterizzata da alterazioni della struttura dei rapporti reciproci tra le vertebre nei tre piani dello spazio per cui ad una curva laterale sul piano frontale si associa una rotazione vertebrale sul piano orizzontale. Se un bambino ha scoliosi, se si china si vede un dislivellamento della gabbia toracica, cioè il gibbo, segno della rotazione vertebrale. Classificazione della scoliosi 1. Scoliosi strutturata o vera = si ha paramorfismo (deviazione laterale senza rotazione) vertebrale e sintomi funzionali a. Idiopatica = infantile (da zero a 3 anni), giovanile ( da 3 a prima della pubertà), adolescente (dalla pubertà alla maturità scheletrica). b. Neuromuscolare = si ha inseguito ad una lesione (miopatia e neuropatia), c. Congenita = difetto di sviluppo, difetto di segmentazione, o mista. Francesco Giuseppe Cannone 37 Ortopedia e Traumatologia 2. Scoliosi non strutturata = si ha dimorfismo (rotazione) del rachide o sintomi organici. Aumenta la scoliosi se le modifiche sono irreversibili. a. Posturale b. Isterica c. Irritazione radicolare nervosa (ernia, tumore) d. Infiammatoria (appendicite) e. Relativa a dismetrie degli arti inferiori f. Relativa a contratture delle anche. Classificazione della scoliosi in base alla sede anatomica • Curva cervicale: apice tra C1 – C6 • Curva cervico-toracica: apice tra C7-T1 • Curva toracica: apice tra T2-T1 • Curva toraco-lombare: Apice tra T12-L1 • Curva lombare: apice tra L2-L4 • Curva lombo-sacrale: apice tra L5-S1 N.B. = la scoliosi combinata si può avere ad una età media di 12 anni con un rapporto M/F di ¼ Epidemiologia L’incidenza della scoliosi nella popolazione in età di accrescimento è del 5%. Si hanno sintomi minori ne, 3,6 % e sintomi maggiori nell’1,4%. L’incidenza per sesso e M/F di 1/5. l’incidenza in tutte le età è del 10-15%. L’incidenze maggiori per lato sono quelle cervico-toraciche e toraciche Dx (convessità) e toraco-lombare e toraciche Sx (convessità) Eziopatogenesi La scoliosi idiopatica è una anomalia genetica con dominanza incompleta legata al sesso femminile, e multifattoriale. Nei soggetti scoliotici sono stati riscontrati delle alterazioni: neurologici,metabolici, tissutali ed ormonali. Vi sono delle teorie per spiegare l’eziologia: 1. teoria morfo-istochimica = turbe dell’elasticità e del metabolismo del collagena. Ciò determinerebbe una iperlassità. 2. teoria della postura = i muscoli della masticazione e l’articolazione temporo-mandibolare agiscono sull’A.T.M. e sono in stretta connessione con i muscoli cervico-toracici ciò determina una contrattura sul rachide che a lungo andare porta la scoliosi. Colonna scoliotica strutturata La nuova distribuzione delle sollecitazioni esterne sul rachide scoliotico produrrà nuove tensioni localizzate in zone circoscritte delle vertebre dei dischi intervertebrali e dell’apparato capsulolegamentoso: a) Vertebre: all’origine si trasforma progressivamente a cuneo, mentre il corpo vertebrale ruota verso la convessità. Al momento della strutturazione (vertebra ruotata) si ha: apofisi spinosa orizzontalizzata, peduncolo allungato dal lato della concavità, lamina ispessita ed allungata dal lato della concavità, apofisi articolari ispessite ed incastrate dal lato della concavità, apofisi traversa accostata all’apofisi spinosa, corpo vertebrale cuneiforme e ruotato verso la convessità, aria posteriore atrofica, ruotata verso la concavità. b) Disco intervertebrale: sono sollecitati in torsione e diventano cuneiformi. Il nucleo polposo è allontanato verso il lato convesso. Se si determina rotazione e spostamento le forze non agiscono lungo le direttrici normali ma si determinano forze nuove di taglio che agiscono sul disco, che subisce degenerazione, per cui anche se si riporta la vertebra al posto giusto, il disco non si può riprendere più. c) Legamenti: i legamenti anteriori seguono lo spostamento rotatorio del corpo vertebrale; i legamenti posteriori sono distesi dal alto convesso e retratti, persino ossificati