Ortopedia e Traumatologia
GENERALITA’ SULLE CONTUSIONI, DISTORSIONI, LUSSAZIONI,
FRATTURE E DISTACCHI EPIFISARI
CONTUSIONI
Lesione che si produce per effetto di un corpo smusso che colpisce violentemente o
ripetutamente un tessuto senza provocare soluzione di continuità.
Quadro clinico
• Sintomatologia dolorosa locale spontanea ed accentuata alla digitopressione,
• Contrattura antalgica,
• Arrossamento ed iperemia,
• Tumefazione, edema, ecchimosi dopo 3–4 giorni (un modesto travaso ematico nel tessuto
sottocutaneo) ed ematoma (imponente travaso ematico nel tessuto sottocutaneo).
Indagini strumentali
Rx (ci fa escludere un danno allo scheletro), ECO (se si crea una raccolta voluminosa).
Gradi di contusione secondo Dupuytren
Danno provocato dalla
Manifestazioni
contusione
I°
Rottura dei capillari
Manifestazioni
emorragiche,
eritema, edema, ecchimosi
II° Sottocute
Rottura di piccoli vasi
Il sangue si raccoglie in cavità,
ematoma, ecchimosi
III° Muscoli
Lesione di vasi e nervi
Ematoma, stupore neurologico
(ipostesia, anestesia)
IV° Muscoli e periostio Lesione di vasi e nervi
Necrosi del tessuto, riparazione con
tessuto cicatriziale
Zone interessate
dalla contusione
Cute-sottocute
Terapia
Crioterapia locale (la borsa di ghiaccio limita l’ematoma), scarico dell’arto e riposo, bendaggio
compressivo, farmaci antinfiammatori. In presenza di vasti ematomi è consigliabile il
drenaggio.
DISTORSIONI
Perdita parziale e temporanea dei rapporti articolari con stiramento e/o lacerazione
dell’apparato capsulo-legamentoso causato da ipersollecitazioni meccaniche.
Le articolazioni più soggette alle distorsioni sono: la tibio-peroneo-astragalica, il ginocchio, la
radiocarpica, il gomito, la spalla, la metacarpo-falange e la interfalange.
Quadro clinico
• Dolore spontaneo accentuato dalla digitopressione,
• Edema e tumefazione,
• Enartro,
• Impotenza funzionale.
Francesco Giuseppe Cannone
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Gradi di distorsione
I° = distensione dell’apparato capsulo-legamentoso che non supera il coefficiente di resistenza.
La stabilità articolare non è compromessa.
II° = distrazione dell’apparato capsulo-legamentoso con lacerazioni minime e parziali
(sfibrillamento). La stabilità articolare è lievemente compromessa.
III° = rottura dell’apparto capsulo-legamentoso. La stabilità articolare è gravemente
compromessa.
Indagini
Rx, Rx sotto stress (ormai superata), RMN (mai fare questo esame senza un giusto esame
obbiettivo della situazione), artroscopia ( non è più utilizzata in diagnostica, ma in terapia).
Terapia
Crioterapia locale, scarico dell’arto, bendaggio compressivo, immobilizzazione e farmaci
antinfiammatori. Trattamento cruento (plastica ricostruttiva nelle distorsioni di 3° grado).
SUBLUSSAZIONI
Perdita parziale e permanente dei rapporti fra superfici articolari contigue causate da
sollecitazioni meccaniche che superano l’elasticità dell’apparato capsulo-legamentoso.
LUSSAZIONI
Perdita completa e permanente dei rapporti fra superfici articolari contigui causate da
sollecitazioni meccaniche che superano l’elasticità dell’apparato capsulo-legamentoso.
Le lussazioni più frequenti sono quelli della spalla (la testa omerale si allontana dalla cavità
glenoidea della scapola. Si dividono in anteriore, posteriore, inferiore e superiore), acromionclavicolare, del gomito, del capitello radiale, metacarpo-falange ed interfalange, dell’anca o
coxo-femorale, del ginocchio (femoro-tibiale e femoro-rotulea), metatarso-falange ed
interfalange, della colonna vertebrale.
Le articolazioni della spalla e dell’anca sono delle enartrosi (possono dare movimenti di
circumlocuzione).
Una lussazione può recidivare o diventare abituale perché spesso la capsula non si ripara del
tutto, ma vi rimane un occhiello che permette la lussazione. Mentre la lussazione recidivante
può essere trattata incruentamente, quella spontanea deve essere trattata dal chirurgo.
Quadro clinico
• Variazione del profilo anatomico dell’osso (deformazione) o dell’articolazione interessata.
• Dolore articolare spontaneo, irradiato talvolta, per compressione dei tronchi nervosi.
• Atteggiamento coatto dell’arto.
• Impotenza funzionale.
Indagini
Rx nelle due proiezioni standard (antero-posteriore e latero-laterale o assiale).
Francesco Giuseppe Cannone
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Classificazione delle lussazioni
1. traumatiche = sono provocate da traumi nelle articolazioni sane. Si distinguono in dirette
(se la forza agisce direttamente sull’articolazione) o indirette (se la forza agisce
indirettamente)..
2. patologiche = provocati da processi infiammatori o neoplastici.
3. recidivanti = quando avvengono 1 – 2 volte, a breve distanza dal primo episodio.
4. abituali = quando si manifestano anche con movimenti quasi fisiologici. Sono quasi
indolore e l’articolazione può ritornare a posto facilmente.
Trattamento
a) Incruento = riduzione in anestesia generale (per far rilassare completamente il muscolo) o
plessica mediante manovre appropriate incruente; immobilizzazione.
b) Cruento = nelle lussazioni irriducibili o recidivanti o abituali, si attua il trattamento di
plastica ricostruttiva dell’apparato capsulo-ligamentoso.
FRATTURE
La frattura è l’interruzione della continuità dell’osso causata da sollecitazioni meccaniche che
superano il limite di elasticità e resistenza.
La frattura patologica, invece, si produce spontaneamente (senza trauma) o con minimo
trauma, in quanto esiste una alterazione qualitativa e quantitativa della componente organica
ed inorganica del tessuto osseo.
N.B.: metastasi e lesioni ripetitivi = sono tumori di un determinato tessuto che si diffondono e
si localizzano in un altro sito dove “ripete” le stesse lesioni anantomopatologiche a scapito del
tessuto dove è arrivato. Oggi, molto spesso ci si accorge di un tumore perché la metastasi ha
determinato un frattura patologica o il soggetto ha dolore e fa una Rx: si fa poi una biopsia
della metastasi e si scopre l’origine istologica del tumore primitivo.
Meccanismo di produzione delle fratture
L’osso ha una sua resistenza ed una componente di elasticità. L’osso si deforma sotto una
sollecitazione meccanica per poi riprendere la sua forma originaria. Il meccanismo di
produzione delle fratture può essere diretto o indiretto:
• Diretto = il trauma agisce e si esaurisce dove e stato applicato
• Indiretto = è la più frequente. La forza traumatica agisce da una parte e si esaurisce da
un’altra parte. Esempio: la caduta in piede determina la frattura del calcagno e la frattura
delle vertebre lombari. L’impatto frontale con un auto determina la frattura dell’acetabolo
con possibile frattura della testa del femore perché la sollecitazione si trasmette dalle
gambe irrigidite sul pedale del freno.
Patogenesi delle forze traumatiche
• Flessione (il trauma frattura l’osso lungo l’asse longitudinale),
• Torsione (il trauma determina una rotazione in senso inverso tra le due estremità dell’osso.
Tale rotazione determina la frattura). La rima di frattura non è semplice, ma obliqua,
spiroidale.
• Assiali: compressione, trazione, miste (il trauma può determinare uno schiacciamento o una
trazione con successiva frattura).
Francesco Giuseppe Cannone
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Ogni frattura può essere:
• Frattura incompleta = interruzione parziale della continuità dell’osso (generalmente sotto
il periostio). Può avvenire in flessione (a legno verde), in depressione (ossa piatte) o per
infrazione.
• Frattura completa = interruzione totale di continuità dell’osso. Una frattura completa può
essere semplice (parcellare, trasversale, obliqua, spiroide), bifocale, complessa (da 1 a 3
frammenti), comminuta (più di 3 frammenti), bilaterale, multipla (polifratturato, soggetto
che ha avuto più fratture, ma senza compromissione di altri organi o apparati. Il
politraumatizzato invece ha traumi in diversi organi ed anche una o più fratture).
o Per sede anatomica la frattura può essere: epifisaria (ha la prognosi più grave perché è
articolare), metaepifisaria, diafisaria (in proiezione laterali sono spostate ad axim, cioè
procurve verso l’alto, oppure ricurve verso il basso).
o Per spostamento (determinati dalla forza traumatica + la forza angolare + la sua
inserzione) la frattura può essere:
- ad latus (trasversale),
- ad longitudinum (accavallate. Si ha un accorciamento. Molto spesso questo
genere di frattura non si vedono con la sola proiezione anteroposteriore Rx)),
- ad axim (angolare. L’asse non è conservato, può essere procurvo [valgo,
l’angolo più o meno aperto è verso l’esterno], oppure ricurvo [varo, l’angolo più
o meno aperto è verso l’interno]),
- ad peripheriam (vi è una rotazione di un solo frammento o di entrambi, uno
verso l’interno ed uno verso l’esterno).
Francesco Giuseppe Cannone
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•
La frattura in base all’interessamento articolare può essere:
ο Articolare
ο Extrarticolare = ha una prognosi più grave perché è stata compromessa la
cartilagine di rivestimento dei capi articolari e si può esitare in una patologia
artrosica fino all’anchilosi.
Le fratture possono essere:
•
Chiuse
•
Esposte (dall’esterno verso l’interno o dall’interno verso l’esterno). Le fratture esposte,
rispetto a quelle chiuse, possono avere come complicanza più frequente l’infezione.
L’infezione è più probabile nel tipo “dall’esterno verso l’interno”. Quindi le fratture
esposte devono essere ripulite accuratamente ed alla fine dell’operazione si deve attuare
una terapia antibiotica ad amplissimo spettro (gram +, gram -, aerobi ed anaerobi), per
evitare che la contaminazione possa trasformarsi in infezione.
Quadro clinico
La frattura va considerata sempre come una malattia sistemica che determina : shock
traumatico, dolore, insonnia, rialzo termico, alterazioni del tratto gastroenterico, alterazioni dei
valori ematochimici.
Esempio = può succedere che un paziente di terza età con intolleranza ai glucidi, ma non
diabetico, in seguito ad una frattura importante possa avere una slatentizzazione del diabete.
Questa iperglicemia può anche dare problemi al trattamento. Ma come accade molto spesso,
alla risoluzione della frattura, la glicemia torna a valori di prima, mentre in altri pazienti può
rimanere il diabete.
Quadro clinico locale
- Dolore intenso spontaneo ed accentuato alla digitopressione.
- Tumefazione delle parti molli ( a causa dell’edema e del versamento emorragico)
- Deformità locale (per lo spostamento dei frammenti ossei)
- Accorciamento dell’arto (dato soprattutto dallo spostamento ad longitudinem),
- Ecchimosi,
- Contrattura antalgica (per via riflessa il paziente cerca di tenere ferma la frattura, anche se
questo irrigidimento può peggiorare lo spostamento dei frammenti ossei),
- Sensazione di crepitio e/o rumori di scroscio (dati dall’osso rotto),
- Movimenti preternaturale dei monconi di frattura,
- Impotenza funzionale.
Diagnosi
• Segni di certezza = movimento preternaturale dei monconi di frattura, sensazione di
crepitio e/o rumori di scroscio,
• Segni di probabilità (possono presentarsi anche in seguito ad una grave contusione o
lussazione. Bisogna fare quindi l’Rx) = dolore intenso, spontaneo e/o alla palpazione,
tumefazione delle parti molli, deformità locale, accorciamento dell’arto, ecchimosi,
contrattura antalgica, impotenza funzionale.
Indagini strumentali
Rx (per diagnosticare una frattura si devono fare almeno due proiezioni: antero-posteriore e
laterale; se è necessario, fare anche quella obliqua.), TAC (se vogliamo vedere la frattura nelle
tre dimensioni possiamo fare una Tac spirale), scintigrafia (è obbligatoria in caso di fratture
patologiche, per vedere se ci sono altre lesioni in altre regioni. [osteoporosi, metastasi]. Se si
evidenziano poche lesioni, non in tutto lo scheletro, il paziente si può operare), RMN.
Francesco Giuseppe Cannone
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Evoluzione delle fratture
Da quando si ha la frattura hanno inizio i meccanismi di riparazione che si suddividono in 4 fasi:
I fase = (25-30gg) organizzazione dell’ematoma, formazione del callo fibroso (callo iniziale): quando
l’osso si frattura esce sangue e si forma l’ematoma di frattura. Attraverso tale sangue arrivano i
fibroblasti e la fibrina. L’ematoma si organizza e forma il callo fibroso. Evapora anche l’acqua
ematica, facendo diventare il sangue più solido. Il callo fibroso è già in grado di stabilizzare il focolaio
di frattura (per cui i due frammenti di ossa, che prima erano mobili, ora incominciano a saldarsi). Il
callo fibroso si forma anche se i due frammenti ossei si trovano a distanza. Tanto maggiore sarà la
distanza, tanto meno il callo bloccherà la mobilità dei due monconi. Il ruolo dell’ortopedico non è
quello di favorire la consolidazione (che è un processo normale), ma quello di ridurre (riavvicinare) il
più possibile i due monconi.
II fase = (30-32gg) differenziazione tissutale in senso osteogenico del callo (i condroblasti si
differenziano in osteoblasti). Tale callo osteoide non è ancora osso ben organizzato perché non è
precipitato ancora il calcio (idrossiapatite). Tale callo si chiama callo esterno di Mc Kibbin).
III fase = termine di consolidazione. Precipitano i cristalli di idrossiapatite che conferiscono alla
struttura neoformata (callo esterno) le caratteristiche di osso.
IV fase = rimodellamento. All’Rx si vede una piccola bozza che scompare in circa 3 mesi per un
processo di rimodellamento che segue la legge di Wolfe.
La legge di Wolfe dice che: dove vi è sollecitazione aumenta la parte ossea, se invece non c’è
sollecitazione, diminuisce la parte ossea.
Il callo è in grado di contenere e stabilizzare il focolaio di frattura in diversi modi:
- consolidazione naturale = l’osso si è riunito ed ha stabilito la contiguità iniziale,
- consolidazione viziosa = l’osso si è riunito ma non ha stabilito la contiguità iniziale, perchè i
monconi, mentre vi è il processo di guarigione, si spostano e il callo fibroso non diventa callo
esterno ma formerà una deformazione perché non vi è continuità anatomica.
- pseudoartrosi = frattura che non consolida e che non può consolidare naturalmente. Il termine
deriva dal greco “false articolazioni”, c’è in tal caso ancora il movimento fra i due frammenti ossei
e lo spazio fra questi è riempito da tessuto fibroso. Se la frattura è ridotta e immobilizzata, il
processo di consolidazione va avanti, ma se la frattura viene ridotta e non c’è stata una buona
immobilazione avremo lo spostamento e la mobilità del segmento di frattura. Tale movimento fa
regredire il callo con tutti i suoi elementi. La IV fase avviene sempre anche se non ci sono fratture.
Fattori influenzanti la formazione del callo iniziale
- Influenze meccaniche = cioè se la frattura non viene ridotta o ben immobilizzata,
- Influenze umorali = carenze bioumorali,
- Fattori anatomici:
• Nella sede = per esempio l’astragalo non ha inserzioni muscolari ma su esso si inseriscono solo
capsula e legamenti, di conseguenza questo non riceve sangue se non dalle inserzioni della
capsula che lo avvolge. In questo osso non si avrà mai formazione dell’ematoma di frattura.
