Dottorato di Ricerca in Biochimica XVII Ciclo (AA - Padis

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Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Dottorato di Ricerca in Biochimica
XVII Ciclo (A.A. 2001-2004)
STUDI SUL MECCANISMO CATALITICO DI DUE ENZIMI DIPENDENTI
DAL PIRIDOSSAL FOSFATO :LA GLUTAMMATO 1-SEMIALDEIDE
AMINOMUTASI E LA L-TREONINA ALDOLASI
Dottoranda
SIMONA D’AGUANNO
Docente guida
Prof. Francesco Bossa
Coordinatore
Prof. Paolo Sarti
Commissione:
Prof. Maurizio Paci
Prof. Giovanni Antonini
Prof. Nazzareno Capitanio
D ICEMBRE 2004
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INDICE
1. INTRODUZIONE GENERALE
1.1 Gli enzimi dipendenti dal piridossale 5’- fosfato………………................1
1.2 Meccanismi di reazione degli enzimi dipendenti dal PLP…….................1
1.3 Evoluzione degli enzimi dipendenti dal PLP…………………………….9
1.4 Gli enzimi PLP-dipendenti e la promiscuità catalitica………………….11
1.5 Progettazione di inibitori specifici per gli enzimi dipendent i dal PLP …14
2. STEREOCHIMICA DELLE REAZIONI DELLA GLUTAMMATO
1-SEMIALDEIDE AMINOMUTASI CON IL 4,5DIAMINOVALERATO
2.1 Introduzione…………………………………………………………… 17
DAVA: intermedio chiave nel meccanismo di reazione della
GSA-AM...................................................................................................18
Conformazione asimmetrica della struttura tridimensionale
della GSA-AM…………………………………………………………...22
Ruolo dell’ansa mobile nel meccanismo catalitico della
GSA-AM……...........................................................................................26
Enantioselettività della GSA-AM nei confronti del DAVA…………….27
Scopi della ricerca……………………………………………………….28
2.2 Materiali e metodi……………………………………………………….29
Terreni di coltura………………………………………………………..29
Ceppi batterici di Escherichia coli e plasmidi………………………….29
3
Tecniche del DNA ricombinante………………………………………..31
Preparazione di cellule competenti……………………………………...32
Espressione e purificazione della GSA-AM…………………………….33
Elettroforesi su gel di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE)…………..35
Conversione dell’enzima nativo nella forma a PLP o PMP……………..38
Analisi quantitativa dei composti coinvolti nelle reazioni………………39
Esperimenti di cinetica rapid a ed analisi dei dati………………………..42
2.3 Risultati e discussione…………………………………………………..45
Reazioni di D- ed L- DAVA con la succinico semialdeide……………..45
Sintesi di DAVA………………………………………………………...48
Preparazione dell’enantiomero D-DAVA………………………………56
Reazione fra D-DAVA e SSA…………………………………………..57
Reazione tra i due enantiomeri del DAVA e la forma EL dell’enzima….61
2.4 Conclusioni……………………………………………………………...70
3. L-TREONINA ALDOLASI, SERINA IDROSSIMETILTRASFERASI
E ALANINA RACEMASI FUNGINA: UN SOTTOGRUPPO DI
ENZIMI STRETTAMENTE CORRELATI SPECIALIZZATI PER
REAZIONI DIFFERENTI………………………………………………..74
3.1 Introduzione……………………………………………………………..74
Studi comparativi tra SHMT, L- TA e alanina racemasi fungina……….75
Confronto strutturale ed analisi evolutiva………………………………79
4
Scopo della ricerca……………………………………………………….89
3.2 Materiali e metodi……………………………………………………….91
Ceppi batterici di Escherichia coli………………………………………91
Vettore plasmidico pET22b(+)………………………………………….92
Clonaggio dei geni toxG e cssB codificanti l’alanina racemasi
rispettivamente da C. carbonum e T. niveum nel plasmide pET22b(+).........93
Mutagenesi sito specifica per la sostituzione di singoli residui
aminoacidici ……………………………………………………………..96
Ceppo di Saccharomyces cerevisiae……………………………………...97
Preparazione di cellule competenti di Saccharomyces cerevisiae………..98