al termine dell’evoluzione dal lato concavo. d) Muscoli: i muscoli della convessità sono voluminosi e funzionanti, mentre i muscoli della concavità sono retratti e sempre funzionanti (sono stati studiati con la biopsia, infatti nella ricerca Francesco Giuseppe Cannone 38 Ortopedia e Traumatologia dell’eziologia, qualcuno riconosce una natura paralitica, mentre quello dei muscoli è solo un effetto e non una causa)in effetti esiste la sindrome paralitica (poliomielite) ma è diversa nella modalità e nella gravità. e) Gabbia toracica: le costole dal lato della convessità si distanziano le une dalle altre e si verticalizzano, mentre dal lato della concavità si orizzontalizzano, si avvicinano e talvolta si accavallano. Lo sterno è poco deviato. Il torace in sezione obliqua è ovulare nella scoliosi per cui si diminuisce la capacità respiratoria del polmone del lato della lesione (è ristretto). Questa alterazione determina il gibbo visibile in estensione in avanti della schiena con le gambe divaricate (è presente nel dimorfismo e non nel paramorfismo). Esame clinico • Storia della deformità • Anamnesi fisiologica remota e prossima (emispondilo, poliomielite, fratture) • Anamnesi familiare • Età • Epoca del menarca • Segni puberali: a) In stazione eretta: equilibrio del bacino, equilibrio della cintura scapolare, asse occipitale (con filo a piombo). b) In stazione curva: curve frontali (30° di flessione in avanti) a piedi uniti; presenza di gibbi (80° di flessione in avanti, si misura con il gibometro); presenza di prominenze lombari (legata a visceri che si spostano in presenza di scoliosi). Indagini strumentali • Esame Rx in ortostatismo del rachide in toto, nella proiezione A.P. e L.L. • Esame Rx in A.T. test in sospensione (vi è una mentoniera che solleva il paziente. Se la deformità è elastica, la scoliosi si riduce. Se si riduce oltre il 40% è più probabile che guarisca con trattamento incruento. • Rx in bendino Dx e Sx I rilievi Rx-grafici (per valutare la sede, l’estensione e la gradazione della scoliosi) sono: livello, lato, estensione (se 3 vertebre è congenita, se 5 vertebre è idiopatica), misurazione secondo il metodo di Cobb (la misurazione si fa in gradi. Si prende la vertebra centrale dove c’è più rotazione [vertebra apice] e le vertebre limiti e si misura l’angolo [di Cobb] dell’inserzione. È un sistema poco esatto, soprattutto per fare un confronto prima e dopo il trattamento. È più corretta invece fare una misurazione del punto centrale della vertebra), test di Risser (si esegue per vedere l’ossificazione dell’epifisi delle creste iliache [è la parte di scheletro che cresce più a lungo] e quindi per identificare l’età scheletrica. Si misura in gardi. Se è 5° vuol dire che la scoliosi non può più evolvere, ma non si può nemmeno intervenire), rotazione vertebrale secondo Nash e Mae (si individuano i 2 peduncoli, si divide a metà la vertebra ed ogni ½ si divide in tre parti. Si dovrebbero avere segmenti uguali tra di loro. Trattamento della scoliosi idiopatica • Trattamento incruento = ortesi (gesso plastica). La colonna vertebrale non è accessibile alle forze dirette, quindi le forze di correzione devono essere suddivise in forze di elongazione e in forze laterali (deflessione e derotazione). Tutte le ortesi esercitano delle forze attraverso la cute (possono insorgere le piaghe di decubito). Con le ortesi si immobilizza il bacino e si ottiene l’appiattimento della lordosi lombare. Le ortesi devono essere portate per almeno 22 ore al giorno fino alla fine del periodo evolutivo (constatazione della maturità mediante il test radiografico di Risser. Si deve avere almeno + 3°). • Trattamento cruento = artrodesi (dopo aver corretto quanto più possibile). Trattamento • Paramorfismi Æ Chinesiterapia (soprattutto la ginnastica che stimola la propriocettività ed esterocettività.) e trazione. • Scoliosi idiopatica da 15° a 25° Cobb Æ corsetto ortopedico • Scoliosi idiopatica da 25° a 45° cobb Æ gessi E.D.F. + corsetto ortopedico Francesco Giuseppe Cannone 39 Ortopedia e Traumatologia • Scoliosi idiopatica > 45° Cobb Æ trattamento chirurgico (prima dell’intervento ci vuole la ginnastica correttiva per aumentare la funzionalità respiratoria che è compromessa e l’80 % dei pazienti può non sopportare l’anestesia). La correzione può essere quindi passiva, cioè mediante gessi oppure attiva mediante corsetti dinamici che servono ad agire sulla deflessione e alla rotazione della colonna vertebrale. Il corsetto correttivo si applica è in base alla sede della scoliosi: • In sede cervico-toracica si applica il corsetto di Milwaukee ( vi è un collare metallico con linguette occipitali per stimolare l’autoallungamento della colonna. Il collare è collegato a tre aste, due posteriori ed una anteriore per autocorreggere la gibbosità). • In sede toracica si applica il corsetto di Milwaukee e di Cheneau • In sede toraco-lombare alta il corsetto di Milwaukee e di Cheneau • In sede toraco-lombare bassa il corsetto di Milwaukee e 3 valve • In sede lombare il corsetto di Boston e 3 valve • In sede lombo-sacrale il corsetto di Boston e 3 valve In genere oltre alla sede il tipo di corsetto si applica in base all’età, al valore angolare, agli indici di Risser, al dolore. Il corsetto va portato soprattutto di notte quando i muscoli sono rilassati. CIFOSI (dorso curvo) La cifosi è l’eccessiva curvatura posteriore della colonna vertebrale, che provoca, in genere nella parte superiore della schiena la gobba Si distingue in: 1. cifosi giovanile o malattia di Scheuermann = l’aspetto radiologico delle vertebre è a cuneo con arrotondamento o a volte frammentazione del bordo vertebrale 2. cifosi idiopatica = il paziente presenta il dorso curvo, senza aspetto a cuneo delle vertebre. Difficilmente si arriva a deformità eccessive. 3. cifosi neuromuscolare 4. cifosi mielomeningocele 5. cifosi traumatica 6. cifosi prostchirurgica 7. cifosi metabolica Trattamento Si utilizza il corsetto di Milwaukee oppure apparecchi gessati. LORDOSI La lordosi è la curvatura anteriore della colonna vertebrale, normalmente presente in grado lieve nella zona lombare. Si distingue in 1. posturale 2. congenita 3. neuromuscolare 4. post-laminectomia 5. secondaria a contratture in flessione delle anche 6. altre Francesco Giuseppe Cannone 40 Ortopedia e Traumatologia SINDROME LOMBARE Le sindromi lombari sono: ernia, stenosi, stenosi + EDD, pacet sindrome (disturbi intervertebrali), lombalgia. LOMBALGIA È una sindrome a eziologia multipla e non sempre ben definibile. Spesso il paziente ha atteggiamenti alterati o primitivi o secondari alla lombalgia. Epidemiologia La lombalgia è la causa più frequente di limitazione dell’attività prima dei 45 anni. Classificazione secondo Macciab: per il 30% • lombalgia viscerogena (causata dal tumore al pancreas, pelvici, della sfera urogenitale e dalla perforazione dei visceri e dalle coliche), • lombalgia vascolare (aneurismi dell’aorta, vasculopatie), • lombalgia neurogena (neoplasia del midollo e della rachide, lesioni infiammatorie, neuropatia diabetica), • lombalgia spondilogena (ossee e discoarticolari), • lombalgia miogena (miositi, fibromiositi, sindrome del piriforme, sindrome del quadrato dei lombi) per il 70% • lombalgia psicogena (quando il paziente è teso produce più acido lattico che causa dolore). Cause • Discoarticolari = ernia, discopatia degenerativa, artrosi interapofisaria, ddismorfismi; • Ossee = stenosi, fratture, lussazioni, spondiliti anchilosanti, osteomieliti, osteoporosi, tumore (mielosa, osteoma, osteoblastoma), metastasi (della mammella, tiroide, polmone, rene, prostata) • Del complesso vertebrale = discoarticolari, ossee puri, peri ed endodurali, radicolari e periradicolari • Extravertebrali Lombalgia acuta Esordio = insorge improvvisamente, talora in concomitanza con uno sforzo o un movimento brusco in flessione. Allora la sintomatologia dolorosa si associa ad uno spasmo localizzato