Ricevendo poco sangue esso deve essere subito ridotto altrimenti va in necrosi. Stessa cosa si
può dire del calcagno. Questo è un osso trabecolare difficile da ridurre Æ può perdere la sua
morfologia, ma guarisce molto bene per via della vascolarizzazione. Ancora nella sede occorre
considerare epifisi (fratture difficili, ma che guariscono molto bene per via della
vascolarizzazione), metafisi (ricche di sangue, facili da ridurre ed immobilizzare), diafisi (con
molto sangue Æ unica differenza è data ai lunghi tempi di guarigione).
• Nella meccanica = dipende dal tipo di frattura, per cui la rima di frattura diventa un movimento
di estrema importanza,
• Diastasi dei monconi ossei; Interposizione delle parti molli; Rima di frattura.
Complicanze
a) Generali
• Immediate = shock traumatico (causato da grave perdita ematica. Frequente nel polifratturato.
Si ha pallore, sudorazione, brividi, ipotermia cutanea, polso piccolo e frequente, ipotensione
arteriosa ed obnubilazione del sensorio).
• Precoci = embolia adiposa (si ha penetrazione nel circolo di gocce adipose provenienti dal
focolaio della frattura che determinano dispnea, cianosi, polso piccolo e frequente,
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turgore delle vene del collo, edema polmonare), tromboembolia. Oggi il rischio è
ridotto del 90%.
• Tardive = broncopolmoniti, cistopieliti, piaghe da decubito.
b) Locali
• Immediate = esposizione del focolaio di frattura, associazione frattura-lussazione,
lesioni vascolari (l’arto si presenta di colorito pallido, dolente spontaneamente, freddo. I
polsi arteriosi distali mancano. È scarsa la sensibilità cutanea), lesioni nervose
(anestesia cutanea, abolizione dei riflessi e della motilità muscolare) o viscerali (alla
vescica, all’uretra).
• Precoci = sindrome di Volkmann (è una retrazione dei muscoli flessori e pronatori delle
dita dovuta ad ischemia tissutale, in seguito a fratture sopracondiloidee dell’omero e
raramente dell’avambraccio. I fattori patogenetici sono:
a. Vascolari = per compressione dell’arteria omerale da parte di un frammento
osseo o per ematoma che non può espandersi.
b. Nervoso = per compressione del nervo mediano o ulnare o radiale.
La sindrome può manifestarsi in seguito ad uno spasmo arteriolare riflesso aggravato da
un apparecchio gessato stretto che ostacola la diffusione di un ematoma. La
compressione determina una riduzione dell’ossigeno e quindi ischemia con
degenerazione del tessuto muscolare e formazione di tessuto cicatriziale. La mano o il
piede assume una forma ad artiglio. Sintomi sono: dolore, edema, cute fredda, parastesi
e cianosi. Questa sindrome deve essere riconosciuta immediatamente ed intervenire
facendo, prima l’eliminazione del gesso e subito dopo una asportazione dei fasci per
fare più spazio all’ematoma), infezione del focolaio di frattura.
• Tardive = disturbi o ritardi di consolidazione, vizi di consolidazione (determinano il
valgismo ed il varismo. Il vagismo è lo spostamento verso l’esterno di una parte
dell’osso rispetto all’asse medio. Il varismo è la deformazione e lo spostamento verso
l’interno di una parte dell’osso rispetto all’asse mediano) , necrosi asettica, artrosi posttraumatica, rigidità articolare, complicanze nervose, osteoditrofia post-traumatica di
Sudeck (quando il tempo di immobilizzazione è lungo in seguito alle fratture delle
estremità distali degli arti. Si ha dolore, edema, tumefazione, atrofia).
Obiettivi del trattamento
Consistono nel ridurre il focolaio di frattura, nell’immobilizzazione, nel consolidamento della
frattura e nella guarigione. Per aversi una guarigione completa occorre una adeguata
riabilitazione.
a) Riduzione del focolaio di frattura = consiste nel riportare i frammenti di frattura a contatto,
ricomponendo, per quanto è possibile la morfologia, ma soprattutto la funzionalità del
segmento osseo leso.
1) Riduzione incruenta
o Immediata o estemporanea, ottenuta mediante manovre manuali.
o Graduale o progressiva, ottenuta mediante:
ƒ trazione transcheletrica diretta o mediata, nell’adulto mediante fili metallici
di Kirschener o Staimann. Si può effettuare o in modo diretto (se diretta
all’osso, con infissione distale dei fili metallici nello stesso arto fratturato)
oppure mediata (fra l’osso fratturato ed il filo metallico vi è interposta una
articolazione). Nel movimento di trazione si girano i 2 capi dal lato opposto
in cui si trovano affinché si abbia la riduzione.
ƒ a pelle (skin-traction) nei neonati o bambini fino a 4 anni. La trazione viene
fatta con cerotti adesivi o rivolti verso l’alto (trazione allo zenith) o rivolti
lungo il piano del letto.
2) Riduzione cruenta = riduzione chirurgica a cielo aperto o a cielo chiuso.
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b) Immobilizzazione = consiste nel mantenimento della riduzione ottenuta. Può essere
incruenta, cruenta ed insieme incruenta e cruenta.
1 - Immobilizzazione incruenta = con apparecchio gessato o altro materiale.
L’immobilizzazione incruenta è il trattamento più valido perché non si svuota l’ematoma di
frattura e quindi permette l’osteogenesi. L’apparecchio gessato con tecnica tradizionale
prevede che la continenza del focolaio di frattura avvenga inglobando le articolazioni
prossimali e distali al segmento interessato al fine di evitare spostamenti secondari e di
distendere gli apparati muscolari.
ƒ Complicanze della contenzione con apparecchio gessato
- Disturbi correlati alla presenza dell’apparecchio gessato : stasi venosa, rigidità
articolare, dermatiti da gesso, ipotrofia muscolare, osteoporosi, turbe oligodistrofiche /Sudeck)
- Disturbi determinati da imperfetta confezione dell’apparecchio gessato: piaghe da
decubito, disturbi circolatori arteriosi e/o venosi, disturbi nervosi da compressione.
ƒ Vantaggi del trattamento incruento:
o rispetto biologico del focolaio di frattura;
o possibilità di intervenire in un secondo tempo (gipsotonia, pressore di delitala).
Apparecchio gessato con metodica funzionale: prevede la funzione articolare dell’arto
fratturato senza compromettere la stabilità del focolaio accelerandone il processo di guarigione.
I principi teorici del gesso sono:
• Compattezza uniforme : confezionare l’apparecchio gessato a contesto uniforme e
totale,
• Effetto idraulico: è determinato dalla compattezza uniforme sui muscoli,
• Effetto attrito: dato dalle forze di compressione e di trazione, determinato dalle
contrazioni muscolari e da carico.
• Motilità controllata : favorisce la osteogenesi con formazione del callo periostale.
Apparecchio gessato con la metodica della trazione-sospensione di Neufeld = è una riduzione
incruenta che si utilizza nelle fratture pluriframmentarie di 1/3 medio o di 1/3 inferiore del
femore. Con tale metodo si ottiene:
• Riduzione progressiva della frattura,
• Mantenimento della riduzione fino ad ottenere una certa stabilità intrinseca della
frattura,
• Ripresa della funzione arteriosa e muscolare sin dai primi 5-6 giorni.
2- Immobilizzazione cruenta = stabilizzazione chirurgica della frattura mediante mezzi di
sintesi, previa riduzione della stessa, possibilmente con osteosintesi.
• Indicazioni = fratture irriducibili ed instabili dell’adulto, fratture sottoposte
all’azione diastesante dei muscoli, complicanze nervose e/o vascolari, polifratturati.
Osteosintesi
• Rigida = sintesi statica che non permette alcuna motilità interframmentaria. Si
suddivide in interna [endomidollare (chiodi di Kurtschen con un doppio alesaggio
del canale, e chiodi bloccati); corticale(viti e chiodi, placche, cerchiaggi, fissatori
esterni, in cui da fuori si vede il chiodo)] ed esterna ( fissatore esterno, cioè placca
con chiodi).
• Elastica = sintesi dinamica che permette una certa mobilità controllata
interframmentaria determinata dal carico o dalla contrazione muscolare.
L’osteosintesi favorisce la formazione del callo osseo. Si suddivide in interna
[endomidollare (Rush, Euder, chiodi di Kurtscher senza alesaggio del canale, e
chiodi di Gross-Kempf non bloccati), corticale (fissatori esterni, placche)] ed
esterna (fissatore esterno).
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Ortopedia e Traumatologia
•
•
Osteosintesi a minima = (fratture con piccoli pezzi d’osso) sintesi con mezzi
metallici minimi (mantenendo il contatto fra le superfici) come i fili di Kirschener e
le viti.
- Vantaggi: poco indaginoso, poco traumatizzante, si effettua anche per via
percutanea.
Fissazione esterna = è indicata nelle fratture esposte, nelle fratture complesse e
complicate, e nell’allungamento per ipometria degli arti superiori ed inferiori.
Consente la riduzione e la stabilizzazione della frattura tramite un apparato esterno
che si fissa a monte ed a valle del focolaio di frattura tramite chiodi o fili metallici.
- Vantaggi: rispetto del focolaio di frattura, migliore controllo della ferita
cutanea, possibilità di contemporanei e/o successivi interventi chirurgici
vascolari e di chirurgia plastica, possibilità di intervenire attivamente nel
processo di guarigione (compensazione o distrazione).
- Svantaggi: risulta talvolta sgradito al paziente, i tempi di guarigione sono
sovrapponibili alle altre metodiche, richiede manutenzione costante.
- Tipi di montaggio: monolaterale, bilaterale, triangolare, circolare, ibrido.
3- Immobilizzazione incruenta e cruenta insieme
DISTACCHI EPIFISARI
Lesioni traumatiche tipiche dell’infanzia e dell’adolescenza che interessano le cartilagini di
coniugazione epifisarie ed apofisarie.
Sedi più colpite sono il gomito ed il polso con distacco epifisario del radio, del condilo omerale
esterno, dell’epifisi prossimale dell’omero e distale della tibia, dell’epifisi prossimale del radio
e dell’epitroclea omerale.
Sintomatologia
Tumefazione, dolore alla digitopressione, impotenza funzionale, deformità in caso di
spostamento.
Fattori prognostici
Tipo di lesione, età all’epoca del trauma (più piccolo è il paziente, più gravi sono le
conseguenze dell’epifisiodesi), apporto sanguigno, metodo di trattamento.
Complicanze
Epifisiodesi (l’epifisiodesi può essere completa ed in questo caso determina l’accorciamento
dell’arto interessato se il segmento interessato è composto da un solo osso come nel braccio e
nella coscia; se invece il segmento è composto da due ossa, come nella gamba e
nell’avambraccio, si ha deformità assiale), necrosi ischemica dell’epifisi interessata, arresto
della crescita, deviazione assiale (valgismo e varismo), accorciamento del segmento
interessato, pseudoartrosi.
Trattamento
Riduzione, immobilizzazione in apparecchio gessato o trattamento chirurgico di sintesi a
minima nei distacchi misti. Negli esiti di accorciamento o deviazione assiali si può ricorrere
all’osteotomia correttiva ed all’allungamento.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Classificazione di Salter e Harris
1) Distacchi epifisari di I tipo: l’interruzione decorre esclusivamente nel disco cartilagineo
(distacco puro). (prognosi buona)
2) Distacchi epifisari di II tipo: l’interruzione inizia nel disco cartilagineo e termina nel
contesto della metafisi (distacco misto). (prognosi buona)
3) Distacchi epifisari di III tipo: l’interruzione interessa il disco ed il nucleo epifisario
(distacco misto).
4) Distacchi epifisari di IV tipo: l’interruzione interessa il nucleo epifisario, il disco
cartilagineo e la metafisi (distacco misto).
5) Distacco epifisario di V tipo: schiacciamento totale o parziale del disco con
compromissione metafisaria e/o epifisaria (distacco misto). È il più grave perché la
cartilagine soffre di più e a distanza si deforma e l’arto può smettere di crescere.
6) Distacco epifisario di VI tipo: si ha quando ad un distacco di I, II tipo si associa un distacco
di V tipo.
N.B. = la cartilagine d’accrescimento è formata da tre strati:
1. strato basale = vi sono condrociti irregolari,
2. strato della cartilagine seriata = vi sono condrociti regolari che assicurano la crescita in
lunghezza delle ossa lunghe,
3. strato della cartilagine ipertrofica = si ha l’inizio dell’ossificazione con deposizione di sali
di calcio nella sostanza fondamentale. Perifericamente alla cartilagine d’accrescimento vi
sono delle strutture fibrose che servono a regolare l’accrescimento della cartilagine di
coniugazione.
N.B. = La cartilagine di coniugazione offre una minima resistenza al tessuto osseo, alla
capsula ed al legamento, per tal motivo le sollecitazioni di distensione o di torsione possono
staccarla.
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LESIONI TRAUMATICHE DEL CINGOLO SCAPOLO-OMERALE E
DELL’ARTO SUPERIORE
Articolazione scapolo omerale
Tre sono i requisiti per il movimento dell’articolazione scapolo omerale:
ƒ Il fulcro (testa omerale e glena)
ƒ Cuffia dei rotatori
ƒ Muscolo deltoide
Stabilità
ƒ I legamenti scapolo-omerale
ƒ la cuffia dei rotatori (Sovraspinoso, Sottospinoso, Grande rotondo, Piccolo rotondo,
Sottoscapolare)
ƒ la capsula con il suo cercine glenoideo
Importanza del bicipite e cuffia dei rotatori: Coaptano l’articolazione rendendola stabile
Muscolo deltoide = Il deltoide solleva il braccio di fronte al corpo (in sinergismo con l’azione
del sovraspinoso di centraggio della testa omerale nella glena)
LUSSAZIONE SCAPOLO OMERALE
Fattori favorenti la lussazione:
ƒ Incongruenza articolare fra testa omerale e glena (4/1)
ƒ Capsula articolare e legamenti relativamente lassi
ƒ Dispalsia della glena
Tipi di lussazione
ƒ Anteriori
(sottocoracoidea,
sottoglenoidea,
isottoclavicolare),
ƒ Posteriori (sottoacromiale, sottospinosa).
intracoracoidea,
sopracoracoidea,
Meccanismo di produzione
ƒ Lussazione anteriore
o Esagerata retroposizione del braccio abdotto (l’acromion agisce da fulcro)
o Per caduta sul palmo della mano col gomito esteso ed il braccio abdotto
o Per esagerata abduzione
ƒ Lussazione posteriore
o Esagerata rotazione interna del braccio retroposto
o Per caduta sul palmo della mano o sul gomito con braccio anteposto e ruotato
all’interno
o Per urto diretto dall’avanti all’indietro
Indagine strumentale
Rx grafia nelle due proiezioni standard
Trattamento
1° episodio: bendaggio soffice per 5 settimane
2° episodio o più: trattamento cruento di riparazione della cuffia
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
FRATTURA DELLA EPIFISI OMERALE
Classificazione a 4 frammenti secondo Neer
ƒ A livello del collo anatomico
ƒ Grande tuberosità (numerosi frammenti)
ƒ Piccola tuberosità
ƒ Collo chirurgico
Meccanismo di produzione
Trauma diretto: caduta sulla spalla
Trauma indiretto: Caduta sulla mano o sul gomito con braccio anteposto ed addotto
Sintomatologia
Tumefazione. Ecchimosi diffusa a tutto il braccio, all’ascella ed alla regione aterale del torace.