Trasformazione di Saccharomyces cerevisiae per elettroporazione……...98
Vettore di espressione pYES-2…………………………………………..99
Clonaggio del gene cssB codificante l’alanina racemasi da
Tolipocladium niveum nel vettore di espressione pYES-2 ………........100
Protocollo di lisi di cellule di Saccharomyces cerevisiae………………102
Estrazione dell’alanina racemasi dai corpi inclusi……………………..103
Espressione e purificazione delle forme mutanti della
L-treonina aldolasi……………………………………………………...104
Caratterizzazione biochimica degli enzimi mutanti…………………….109
3.3 Risultati e discussione…………………………………………………113
Tentativi di espressione e purificazione dell’alanina racemasi
fungina…………………………………………………………………113
Produzione delle forme enzimatiche mutanti dell’eL-TA……………...116
5
Misura dell’affinità del mutante H83N per il cofattore………………...117
Scissione aldolica di L-treonina e L-allo-treonina……………………..118
Transaminazione di D- e L- alanina…………………………………...122
Racemizzazione di D- e L- alanina…………………………………….126
3.4 Conc lusioni…………………………………………………………….129
4. BIBLIOGRAFIA………………………………………………………131
5. PUBBLICAZIONI …………………………………………………….139
6
INTRODUZIONE GENERALE
1.1 Gli enzimi dipendenti dal piridossale 5’-fosfato
Gli enzimi dipendenti dal piridossale 5’- fosfato (PLP), un derivato della
vitamina B6 che funge da cofattore, sono responsabili della maggior parte
delle trasformazioni chimiche alle quali aminoacidi e amine vanno incontro
nel metabolismo cellulare. Tali trasformazioni spaziano da semplici
isomerizzazioni a complesse reazioni di sintesi. Agli enzimi dipendenti dal
PLP appartengono transaminasi, deaminasi, racemasi, deidratasi, liasi,
numerose sintasi e decarbossilasi; il PLP rappresenta inoltre il gruppo
prostetico delle glicano fosforilasi, quali la glicogeno fosforilasi, svolgendo
quindi un ruolo di fondamentale importanza anche nel metabolismo dei
carboidrati (Metzler, 1977), anche se con un meccanismo di reazione diversi.
Il cofattore libero in soluzione è in grado di catalizzare, anche se molto
più lentamente, tutte le reazioni catalizzate dagli enzimi PLP-dipendenti.
Sono quindi le caratteristiche chimiche intrinseche del PLP che lo rendono un
catalizzatore molto versatile, anche se è la struttura proteica di ciascun
enzima a determinare la specificità di reazione: è infatti il microambiente che
circonda il cofattore a favorire una determinata reazione rispetto alle molte
altre possibili.
1.2 Meccanismi di reazione degli enzimi dipendenti dal PLP
Il PLP possiede due proprietà chimiche fondamentali: attraverso il suo
gruppo aldeidico forma imine con il gruppo aminico primario dei substrati
(fig. 1.1a) ed è inoltre in grado, fungendo da “trappola di elettroni”, di attrarre
7
elettroni dal substrato e di stabilizzare gli intermedi carbanionici che si
formano dalla scissione eterolitica dei legami. I passaggi iniziali del
meccanismo di tutte le reazioni catalizzate dagli enzimi dipendenti da PLP
sono essenzialmente gli stessi. Il cofattore, che forma una “aldimina interna”
(base di Schiff) con il gruppo aminico ε di un residuo di lisina al sito attivo,
reagisce con il gruppo -NH2 del substrato per formare “l’aldimina esterna”
(fig. 1.1b). L’interconversione tra aldimina interna ed esterna avviene
attraverso la formazione di una diamina geminale in cui entrambi gruppi
-NH2 dell’enzima e del substrato sono legati al C4 ’ del cofattore. In questa
struttura l’atomo di carbonio presenta una geometria tetraedrica mentre nelle
due aldimine ha geometria planare (Metzler et al., 1954).
8
Fig. 1.1 a) il PLP reagisce reversibilmente con le amine primarie per formare
imine; b) la reazione di transiminazione tra l’aldimina interna e quella esterna
permette il legame del substrato ed il rilascio del prodotto.
9
Il corso successivo della reazione dipende da quale dei tre legami al carbonio
α viene scisso. Questi legami sono indeboliti dall’effetto ad attrazione
elettronica esercitato dall’anello aromatico del PLP e dall’azoto piridinico
protonato (fig. 1.2a). Tale effetto viene aumentato dall’azoto aldiminico
protonato, che è mantenuto in questo stato da un legame idrogeno con
l’anione fenossido e dalla risonanza elettronica (fig. 1.2b). Il taglio eterolitico
avviene in corrispondenza del legame al Cα che giace su un piano
perpendicolare al sistema dell’orbitale π del complesso cofattore–amina (fig.
1.2c). La perdita di uno dei tre sostituenti del Cα, (H+, CO2 o la catena
laterale), porta alla formazione di un carbanione, chiamato intermedio
chinonoide (fig. 1.3), stabilizzato per risonanza attraverso il sistema
dell’anello piridinico del cofattore (fig. 1.3c).
10
Fig.1.2 Effetti di risonanza ed elettrostatici nella catalisi dipendente dal PLP.
11
Aldimina esterna
Aldimina interna
X + (o Y+ o Z+)
Intermedio chinonoide
DESTINI DIVERSI
Fig. 1.3 Reazioni comuni agli enzimi dipendenti dal PLP
Le reazioni possono quindi procedere attraverso un passaggio di
deprotonazione, decarbossilazione o eliminazione della catena laterale. La
formazione dell’intermedio chinonoide rappresenta un importante punto di
12
diversificazione degli enzimi dipendenti dal PLP. A questo intermedio,
infatti, seguono, a seconda dell’enzima coinvolto nella catalisi, molteplici vie
che si ramificano in una serie di passaggi consecutivi e che terminano,
invariabilmente, nella formazione di un’aldimina o di una chetoimina, addotti
che sono poi idrolizzati o transiminati per liberare il prodotto della reazione
(fig. 1.4).
Legenda della figura 1.4
1) reazioni che procedono attraverso l’eliminazione di CO2 dal Cα:
1a) α-decarbossilazione
1b) α-decarbossilazione seguita da transaminazione
2) reazioni che procedono attraverso la deprotonazione del Cα:
2a) racemizzazione
2b) transaminazione
4) β-decarbossilazione
5) β-eliminazione
5’) β-sintesi
6) γ-eliminazione
6’) γ-sintesi
3) reazioni che procedono attraverso l’eliminazione della catena laterale:
13
3a) α-sintesi
3b) scissione alcolica
(4), (5) e (6)
Fig.1.4 Reazioni catalizzate dagli enzimi dipendenti dal PLP.
14
1.3 Evoluzione degli enzimi dipendenti dal PLP
I primi studi evoluzionistici sull’origine degli enzimi dipendenti dal PLP
portarono alla formulazione dell’ipotesi di un unico progenitore comune
(Dunathan & Voet, 1974). Questa teoria fu successivamente abbandonata
quando studi comparativi basati su allineamenti della struttura primaria,
ottenuti con il metodo dell’analisi dei profili di sequenza (Gribskov et al.,
1990), dimostrarono che gli enzimi dipendenti dal PLP possono essere
raggruppati in tre famiglie di proteine omologhe evoluzionisticamente non
correlate (Alexander et al., 1994; Mehta & Christen, 2000). L’esistenza di
una quarta famiglia, comprendente la D-aminoacido aminotrasferasi e
l’aminotrasferasi degli aminoacidi a catena ramificata, venne ipotizzata per
spiegare la scarsa omologia di sequenza riscontrata tra queste proteine e le
altre analizzate. Negli stessi studi venne notato che, tranne in alcune
eccezioni, gli enzimi appartenenti allo stesso raggruppamento catalizzano la
trasformazione del medesimo atomo di carbonio (C α, Cβ o Cγ), per cui le tre
famiglie, in base alla regiospecificità delle reazioni catalizzate, furono
chiamate α, β e γ. Alla famiglia α , famiglia dell’aspartato aminotrasferasi,
appartengono le aminotrasferasi ma anche le racemasi, le decarbossilasi, le
mutasi e le sintasi. Alle famiglie β e γ appartengono enzimi coinvolti in
reazioni rispettivamente di β o γ eliminazione e sintesi.