che impedisce ogni movimento. Segni clinici subettivi = dolore rachideo improvviso, violento; dolore radicolare; insufficienza staticodinamica. Lombalgia cronica Può instaurarsi come tale o seguire ad episodi di lombalgia acuta. Il dolore è di tipo sordo, gravitico, risente della postura e delle variazioni meteorologiche. È alleviato dal riposo in decubito orizzontale. Presenza di rigidità lombare. Può essere associata a crurologia o sciatalgia. Rachialgia meccanica Aumenta con il carico; aumenta in specifiche posizioni; peggiora con il movimento; migliora con il riposo con anche e ginocchia flesse per annullare la lordosi. Dolore posteriore • Sede = regione lombare e regione glutea • Caratteri = sordo, continuo, notturno, si accentua con l’iperestensione, flessione ed estensione. N.B:= il disco è uno snodo che consente tre tipi di movimento. Francesco Giuseppe Cannone 41 Ortopedia e Traumatologia Ernia Protensione Æ prolassione Æ estensione Æ ernia = compressione rapida di una radice da parte di una massa che occupa spazio e produce edema, dolore ed insorgenza acuta monoradicolare, monolaterale. Eziopatogenesi Cause possono essere: predisponesti (per sovraccarico e dimorfismo che provocano degenerazione dell’anulus); oppure determinati (causate da traumi, sforzi da flessione o torsione che causano fuoriuscita del nucleo e quindi ernia. Stimolazione ganglio-radicolare La cruralgia è quando la stimolazione si verifica fra L2, L3, L4, invece la sciatalgia fra L4, L5 e S1 Tre stadi di sofferenza radicolare sono: 1. fase di irritazione 2. fase di compensazione 3. fase di interruzione Segni clinici 1. contrattura muscolare 2. scoliosi antalgica 3. positività dei segni di Devitale, De Sezè, Lasagne, Neri I, Neri II, Wasserman, Boschi, ValsalaDelitare, Naffiziger, punti di Wallix 4. alterazione dei riflessi. Francesco Giuseppe Cannone 42 Ortopedia e Traumatologia DISPLASIA CONGENITA DELL’ANCA È una malattia congenita dell’anca, articolazione molto importante, che ha diverse maniere di esprimersi cioè l’articolazione può essere alterata o sublussata, o lussata. Si hanno anomalie di sviluppo e di forme dell’articolazione coxo-femorale con alterazioni condiloide, cefaliche e capsulo-legamentose che comportano incongruenze articolari e consequenziale perdita dei normali rapporti. Incidenza Si ha un rapporto M/F di 1/6 perché la donna ha il bacino più largo. Non tutti i bimbi però nascono con la lussazione, ma solo con la displasia (instabilità dell’articolazione dovuta ad una lassità delle capsule e dei legamenti). Sono le contrazioni muscolari che poi daranno l’incongruenza. Esistono però casi eccezionali di lussazione congenita per fatti meccanici intrauterini esiste anche la lussazione inveterata che si ha molti anni dopo l’inizio della deambulazione. La d.c. dell’anca è maggiore nella razza bianca rispetto alla gialla. È assente nella razza negra. In Italia l’incidenza è massima nelle regioni alpine. Eziologia • Teoria ereditaria di tipo poligenico a bassa penetranza (gemelli monocoriali) • Multifattoriale = per fattori meccanici (oligodramnios, poligramnios, briglie amniotiche, presentazione podalica) o per fattori ormonali (estrogeni materni, progesterone) • Teoria della displasia acetabolare = il difetto consisterebbe nella cartilagine acetabolare meno resistente (lasso) alle sollecitazioni meccaniche indotte dalla testa femorale e quindi facilmente deformabile. • Teoria della lassità capsulo-legamentosa = la lassità provocherebbe la tendenza alla lussazione dell’epifisi femorale. N.B. = la cartilagine psilotica (nucleo d’accrescimento) si trova fra ileo e ischio e pube. L’acetabolo ha tre nuclei di ossificazione: 1. ileo = comparsa IX settimana di vita fetale, 2. ischio = comparsa XIII settimana di vita fetale, 3. pube = comparsa XVII settimana di vita fetale. Il femore ha 4 nuclei di ossificazione: 1. collo = VI settimana intrauterina 2. testa = IV – VI settimana 3. grande trocantere III – IV anno 