Arto addotto e flesso al gomito. Impotenza funzionale
Trattamento
Riduzione incruenta nelle fratture composte o sintesi a minima. Sostituzione protesica nelle
fratture a 4 frammenti
FRATTURE DELLA SCAPOLA
La scapola si comporta come superficie piana contro le coste per la stabilizzazione dell’arto
superiore sul torace
a) Fratture del corpo della scapola
b) Fratture dell’apofisi coracoide
c) Fratture del collo della scapola
Sintomatologia
Braccio addotto. Limitazione funzionale scapolo-omerale. Ematoma a cuscinetto (corpo della
sc.). Spianamento del contorno. Dolore
Spostamento
Frammento in basso dovuto al peso dell’arto + azione del sottoscapolare e muscoli del braccio.
Rxgrafia
Proiezione antero-posteriore, obliqua tangenziale alla scapola. ascellare per valutare la cavità
glenoidea
Trattamento
ƒ Crioterapia locale per contenere il sanguinamento nelle prime 4 ore
ƒ Immobilizzazione con apparecchio gessato toraco-brachiale in abduzione per 7-8 settimane
LUSSAZIONE ACROMION-CLAVEARE
La stabilità dell’articolazione dipende dalle inserzioni muscolari, dai legamenti acromionclavicolari e dal legamento conoide e legamento coraco-clavicolare
Funzioni
ƒ Punto di ancoraggio tra clavicola e scapola per dirigere la rotazione scapolare, evitando il
conflitto sub-acromiale.
ƒ I legamenti acromionclavicolari e coracoclavicolari mantengono sospesa la
scapola,sopportano il peso del braccio e proteggono il plesso brachiale.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Meccanismo di produzione
Trauma diretto sulla faccia posteriore dell’acromion e spina della scapola
Classificazione
In base alla gravità della lacerazione della capsula e legamenti
Sintomatologia
Abnorme sporgenza dell’estremo acromiale della clavicola in alto ed all’indietro (segno del
tasto del pianoforte). Braccio addotto ed impotenza funzionale. Dolore (accentuato alla
digitopressione)
Trattamento
ƒ Borsa di ghiaccio + bendaggio compressivo nei tipi I e II
ƒ Trattamento cruento di ricostruzione legamentosa e sintesi con fili di K negli altri casi
Complicanze
Lussazione inveterata dolorosa. Conflitto sub-acromiale
FRATTURA DELLA CLAVICOLA
Sedi
ƒ Terzo medio (il terzo medio è un locus minoris resistentiae a causa del cambiamento della
sezione da triangolare a cilindrica)
ƒ Laterali o intralegamentose
ƒ Mediali
Meccanismo di produzione
Trauma diretto: per urto contro ostacoli, corpi contundenti
Trauma indiretto: per caduta sulla spalla ad arto superiore addotto
Spostamento
ƒ Frammento mediale in alto e posteriormente per azione del m. sternocleidomastoideo
ƒ Frammento laterale in basso per azione del peso del braccio e medialmente per azione del
grande pettorale
Sintomatologia
Atteggiamento coatto (braccio contro il petto). Tumefazione ed edema. Deformità palpabile.
Crepitio a livello della frattura. Dolore (esacerbato dalla digitopressione) .
Trattamento
Incruento = Bendaggio soffice ad otto
Cruento = Osteosintesi
FRATTURE DIAFISARIE DELL’OSSO
Meccanismo di produzione = Per urto diretto o indiretto con meccanismo di flessione,
torsione o combinati.
Spostamento
ƒ Rima di frattura tra l’inserzione del gran pettorale e deltoide
ƒ Rima di frattura sotto l’inserzione del deltoide
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Sintomatologia
Tumefazione. Ematoma ed ecchimosi. Accorciamento e deformità dell’arto. Impotenza
funzionale
Indagini strumentali
ƒ Rxgrafia nelle due proiezioni standard
ƒ E.M.G. in presenza di lesioni nervose
ƒ Arteriografia ed Esame Doppler in presenza di sospette lesioni vascolo-nervose
Complicanze
ƒ Deficit neurologici (n. radiale, mediano, ulnare)
ƒ Lesioni vascolari
ƒ Perdita dlla riduzione
ƒ Pseudoartrosi
Trattamento
Incruento = apparecchio gessato
Cruento = Placca, Chiodo endomidollare, Fissatore esterno
FRATTURE DELLE ESTREMITA’ DISTALI DELL’OMERO
Meccanismo di produzione
ƒ Trauma indiretto: Per caduta sul palmo della mano a gomito esteso o flesso. Si possono
formare fratture extrarticolari, condiloidee, bicondiloidee. Sono lesioni gravi tipiche
dell’età infantile per la possibile compromissione dei nuclei d’accrescimento, e soprattutto
del fascio pascolo-nervoso (arteria Omerale, nervo radiale, nervo mediano, nervo ulnare).
Sintomatologia
è caratterizzata da imponente tumefazione del gomito, ecchimosi, dolore (accentuato alla
digito-pressione), impotenza funzionale, parestesie (in presenza di lesioni vascolo-nervose). Si
può arrivare alla sindrome ischemica di Volkmann.
Trattamento
ƒ Primo tempo = Immediata trazione transcheletrica per ridurre la frattura
ƒ Secondo tempo = Incruento con app. gessato oppure cruento con sintesi a minima o placche
secondo tecniche A.O.
LUSSAZIONE DEL GOMITO
Rappresenta un’evenienza traumatica frequente, che interessa tutte le età e particolarmente gli
adulti
Meccanismo di produzione
Per caduta sul palmo della mano a gomito flesso
Classificazione
Posteriore (più frequente). Laterale. Mediale. Anteriore
Quadro clinico
Deformità del gomito con abnorme sporgenza dell’olecrano. Tumefazione con ecchimosi alla
superficie volare del braccio e avambraccio. Inversione del triangolo di Huter. Impotenza
funzionale.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Trattamento
Riduzione in urgenza = Immobilizzazione con app.gessato brachio-mano con gomito flesso di
110 – 115°, antibrachio supinato, per tre settimane
Trattamento cruento = per le lussazioni irriducibili o per le fratture-lussazioni o per le
lussazioni recidivanti
Complicanze
Immediate = lesioni ossee associate, lesioni vascolo- nervose
Tardive = Calcificazioni articolari e/o extra-aricolari, Rigidità articolare, Lussazioni recidivanti
FRATTURE DEL CAPITELLO RADIALE
Frattura articolare che, se non guarisce in modo perfetto, dà luogo ad una limitazione
permanente del movimento di prono-supinazione dell’antibrachio ed a volte anche di quello di
flesso-estensione del gomito.
Meccanismo di produzione
Per caduta abitualmente sul palmo ella mano con sollecitazione del gomito in valgismo ed
estensione (schiacciamento del capitello radiale contro il condilo omerale)
Quadro clinico delle fratture del capitello radiale
Tumefazione. Ecchimosi sul lato radiale del gomito (fase tardiva). Atteggiamento coatto.
Impotenza funzionale. Vivo dolore alla digitopressione
Trattamento
Frutture senza o con modico spostamento:
Incruento con app. gessato brachi-mano a gomito flesso a 90° ed avambraccio supinato
Frutture con spostamento:
Riduzione anatomica se maggiore di 2 mm. Osteosintesi con fili di K o microviti. Resezione
del capitello radiale
FRATTURE DELL’OLECRANO
Sono di solito fratture articolari il cui trattamento mira:
ƒ a ristabilire la funzione estensoria
ƒ a recuperare la motilità articolare
ƒ a restituire la stabilità articolare
Meccanismo di produzione
Provocata dall’associarsi di un meccanismo diretto con urto gomito flesso ed indiretto (brusca
contrazione del tricipite).
Quadro clinico
Tumefazione. Ecchimosi. Atteggiamento coatto ed impotenza funzionale. Impossibile
l’estensione attiva del gomito. Avvallamento interframmentario
Trattamento delle fratture dell’olecrano composte
Incruento con immobilizzazione in app. gessato brachio-mano
Trattamento delle fratture dell’olecrano scomposte
Riduzione anatomica. Osteosintesi con metodica di Weber. Viti. Placca e viti
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
FRATTURA DELL’ESTREMITA DISTALE DEL RADIO
Sono frequenti nell’osso osteoporotico, con spostamenti radio-dorsali.
Quadro clinico
tumefazione, deformità a dorso di forchetta in laterale, e a baionetta in visione frontale, dolore,
impotenza funzionale dell’articolazione radio-carpica.
Si distinguono in:
a) fratture extra-articolari (fratture di Calles e di Goyrand)
b) fratture articolari (frattura a V oppure a Y o a T)
c) fratture articolari pluriframmentarie.
Trattamento delle fratture di Calles
Incruento (fratture extrarticolari, articolari composte)
ƒ riduzione mediante manovre appropriate
ƒ immobilizzazione con apparecchio gessato braccio-mano a gomito fisso.
Cruento (riduzione incompleta, fratture articolari, plurifratture e fratture esposte)
ƒ sintesi con viti, placche, fissatore esterno o a minima con fili K
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
FRATTURE DELL’AVAMBRACCIO
Frattura biossea della diafisi ulnare e radiale
Frattura isolata della diafisi radiale
Frattura della diafisi ulnare
Frattura dell’ulna e lussazione dell’estremità prossimale del radio (lesione di Monteggia)
Frattura isolata del radio e lussazione dell’estremità distale dell’ulna (lesione di Galeazzi)
LESIONE DI GALEAZZI
È la lesione isolata del terzo distale del radio e la lussazione della stiloide ulnare. Si possono
provocare per trauma indiretto per caduta sulla palma della mano. La sintomatologia è data da
tumefazione, impotenza funzionale dell’avambraccio e del polso.
LESIONE DI MONTEGGIA
È la frattura della diafisi dell’ulna e della contemporanea lussazione prossimale del radio.
Trattamento
a) Incruento
ƒ Trazione longitudianle a gomito esteso e arto superiore supinato
ƒ Flessione del gomito e riduzione del capitello radiale
ƒ Immobilizzazione in app. gessato brachio-mano a gomito flesso ed antibrachio in
supinazione
a) Cruento
ƒ Osteosintesi dell’ulna
ƒ Sutura o plastica del legamento anulare
ƒ
ƒ
FRATTURE DEL RADIO
Al di sopra della inserzione del muscolo pronatore rotondo
Al di sotto della inserzione del muscolo pronatore rotondo
Quadro clinico
Tumefazione. Deformità ossea in genere con angolo a vertice dorsale. Deformità rotatoria del
terzo distale dell’avambraccio. Impotenza funzionale, atteggiamento coatto. Dolore acuto
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Complicanze
a) Pseudoartrosi
b) Sinostosi radio-ulnare
Trattamento
a) incruento (Fratt. senza o con scarso spostamento e fratt. del 1/3 distale)
ƒ Riduzione della deformità in narcosi (se necessario)
ƒ Immobilizzazione con app. gessato brachio - mano
b) cruento (Fratt. scomposte ed instabili biossee; Fratt. Esposte)
ƒ Sintesi con infibuli, placche, fissatore esterno.
FRATTURE DEL CARPO
Quello che si frattura maggiormente è l’osso sesamoide per caduta sulla palma della mano. La sintomatologia è il dolore e la
tumefazione. Il trattamento va fatto tenendo presente la sede, la direzione, la stabilità della frattura. Potrà essere incruento
(gesso) nelle fratture stabili, oppure chirurgico (osteosintesi) nelle fratture instabili. Nelle fratture del polo prossimale si
esegue l’intervento di Marti-Russe (applicazione di un innesto cortico-spongioso, posto ad incastro sul focolaio di frattura,
seguito da gesso per 4-6 settimane).
FRATTURE DEI METACARPI
Possono essere causati da traumi diretti. La frattura-lussazione di Bennet è una frattura parcellare della base del primo
metacarpo associata a sublussazione o dislocazione completa del metacarpo. La sintomatologia è data da tumefazioni,
ecchimosi. Il trattamento può essere incruento (gesso) nei casi di lieve spostamento, oppure sintesi chirurgica con fili e viti,
nei casi di forte spostamento.
FRATTURE DELLA DIAFISI DEI METACARPI
Per traumi diretti o indiretti. Il trattamento può essere incruento o cruento, in base al tipo di frattura o allo spostamento.
FRATTURE DELLE FALANGI
Sono in genere stabili e vengono trattati con stecche per 8-10 giorni
LUSSAZIONI METACARPO-FALANGE ED INTERFALANGE
La riduzione si fa facilmente ad eccezione di quando il sesamoide si interpone fra la base della falange e la testa del
metacarpo. In questo caso necessita l’intervento chirurgico.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
FRATTURE E LUSSAZIONI DELL’ARTO INFERIORE
LUSSAZIONI DELL’ANCA
Si dividono in posteriori ed anteriori:
ο Posteriori = si producono per trauma diretto applicato al ginocchio che si trasmette all’anca
atteggiata in flessione ed adduzione. Comprende due varietà: l’iliaca (l’arto è accorciato,
intraruotato ed addotto) e l’ischiatica (l’arto ha una flessione ma è poco accorciato).
ο Anteriori = si producono quando il trauma avviene quando l’anca è in abduzione ed
extrarotazione. Comprende due varietà: l’otturatoria (l’anca è extraruotata, flessa ed
abdotta, ma non è accorciata) e la pubica (l’anca può essere estesa o flessa). La
sintomatologia è il dolore e lo shock.
Una forma particolare di lussazione dell’anca è la lussazione centrale della testa del femore.
Anche in questo caso il trattamento consiste nella trazione continua per 3-4 mesi.
Complicazione sono la necrosi avascolare e l’artrosi.
FRATTURA COLLO DEL FEMORE
Anatomia
ƒ L’estremo prossimale del femore è costituito da una testa sferica e da un collo molto
sviluppato che si slarga, nel massiccio trocanterico, formato dal grande trocantere e dal
piccolo trocantere uniti posteriormente da un rilievo osseo compatto (calcar o sperone di
Merkel) ed anteriormente da una linea rugosa.
ƒ L’articolazione coxofemorale è una enartrosi che lega la testa del femore con la cavità
acetabolare (per due terzi contiene la testa femorale sferica).
ƒ La testa del femore è irrorata dall’arteria femorale profonda ed indirettamente dall’arteria
circonflessa.
ƒ L’angolo di inclinazione (è l’angolo formato fra collo e diafisi femorale) è di 125° - 130°. È
> di 125° nella coxa valga, mentre è < di 125° nella coxa vara.
ƒ L’asse diafisario è l’asse che passa per il collo.
ƒ L’angolo di declinazione o di anteversione [perché è aperto davanti] (è l’angolo formato fra
l’asse del collo e l’asse passante per i condili femorali) è di 15° - 20°.
ƒ I muscoli si inseriscono nel grande trocantere ed equilibrano il corpo quando si ha un
appoggio monocodalino. Se i muscoli sono paralitici o ipotonici o si è rotto il grande
trocantere, si ha il segno di Treundelemburg. L’ileo psoas si inserisce nel piccolo
trocantere.
ƒ La struttura esterna della testa del femore è formata da un astuccio corticale, robusto ma
incompleto infatti si esaurisce nel grande trocantere e medialmente al collo. La corticale
assorbe il maggior carico (70%), ma anche l’osso spugnoso interno (30%).
ƒ Il sistema trabecolare aumenta la resistenza e l’elasticità della struttura del collo del femore.
Il sistema trabecolare è formato dai fasci trabecolari: cefalico, arciforme e trocanterico.
All’interno di tali fasci si delimita uno spazio libero detto triangolo di Ward (il tessuto
spugnoso è diradato), in cui vi è minore resistenza ed anche spontaneamente o per
osteoporosi, osteomalacia, si può rompere.
ƒ Lo sperone di Merkel, rappresentato dal calcar, lamina di tessuto osseo compatto, rinforza
la parete posteriore del collo.
Patogenesi = 12% delle fratture scheletriche, età avanzata (dopo il 6° decennio di vita), sesso
femminile: osteoporosi fisiologica.