In seguito, grazie ad altre analisi ed alla risoluzione di numerose strutture
cristallografiche, le famiglie α e γ risultarono correlate, mentre l’esistenza di
una quarta famiglia venne confermata.
Un altro metodo più recente di classificazione per gli enzimi dipendenti
dal PLP è stato basato sul confronto delle strutture secondarie e terziarie
(Grishin et al., 1995). Sono stati così individuati cinque tipi di ripiegamento
15
nello spazio della catena polipeptidica. La classe di ripiegamento di tipo I,
corrispondente alle famiglie α e γ della precedente classificazione, ha come
enzima prototipo l’aspartato aminotrasferasi, mentre enzimi rappresentanti
delle classi di tipo II, III, IV e V sono, rispettivamente, la subunità β della
triptofano sintasi, l’ornitina decarbossilasi eucariotica, la D-aminoacido
aminotrasferasi e la glicogeno fosforilasi.
Nella classe di tipo II, formata da α/β proteine, il residuo di lisina al sito
attivo è localizzato su un’α-elica nel dominio N-terminale ed il cofattore
risulta legato con la faccia re rivolta verso il solvente.
La classe di tipo III presenta un caratteristico motivo strutturale a barile
α/β. Gli enzimi appartenenti a tale famiglia, tra cui l’ornitina decarbossilasi
eucariotica, sono gli unici, tra gli enzimi dipendenti dal PLP, ad avere un
ripiegamento
correlato
a
proteine
che
non
dipendono
dal
PLP.
Contrariamente alle classi di tipo I e II , il PLP si lega con la faccia re rivolta
verso l’enzima. La lisina al sito attivo è situata sul dominio C-terminale.
La classe di tipo IV comprende due membri : la D-aminoacido
aminotrasferasi e le aminotrasferasi di aminoacidi a catena ramificata. Il
cofattore si lega con la faccia re rivolta all’enzima invece che al solvente.
Nella D-aminoacido aminotrasferasi la tasca del sito attivo si può ritenere
l’immagine speculare del sito attivo delle aminotrasferasi di classe I. Questa
caratteristica, del resto, spiega la diversa stereospecificità della D-aminoacido
aminotrasferasi e rappresenta un buon esempio di evoluzione convergente
(Sugio et al., 1995 ).
La classe di tipo V è rappresentata dalla glicogeno fosforilasi. In questo
caso il cofattore non funge da elettrofilo ma partecipa, tramite il suo gruppo
fosfato, alla catalisi, che è di tipo acido-base. Tuttavia, poiché il PLP viene
legato in maniera molto specifica e risulta coinvolto nella catalisi, la
16
glicogeno fosforilasi può essere inclusa nella superfamiglia degli enzimi
dipendenti da PLP.
Le proteine di classe I, infine, sono anch’esse delle α/β proteine. La
sovrapposizione delle strutture tridimensionali rivela che, in queste proteine,
la posizione del cofattore nel sito attivo è pressoché identica. I residui
conservati sono due: la lisina al sito attivo che lega il cofattore ed un residuo
di acido aspartico che interagisce con l’azoto piridinico del PLP. Il cofattore
risulta legato con la faccia re rivolta verso il solvente. Gli enzimi appartenenti
a questa classe sono tutti cataliticamente attivi come omodimeri, o come
oligomeri di ordine superiore, con due siti attivi per dimero. Il sito attivo si
trova all’interfaccia del dimero, e ciascun monomero partecipa alla
formazione di entrambi i siti attivi. La maggior parte delle strutture
tridimensionali note appartengono a questo tipo di ripiegamento.