4. piccolo trocantere III – IV anno. Il limbus è la porzione fibro-catrilaginea dell’ala iliaca che si completa superiormente al tetto acetabolare e che da origine successivamente al ciglio cotiloideo. Forme cliniche • Displasia (nascita), pre-lussazione (pochi mesi) = il collo femorale è cutiverso e la testa del femore inizialmente non presenta alcuna modificazione di forma. Presenza di retrazione della capsula anteriore e di lassità della capsula posteriore. Anomalie morfo-strutturali della testa femorale determinate da alterazioni della forma dei condrociti e delle caratteristiche biochimiche dei proteoglicani. Anomalie della forma e della disposizione dei condrociti e delle caratteristiche istochimiche della cartilagine acetabolare. Ovalizzazione dell’acetabolo con aumento del diametro cranio-caudale. Presenza di una salienza semicircolare localizzata nella posizione postero-superiore dell’acetabolo (definita (neo-limbus). • Sub-lussazione (quando punta i piedi) = inibizione dell’ossificazione encondrale della porzione post-superiore della cartilagine acetabolare, dovuta alla iperpressione della testa femorale, perdita della forma sferica della testa femorale, ipertrofia del legamento rotondo, aumento dell’antiversione del collo femorale e del valginismo. Aumento della retrazione della capsula anteriore e della lassità della capsula posteriore. Ipertrofia del tessuto fibro-adiposo (pulvinar) che contribuisce a far uscire la testa. Francesco Giuseppe Cannone 43 Ortopedia e Traumatologia • • Lussazione (cammina 12-14 mese) = risalita della testa del femore oltre il bordo dell’acetabolo e sua localizzazione in corrispondenza dell’ala iliaca, presenza di una doccia di migrazione, deformità a coxo o a triangolo della testa, strozzamento a clessidra della capsula dovuto al tendine ileo-psoas (si formano due cavità articolari). La capsula si ripiega. Lussazione inveterata (dopo 16-17 mesi) = ancora presente dopo il IV-V anno di vita, formazione del neo-cotile, notevole accorciamento degli adduttori e dello psoas-iliaco. Paleo-cotile in ipotrofia. Con l’Rx si vede la doccia di scorrimento dovuta al movimento della testa. Anatomia patologica Ritardo nello sviluppo di tutti i componenti dell’articolazione coxo-femorali: estremo prossimale del femore, cotile, capsula articolare, legamento rotondo, limbus, pulvinar (cuscinetto di grasso sul fondo del cotile che serve ad ammortizzare gli stress meccanici. È come una borsa pre-rotulea, pre-decranica). Quadro clinico • Segni di certezza = segno dello scatto di Ortolani alla nascita. • Segni di probabilità = asimmetria delle pliche cutanee, obliquità della rima vulvare (valido quando è monolaterale), piede talo valgo. Limitazione dell’abduzione dell’anca. • Displasia = piede talo valgo • Pre-lussazione e sublussazione = asimmetria delle pliche, arto extraruotato (cosce e glutei)ed accorciato, segno di Ortolani (si fa abdure l’arto flesso. La testa supera l’ostacolo del limbus e fa tac), segno di Barlow (è opposto al segno di Ortolani e si vede una lussazione latente), segno di Galeazzi (a gambe flesse le ginocchia sono asimmetriche, cioè uno più alto ed uno più basso). Si notano: Antiversione del collo Triade di Putti (sfuggenza del cotile, ipoplasia o assenza del nucleo cefalico-femorale, interruzione dell’arco di Shenton, Tale arco detto anche cervico-otturatorio va dal margine mediale del condilo al margine del pube. Si vede su lastra in ortostatismo, non in extrarotazione) o Schema di Hilgenreimer (serve per studiare l’anca soprattutto senza nucleo di ossificazione. Nell’anca normale l’angolo acetabolare non dovrebbe superare 25-30°, mentre nell’anca displastica è uguale o maggiore a 30°) o Diagramma di Ombredanne (considera il nucleo in sede, il nucleo sublussato e quello lussato, poi divide l’anca in quadranti) o Angolo di Wiberg (misura la capacità di copertura dell’angolo cotiliodeo) Lussazione = arto accorciato, extraruotato e flesso, muscoli dell’anca