Comunicazione (Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.) La comunicazione (dal lat. cum = con, e munire = legare, costruire e dal lat. communico = mettere in comune, far partecipe) non è soltanto un processo di trasmissione di informazioni (secondo il modello Shannon e Weaver). In italiano, comunicazione ha il significato semantico di "far conoscere", "render noto". In tedesco, il termine Mitteilung mantiene la radice latina mettere in comune, condividere. La comunicazione è un processo costituito da un soggetto che ha intenzione di far sì che il ricevente pensi o faccia qualcosa (Grice, 1975). Poiché il termine viene impiegato in contesti assai diversi,dalla filosofia alla sociologia alla psicologia, alla biologia, alla teoria dell'informazione, si rivela difficile offrire una definizione che sia da un lato significativa, dall'altro valida in ogni contesto. La filosofia si è occupata del problema della comunicazione. Esempi di queste riflessioni si trovano in Socrate (Il dialogo: sommo bene) e Platone; il tema è poi trattato esplicitamente in Kierkegaard (Comunicazione d'esistenza)e in pensatori più recenti, come ad es. Wittgenstein, Searle o Derrida. Comunicazione significa sia il quotidiano parlare assieme delle persone, sia pubblicità o pubbliche relazioni. Gli agenti della comunicazione possono essere persone umane, esseri viventi o qualsiasi altra "cosa". Infatti è colui che "riceve" la comunicazione ad assegnare a questa un significato (Friedemann Schulz von Thun, Ludovica Scarpa), per cui è la potenzialità creativa dell'essere umano ad assegnare significati ad ogni cosa, creando il "sistema comunicazione" con le sue due caratteristiche: l' immaginazione e la creazione di simboli. È tuttavia argomento di discussione se la comunicazione presupponga l'esistenza di coscienza, o se si tratti di un processo che può avvenire anche tra macchine. Se infatti è colui che riceve la comunicazione ad assegnare un significato ogni "cosa" può comunicare. Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un'interazione tra soggetti diversi: si tratta in altri termini di una attività che presuppone un certo grado di cooperazione. Ogni processo comunicativo avviene in entrambe le direzioni e, secondo alcuni, non si può parlare di comunicazione là dove il flusso di segni e di informazioni sia unidirezionale. Se un soggetto può parlare a molti senza la necessità di ascoltare, siamo in presenza di una semplice trasmissione di segni o informazioni. Nel processo comunicativo che vede coinvolti gli esseri umani ci troviamo così di fronte a due polarità: da un lato la comunicazione come atto di pura cooperazione, in cui due o più individui "costruiscono insieme" una realtà e una verità condivisa (la "struttura maieutica" proposta da Danilo Dolci); dall'altro la pura e semplice trasmissione, unidirezionale, senza possibilità di replica, nelle varianti dell'imbonimento televisivo o dei rapporti di caserma. Nel mezzo, naturalmente, vi sono le mille diverse occasioni comunicative che tutti viviamo ogni giorno, in famiglia, a scuola, in ufficio, in città. Il concetto di feedback, o retroazione, centrale nella cibernetica, ha un ruolo fondamentale nei processi comunicativi. Possiamo individuare nella qualità della retroazione, e nel modo in cui il feedback viene usato nel processo comunicativo, un segnale per una "buona comunicazione". In tal caso si può dire che il significato di una comunicazione sta nel suo risultato - ed è indipendente quindi dalle intenzioni dei partecipanti (come accade di dover sperimentare amaramente nella vita quotidiana). Vedi anche la voce: ascolto. Un modello formale di comunicazione [modifica] Generalmente si distinguono diversi elementi che concorrono a realizzare un singolo atto comunicativo: emittente: la fonte delle informazioni effettua la codifica di queste ultime in un messaggio ricevente: accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende codice: parola parlata o scritta, immagine, tono impiegata per "formare" il messaggio canale: il mezzo di propagazione fisica del codice (onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit elettronici) contesto: l' "ambiente" significativo all'interno del quale si situa l'atto comunicativo referente: l'oggetto della comunicazione, a cui