1 Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dottorato di Ricerca in Biochimica XVII Ciclo (A.A. 2001-2004) STUDI SUL MECCANISMO CATALITICO DI DUE ENZIMI DIPENDENTI DAL PIRIDOSSAL FOSFATO :LA GLUTAMMATO 1-SEMIALDEIDE AMINOMUTASI E LA L-TREONINA ALDOLASI Dottoranda SIMONA D’AGUANNO Docente guida Prof. Francesco Bossa Coordinatore Prof. Paolo Sarti Commissione: Prof. Maurizio Paci Prof. Giovanni Antonini Prof. Nazzareno Capitanio D ICEMBRE 2004 2 INDICE 1. INTRODUZIONE GENERALE 1.1 Gli enzimi dipendenti dal piridossale 5’- fosfato………………................1 1.2 Meccanismi di reazione degli enzimi dipendenti dal PLP…….................1 1.3 Evoluzione degli enzimi dipendenti dal PLP…………………………….9 1.4 Gli enzimi PLP-dipendenti e la promiscuità catalitica………………….11 1.5 Progettazione di inibitori specifici per gli enzimi dipendent i dal PLP …14 2. STEREOCHIMICA DELLE REAZIONI DELLA GLUTAMMATO 1-SEMIALDEIDE AMINOMUTASI CON IL 4,5DIAMINOVALERATO 2.1 Introduzione…………………………………………………………… 17 DAVA: intermedio chiave nel meccanismo di reazione della GSA-AM...................................................................................................18 Conformazione asimmetrica della struttura tridimensionale della GSA-AM…………………………………………………………...22 Ruolo dell’ansa mobile nel meccanismo catalitico della GSA-AM……...........................................................................................26 Enantioselettività della GSA-AM nei confronti del DAVA…………….27 Scopi della ricerca……………………………………………………….28 2.2 Materiali e metodi……………………………………………………….29 Terreni di coltura………………………………………………………..29 Ceppi batterici di Escherichia coli e plasmidi………………………….29 3 Tecniche del DNA ricombinante………………………………………..31 Preparazione di cellule competenti……………………………………...32 Espressione e purificazione della GSA-AM…………………………….33 Elettroforesi su gel di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE)…………..35 Conversione dell’enzima nativo nella forma a PLP o PMP……………..38 Analisi quantitativa dei composti coinvolti nelle reazioni………………39 Esperimenti di cinetica rapid a ed analisi dei dati………………………..42 2.3 Risultati e discussione…………………………………………………..45 Reazioni di D- ed L- DAVA con la succinico semialdeide……………..45 Sintesi di DAVA………………………………………………………...48 Preparazione dell’enantiomero D-DAVA………………………………56 Reazione fra D-DAVA e SSA…………………………………………..57 Reazione tra i due enantiomeri del DAVA e la forma EL dell’enzima….61 2.4 Conclusioni……………………………………………………………...70 3. L-TREONINA ALDOLASI, SERINA IDROSSIMETILTRASFERASI E ALANINA RACEMASI FUNGINA: UN SOTTOGRUPPO DI ENZIMI STRETTAMENTE CORRELATI SPECIALIZZATI PER REAZIONI DIFFERENTI………………………………………………..74 3.1 Introduzione……………………………………………………………..74 Studi comparativi tra SHMT, L- TA e alanina racemasi fungina……….75 Confronto strutturale ed analisi evolutiva………………………………79 4 Scopo della ricerca……………………………………………………….89 3.2 Materiali e metodi……………………………………………………….91 Ceppi batterici di Escherichia coli………………………………………91 Vettore plasmidico pET22b(+)………………………………………….92 Clonaggio dei geni toxG e cssB codificanti l’alanina racemasi rispettivamente da C. carbonum e T. niveum nel plasmide pET22b(+).........93 Mutagenesi sito specifica per la sostituzione di singoli residui aminoacidici ……………………………………………………………..96 Ceppo di Saccharomyces cerevisiae……………………………………...97 Preparazione di cellule competenti di Saccharomyces cerevisiae………..98 Trasformazione di Saccharomyces cerevisiae per elettroporazione……...98 Vettore di espressione pYES-2…………………………………………..99 Clonaggio del gene cssB codificante l’alanina racemasi da Tolipocladium niveum nel vettore di espressione pYES-2 ………........100 Protocollo di lisi di cellule di Saccharomyces cerevisiae………………102 Estrazione dell’alanina racemasi dai corpi inclusi……………………..103 Espressione e purificazione delle forme mutanti della L-treonina aldolasi……………………………………………………...104 Caratterizzazione biochimica degli enzimi mutanti…………………….109 3.3 Risultati e discussione…………………………………………………113 Tentativi di espressione e purificazione dell’alanina racemasi fungina…………………………………………………………………113 Produzione delle forme enzimatiche mutanti dell’eL-TA……………...116 5 Misura dell’affinità del mutante H83N per il cofattore………………...117 Scissione aldolica di L-treonina e L-allo-treonina……………………..118 Transaminazione di D- e L- alanina…………………………………...122 Racemizzazione di D- e L- alanina…………………………………….126 3.4 Conc lusioni…………………………………………………………….129 4. BIBLIOGRAFIA………………………………………………………131 5. PUBBLICAZIONI …………………………………………………….139 6 INTRODUZIONE GENERALE 1.1 Gli enzimi dipendenti dal piridossale 5’-fosfato Gli enzimi dipendenti dal piridossale 5’- fosfato (PLP), un derivato della vitamina B6 che funge da cofattore, sono responsabili della maggior parte delle trasformazioni chimiche alle quali aminoacidi e amine vanno incontro nel metabolismo cellulare. Tali trasformazioni spaziano da semplici isomerizzazioni a complesse reazioni di sintesi. Agli enzimi dipendenti dal PLP appartengono transaminasi, deaminasi, racemasi, deidratasi, liasi, numerose sintasi e decarbossilasi; il PLP rappresenta inoltre il gruppo prostetico delle glicano fosforilasi, quali la glicogeno fosforilasi, svolgendo quindi un ruolo di fondamentale importanza anche nel metabolismo dei carboidrati (Metzler, 1977), anche se con un meccanismo di reazione diversi. Il cofattore libero in soluzione è in grado di catalizzare, anche se molto più lentamente, tutte le reazioni catalizzate dagli enzimi PLP-dipendenti. Sono quindi le caratteristiche chimiche intrinseche del PLP che lo rendono un catalizzatore molto versatile, anche se è la struttura proteica di ciascun enzima a determinare la specificità di reazione: è infatti il microambiente che circonda il cofattore a favorire una determinata reazione rispetto alle molte altre possibili. 1.2 Meccanismi di reazione degli enzimi dipendenti dal PLP Il PLP possiede due proprietà chimiche fondamentali: attraverso il suo gruppo aldeidico forma imine con il gruppo aminico primario dei substrati (fig. 1.1a) ed è inoltre in grado, fungendo da “trappola di elettroni”, di attrarre 7 elettroni dal substrato e di stabilizzare gli intermedi carbanionici che si formano dalla scissione eterolitica dei legami. I passaggi iniziali del meccanismo di tutte le reazioni catalizzate dagli enzimi dipendenti da PLP sono essenzialmente gli stessi. Il cofattore, che forma una “aldimina interna” (base di Schiff) con il gruppo aminico ε di un residuo di lisina al sito attivo, reagisce con il gruppo -NH2 del substrato per formare “l’aldimina esterna” (fig. 1.1b). L’interconversione tra aldimina interna ed esterna avviene attraverso la formazione di una diamina geminale in cui entrambi gruppi -NH2 dell’enzima e del substrato sono legati al C4 ’ del cofattore. In questa struttura l’atomo di carbonio presenta una geometria tetraedrica mentre nelle due aldimine ha geometria planare (Metzler et al., 1954). 8 Fig. 1.1 a) il PLP reagisce reversibilmente con le amine primarie per formare imine; b) la reazione di transiminazione tra l’aldimina interna e quella esterna permette il legame del substrato ed il rilascio del prodotto. 9 Il corso successivo della reazione dipende da quale dei tre legami al carbonio α viene scisso. Questi legami sono indeboliti dall’effetto ad attrazione elettronica esercitato dall’anello aromatico del PLP e dall’azoto piridinico protonato (fig. 1.2a). Tale effetto viene aumentato dall’azoto aldiminico protonato, che è mantenuto in questo stato da un legame idrogeno con l’anione fenossido e dalla risonanza elettronica (fig. 1.2b). Il taglio eterolitico avviene in corrispondenza del legame al Cα che giace su un piano perpendicolare al sistema dell’orbitale π del complesso cofattore–amina (fig. 1.2c). La perdita di uno dei tre sostituenti del Cα, (H+, CO2 o la catena laterale), porta alla formazione di un carbanione, chiamato intermedio chinonoide (fig. 1.3), stabilizzato per risonanza attraverso il sistema dell’anello piridinico del cofattore (fig. 1.3c). 10 Fig.1.2 Effetti di risonanza ed elettrostatici nella catalisi dipendente dal PLP. 11 Aldimina esterna Aldimina interna X + (o Y+ o Z+) Intermedio chinonoide DESTINI DIVERSI Fig. 1.3 Reazioni comuni agli enzimi dipendenti dal PLP Le reazioni possono quindi procedere attraverso un passaggio di deprotonazione, decarbossilazione o eliminazione della catena laterale. La formazione dell’intermedio chinonoide rappresenta un importante punto di 12 diversificazione degli enzimi dipendenti dal PLP. A questo intermedio, infatti, seguono, a seconda dell’enzima coinvolto nella catalisi, molteplici vie che si ramificano in una serie di passaggi consecutivi e che terminano, invariabilmente, nella formazione di un’aldimina o di una chetoimina, addotti che sono poi idrolizzati o transiminati per liberare il prodotto della reazione (fig. 1.4). Legenda della figura 1.4 1) reazioni che procedono attraverso l’eliminazione di CO2 dal Cα: 1a) α-decarbossilazione 1b) α-decarbossilazione seguita da transaminazione 2) reazioni che procedono attraverso la deprotonazione del Cα: 2a) racemizzazione 2b) transaminazione 4) β-decarbossilazione 5) β-eliminazione 5’) β-sintesi 6) γ-eliminazione 6’) γ-sintesi 3) reazioni che procedono attraverso l’eliminazione della catena laterale: 13 3a) α-sintesi 3b) scissione alcolica (4), (5) e (6) Fig.1.4 Reazioni catalizzate dagli enzimi dipendenti dal PLP. 14 1.3 Evoluzione degli enzimi dipendenti dal PLP I primi studi evoluzionistici sull’origine degli enzimi dipendenti dal PLP portarono alla formulazione dell’ipotesi di un unico progenitore comune (Dunathan & Voet, 1974). Questa teoria fu successivamente abbandonata quando studi comparativi basati su allineamenti della struttura primaria, ottenuti con il metodo dell’analisi dei profili di sequenza (Gribskov et al., 1990), dimostrarono che gli enzimi dipendenti dal PLP possono essere raggruppati in tre famiglie di proteine omologhe evoluzionisticamente non correlate (Alexander et al., 1994; Mehta & Christen, 2000). L’esistenza di una quarta famiglia, comprendente la D-aminoacido aminotrasferasi e l’aminotrasferasi degli aminoacidi a catena ramificata, venne ipotizzata per spiegare la scarsa omologia di sequenza riscontrata tra queste proteine e le altre analizzate. Negli stessi studi venne notato che, tranne in alcune eccezioni, gli enzimi appartenenti allo stesso raggruppamento catalizzano la trasformazione del medesimo atomo di carbonio (C α, Cβ o Cγ), per cui le tre famiglie, in base alla regiospecificità delle reazioni catalizzate, furono chiamate α, β e γ. Alla famiglia α , famiglia dell’aspartato aminotrasferasi, appartengono le aminotrasferasi ma anche le racemasi, le decarbossilasi, le mutasi e le sintasi. Alle famiglie β e γ appartengono enzimi coinvolti in reazioni rispettivamente di β o γ eliminazione e sintesi. In seguito, grazie ad altre analisi ed alla risoluzione di numerose strutture cristallografiche, le famiglie α e γ risultarono correlate, mentre l’esistenza di una quarta famiglia venne confermata. Un altro metodo più recente di classificazione per gli enzimi dipendenti dal PLP è stato basato sul confronto delle strutture secondarie e terziarie (Grishin et al., 1995). Sono stati così individuati cinque tipi di ripiegamento 15 nello spazio della catena polipeptidica. La classe di ripiegamento di tipo I, corrispondente alle famiglie α e γ della precedente classificazione, ha come enzima prototipo l’aspartato aminotrasferasi, mentre enzimi rappresentanti delle classi di tipo II, III, IV e V sono, rispettivamente, la subunità β della triptofano sintasi, l’ornitina decarbossilasi eucariotica, la D-aminoacido aminotrasferasi e la glicogeno fosforilasi. Nella classe di tipo II, formata da α/β proteine, il residuo di lisina al sito attivo è localizzato su un’α-elica nel dominio N-terminale ed il cofattore risulta legato con la faccia re rivolta verso il solvente. La classe di tipo III presenta un caratteristico motivo strutturale a barile α/β. Gli enzimi appartenenti a tale famiglia, tra cui l’ornitina decarbossilasi eucariotica, sono gli unici, tra gli enzimi dipendenti dal PLP, ad avere un ripiegamento correlato a proteine che non dipendono dal PLP. Contrariamente alle classi di tipo I e II , il PLP si lega con la faccia re rivolta verso l’enzima. La lisina al sito attivo è situata sul dominio C-terminale. La classe di tipo IV comprende due membri : la D-aminoacido aminotrasferasi e le aminotrasferasi di aminoacidi a catena ramificata. Il cofattore si lega con la faccia re rivolta all’enzima invece che al solvente. Nella D-aminoacido aminotrasferasi la tasca del sito attivo si può ritenere l’immagine speculare del sito attivo delle aminotrasferasi di classe I. Questa caratteristica, del resto, spiega la diversa stereospecificità della D-aminoacido aminotrasferasi e rappresenta un buon esempio di evoluzione convergente (Sugio et al., 1995 ). La classe di tipo V è rappresentata dalla glicogeno fosforilasi. In questo caso il cofattore non funge da elettrofilo ma partecipa, tramite il suo gruppo fosfato, alla catalisi, che è di tipo acido-base. Tuttavia, poiché il PLP viene legato in maniera molto specifica e risulta coinvolto nella catalisi, la 16 glicogeno fosforilasi può essere inclusa nella superfamiglia degli enzimi dipendenti da PLP. Le proteine di classe I, infine, sono anch’esse delle α/β proteine. La sovrapposizione delle strutture tridimensionali rivela che, in queste proteine, la posizione del cofattore nel sito attivo è pressoché identica. I residui conservati sono due: la lisina al sito attivo che lega il cofattore ed un residuo di acido aspartico che interagisce con l’azoto piridinico del PLP. Il cofattore risulta legato con la faccia re rivolta verso il solvente. Gli enzimi appartenenti a questa classe sono tutti cataliticamente attivi come omodimeri, o come oligomeri di ordine superiore, con due siti attivi per dimero. Il sito attivo si trova all’interfaccia del dimero, e ciascun monomero partecipa alla formazione di entrambi i siti attivi. La maggior parte delle strutture tridimensionali note appartengono a questo tipo di ripiegamento. 1.4 Gli enzimi PLP-dipendenti e la promiscuità catalitica Numerosi enzimi hanno la capacità di catalizzare, con i propri sub strati o con analoghi di substrato, reazioni alternative rispetto alla propria reazione fisiologica. Tale comportamento è stato definito “promiscuità catalitica”. Le reazioni alternative catalizzate in presenza di substrati naturali prendono il nome di “errori non indotti”: un esempio è dato dalla racemizzazione dell’Laspartato da parte dell’aspartato aminotrasferasi, che avviene, però, con frequenze così basse da non essere fisiologicamente rilevante (Kochhar & Christen, 1992). Si conoscono invece casi in cui reazioni secondarie catalizzate da enzimi “promiscui” hanno importanza fisiologica (Martin, 1993). Le reazioni alternative catalizzate dagli enzimi in presenza di analoghi di substrato vengono invece definite “errori indotti”. Le superfamiglie delle 17 α/β idrolasi, delle enolasi e degli enzimi dipendenti dal PLP costituiscono degli esempi ben noti di enzimi “promiscui” (O’Brien & Herschlag, 1999). Molti enzimi dipendenti dal PLP catalizzano reazioni alternative che corrispondono alla reazione principale di altri enzimi della stessa famiglia. L’aspartato aminotrasferasi (AAT) rappresenta un esempio ben studiato di enzima a PLP “promiscuo”. Normalmente l’AAT trasferisce il gruppo -NH2 dell’aspartato all’α-chetoglutarato, producendo ossalacetato e glutammato, ma è anche in grado, seppur con bassa efficienza, di compiere racemizzazioni del Cα degli stessi substrati aminoacidici, β-decarbossilazioni e βeliminazioni di analoghi di substrato (John, 1995). Tutte queste reazioni procedono attraverso la formazione di un intermedio chinonoide. Esperimenti di mutagenesi sito–specifica dell’ AAT hanno inoltre dimostrato che la specificità di substrato e di reazione possono essere alterate da una singola mutazione puntiforme (Yano et al., 1998). Queste osservazioni suggeriscono che la promiscuità catalitica degli enzimi a PLP possa aver favorito, per evoluzione divergente, la comparsa dell’odierna gamma di enzimi. Il confronto delle sequenze e l’analisi dell’omologia strutturale tra gli enzimi dipendenti dal PLP hanno infatti identificato classi di enzimi correlate che si sono diversificate per catalizzare differenti reazioni, come transaminazioni, racemizzazioni, α-decarbossilazioni e β−γ eliminazioni (Christen and Metha, 2000). Un enzima ampiamente studiato, che offre l’opportunità di comprendere come si siano evolute diverse proprietà catalitiche a partire da un singolo cofattore e da una struttura proteica comune, è la serina idrossimetiltrasferasi (SHMT), appartenente alla famiglia α. La reazione fisiologica catalizzata dall’SHMT consiste nel trasferimento del Cβ della serina al tetraidropteroilglutammato (H4 PteGlu) con la conseguente formazione di 18 glicina e di 5,10 metilen-H4 PteGlu. Si è visto, tuttavia, che l’SHMT è in grado di catalizzare, in vitro ed in assenza di H4 PteGlu, reazioni di decarbossilazione, transaminazione, scissione aldolica e racemizzazione di analoghi di substrato (Schirch, 1998). L’SHMT e gli enzimi della stessa famiglia che normalmente catalizzano quelle reazioni che per l’SHMT sono alternative rappresentano quindi un buon modello di studio dei fattori strutturali coinvolti nel controllo della specificità di reazione. La reazione catalizzata dall’SHMT è determinata principalmente dalla struttura del substrato aminoacidico. Con i substrati fisiolo gici, serina o glicina, l’SHMT non catalizza nessuna delle reazioni secondarie. Secondo il modello attualmente accettato, la specificità di reazione dell’enzima dipende dalla conformazione aperta o chiusa del sito attivo (Schirch et al., 1991). I substrati fisiologici determinano la conformazione chiusa, mentre quelli alternativi reagiscono quando l’enzima si trova in una conformazione aperta, che catalizza reazioni di decarbossilazione, transaminazione e racemizzazione. Nell’ambito della stessa famiglia α, recentemente sono state individuate due proteine strettamente correlate all’SHMT dal punto di vista evoluzionistico, la L-treonina aldolasi (L-TA) e l’alanina racemasi fungina (AlaRac), che catalizzano proprio quelle reazioni che per l’SHMT si potrebbero considerare “errori indotti”. Un confronto tra questi enzimi e l’SHMT potrebbe quindi aiutare a comprendere l’origine della specificità di reazione e di substrato negli enzimi della classe di ripiegamento di tipo I. Nel nostro laboratorio è stato intrapreso uno studio comparativo dell’SHMT di E. coli (eSHMT) e dei due enzimi correlati L-TA di E. coli (eL-TA) e AlaRac (Contestabile et al., 2001). L’obiettivo di questo studio è comprendere come, per evoluzione divergente, si siano differenziati questi 19 enzimi con distinte specificità di reazione e come l’SHMT, unico tra gli enzimi di classe I, abbia acquisito un sito di legame per il H4 PteGlu. 