L’indice di Sing determina la reale consistenza delle trabecole ossee attraverso un’immagine
radiopaca da 1 a 7.
Meccanismi di produzione delle fratture del collo del femore
Trauma diretto = per caduta con arto nella regione trocanterica in torsione
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Sintomatologia
• Dolore alla regione inguinale,
• Impotenza funzionale (nelle fratture spontanee, se si compattano non vi è impotenza),
• Lieve extrarotazione di spostamento (lo spostamento nelle mediali è minore perché è
intracapsulare).
Prognosi
La rima di fattura condiziona la prognosi, infatti è tanto peggiore quanto più la rima si avvicina
alla verticale. Per tale motivo le fratture laterali sono a prognosi favorevole, mentre le fratture
mediali sono a prognosi riservata. Quindi tanto più è prossimale la frattura, tanto più riservata è
la prognosi.
Classificazione delle fratture del collo del femore
• su base topografica
ƒ fratture mediali: sottocapitate, trancervicali, basicervicali (vicino alla linea mediana del
corpo) per tale fratture vi è la classificazione di Garden:
Tipo 1 = le travate sono verticalizzate, la frattura è ingranata in coxa valga. La
prognosi è buona.
Tipo 2 = le travate e la corticale inferiore sono interrotte ma senza spostamento. La
prognosi è buona.
Tipo 3 = le travate del fascio cefalico sono orizzontali e la testa assume l’aspetto a luna
piena (frattura in coxa vara). La prognosi è infausta.
Tipo 4 = le travate sono interrotte con spostamento completo dei frammenti
•
ƒ fratture laterali: pertrocanteriche, intertrocanteriche, sottotrocanteriche.
in funzione della capsula = fratture intracapsulatri, fratture extracapsulari. Per le fratture
trocanteriche si utilizzava la classificazione di Punwcls che oggi non viene più utilizzata.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Trattamento delle fratture laterali
Osteosintesi con chiodi o viti.
Trattamento delle fratture mediali
È condizionato da: età del soggetto (si deve evitare la degenza, l’allettamento prolungato ai
pazienti anziani, quindi si preferisce il trattamento chirurgico anche per le fratture laterali),
entità dello spostamento in base alla classificazione di Garden:
• I° tipo: chiodi o viti
• II° tipo: chiodi o viti
• III° tipo: chirurgia sostitutiva, endoprotesi. Si devono asportare più frammenti
• IV° protesi totale
Gli esami strumentali da eseguire nelle fratture mediali sono l’Rx nelle due proiezioni standard.
Complicanze
Broncopolmoniti ipostatiche, piaghe da decubito, sepsi urinarie, varismo, necrosi cefalica,
pseudoartrosi.
FRATTURE DELLA DIAFISI FEMORALE
Possono avvenire per trauma diretto o indiretto o ostetrico. Possono essere classificate in
semplici (a rima trasversale), complesse (associano alla rima principale un terzo frammento),
comminute (bibocali o pluriframmentate). La sintomatologia è data da dolore, deformazione,
accorciamento, varismo (rotazione all’esterno del ginocchio e della gamba), ecchimosi,
impotenza funzionale completa, shock. Si può complicare con embolia adiposa. Il trattamento è
cruento per osteosintesi preceduta da trazione
FRATTURE SOVRACONDILOIDEE DEL FEMORE
Per trauma indiretto. Il frammento prossimale frastagliato ed appuntito viene spinto in avanti e
si impiglia fra le carni del quadricipite. Il distale, per azione traente esercitata dai gemelli,
cappotta posteriormente, per cui può ledere il fascio vascolo-nervoso del plopite. La
sintomatologia è dominata dalla deformità, dell’impotenza funzionale e dall’emartro al
ginocchio. La terapia è incruenta, nelle fratture comminute e dove è possibile ottenere una
buona riduzione. È cruenta, per osteosintesi, nelle fratture irriducibili.
FRATTURE DEI CONDILI FEMORALI
Per traumi indiretti. La sintomatologia è dominata da emartro, dolore, deformità, valgismo o
varismo, ecchimosi. Il trattamento è quasi sempre chirurgico (osteosintesi).
FRATTURE DELLA ROTULA
Per traumi diretti o indiretti per contrazione violenta del quadricipite con ginocchio in
flessione. La sintomatologia è data da un ginocchio globoso per emartro con scomparsa delle
fossette pararotulee, ecchimosi, diastasi. La terapia può essere incruenta o cruenta (osteosintesi
mediante cerchiaggio. Le complicanze tardive possono essere la rigidità articolare, l’anchilosi,
l’artrosi deformante, la pseudoartrosi.
LUSSAZIONI DEL GINOCCHIO
Si distinguono in:
ο Lussazioni femoro-tibiali = si dividono in anteriori (la gamba si disloca al davanti
dell’estremo distale del femore e risale verso l’alto per azione traente esercitata dal
muscolo quadricipite; i legamenti crociati e collaterali sono lacerati o disinseriti.),
posteriori (l’epifisi prossimale della tibia è dislocata posteriormente. La capsula ed i
legamenti sono sempre lacerati) e laterali (sono rari e si accompagnano a lesioni dei
crociati). La sintomatologia è dolore, deformità, emartro, impotenza funzionale. Il
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
trattamento è prima incruento per riduzione in narcosi e svuotamento dell’emartro,
successivamente si ricostruiscono le lesioni.
ο Lussazioni femoro-rotulee = si dividono in interne ed esterne. La sintomatologia è
caratterizzata da dolore, deformazione del ginocchio. Il trattamento è incruento.
FRATTURE DEL PIATTO TIBIALE
Per trauma diretto o indiretto. Possono essere monocondiloidee o bicondiloidee. Le fratture del
piano tibiale si associano a lesioni degli apparati legamentosi del ginocchio e dei menischi. La
sintomatologia è dominata dall’emartro, da deformità, dal dolore vivo, da ecchimosi e dalla
impotenza funzionale. Il trattamento consiste nella ricostruzione morfologica dei segmenti
ossei mediante chirurgia e gesso femoro-podalico. Le complicanze tardive possono essere:
varismo o vagismo, artrosi, rigidità articolare.
FRATTURE DELLE SPINE TIBIALI
Si producono per traumi indiretti, per strappo da parte dei legamenti crociati. La sintomatologia
è dominata da dolore, versamento intrarticolare, impotenza funzionale, emartro. La terapia si
attua per svuotamento dell’emartro e poi gesso. A volte occorre reinserire il legamento crociato
anteriore o quello posteriore, se vi sono state lesioni.
FRATTURE DELLA GAMBA
Sono le fratture associate di tibia e perone in seguito a traumi diretti, o indiretti (flessione,
torsione o flessione e torsione associate. Si classificano in fratture:
ο semplici (a due frammenti traversi, oblique corte e spiroidi o oblique lunghe)
ο complesse
1. tre frammenti = il terzo frammento è ad ala di farfalla
2. bifocali = vi sono due frammenti che isolano un frammento intermedio.
3. comminute = a più frammenti.
La sintomatologia è data da tumefazione, ecchimosi, dolore spontaneo. Le complicanze
immediate sono: l’esposizione del focolaio di frattura con possibile infezione, lesioni vascolari,
lesioni nervose. Le complicanze tardive sono: ritardi di consolidazione, pseudoartrosi,
consolidamento in posizione viziosa (varismo o valgismo). La terapia nelle fratture non esposte
è incruenta (gesso) nelle fratture senza spostamento, mentre è cruenta (osteosintesi e gesso) in
quelle con spostamento. Nelle fratture esposte prima si devono trattare per prevenire
l’infezioni.
FRATTURE DEL COLLO DEL PIEDE
Per trauma indiretto, possono essere: monomalleolari interne (per strappo ad opera del
legamento deltoideo) ed esterne (per ipersollecitazione in varismo e adduzione), bimalleolari
(nella frattura bimalleolare di Dupuytren si frattura il prone all’apice a livello della sindesmosi
tibio-peroniera. Nella frattura di Maisonneuve, la frattura avviene più in alto, a livello del terzo
superiore), trimalleolari (di Cotton, quando la frattura è a livello della periferia posteroinferiore della tibia), marginale (di Destot, quando la frattura è in periferia posteriore della
tibia. La sintomatologia dipende dal tipo di frattura. Può essere modesta, oppure si può avere
tumefazione, ecchimosi, deformazione a colpo d’ascia, impotenza funzionale completa. Le
complicanze sono disturbi di circolo, oppure rigidità, instabilità tibio-tarsica, artrosi. La
terapia:
ο fratture monomalleolari senza spostamento = gesso
ο fratture monomalleolari con dislocazione = riduzione incruenta a cui segue gambaletto
gessato o osteosintesi.
ο Fratture bimalleolari con dislocazione = trazione scheletrica a cui segue gesso e se
necessario osteosintesi.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
FRATTURE DELL’ASTRAGALO
Per trauma indiretto da strappo o da schiacciamento. Si dividono in: della testa, del collo, del
corpo e dell’apofisi (di Shepherd). La sintomatologia è modesta. Il trattamento è incruento. La
chirurgia interviene solo nei casi di fratture scomposte. La complicanza più temibile è la
necrosi asettica avascolare.
LUSSAZIONI METATARSO-FALANGEE E INTERFALANGEE
In genere è interessata la prima articolazione metatarso-falangea. Facilmente si riducono.
FRATTURE DEL CALCAGNO
Per trauma diretto. Si dividono in: dell’apofisi (a becco d’oca), del corpo, comminute. Quelle
più rilevati sono quelle talamiche (parte superiore del calcagno) che possono reliquiare una
cattiva funzionalità del piede. Il calcagno è formato da osso spugnoso, con 5 sistemi di
sostegno: talamico, achilleo, plantare posteriore, plantare anteriore, ipofisario. Fra questi
sistemi vi è il triangolo debole del calcagno.
L’angolo di Boiler è formato dall’incrocio di due rette, una tangente il punto più elevato dal
talamo e il punto più elevato della grossa tuberosità, l’altra tangente il punto più elevato del
talamo ed il punto più elevato della grande apofisi. Tale angolo in condizioni normali misura
20°-40°, nelle fratture con infossamento del talamo diminuisce fino a 0° e a volte diventa
negativo. La sintomatologia è data da ecchimosi, tumefazioni, dolore spontaneo, deformità. La
terapia è incruenta per le fratture composte (gambale gessato), è cruenta nelle fratture
scomposte e con infossamento del talamo. Complicanze tardive sono l’osteoporosi
postraumatica (malattia di Sudeck), edema, cianosi, dolore.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
PATOLOGIE DEGENERATIVE DEI TENDINI
DEL POLSO E DELLA MANO
Epicondilite
È una tendinopatia inserzionale dei muscoli estensori della mano. Il sintomo è il dolore
improvviso dopo un’intensa attività sportiva o un lavoro stressante. Invitando il paziente a
stendere il polso o le dita, sotto resistenza, il dolore si risveglia(manovra di Thompson). All’Rx
si notano calcificazioni o osteoporosi all’epicondilo. La terapia si attua con antinfiammatori e
kinesiterapia. Solo raramente si ricorre alla chirurgia.
Malattia di Dupuytren
È l’ispessimento e la retrazione sclerotica dell’aponevrosi palmare e delle espansioni e
formazioni da essa dipendenti, con conseguente flessione permanente e progressiva di uno o
più dita delle mano. La malattia ha un andamento ingravescente, dal semplice nodulo palmare,
alla deformità in flessione palmare delle dita (in genere il 4° e 5° dito). Per controllare
l’evoluzione della malattia è stata proposta la classificazione di Tubianà e Michon che prende
in considerazione l’asse longitudinale del metacarpo e l’asse longitudinale della seconda
falange. L’angolo che ne risulta permette di stabilire il grado della malattia che va da zero a 4.
La classificazione prende in considerazione anche l’interessamento palmare o digitale delle
lesioni e la presenza dell’iperestensione dell’ultima falange (P, D, H). il trattamento e
chirurgico mediante aponevrectomia parziale (escissione economica della aponeurosi palmare
superficiale) o aponevrectomia totale (escissione totale della aponeurosi palmare superficiale).
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Sindrome del canale del carpo
Il nervo mediano, al terzo medio inferiore dell’avambraccio, si superficializza scorrendo tra il
flessore radiale del carpo ed il palmare gracile. Da qui inizia il suo ingresso nel tunnel carpale.
Il tetto del tunnel è formato dal legamento anulare del carpo, teso fra scafoide, trapezio,
piriforme ed uncinato. Le cause della compressione di tale tunnel possono essere:
ο Restringimento o consolidamento di eventuali fratture o calli ossei.
ο Eccessivo volume del contenuto dovuto ad infiammazioni o degenerazioni
ο Neuropatie ascendenti in caso di amputazione delle prime tre dita.
La sintomatologia è dato da ipoestesia, parestesia, algia, tumefazione, paresi e paralisi. Il
trattamento è conservativo solo nella forma irritativa senza deficit (antinfiammatori, complesso
vit. B, con doccia gessata per 15 giorni). Nella fase deficitaria è consigliabile l’intervento
chirurgico.
Malattia di De Quarvein
È una tendinopatia causata dall’ispessimento della guaina comune dell’adduttore lungo e
dell’estensore breve del pollice. Clinicamente si nota una tumefazione, dolente alla pressione,
in corrispondenza della stiloide radiale. Il trattamento si effettua con antinfiammatori o nei casi
estremi con la chirurgia.
Dito a scatto o sindrome di Uotta-Neltou
La genesi dovrebbe essere:
ο Data dalla presenza di germi aberranti intratendinei che formerebbero dei noduli tendinei
che ostacolerebbero lo scorrimento del tendine.
ο Data dalla compressione che la guaina stenotica esercita a livello del tendine. Ciò farebbe
formare il nodulo.
La sintomatologia è caratterizzata dalla difficoltà ad estendere il dito, che è atteggiato in
flessione. Si ha un blocco permanente. Lo scatto si sente quando il tendine supera la parte
stenotica. Unica terapia è quella chirurgica.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
GENERALITA’ SUI TUMORI OSSEI METASTATICI E PRIMITIVI
I tumori ossei possono derivare da tutte le diverse popolazioni cellulari che compongono l’osso
o essere metastasi di altri tumori primitivi.
TUMOSI METASTATICI DELL’OSSO
Sono molto comuni nei carcinomi, rari nei sarcomi. Possono essere asintomatici o determinare
lo stesso genere di problemi dei tumori primitivi ossei. Sono quasi sempre multipli. La
disseminazione avviene per lo più attraverso via ematogena. Istologicamente e
radiologicamente possono dare quadri:
ο Osteolitici = i quadri osteolitici determinano facilmente ipercalcemia, ipercalciuria
iperidrossiprolinuria. La fosfatasi alcalina è poco levata. Quadri osteolitici sono dati in
genere dai carcinomi della tiroide, del rene e del colon.
ο Osteoblastici = i quadri osteoblastici determinano elevazione della fosfatasi alcalina ma
non ipercalcemia. Lesioni osteoblastiche sono date dal carcinoma alla prostata e dai
carcinoidi maligni
ο Misti = il carcinoma della mammella può dare quadri misti di osteolisi ed osteosclerosi.
TUMORI PRIMITIVI DELL’OSSO
Dal punto di vista fisiopatologico determinano il riassorbimento dell’osso perché i tumori
ossei, producendo i fattori di attivazione degli osteoclasti (interleuchina I ed altri) stimolano la
differenziazione o l’attivazione degli osteoclasti. La crescita del tumore però può essere
ostacolata da una osteosclerosi che determina una modificazione della struttura ossea. I tumori
ossei si rendono manifesti:
ο Per la presenza di una massa nei tessuti molli circostanti
ο Per la deformazione dell’osso
ο Per dolore spontaneo o dolorabilità alla palpazione
ο Per fratture patologiche.