si riferisce il messaggio Come si è detto, il processo comunicativo ha una intrinseca natura bidirezionale, quindi il modello va interpretato nel senso che si ha comunicazione quando gli individui coinvolti sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi. In realtà, anche in un monologo chi parla ottiene dalla controparte un feedback continuo, foss'anche il messaggio non verbale "parla quanto vuoi, io non ti ascolto". Questo fenomeno è stato riassunto con l'assioma (di Paul Watzlawick) secondo il quale, in una situazione in presenza di persone, "non si può non comunicare": perfino in una situazione anonima come in un vagone della metropolitana noi emettiamo per i nostri vicini continuamente segnali non verbali (che significano pressappoco "anche se sono a pochi centimetri da te, non ti minaccio e non intendo immischiarmi nella tua sfera intima"), e i nostri compagni di viaggio accolgono il messaggio, lo confermano e lo rinforzano ("bene; lo stesso vale per me nei tuoi confronti"). Già da questo semplice modello possiamo individuare diversi aspetti potenzialmente problematici del processo comunicativo: a) Il processo di comunicazione, pur essendo formalmente cosa separata dal mezzo attraverso il quale avviene, ne è altamente influenzato: se utilizzo il codice Morse, cercherò di limitare il messaggio allo stretto necessario, se utilizzo una lettera userò un tono tendenzialmente più formale rispetto ad una telefonata. Il mezzo influenza la comunicazione, ciascuno in un modo diverso, e quindi si potranno individuare dei mezzi di comunicazione particolarmente adatti a trattare un certo argomento, ma inadatti ad un altro. b) Non è detto che il gran numero di singoli messaggi, verbali e non verbali, emessi in un dato momento (vedi oltre), siano sempre congruenti tra loro. Posso dire due cose diverse con le parole e con i gesti (ad esempio dire al mio rivale in amore "lieto di conoscerti" con un'espressione del volto assai contrariata). c) Non è detto che l'interpretazione del contesto all'interno del quale avviene lo scambio comunicativo sia sempre identica o congruente. Nell'aula di una scuola, il docente potrà pensare di avere uno stile partecipativo e "democratico", mentre lo studente potrà sentirsi parte di una relazione asimmetrica e autoritaria. Da quanto appena detto emerge chiaramente che la comunicazione non sempre "funziona"; questo dato viene confermato innumerevoli volte dalla nostra esperienza quotidiana. In situazioni particolari come i conflitti interpersonali, o anche quando sono in gioco patologie mentali la comunicazione diventa particolarmente difficile e può produrre ulteriore disagio. Modelli di comunicazione interpersonale [modifica] Paul Watzlawick e colleghi (1967) hanno introdotto una differenza di fondamentale importanza nello studio della comunicazione umana: ogni processo comunicativo tra esseri umani possiede due dimensioni distinte: da un lato il contenuto, ciò che le parole dicono, dall'altro la relazione, ovvero quello che i parlanti lasciano intendere, a livello verbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro. In epoca recente, lo psicologo di Amburgo Friedemann Schulz von Thun (1981) ha proposto un modello di comunicazione interpersonale che distingue quattro dimensioni diverse, nel cosiddetto "quadrato della comunicazione": contenuto: di che cosa si tratta? (lato blu del quadrato, in alto) relazione: come definisce il rapporto con te, che cosa ti fa capire di pensare di te, colui che parla? (lato giallo, in basso) rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela, consapevolmente o meno, qualcosa di sé. (lato verde, a sinistra) appello: che effetti vuole ottenere chi parla? Ciò che il parlante chiede, esplicitamente o implicitamente, alla controparte di fare, dire, pensare, sentire. (lato rosso, a destra). Queste quattro dimensioni si possono tener presenti sia nel formulare messaggi che nell'ascolto e nell'interpretazione dei messaggi di altri. In questo secondo caso la "scuola di Amburgo" parla delle "quattro orecchie" (corrispondenti ai "quattro lati del quadrato della comunicazione") su cui ci si può sintonizzare. Ad esempio, per riuscire a "prendermela", ad offendermi nell'ascoltare la comunicazione x, dovrò assegnare ad essa significato sintonizzandomi