1.5 Gli enzimi dipendenti dal PLP sono oggetto di studio per la progettazione di inibitori specifici L’inibizione di uno specifico enzima rappresenta un importante strumento nella ricerca biochimica applicata e di base. L’azione di molti farmaci, erbicidi e pesticidi è infatti basata sulla loro capacità di ridurre la velocità di un processo biochimico catalizzato da un enzima presente esclusivamente o prevalentemente nelle cellule che si vogliono selettivamente colpire (cellule tumorali, microrganismi patogeni, piante infestanti, parassiti, ecc). Tra gli inibitori più specifici ed efficienti vi sono quelli basati sul meccanismo catalitico dell’enzima bersaglio. Questi sono analoghi del substrato che posseggono un gruppo funzionale latente che viene attivato durante il processo catalitico ad opera dello stesso enzima, inibendolo spesso in maniera irreversibile. Negli ultimi anni gli enzimi dipendenti dal piridossal 5’-fosfato (PLP) sono stati tra quelli più studiati nella progettazione e nella sperimentazione di inibitori basati sul meccanismo di azione. Ciò è dovuto all’importante ruolo che questi enzimi svolgono nel metabolismo ed anche al fatto che tutte le reazioni da essi catalizzate procedono attraverso la formazione di un intermedio carbanionico, che spesso è il requisito essenziale nell’attivazione del gruppo chimico latente. Le reazioni metaboliche che portano alla sintesi della clorofilla, dell’eme ed del coenzima B12 costituiscono obiettivi particolarmente interessanti nella progettazione di inibitori basati sul meccanismo di reazione. Il precursore 20 universale di questi composti tetrapirrolici è il 5-amminolevulinato (ALA) (Fig. 2.1). glutammato glutamil-tRNA Glu syntetasi = glutammato 1-semialdeide aminomutasi glutamil-tRNAGlu C OO - COO - glutamil-tRNA Glu reduttasi glutammato 1-semialdeide O NH3+ H3N+ glutammato 1-semialdeide O δ-aminolevulinato GSA-aminomutasi δ-aminolevulinato Fig. 2.1 Via del “C5” Essi derivano infatti dall’assemblaggio di quattro molecole di porfobilinogeno, a sua volta prodotto dal legame di due molecole di ALA. Poiché la sintesi dell’ALA rappresenta la tappa limitante nella formazione di questi prodotti, risulta di notevole interesse analizzare le modalità attraverso le quali essa si realizza (Huang et Wang, 1986). Diverse infatti sono le vie attraverso le quali viene sintetizzato l’ALA. Negli animali, nei lieviti ed in alcuni microrganismi come Rhodobacter e Rhizobium l’ALA è il prodotto della reazione di condensazione del succinil-CoA con la glicina, reazione catalizzata dalla 5-aminolevulinato sintasi, un enzima dipendente da PLP, seguita da decarbossilazione. Diversamente, nelle piante superiori ( Grimm, 1998), nelle alghe eucariotiche (Wang, 1978 ), nei cianobatteri (O’Neill et al., 1988; Grimm et al., 1989) e nella maggior parte dei batteri (O’Neill et al., 21 1989), l’ALA si forma dal glutammato attraverso due tappe che costituiscono la “via del C5” (Fig. 2.1). La prima reazione catalizzata dalla glutamil-tRNA reduttasi (GluTR) converte il glutamil- tRNA in glutammato-1-semialdeide (GSA); la GSA viene poi convertita in ALA attraverso una reazione di isomerizzazione catalizzata dalla glutammato 1-semialdeide amminomutasi (GSA-AM), un enzima dipendente dal PLP (Kannangara et al, 1988), appartenente alla classe di ripiegamento di tipo I. Non essendo presente negli animali, la GSA-AM rappresenta un potenziale bersaglio per la produzione di specifici erbicidi o di antibiotici, finalizzati a colpire selettivamente microrganismi patogeni quali Salmonella typhimurium e Mycobacterium tuberculosis. Nel nostro laboratorio è stato intrapreso uno studio sul meccanismo d’azione di questo enzima. Il chiarimento delle modalità attraverso le quali la GSAAM effettua la catalisi sono indispensabili per la progettazione di inibitori specifici. 22 2. STEREOCHIMICA DELLE REAZIONI DELLA GLUTAMMATO 1-SEMIALDEIDE AMINOMUTASI CON IL 4,5-DIAMINOVALERATO 2.1 Introduzione La glutammato 1-semialdeide aminomutasi (GSA-AM) è stata caratterizzata inizialmente nell’orzo, dove viene sintetizzata nel citoplasma sotto forma di un precursore di 45 KDa e poi trasferita nei plastidi (Grimm, 1990). In seguito, l’enzima è stato purificato da altre fonti quali Clorella (Avissar et al., 1989), Salmonella typhimurium (Elliott et al., 1991), E. coli (Grimm et al., 1991) e Chlamidomonas reinhardtii (Jahn et al., 1991). L’enzima di Synechococcus PCC6301 GR6 è stato espresso in forma ricombinante ed ampiamente caratterizzato (Smith & Grimm, 1992). La GSA-AM è un membro della famiglia a degli enzimi dipendenti dal PLP ed è strettamente correlata alle aminotrasferasi (Christen et Metzler, 1985). Tale somiglianza strutturale è estesa anche al meccanismo di reazione. Infatti l’isomerizzazione catalizzata dalla GSA-AM prevede, come per le aminotrasferasi, la conversione del cofattore alternativamente in PLP e piridossamina 5’- fosfato (PMP). E’ importante, però, precisare che il meccanismo di transaminazione comporta il trasferimento di un gruppo aminico dal primo substrato (un aminoacido) al secondo substrato (un achetoacido), mentre quello della reazione catalizzata dalla GSA-AM prevede un unico substrato, con entrambe le funzioni aminica e carbonilica (fig. 2.1). 23 Fig.2.1 Rappresentazione schematica del meccanismo di reazione delle aminotrasferasi e della glutammato 1-semialdeide aminomutasi. DAVA: intermedio GSA-AM. chiave nel meccanismo di reazione della Il meccanismo della reazione catalizzata dalla GSA-AM potrebbe iniziare sia con l’enzima nella forma a PLP che in quella a PMP, passando, rispettivamente, attraverso un intermedio di natura dicarbonilica (diossivalerato o DOVA) o diaminica (diaminovalerato o DAVA) (Fig. 2.2). Tale intermedio è allo stesso tempo il prodotto della prima semireazione di transaminazione e substrato della seconda semireazione. E’ stato comunque dimostrato, che l’enzima inizia il suo ciclo catalitico con il cofattore nella forma a PMP, portando conseguentemente alla formazione dell’intermedio DAVA, pur non essendo chiaro il motivo che preclude l’altra alternativa. 24 Py-NH2 Py-NH 2 CHO-R-CHO Py-CHO Py-CHO NH2-R-CHO CHO-R-NH2 Py-NH 2 NH2-R-NH2 Py-CHO Py-NH2 Py-CHO Fig. 2.2 Possibili vie alternative seguite dalla GSA-AM nella isomerizzazione della GSA (CHO-R-NH2 ) in ALA (NH2 -R-CHO). Nello schema Py-CHO e Py-NH2 rappresentano, rispettivamente, l’enzima nella forma a PLP e a PMP. La GSA-AM da Synechococcus, espressa come proteina ricombinante in E. coli, dopo purificazione mostra uno spettro d’assorbimento con due bande caratteristiche: una di intensità maggiore, con un picco a 340 nm, ed una con un picco a 418 nm (Fig.2.3). La prima è dovuta alla forma aminica del cofattore dell’enzima (forma a PMP), mentre la seconda proviene dall’aldimina interna protonata, formata tra un residuo di lisina al sito attivo ed il PLP. Queste due forme possono essere convertite l’una nell’altra utilizzando opportuni analoghi del substrato naturale, che presentino soltanto la funzione carbonilica o quella amminica. 25 Fig. 2.3 Spettri di assorbimento della GSA-AM di Synechococcus PCC6301 GR6 nelle diverse forme (in tampone Tricina 0,1 M pH 7,9) Spettri di assorbimento dell’enzima nativo (linea continua), dell’enzima nella forma a PMP (linea tratteggiata) e in quella a PLP (linea punteggiata). Gli spettri sono no rmalizzati in base alla concentrazione degli enzimi. In seguito all’aggiunta di DAVA ad una soluzione contenente la GSA-AM si assiste ad una diminuzione dell’assorbanza a 418 nm, associata ad un contemporaneo aumento di quella a 340 nm. La stechiometria della reazione è 1:1 rispetto al DAVA ed al PLP. Nel caso in cui invece l’enzima venga trattato con concentrazioni crescenti di DOVA o di succinico semialdeide (SSA) si assiste ad un effetto diametralmente opposto caratterizzato da un aumento del picco a 418 nm ed una diminuzione di quello a 340 nm. Inoltre, la conversione dell’enzima nella forma a PMP produce un proporzionale aumento dell’attività nei riguardi della isomerizzazione della glutammatosemialdeide (Pugh et al., 1992). Facendo reagire una soluzione in cui l’enzima è presente in entrambe le forme (PMP, PLP) con boroidruro, 26 avviene una riduzione dell’aldimina formata tra la lisina ed il cofattore, che causa l’inattivazione della forma a PLP. Da un confronto tra il campione ottenuto e l’enzima non ridotto, si osserva che non è avvenuta alcuna variazione dell’attività enzimatica. Questi dati sperimentali sono un’ulteriore conferma che l’enzima effettua l’isomerizzazione della GSA nella forma a PMP, portando alla formazione di un intermedio costituito dal DAVA e non dal DOVA. Il meccanismo di reazione (Fig. 2.4), prevede quindi che l’enzima nella forma a PMP reagisca con il gruppo aldeidico della GSA portando alla formazione di un’aldimina (intermedio I). Segue il trasferimento di un protone dal C4’ del cofattore al C5 del substrato, ottenendo così l’aldimina della forma a PLP dell’enzima con il gruppo 5-aminico del 4,5 diaminovalerato (intermedio II). Successivamente, con un meccanismo non ben definito, tale intermedio viene isomerizza to formando un’aldimina con il gruppo 4-aminico (intermedio V). Si può ipotizzare che questo passaggio avvenga mediante la formazione di una diamina geminale ciclica (percorso 3) o attraverso la dissociazione del DAVA (percorso 3a). E’ assodato comunque, che la reazione di isomerizzazione della GSA è caratterizzata in vitro da una parziale dissociazione del DAVA (intermedio III). Tale processo, la cui estensione dipende dalla concentrazione dell’enzima (Tyacke et al., 1993), non sembra sia necessario ai fini della catalisi anzi, ne diminuisce l’efficienza. La reazione si conclude con il trasferimento di un protone dal C4 del DAVA al C4’ del cofattore (intermedio VI), permettendo in tal modo al prodotto ALA di essere rilasciato e all’enzima di ritornare ne lla forma a PMP. 27 Fig. 2.4 Meccanismo di reazione proposto per la conversione della glutammato 1-semialdeide in aminolevulinato. Conformazione asimmetrica della struttura tridimensionale della GSA-AM. La struttura tridimens ionale della GSA-AM proveniente da Synechococcus PCC6301 GR6 è stata risolta tramite cristallografia ai raggi X (Henning et al., 1997). Essa presenta alcune peculiarità che la contraddistinguono dalle aminotrasferasi. L’enzima è un dimero costituito da due subunità uguali di 46 KDa, organizzate strutturalmente in tre domini. Il dominio N-terminale, formato da 70 residui comprende i residui fondamentali per il legame del 28 substrato. Caratteristica è la presenza, in tale regione, di una a elica seguita da tre filamenti ß antiparalleli. Segue il dominio centrale, formato dai residui 70-326 e composto da sette filamenti ß, di cui sei paralleli (a-f) ed uno antiparallelo (f) secondo l’ordine agfecdbc, circondati da a eliche; questo dominio lega il cofattore. Infine, il dominio C-terminale, definito dai residui 327-433, è composto da tre filamenti ß antiparalleli (Fig. 2.5). Fig. 2.5 Struttura tridimensionale della GSA-AM da Synechococcus. Rappresentazione stereo della GSA-AM raffigurante la struttura secondaria. Il cofattore è mostrato in “ball and stick”. L’asse di simmetria binario che passa per il centro della molecola è perpendicolare al piano della pagina. Le due subunità A e B sono rispettivamente in giallo ed in verde. I residui 153-181 sono rappresentati in blu nella subunità A ed in rosso nella subunità B. Si tenga presente che in una delle subunità tali residui non sono strutturati come è mostrato nell’ immagine. 29 Dalla struttura si evince che in una subunità è presente il PLP mentre nell’altra risiede la PMP. L’asimmetria riscontrata nel legame del cofattore corrisponde ad una simmetria conformazionale della catena polipeptidica. Questo fenomeno è confinato principalmente ad un’ansa costituita dai residui 153-181, che assume nello spazio una conformazione a cappio. Nella subunità A contenente PLP (Fig. 2.6a e b), dove questa struttura è ben organizzata, una corta a elica, formata dai residui Ser163-Leu168, determina la chiusura del sito attivo. Nella subunità B che contiene PMP invece, l’ansa appare mobile e non strutturata (a giudicare dalla sua assenza nella mappa di densità elettronica), permettendo così al substrato di entrare ed al prodotto di essere rilasciato (Fig. 2.6c). Complessivamente, la forma di questa ansa può essere paragonata alla lettera greca O, con pochi legami idrogeno fra i residui aminoacidici che la costituiscono. Probabilmente l’enzima usa tale ansa per regolare l’accesso del substrato al sito attivo. Al momento non si conosce la relazione esistente tra la conformazione asimmetrica e il meccanismo catalitico. L’importanza dell’ansa viene avvalorata dall’osservazione che i residui che la compongono ad eccezione dei residui 167 e 168 sono conservati in tutte le GSA-AM analizzate finora . Anse mobili superficiali sono state trovate anche in altre proteine, con un ruolo determinante non solo nel riconoscimento molecolare ma anche nella catalisi. La presenza di queste strutture flessibili, influisce sul meccanismo catalitico degli enzimi controllando l’accessibilità al sito attivo e stabilizzando gli intermedi di reazione. Un esempio ben studiato è rappresentato dalla lattato deidrogenasi di Bacillus stearothermophilus (Waldman et al., 1988) in cui tramite tecniche sia di ingegneria genetica che misura della fluorescenza si è riusciti ad avere importanti informazione sul movimento della regione in esame. 30 Fig. 2.6 Asimmetria della catena polipe ptitica e accessibilità al sito attivo. a) Immagine dell’entrata del sito attivo appartenente alla subunità A in cui l’ansa costituita dai residui 153-181 è mostrata in rosso ed in blu; il cofattore in giallo. In questa subunità, contenente il cofattore nella forma a PLP, l’ansa è strutturalmente ben organizzata ed i residui 163 -168 formano una corta elica (mostrata il blu) che impedisce al substrato di accedere al sito attivo. b) Particolare della subunità A in cui è mostrato come l’accesso al cofattore è chiaramente impedito. c) Particolare della subunità B contenente PMP. In questo caso la stessa ansa, essendo disorganizzata strutturalmente e libera di muoversi non può essere vista nella mappa di densità elettronica. La rimozione di questa parte della catena polipeptidica permette la visualizzazione del cofattore. 31 Ruolo dell’ansa mobile nel meccanismo catalitico della GSA-AM Poiché l’ansa polipeptidica, mediante la sua flessibilità, è in teoria in grado di controllare l’accesso al sito attivo, diversi studi sono stati finalizzati alla comprensione di quali siano il ruolo e l’importanza di questa regione mobile. I residui 159-173 dell’elica che chiude il sito attivo sono stati sostituiti con un residuo di glicina, ottenendo una forma deleta dell’enzima (GSA-AMdel; Contestabile et al., 2000). Questo nuovo assetto presenta la glicina in una disposizione a ponte, in grado di unire i due residui che non solo rappresentano i punti più vicini nella struttura a O dell’ansa, ma sembra siano i cardini attorno ai quali si muove l’elica (J.N.Jansonius “Biozentrum”, Università di Basilea, Svizzera, comunicazione personale). Gli studi condotti sull’enzima mutante hanno mostrato che la delezione ha l’effetto di diminuire l’efficienza catalitica, (K cat /Km), di trenta volte e di aumentare la Kd per il DAVA di 100 volte. La presenza dell’ansa sembrerebbe quindi essere importante per trattenere l’intermedio all’interno del sito attivo aumentando in questo modo l’efficienza della catalisi. Si può ipotizzare che il ruolo fondamentale dell’ansa flessibile sia quello di regolare l’accessibilità al sito attivo in base allo stato del cofattore. Più precisamente, l’ansa potrebbe muoversi con maggiore frequenza quando l’enzima è nella forma a PMP, consentendo al substrato di entrare nel sito attivo e al prodotto di essere rilasciato. Nel caso in cui l’enzima si trovi nella forma a PLP potrebbe invece muoversi meno frequentemente. In tal modo, verrebbe ostacolata la dissociazione del DAVA che porta ad una forma inattiva dell’enzima, ovvero la forma a PLP. 32 Enantioselettività della GSA-AM nei confronti del DAVA La maggior parte degli studi sulla diamina DAVA sono stati eseguiti ricorrendo all’uso di miscele racemiche del composto, ottenute per sintesi organica, tramite un processo di ammonilisi dell’acido 4,5-dibromovalerico (Brumm et al., 1982; Tyacke et al., 1995). In tal modo non è stato possibile analizzare quali fossero gli effetti della chiralità della diamina sulla reazione catalizzata dalla GSA-AM, una problematica di notevole interesse soprattutto perché sia l’enantiomero D che L della GSA reagiscono con l’enzima (Smith et al., 1991). Alcuni ricercatori sono riusciti a sintetizzare D ed L-DAVA partendo, rispettivamente, dall’etil estere delle forme D ed L dell’acido 2pirrilidone-5-carbonilico (Valasinas et al., 1992). La disponibilità dei due enantiomeri ha consentito di incominciare ad affrontare la questione dell’enantioselettività della GSA-AM di Synechococcus nei confronti del DAVA (Friedman et al., 1992). E’ stato osservato che l’L-DAVA (che si ritiene derivi dal composto fisiologico L-GSA) accelera l’isomerizzazione della GSA in ALA del 246%, mentre con l’enantiomero D l’accelerazione risulta pari al 29% (Friedmann et al., 1992). Questo suggerisce che entrambe le diamine possano partecipare al processo catalitico nel corso del quale l’enzima passa reversibilmente dalla forma EL alla forma EM. Di conseguenza la GSA-AM mostra una mancanza di stereospecificità sia verso gli enantiomeri della GSA che verso quelli del DAVA. 33 Scopi della ricerca Se da un lato la GSA-AM è in grado di reagire con entrambi gli enantiomeri del DAVA, suggerendo una mancanza di assoluta stereospecificità, dall’altro mostra un modo estremament e stereospecifico di reagire con L-aminoesenoato (Tyacke et al., 1995), uno stretto analogo strutturale dell’intermedio diaminico. Questa osservazione suggerisce la necessità di approfondire lo studio dell’interazione tra i due singoli enantiomeri del DAVA e la GSA-AM per ottenere informazioni importanti sul meccanismo catalitico dell’enzima. I due enantiomeri non sono però disponibili commercialmente. Lo scopo della tesi è stato quello di ottenere le due forme enantiomeriche pure del DAVA, in modo da poter studiare separatamente la loro reazione con l’enzima. 