La diagnosi si esegue con TAC o con la scintigrafia ossea con Tc 99 polifosfato.
Per il loro inquadramento si ricorre alla classificazione della WHO che si basa su criteri
istogenetici o sul tipo di tessuto che tale cellule neoplastiche sono in grado di costruire. Inoltre
tale classificazione distingue i tumori in benigni e maligni (non controllano la moltiplicazione).
1) Tumori osteogenetici = tali tumori producono sostanza osteoide che deriva dagli
osteoblasti.
a. Tumori benigni
ο Osteoma = tumore a lento accrescimento. Si localizza in genere nei seni cranici.
All’Rx si vede come una massa radiopaca a larga base d’impianto.
ο Osteoma osteoide = si presenta come una piccola massa dolente. Si localizza in
genere nelle ossa lunghe. All’Rx si vede un’area osteolitica tondeggiante di
piccole dimensioni. Spesso regredisce da solo.
ο Osteoblastoma = si presenta con dolenza e modesta tumefazione. Si localizza
in genere nelle vertebre e nelle ossa lunghe. All’Rx si vede una lesione
osteolitica di notevoli dimensioni.
b. Tumori maligni
ο Osteosarcoma o sarcoma osteogenico = il sintomo è un dolore persistente,
spesso associato a tumefazione dura. È un tumore che nasce all’interno
dell’osso, lo infiltra, lo solleva (triangolo di Codman) e lo distrugge
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
rapidamente invadendo i tessuti molli circostanti. Possono determinare
emorragie o telengectasie, metastasi (polmonari). Possono essere a basso grado
di malignità, multicentrici, a piccole cellule. Possono invadere il periostio o il
paraosteo (estremità distale del femore). All’Rx si vedono i denti di pettine o
spina di pesce(dati dal triangolo di Codmann). La diagnosi deve essere
confermata dall’esame istologico. Si conoscono tre varietà: osteoblastica,
fibroblastica, condroblastica, a seconda che prevalgono la formazione di
osteoide, di fibroblasti o di cartilagine. Gli osteosarcoma si possono formare nei
mascellari, nel femore, nella tibia. Sono presenti nella malattia di Paget.
2) Tumori di origine condroblastica = tali tumori producono sostanza cartilaginea che
deriva dai condroblasti.
a. Tumori benigni
ο Osteocondroma = è un amartroma che nasce da un nodulo sottoperiosteo di
cartilagine. Le sedi più colpiti sono la metafisi distale del femore e quella
prossimale dell’omero. Si manifesta come una tumefazione dura (bernoccoli),
indolente All’Rx si vede una formazione esofitica, peduncolata o sessile
ο Condrioma = è un tumore intraosseo che in genere si trova in tutte le ossa
endocondrali. Può essere solitario o multiplo. Si ha una tumefazione dolente.
Talvolta, quando sono multipli, si ha la comparsa di angiomi cutanei (sindrome
di Maffucci). All’Rx si vede un’area osteolitica a limiti netti con orletto di
calcificazione o ossificazione della cartilagine. Nella sindrome di Ollier, all’Rx
si vede un aspetto a gocce di cera o rigonfio, in tal caso vi è un alto rischio di
degenerazione maligna.
ο Condroblastoma = si forma in genere nella cartilagine epifisaria delle ossa
lunghe. All’Rx si vede un’area osteolitica rotondeggiante con granuli a spruzzi
di calce. L’aspetto istologico è di cellule globose, a mattonella.
ο Fibroma condromixoide = si forma in genere in sede metafisaria. All’Rx si
vede un’area osteolitica pura, rotondeggiante.
b. Tumori maligni
ο Condrosarcoma = possono essere interni o centrali (in genere presenti nel collo
del femore, bacino, coste, omero, scapola tibia. Si ha dolore. A volte l’osso si
ingrossa. All’Rx si vede un’osteolisi centrale a limiti sfumati. A differenza
dell’osteosarcoma che si espande rapidamente, esternamente alla corticale
dell’osso, il condrosarcoma invade lentamente il canale midollare diafisario. Si
distinguono tre gradi di malignità. Si hanno inoltre dei condrosarcomi a cellule
chiare a basso grado di malignità e condrosarcomi mesenchimali), periferici (in
genere presenti nel bacino, ala iliaca, femore, omero. Si presenta come una
tumefazione dolente. All’Rx si vede una massa bernoccoluta a cavolfiore. Si
distinguono tre gradi di malignità. Sono rare e tardive le metastasi polmonari),
periostei (sono localizzati alle estremità delle diafisi delle ossa lunghe. Ha forma
tondeggiante adagiata sulla corticale dell’osso).
3) Tumori di origine non osteoblastica
a. Tumori benigni
ο Fibroma non ossificante = è composto da istiofibroblasti. Predilige le metafisi
delle ossa lunghe. Raramente causa dolore. La forma asiontomatica non richiede
alcuna terapia.
ο Osteoclastoma o tumore a cellule giganti = è composto da istiofibroblasti che
tendono a fondersi e a diventare polinucleate. Si forma in genere all’interno
delle metafisi delle ossa lunghe. Determinano dolore alle articolazioni limitrofe,
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Ortopedia e Traumatologia
ed anche tumefazione. All’Rx si vede una lesione osteolitica a livello
metafisario. Si distinguono tre varietà: calma, attiva ed aggressiva. L’aspetto
istologica è dato da cellule mononucleate globose. Raramente da metastasi al
polmone.
b. Tumori maligni
ο Fibrosarcoma = è formato da cellule che si differenziano in fibroblasti. In
genere si forma a livello del femore distale e prossimale e della tibia prossimale
e distale. Si manifesta con dolore, tumefazione, con frequenti fratture. All’Rx si
vede una lesione osteolitica con segni di aggressività.. Può dare metastasi
polmonari e scheletriche.
4) Tumori di origine vascolare = si origina dal tessuto angioblastico embrionario
a. Tumori benigni
ο Emangioma = Predilige le vertebre, ossa piatte ed arti. Determina lombalgia,
ma spesso è asintomatico. All’Rx si nota un’area osteolitica a nido d’ape.
b. Tumori maligni
ο Angiosarcoma = predilige i segmenti ossei degli arti inferiori ed il piede. Può
essere: benigno (le cellule angioblastiche hanno molto citoplasma), a bassa
malignità (le cellule angioblastiche hanno nuclei grandi), o maligno (vi è una
anarchia cellulare). Le forme maligne producono frequenti metastasi polmonari,
scheletriche e viscerali.
ο Emangiopericitoma
5) Tumori di origine non definita o di altri tessuti
a. Tumori benigni
ο Lipoma, Neurinoma, Tumore o reazione a cellule giganti, Tumore a cellule
giganti in osso pagetico, Fibroma desmoplastico dell’osso, Displasia fibrosa,
Displasia osteofibrosa della tibia e del perone, Cisti ossea, Cisti mucosa
intraossea, Cisti aneurismatica, Ossificazioni eterotopiche e calli ossei
iperplastici
b. Tumori maligni
ο Sarcoma di Ewing = si origina da cellule reticolari indifferenziate del midollo
osseo. Predilige le diafisi e le metadiafisi delle ossa lunghe e delle ossa del
tronco. La sintomatologia è un dolore talora intenso, tumefazione, febbre,
anoressia, dimagrimento, leucocitosi, VES aumentata. All’Rx si vede una
lesione osteolitica a bulbo di cipolla o a denti di pettine. Istologicamente si vede
un tappeto di piccole cellule, rotonde con nuclei globosi con tendenza a formare
delle rosette attorno ai vasi. È molto maligno, con metastasi precoce allo
scheletro ed ai polmoni.
ο Liposarcoma, Linfoma primitivo
dell’osso
o reticolosarcoma,
Plasmocitoma o mielosa multiplo, Istiocitoma fibroso maligno, Cordoma,
Adamantinoma delle ossa lunghe, Sarcoma su osso pagetico, Sarcoma da
raggi, Sarcoma in infarto osseo, Sarcoma in displasia fibrosa, Carcinoma e
sarcoma in osteomielite cronica, Istiocitosi X.
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Ortopedia e Traumatologia
OSTEOCONDROSI E SUE MAGGIORI LOCALIZZAZIONI
Sono in gruppo di malattie ad eziologia incerta, non infiammatoria (vi è una componente infiammatoria
ma è concomitante, non causa), che interessano i nuclei di accrescimento epifisari, le apofisi e le ossa
corte dello scheletro in accrescimento. Le lesioni compaiono imprevedibilmente e subdolamente in
adolescenti sani, quasi sempre senza precedenti anamnestici. Non è mai possibile stabilire la data
d’inizio della malattia. L’osteocondrosi primitiva guarisce sempre, spontaneamente (verso la
riabilitazione del nucleo osseo-cartilagineo e la sua ricostruzione) ma lentamente, e spesso lascia delle
conseguenze da non sottovalutare.
Epidemiologia
• Incidenza pari all’ 1,7% nell’ambito delle patologie ossee.
• Maschi > femmine
• Arto inferiore > arto superiore
Frequenza di localizzazione
• Epifisi prossimale femore 29,74%
• Apofisi tibiale anteriore 21,45%
• Epifisi vertebrale 17,7%
• Tuberosità calcaneale 8,99%
Forme cliniche = diverse fra cui:
• osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (malattia di Legg-Perthes-Calvè),
• osteocondrosi delle epifisi dei corpi vertebrali (malattia di Schuermann),
• osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore (malattia di Osgood-Sclatter),
• osteocondrosi dell’apofisi posteriore del calcagno (malattia di Haglund-Server-Blenke).
Epoca d’insorgenza
Localizzazione
Età di maggiore frequenza
Scafoide tarsale
Epifisi femorale
Corpo vertebrale
Apofisi calcaneale posteriore
Apofisi tibiale anteriore
Epifisi vertebrale
Testa del 2° metatarso
Semilunare
4-6 anni con max a 5 anni
5-8 anni con max a 6 anni
6-9 anni con max a 8 anni
9-11 anni con max a 9 anni
12-14 anni con max a 13 anni
13-15 anni con max a 15 anni
15-20 anni
19-20 anni
Iter evolutivo
1. regressivo necrotico,
1. riparativo deformante
Eziopatogenesi
Vi sono tre teorie che tendono a spiegare l’eziologia di tale malattia:
1) teoria vascolare = dice che l’eziologia dell’ischemia è causata da:
a. embolo micotico,
b. compressione dei vasi perforanti il guscio cartilagineo epifisario per edema degenerativo
della cartilagine stessa,
c. stasi venosa,
d. ostruzione,
e. alterazione circolatoria da causa traumatica,
f. obliterazione dei vasi capsulari per laterazione vasale primaria
2) teoria traumatica = il trauma potrebbe risultare il fattore scatenante che evidenzia uno stato
morboso latente della cartilagine epifisaria, forse di natura congenita. Tale trauma può agire per:
Francesco Giuseppe Cannone
28
Ortopedia e Traumatologia
3)
a. azione diretta sulla cartilagine o sul nucleo epifisario,
b. azione indiretta per disturbi circolatori determinati dal trauma.
teoria della displasia della cartilagine = la segnalazione di casi di eredo-familiarità , la
concordanza in gemelli bi e monocoriali, la non rara bilateralità della lesione, accreditano l’ipotesi
di una alterazione congenita almeno di un substrato anatomico su cui verrebbero ad agire momenti
scatenanti di origine diversa (meccanici e circolatori).
Nella displasia della cartilagine dell’epifisi e dell’apofisi si ha:
aumento dei proteoglicani
che
determinano
turbe
dell’ossificazione encondrale
ed una diminuita resistenza della
contrattilità
Traumi ripetuti nel tempo
Æ
diminuzione dello spessore delle
fibre collagene
che determinano un abnorme
accrescimento cartilagineo
con fenomeni ischemici dal nucleo ?
da danno vascolare
Fasi della patogenesi dell’infarto osseo
La necrosi dell’osso è causata dal diminuito apporto ematico, parziale o totale. Il destino delle cellule
morte è l’autolisi ed infine la scomparsa seguita dalla riparazione o dalla ricostruzione ad opera del
processo infiammatorio o della risposta riparativa. La riparazione del focolaio osteonecrotico non
avviene lungo tutta la sua area, ma la zona reattiva avanza subdolamente e la sostituzione ossea avviene
prevalentemente lungo il margine esterno della stessa zona reattiva (creeping substitution).
Diagnosi
• clinica = tumefazione ed edema, dolore, contrattura muscolare, ipotrofia
• strumentale = (serve solo nella 1° fase della malattia quando la clinica manca) Rx, stratigrafia,
scintigrafia, TC, RMN. Il quadro Rx nelle ossa lunghe si presenta così: strie arcuate radiotrasparenti
nell’osso subcondrale, aree radiotrasparenti alternate ad aree di osteosclerosi, aree di osteosclerosi, aree
di crollo, rima articolare integra. Il quadro Rx nelle ossa breve si presenta così: aree di radiotrasparenza
frammiste ad aree osteosclerotiche, aree di crollo.
Prognosi
La malattia evolve verso la guarigione spontaneamente e la sua durata varia a secondo della sede, da
pochi mesi a più anni. La guarigione avverrà senza postumi nei distretti scheletrici non sottoposti a
carico, secondo la tabella sottostante:
Localizzazione
Corpo vertebrale
Epifisi femore
Scafoide tarsale
Epifisi vertebre
Testa del 2° metatarso
Apofisi tibiale anteriore
Apofisi calcaneale posteriore
Decorso medio
4 anni
2-3 anni
1-2 anni
1-2 anni
1-2 anni
6-12 mesi
6-12 mesi
I) Osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (malattia di Legg-Perthes-Calvè)
Morbo tipico dell’età infantile localizzato a livello del nucleo prossimale del femore, caratterizzato
dalla necrosi ed ischemia del tessuto osteo-cartilagineo.
Sintomatologia
Dolore saltuario all’anca o alla faccia interna del ginocchio che scompare con il riposo nella notte ed al
mattino, per apparire alla fine della giornata.
Epidemiologia
• Maggiore nella razza bianca
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•
•
•
•
•
Età : 4-11 anni max 5-6, preferibilmente colpisce i maschi
Familiarità 6%
Età ossea minore di 3 percentile
4,27 affezioni giovanili dell’anca
10% casi di interessamento bilaterale
Eziopatogenesi
La quasi totalità degli autori riconosce nell’infarto il meccanismo patogenetico fondamentale nel
determinismo della malattia. Molteplici ed ancora discusse le ipotesi circa la causa che innesca tale
meccanismo patogenetico.
Si ha l’interruzione della vascolarizzazione anteriore del nucleo cefalico causata dalla cartilagine
abnorme deformata dal carico.
Cartilagine displastica: fibre collagene più sottili, granuli di proteoglicani più numerosi ed aumentati
delle fibbre
Quadro anatomo-patologico
Microscopico: sinovia iperplastica, ricca di villi, iperemia con infiltrati istiocitari e linfoplasmocellulari.
Capsula arrossata, edematosa, ispessita, specie nei punti di riflessione sul collo.
Macroscopico: perdita di lucentezza della capsula, solchi e fissurazione a decorso irregolare più o meno
profondi con accumuli emorragici sul fondo, necrosi dell’epifisi.
Aspetto microscopico
Condrociti: disposizione in gruppi isogeni irregolari, perdita della polarità con orientamenti secondo
assi diversi, perdita di glicogeno a livello citoplasmatico, degenerazione ed atrofia.
Alterazione del tide-mark: processo di calcificazione.
Sostanza fondamentale: aumento dei proteoglicani, smascheramento della trama fibrillare, formazione
di aree fibro-cicatriziali, gittate vascolari che slargano irregolarmente le travate calcificate.