ipotrofici, positività del segno di Trendelenburg (si ha inclinazione del bacino in appoggio monopodalico per insufficienza dei o o • Francesco Giuseppe Cannone 44 Ortopedia e Traumatologia glutei), zoppia di caduta, articolazione ridotta per l’abduzione aumentata. Aumento per tutti gli altri movimenti. Si notano: o Dislocazione della testa del femore o Neocotile nella fossa iliaca esterna o Segni di risalita del grande trocantere o Epifisi deformata o Osteofitosi e geodi o Inutilità o difficoltà interpretative di esame Rx entro il 4.5 mese. Indagini strumentali Ecografia = indagine strumentale non invasiva. Si vede in garsso sottocutaneo a patto che il bambino sia fermo nella giusta posizione. Rx = è consigliabile dopo i 4 mesi per poter vedere il nucleo di ossificazione della testa del femore già comparso. A 9 mesi è già tardiva per poter fare una terapia. Trattamento Lo scopo è ottenere una riduzione della testa all’interno della cavità acetabolare e di mantenere questa posizione fino alla normale crescita sia nelle parti ossee (acetabolo o femore) sia delle parti molli (capsula, legamenti muscolari). Il trattamento di base viene differenziato in base all’età ed allo stadio della malattia, come schema sotto: • Displasia – prelussazione = trattamento incruento (se l’anca è ben centrata), tutori, apparecchi gessati. Il trattamento consiste nel bloccare in abduzione le anche mediante un doppio pannolino, o il divaricatore di Pavilk o il tutore. In questo modo si centrano le anche e si mettono in posizione per migliorare i rapporti articolari, in condizione di riposo, in modo da fare crescere correttamente lo scheletro come le altre strutture. • Sublussazioni = o se è riducibile e stabile si adotta la riduzione incruenta; il trattamento serve a centrare la testa del femore nella cavità acetabolare, prima si stira e poi si abduce (skin-traction) con cerotto, poi si immobilizza il bambino mediante apparecchio gessato inglobante anche l’arto controlaterale. Con la skin-traction si converte un’anca irriducibile in un’anca riducibile attraverso la discesa della testa del femore nella cavità acetabolare. Con tale metodo diminuisce l’incidenza della necrosi. o se invece è riducibile ma instabile si adotta la riduzione cruenta, l’osteotomia e la tettoplastica. • Lussazioni = o se la riduzione è stabile si adotta la riduzione incruenta (skin-tration in narcosi, apparecchio gessato pelvi-podalico nelle due posizioni di Paci-Lorenz). o se è instabile si adotta la riduzione cruenta a cielo aperto, l’osteotomia di centramento, la tettoplastica con trapianto d’osso. Francesco Giuseppe Cannone 45 Ortopedia e Traumatologia o se è irriducibile, quindi tardiva, si immobilizza il bambino con apparecchio gessato oppure si adotta la tettoplastica con trapianto d’osso, la osteotomia di centramento, la riduzione chirurgica, la tenotonia del muscolo psoas e degli adduttori. Esiti a distanza del trattamento Artrosi dell’anca determinata dalle precoci alterazioni che la malattia induce a livello della cartilagine acetabolare. Francesco Giuseppe Cannone 46 Ortopedia e Traumatologia ARTROSI La funzione locomotrice è duplice: a. statica = data dall’osso b. dinamica = data dalle articolazioni (cartilagine, sinovia, capsula e legamenti osso [travate ossee e spazio pascolo-midollare dato dai canali di Havers]). I muscoli entrano in gioco sia nella funzione statica che dinamica. Cartilagine articolare = È formata da: a) lamina splendens: costituita solo da fibrille collagene (tessuto di sostegno della cartilagine), b) strato tangenziale: le fribrille collagene sono disposte parallele, più spesse, unite da aggregati di proteoglicani e sono presenti condrociti, c) strato radicale: è lo strato che produce la cartilagine. Le fibre collagene formano una specie di canestro attorno ai condrociti, d) strato colonnare: chiamato così perché i condrociti sono disposti a colonna, e) strato tide mark: la cartilagine è calcificata perché