34 2.2 Materiali e metodi Terreni di coltura Per le colture batteriche è stato utilizzato il seguente terreno, sterilizzato in autoclave a 120°C per 20 minuti prima dell’uso: LB (Luria-Bertani): Bacto-triptone 10 g/l Estratto di lievito 5 g/l NaCl 5 g/l Il terreno è stato portato a pH 7,4 con alcune goccie di NaOH 5M. Nella preparazione del terreno agarizzato per le piastre Petri sono state aggiunti al terreno liquido, prima della sterilizzazione, 15 g/l di agar. Per la preparazione di terreni, solidi o liquidi, contenenti uno o più antibiotici, il terreno è stato sterilizzato e lasciato raffreddare fino a 45°C prima di aggiungere l’antibiotico. Il Bacto-triptone, l’estratto di lievito e il Bacto-agar sono stati acquistati dalla Difco (MD, USA). Ceppi batterici di Escherichia coli e plasmidi a) Ceppi batterici JM109 Genotipo: F’, traD36, proA+, proB+, laclq, lacZD(m15), recA1, ednA1 gyrA96(NaIR), thi, hsdR17 (rk, mk), supE44, relA1, D(lac-proAb), mcrA. Il ceppo JM109 è stato usato per l’espressione dell’enzima selvatico. Per ottenere una regolazione più fine dell’espressione della GSA-AM questo 35 ceppo è stato preventivamente trasformato con il plasmide pREP4 (Fig. 2.7). Il plasmide pREP4 contiene il gene laclq che ha il promotore mutato e produce il repressore lac in quantità dieci volte superiori al gene selvatico. Di conseguenza, le cellule che contengono tale gene producono quantità sufficienti di repressore lac per bloccare efficientemente il doppio operatore lac, presente sul vettore pSAT o PQE60. Fig. 2.7 Mappa lineare del plasmide pREP4. Vengono indicati alcuni siti di restrizione sul plasmide checontiene i geni lacl che codificano per il repressore lac, l’origine di duplicazione del DNA, ori, e il gene neo che conferisce resistenza alla kanamicina. La presenza di numerose copie dei questo plasmide, costituito da 3740 bp e contenente in gene lacl, consente di ottenere livelli ancora più alti di repressore lac. Inoltre, pREP4 contiene anche il gene che conferisce la resistenza all’antibiotico kanamicina (neo). b) Plasmidi pSAT E’ rappresentato dal plasmide pDS56/RBSII/SphI contenente il gene hemL della GSA-AM clonato nel sito BamHI del sito di policlonaggio (Grimm et al.,1990). Questo plasmide risulta identico al pQE70 che, 36 appartenendo alla serie pQE è incluso nella fa miglia dei plasmidi pDS781/RBSII-DHFRS (Bugjard et al., 1987) derivati, a loro volta, dai plasmidi pDS56/RBSII e pDS781/RBSII-DHFRS (Stuber et al., 1990). Una caratteristica che contraddistingue i plasmidi della serie pQE è rappresentata dei siti di restrizione presenti nel sito di policlonaggio. La regolazione della regione promotore/operatore risulta molto efficiente. Infatti, la trascrizione è bloccata dalla presenza del repressore lac, mentre viene indotta rapidamente dall’aggiunta di IPTG (isopropil- ß-D-tiogalattoside), un analogo del lattosio, che inattiva il repressore e rende accessibile il promotore. Tecniche del DNA ricombinante a)Purificazione del DNA plasmidico La purificazione del DNA plasmidico si effettua utilizzando un kit commercializzato dalla Qiagen, seguendo il protocollo del manuale allegato. Questo metodo si base su tre passaggi consecutivi: una lisi alcalina delle cellule batteriche, l’adsorbimento selettivo del DNA plasmidico superavvolto su di una membrana ed infine l’eluizione con un tampone a bassa forza ionica. Questo kit rappresenta un mezzo facile e veloce che consente anche di ottenere un DNA sufficientemente puro per il clonaggio ed il sequenziamento. Dopo il processo di purificazione, viene determinata la concentrazione del DNA plasmidico mediante lettura spettrofotometrica a 260 nm (1O.D. 260 = 50 ng/ml). 37 b)Elettroforesi su gel di agarosio Il gel d’agarosio 0,8% (p/v) viene preparato in tampone TAE (Tris 0,04 M EDTA 1 mM sodio acetato 5 mM, portato a pH 7,5 con CH3 COOH glaciale) aggiungendo bromuro di etidio 0,4 µg/ml. Prima del caricamento, si aggiungono ai campioni 0,2 volumi di colorante con la seguente composizione: bromofenolo 0,25% (p/v), EDTA 100 mM, glicerolo 50% (v/v). Dopo la corsa elettroforetica, il DNA viene reso visibile mediante transilluminazione con raggi UV, per effetto della fluorescenza del bromuro di etidio che si intercala nella doppia elica. Le fotografie del gel vengono eseguite con un apparecchio fotodyne FCR-10 che utilizza pellicole polaroid. Preparazione di cellule competenti Le cellule competenti vengono preparate a partire da una singola colonia di E. coli (proveniente da una coltura su piastra) che viene inoculata in 10 ml di terreno liquido LB e lasciata crescere a 37°C sotto agitazione per una notte. In seguito, si trasferiscono 5 ml della coltura così ottenuta in 100 ml di LB in una beuta da 500 ml. Si incuba sotto agitazione a 37°C. Quando la densità ottica della coltura raggiunge il valore di 0,4-0,6 a 600 nm, le cellule vengono raffreddate in ghiaccio per 5 minuti; quindi vengono trasferite in tubi falcon sterili preraffreddati e centrifugate a 4°C a 3000 rpm per 5 minuti. Le cellule vengono risospese in 25 ml di CaCl2 0,1 M preraffreddato e lasciate in ghiaccio per 20 minuti. Si centrifuga di nuovo a 3000 rpm per 10 minuti a 4°C. Le cellule vengono quindi di nuovo risospese in 10 ml di CaCl2 0,1 M preraffreddato e lasciate in ghiaccio per un’ora. Successivamente, si risospendono le cellule in 10 ml di una soluzione sterile di glicerolo al 40%. 38 La sospensione di cellule viene suddivisa in aliquote da 1 ml e conservata a – 80°C. Per la trasformazione vengono utilizzati 200 µl di cellule competenti a cui si aggiungono 20 ng di DNA della reazione di ligazione vettore- inserto (oppure 2-10 ng di DNA plasmidico superavvolto). Procedimento: - incubare le cellule competenti con DNA in ghiaccio per 30 minuti; - trasferire a 42°C per 1 minuto (shock termico); - raffreddare in ghiaccio per 2 minuti; - aggiungere 1 ml di terreno LB ed incubare i campioni a 37°C sotto agitazione per un’ora in modo da consentire al gene che conferisce la resistenza all’antibiotico di esprimersi. Infine, la sospensione di cellule viene piastrata su terreno solido (LB agar) contenente l’antibiotico, la cui resistenza è portata dal DNA trasformante. Le piastre vengono incubate a 37°C per almeno 16 ore. Espressione e purificazione della GSA-AM La GSA-AM è stata pur ificata secondo il metodo descritto da Grimm et al. (1991) anche se sono state apportate alcune modifiche. E’ stata utilizzata una singola colonia batterica del ceppo JM109 trasformato con i plasmidi pREP4 e pSAT (contenente la forma selvatica del gene della GSA-AM) per inoculare 10 ml di terreno LB contenente sia ampicillina (100 µg/ml) che kanamicina (40 µg/ml). La coltura è stata incubata a 37°C sotto agitazione per tutta la notte in modo da essere usata, in seguito, per inoculare due litri di terreno LB liquido contenente i due 39 antibiotici nelle concentrazioni riportate e la vitamina B6 (30 mg/ml). Si è sottoposta la coltura così preparata ad incubazione a 37°C finché la sua densità ottica misurata a 600 nm non ha raggiunto un valore di circa 0,3. A questo punto è stata indotta l’espressione dell’enzima aggiungendo IPTG (isopropiltiogalattoside) in concentrazione finale 1 mM. La coltura quindi è stata fatta crescere per 20-24 ore e poi centrifugata a 5000 rpm per 20 minuti a 4 °C per sedimentare le cellule che vengono lisate seguendo un adattamento del metodo di Marston (1987).Le cellule sono state sospese in un tampone di lisi (3 ml per grammo di cellule) composto da Tris-HCl 50 mM pH 8,0, EDTA 1 mM e NaCl 100 mM. Dopo l’aggiunta di 0,8 mg di lisozima per grammo di cellule, la sospensione è stata agitata occasionalmente a temperatura ambiente per 20 minuti e quindi sono stati aggiunti 4 mg di acido deossicolico per grammo di cellula. In seguito a quest’ultimo passaggio la soluzione è stata incubata a 37°C finché non è diventata viscosa. Raggiunta tale condizione, è stata aggiunta streptomicina solfato 1% (p/v) e si è centrifugata la coltura per 30 minuti a 18000 rpm. Il supernatante derivato è stato caricato su di una colonna a scambio anionico (2,5 cm x 18 cm) Fractogel TSK DEAE-650 (M) (Merk) precedentemente equilibrata con il tampone A ( Tricina 0,1 M pH 7,9). La colonna è stata lavata con 100 ml di tampone A ed eluita con un litro di un gradiente lineare da 0 a 0,4 M di NaCl nello stesso tampone. Le frazioni contenenti la GSA-AM, analizzate tramite elettroforesi su ge l di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE) sono state riunite e precipitate con solfato di ammonio, aggiungendo prima 300 g/l del sale al campione. Quest’ultimo è stato successivamente centrifugato a 18000 rpm per 30 minuti. Al supernatante sono stati aggiunti 100 g/l del sale prima di contrifugare nuovamente il campione. A questa concentrazione di solfato 40 d’ammonio precipita una frazione proteica contenente la GSA-AM; il precipitato è stato quindi recuperato e ridissolto in tampone A, KPi 50 mM pH 8,0 contenente 200 g/l di solfato d’ammonio. Il campione così ottenuto è stato caricato su una colonna di DEAE- Sepharosio (Amensham Biosciences) equilibrata con il medesimo tampone. La colonna è stata eluita con un gradiente lineare formato da 500 ml di tampone A e 500 ml di tampone B, KPi 20 mM pH 8,0. Le frazioni contenenti la GSA-AM, analizzate tramite SDS PAGE sono state riunite e precipitate con 400 g/l di solfato d’ammonio. Il precipitato è stato quindi nuovamente dissolto in tampone Tricina 0,1 M pH 7,9 controllando la purezza del campione tramite un ulteriore analisi su SDS PAGE (Fig. 2.8). Infine, la concentrazione dell’enzima è stata determinata spettroscopicamente usando un coefficiente di estinzione molare e278 pari a 43000 cm-1 M-1 . Elettroforesi su gel di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE) Questa tecnica viene utilizzata per separare le singole componenti di una miscela di proteine in base al peso molecolare. La separazione può essere effettuata in condizioni denaturanti in presenza di un detergente anionico come il sodio dodecil solfato (SDS) che, legandosi alle proteine da separare, ne altera la struttura e conferisce loro una carica netta negativa proporzionale alla loro massa. L’entità della migrazione delle catene polipeptidiche dipende dal loro peso molecolare. Il gel è costituito da una zona di “concentrazione” a pH 6,8 nella parte superiore in cui l’acrilammide è al 5% (p/v), e da una zona più ampia di “separazione” a pH 8,8 che costituisce la parte inferiore, in cui la concentrazione dell’acrilammide è al 10% (p/v). Il gel al 5% è composto da: 41 - Acrilammide 40% 0,4 ml - Tris-HCl 0,5 M, pH 6,8 0,62 ml - H2 O 1,45 ml - SDS 10% 25µl - Persolfato di ammonio 10% 25 µl - TEMED 6,6 M 3 µl Il gel al 10% è invece composto da: - Acrilammide 40% 1,25 ml - Tris-HCl 1,5 M, pH 8,8 1,24 ml - H2 O 2,38 ml - SDS 10% 50 µl - Persolfato di ammonio 10% (p/v) 50 µl - TEMED 6,6 M 5 µl Prima del caricamento su gel, viene aggiunto al campione un isovolume della seguente soluzione: - Tris-HCl 0,5 M, pH 6,8 1 ml - H2 O 4 ml - SDS 10% 1,6 ml - Blu di bromofenolo 0,05% (p/v) 0,2 ml - Glicerolo 0,8 ml - DDT 1 M 0,8 ml Il preparato viene mantenuto a 100 °C per circa 5 minuti. La successiva corsa elettroforetica viene effettuata a 200 V per circa 60 minuti, usando un tampone di scorrimento formato da: 42 - SDS 1 g/l - Tris-HCl 3 g/l - Glicina 14,4 g/l a pH 8,3. Terminata la corsa elettroforetica il gel viene prima colorato con una soluzione di blu di Coomassie 0,25% (p/v) in acido acetico al 10% (p/v) e metanolo al 50% (p/v) in acqua e poi decolorato in una soluzione di acido acetico al 7% e metanolo al 25% in acqua. 1 2 3 4 Fig. 2.8 Purificazione della GSA-AMSDS-PAGE di campioni raccolti durante la purificazione della GSA-AM e colorati con Blu di Coomassie. Nella foto vengono illustrati: lo standard di pesi molecolari, Bio-Rad (linea 1); le proteine totali estratte dalla coltura batterica JM 109/pREP4 contenente pSAT ed indotta con IPTG (linea 2); GSA-AM dopo DEAE-Sepharosio (linea 3); GSA-AM dopo Fenil-Sepharosio (linea 4). 43 Conversione dell’enzima nativo nella forma a PLP o PMP La completa conversione dell’enzima nativo nella forma a PLP o a PMP è stata ottenuta usando rispettivamente la succinico semialdeide (SSA) ed il 4,5-diaminovalerato (DAVA). Per favorire la completa conversione in una delle due forme è stata utilizzata una cromatografia per gel filtrazione ricorrendo al metodo di Dixon e Severin (1968). Sono stati quindi aggiunti SSA (20 Mm) o DAVA (5 mM) ad 1 ml di enzima nativo in Tricina 0,1 M pH 7,9 (60-300 µM). Su una colonna di Sephadex G-25 (45 cm X ?1 cm) equilibrata con Na- Tricina 0,1 M, pH 7,9, è stata caricata una soluzione di SSA o di DAVA ( 1 ml, alla stessa concentrazione usata per la soluzione enzimatica). Dopo che la soluzione è entrata completamente nella colonna, viene caricata la soluzione dell’enzima. La colonna è stata eluita con lo stesso tampone con cui è stata equilibrata. L’enzima, date le sue dimensioni, è stato eluito nel volume escluso, separatamente dalle piccole molecole trattenute dalla resina. Quando l’enzima si trova nella forma a PLP è possibile determinare la concentrazione del cofattore ad esso legato. L’enzima è stato così diluito in una soluzione di NaOH 0.1 M e la concentrazio ne del cofattore determinata spettrofotometricamente misurando l’assorbimento a 388 nm e sapendo che il coefficiente di estinzione molare del PLP in queste condizioni è pari a 6550 M-1 cm-1 (Peterson et Sober, 1954), (Fig. 2.9). 44 Fig. 2.9 GSA-AM nella forma a PLP in un tampone Na-Tricina 0,1 M, pH 7,9 (linea continua) ed in uno NaOH 0,1 M (linea tratteggiata). Diversamente, i valori relativi ai coefficienti di estinzione molare della forma a PLP della GSA-AM a 418 nm e418 = 8270 M-1 cm-1 ), a 342 nm (e 342 = 2460 M-1 cm-1 ) ed a 278 nm (e 278 =43,894 M-1 cm-1 ) sono stati ottenuti dallo spettro di assorbimento dell’enzima. Analisi quantitativa dei composti coinvolti nelle reazioni a) Reazione di transaminazione tra DL-DAVA e SSA Il reagente di Marfey (1- fluoro-2,4-dinitrofenil-5- L-alaninamide) e la separazione cromatografica tramite HPLC sono stati usati per quantificare la presenza di D-DAVA, L-DAVA, GABA ed ALA nella reazione tra il DAVA 45 in forma racemica e la SSA. La reazione è stata effettuata a 37 °C in tampone Na-Tricina (0,1 M, pH 7,9) in presenza di DL-DAVA (2 mM), SSA (10 mM) e GSA-AM (0,1 µM). A determinati intervalli di tempo, sono state prelevate aliquote del campione (2,5?µ l) alle quali è stato aggiunto il reagente di Marfey (?12?µl 1mg/ml, in una miscela di acetone ed acetonitrile nelle proporzioni 2:1), una soluzione di acetonitrile e trietilamina (3:2, 12?µ l) ed infine la D-Leu usata come standard interno (1 mM, 2,5?µ l). I derivati così ottenuti sono stati successivamente separati mediante HPLC, utilizzando una colonna Spherisorb C18 (250 x 4,6 mm) ed un gradiente di 120 minuti dall’85 al 50% del solvente A (miscela di acido trifluoroacetico 0,2% ed acqua). Il solvente B era formato da una soluzione di acetonitrile e di 2-propanolo nelle proporzioni di 4:1 e acido trifluoroacetico 0,1%. Durante la separazione, si è mantenuto un flusso di 0,2 ml/min ed i derivati sono stati rilevati registrando l’ assorbanza dell’eluato a 340 nm. b) Reazione di transaminazione tra D -DAVA e SSA Nella reazione di transaminazione tra D-DAVA e SSA la concentrazione di reagenti e prodotti è stata misurata attraverso misure spettrofotometriche, dopo derivatizzazione con O- ftalaldeide. A tal fine, sono state prelevate aliquote di 30?µ l delle miscele di reazione ed aggiunte ad un uguale volume di reagente O- fltalaldeide (in cui sono presenti sia O-ftalaldeide 60 mM che 2mercaptoetanolo 230 mM, entrambi mantenuti in tampone NaHCO3 0,1M a pH 10). Trascorsi 5 minuti, il campione è stato diluito in tampone Na-Tricina (0,1M, pH 7,9) e successivamente analizzato allo spettrofotometro per registrare il suo spettro d’assorbimento. Questo procedimento ci ha consentito di calcolare le concentrazioni di D-DAVA e di GABA (equazioni 46 1 e 2), conoscendo, grazie a curve di calibrazione eseguite in precedenza, i valori dei coefficienti di estinzione molare a 340 nm e 452 nm (GABA : e 340 = 3980 M-1 cm-1 ; D-DAVA: e340 = 4960 M-1 cm-1 , e 452 = 8700 M-1 cm-1 ). Il sistema di equazioni utilizzato per tale misurazione, tiene conto del fatto che il derivato del GABA assorbe a 340 nm, mentre quello del DAVA assorbe sia a 340 nm che a 452 nm . A340 = [?([ GABA]??X e 340 GABA?+ ?([D-DAVA]X?e 340 D-DAVA) ?] X ?l A452 = [D-DAVA]?X?e 452 D -DAVA X ?l (eq.1) (eq.2) c) Misura della concentrazione di GSA D-DAVA (2 mM) è stato mescolato con l’enzima (150 µM) in tampone Na-Tricina (0,1M, pH 7.9) ad una temperatura di 37°C. A determinati intervalli di tempo, 35 µl della miscela di reazione sono stati mescolati con 7 µl di una soluzione di acido perclorico (HClO4, 25% v/v). Il campione è stato quindi centrifugato e dal supernatante ottenuto sono stati prelevati 30 µl a cui sono stati aggiunti 8,25 µl di una soluzione KOH (4 M). Dopo centrifugazione sono stati prelevati 30 µl del supernatante ed addizionati ad un uguale volume di reagente O-ftalaldeide. Trascorso un minuto, si è separato isocraticamente il campione mediante HPLC utilizzando sempre una colonna Spherisorb C18 (250 x 4,6 mm), ma in questo caso lavata ed equilibrata con un tampone formato da una soluzione di fosfato acido di potassio (0,05M KH2PO4) e di metanolo (40%). Come standard interno è stato usato D-Leu . 47 Esperimenti di cinetica rapida ed analisi dei dati Il mescolamento manuale di due soluzioni in una cuvetta per spettrofotometro richiede almeno 5 secondi; quindi, utilizzando uno spettrofotometro convenzionale solo occasionalmente può essere osservata la fase iniziale della formazione degli intermedi transienti di una reazione enzimatica. Per ottenere il mescolamento veloce di un enzima con il substrato e poter seguire la reazione dopo frazioni di secondo dal mescolamento (di solito millisecondi), si può utilizzare uno spettrofotometro a flusso interrotto. In questo sistema, la soluzione contenente l’enzima e quella contenente il substrato vengono poste in due siringhe distinte i cui pistoni sono spinti simultaneamente da una pressione di azoto. Le soluzioni si incontrano in corrispondenza di un mescolatore e raggiungono, passando attraverso una cuvetta, la siringa di stop, il cui pistone viene spinto su un microinterruttore che fa iniziare la registrazione degli eventi che si svolgono nella cuvetta (John, 1985). Negli esperimenti di cinetica rapida è stato usato uno spettrofotometro a flusso interrotto Hi-Tech SF-61 equipaggiato con un analizzatore rapido a fila di diodi MG-6000 o con uno fotomoltiplicatore MG-60 (Hi- Tech, UK). I dati relativi alla cinetica rapida delle reazioni sono stati analizzati mediante il programma per la manipolazione dei dati Scientist (Micromath Salt Lake City, UT) che può effettuare la simulazione di modelli cinetici complessi, il “curve fitting” e l’analisi statistica. Per analizzare i dati cinetici ottenuti sono state usate le equazioni 3, caratterizzata della somma di due processi esponenziali, e 4. At = A0e –k t 1 + B0e – k2t + c (Equazione 3) 48 [D] kobs = kf × ———— + kb [D] + Κd (Equazione 4) a) Deconvoluzione dello spettro d’assorbimento Le bande di assorbimento sono descritte da una funzione d’onda chiamata “logaritmica-normale” (Johnson et Metzler, 1970) definita da quattro parametri: - la posizione del massimo di assorbimento (?max) espresso in “kilokayser” o numeri d’onda (la relazione tra i numeri d’onda e la lunghezza d’onda è:? =10000/??); - il coefficiente di estinzione mo lare in corrispondenza di ?max (emax ); - la “larghezza massima” (h) corrispondente alla larghezza della banda quando e/emax = 0,5, espressa come differenza di ?; - la “asimmetria” (“skewness”,?? ), che esprime il grado di asimmetria della banda di assorbimento ed è definita come rapporto delle distanze della curva a e max /2 dalla ?max. L’equazione che descrive una curva “logaritmica- normale” è la seguente: (Equazione 5) I parametri a, b e c sono collegati a ? max , h e ? ?dalle seguenti relazio ni: 49 (Equazione 6) La deconvoluzione (cioè la risoluzione di uno spettro d’assorbimento nelle sue bande componenti) si ottiene analizzando i dati con il metodo dei minimi quadrati come somma di un numero variabile di curve “logaritmichenormali”, ognuna con parametri indipendenti. Uno dei maggiori problemi che si riscontra in questo tipo di analisi è la stima dei parametri, soprattutto nel caso in cui si abbia un ampio numero di curve “logaritmiche normali”. Studi su composti simili che presentano somiglianze sia nei valori relativi all’ampiezza della banda che alla simmetria, hanno tuttavia evidenziato la possibilità di porre dei limiti a tali parametri (Metzler et al, 1973). Analisi finalizzate a stabilire i parametri delle bande di assorbimento di diverse strutture possibili della vitamina B6 sia libere in soluzione che legate ad enzimi (Johnson et Metzler, 1970; Metzler et Metzler, 1987; Metzler et al, 1988; Malashkevich et al.?1993) ?hanno infatti stabilito che h varia tra 3,3 e 5 ?mentre???varia tra 1,1 e 1,8. Diversamente ? max e e max possono essere stimati in base allo spettro che deve essere analizzato. 