Nucleo di ossificazione: aree di ischemia alternate a zone iperischemiche (alla sezione, degenerazione
degli osteociti.
Fase riparativa: riassorbimento da parte del tessuto di granulazione delle parti sequestrate,
neoproduzione di tessuto osseo, formazione di trabecole dall’aspetto ordinato (secondo le linee di
carico). Vasi congesti ed ispessiti, infiltrato linfocitario e macrofagi, deposizione di tessuto di
granulazione prima lasso e poi fitto, formazione di strie connettivali.
Diagnosi clinica
Zoppia di fuga ingravescente intermittente (aggravata dalla fatica), coxalgia irradiatesi alla faccia
interna della coscia ed al ginocchio (aggravata dalla fatica), dolore alla digito-pressione in sede genitocrurale. Contrattura antalgica degli adduttori, limitazione dell’abduzione e della rotazione interna
dell’anca. Ipotrofia dei muscoli della natica e della coscia.
Indagini
1)
Rx = evolve in 4 fasi:
I) il nucleo si slarga e si schiaccia simulando un aumento della rima articolare. Ciò è in parte
dovuta anche all’edema della parte cartilaginea,
II) opacizzazione del nucleo (metallizzazione), cioè aumenta di densità ai raggi x,
III) frammentazione del nucleo (nucleo tigrato) con irregolarità delle metafisi al di sotto della
cartilagine di coniugazione,
IV) ricostruzione del nucleo: si ricostruisce il nucleo ma l’epifisi appare deformata a fungo,
mentre il collo è largo e tozzo rispetto al controlaterale (coxa plana).
N.B. = tutte le quattro fasi possono essere presenti nella stessa sede sia dal punto di vista
anatomo patologico che radiologico.
2)
Scintigrafia = area fredda di ridotta od assente captazione del radioisotopo (polifosfato Tc 99m),
3)
RNM = se eseguita bene può far distinguere nel nucleo le varie fasi di alterazione.
Decorso dell’osteocondrosi dell’epifisi prossimale del femore
L’intero ciclo della malattia evolve in 2 – 3 anni, passando attraverso le seguenti fasi:
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30
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a)
b)
c)
d)
e)
necrosi della testa
stadio florido
metallizzazione (frammentazione)
ristrutturazione
stadio terminale (collo senza testa)
Classificazione di Catterall
I gruppo = interessamento della sola porzione anteriore dell’epifisi,
II gruppo = interessamento della sola porzione anteriore dell’epifisi con maggiore estensione
dell’interessamento,
III gruppo = solo una piccola parte della superficie mediale dell’epifisi è interessata,
IV gruppo = coinvolgimento totale dell’epifisi.
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Ortopedia e Traumatologia
Indice di sublussazione laterale femorale
AB/CD = 1 (valore normale)
CD e AB sono le distanze tra i margini mediali patologici della metafisi prossimale del femore e il
fondo dell’acetabolo nell’anca patologica
Trattamento
Parametri di valutazione nella programmazione del trattamento sono: estensione dell’osteonecrosi,
grado di maturazione scheletrica ed età cronologica, eventuale presenza di sublussazione femorale
laterale, grado di deformità della testa femorale, durata della malattia. Il trattamento si esegue in diversi
modi:
1. osservazione-attesa = se il paziente ha un’età inferiore a 6 anni. È indicata nel I – II stadio di
Catterall, quando l’escursione articolare è nella norma e l’indice di sublussazione laterale del
femore è compreso tra 1 e 5 (basso). Consiste in controlli clinici periodici (valutazione
dell’escursione articolare dell’anca coinvolta prestando particolare attenzione agli eventuali
atteggiamenti coatti e controlli radiografici ad intervalli di 3 – 6 mesi.
2. trattamento incruendo = se il paziente ha un’età inferiore a 6 anni. È indicata nel II – III stadio di
Catterall quando il paziente presenta zoppia, ha limitazione articolare e l’indice di sublussazione
laterale del femore è compreso tra 1 e 5. Il trattamento consiste nella trazione a letto con effetto
decontrattivante finalizzato alla risoluzione degli atteggiamenti assunti. Si applica l’apparecchio
gessato pelvi-condiloideo con staffa di scarico.
3. trattamento cruento = si fa dopo mancata risoluzione della contrattura dopo trazione. I trattamento
sono: miotenotomia degli adduttori (in caso di contrattura in adduzione dell’anca), release dello
psoas, artrodiatesi mediante fissazione esterna. Se l’anca è deformata e mal centrata per difetto della
testa (decentrata) e normale orientamento del collo del femore, si pratica l’osteotomia di
centramento intertrocanterica che determina un’azione trofico biologica (può dare però crisi
vascolari). Se invece si ha mancata copertura della testa del femore, si pratica l’osteotomia pelvica.
4. trattamento incruento e cruento indifferente = se il paziente ha un’età inferiore a 6 anni. È indicata
nel III – IV stadio di Catterall e l’indice di sublussazione laterale del femore è > 5.in presenza di
condizioni gi massima gravità, nessuno dei due trattamenti è migliore rispetto all’altro. In assoluto i
risultati molto buoni. Gli esiti possono essere: coxoplasma Æ dismetria Æ coxartrosi
2. Osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore (malattia di Osgood-Sclatter)
3. Osteocondrosi dell’apofisi posteriore del calcagno (malattia di Haglund-Server-Blenke)
Si possono considerare delle tendinopatie inserzionali dovute alla incapacità dei nuclei ipofisari di
ossificazione di resistere alle sollecitazioni meccaniche in trazione esercitate a livello delle giunzioni
osteotendinee dei tendini rispettivamente rotuleo e achilleo.
Radiologicamente nella (2) si vedono spicole e frammenti ossei. Nella (3) il nucleo ipofisario appare
appiattito, a volte frammentato e di densità aumentata.
Sia nella (2) che nella (3) l’evoluzione è verso la guarigione funzionale.
Il trattamento si fa con riposo fisico e quando necessita una immobilazione gessata.. spesso si possono
associare degli antinfiammatori.
4. Osteocondrosi delle epifisi dei corpi vertebrali (malattia di Schuermann)
È una osteocondrosi tipica dell’età puberale che interessa i nuclei epifisari superiori ed inferiore dei 3
o più corpi vertebrali, clinicamente caratterizzate dalla accentuazione della cifosi dorsale e dalla
lordosi lombare.
Radiologicamente vi è l’aspetto irregolare e frastagliato del disco vertebrale e conservazione degli spazi
discali.
Il trattamento, prima con corsetti gessati e poi con corsetti ortopedici, ha lo scopo di scaricare i dischi
disco-vertebrali, arrestare la deformità ed annullare la cifosi e la lordosi. Si pratica pure la kinesiterapia.
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PIEDE TORTO CONGENITO
È la più frequente e la più studiata deformità complessa dei piedi. È una deformità complessa del piede
ad eziologia sconosciuta, ligamentosa, muscolo-tendinea (lo scheletro è indenne, esistono però delle
eccezioni), che interessa maggiormente le fasce del versante mediale e plantare (quelli del lato laterale
sono interessate secondariamente e tendono alla distensione), determinando un’alterazione dei normali
rapporti degli abbozzi osteo-cartilaginei (si parla di abbozzi perché il bambino è appena nato) che lo
compongono. Se noi lasciamo crescere il bambino con i piedi in questa posizione, si determinerà una
alterazione ossea tardiva. Il piede torto è una patologia che può recidivare anche dopo l’accrescimento.
La recidiva può essere globale (tutta la deformità) o parziale.
Nel piede torto congenito, alla nascita non ci sono alterazioni ossee, ma man mano che il bambino
cresce ed il piede torto rimane inalterato, si potrebbero formare delle alterazioni.
Vi è anche un piede torto congenito embrionario. Alla nascita presenta delle alterazioni osteocartilaginee.
Frequenza M/F = 2/1
Unilaterale Dx > 5 Sn
Bilaterale 50%
Deformità associate al piede torto congenito
Displasia congenita dell’anca, deformità multiple, agenesia dell’alluce e delle dita del piede, briglie
amniotiche, aplasie della tibia, ernia inquinale, trisomia 21, spina bifida, mielomeningocele (in questo
caso il piede torto può essere affetto da alterazioni muscolari. Negli altri casi non si conosce il
significato di queste associazioni, l’unica comprensibile è l’associazione con la displasia dell’anca, di
cui comunque non si conosce l’eziologia e che comunque ha rispetto al piede torto anomalie diverse di
struttura. In più la diagnosi di displasia all’anca è più difficile del piede torto congenito, ma se c’è
mielomeningocele è meglio controllare l’anca.).
Eziologia (ha un valore molto relativo)
Ha origini multifattoriale che si possono distinguere in:
• Fattori genetici = gene autosomico dominante con penetranza del 40%.
• Fattori meccanici = anomalie interne (utero bicorne), aumentato tono della muscolatura uterina
(spasmi muscolari prolungati), neoformazioni in utero (fibromi, polipi), anomalie di impianto della
cellula uovo (gravidanza extrauterina), gravidanza prolungata in presenza di briglie anatomiche.
Eziopatogenesi
• Teoria meccanica (fetale) = malposizione, compressione sul feto da biglie amniotiche, macrosoma,
aumento del liquido amniotico.
• Teoria neuro-miopatica = si ha alterazione a livello del muscolo con alterazioni dei tronchi nervosi
periferici cge determinano una simil-paresi dei muscoli laterali dei piedi.
• Teoria ontogenetica (Bohn) = persistenza dell‘atteggiamento del piede al 2° mese di gestazione fino
alla nascita.
• Teoria enzimatica = la lattoriboflavina è un enzima che passa la barriera placentare e ciò causa
alterazioni del collagene.
Classificazione eziopatogenetica
1) piede torto embrionale = primitivo idiopatico
2) piede torto secondario (è determinato dalla mancata derotazione del piede per patologia
dell’ambiente fetale = = vita embrionale o fetale.
3) piede torto sintomatico (è l’espressione di una malattia del sistema nervoso). Il piede torto è il
sintomo di una attività induttiva.
Francesco Giuseppe Cannone
33
Ortopedia e Traumatologia
Angolo tra asse longitudinale del piede e della gamba
È normale quando è di 90°, è equino quando è > 90°, è talo quando è < 90° .
Asse longitudinale della gamba ed asse verticale del retropiede
È aperto verso l’esterno (valgismo) del 5% nel normale (fisiologico), < del 10% nel valgo, < del 10%
nel varo.
Asse longitudinale dell’avampiede e l’asse longitudinale del retro e mesopiede, se esiste può essere
normale, abdotto (quando l’asse longitudinale dell’avampiede e del retro è verso l’esterno) oppure
addotto (se gli assi sono verso l’interno).
Gli assi del retro ed avampiede non si spostano a formare angoli ma ruota l’avampiede:
• Ruota all’esterno (la pianta del piede va verso il basso)Æ pronazione
• Ruota all’interno (la pianta del piede va verso l’alto) Æ supinazione
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
N.B. = nel cavismo si ha una volta plantare più accentuata. Lo pseudoequinismo si ha quando la parte
che cade è solo l’avampiede.
Anatomia patologica
Le lesioni iniziali sono soltanto a carico delle parti molli e sono responsabili del mantenimento delle
deformità. Lo scheletro è solo compromesso nei rapporti articolari. Ma dal punto di vista morfologico
sono assolutamente normali.
Varietà cliniche
• Piede torto equino-cavo-varo-addotto-supinato 70%
1) Parti molli = Non avviene alcuna modifica istologica a carico delle fibre muscolari del tricipite
della sura sia a livello macroscopico che microscopico.
2) Tessuto tendineo = i tenociti sono diminuiti, sono più tozzi e disordinati, vi è un minore numero
fibre elastiche.
3) Astragalo, Calcagno, Scafoide, Cuboide, Cuneiforme, Metatarsali e Tibia sono deviati dalla
loro posizione normale.
• Piede torto talo-valgo-pronato 15% = si associa a displasia in genere alla familiare.
• Piede torto metatarso-varo (addotto) 10% (probabilmente è il più frequente ma è difficile da
diagnosticare). Adduzione dell’avampiede: asse del retropiede con l’asse dell’avampiede
descrivono un angolo aperto all’interno con apice a livello cuneo-metatarsale.
• Piede torto valgo-convesso a dondolo 5% = si ha l’inversione della volta longitudinale.
Esame clinico
La deformità più o meno grave è immediatamente manifesta alla nascita. L’esame è completato dalla
valutazione del grado di correggibiltà della deformità del piede.
Gradi di gravità di deformità
1. semplici atteggiamenti viziati correggibili normalmente (dito del calcagno, 3 dita dell’avampiede)
normalmente con ottimi risultati.
2. la deformità è ben evidente nei suoi componenti: la correzione passiva normale è difficoltosa ma
ottiene buoni risultati.
3. la deformità è molto resistente. È indicato il trattamento chirurgico cruento: prognosi più severa
(tipico del piede torto congenito embrionario).
Esami strumentali
Ecografia ed Rx.
Trattamento
1. incruento : modellamento manuale a tappe (il trattamento si fa subito, nei primi giorni di vita,
appena il neonato ha recuperato peso, ma prima può farlo la mamma nella vasca da bagno. Le
manovre correttive saranno graduali (4-5 volte al dì) per evitare lo schiacciamento dei nuclei di
accrescimento, a tappe, per adattare le strutture vasculo-nervose alle nuove posizioni senza subire
traumi.) seguito (dopo 10 gg dalla nascita) da confezionamento apparecchi gessati femoro-podali
che servono a fissare il modellamento ottenuto a tappe (si cambiano ogni settimana, per evitare
l’iperflessione, perché il bambino cresce). Si esegue con ginocchio flesso a 90° per tre motivi:
a. correggere l’intratorsione tibiale,
b. mantenere in posizione rilassata il tendine di Achille,
c. evitare che il gesso venga sfilato.
Il piede torto può recidivare da grande, quindi è necessaria la correzione e poi tutori notturni,
calzature adatte. Il trattamento dura almeno un anno.
2. cruento : sulle parti molli; sulle parti scheletriche. Il trattamento chirurgico si fa su parti molli
(muscoli, tendini, capsula) o su parti dello scheletro. L’intervento chirurgico si pone in base all’età,
al tipo e grado di deformità, motilità residua.
Non esiste possibilità di stabilire inizialmente se il trattamento da attuare sarà incruento o cruento.
Francesco Giuseppe Cannone
35
Ortopedia e Traumatologia
Interventi sui tessuti molli
• allungamento semplice del tallone di Achille (mussone a Z),
• allungamento del tallone di Achille e della capsula tibia posteriore,
• sindesmotomia parziale
• sindesmotomia di Codivilla (intervento nelle capsulo-sindesmotomiche posteriori, mediali ed
inferiori del piede ed allungamento dei tendini mediali accorciati, cui segue apparecchio gessato).
Interventi chirurgici sullo scheletro
Artrodesi (resezione. È l’intervento del piede torto recidivante), osteotomia (a cuneo con base allargata
in cui si sacrificano alcune articolazioni come l’astragalo-calcanee, l’astragalo scafoidea ed altre).
Risultati
Dipendono dalla precocità del trattamento e dal grado di deformità.
immediatamente il trattamento.
Francesco Giuseppe Cannone
Fondamentale è iniziare
36
Ortopedia e Traumatologia
AFFEZIONI CONGENITE ED AQUISITE DELLA COLONNA VERTEBRALE:
SCOLIOSI, CIFOSI E LORDOSI
La colonna vertebrale ha :
1. funzione statica di sostegno del tronco in opposizione all’azione della gravità;
2. funzione dinamica di controllo, attraverso una serie di movimenti di rotazione, flesso-estensione e
flessione laterali;
3. funzione morfologica, protezione midollare.
Sul piano frontale il rachide normale non presenta deviazioni per cui ogni curva permanente è da
considerarsi patologica.