è a stretto contatto con lo strato f che è il primo strato dell’osso subcondrale. Aggregati di proteoglicani Sono formati da una lunga molecola centrale di acido ialuronico al quale, mediante proteine di aggregamento (collegamento), si legano i singoli glicosamminoglicani (cheratin-solfato e condroitin-solfato). Questi aggregati di proteinoglicani sono caricati negativamente, si attaccano alle fibrille e si respingono (perché tutti negativi), ma rimangono attaccati alle fibrille. Ciò conferisce elasticità e resistenza alla cartilagine. La cartilagine in realtà non è liscia, come si vede microscopicamente, ma è un po’ ruvida. Ciò è un bene perché permette sia l’intrappolamento del liquido sinoviale ed anche evita che si asciughi. Il liquido sinoviale ha la proprietà di lubrificare e di nutrire. Definizione e generalità di artrosi L’artrosi è il risultato di fenomeni meccanici e biologici che destabilizzano l’equilibrio fra sintesi e degradazione della cartilagine e dell’osso subcondrale. L’artrosi tocca tutti i tessuti articolari e si manifesta con modificazioni morfologiche, biochimiche, molecolari e biomeccaniche delle cellule e della matrice cartilaginea che conducono a rammollimento, fissurazione, ulcerazione, perdita di cartilagine articolare e reazione dell’osso subcondrale con produzione di osteofiti e cisti subcondrali. Quando l’artrosi diventa sintomatica, si ha dolore, rigidità e versamento articolare con diversi gradi di flogosi locale. Si tende a distinguere schematicamente le artrosi (dolore meccanico a carico della cartilagine articolare), dall’ artrite (dolore infiammatorio a carico della membrana sinoviale). Artrite reumatoide È una malattia a patogenesi multifattoriale, in cui diversi agenti eziologici sono in grado di indurre, in soggetti geneticamente predisposti, un processo autoimmune, che attraverso fenomeni infiammatori, determinano una sindrome cronica proliferativa con ipertrofia villosa, distruzione della cartilagine articolare e riassorbimento delle strutture ossee con cronicizzazione della malattia ed esiti anchilosanti. Francesco Giuseppe Cannone 47 Ortopedia e Traumatologia Classificazione dell’artrosi ο idiopatica = alterazione metabolica primaria della cartilagine ο secondaria = si divide in artrosi meccanica ed artrosi strutturale: a) Artrosi meccanica 98% di tutte le artrosi. È data dall’ipersollecitazione sulla cartilagine sana dovuta a: ο displasia : incongrua superficie portale Æ ο tube statiche = disassiamento (es. varo, balgo), squilibri, instabilità (es. ginocchio senza menisco), Æ ο sovraccarico = ponderale, professionale, sportivo Æ Le tre cause di artrosi meccanica portano a sua volta Æ alla iperpressione, che agendo su una cartilagine sana causa una condrosi che poi sviluppa una artrosi. b) Artrosi strutturale 2% di tutte le artrosi. È data dalle normali sollecitazion,i sulla cartilagine malata, da diverse cause. Si arriva prima alla condrosi e poi all’artrosi. CAUSE Ischemia, necros,. Paget Æ osso Æ Traumatismi, cortisone, steroidi Æ Infezioni, infiammazioni, emartri Æ sinovia Æ Turbe endocrine Æ Patologie ereditarie Æ Patologie indeterminate Æ Turbe metaboliche, condrocalcinosi, gotta Æ Turbe nervose Æ Artropatie neurologiche Æ Cartilagine Æ Condrosi (condizione preartrosica) Æ funzione normale Æ Artropatia La condrosi si può distinguere in tre stadi (secondo Ficat): 1) Edema= La presenza di edema è causata dal fatto che si è spezzato il legame fra proteoglicani e fibrilla collagene e non si trattiene più l’acqua. 2) Fissurazione= L’edema fessura la lamina splendens e determina fuoriuscita di sostanza. 3) Ulcerazione ed eburneizzazione= il processo degenerativo diventa irreversibile e si forma l’ulcera torbida. Successivamente, l’ulcera non potendo più guarire, scompare la cartilagine articolare e si instaura l’eburneizzazione cioè l’esposizione dell’osso subcondrale. Francesco Giuseppe Cannone 48 Ortopedia e Traumatologia Francesco Giuseppe Cannone 49