50 2.3 Risultati e discussione Reazioni di D- ed L-DAVA con la succinico semialdeide La succinico semialdeide (SSA) converte la forma EM dell’enzima, avente la PMP come cofattore, nella forma EL, contenente PLP, trasformandosi in acido γ-aminobutirrico (GABA) (Tyacke et al., 1995). La forma EL viene invece rapidamente convertita in quella EM da un miscela racemica di DAVA (Pugh et al., 1992). Ci si aspetta quindi, che la GSA-AM sia in grado di catalizzare una reazione di transaminazione tra SSA e DAVA per formare GABA e uno o entrambi i composti carbonilici che possono derivare dal DAVA. Il DAVA ha infatti due gruppi aminici, da ognuno dei quali si può formare un’aldimina esterna con il PLP, portando così alla produzione di GSA o ALA. Inoltre, se la forma del DAVA utilizzata nella reazione è quella racemica, uno solo o entrambi gli enantiomeri potrebbero essere coinvolti nella reazione, per dare GSA o ALA. E’ stata quindi preparata una miscela di reazione costituita da SSA (10 mM), DL-DAVA (2 mM) e GSA-AM (0,1 µM), in tampone Na-Tricina (0,1M, pH 7,9) ad una temperatura di 37°C. Al fine di seguire il corso della reazione, misurando le concentrazioni di D- ed L-DAVA, GABA, ALA e GSA, aliquote della miscela di reazione sono state prelevate ad intervalli di tempo ed analizzate tramite HPLC, in seguito a derivatizzazione con il reagente di Marfey costituito dall’1- fluoro-2,4-dinitrofenil-5- L-alaninamide (Fig. 2.10). La derivatizzazione degli aminoacidi con questo composto chirale permette di separare due enantiomeri convertendoli in diastereoisomeri che, a differenza dei primi, presentano proprietà chimiche e fisiche diverse. In tal modo, si possono utilizzare tecniche convenzionali di 51 separazione come, nel nostro caso, la cromatografia a fase inversa. La concentrazione dei composti coinvolti nella reazione è stata calcolata grazie all’aggiunta di D- leucina ( D-Leu) come standard interno. Le condizioni in cui sono state condotte la derivatizzazione e la cromatografia sono spiegate in dettaglio nella sezione “Materiali e Metodi”. Fig. 2.10 Analisi per HPLC della reazione tra SSA (10 mM) e DL-DAVA 2 mM), catalizzata dalla GSA-AM (0,1 µM), dopo 20 minuti dall’inizio e in seguito a derivatizzazione con reagente di Marfey. Nel grafico sono illustrati i picchi corrispondenti ai seguenti composti: ALA (A); GABA (G); DAVA, picco (1); DAVA (picco 2); D-Leu (Std). Sebbene i derivati di D e LDAVA siano stati separati dalla cromatografia, non è stato possibile a questo punto assegnare ai picchi la corrispondenza con gli enantiomeri D e L. I risultati dell’esperimento hanno mostrato che un solo enantiomero del DAVA (quello corrispondente al picco 2 in Fig. 2.10) viene consumato nel corso della reazione (Fig. 2.11a), in quantità equivalente all’ ALA e al 4aminobutirrato che si formano (Fig. 2.11b). La linea continua che attraversa i punti sperimentali nei grafici corrisponde a quella predetta per processi esponenziali con una costante di velocità k = 0.038 min-1 . 52 Fig. 2.11 Enantioselettività della transaminazione tra DL-DAVA (2 mM) e SSA (10 mM) in presenza di GSA-AM (0,1 µM) in tampone Na-Tricina (0,1 M, pH 7,9) a 37°C. Nel grafico (a) è indicato l’andamento delle concentrazioni dell’enantiomero corrispondente al 1° picco (? ) e al 2° picco (? ). Nel grafico (b) sono mostrate le concentrazioni di ALA (? ) e di 4aminobutirrato (? ). 53 Queste osservazioni dimostrano che l’enzima discrimina fortemente, se non completamente, in favore di una sola forma del DAVA. Inoltre, poiché sono state ottenute quantità equimolari di GABA e di ALA, si può dedurre che la conversione del DAVA in GSA sia stata nulla o minima (schema 1). Schema 1 Sintesi di DAVA E’ noto che l’ L-4-amino-5-esenoato (detto anche Vigabatrina, un farmaco utilizzato nel trattamento dell’epilessia; De Biase D. et al., 1991) converte rapidamente la forma EL dell’enzima nella forma EM e che il D-4-amino-5esenoato è invece comple tamente inattivo (Tyacke et al., 1995). E’ anche noto che la seconda metà della reazione di isomerizzazione della GSA catalizzata dalla GSA-AM, in cui il DAVA viene trasformato in ALA e l’enzima passa dalla forma EL a quella EM, è reversibile (Smith et al., 1998). La GSA-AM dovrebbe quindi essere in grado di catalizzare una reazione di transaminazione tra ALA e L-4-amino-5-esenoato, producendo DAVA e 4cheto-5-esenoato. Per confermare la veridicità di questa ipotesi, abbiamo condotto un esperimento in cui il 4-amino-5-esenoato (10 mM) in forma racemica è stato fatto reagire con ALA (10 mM) in presenza di GSA-AM (250 µM) in un tampone Na-Tricina 0,1 M, pH 7,9, ad una temperatura di 30 54 °C. Il corso della reazione è stato seguito per quattro ore, analizzando piccole aliquote prelevate ad intervalli di tempo tramite cromatografia su strato sottile di silice. Dopo la corsa cromatografica in 1-butanolo, acido acetico ed acqua (nelle proporzioni 3:1:1), i composti aminoacidici sono stati rivelati con ninidrina. Nelle prime tre ore, si è osservata la comparsa e l’aumento in concentrazione di un composto, che migrava alla stessa altezza di un campione di DAVA commerciale. Dopo tre ore la concentrazione di tale composto sembrava rimanere costante (Fig. 2.12). Fig. 2.12 Cromatografia su strato sottile Legenda fig 2.12 1) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 5 min 2) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 10 min 55 3) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 15 min 4) Miscela di reazione (0,5 µ l) dopo 20 min 5) Standard di ALA (50 nanomoli) 6) Standard di Vigabatrina (50 nanomoli) 7) Standard di DAVA ( 5 nanomoli) 8) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 60 min 9) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 180 min La sintesi di DAVA è stata quindi condotta in tali condizioni in scala più ampia, aumentando le concentrazioni di ALA e 4-amino-5-esenoato a 25 mM e 50 mM, rispettivamente, e in un volume finale pari a 5 ml (Fig. 2.13). L’analisi cromatografica di questa reazione ha anche messo in evidenza che la concentrazione di ALA e 4-amino-5-esenoato, dopo quattro ore dall’inizio dell’esperimento, era diminuita visibilmente indicando una sostanziale conversione di questi reagenti nei prodotti DAVA e 4-cheto-5-esenoato. 56 Fig. 2.13 Cromatografia su strato 1) Miscela di reazione 2) Miscela di reazione 3) Miscela di reazione 4) Standard di DAVA 5) Standard di ALA 6) Standard di Vigabatrina sottile per la sintesi (0,5?? l) dopo (0,5?? l) dopo (0,5?? l) dopo ( 5 (10 nanomoli) (50 nanomoli) di DAVA 30 min 60 min 240 min nanomoli) Dopo quattro ore dall’inizio della reazione, il campione è stato sottoposto ad un processo di filtrazione tramite centrifugazione, utilizzando filtri da centrifuga (UltraCentricon, Millipore) con un “cut off” di 10 KDa, al fine di separare l’enzima da reagenti e prodotti. Il filtrato così ottenuto è stato portato a pH 6,0 con aggiunta di HCl 10 M e sottoposto ad una prima 57 cromatografia a scambio cationico, su una colonna di Dowex 50 (4 cm X 1 cm ∅, 200–400 mesh, 8% cross- linked, Sigma-Aldrich), una resina di polistirene solfonato. La colonna, precedentemente equilibrata con fosfato di ammonio 0,2 M, pH 6,0, è stata eluita con lo stesso tampone. Frazioni di 1 ml sono state raccolte ed analizzate tramite cromatografia su strato sottile di silice e successiva colorazione con ninidrina. L’ALA e il 4amino-5-esenoato sono stati trovati nelle prime cinque frazioni, mentre la presenza del DAVA è stata riscontrata nelle frazioni dalla diciassettesima alla venticinquesima (Fig. 2.14). Fig. 2.14 Analisi delle frazioni eluite dalla colonna Dowex 50. La numerazione indica la sequenza delle frazioni raccolte. Dalla frazione 1 alla 5 (0,5 µl) si riscontra la presenza di ALA e Vigabatrina (Pannello a), mentre dalla 17 alla 25 quella di DAVA (Pannello b). L’evidente macchia presente in tutte le frazioni dalla 8 alla 27 corrisponde all’ammoniaca presente nel tampone. Sono inoltre presenti gli standard di DAVA (5 nanomoli) (D)ALA (10 nanomoli) (A) e di Vigabatrina (10 nanomoli) (V). 58 Le frazioni contenenti DAVA sono state successivamente riunite e, per eliminare la presenza di fosfato di ammonio dalla soluzione, è stata eseguita una seconda cromatografia su Dowex 50, equilibrata con acqua. Dopo il caricamento, la colonna è stata lavata con acqua, finché il pH dell’eluato da acido è diventato neutro, e quindi eluita con NH4 OH 0,5 M. Le frazioni, da 1 ml ciascuna, contenenti DAVA (Fig. 2.15) sono state riunite e liofilizzate ripetutamente al fine di eliminare l’ammoniaca. Il campione così ottenuto è stato essiccato sotto vuoto in presenza di P2 O5 , per ottenere DAVA con una resa di circa il 15% rispetto alla quantità iniziale di ALA. Fig. 2.15 Analisi delle frazioni eluite dalla seconda cromatografia su Dowex 50. La numerazione indica le frazioni esaminate (0,5 µl), nelle quali si nota l’assenza di ammonio e la presenza di DAVA. (D) standard di DAVA; (A) standard di ALA; (V) standard di Vigabatrina; (R) miscela di reazioneprima della cromatografia. Le quantità degli standard sono uguali a quelle indicate precedentemente. 59 Il confronto tra lo spettro di risonanza magnetica nucleare (NMR) di un campione di DAVA racemico commerciale e quello del composto sintetizzato ha confermato l’identità e la purezza di quest’ultimo. (Fig. 2.16). Fig. 2.16 Confronto tra gli spettri H1 NMR di un campione di DAVA commerciale (a) e di uno di DAVA sintetizzato (b). Entrambi i campioni sono stati disciolti in acqua deuterata in ragione di 10 mg/ml. 60 Il passaggio finale è stato quello di analizzare la purezza enantiomerica del composto di sintesi. Dal profilo di eluizione ottenuto in seguito a derivatizzazione del campione sintetizzato con il reagente di Marfey e separazione cromatografia (HPLC), si evince che si tratta di un composto enantiomericamente puro, che corrisponde al picco 2 della figura 2.10 (Fig. 2.17c). Fig. 2.17 Analisi HPLC degli enantiomeri del DAVA. Sono illustrati porzioni di cromatogrammi ottenuti da campioni di DAVA in seguito alla reazione con il reagente di Marfey (In ogni cromatogramma il primo picco è dovuto alla presenza del reagente di Marfey, mentre l’ultimo corrisponde allo standard interno D- leucina): (a) miscela racemica di DAVA, (b) materiale rimanente dopo il trattamento di DL-DAVA con SSA in presenza di GSA-AM. (c) materiale derivato dalla transaminazione tra aminoesenoato ed ALA, materiale rimanente dopo il trattamento di DL-DAVA con SSA in presenza di GSA-AM. E’ evidente quindi che l’enzima aggiunge un protone al C4 dell’ALA con assoluta stereospecificità. Considerando che in vivo l’intermedio DAVA 61 viene prodotto dall’ L-glutammato attraverso reazioni che non implicano trasformazioni e quindi cambiamenti della configurazione del carbonio C4, e che la GSA-AM reagisce in maniera assolutamente stereospecifica con l’enantiomero L del 4-amino-5-esenoato, si può concludere che il prodotto della reazione tra ALA e L-4-amino-5-esenoato sia rappresentato dall’ LDAVA. Conseguentemente, possiamo affermare che è tale forma del DAVA (corrispondente quindi al picco 2 in Fig. 2.10) ad essere convertita in ALA durante la reazione tra DAVA racemico e succinico semialdeide (SSA), mentre l’enantiomero D non viene consumato. Preparazione dell’enantiomero D -DAVA. Una soluzione di DL-DAVA 30 mM, SSA 100 mM e GSA-AM 90 µM in tampone Na-Tricina 0,1M, pH 7,9 è stata mantenuta per tre ore ad una temperatura di 30°C. In queste condizioni, tutto l’enantiomero L del DAVA dovrebbe essere stato trasformato in ALA (Figg. 2.11 e 2.18). I passaggi successivi per la purificazione del D-DAVA residuo sono identici a quelli già descritti per l’ L-DAVA. E’ importante comunque sottolineare che mentre l’enantiomero L è stato ottenuto grazie ad un processo di sintesi, la forma D è stata ricavata da una miscela racemica di DAVA, in seguito alla trasformazione dell’enantiomero L in ALA. Anche in questo caso la purezza enantiomerica del composto, chiaramente di chiralità opposta rispetto a quello ottenuto tramite sintesi, è stata confermata mediante HPLC, usando il reagente di Marfey ( Fig. 2.17b). 62 Fig. 2.18 Analisi della reazione tra DL-DAVA e SSA tramite cromatografia su strato sottile 1) Standard di ALA (10 nanomoli) 5) Standard di GABA (50 nanomoli) 2) Reazione dopo 5 min ( 0,5 µl) 3) Reazione dopo 240 min ( 0,5 µl) 4) Standard di DAVA ( 5 nanomoli) Reazione fra D-DAVA e SSA L’analisi della reazione tra DAVA nella forma racemica e SSA ha mostrato che l’enantiomero D, nell’arco di tempo in cui la reazione è stata seguita, non ha subito trasformazioni. E’ tuttavia possibile che il D-DAVA reagisca molto più lentamente dell’L-DAVA. Quando la reazione tra D- 63 DAVA (2 mM) e SSA (10 mM), catalizzata da GSA-AM (10 µM) è stata seguita per 600 minuti, si è potuto osservare il consumo di D-DAVA e la formazione di una quantità equimolare di γ-aminobutirrato (Fig. 2.19a). Tuttavia l’analisi cinetica ha mostrato l’impossibilità di rappresentare l’andamento della reazione secondo una singola curva esponenziale, a causa di una fase iniziale più veloce costituita approssimativamente dal 15% della reazione complessiva. Inoltre, è stata riscontrata la produzione di una certa quantità di ALA, corrispondente a circa il 3% del D-DAVA consumato. La cinetica di formazione dell’ALA dimostra che questo composto non può derivare direttamente dal D-DAVA. In Fig. 2.16b è infatti evidente l’iniziale fase di ritardo nella produzione di ALA, dovuta evidentemente al fatto che tale composto non si è formato direttamente dal substrato, ma è derivato da un’altra reazione coinvolgente uno dei prodotti primari. 64 Fig. 2.19 Reazione tra D-DAVA (2 mM) e SSA (10 mM) catalizzata dalla GSA-AM (10 µM). Le condizioni di reazione sono uguali a quelle descritte in figura 2.8. (a) Concentrazione di D-DAVA (? ) e di GABA (? ); (b) concentrazione di ALA. Le linee continue sono state ottenute utilizzando lo schema 2, attraverso il metodo dei minimi quadrati. I valori dei parametri ottenuti con questa analisi sono k cat(f) = 6,7 min-1 , KDAVA = 0,62 mM, KSSA= 9,3 mM, k cat(b) = 19 min-1 , KGSA= 0,97 mM, KGABA= 2 mM, k 2 = 0,08 mM-1 min-1 . 65 E’ noto che l’ALA rappresenta uno dei prodotti di degradazione della GSA quando questa passa da una condizione di acidità (in cui viene mantenuta per evitare appunto la sua degradazione) ad una di neutralità. Si potrebbe quindi supporre che la quantità di ALA ottenuta nel nostro esperimento sia derivata dalla D-GSA formatasi mediante una reazione di transaminazione che vede coinvolto il gruppo aminico legato al carbonio C5 del D-DAVA. L’andamento più veloce della fase iniziale della reazione può essere spiegato considerando la tendenza da parte del primo passaggio descritto nello schema 2, ad avvicinarsi all’equilibrio. La seconda fase della reazione, ovvero il suo completamento, può essere dovuta alla conversione irreversibile della GSA nei suoi diversi prodotti di degradazione tra i quali è compreso l’ALA. Succinico semialdeide kf + D D-DAVA kb GABA Sche k2 + "ALA + Prodotti di degradazione GSA Schema 2 Da alcuni esperimenti, condotti al fine di caratterizzare l’instabilità della GSA è emerso che questo composto a pH neutro va incontro ad una reazione di secondo ordine in cui due molecole reagiscono fra loro per formare, attraverso due legami iminici, un prodotto costituito da un anello a sei elementi (Pugh et al., 1991). La costante di secondo ordine di questa reazione (k 2 = 2.3 mM-1 s-1 ), ha un valore troppo alto per essere compatibile con la lunga fase di ritardo osservata nella formazione di ALA. Per spiegare l’incoerenza rilevata, abbiamo ipotizzato che il valore più basso della k 2 riscontrato nei nostri esperimenti potesse essere giustificato dalla capacità della GSA prodotta di formare imine sia con il DAVA che con la SSA. In tal 66 modo, la minore concentrazione di GSA risultante giustificherebbe la lentezza della reazione bimolecolare osservata. Sono stati compiuti esperimenti simili a questo, nella speranza di poter misurare quantitativamente la D-GSA. Il tipo di approccio però è risultato inefficace, probabilmente proprio perché la GSA prodotta nella reazione forma dei complessi con il DAVA e la SSA. Così, per evitare tale complicazione e per avere un risultato di tipo qualitativo, abbiamo fatto reagire per trenta secondi il D-DAVA con una maggiore concentrazione di enzima in forma EL (150 µM). E’ stata quindi misurata la concentrazione di D-GSA, facendola prima reagire con O-ftalaldeide e poi separandola dagli altri componenti mediante HPLC. Dopo 30 s dall’inizio della reazione, è stata constatata, con questo metodo, la presenza di GSA 40 µM, che deve necessariamente corrispondere all’enantiomero D, visto che la trasformazione che l’ha prodotta non ha riguardato il carbonio chirale. Reazioni tra dell’enzima. i due enantiomeri del DAVA e la forma EL In questi esperimenti, l’enzima è stato prima convertito nella forma EL e successivamente fatto reagire alternativamente con le due forme enantiomeriche del DAVA. Le reazioni sono state analizzate tramite uno spettrofotometro “diode array” (a fila di diodi) a flusso interrotto, che consente di registrare i cambiamenti rapidi dello spettro d’assorbimento del cofattore. Nelle reazioni con D e L-DAVA, sono state osservate differenze talmente significative, sia nelle cinetiche di reazione che nei cambiamenti spettrali prodotti, da poter affermare, inequivocabilmente, che reagisce in modo diverso con i singoli enantiomeri. l’enzima 67 L-DAVA Nei primi millisecondi della reazione tra L-DAVA (360 µM) e la GSAAM (25 µM), si è osservato un decremento molto rapido della banda a 418 nm e la comparsa e il conseguente aumento di una banda a 335 nm. E’ stato comunque impossibile poter seguire interamente questa conversione poiché si è svolta in parte nel periodo corrispondente al tempo morto dello strumento (circa 2 ms). Da questo momento in poi, la reazione è stata caratterizzata da un progressivo aumento dell’assorbanza a 335 nm (A335 ) e da una corrispondente diminuzione di quella a 418 nm (A418 ), entrambi descritti da un andamento espone nziale con una costante di velocità osservata ( Kobs) pari a 2 sec-1 (Fig. 2.20). 