Sul piano sagittale vi sono curve fisiologiche e convessità anteriore e posteriore, rispettivamente la
lordosi cervicale e lombare e la cifosi dorsale e sacrale.
N.B. = il triangolo della taglia (anca – schiena – braccio) normalmente è isoscele e deve essere uguale
in entrambi i lati.
N.B. = il menarca determina alterazioni della colonna vertebrale.
La colonna vertebrale è una struttura plurisegmentaria la cui unità di base è costituita dal segmento di
movimento (vertebra-disco-vertebra) e dai relativi legamenti. È costituita da un compartimento
anteriore ed uno posteriore:
1. compartimento anteriore: è formato dalla emivertebra superiore ed inferiore, dal piatto vertebrale
superiore ed inferiore, dal disco interposto, dal legamento largo anteriore e posteriore. Il
compartimento anteriore è una camera idraulica (il nucleo polposo è fatto per l’80% di acqua, per
questo si parla di camera idraulica) precompressa che regola ed omogeneizza la trasmissione delle
sollecitazioni statico-dinamiche nelle pareti interne della camera dorsale. Il nucleo polposo
armottizza, distribuisce le forze e funge da snodo (ciò è importante ricordarlo per correggere la
scoliosi).
2. compartimento posteriore: è formato dall’arco neurale, dall’apofisi spinosa, dall’apofisi traversa a
dalle faccette articolari.
I corpi vertebrali sono dei corpi semirigidi.
Le vertebre sono sostenute e vincolate da elementi visco-elestiche:
1. vincoli intrinseci = legamenti, dischi,
2. vincoli estrinseci = muscoli, cavità addominale, gabbia.
Vi è un sistema di freni:
• Freni passivi = controllano i movimenti in funzione della loro resistenza alla trazione (legamenti e
capsula). Inoltre controllano i movimenti in funzione alle loro caratteristiche morfologiche
(superficie articolari).
• Freni attivi = è il sistema neuromuscolare.
Deformità vertebrali : ipercifosi, ipelordosi, scoliosi.
SCOLIOSI
La scoliosi è una deformazione della colonna vertebrale caratterizzata da alterazioni della struttura dei
rapporti reciproci tra le vertebre nei tre piani dello spazio per cui ad una curva laterale sul piano
frontale si associa una rotazione vertebrale sul piano orizzontale.
Se un bambino ha scoliosi, se si china si vede un dislivellamento della gabbia toracica, cioè il gibbo,
segno della rotazione vertebrale.
Classificazione della scoliosi
1. Scoliosi strutturata o vera = si ha paramorfismo (deviazione laterale senza rotazione) vertebrale e
sintomi funzionali
a. Idiopatica = infantile (da zero a 3 anni), giovanile ( da 3 a prima della pubertà),
adolescente (dalla pubertà alla maturità scheletrica).
b. Neuromuscolare = si ha inseguito ad una lesione (miopatia e neuropatia),
c. Congenita = difetto di sviluppo, difetto di segmentazione, o mista.
Francesco Giuseppe Cannone
37
Ortopedia e Traumatologia
2. Scoliosi non strutturata = si ha dimorfismo (rotazione) del rachide o sintomi organici. Aumenta la
scoliosi se le modifiche sono irreversibili.
a. Posturale
b. Isterica
c. Irritazione radicolare nervosa (ernia, tumore)
d. Infiammatoria (appendicite)
e. Relativa a dismetrie degli arti inferiori
f. Relativa a contratture delle anche.
Classificazione della scoliosi in base alla sede anatomica
• Curva cervicale: apice tra C1 – C6
• Curva cervico-toracica: apice tra C7-T1
• Curva toracica: apice tra T2-T1
• Curva toraco-lombare: Apice tra T12-L1
• Curva lombare: apice tra L2-L4
• Curva lombo-sacrale: apice tra L5-S1
N.B. = la scoliosi combinata si può avere ad una età media di 12 anni con un rapporto M/F di ¼
Epidemiologia
L’incidenza della scoliosi nella popolazione in età di accrescimento è del 5%. Si hanno sintomi minori
ne, 3,6 % e sintomi maggiori nell’1,4%. L’incidenza per sesso e M/F di 1/5. l’incidenza in tutte le età è
del 10-15%. L’incidenze maggiori per lato sono quelle cervico-toraciche e toraciche Dx (convessità) e
toraco-lombare e toraciche Sx (convessità)
Eziopatogenesi
La scoliosi idiopatica è una anomalia genetica con dominanza incompleta legata al sesso femminile, e
multifattoriale. Nei soggetti scoliotici sono stati riscontrati delle alterazioni: neurologici,metabolici,
tissutali ed ormonali. Vi sono delle teorie per spiegare l’eziologia:
1. teoria morfo-istochimica = turbe dell’elasticità e del metabolismo del collagena. Ciò
determinerebbe una iperlassità.
2. teoria della postura = i muscoli della masticazione e l’articolazione temporo-mandibolare agiscono
sull’A.T.M. e sono in stretta connessione con i muscoli cervico-toracici ciò determina una
contrattura sul rachide che a lungo andare porta la scoliosi.
Colonna scoliotica strutturata
La nuova distribuzione delle sollecitazioni esterne sul rachide scoliotico produrrà nuove tensioni
localizzate in zone circoscritte delle vertebre dei dischi intervertebrali e dell’apparato capsulolegamentoso:
a) Vertebre: all’origine si trasforma progressivamente a cuneo, mentre il corpo vertebrale ruota verso
la convessità. Al momento della strutturazione (vertebra ruotata) si ha: apofisi spinosa
orizzontalizzata, peduncolo allungato dal lato della concavità, lamina ispessita ed allungata dal lato
della concavità, apofisi articolari ispessite ed incastrate dal lato della concavità, apofisi traversa
accostata all’apofisi spinosa, corpo vertebrale cuneiforme e ruotato verso la convessità, aria
posteriore atrofica, ruotata verso la concavità.
b) Disco intervertebrale: sono sollecitati in torsione e diventano cuneiformi. Il nucleo polposo è
allontanato verso il lato convesso. Se si determina rotazione e spostamento le forze non agiscono
lungo le direttrici normali ma si determinano forze nuove di taglio che agiscono sul disco, che
subisce degenerazione, per cui anche se si riporta la vertebra al posto giusto, il disco non si può
riprendere più.
c) Legamenti: i legamenti anteriori seguono lo spostamento rotatorio del corpo vertebrale; i legamenti
posteriori sono distesi dal alto convesso e retratti, persino ossificati al termine dell’evoluzione dal
lato concavo.
d) Muscoli: i muscoli della convessità sono voluminosi e funzionanti, mentre i muscoli della concavità
sono retratti e sempre funzionanti (sono stati studiati con la biopsia, infatti nella ricerca
Francesco Giuseppe Cannone
38
Ortopedia e Traumatologia
dell’eziologia, qualcuno riconosce una natura paralitica, mentre quello dei muscoli è solo un effetto
e non una causa)in effetti esiste la sindrome paralitica (poliomielite) ma è diversa nella modalità e
nella gravità.
e) Gabbia toracica: le costole dal lato della convessità si distanziano le une dalle altre e si
verticalizzano, mentre dal lato della concavità si orizzontalizzano, si avvicinano e talvolta si
accavallano. Lo sterno è poco deviato. Il torace in sezione obliqua è ovulare nella scoliosi per cui si
diminuisce la capacità respiratoria del polmone del lato della lesione (è ristretto). Questa alterazione
determina il gibbo visibile in estensione in avanti della schiena con le gambe divaricate (è presente
nel dimorfismo e non nel paramorfismo).
Esame clinico
• Storia della deformità
• Anamnesi fisiologica remota e prossima (emispondilo, poliomielite, fratture)
• Anamnesi familiare
• Età
• Epoca del menarca
• Segni puberali:
a) In stazione eretta: equilibrio del bacino, equilibrio della cintura scapolare, asse occipitale (con
filo a piombo).
b) In stazione curva: curve frontali (30° di flessione in avanti) a piedi uniti; presenza di gibbi (80°
di flessione in avanti, si misura con il gibometro); presenza di prominenze lombari (legata a
visceri che si spostano in presenza di scoliosi).
Indagini strumentali
• Esame Rx in ortostatismo del rachide in toto, nella proiezione A.P. e L.L.
• Esame Rx in A.T. test in sospensione (vi è una mentoniera che solleva il paziente. Se la deformità è
elastica, la scoliosi si riduce. Se si riduce oltre il 40% è più probabile che guarisca con trattamento
incruento.
• Rx in bendino Dx e Sx
I rilievi Rx-grafici (per valutare la sede, l’estensione e la gradazione della scoliosi) sono: livello, lato,
estensione (se 3 vertebre è congenita, se 5 vertebre è idiopatica), misurazione secondo il metodo di
Cobb (la misurazione si fa in gradi. Si prende la vertebra centrale dove c’è più rotazione [vertebra
apice] e le vertebre limiti e si misura l’angolo [di Cobb] dell’inserzione. È un sistema poco esatto,
soprattutto per fare un confronto prima e dopo il trattamento. È più corretta invece fare una misurazione
del punto centrale della vertebra), test di Risser (si esegue per vedere l’ossificazione dell’epifisi delle
creste iliache [è la parte di scheletro che cresce più a lungo] e quindi per identificare l’età scheletrica. Si
misura in gardi. Se è 5° vuol dire che la scoliosi non può più evolvere, ma non si può nemmeno
intervenire), rotazione vertebrale secondo Nash e Mae (si individuano i 2 peduncoli, si divide a metà la
vertebra ed ogni ½ si divide in tre parti. Si dovrebbero avere segmenti uguali tra di loro.
Trattamento della scoliosi idiopatica
• Trattamento incruento = ortesi (gesso plastica). La colonna vertebrale non è accessibile alle forze
dirette, quindi le forze di correzione devono essere suddivise in forze di elongazione e in forze
laterali (deflessione e derotazione). Tutte le ortesi esercitano delle forze attraverso la cute (possono
insorgere le piaghe di decubito). Con le ortesi si immobilizza il bacino e si ottiene l’appiattimento
della lordosi lombare. Le ortesi devono essere portate per almeno 22 ore al giorno fino alla fine del
periodo evolutivo (constatazione della maturità mediante il test radiografico di Risser. Si deve avere
almeno + 3°).
• Trattamento cruento = artrodesi (dopo aver corretto quanto più possibile).
Trattamento
• Paramorfismi Æ Chinesiterapia (soprattutto la ginnastica che stimola la propriocettività ed
esterocettività.) e trazione.
• Scoliosi idiopatica da 15° a 25° Cobb Æ corsetto ortopedico
• Scoliosi idiopatica da 25° a 45° cobb Æ gessi E.D.F. + corsetto ortopedico
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
•
Scoliosi idiopatica > 45° Cobb Æ trattamento chirurgico (prima dell’intervento ci vuole la
ginnastica correttiva per aumentare la funzionalità respiratoria che è compromessa e l’80 % dei
pazienti può non sopportare l’anestesia).
La correzione può essere quindi passiva, cioè mediante gessi oppure attiva mediante corsetti dinamici
che servono ad agire sulla deflessione e alla rotazione della colonna vertebrale.
Il corsetto correttivo si applica è in base alla sede della scoliosi:
• In sede cervico-toracica si applica il corsetto di Milwaukee ( vi è un collare metallico con linguette
occipitali per stimolare l’autoallungamento della colonna. Il collare è collegato a tre aste, due
posteriori ed una anteriore per autocorreggere la gibbosità).
• In sede toracica si applica il corsetto di Milwaukee e di Cheneau
• In sede toraco-lombare alta il corsetto di Milwaukee e di Cheneau
• In sede toraco-lombare bassa il corsetto di Milwaukee e 3 valve
• In sede lombare il corsetto di Boston e 3 valve
• In sede lombo-sacrale il corsetto di Boston e 3 valve
In genere oltre alla sede il tipo di corsetto si applica in base all’età, al valore angolare, agli indici di
Risser, al dolore. Il corsetto va portato soprattutto di notte quando i muscoli sono rilassati.
CIFOSI (dorso curvo)
La cifosi è l’eccessiva curvatura posteriore della colonna vertebrale, che provoca, in genere nella parte
superiore della schiena la gobba
Si distingue in:
1. cifosi giovanile o malattia di Scheuermann = l’aspetto radiologico delle vertebre è a cuneo con
arrotondamento o a volte frammentazione del bordo vertebrale
2. cifosi idiopatica = il paziente presenta il dorso curvo, senza aspetto a cuneo delle vertebre.
Difficilmente si arriva a deformità eccessive.
3. cifosi neuromuscolare
4. cifosi mielomeningocele
5. cifosi traumatica
6. cifosi prostchirurgica
7. cifosi metabolica
Trattamento
Si utilizza il corsetto di Milwaukee oppure apparecchi gessati.
LORDOSI
La lordosi è la curvatura anteriore della colonna vertebrale, normalmente presente in grado lieve nella
zona lombare.
Si distingue in
1. posturale
2. congenita
3. neuromuscolare
4. post-laminectomia
5. secondaria a contratture in flessione delle anche
6. altre
Francesco Giuseppe Cannone
40
Ortopedia e Traumatologia
SINDROME LOMBARE
Le sindromi lombari sono: ernia, stenosi, stenosi + EDD, pacet sindrome (disturbi intervertebrali),
lombalgia.
LOMBALGIA
È una sindrome a eziologia multipla e non sempre ben definibile. Spesso il paziente ha atteggiamenti
alterati o primitivi o secondari alla lombalgia.
Epidemiologia
La lombalgia è la causa più frequente di limitazione dell’attività prima dei 45 anni.
Classificazione secondo Macciab:
per il 30%
• lombalgia viscerogena (causata dal tumore al pancreas, pelvici, della sfera urogenitale e dalla
perforazione dei visceri e dalle coliche),
• lombalgia vascolare (aneurismi dell’aorta, vasculopatie),
• lombalgia neurogena (neoplasia del midollo e della rachide, lesioni infiammatorie, neuropatia
diabetica),
• lombalgia spondilogena (ossee e discoarticolari),
• lombalgia miogena (miositi, fibromiositi, sindrome del piriforme, sindrome del quadrato dei lombi)
per il 70%
• lombalgia psicogena (quando il paziente è teso produce più acido lattico che causa dolore).
Cause
• Discoarticolari = ernia, discopatia degenerativa, artrosi interapofisaria, ddismorfismi;
• Ossee = stenosi, fratture, lussazioni, spondiliti anchilosanti, osteomieliti, osteoporosi, tumore
(mielosa, osteoma, osteoblastoma), metastasi (della mammella, tiroide, polmone, rene, prostata)
• Del complesso vertebrale = discoarticolari, ossee puri, peri ed endodurali, radicolari e periradicolari
• Extravertebrali
Lombalgia acuta
Esordio = insorge improvvisamente, talora in concomitanza con uno sforzo o un movimento brusco in
flessione. Allora la sintomatologia dolorosa si associa ad uno spasmo localizzato che impedisce ogni
movimento.
Segni clinici subettivi = dolore rachideo improvviso, violento; dolore radicolare; insufficienza staticodinamica.
Lombalgia cronica
Può instaurarsi come tale o seguire ad episodi di lombalgia acuta. Il dolore è di tipo sordo, gravitico,
risente della postura e delle variazioni meteorologiche. È alleviato dal riposo in decubito orizzontale.
Presenza di rigidità lombare. Può essere associata a crurologia o sciatalgia.
Rachialgia meccanica
Aumenta con il carico; aumenta in specifiche posizioni; peggiora con il movimento; migliora con il
riposo con anche e ginocchia flesse per annullare la lordosi.
Dolore posteriore
• Sede = regione lombare e regione glutea
• Caratteri = sordo, continuo, notturno, si accentua con l’iperestensione, flessione ed estensione.