sull'orecchio "giallo", quello che tende a vedere nella comunicazione degli altri il loro soppesarci, il segno cioè di quanto questi ci rispettino. Questo modello visualizza come noi si sia sempre liberi di assegnare a qualsiasi comunicazione un significato oppure un altro, evidenzia così il potere di chi ascolta nel contribuire a definire la qualità di una interazione. Con un poco di allenamento è possibile, ad esempio, sintonizzarci sull'orecchio verde, invece che su quello giallo, e chiederci, dentro di noi, di fronte ad una comunicazione che ci pare irritante (e lo farà solo se siamo sintonizzati sull'orecchio giallo!): "come si sente, la persona che parla, per sentire il bisogno di parlarmi in questo modo?" Bibliografia Pietro Boccia, Comunicazione e mass media, Zanichelli, Bologna, 1999, ISBN 88-08-07357-2 Pietro Boccia, Linguaggi e multimedialità, SimoneScuola, Napoli 2004, ISBN 88-244-8707-6 Arielli Emanuele, Scotto Giovanni, Conflitti e mediazione, 2003, Milano, Bruno Mondadori. Eco Umberto Trattato di semiotica generale,1975, Milano, Bompiani, ISBN 8845200493 Schulz von Thun Friedemann, Miteinander Reden, 1981, Hamburg Tr. it. Parlare insieme, 1997, Milano, TEA. Watzlawick Paul, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatics of Human Communication, 1967, New York, W.W. Norton Tr. it.: Pragmatica della Comunicazione Umana, 1971, Roma, Astrolabio, ISBN 8834001427. Marco Pacori Come interpretare i messaggi del corpo, (ultima edizione) 2007, Milano, DVE Editore Marco Pacori I Segreti della Comunicazione, (ultima edizione) 2007, Milano, DVE Editore Marco Villamira, Inter Actio o dell'interazione tra sistemi, FrancoAngeli, Milano, 2001, ISBN 88-4641422-5 Se si applica il modello interpersonale di comunicazione di Schulz von Thun ad una situazione in cui due persone, di nazionalità e lingua diversa comunicano, le complicazioni, dovuti dalla complessità del quadrato della comunicazione, possono aumentare notevolmente. Se per due persone dello stesso contesto linguistico e culturale potrebbe essere sufficiente riflettere su i quattro “lati” del messaggio per evitare un malfunzionamento della comunicazione, non è così per due persone con un contesto linguistico e culturale differente. Questo modello mostra quanto le così dette quattro abilità (ascoltare, leggere, scrivere e parlare) dipendano dal contesto culturale e della sua conoscenza per essere efficaci. Nel così detto “apprendimento tradizionale” di una LS tutto quanto girava intorno al contenuto: l’intenzione di comunicare (nel caso si ipotizzasse un contesto comunicativo) si riduceva ad una trasmissione (o traduzione) “grammaticalmente corretta” del contenuto. L’apprendimento delle LS che si fonda sullo sviluppo delle competenze che intendono la comunicazione una forma di interazione tra individui non può fare a meno della consapevolezza che una profonda conoscenza della cultura “diversa” (oltre alla conoscenza della lingua straniera) sta alla base per garantire una “corretta” comunicazione. Questi “messaggi” che rivelano i lati “relazione”, “rivelazione di sé” e appello, spesso non sono verbali bensì “non-verbali”: possono essere semplice gesti, posizioni , ma anche atteggiamenti più complessi. Per esempio: se il gesticolare con le mani in Italia accompagna semplicemente il discorso per sottolinearlo, in Germania lo stesso gesticolare potrebbe essere interpretato come “mancanza di autocontrollo”, nervosismo o altro. E al contrario, la mancanza del gesticolare da parte di un tedesco in Italia, spesso viene interpretato come “freddezza” e distanza, senza che a priori questi siano le vere intenzione di uno dei interlocatori. Il concetto della mediazione, infatti, cerca di rispondere alla esigenza di comprendere più di ciò che viene detto: non si tratta quindi di tradurre (contenuti) ma di intendere la mediazione come atto comunicativo tra due “sistemi” diversi, a livello linguistico, culturale e storico, ma anche a livello psicologico. In questo contesto la teoria della comunicazione interpersonale può dare un valido contributo per le nostre attività in aula, sia per la programmazione di attività didattiche nuove e diversi come per esempio esercizi di role-play, ma anche per un miglioramento degli aspetti relazionali alunno-alunno e alunno-insegnante.