68 Fig. 2.20 Reazione tra L-DAVA e la forma EL della GSA-AM. Lo spettro indicato dalla freccia è quello derivante dal mescola mento tra l’enzima nella forma EL (25 µM) ed una soluzione tampone. Lo spettro immediatamente successivo è stato registrato dopo 3 ms dal mescolamento dell’enzima con L- DAVA (2 mM). I successivi 16 spettri sono stati registrati ad intervalli di 75 ms l’uno dall’altro, mentre lo spettro finale è stato registrato a 4,8 s dall’ aggiunta di L-DAVA. Per poter analizzare meglio la fase rapida della reazione, questa è stata seguita misurando la varia zione dell’assorbanza a 418 nm, utilizzando una configurazione dello strumento che impiega un convenzionale fotomoltiplicatore. Tale strategia ha consentito di migliorare la qualità del segnale registrato. Quindi, sono stati eseguiti esperimenti separati in cui è stata variata la concentrazione di L-DAVA. La variazione di assorbanza (A418 ) osservata ha mostrato una dipendenza dalla concentrazione di LDAVA, quando questa era minore di quella dell’enzima. Aumentando la 69 concentrazione del L-DAVA, tale dipendenza si è attenuata fino a scomparire. Si può notare infatti, una consistente sovrapposizione delle ultime curve illustrate nella parte inferiore del grafico (Fig. 2.21). Fig. 2.21 Reazioni tra diverse concentrazioni di L-DAVA e la forma EL della GSA-AM (10 µM). Andamento delle reazioni analizzate con uno spettrofotometro a flusso interrotto misurando la variazione di assorbanza a 418 nm. La reazione che presenta la minor ampiezza è stata condotta con [ L-DAVA] = 1,9 µM. Nelle successive reazioni [L-DAVA ] = 3,8; 7,6; 15; 30; 60 e 360 µM. Le cinetiche ottenute sono ben descritte dalla somma di due processi esponenziali (eq. 1), uno più veloce dell’altro. Calcolando la costante di velocità della fase rapida osservata per ogni singola curva (kobs), si è visto che questa dipende in maniera iperbolica dalla concentrazione di L-DAVA (fig. 2.22). La costante di velocità della fase più lenta, che corrisponde a k nello schema 3, non presenta invece cambiamenti sostanziali al variare della concentrazione di L-DAVA (da 1.9 a 360 µM), mantenendosi ad un valore di 70 circa 2 s-1 . Tali osservazioni hanno suggerito il meccanismo cinetico illustrato nello schema 3. L’andamento della kobs è ben descritto dall’eq.4 e da valori dei parametri corrispondenti a k f = 159 ± 80 µM, k b = 11± 6 s-1 e Kd = 174 ± 80 µM (Fig. 2.22). At = A0 e – k1t + B0 e – k2t + c (Equazione 1) [D] kobs = kf X?———— + kb (Equazione 2) [D] + Κd Kd kf EL + DAVA D EL DAVA D kb k E'LDAVA "EM + ALA Schema 3 71 Fig. 2.22 Andamento della kobs relativa alla fase rapida della reazione tra L-DAVA e GSAM. La linea iperbolica che attraversa i punti (valori di kobs) è stata ottenuta utilizzando l’equazione 4 e i valori dei parametri riportati nel testo. D- DAVA Nella reazione tra D-DAVA ed enzima nella forma EL è stata osservata una iniziale fase rapida caratterizzata dalla diminuzione dell’assorbanza a 420 nm e da un corrispettivo aumento di quella a 390 nm (Fig. 3.14a). Analogamente alla reazione con L-DAVA, più della metà di questo processo è stato perso nel tempo morto dello strumento. Nella fase lenta della reazio ne, invece, è stata osservata la conversione del cromoforo con un picco di assorbimento a 390 nm in uno avente un massimo di assorbimento a 335 nm (Fig. 2.23b). 72 Fig. 2.23 Reazione tra D-DAVA (2 mM) e la forma EL della GSA-AM. (a) Lo spettro che presenta il valore più alto a 420 nm corrisponde a quello osservato quando la GSA-AM (25 µM) è stata mescolata ad una soluzione tampone. Gli spettri successivi sono stati registrati a 5, 75 e 600 ms dall’aggiunta di D-DAVA. (b) Spettri registrati ad intervalli di 3 s partendo da 0,6 s dopo l’aggiunta di D-DAVA. Lo spettro con la minore assorbanza a 390 nm è stato registrato a 96 s dopo il mescolamento. 73 Importanti informazioni sono state acquisite ripetendo l’esperimento con lo strumento configurato in modo da usare un fotomoltiplicatore convenzionale e registrando le variazioni di assorbanza a 430 nm e 386 nm. A queste lunghezze d’onda corrispondono infatti i più ampi cambiamenti di assorbanza rilevabili nello spettro. Esaminando i risultati si è constatato che la cinetica della reazione è ben descritta dalla somma di due processi esponenziali (eq. 3). La fase rapida, in cui si ha una diminuzione dell’assorbanza a 430 nm ed un aumento a 386 nm, corrisponde ad una kobs pari a 170 ± 2 s-1 . Nella successiva fase, caratterizzata dalla diminuzione dell’assorbanza a 386 nm e dall’aumento a 335 nm, la kobs è pari a 0.163 ± 0.0025 s-1 . La fase lenta è attribuibile alla conversione del cofattore nella forma a PMP (forma EM dell’enzima). Il valore della costante di velocità per quest’ultimo processo risulta simile a quello della kcat stimato per la catalisi della reazione in cui il D-DAVA e la SSA sono convertiti in GABA e DGSA. Per ottenere maggiori informazioni riguardo la fase veloce è stata eseguita la deconvoluzione dello spettro di assorbimento registrato a 0.6 s dall’inizio della reazione tra D-DAVA ed enzima nella forma EL (Fig. 2.24). La deconvoluzione ha rivelato la presenza di due bande di assorbimento, oltre a quella dovuta ai residui aminoacidici aromatici (emax=280 nm), caratterizzate da massimi, rispettivamente, a 332 e 385 nm. Da questi risultati, si è quindi concluso che l’enzima nella forma EL , quando si combina con il D-DAVA, viene convertito rapidamente in un intermedio che corrisponde al cromoforo avente le due bande di assorbimento a 385 e 332 nm, quindi questo intermedio si trasforma lentamente in PMP. 74 Fig. 2.24 Deconvoluzione dello spettro di assorbimento ottenuto dopo 0,6 sec dal mescolamento D -DAVA con l’enzima in forma EL. Lo spettro determinato sperimentalmente (cerchi vuoti) rappresenta quello registrato a 0,6 s dopo l’aggiunta di D-DAVA alla forma EL della GSA-AM (Fig.2.20). Sono stati analizzati 250 punti corrispondenti ai valori delle assorbanze comprese tra 300 e 500 nm. 75 2.4 Conclusioni La sintesi di D- ed L-DAVA e la caratterizzazione delle loro reazioni con la GSA-AM hanno consentito di analizzare la stereospecificità dell’enzima e le modalità attraverso le quali esso interagisce con i due gruppi amminici di questo intermedio e catalizza le trasformazioni degli atomi di carbonio ad essi direttamente legati. L’analisi della reazione tra DAVA in forma racemica e SSA ha mostrato che l’enantiomero L viene consumato molto più velocemente dell’enantiomero D. Inoltre, sebbene l’enzima sia in linea di principio in grado di reagire con entrambi i gruppi aminici dell’ L-DAVA per dare GSA ed ALA, solo la via che porta alla formazione dell’ALA viene seguita. L’esperimento in cui il D-DAVA è stato utilizzato come substrato nella transaminazione con SSA ha mostrato come questo enantiomero venga invece convertito lentamente in D-GSA. Questi risultati suggeriscono che l’enzima abbia una stereospecificità assoluta (nei limiti della sensibilità delle analisi effettuate) nei confronti del C4 del DAVA e che possa reagire con entrambi i gruppi amminici, sebbene trasformi molto più velocemente il C4. Infatti, quando il C4 è nella configurazione accettata (quella dell’ L-DAVA) l’enzima catalizza esclusivamente (o quasi) la trasformazione di questo carbonio, reagendo con il gruppo aminico a questo legato e producendo solo ALA (intermedi da IVa a Ia in Fig. 2.25). Quando il C4 ha la configurazione opposta, l’enzima può invece trasformare solo il C5, convertendo lentamente il D-DAVA in GSA (intermedi da IV a I in Fig. 4.1). 76 Fig. 2.25 Meccanismo di reazione catalizzato dalla GSA aminomutasi. I complessi I e Ia sono complessi di Michaelis-Menten dell’enzima nella forma EM con la GSA o con l’ALA. Il complesso II rappresenta l’enzima nella forma di aldimina tra la PMP e la GSA; il complesso IIa ,invece, è la chetimina tra la PMP e l’ALA. Queste forme presentano una assorbanza massima a ~340 nm. I complessi III e IIIa sono rispettivamente aldimine tra il PLP e il 5- e 4- aminogruppo del DAVA. I complessi IV e IVa sono complessi di Michaelis-Menten formati da EL con il DAVA. I complessi III, IIIa, IV e IVa hanno una assorbanza massima a ~420 nm. L’analisi della cinetica rapida delle reazioni tra GSA-AM e gli enantiomeri del DAVA ha fornito indicazioni riguardo i meccanismi attraverso i quali l’ LDAVA si trasfo rma in ALA e il D-DAVA in GSA. La reazione con L-DAVA è irreversibile, in quanto tutto l’enzima nella forma EL viene convertito nella forma EM, producendo, come si evince dagli esperimenti precedenti, una quantità equimolare di ALA. La fase rapida della 77 reazione, che segue la formazione di un complesso non covalente tra enzima e substrato (primo passaggio dello schema 3, sezione dei risultati) in cui l’assorbanza a 418 nm diminuisce e quella a 340 aumenta, probabilmente corrisponde alla formazione dell’aldimina esterna con l’ L-DAVA (intermedio IIIa in fig. 4.1). Questa aldimina esterna potrebbe infatti avere un coefficiente di estinzione molare minore a 418nm e maggiore a 340 nm rispetto alla forma EL. Secondo questa interpretazione, la fase lenta che segue corrisponderebbe alla tautomerizzazione tra intermedio IIIa e IIa e il rilascio rapido dell’ALA. Alternativamente, la fase veloce potrebbe corrispondere alla formazione degli intermedi IIIa e IIa (quest’ultimo costituito dall’imina del cofattore con l’ALA, che assorbe a 340 nm) in equilibrio rapido tra loro e la fase successiva alla lenta dissociazione dell’ALA prodotto (Ia). Nella reazione con il D-DAVA, una delle maggiori particolarità osservate ha riguardato l’esistenza di un cromoforo avente una banda di assorbimento con massimo a 385 nm, che si forma nella fase veloce della reazione. E’ inusuale, infatti, trovare un intermedio coinvolto nelle reazioni catalizzate da enzimi PLP-dipendenti che abbia un tale spettro di assorbimento. Sono stati individuati cromofori con un massimo di assorbimento compreso tra i 380 nm e 400 nm solo in altri due casi. Il primo riguarda la reazione di decarbossilazione della diossifenilalanina (DOPA), precursore della dopamina, catalizzata dall’enzima DOPA decarbossilasi (Minelli et al., 1979; Hayashi et al., 1993; Hayashi et al., 1999); il secondo caso riguarda invece il mutante Y225F dell’aspartato aminotransferasi, privo di ligandi in condizioni alcaline. In quest’ultimo esempio, sono state apportate valide prove in favore dell’ipotesi che il cromoforo con e?max=386nm corrisponda all’aldimina interna non protonata che si forma tra il PLP e la lisina dell’enzima ( Lys258) (Goldberg et al., 1991). Diversamente, il cromoforo che assorbe a 380 78 nm nella reazione catalizzata dalla DOPA decarbossilasi è stata attribuito all’aldimina esterna della DOPA (Minelli et al., 1979). Nel nostro caso, l’ipotesi più probabile è che l’intermedio che assorbe a 385 nm (rivelato dalla deconvoluzione dello spettro registrato 0,6 s dopo il mescolame nto tra DDAVA ed enzima), sia costituito dall’aldimina esterna formata con il gruppo aminico del DAVA legato al carbonio C5. Normalmente, la forma aldiminica del cofattore presenta una banda di assorbimento con un massimo a 420 o a 360 nm, a seconda se si trova in forma protonata o meno. Probabilmente, lo spostamento del massimo di assorbimento osservato nel nostro ed in altri casi è dovuto ad una distorsione del piano del PLP rispetto al legame aldiminico. La fase lenta della reazione con D-DAVA è, analogamente a quanto osservato con l’altro enantiomero, dovuta alla conversione dell’enzima nella forma EM e alla concomitante formazione di D-GSA. In base alle considerazioni fatte, possiamo giustificare l’osservata capacità di entrambe le forme enantiomeriche del DAVA di accelerare la velocità della conversione di GSA in ALA. Tale capacità non deve infatti essere attribuita alla mancanza di stereospecificità dell’enzima, ma alla capacità di entrambi gli enantiomeri del DAVA di convertire la forma EL dell’enzima in forma EM e quindi ridurre la concentrazione dell’enzima libero che si forma dalla dissociazione del DAVA. Il D-DAVA è però meno efficiente nel catalizzare tale conversione ed inoltre si converte in D-GSA e non in ALA. 79 3. L-TREONINA ALDOLASI, SERINA IDROSSIMETILTRASFERASI E ALANINA RACEMASI FUNGINA: UN SOTTOGRUPPO DI ENZIMI STRETTAMENTE CORRELATI SPECIALIZZATI PER REAZIONI DIFFERENTI 3.1 Introduzione Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nella comprensione dei rapporti evolutivi all’interno della famiglia degli enzimi dipendenti dal PLP grazie alla disponibilità di un numero sempre più elevato di sequenze e di strutture tridimensionali. Sebbene ci siano cinque classi evolutivamente distinte di enzimi dipendenti dal PLP, ciascuna caratterizzata da un proprio ripiegamento proteico, è possibile riscontrare l’intera gamma di specificità di reazione di questi enzimi nella classe di tipo I ( vedi cap. “Introduzione generale”). Questa classe rappresenta quindi un buon modello per la comprensione di come proprietà catalitiche distinte siano potute evolvere a partire da una proteina ancestrale comune. L’enzima serina idrossimetiltrasferasi (SHMT) appartiene alla classe di tipo I. Il suo ruolo fisiologico è di catalizzare il trasferimento del Cß d? ella serina al tetraidrofolato per formare glicina e 5,10- metilene tetraidrofolato. In vitro in assenza di tetraidrofolato, l’enzima catalizza reazioni di decarbossilazione, transaminazione, taglio retroaldolico e racemizzazione. L’attività di treonina aldolasi riscontrata in tessuti di vari organismi è stata attribuita per molto tempo all’SHMT (Schirch & Gross, 1968) ma recentemente, in diversi microrganismi (sia batteri che lieviti), si è avuta la conferma che essa è dovuta ad un enzima distinto (Ogawa et al., 2000), la treonina aldolasi (TA). La TA catalizza la scissione aldolica della treonina in 80 glicina e acetaldeide utilizzando il PLP come cofattore. Si ritiene che i mammiferi siano privi di TA, anche se è stato individuato nel genoma umano un gene codificante una proteina simile, con delezioni nella catena polipeptidica, che potrebbe avere una funzione enzimatica differente o rappresentare uno pseudogene (Kielkopf & Burley, 2002). Le TA possono essere divise in due classi, L- e D-TA, a seconda della stereospecificità per il substrato. Le L- TA sono in grado di scindere sia la Ltreonina che la L-allo-treonina (“low-specificity” L-treonina aldolasi; L-TA ) o solo la L-allo-treonina (L-allo-TA ). Le L-TA appartengono alla classe di ripiegamento di tipo I, mentre le D-TA appartengono probabilmente alla classe di ripiegamento di tipo III (Paiardini et al., 2002). La L-TA è stata purificata per la prima volta da Candida humicola (Yamada et al., 1970; Kumagai et al., 1972) e successivamente da E. coli (Liu et al., 1998) e da Pseudomonas (Liu et al., 1998 ). Il gene gly1 codificante la L-TA di S.cerevisiae è stato clonato ed espresso in E. coli (Liu et al., 1997). Studi comparativi tra SHMT, L-TA ed alanina racemasi fungina La L-TA e l’SHMT di E. coli( eL-TA e eSHMT) manifestano proprietà spettrofotometriche e catalitiche assai simili (Contestabile et al., 2001), entrambe sono infatti in grado di catalizzare reazioni di transaminazione e racemizzazione dell’alanina, lo scambio di ioni H+ della glicina con il solvente, oltre alla scissione aldolica di alcuni 3idrossiaminoacidi (tabella 3.1). 81 eSHMT Reazione kcat -1 KM eTA kcat/KM (min ) (mM) - H4 PteGlu NDa 0.8b + H4 PteGlu b (mM -1 kcat –1 -1 min ) (min ) KM kcat/KM (mM) (mM -1 min –1 ) Scissione serina b* ND 1.9 16 0.11 640 0.3 2130 - - - 4.3 43 0.1 62 10 6.2 Scissione L-treonina b 30 1.5 20 376 0.19 1980 167 19 8.8 278 0.38 732 0.9c 6.7c 0.13 1.82 20 0.11 1020c 2.1c* 486 - - - 0.038c 30c 0.0013 0.109 77 0.0014 0.014c 28c 0.0005 0.114 225 0.0005 0.36d 30d 0.012 0.27 77 0.0035 0.24d 28d 0.0086 0.36 225 0.0016 Scissione b L-allo-treonina DL-treo-fenilserina Scambio [2-3 H] glicina - H4 PteGlu + H4 PteGlu Transaminazione D-alanina Transaminazione L-alanina Racemizzazione alanina (D ? L) Racemizzazione alanina (L ? D) I dati riportati sono la media di tre esperimenti. a ND, non determinata b (Schirch et al., 1985) c (Contestabile et al., 2000) d (Shostak & Schirch, 1988) * Km apparente a [H4 PteGlu] saturante Tabella 3.1 Parametri cinetici dell’eSHMT e dell’eL-TA a confronto. 82 Il meccanismo di reazione proposto per il taglio retroaldolico (schema 3.1) Schema 3.1. Meccanismo proposto per la reazione di scissione aldolica dei ß-idrossiaminoacidi. Nello schema sono indicate le lunghezze d’onda (λ) alle quali corrispondono i massimi di assorbimento del cofattore nell’ SHMT. R1 = H; R2 = H nel caso della serina; R2 = CH3 . prevede la deprotonazione del gruppo -OH del 3- idrossiaminoacido ad opera di una base catalitica, seguita dall’attacco nucleofilo dell’O? al C? ,? con il conseguente rilascio di un’aldeide (HCOR) e di un intermedio chinonoide che viene riprotonato sullo stesso lato dalla base al sito attivo. Nell’SHMT, la reazione fisiologica avviene con un meccanismo analogo, con la differenza che non si forma acetaldeide ma formaldeide, che va a condensarsi con il H4 PteGlu legato al sito attivo (schema 3.2). 83 Schema 3.2 Addizione al H4 PteGlu della formaldeide prodotta dalla scissione aldolica della serina catalizzata dall’SHMT. Negli ultimi anni, sono stati individuati due geni codificanti l’alanina racemasi PLP-dipendente in organismi fungini (AlaRac), da Tolypocladium niveum (Hoffmann et al., 1994) e da Cochliobulus carbonum (Cheng & Walton, 2000). Questi enzimi, la cui attività è indispensabile per la sintesi delle tossine attraverso le quali i due organismi manifestano la loro patogenicità, mostrano un’elevata identità di sequenza con le TA note. Solo l’AlaRac da T. niveum è stata purificata e caratterizzata (Hoffmann et al., 1994). L’AlaRac di C. carbonum non è stata purificata, ma la sua funzione è stata dimostrata attraverso esperimenti di complementazione tra il gene che la codifica, toxG, ed un ceppo mutante di E. coli deficiente per l’alanina racemasi endogena (Cheng & Walton, 2000). 