N.B:= il disco è uno snodo che consente tre tipi di movimento.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
Ernia
Protensione Æ prolassione Æ estensione Æ ernia = compressione rapida di una radice da parte di una
massa che occupa spazio e produce edema, dolore ed insorgenza acuta monoradicolare, monolaterale.
Eziopatogenesi
Cause possono essere: predisponesti (per sovraccarico e dimorfismo che provocano degenerazione
dell’anulus); oppure determinati (causate da traumi, sforzi da flessione o torsione che causano
fuoriuscita del nucleo e quindi ernia.
Stimolazione ganglio-radicolare
La cruralgia è quando la stimolazione si verifica fra L2, L3, L4, invece la sciatalgia fra L4, L5 e S1
Tre stadi di sofferenza radicolare sono:
1. fase di irritazione
2. fase di compensazione
3. fase di interruzione
Segni clinici
1. contrattura muscolare
2. scoliosi antalgica
3. positività dei segni di Devitale, De Sezè, Lasagne, Neri I, Neri II, Wasserman, Boschi, ValsalaDelitare, Naffiziger, punti di Wallix
4. alterazione dei riflessi.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
DISPLASIA CONGENITA DELL’ANCA
È una malattia congenita dell’anca, articolazione molto importante, che ha diverse maniere di
esprimersi cioè l’articolazione può essere alterata o sublussata, o lussata. Si hanno anomalie di sviluppo
e di forme dell’articolazione coxo-femorale con alterazioni condiloide, cefaliche e capsulo-legamentose
che comportano incongruenze articolari e consequenziale perdita dei normali rapporti.
Incidenza
Si ha un rapporto M/F di 1/6 perché la donna ha il bacino più largo. Non tutti i bimbi però nascono con
la lussazione, ma solo con la displasia (instabilità dell’articolazione dovuta ad una lassità delle capsule e
dei legamenti). Sono le contrazioni muscolari che poi daranno l’incongruenza. Esistono però casi
eccezionali di lussazione congenita per fatti meccanici intrauterini esiste anche la lussazione inveterata
che si ha molti anni dopo l’inizio della deambulazione.
La d.c. dell’anca è maggiore nella razza bianca rispetto alla gialla. È assente nella razza negra. In Italia
l’incidenza è massima nelle regioni alpine.
Eziologia
• Teoria ereditaria di tipo poligenico a bassa penetranza (gemelli monocoriali)
• Multifattoriale = per fattori meccanici (oligodramnios, poligramnios, briglie amniotiche,
presentazione podalica) o per fattori ormonali (estrogeni materni, progesterone)
• Teoria della displasia acetabolare = il difetto consisterebbe nella cartilagine acetabolare meno
resistente (lasso) alle sollecitazioni meccaniche indotte dalla testa femorale e quindi facilmente
deformabile.
• Teoria della lassità capsulo-legamentosa = la lassità provocherebbe la tendenza alla lussazione
dell’epifisi femorale.
N.B. = la cartilagine psilotica (nucleo d’accrescimento) si trova fra ileo e ischio e pube.
L’acetabolo ha tre nuclei di ossificazione:
1. ileo = comparsa IX settimana di vita fetale,
2. ischio = comparsa XIII settimana di vita fetale,
3. pube = comparsa XVII settimana di vita fetale.
Il femore ha 4 nuclei di ossificazione:
1. collo = VI settimana intrauterina
2. testa = IV – VI settimana
3. grande trocantere III – IV anno
4. piccolo trocantere III – IV anno.
Il limbus è la porzione fibro-catrilaginea dell’ala iliaca che si completa superiormente al tetto
acetabolare e che da origine successivamente al ciglio cotiloideo.
Forme cliniche
• Displasia (nascita), pre-lussazione (pochi mesi) = il collo femorale è cutiverso e la testa del femore
inizialmente non presenta alcuna modificazione di forma. Presenza di retrazione della capsula
anteriore e di lassità della capsula posteriore. Anomalie morfo-strutturali della testa femorale
determinate da alterazioni della forma dei condrociti e delle caratteristiche biochimiche dei
proteoglicani. Anomalie della forma e della disposizione dei condrociti e delle caratteristiche
istochimiche della cartilagine acetabolare. Ovalizzazione dell’acetabolo con aumento del diametro
cranio-caudale. Presenza di una salienza semicircolare localizzata nella posizione postero-superiore
dell’acetabolo (definita (neo-limbus).
• Sub-lussazione (quando punta i piedi) = inibizione dell’ossificazione encondrale della porzione
post-superiore della cartilagine acetabolare, dovuta alla iperpressione della testa femorale, perdita
della forma sferica della testa femorale, ipertrofia del legamento rotondo, aumento dell’antiversione
del collo femorale e del valginismo. Aumento della retrazione della capsula anteriore e della lassità
della capsula posteriore. Ipertrofia del tessuto fibro-adiposo (pulvinar) che contribuisce a far uscire
la testa.
Francesco Giuseppe Cannone
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Ortopedia e Traumatologia
•
•
Lussazione (cammina 12-14 mese) = risalita della testa del femore oltre il bordo dell’acetabolo e
sua localizzazione in corrispondenza dell’ala iliaca, presenza di una doccia di migrazione, deformità
a coxo o a triangolo della testa, strozzamento a clessidra della capsula dovuto al tendine ileo-psoas
(si formano due cavità articolari). La capsula si ripiega.
Lussazione inveterata (dopo 16-17 mesi) = ancora presente dopo il IV-V anno di vita, formazione
del neo-cotile, notevole accorciamento degli adduttori e dello psoas-iliaco. Paleo-cotile in ipotrofia.
Con l’Rx si vede la doccia di scorrimento dovuta al movimento della testa.
Anatomia patologica
Ritardo nello sviluppo di tutti i componenti dell’articolazione coxo-femorali: estremo prossimale del
femore, cotile, capsula articolare, legamento rotondo, limbus, pulvinar (cuscinetto di grasso sul fondo
del cotile che serve ad ammortizzare gli stress meccanici. È come una borsa pre-rotulea, pre-decranica).
Quadro clinico
• Segni di certezza = segno dello scatto di Ortolani alla nascita.
• Segni di probabilità = asimmetria delle pliche cutanee, obliquità della rima vulvare (valido quando
è monolaterale), piede talo valgo. Limitazione dell’abduzione dell’anca.
• Displasia = piede talo valgo
• Pre-lussazione e sublussazione = asimmetria delle pliche, arto extraruotato (cosce e glutei)ed
accorciato, segno di Ortolani (si fa abdure l’arto flesso. La testa supera l’ostacolo del limbus e fa
tac), segno di Barlow (è opposto al segno di Ortolani e si vede una lussazione latente), segno di
Galeazzi (a gambe flesse le ginocchia sono asimmetriche, cioè uno più alto ed uno più basso). Si
notano:
Antiversione del collo
Triade di Putti (sfuggenza del cotile, ipoplasia o assenza del nucleo cefalico-femorale,
interruzione dell’arco di Shenton, Tale arco detto anche cervico-otturatorio va dal margine
mediale del condilo al margine del pube. Si vede su lastra in ortostatismo, non in
extrarotazione)
o Schema di Hilgenreimer (serve per studiare l’anca soprattutto senza nucleo di ossificazione.
Nell’anca normale l’angolo acetabolare non dovrebbe superare 25-30°, mentre nell’anca
displastica è uguale o maggiore a 30°)
o Diagramma di Ombredanne (considera il nucleo in sede, il nucleo sublussato e quello lussato,
poi divide l’anca in quadranti)
o Angolo di Wiberg (misura la capacità di copertura dell’angolo cotiliodeo)
Lussazione = arto accorciato, extraruotato e flesso, muscoli dell’anca ipotrofici, positività del segno
di Trendelenburg (si ha inclinazione del bacino in appoggio monopodalico per insufficienza dei
o
o
•
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glutei), zoppia di caduta, articolazione ridotta per l’abduzione aumentata. Aumento per tutti gli altri
movimenti. Si notano:
o Dislocazione della testa del femore
o Neocotile nella fossa iliaca esterna
o Segni di risalita del grande trocantere
o Epifisi deformata
o Osteofitosi e geodi
o Inutilità o difficoltà interpretative di esame Rx entro il 4.5 mese.
Indagini strumentali
Ecografia = indagine strumentale non invasiva. Si vede in garsso sottocutaneo a patto che il bambino
sia fermo nella giusta posizione.
Rx = è consigliabile dopo i 4 mesi per poter vedere il nucleo di ossificazione della testa del femore già
comparso. A 9 mesi è già tardiva per poter fare una terapia.
Trattamento
Lo scopo è ottenere una riduzione della testa all’interno della cavità acetabolare e di mantenere questa
posizione fino alla normale crescita sia nelle parti ossee (acetabolo o femore) sia delle parti molli
(capsula, legamenti muscolari).
Il trattamento di base viene differenziato in base all’età ed allo stadio della malattia, come schema sotto:
• Displasia – prelussazione = trattamento incruento (se l’anca è ben centrata), tutori, apparecchi
gessati. Il trattamento consiste nel bloccare in abduzione le anche mediante un doppio pannolino, o
il divaricatore di Pavilk o il tutore. In questo modo si centrano le anche e si mettono in posizione
per migliorare i rapporti articolari, in condizione di riposo, in modo da fare crescere correttamente
lo scheletro come le altre strutture.
• Sublussazioni =
o se è riducibile e stabile si adotta la riduzione incruenta; il trattamento serve a centrare la testa
del femore nella cavità acetabolare, prima si stira e poi si abduce (skin-traction) con cerotto, poi
si immobilizza il bambino mediante apparecchio gessato inglobante anche l’arto controlaterale.
Con la skin-traction si converte un’anca irriducibile in un’anca riducibile attraverso la discesa
della testa del femore nella cavità acetabolare. Con tale metodo diminuisce l’incidenza della
necrosi.
o se invece è riducibile ma instabile si adotta la riduzione cruenta, l’osteotomia e la tettoplastica.
• Lussazioni =
o se la riduzione è stabile si adotta la riduzione incruenta (skin-tration in narcosi, apparecchio
gessato pelvi-podalico nelle due posizioni di Paci-Lorenz).
o
se è instabile si adotta la riduzione cruenta a cielo aperto, l’osteotomia di centramento, la
tettoplastica con trapianto d’osso.
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o
se è irriducibile, quindi tardiva, si immobilizza il bambino con apparecchio gessato oppure si
adotta la tettoplastica con trapianto d’osso, la osteotomia di centramento, la riduzione
chirurgica, la tenotonia del muscolo psoas e degli adduttori.
Esiti a distanza del trattamento
Artrosi dell’anca determinata dalle precoci alterazioni che la malattia induce a livello della cartilagine
acetabolare.
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ARTROSI
La funzione locomotrice è duplice:
a. statica = data dall’osso
b. dinamica = data dalle articolazioni (cartilagine, sinovia, capsula e legamenti osso [travate
ossee e spazio pascolo-midollare dato dai canali di Havers]).
I muscoli entrano in gioco sia nella funzione statica che dinamica.
Cartilagine articolare = È formata da:
a) lamina splendens: costituita solo da fibrille collagene (tessuto di sostegno della cartilagine),
b) strato tangenziale: le fribrille collagene sono disposte parallele, più spesse, unite da aggregati di
proteoglicani e sono presenti condrociti,
c) strato radicale: è lo strato che produce la cartilagine. Le fibre collagene formano una specie di
canestro attorno ai condrociti,
d) strato colonnare: chiamato così perché i condrociti sono disposti a colonna,
e) strato tide mark: la cartilagine è calcificata perché è a stretto contatto con lo strato f che è il primo
strato dell’osso subcondrale.
Aggregati di proteoglicani
Sono formati da una lunga molecola centrale di acido ialuronico al quale, mediante proteine di
aggregamento (collegamento), si legano i singoli glicosamminoglicani (cheratin-solfato e
condroitin-solfato). Questi aggregati di proteinoglicani sono caricati negativamente, si
attaccano alle fibrille e si respingono (perché tutti negativi), ma rimangono attaccati alle
fibrille. Ciò conferisce elasticità e resistenza alla cartilagine. La cartilagine in realtà non è
liscia, come si vede microscopicamente, ma è un po’ ruvida. Ciò è un bene perché permette sia
l’intrappolamento del liquido sinoviale ed anche evita che si asciughi. Il liquido sinoviale ha la
proprietà di lubrificare e di nutrire.
Definizione e generalità di artrosi
L’artrosi è il risultato di fenomeni meccanici e biologici che destabilizzano l’equilibrio fra
sintesi e degradazione della cartilagine e dell’osso subcondrale. L’artrosi tocca tutti i tessuti
articolari e si manifesta con modificazioni morfologiche, biochimiche, molecolari e
biomeccaniche delle cellule e della matrice cartilaginea che conducono a rammollimento,
fissurazione, ulcerazione, perdita di cartilagine articolare e reazione dell’osso subcondrale con
produzione di osteofiti e cisti subcondrali. Quando l’artrosi diventa sintomatica, si ha dolore,
rigidità e versamento articolare con diversi gradi di flogosi locale. Si tende a distinguere
schematicamente le artrosi (dolore meccanico a carico della cartilagine articolare), dall’ artrite
(dolore infiammatorio a carico della membrana sinoviale).
Artrite reumatoide
È una malattia a patogenesi multifattoriale, in cui diversi agenti eziologici sono in grado di indurre, in soggetti
geneticamente predisposti, un processo autoimmune, che attraverso fenomeni infiammatori, determinano una
sindrome cronica proliferativa con ipertrofia villosa, distruzione della cartilagine articolare e riassorbimento delle
strutture ossee con cronicizzazione della malattia ed esiti anchilosanti.
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Classificazione dell’artrosi
ο idiopatica = alterazione metabolica primaria della cartilagine
ο secondaria = si divide in artrosi meccanica ed artrosi strutturale:
a) Artrosi meccanica
98% di tutte le artrosi. È data dall’ipersollecitazione sulla cartilagine sana dovuta a:
ο
displasia : incongrua superficie portale Æ
ο
tube statiche = disassiamento (es. varo, balgo), squilibri, instabilità (es. ginocchio senza
menisco), Æ
ο sovraccarico = ponderale, professionale, sportivo Æ
Le tre cause di artrosi meccanica portano a sua volta Æ alla iperpressione, che agendo su una
cartilagine sana causa una condrosi che poi sviluppa una artrosi.
b) Artrosi strutturale
2% di tutte le artrosi. È data dalle normali sollecitazion,i sulla cartilagine malata, da diverse cause. Si
arriva prima alla condrosi e poi all’artrosi.
CAUSE
Ischemia, necros,. Paget Æ osso Æ
Traumatismi, cortisone, steroidi Æ
Infezioni, infiammazioni, emartri Æ sinovia Æ
Turbe endocrine Æ
Patologie ereditarie Æ
Patologie indeterminate Æ
Turbe metaboliche, condrocalcinosi, gotta Æ
Turbe nervose Æ
Artropatie neurologiche Æ
Cartilagine Æ Condrosi (condizione
preartrosica)
Æ funzione normale Æ Artropatia
La condrosi si può distinguere in tre stadi (secondo Ficat):
1) Edema= La presenza di edema è causata dal fatto che si è spezzato il legame fra proteoglicani e
fibrilla collagene e non si trattiene più l’acqua.
2) Fissurazione= L’edema fessura la lamina splendens e determina fuoriuscita di sostanza.
3) Ulcerazione ed eburneizzazione= il processo degenerativo diventa irreversibile e si forma
l’ulcera torbida. Successivamente, l’ulcera non potendo più guarire, scompare la cartilagine
articolare e si instaura l’eburneizzazione cioè l’esposizione dell’osso subcondrale.
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