1.4 Gli enzimi PLP-dipendenti e la promiscuità catalitica
Numerosi enzimi hanno la capacità di catalizzare, con i propri sub strati o
con analoghi di substrato, reazioni alternative rispetto alla propria reazione
fisiologica. Tale comportamento è stato definito “promiscuità catalitica”. Le
reazioni alternative catalizzate in presenza di substrati naturali prendono il
nome di “errori non indotti”: un esempio è dato dalla racemizzazione dell’Laspartato da parte dell’aspartato aminotrasferasi, che avviene, però, con
frequenze così basse da non essere fisiologicamente rilevante (Kochhar &
Christen, 1992). Si conoscono invece casi in cui reazioni secondarie
catalizzate da enzimi “promiscui” hanno importanza fisiologica (Martin,
1993). Le reazioni alternative catalizzate dagli enzimi in presenza di analoghi
di substrato vengono invece definite “errori indotti”. Le superfamiglie delle
17
α/β idrolasi, delle enolasi e degli enzimi dipendenti dal PLP costituiscono
degli esempi ben noti di enzimi “promiscui” (O’Brien & Herschlag, 1999).
Molti enzimi dipendenti dal PLP catalizzano reazioni alternative che
corrispondono alla reazione principale di altri enzimi della stessa famiglia.
L’aspartato aminotrasferasi (AAT) rappresenta un esempio ben studiato di
enzima a PLP “promiscuo”. Normalmente l’AAT trasferisce il gruppo -NH2
dell’aspartato all’α-chetoglutarato, producendo ossalacetato e glutammato,
ma è anche in grado, seppur con bassa efficienza, di compiere racemizzazioni
del Cα degli stessi substrati aminoacidici, β-decarbossilazioni e βeliminazioni di analoghi di substrato (John, 1995). Tutte queste reazioni
procedono attraverso la formazione di un intermedio chinonoide. Esperimenti
di mutagenesi sito–specifica dell’ AAT hanno inoltre dimostrato che la
specificità di substrato e di reazione possono essere alterate da una singola
mutazione puntiforme (Yano et al., 1998). Queste osservazioni suggeriscono
che la promiscuità catalitica degli enzimi a PLP possa aver favorito, per
evoluzione divergente, la comparsa dell’odierna gamma di enzimi. Il
confronto delle sequenze e l’analisi dell’omologia strutturale tra gli enzimi
dipendenti dal PLP hanno infatti identificato classi di enzimi correlate che si
sono diversificate per catalizzare differenti reazioni, come transaminazioni,
racemizzazioni, α-decarbossilazioni e β−γ eliminazioni (Christen and Metha,
2000).
Un enzima ampiamente studiato, che offre l’opportunità di comprendere
come si siano evolute diverse proprietà catalitiche a partire da un singolo
cofattore e da una struttura proteica comune, è la serina idrossimetiltrasferasi
(SHMT), appartenente alla famiglia α. La reazione fisiologica catalizzata
dall’SHMT
consiste
nel
trasferimento
del
Cβ
della
serina
al
tetraidropteroilglutammato (H4 PteGlu) con la conseguente formazione di
18
glicina e di 5,10 metilen-H4 PteGlu. Si è visto, tuttavia, che l’SHMT è in
grado di catalizzare, in vitro ed in assenza di H4 PteGlu, reazioni di
decarbossilazione, transaminazione, scissione aldolica e racemizzazione di
analoghi di substrato (Schirch, 1998). L’SHMT e gli enzimi della stessa
famiglia che normalmente catalizzano quelle reazioni che per l’SHMT sono
alternative rappresentano quindi un buon modello di studio dei fattori
strutturali coinvolti nel controllo della specificità di reazione. La reazione
catalizzata dall’SHMT è determinata principalmente dalla struttura del
substrato aminoacidico. Con i substrati fisiolo gici, serina o glicina, l’SHMT
non catalizza nessuna delle reazioni secondarie. Secondo il modello
attualmente accettato, la specificità di reazione dell’enzima dipende dalla
conformazione aperta o chiusa del sito attivo (Schirch et al., 1991). I substrati
fisiologici determinano la conformazione chiusa, mentre quelli alternativi
reagiscono quando l’enzima si trova
in una conformazione aperta, che
catalizza reazioni di decarbossilazione, transaminazione e racemizzazione.