84 Tali AlaRac non mostrano alcuna correlazione, a livello della struttura primaria, con le alanine racemasi batteriche che appartengono ad una famiglia evolutiva distinta, la classe di ripiegamento di tipo III. Confronto strutturale ed analisi evolutiva Lo studio comparativo tra eSHMT, eL-TA, AlaRac e gli altri membri della classe di ripiegamento di tipo I, in assenza delle strutture cristallografiche di eL-TA e AlaRac, si è basato sul confronto delle sequenze aminoacidiche (Contestabile et al., 2001). Sono state allineate le sequenze di 16 L-TA e 2 AlaRac. E’ stato inoltre prodotto un allineamento multiplo di 10 strutture tridimensionali di enzimi procariotici per individuare le regioni strutturalmente conservate (SCR), molte delle quali corrispondono a elementi di struttura secondaria. La previsione della struttura secondaria basata sull’allineamento delle L- TA e delle AlaRac ha mostrato una forte corrispondenza con gli elementi di strut tura secondaria degli enzimi di ripiegamento di tipo I. Segmenti di sequenza dell’eL-TA e dell’AlaRac di C. carbonum sono stati poi confrontati con le SCR degli enzimi della classe di ripiegamento di tipo I, mostrando una grande somiglianza nelle regioni del dominio maggiore. Sulla base di questa corrispondenza è stato costruito un albero filogenetico (fig. 3.1), da cui si ricava che l’enzima più simile all’LTA e all’AlaRac è l’SHMT. 85 0.7 0.9 0.7 0.12 1.58 1.16 0.05 0.86 0.42 0.82 0.3 0.1 0.04 0.82 1.21 0.54 0.22 0.3 1.21 1.86 2.08 2.4 AR TA 29.1 100 16.8 13.8 13.5 12.6 } } } Reazioni di α-replacement α-sostituzione reactions Reazioni di ω -aminotransferase ? - aminotrasferasi reactions 11.1 12.6 10.8 11.1 12.3 7.2 } Reazioni di β -replacement and β-sostituzione e β-elimination β-eliminazione reactions Reazioni di α-aminotransferase α-aminotrasferasi reactions Fig. 3.1 Albero filogenetico rappresentante il raggruppamento fenetico degli enzimi di ripiegamento di tipo I esaminati. Le lunghezze dei rami tra i nodi sono espresse in termini di numeri di sostituzioni aminoacidiche attese per sito. La percentuale di identità di sequenza tra eL-TA e gli altri enzimi è indicata accanto le abbreviazioni. Accanto all’albero filogenetico è indicata una possibile correlazione tra le relazioni evolutive e la specificità di reazione degli enzimi. Le abbreviazioni non citate in precedenza sono: AR, AlaRac; AONS, 8-amino-7-oxononanoato sintasi di E. coli; GSAM, glutammato-1semialdeide aminomutasi di Synechococcus; DGD, dialchilglicina decarbossilasi di Pseudomonas cepacia; DAPAS, acido diaminopelargonico sintasi di E. coli; TPL, tirosina- fenol liasi di Citrobacter freundii; AHBS, acido 3-amino-5-idrossibenzoico sintasi di Amycolatopsis mediterranei; CBL, cistationina ß- liasi di E. coli ; PAT, fosfoserina aminotrasferasi di E. coli . L’ipotesi che SHMT, L-TA e AlaRac appartengano ad un sottogruppo di enzimi strettamente correlati, suggerita da evidenze sperimentali, è stata quindi confermata e rafforzata da queste considerazioni. E’ interessante notare come le due sequenze di AlaRac note siano solo leggermente più simili fra loro (41,6% di identità) piuttosto che alle L-TA esaminate (36,9% è 86 la percentuale più alta di identità, tra l’AlaRac di T. niveum e l’L-TA di C. albicans). Inoltre, tutti i residui conservati della L-TA, tranne la Lys 222, sono presenti anche nell’AlaRac (Contestabile et al., 2001). Non è quindi possibile distinguere l’alanina racemasi fungina dalla L-TA soltanto in base alla sequenza aminoacidica.L’apparente mancanza di specificità dell’eSHMT e dell’ eL-TA e le loro proprietà catalitiche simili probabilmente derivano dal particolare apparato catalitico del progenitore comune di queste proteine, poi evolutosi in due enzimi distinti, che catalizzano reazioni differenti ma strettamente correlate. Le caratteristiche di base di questo apparato sono probabilmente ancora presenti negli enzimi odierni e sono responsabili delle loro proprietà catalitiche simili. Un’aldolasi accelera la scissione del legame Ca -Cß dei 3-idrossiaminoacidi, molto probabilmente attraverso un meccanismo di scissione retroaldolica (schema 3.3), generando un intermedio chinonoide (IIa) che, nell’eSHMT, viene poi protonato (reazione 2a), mantenendo la configurazione del Ca (Akhtar et al., 1975; Fitzpatrick et al., 1998). 87 SCISSIONE ALDOLICA H H B: H O R2C COO - (I a) (III a) O 1a (IV b) R Lys R2 + BH (II a) + H 3N 2b : NH 2 (II b) COO - COO - 3b R = H o CH3 CH3 CH3 Lys H : NH 2 (I b) Lys B: 1b B: Piruvato Protonazione al C4’ R C Lys : NH 2 COO- 4b Gly R2 O R1 B: COO - 2a C R1 :NH2 H B: CH3 Lys Lys : NH 2 L-Ser TRANSAMINAZIONE COO - D-Ala RACEMIZZAZIONE H Lys : NH 2 B: (III b) COO - L-Ala Schema 3.3 Meccanismo proposto per le reazioni di scissione aldolica, transaminazione e racemizzazione catalizzate dall’eSHMT e dall’eL-TA. Lo schema, ispirato a quello precedentemente proposto da Shostak & Schirch (1998) per la racemizzazione dell’alanina catalizzata dall’eSHMT, spiega come la presenza di due residui basici ( -B: e Lys-H2 N:) al sito attivo di una generica 3- idrossiaminoacido-aldolasi dipendente dal PLP possa essere responsabile per la catalisi delle reazioni di racemizzazione e di transaminazione. Gli intermedi di reazione sono visualizzati lungo il legame Ca-N del complesso aminoacido-PLP. L’anello del PLP, perpendicolare al piano della pagina, è rappresentato in giallo. In blu è rappresentata la reazione di scissione aldolica, in verde la transaminazione e in nero la racemizzazione. La base catalitica responsabile della deprotonazione del gruppo OH dei substrati (-B: nello schema) e della protonazione dell’intermedio chinonoide 88 deve essere rivolta verso la faccia re del cofattore. La lisina al sito attivo che lega il PLP (Lys-H2 N: nello schema) è invece localizzata dal lato opposto del cofattore (faccia si). Dovrebbero esserci quindi due basi rivolte verso le due facce del PLP: la lisina che lega il cofattore e la base catalitica. La presenza di due distinte basi catalitiche nell’SHMT è stata dimostrata sperimentalmente (Shostak & Schirch, 1988) e spiega come mai l’enzima è in grado di catalizzare reazioni di racemizzazione e di transaminazione con entrambi gli enantiomeri dell’alanina. E’ quindi possibile che l’eSHMT, la eL-TA e l’AlaRac fungina siano in grado di racemizzare l’alanina attraverso un meccanismo comune di racemizzazione a due basi. L’eSHMT e la eL-TA si sono poi evo lute in modo tale da limitare, per quanto possibile, la racemizzazione e la transaminazione dei substrati. Analogamente, piccoli cambiamenti nell’evoluzione del sito attivo della AlaRac fungina possono avere, al contrario, favorito la reazione di racemizzazione. Le strutture cristallografiche dell’eSHMT (Scarsdale et al., 2000) dell’8amino-7-oxononanoato sintasi di E. coli (Alexeev et al., 1998) e della tirosina- fenol liasi di Citrobacter freundii (Antson et al., 1993) sono state scelte come stampi strutturali per la costruzione dei modelli di struttura tridimensionale dell’eTA e dell’AlaRac di C. carbonum (Contestabile et al., 2001). La sovrapposizione dei modelli tridimensionali e della struttura cristallografica dell’eSHMT ha evidenziato una chiara somiglianza strutturale nella porzione del sito attivo che interagisce con il cofattore (fig. 3.2). 89 Fig.3.2 Sovrapposizione dei siti attivi dell’eSHMT (in rosso) e dell’eL-TA (in verde). Il complesso PLP -glicina è rappresen-tato in giallo, con gli atomi di ossigeno in rosso, gli atomi di azoto in blu e il fosforo in viola. I residui sono numerati a seconda della posizione nella rispettiva sequenza aminoacidica. La lettera B indica residui provenienti dall’altra subunità. Per chiarezza, sono mostrati soltanto i residui, coinvolti nel legame con il PLP, che hanno la stessa identità. La eL- TA e l’eSHMT differiscono invece notevolmente nella regione delle anse che, nell’eSHMT, sono coinvolte nel legame con il H4 PteGlu (fig. 3.3). La dimensione differente delle anse è dovuta probabilmente ad inserzioni aminoacidiche nell’eSHMT. 90 Fig.3.3 Sovrapposizione dell’entrata del sito attivo dell’eSHMT e dell’eL-TA. Gli scheletri carboniosi dell’eSHMT e dell’eL-TA sono raffigurati rispettivamente in blu e in arancione. L’H4 PteGlu è mostrato in verde. I residui dell’eSHMT presenti sulle anse che interagiscono con l’ H4 PteGlu sono mostrati in viola e sono numerati. I legami idrogeno sono rappresentati da linee tratteggiate.E’ evidente dalla figura come l’andamento delle catene polipeptidiche, altrimenti molto simile, cambi drasticamente nella regione delle anse, che nell’eSHMT sono coin-volte nel legame con l’H4 PteGlu. Nei modelli tridimensionali dell’eL-TA e dell’ AlaRac sono inoltre numerose le somiglianze che riguardano i residui coinvolti nel legame con il substrato e nella catalisi. Nel modello dell’ eL-TA, un residuo di lisina (Lys222), presente invariabilmente in questa posizione nelle 16 L-TA esaminate in banca dati, è localizzato approssimativamente nella stessa posizione occupata dal Glu57 che, nell’eSHMT, è posto dal lato della faccia re del PLP ed è probabilmente responsabile dell’interazione con il gruppo OH dei ß- idrossiaminoacidi (fig. 3.4). Data la sua posizione favorevole, tale 91 residuo Lys222 potrebbe svolgere un ruolo importante nella reazione di scissione aldolica come base catalitica. Fig. 3.4 Struttura del sito attivo del modello dell’eL-TA. La figura mostra il modello dell’aldimina esterna per il complesso L-allo-treonina-PLP. I residui sono numerati a seconda della posizione nella sequenza aminoacidica. La lettera B indica residui provenienti dall’altra subunità. La recente risoluzione della struttura cristallografica dell’ L-TA di T. marittima (Kielkopf and Burley, 2002)(fig. 3.5) ha permesso di individuare due ulteriori residui candidati al ruolo di base catalitica (His83 e His126 in eL-TA) ed ha inoltre consentito di verificare la validità del modello tridimensionale. 92 Fig. 3.5 Rappresentazione a nastro dell’enzima tetramerico L-TA di T. maritima. I monomeri A e B sono in verde, i monomeri C e D in viola. Il cofattore è mostrato con gli atomi C, N e O rispettivamente in giallo, blu e rosso. In rosa e in verde sono rappresentati rispettivamente gli ioni Ca2+ e Cl . Gli autori della struttura cristallografica hanno proposto ruoli distinti per due residui di istidina nella scissione aldolica di L-treonina ed L-allotreonina (fig. 3.6). 93 Fig. 3.6 Visione stereo del sito attivo della L-TA di T. maritima. La figura mostra la struttura cristallografica dell’aldimina esterna per il complesso Lallo-treonina-PLP. Secondo questa ipotesi, l’His83, che nella struttura del complesso enzima-L-allo-treonina- forma un legame idrogeno con il gruppo ossidrile del substrato, agirebbe da base catalitica quando l’enzima lega la L-allotreonina; l’His83 è inoltre coinvolta nel legame del cofattore attraverso un’interazione tramite forze di dispersione dovute all’impilamento dell’anello del PLP e dell’anello imidazolico del residuo di istidina. Nell’SHMT di E. coli il corrispondente residuo di istidina è stato sottoposto a mutagenesi (Jagath et al. 1997). L’interpretazione dei risultati ottenuti si è però rivelata molto 94 complessa, in quanto l’enzima mutante non è più in grado di legare il PLP. l’His125, che corrispondente all’His126 nell’eL-TA, funzionerebbe invece da base catalitica quando l’enzima agisce sulla L-treonina. Negli enzimi PLPdipendenti appartenenti al raggruppamento di classe I, l’unità funzionale, ovvero l’unità cataliticamente attiva, è rappresentata dalla struttura dimerica. E’ interessante notare che il residuo di His125 nel sito attivo della L-TA tetramerica di T. marittima, è fornito dall’altro dimero e rappresenta perciò un’interessante eccezione. Scopo della ricerca Il lavoro sperimentale si colloca nell’ambito del progetto di studio comparativo degli enzimi SHMT, L-TA e AlaRac, che ha l’obiettivo di comprendere come l’evoluzione abbia creato un sito di legame per i folati e quali siano le basi molecolari che portano all’attivazione o alla repressione delle attività catalitiche di ogni enzima e quindi conferiscono la specificità di reazione. Sono stati espressi, quindi, i due geni codificanti l’alanina racemasi fungina al fine di purificare la proteina di interesse in quantità tali da poter intraprendere una caratterizzazione enzimatica. E’ stato intrapreso inoltre lo studio del meccanismo d’azione della L- TA di E. coli tramite esperimenti di mutagenesi sito specifica, volti ad identificare i residui cruciali per l’attività catalitica. Grazie alla disponibilità del modello tridimensionale dell’eL-TA e, in seguito, della struttura cristallografica della L-TA di T. maritima sono stati identificati tre residui candidati per il ruolo di base catalitica: la Lys222, l’His126 e l’His83. Il ruolo dei tre residui è stato studiato sostituendoli, tramite mutagenesi sito- 95 specifica, rispettivamente con residui di alanina (Lys? Ala) e asparagina (His? Asn). Le proprietà catalitiche delle forme mutanti sono state caratterizzate e confrontate con quelle dell’ L-TA selvatica di E. coli. 96 3.2 Materiali e metodi Ceppi batterici di Escherichia coli: DH5a Genotipo: sup E44, ? lac (φ?80 lac Z ? M15), hsd R17, rec A1, endA1, gyr A96thi-rel A1. Il ceppo DH5a è difettivo nella ricombinazione e viene usato per l’amplificazione dei plasmidi. Permette di effettuare uno screening per ? complementazione e presenta la resistenza all’acido nalidixico. HMS174 (DE3) Genotipo: F’, recA, hsdR (rk12 , mk12 +), Rif R (DE3) Ceppo K12 di E. coli lisogenico per ?DE3. Contiene una copia cromosomale del gene per la T7 RNA polimerasi, posto sotto il controllo del promotore lacUV5 inducibile mediante l’isopropil-ß-D-tiogalattoside (IPTG). Aggiungendo IPTG al mezzo di coltura si ha l’espressione della T7 RNA polimerasi che permette la trascrizione del DNA bersaglio presente nel plasmide. Viene utilizzato per l’espressione di sistemi di espressione basati su plasmidi pET e presenta la resistenza alla rifampicina. 97 Vettore plasmidico pET22b(+) Il vettore pET22 (fig. 3.7) è un derivato di pBR322 e viene spesso utilizzato come vettore di espressione per proteine ricombinanti. L’espressione dei geni clonati in questo vettore è posta sotto il controllo di un promotore trascrizionale forte (promotore T7) e un terminatore (T7) posizionati, rispettivamente, all’inizio e alla fine della regione in cui è stato clonato il gene di interesse. A monte del sito di policlonaggio sono localizzati i segnali canonici necessari per l’espressione del trascritto. I ceppi batterici utilizzati per l’espressione contengono una copia cromosomale del gene della T7 RNA polimerasi posto sotto il controllo del promotore lacUV5. L’espressione del gene bersaglio, posto sotto il controllo del promotore T7, viene indotta mediante somministrazione di isopropil-ß-D-tiogalattoside (IPTG), che agisce sul repressore lac dereprimendo la trascrizione del gene della T7 RNA polimerasi. In questo vettore di espressione, il promotore della T7 RNA polimerasi, a monte del gene bersaglio, è infatti seguito dall’operatore lac e in questo modo, in assenza di IPTG, il repressore lac agisce tanto sul promotore lacUV5 della T7 RNA polimerasi quanto sul promotore T7 del gene di interesse. E’ presente ino ltre il gene costitutivo lacI, che assicura la presenza di una quantità sufficiente di repressore lac. Il plasmide pET22 come marcatore di selezione presenta i geni per la resistenza all’ampicillina. 98 Fig.3.7 Vettore di espressione pET22b(+) Il gene codificante la treonina aldolasi di E.coli è stato amplificato dal DNA genomico di E.coli e clonato in questo plasmide di espressione utilizzando i siti di restrizione NdeI ed EcoRI (Contestabile et al., 2001). Clonaggio dei geni toxG e cssB codificanti l’alanina racemasi rispettivamente da C. carbonum e T . niveum nel plasmide pET22b(+) I cDNA dei geni codificanti l’alanina racemasi in C. carbonum (toxG) e T. niveum (cssB) sono stati gentilmente forniti rispettivamente dal Dott. 99 Jonathan Walton (Michigan State University, Michigan, USA) e dal Dott. Kurt Schoergendorfer (Biochemie GMBH-Novartis, Austria). Le regioni codificanti sono state amplificate mediante PCR preparativa utilizzando degli oligonucleotidi come inneschi recanti siti di riconoscimento per gli enzimi di restrizione NdeI e BamHI per l’inserimento degli amplificati nel vettore di espressione pET22b(+) (fig. 3.8). Il plasmide e gli amplificati dopo digestione sono stati ligati attraverso una reazione che sfrutta un sistema rapido commercializzato dalla Amersham (DNA ligase System) che utilizza l’enzima T4 DNA ligasi. I costrutti ottenuti sono stati usati per trasformare il ceppo DH5a di E. coli (la preparazione delle cellule competenti e l’esecuzione della trasformazione sono descritte nel cap.2, sezione “Materiali e metodi”). Il passaggio successivo consiste nell’estrazione del DNA plasmidico da una singola colonia trasformante e nel controllo della sequenza del gene clonato Fig. 3.8 Strategia di clonaggio dei geni toxG e cssB nel vettore pET22b(+). a) Amplificazione per PCR dei geni di interesse e digestione degli amplificati. b) ligazione inserto-vettore 100 per accertarsi che non siano state introdotte mutazioni. Il sequenziamento è stato effettuato dalla ditta MWG-Biotech (Ebersberg, Germania). Una preparazione plasmidica del costrutto corretto è stata utilizzata per trasformare il ceppo di espressione HMS174 (DE3) di E. coli. Di seguito vengono riportate le condizioni utilizzate nella PCR preparativa. Miscela di reazione: buffer di reazione (5X) 5 µl DNA stampo (25 ng) 2 µl Oligo For (10 µM) 2,5 µl Oligo Rev (10µM) 2,5 µl dNTP (10 µM) 1 µl Vent polimerasi (NEB) 2U H2 O q.b. a 50 ?µl Condizioni di PCR : - 1 ciclo: • 95°C per 5 minuti (“hot start”) • 80°C per 1 minuto (aggiunta della Vent polimerasi) - 30 cicli: • 95°C per 1 minuto (denaturazione del DNA stampo) • 60°C per 1 minuto (appaiamento degli oligonucleotidi) •72°C per 1 minuto e 30 secondi (estensione della polimerasi) -1 ciclo • 72°C per 10 minuti (estensione finale) • 4°C 101 Mutagenesi sito specifica per la sostituzione di singoli residui aminoacidici La mutagenesi sito specifica è un insieme di metodi utilizzati per la produzione di mutazioni tramite delezione, inserzione o sostituzioni di basi nucleotidiche. La tecnica di mutagenesi da noi impiegata utilizza un vettore plasmidico in cui è inserita la sequenza di DNA di interesse e due oligonucleotidi che agiscono da innesco, ognuno recante la mutazione desiderata e complementari fra loro. Questi oligonucleotidi vengono estesi durante cicli a diverse temperature da una DNA polimerasi, la Pfu Turbo, generando un plasmide recante la mutazione. Per eliminare i filamenti parentali di partenza viene aggiunto al prodotto di reazione la endonucleasi DpnI che è in grado di riconoscere e degradare solo i filament i di DNA parentale in base al loro stato di metilazione o di emimetilazione. In questo modo il prodotto della reazione mutagenica sarà un DNA superavvolto contenente una sequenza mutata utilizzabile per una nuova trasformazione. In questo lavoro è stato ut ilizzato il kit QuikChange™ Site-Directed Mutagenesis commercializzato dalla Stratagene (USA). Il protocollo della reazione è il seguente: buffer di reazione (5X) 5 µl DNA stampo (5 ng) 2 µl Oligo mutagenico For (10 µM) 2,5 µl Oligo mutagenico Rev (10 µM) 2,5 µl dNTP (10µM) H2 O 1 µl q.b. a 50 ?µl 102 A questo campione viene aggiunto 1 µl di Pfu Turbo (2,5 U/µl) e si lascia procedere la reazione nel seguente modo: - 1 ciclo: • 95°C per 30 secondi - 18 cicli: • 95°C per 30 secondi (denaturazione del DNA stampo) • 55°C per 1 minuto (appaiamento degli inneschi) • 68°C per 13 minuti (2 min / Kb del vettore; estensione della polimerasi) Alla fine di questo processo, al campione viene aggiunto 1 µl di DpnI (10 U/µl) e dopo circa due ore a 37°C si procede con la trasformazione. Il passaggio successivo consiste nell’estrazione del DNA plasmidico da una singola colonia trasformante e nel controllo dell’inserto mutato mediante sequenziamento per accertarsi che non siano state introdotte altre mutazioni. Il sequenziamento è stato effettuato dalla ditta MWG-Biotech (Ebersberg, Germania). Ceppo di Saccharomyces cerevisiae E’ stato utilizzato il ceppo di Saccharomyces cerevisiae ? fet3 DEY 1397-6A ( Mat a, fet3:: HIS3, ade2, can1, his3, leu2, trp1, ura3) gentilmente messo a disposizione dalla Dott.ssa M.C. Bonaccorsi dell’Università di Roma “La Sapienza”. I lieviti sono cresciuti in incubatori dotati di agitatore, alla temperatura di 30°C, in terreno minimo (0,67% Yeast Nitrogen Base senza aminoacidi, con i necessari supplementi per le autotrofie) con il 2% di glucosio (CMD) o il 2% di galattosio (CMgal). 103 Preparazione di cellule competenti di Saccharomyces cerevisiae Una colonia singola di ?fet3 viene preinoculata da una piastra in 10 ml di YPD (10 g/L di estratto di lievito, 20 g/L di peptone, 20 g/L di glucosio) e lasciata ad agitare per una notte a 30°C. Questo preinoculo viene inoculato in una beuta da 1 litro con 250 mL di YPD e lasciato agitare a 30°C fino ad ottenere una OD600 =1,3-1,5 ( di solito viene inoculato 0,5-1 ml di preinoculo e incubato a 30°C per 16-18 ore). Le cellule vengono quindi centrifugate a 1500 x g per 5 min e lavate con 250 mL di acqua sterile e raffreddate in ghiaccio ( 2 volte). Dopo il lavaggio le cellule vengono nuovamente centrifugate a 1500 x g per 5 min e risospese in 10 ml di sorbitolo 1M raffreddato in ghiaccio. Dopo un’ulteriore centrifuga a 1500 x g per 5 min il pellet viene risospeso in 0,5 ml di sorbitolo 1M preraffreddato contenente glicerolo 15 %. Trasformazione di Saccharomyces cerevisiae per elettroporazione Una miscela composta da 40 µl di cellule competenti e circa 10-100 ng di DNA viene trasferita in una cuvetta e posta in ghiaccio per 5 min. La miscela viene pulsata con un elettroporatore Invitrogen a 1500 V, 100? e 25µF. Vengono quindi aggiunti 0,5 ml di sorbitolo 1M alla cuvetta. Il contenuto della cuvetta viene piastrato su terreno CMD e incubato a 30°C fino alla comparsa delle colonie (2-4 giorni). 104 Vettore di espressione pYES -2 pYES-2 (fig. 3.9 ) è un vettore shuttle che presenta elementi regolativi procariotici ed eucariotici e può pertanto essere utilizzato per trasformare ceppi di E. coli e/o di S. cerevisiae. Fig. 3.9 Vettore di espressione pYES-2 Gli elementi regolativi che lo caratterizzano sono un promotore inducibile da galattosio (PGAL1), un polilinker a valle di PGAL1, un terminatore (CYC1) a valle del polilinker per arrestare la trascrizione dell’ RNA neosintetizzato, un’origine di replicazione procariotica (PMB1 ori), un’origine di replicazione eucariotica (2µ ori), l’origine di replicazione f1 del fago filamentoso, per la replicazione in presenza del fago helper e per la produzione di DNA a singolo 105 filamento, il gene per la resistenza all’ampicillina che permette la selezione in presenza dell’antibiotico e il gene URA3 che complementa l’auxotrofia per l’uracile. Clonaggio del gene cssB codificante l’alanina racemasi da Tolipocladium niveum nel vettore di espressione pYES-2 Il plasmide pET22b(+) contenente cssB è stato linearizzato utilizzando come enzima di restrizione NdeI. Questa estremità è stata resa “piatta” utilizzando la polimerasi di Klenow. L’enzima Klenow è il frammento grande della DNA polimerasi I con attività polimerasica 5’- 3’ ed esonucleasica 3’- 5’, ma è priva dell’attività esonucleasica 5’- 3’ propria dell’enzima nativo. L’enzima catalizza l’aggiunta di mononucleotidi da deossinucleosidi 5’-trifosfati alle estremità 3’-OH di DNA che funge contemporaneamente da stampo e da innesco. La reazione di polimerizzazione viene utilizzata per generare estremità piatte in seguito a digestione con enzimi di restrizione. La reazione della Klenow può essere condotta direttamente dopo la reazione di digestione, aggiungendo al DNA da polimerizzare (0.1-4 µg) i seguenti ingredienti: - dNTP 0.5 mM ciascuno, - BSA - MgCl2 4mM (se non già presente nella miscela di digestione) 0.6 mg/ml La miscela viene incubata a 30°C per 10 min, successivamente si aggiunge Klenow (1-5 Unità) e la reazione viene condotta per 30 min a 30°C e quindi interrotta inattivando l’enzima a 75°C per 15 min. Il vettore ,dopo trattamento con l’enzima di Klenow, è stato digerito con un secondo enzima di restrizione, BamHI. La seconda digestione ha rilasciato un frammento contenente solo la regione codificante del gene di interesse avente 106 un’estremità piatta ed un’altra coesiva. Il frammento purificato è stato clonato nel plasmide pBS-KS precedentemente digerito con gli enzimi di restrizione EcoRV, che lascia estremità piatte, e BamHI ( fig. 3.10). Fig. 3.10 Strategia di clonaggio del gene cssB nel plasmide pBS-KS. Il plasmide pBS-KS contenente cssB è stato digerito poi con gli enzimi di restrizione HindIII e BamHI ed il frammento rilasciato corrispondente al gene di interesse è stato clonato nel vettore pYES-2 digerito con i medesimi enzimi di restrizione (fig. 3.11) Il vettore pYES-2/cssB così ottenuto è stato utilizzato per trasformare un ceppo di S. cerevisiae. 107 Fig. 3.11 Strategia di clonaggio del gene cssB nel vettore di espressione pYES2 Protocollo di lisi di cellule di Saccharomyces cerevisiae Una singola colonia di lievito viene inoculata in 10 mL di CMgal ed incubata a 30°C. Dopo due giorni la coltura viene centrifugata a 3500 rpm per 5 min e 108 il pellet viene risospeso in acqua. Dopo una seconda centrifugata a 3500 rpm per 5 min il pellet viene risospeso in un volume di tampone di lisi composto da MOPS (pH 7,4) 25 mM, NaCl 150 mM, pepstatina 10 µM, CuSO4 50 µM, PMSF 1 mM. Alla sospensione viene aggiunto un volume di glass beads e si procede con la lisi, che consiste nella ripetizione di 4 cicli di vorticate da 1 min alternati ad incubazioni in ghiaccio di 2 min. La miscela viene centrifugata a 3500rpm per 2 min; il supernatante viene raccolto e nuovamente centrifugato a 3500 rpm per 15 min. Pochi µl del supernatante possono essere a questo punto caricati su un gel di elettroforesi SDS-PAGE (vedi cap.2 sez. “Materiali e metodi”) per controllare l’ estratto proteico solubile. Estrazione dell’ alanina racemasi dai corpi inclusi Una singola colonia derivante dalla trasformazione del ceppo di E. coli HMS174 (DE3) con il costrutto pET22b(+)/cssB (o pET22b(+)/toxG ) viene utilizzata per inoculare 10 ml di terreno LB (Luria – Bertani) contenente ampicillina (100 mg/l). I batteri vengono fatti crescere aerobicamente a 37°C sotto agitazione per una notte. Un’aliquota di 500 µl di questa coltura viene utilizzata per inoculare 100 ml di terreno LB contenente ampicillina (100 mg/l). I batteri vengono fatti crescere sotto agitazione a 37°C fino a quando la densità ottica misurata a 600 nm raggiunge un valore di circa 0,3-0,4. A questo punto viene indotta l’espressione dell’enzima con l’aggiunta di IPTG (isopropil-tio-ß-D-galattoside) in concentrazione finale 0,05 mM. Dopo circa 4 ore la coltura viene centrifugata. I batteri così sedimentati vengono poi risospesi in un tampone di lisi ( 3 ml per grammo di cellule) composto da tris-HCl 10 mM pH 8.0, EDTA 1 mM e NaCl 1 mM e lisati per sonicazione. 109 Dopo sonicazione il campione viene centrifugato a 15000rpm per 20 minuti. Dopo centrifugazione il supernatante contiene la frazione cellulare insolubile mentre i corpi inclusi sedimentano. I corpi inclusi vengono risospesi in tampone 50mM KPi , pH 7 contenente 100 mM NaCl, 1 mM DTT e 0,5% TritonX-100 e centrifugati. La denaturazione completa del materiale sedimentato dopo questa centrifugazione avviene attraverso la risospensione degli stessi in tampone 100 mM KPi pH 7 contenente 6M guanidinio cloruro, 10 mM DTT e 1 mM EDTA. Il campione viene lasciato in agitazione per 2 ore a temperatura ambiente. Dopo aver diluito il campione sino ad ottenere una concentrazione finale di guanidinio cloruro pari a 1,5 M , esso viene lasciato in agitazione a temperatura ambiente in presenza di 1mM PLP. Dopo 20 minuti il campione viene centrifugato a 15000rpm per 20 minuti. Il supernatante viene dializzato cont ro due cambi da 500 mL del tampone 100 mM KPi pH 7 contenente 1mM DTT. Espressione e purificazione delle forme mutanti della L-treonina aldolasi I mutanti della L-TA sono stati purificati secondo il metodo di Contestabile et al. (2001) per la purificazione della L-TA selvatica, con qualche modifica. Lo stock in glicerolo del ceppo di E. coli HMS174 (DE3), trasformato con il plasmide contenente il gene della L-TA mutato H126N, K222A o H83N, viene utilizzato per inoculare 20 ml di terreno liquido LB (Luria – Bertani) contenente ampicillina (100 mg/l). I batteri vengono fatti crescere aerobicamente a 37°C sotto agitazione per una notte. Successivamente si trasferiscono 17.5 ml della coltura così ottenuta in 3.5 l di LB distribuiti in 7 beute da 500 ml e contenenti ampicillina, (100mg/l), e 110 vitamina B6 (30 mg/l). I batteri vengono fatti crescere sotto agitazione a 37°C fino a quando la densità ottica misurata a 600 nm raggiunge un valore di circa 0,3-0,4. A questo punto viene indotta l’espressione dell’enzima con l’aggiunta di IPTG (isopropil- tio-ß-D-galattoside) in concentrazione finale 0,05 mM. La coltura viene fatta crescere per 20-24 ore. La coltura viene allora centrifugata a 5000 rpm per 20 minuti a 4°C, per sedimentare le cellule. I batteri vengono poi risospesi in un tampone di lisi ( 3 ml per grammo di cellule) composto da tris-HCl 10 mM pH 8.0, EDTA 1 mM e NaCl 1 mM. Vengono aggiunti 0.8 mg di lisozima per grammo di cellule e la sospensione viene agitata a temperatura ambiente per 20 minuti. Vengo no aggiunti 4 mg di acido deossicolico per grammo di cellule, dopo di che la soluzione viene tenuta a -80°C per un’ora e poi scongelata per facilitare la rottura delle membrane. Si aggiunge poi streptomicina solfato (10 g/l) per precipitare il DNA e si centrifuga per 30 minuti a 15000 rpm. Al supernatante viene aggiunto solfato di ammonio (AS) al 50% di saturazione (313 g/l). La soluzione viene centrifugata a 15000 rpm per 20 minuti e viene scartato il precipitato. Al supernatante viene poi aggiunto solfato di ammonio al 75% di saturazione (176 g/l). A questa concentrazione la proteina di interesse precipita. Dopo aver centrifugato a 15000 rpm per 20 minuti, il precipitato (contenente la proteina) viene disciolto in tampone (A) 20mM KPi, pH 7.5 e dializzato contro due cambi da 2 litri dello stesso tampone. Il campione dializzato, centrifugato a 15000 rpm per 20 minuti per eliminare ulteriori impurezze, viene poi caricato su una colonna DEAE-sefarosio (5 x 15 cm) a scambio anionico precedentemente equilibrata con 2 l di tampone A . La colonna viene lavata con 100 ml di tampone A e l’enzima viene eluito con un litro di gradiente lineare da 0 a 0,4 M NaCl nello stesso tampone. Le frazioni che presentano gli assorbimenti più elevati a 280 nm e 420 nm (picco di 111 assorbimento caratteristico dell’aldimina interna e dell’aldimina esterna, fig.3.12) vengono riunite e precipitate al 75% di saturazione di solfato di Assorbanza ammonio (516 g/l). Lunghezza d’onda (nm) Fig. 3.12 L-TA 10 µM in tampone fosfato 20 mM Kpi, pH 7,0. Sono visibili il picco di assorbimento a 280 nm (caratteristico di tutte le proteine con residui aromatici) e a 420 nm (caratteristico dell’aldimina interna). Come già detto, a questa concentrazione di AS la proteina precipita. Dopo aver centrifugato la soluzione, il precipitato viene disciolto in un tampone (B) 20 mM KPi, pH 7,1 e caricato su una colonna di fenil sefarosio (4 x 15 cm), ad interazione idrofobica, equilibrata con 1 litro di tampone (A) 50 mM KPi, pH 7,1 contenente solfato di ammonio al 20% di saturazione (114 g/l). La colonna viene lavata con 50 ml di tampone A. La proteina viene eluita con un gradiente lineare formato da 350 ml di tampone A e 350 ml di tampone B. Le frazioni contenenti L-TA, analizzate tramite elettroforesi su 112 gel di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE), vengono riunite e precipitate al 75% di saturazione di solfato di ammonio. Dopo aver centrifugato, il precipitato viene disciolto nel tampone B e dializzato in 2 litri dello stesso tampone. La concentrazione del PLP legato all’enzima, e quindi dell’enzima attivo, viene determinata spettrofotometricamente in NaOH 0,2 M usando il coefficiente di estinzione molare e del cofattore a 390 nm : 6550 cm? ¹ M ? ¹. Le varie fasi della purificazione possono essere seguite tramite SDS-PAGE (fig.3.13). 113 1 2 3 4 5 Fig. 3.13 Purificazione della L-TA. SDS-PAGE e colorazione con Blu di Coomassie dei campioni raccolti durante la purificazione delle forme mutanti della L-TA: standard di pesi molecolari di proteine (linea 1 ), proteine totali estratte da coltura batterica HMS174 contenente pET L-TA mutato (K222A, H83N o H126N) indotta con IPTG (linea 2), L-TA dopo precip itazioni con AS, (linea 3), L-TA dopo DEAE-sefarosio (linea 4), L-TA dopo fenil sefarosio (linea 5). 114 Caratterizzazione biochimica degli enzimi mutanti a) Saggi di attività enzimatica Scissioni aldoliche La scissione aldolica della L-treonina (di entrambi gli isomeri, eritro e treo) in glicina e acetaldeide rappresenta la reazione fisiologica della L-TA. La velocità del taglio della L-treonina, di ciascuna delle tre forme mutanti di L-TA, è stata misurata accoppiando questa reazione alla riduzione, tramite il sistema alcohol deidrogenasi/NADH, dell’acetaldeide prodotta in alcol etilico (Schirch & Peterson, 1980). La velocità di reazione è stata calcolata in base alla velocità di variazione dell’assorbimento a 340 nm (lunghezza d’onda di assorbimento del NADH), utilizzando il coefficiente di estinzione molare ? dell’NADH a 340 nm (pari a 6220 cm ? ¹? M ? ¹). La reazione di scissione aldolica è stata condotta in un tampone 20 mM KPi, pH 7,1 a 30°C. Transaminazioni Le costanti di velocità della transaminazione della D- e dell’L-alanina sono state determinate misurando la diminuzione, nel tempo, dell’assorbimento a 498 nm (? max dell’assorbimento dell’intermedio chinonoide) o a 420 nm (picco di assorbimento dell’aldimina interna, caratteristico degli enzimi dipendenti da PLP) che avviene durante la conversione del piridossale-5’-fosfato (PLP) legato all’enzima in piridossamina-5’-fosfato (PMP). Entrambe le reazioni sono state condotte in un tampone 50 mM Sodio N,N-bis (2- idrossietil)-2-aminoetansulfonato 115 (NaBES), pH 7,65, a 37°C, contenente?l’enzima 1?8 ?µM) e l’alanina (D- o L210 mM) come substrato. Le Kd apparenti per entrambi gli enantiomeri sono state determinate trattando l’enzima con concentrazioni crescenti di alanina e determinando l’assorbimento massimo a 498 nm dovuto alla formazione dell’intermedio chinonoide. La Kd reale, corrispondente alla Km?è stata determinata dal miglior fitting dei valori di? A498 tramite l’equazione 3. Racemizzazioni Le reazioni di racemizzazione della D- e della L-alanina sono state condotte in un tampone 50 mM NaBES, pH 7,65, a 37°C. La miscela di reazione contiene l’enzima (L-TA K222A 88.6 µM; H126N 58.8 µM; 200 µM), la D- o L-alanina (210 mM) e PLP (1 mM) in un volume finale di 500 µl. A vari intervalli di tempo, sono state prelevate dalla reazione aliquote da 45 µl. La reazione è stata fermata con l’aggiunta di HClO 4 160 mM e la soluzione è stata neutralizzata aggiungendo una concentrazione equivalente di KOH. La soluzione è stata poi centrifugata per rimuovere l’enzima e il sale KClO 4 precipitati. Il campione è stato saggiato per misurare la quantità di Do L-alanina prodotta. La miscela di reazione del saggio per la L-alanina (D ? L) contiene NAD+ 10 mM, idrazina 0,2 M (per sottrarre il piruvato prodotto), il campione e 10U/ml di L-alanina deidrogenasi (che ossida la L-alanina a piruvato) in un tampone NaBorato 100 mM pH 9,5. L’aumento dell’ assorbimento a 340 nm dovuto alla riduzione del NAD+ è stato utilizzato per calcolare la concentrazione della L-alanina prodotta. Per la reazio ne di racemizzazione della L-alanina in D-alanina sono stati usati, come enzimi accoppiati, la D-aminoacido-ossidasi e la lattato deidrogenasi. In questo saggio, al campione derivante dalla miscela di reazione sono stati 116 aggiunti NADH 0,2 mM e 10U/ml di lattato deidrogenasi in un tampone 20 mM NaBES, pH 7,0. In queste condizioni, il piruvato prodotto dalla transaminazione dall’alanina catalizzata dalla eL-TA è stato convertito in lattato. L’aggiunta della D-aminoacido ossidasi (3U/ml) ha infine convertito la D-alanina, prodotta nella reazione di racemizzazione, in piruvato e quest’ultimo è stato convertito in lattato con il consumo simultaneo di NADH. La concentrazione della D-alanina presente nel campione è stata calcolata dalla diminuzione dell’assorbimento a 340 nm, osservata dopo l’aggiunta della D-aminoacido-ossidasi. Tutti gli enzimi utilizzati nei saggi sono stati dializzati contro il tampone 100 mM NaBorato, pH 9,5 (D ? L) o il tampone 20 mM NaBES, pH 7,0 (L ? D); ad essi è stato infine aggiunto glicerolo al 50 % prima dell’uso. a) Analisi spettroscopica Gli spettri di assorbimento e le cinetiche delle reazioni sono stati seguiti con uno spettrofotometro a fila di diodi (Hewlett-Packard modello 8452). b) Analisi dei dati sperimentali I dati relativi alla cinetica delle reazioni sono stati analizzati utilizzando il programma per l’analisi dei dati Scientist (Micromath, Salt Lake City, UT), che è in grado di effettuare la simulazione di modelli cinetici complessi, il “curve fitting” e l’analisi statistica. Per il “curve fitting” il programma usa il metodo dei minimi quadrati, in cui vengono calcolati i parametri dell’equazione data in modo tale che la somma dei quadrati dei residui, che 117 rappresentano la differenza tra i valori sperimentali e teorici, sia al minimo. Per analizzare i dati sono state utilizzate le seguenti equazioni: v = v max × S Km+ S eq. 1 Per il calcolo della Km e della vmax delle reazioni di scissione aldolica; ∆A 498 = ∆A498 max⋅ e − kt⋅T eq.2 Per il calcolo della costante di velocità della reazione di transaminazione (kt ), seguendo la variazione dell’assorbanza a 498 nm nel tempo con una cinetica di pseudo-primo-ordine. ∆A498 = ∆A498 max× S Kd+ S Per il calcolo delle Kd di D- ed L-alanina. eq. 3 118 3.3 Risultati e discussione Tentativi di espressione e purificazione dell’alanina racemasi fungina I cDNA dei geni codificanti l’alanina racemasi in C. carbonum (toxG) e T. niveum (cssB) sono stati gentilmente forniti rispettivamente dal Dott. Jonathan Walton (Michigan State University, Michigan, USA) e dal Dott. Kurt Schoergendorfer (Biochemie GMBH-Novartis, Austria). Le regioni codificanti sono state amplificate mediante PCR (vedi cap.3 sez. “Materiali e metodi” ) utilizzando degli oligonucleotidi come inneschi recanti opportuni siti di restrizione per l’inserimento degli amplificati nel vettore di espressione pET22b(+). I costrutti ottenuti sono stati usati per trasformare il ceppo HMS174 (DE3) di E. coli. Sono stati condotti esperimenti su piccola scala (100 mL di coltura batterica) per individuare le condizioni migliori di espressione delle due proteine. Nella fig. 3.14 viene riportato l’esperimento condotto per l’espressione del costrutto pET22b(+)::toxG. L’espressione delle proteine è indotta con l’aggiunta di 0.05 mM di IPTG quando la coltura, cresciuta a 37°C, raggiunge una O.D600 pari a 0.3-04. La proteina viene espressa però in forma insolubile e si localizza nei corpi inclusi. Sono state variate le condizioni di temperatura ( 25°C e 30°C) e di durata delle crescite delle colture per cercare di ottenere proteina anche nella frazione solubile ma senza nessun buon risultato. Si è proceduto quindi all’isolamento dei corpi inclusi ( vedi cap.3 sez. “Materiali e metodi”) ed utilizzando opportuni denaturanti si è denaturata la proteina in essi precipitata, la quale poi è stata rinaturata mediante allontanamento dei denaturanti stessi per dialisi o per diluizioni seriali. 119 1 2 3 4 5 6 7 Fig. 3.14 Espressione dell’alanina racemasi di C. carbonum e purificazione della stessa dai corpi inclusi. SDS-PAGE e colorazione con Blu di Coomassie di campioni cellulari e di campioni raccolti durante la purificazione dei corpi inclusi. Le colture sono state incubate a 37°C. 1) ceppo HMS174(DE3) trasformato con pET22b(+)/toxG non indotto con IPTG; 2) ceppo HMS174(DE3) trasformato con pET22b(+)/toxG dopo 4 ore di induzione con 0.05 mM IPTG; 3) estratto cellulare solubile di HMS174(DE3) trasformato con pET22b(+)/toxG; 4) estratto cellulare solubile di una coltura di HMS174(DE3) trasformata con pET22b(+) cresciuta nelle stesse condizioni; 5) pellet del lisato cellulare di pET22b(+)/toxG risospeso in tampone 50mM KPi , pH 7 contenente 100 mM NaCl, 1 mM DTT e 0,5% TritonX100; 6) pellet dopo solubilizzazione in tampone contenente 1,5 M guanidinio cloruro; 7) campione 6 dopo dialisi in tampone 100 mM KPi pH 7 contenente 1mM DTT. La banda presente nella linea 7 corrisponde alla alanina racemasi. L’identità della banda è stata confermata mediante il sequenziamento dell’estremità Nterminale (il sequenziamento è stato effettuato presso i laboratori della prof. D. Barra, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”) Pur seguendo diverse strategie, alla conclusione degli esperimenti si ottenevano sempre proteine nella forma solubile, ma non correttamente ripiegate come si poteva dedurre dall’assenza di attività catalitica e dall’incapacità di legare il cofattore in maniera corretta. Nello spettro di assorbimento dell’alanina racemasi da C. carbonum non si osserva infatti la 120 banda con un massimo di assorbimento a 420 nm, corrispondente al PLP legato all’enzima come aldimina, ma la banda con massimo di assorbimento a 390 nm caratteristica del PLP libero( fig.3.15 ) . Sono stati condotti analoghi tentativi con il costrutto pET22b(+)/cssB ma anche in questo caso la proteina precipitava nei corpi inclusi e da essi non poteva essere purificata. Fig. 3.15 Spettro della alanina racemasi di C. carbonum dopo purificazione dai corpi inclusi e dialisi in tampone 100 mM KPi pH 7 contenente 1mM DTT. Non essendo riusciti ad esprimere in forma solubile l’alanina racemasi di T. niveum, codificata dal gene cssB, in E.coli utilizzando il vettore di espressione pET22b(+), abbiamo deciso di adottare un sistema di espressione eucariotico. Il gene cssB è stato, quindi, clonato nel vettore “shuttle” pYES-2, che presenta elementi regolativi procariotici ed eucariotici e può pertanto essere utilizzato per trasformare ceppi di E. coli e/o di Saccharomices cerevisiae ( vedi “Materiali e Metodi”). Il vettore pYES/cssB così ottenuto è stato utilizzato per trasformare un ceppo di S. cerevisiae. 121 Anche in questo caso sono stati condotti esperimenti su piccola scala ( 10 ml di coltura) dai quali però è sembrata non esserci espressione della proteina di interesse (fig. 3.16), come suggerito anche dalla mancanza di attività catalitica nei lisati cellulari. Fig. 3.16 Espressione della alanina racemasi di T. niveum in S. cerevisiae 1) alanina racemasi di T. niveum espressa in E. coli e purificata dai corpi inclusi; 2) estatto cellulare solubile di una coltura di S. cerevisiae 3) estatto cellulare solubile di una coltura di S. cerevisiae trasformata con pYES2/cssB. Produzione delle forme enzimatiche mutanti dell’eL-TA Le forme enzimatiche mutanti dell’eL-TA, K222A, H126N e H83N, sono state ottenute utilizzando la tecnica della mutagenesi sito-specifica guidata da 122 oligonucleotidi. Entrambi i filamenti del gene contenente la mutazione desiderata sono stati sequenziati, al fine di escludere la presenza di altre mutazioni. I mutanti sono stati purificati seguendo il protocollo già messo a punto per l’enzima selvatico. Misura dell’affinità del mutante H83N per il cofattore Dal momento che il residuo di His83 è coinvolto nel legame con il PLP, la sua sostituzione ha comportato come primo e prevedibile effetto un cambiamento dell’affinità dell’enzima per il cofattore, come testimoniato dalla perdita di quest’ultimo durante la purificazione. E’ stato necessario quindi in questo caso misurare prima l’affinità per il cofattore per poter poi condurre gli esperimenti di caratterizzazione in condizioni saturanti di PLP. L’esperimento è stato condotto a 30°C in tampone 20 mM KPi, pH 7 e in presenza di enzima mutante 0.1 µM. E’ stato misurata la velocità iniziale della reazione di scissione aldolica in presenza di L-allo-treonina 12,5 mM al variare della concentrazione del PLP, ottenendo una curva di saturazione conforme all’equazione di Michaelis – Menten (fig. 3.17 ) dalla quale è stata ricavata una costante di dissociazione apparente (K dapp ) per il PLP pari a 30 µM. Gli esperimenti successivi per la determinazione delle costanti catalitiche nelle reazioni di scissione aldolica di L-treonina e L-allo-treonina sono stati condotti per quanto riguarda il mutante H83N in presenza di 300 µM di PLP. 123 Fig. 3.17 Misura dell’affinità del mutante H83N per il cofattore. La linea continua che attraversa i punti sperimentali deriva dal calcolo con il metodo dei minimi quadrati secondo l’equazione di Michaelis-Menten. Scissione aldolica di L-treonina e L-allo-treonina L’eL-TA catalizza la scissione aldolica di entrambe le forme eritro e treo, dell’L-treonina e della L-3-fenilserina (Liu et al., 1998). Tuttavia, l’enzima mostra una chiara preferenza per l’isomero eritro, catalizzando 330 volte più efficientemente (in termini di kcat/ Km ) il taglio dell’L-allo-treonina rispetto a quello della L-treonina. L’effetto del pH sulla velocità iniziale della scissione dell’L-allo-treonina è stato studiato in un intervallo di valori del pH compreso tra 5.5 e 9.0, a 30°C e in presenza di substrato 165 mM. La massima attività dell’enzima è stata osservata intorno a pH 7,0. I parametri cinetici della scissione aldolica catalizzata dalle forme mutanti dell’eL-TA con entrambi i substrati sono stati perciò calcolati tramite esperimenti 124 condotti a 30°C in un tampone 20 mM Kpi, pH 7,0 (cap.3 sez. “Materiali e Metodi”). L-treonina: Le concentrazioni enzimatiche utilizzate nei saggi di attività delle forme mutanti K222A, H126N e H83N sono state rispettivamente 0,6 µM, 0,1 µM e 2,3 µM. Nel caso del mutante H83N è stato aggiunto alla miscela di reazione PLP in concentrazione saturante. Per il calcolo dei parametri cinetici è stato utilizzato un intervallo di concentrazione del substrato da 8,7 a 150 mM, ottenendo curve di saturazione conformi all’equazione di Michaelis – Menten (fig. 3.18 ). I parametri cinetici delle reazioni catalizzate dalle forme mutanti non differiscono molto rispetto a quelli dell’enzima selvatico, come si può vedere dalla tabella 3.2. Tabella 3.2. Parametri cinetici della scissione aldolica dell’L- treonina Forma enzimatica kcat Km kcat/Km (min? ¹) (mM) (mM ? ¹? min ? ¹) L-TA selvatica 62 10 6 L-TA K222A 43 72 0,6 L-TA H83N 17 38 0,4 L-TA H126N 262 61 4 Velocità iniziale (µM min -1) 125 -1 Velocità iniziale (mM min ) L-treonina (mM) L-allo-treonina (mM) Fig. 3.18 Curve di saturazione per la velocità di scissione aldolica dell’Ltreonina e dell’L-allo-treonina ottenute con la forma mutante K222A. I risultati ottenuti con le altre forme mutanti sono analoghi. Le linee continue che attraversano i punti sperimentali derivano dal calcolo con il metodo dei minimi quadrati secondo l’equazione di Michaelis-Menten. 126 Le mutazioni hanno l’effetto di aumentare la Km di 7 (K222A), 6 (H126N)e 4 (H83N) volte. La kcat subisce invece una diminuzione, tranne che nel caso della mutazione H126N, che determina un aumento di circa 4 volte di questa costante. L’efficienza catalitica (kcat /K m) diminuisce maggiormente per il mutanti K222A e H83N, per i quali è circa 10 volte minore rispetto a quella del selvatico. L-allo-treonina: Le forme mutanti K222A, H126N e H83N sono state utilizzate nei saggi di attività rispettivamente nelle seguenti concentrazioni: 0,2 µM, 0,05 µM e 0,2 µM. Anche in questo caso gli esperimenti relativi al mutante H83N sono stati condotti in presenza di una concentrazione saturante di PLP. Per il calcolo dei parametri cinetici è stato utilizzato un intervallo di concentrazione del substrato da 0,1 a 50 mM, ottenendo curve di saturazione conformi all’equazione di Michaelis – Menten (fig. 3.18 ). Nella tabella 3.3 sono messi a confronto i parametri cinetici della reazione catalizzata dalle forme mutanti e dall’enzima selvatico; di nuovo, le mutazioni non determinano cambiamenti drastici nelle proprietà catalitiche dell’enzima. Analogamente a quanto osservato con la L-treonina, le mutazioni hanno l’effetto di aumentare lievemente il valore della Km e diminuire quello della kcat , tranne che nel caso della forma H126N, in cui la kcat risulta di poco maggiore a quella misurata con l’enzima selvatico. L’efficienza catalitica viene ad essere diminuita maggiormente (di 30-40 volte rispetto all’enzima selvatico) per effetto delle mutazioni K222A e H83N. 127 Forma kcat Km kcat/Km enzimatica (min? ¹) (mM) (mM ? ¹? min ? ¹) L-TA selvatica 376 0,19 1980 L-TA K222A 80 1,22 65 L-TA H83N 77 1,7 45 L-TA H126N 469 0,96 488 Tabella 3.3. Parametri cinetici della scissione aldolica dell’L-allo-treonina Transaminazione di D- e L- alanina L’eL-TA è lentamente inattivata sia dalla D- che dalla L- alanina. L’inattivazione è il risultato di una semi-reazione di transaminazione che avviene tra alanina ed enzima ( Contestabile et al., 2001). Questa reazione porta alla formazione di piruvato ed enzima nella forma a piridossamina 5’fosfato (PMP); la PMP, essendo legata debolmente all’enzima, dissocia da questo generando la forma apo-enzimatica. L’aggiunta di D- o L- alanina all’eL-TA porta alla rapida formazione di intermedi in equilibrio rapido tra loro. Questi complessi, che sono l’aldimina esterna del PLP con l’alanina e l’intermedio chinonoide che si genera in seguito alla rimozione di un protone dal Ca del substrato, presentano bande di assorbimento con massimi 128 rispettivamente a 420 e 498 nm. La concentrazione di questi intermedi diminuisce nel tempo man mano che si forma la PMP, che presenta una Assorbanza banda di assorbimento con un massimo a 324 nm (fig.3.19 ). Lunghezza d’onda (nm) Fig.3.19 Variazioni spettrali osservate in seguito al mescolamento dell’eL-TA selvatica con D- o L-alanina. Mescolando l’enzima selvatico 15 µM (-) con 210 mM di D-alanina (- - -) o L-alanina (· · ·) in tampone 50 mM NaBes pH 7,65, si osserva la comparsa di una banda di assorbimento con un massimo a 498 nm, la cui intensità varia a seconda dell’enantiomero dell’alanina. Nel riquadro, è mostrato come lo spettro dell’eL-TA varia in funzione del tempo in seguito all’aggiunta di D-alanina 210 mM. I numeri accanto alle curve si riferiscono alla variazione di tempo espressa in minuti. Lo spettro non numerato è quello dell’enzima prima dell’aggiunta della Dalanina. Col procedere della reazione, si osserva la precipitazione dell’enzima. La proteina precipitata ha perso il suo colore giallo, suggerendo che si trova nella forma apo-enzimatica. La precipitazione dell’enzima è stata osservata nelle reazioni di transaminazione di tutte e tre le forme mutanti dell’ eL-TA. La costante di velocità della reazione (kt ) è stata calcolata seguendo la 129 diminuzione dell’assorbanza a 420 nm o a 498 nm nel tempo, dopo aggiunta di D- o L-alanina ad una soluzione contenente l’enzima ( K222A o H126N)(fig. 3.20 ). Fig.3.20 Cinetica di transaminazione dell’eL-TA K222A con D-alanina. La variazione di assorbanza a 498 nm nel tempo è stata registrata dopo l’aggiunta di D-alanina 210 mM ad una soluzione di enzima 15 µM. La linea continua che attraversa i punti sperimentali deriva dal calcolo con il metodo dei minimi quadrati secondo un’equazione che descrive una cinetica di pseudo-primo ordine (Eq 2). Nel caso del mutante H83N, in seguito al mescolamento dell’enzima con i due enantiomeri dell’alanina non si osserva la formazione della banda corrispondente all’intermedio chinonoide. In questo caso è stata seguita la variazione di assorbanza a 326 nm nel tempo a concentrazioni diverse di substrato. Da questa curva di saturazione è stata ricavata anche la costante di dissociazione apparente (K d) per i due enantiomeri. I valori delle costanti di dissociazione apparenti per la D- e per la Lalanina nel caso dei mutanti K222A e H126N sono stati ottenuti tramite 130 esperimenti in cui è stato calcolato il massimo di assorbimento a 498 nm dopo aggiunte di concentrazioni crescenti di alanina. Nelle tabelle 3.4 e 3.5 sono illustrati, rispettivamente per la transaminazione della D- e della L- alanina, i parametri cinetici ottenuti con i tre mutanti, confrontati con i parametri dell’enzima selvatico. Forma enzimatica Kt Kd Kt/Kd (min? ¹) (mM) (mM ? ¹? min ? ¹) L-TA selvatica 0,109 77 0,0014 L-TA K222A 1,17 169 0,0069 L-TA H83N 0,043 L-TA H126N 0,199 18 108 0.0023 0,0018 Tabella 3.4 Parametri cinetici della transaminazione della D-alanina Forma enzimatica Kt Kd Kt/Kd (min? ¹) (mM) (mM ? ¹? min ? ¹) L-TA selvatica 0,114 225 0,000506 L-TA K222A 0,0427 99 0,00043 L-TA H83N 0, 0067 194 0,00001 L-TA H126N 0,476 381 0,00125 Tabella 3.5. Parametri cinetici della transaminazione della L-alanina 131 Il mutante H126N non presenta grandi differenze nella transaminazione della D- alanina, mentre con la L-alanina la kt è circa quattro volte quella dell’enzima selvatico. Il mutante K222A, nella transaminazione della D-alanina, presenta una kt pari a 10 volte la kt del selvatico. Nella transaminazione della L-alanina, la kt della K222A è circa un terzo del selvatico. Il mutante H83N nella transaminazione della D-alanina non presenta notevoli cambiamenti dei parametri cinetici, mentre nella transaminazione della Lalanina mostra un’efficienza catalitica circa 50 volte inferiore a quella del selvatico. 3.4 Racemizzazione di D- e L- alanina Come si può notare dallo schema 3.3, l’intermedio chinonoide che si forma nella semi-reazione di transaminazione della D- ed L- alanina (intermedi IIa e IIb nello schema 3.3) è simmetrico sia rispetto al substrato che al cofattore: per questo motivo ci si aspetta che l’eL-TA sia in grado di catalizzare la racemizzazione dell’alanina. E’ stato infatti provato sperimentalmente che l’eL-TA catalizza la racemizzazione di entrambi gli enantiomeri dell’alanina (Contestabile et al., 2001). Nel nostro lavoro, abbiamo calcolato i parametri cinetici delle reazioni di racemizzazione dell’alanina catalizzate dai tre mutanti dell’eL-TA (fig. 3.21). L-alanina (mM) 132 Tempo (min) Fig. 3.21 In figura è mostrata la produzione di L-alanina in funzione del tempo, in seguito al mescolamento di 210 mM D-alanina con 60 µM eL-Ta K222A. I risultati ottenuti con le altre forme mutanti sono analoghi. Nell’SHMT è noto che il passaggio che limita la velocità delle reazioni di transaminazione e racemizzazione consiste nella protonazione dell’intermedio chinonoide rispettivamente al C4 ’ del PLP o al Cα del substrato (Shostak & Schirch, 1988). I valori di Kd ottenuti corrispondono quindi probabilmente ai valori di Km delle reazioni di racemizzazione (schema 3.4). Nella tabella 3.6 e nella tabella 3.7 sono riportati, rispettivamente per la racemizzazione della D- e della L- alanina, i parametri ottenuti, confrontati con quelli dell’enzima selvatico. 133 Schema 3.4 Dopo pochi secondi dall’aggiunta di D-alanina all’enzima, si instaura un equilibrio tra le reazioni 1 e 2 (intermedi tra le parentesi quadre). Questo si verifica in quanto le reazioni 3 e 5 sono molto più lente. E’ per questo che misurando l’assorbanza a 498 nm, corrispondente all’intermedio chinonoide (E•Q), a diverse concentrazioni di D-Ala, può essere calcolata la Kd apparente per questo substrato. Lo stessa situazione si verifica per la Lalanina. Nello schema: E=enzima; ALA=alanina; Q=intermedio chinonoide; P=Piruvato Forma kcat Km kcat/Km enzimatica (min? ¹) (mM) (mM ? ¹? min ? ¹) L-TA selvatica 0,27 77 0,0035 L-TA H83N 0,24 18 0.013 L-TA K222A 0,23 169 0,0013 L-TA H126N 0,38 108 0,0035 Tabella 3.6. Parametri cinetici della racemizzazione della D-alanina 134 Forma kcat Km kcat/Km enzimatica (min? ¹) (mM) (mM ? ¹? min ? ¹) L-TA selvatica 0,36 225 0,0016 L-TA H83N 0,059 194 0,0003 L-TA K222A 0,27 99 0,0027 L-TA H126N 0,35 381 0,0009 Tabella 3.7. Parametri cinetici della racemizzazione della L-alanina Anche in questo caso, l’efficienza catalitica dei mutanti con entrambi gli enantiomeri dell’alanina non mostra grandi cambiamenti rispetto a quella dell’enzima selvatico. 3.4 Conclusioni Per quanto riguarda la produzione dell’alanina racemasi fungina in forma ricombinante i sistemi di espressione adottati, sia quello procariotico che quello eucariotico, non hanno permesso di ottenere le proteine in forma solubile. Inoltre i tentativi di purificazione delle proteine dai corpi inclusi non sono stati fruttuosi. Pertanto si può pensare in futuro di purificare l’alanina racemasi endogena dei funghi C. carbonum e T. niveum direttamente dagli organismi per poter iniziare una preliminare caratterizzazione di questo enzima. Per quanto riguarda invece lo studio del meccanismo di reazione dell’eLTA la caratterizzazione delle forme mutanti non ha evidenziato cambiamenti significativi nelle proprietà catalitiche dell’enzima. Possiamo quindi 135 concludere che nessuno dei tre residui al sito attivo, Lys222, His126 e His83, può svolgere il ruolo di base catalitica. In base alla struttura cristallografica dell’L-TA di T. maritima, si può escludere che altri residui al sito attivo possano svolgere il ruolo di base catalitica. Comunque, è interessante osservare che nella struttura cristallografica dell’L-TA di T. maritima, nella forma dei complessi enzimaglicina e enzima-L-allo-treonina (Kielkopf & Burley, 2002), sono state individuate molecole d’acqua a distanza di legame idrogeno, rispettivamente, dal Ca e dal gruppo ossidrile del substrato. Una molecola d’acqua, attivata ad esempio dalla carica negativa del gruppo fosfato del PLP o da interazioni con residui aminoacidici, potrebbe essere responsabile della deprotonazione del gruppo OH del ß- idrossiaminoacido e successivamente della riprotonazione dell’intermedio chinonoide per formare la glicina. Si è giunti ad una conclusione analoga per il meccanismo catalitico dell’eSHMT, che prevede, come per L-TA, la presenza di una base catalitica coinvolta nella deprotonazione del gruppo 3-OH della serina. Anche in questo caso, non si è riusciti ad identificare la base catalitica tramite esperimenti di mutagenesi sito-specifica che hanno interessato residui posti sulla faccia re del cofattore (Contestabile et al., 2000; Krishna Rao et al., 2000). L’ipotesi che una molecola d’acqua sia coinvolta nella catalisi può essere verificata. Ad esempio si può prevedere di studiare l’attività catalitica dell’eL-TA selvatica in ambiente anidro, utilizzando solventi apolari, come metanolo o etilen glicol, per escludere l’acqua dal mezzo di reazione. 136 4. BIBLIOGRAFIA Akhtar, M., El-Obeid, H.A. & Jordan, P.M. (1975) “Mechanistic, inhibitory and stereochemical studies on cytoplasmic and mitochondrial serine hydroxymethyltransferase” Biochem. J. 145, 159-168. 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Desidero ringraziare la Dott.ssa Sebastiana Angelaccio e il Dott. Martino Di Salvo per i costruttivi suggerimenti ricevuti e tutti gli altri membri dei gruppi che fanno riferimento ai Prof. F. Bossa e D. Barra. Vorrei inoltre ricordare tutti gli altri “giovani” componenti del mio laboratorio e dei laboratori “vicini” che si sono avvicendati negli anni, con i quali ho condiviso “le gioie ed i dolori” della ricerca ma anche momenti importanti della mia vita extra- lavorativa, in particolare Michele, Rita, Leonardo, Roberta, Donatella, Ilaria, Alessandro M., Francesca, Caterina, Carlo, Eugenia, Flaminia, Alessandra, Antonella, Renata, Emanuala e Elke.