Nell’ambito della stessa famiglia α, recentemente sono state individuate
due
proteine
strettamente
correlate
all’SHMT
dal
punto
di
vista
evoluzionistico, la L-treonina aldolasi (L-TA) e l’alanina racemasi fungina
(AlaRac), che catalizzano proprio quelle reazioni che per l’SHMT si
potrebbero considerare “errori indotti”. Un confronto tra questi enzimi e
l’SHMT potrebbe quindi aiutare a comprendere l’origine della specificità di
reazione e di substrato negli enzimi della classe di ripiegamento di tipo I.
Nel nostro laboratorio è stato intrapreso uno studio comparativo
dell’SHMT di E. coli (eSHMT) e dei due enzimi correlati L-TA di E. coli
(eL-TA) e AlaRac (Contestabile et al., 2001). L’obiettivo di questo studio è
comprendere come, per evoluzione divergente, si siano differenziati questi
19
enzimi con distinte specificità di reazione e come l’SHMT, unico tra gli
enzimi di classe I, abbia acquisito un sito di legame per il H4 PteGlu.
1.5 Gli enzimi dipendenti dal PLP sono oggetto di studio per la
progettazione di inibitori specifici
L’inibizione di uno specifico enzima rappresenta un importante strumento
nella ricerca biochimica applicata e di base. L’azione di molti farmaci,
erbicidi e pesticidi è infatti basata sulla loro capacità di ridurre la velocità di
un processo biochimico catalizzato da un enzima presente esclusivamente o
prevalentemente nelle cellule che si vogliono selettivamente colpire (cellule
tumorali, microrganismi patogeni, piante infestanti, parassiti, ecc). Tra gli
inibitori più specifici ed efficienti vi sono quelli basati sul meccanismo
catalitico dell’enzima bersaglio. Questi sono analoghi del substrato che
posseggono un gruppo funzionale latente che viene attivato durante il
processo catalitico ad opera dello stesso enzima, inibendolo spesso in
maniera irreversibile. Negli ultimi anni gli enzimi dipendenti dal piridossal
5’-fosfato (PLP) sono stati tra quelli più studiati nella progettazione e nella
sperimentazione di inibitori basati sul meccanismo di azione. Ciò è dovuto
all’importante ruolo che questi enzimi svolgono nel metabolismo ed anche al
fatto che tutte le reazioni da essi catalizzate procedono attraverso la
formazione di un intermedio carbanionico, che spesso è il requisito essenziale
nell’attivazione del gruppo chimico latente.
Le reazioni metaboliche che portano alla sintesi della clorofilla, dell’eme
ed del coenzima B12 costituiscono obiettivi particolarmente interessanti nella
progettazione di inibitori basati sul meccanismo di reazione. Il precursore
20
universale di questi composti tetrapirrolici è il 5-amminolevulinato (ALA)
(Fig. 2.1).
glutammato
glutamil-tRNA Glu syntetasi
= glutammato 1-semialdeide aminomutasi
glutamil-tRNAGlu
C OO -
COO -
glutamil-tRNA Glu reduttasi
glutammato 1-semialdeide
O
NH3+
H3N+
glutammato 1-semialdeide
O
δ-aminolevulinato
GSA-aminomutasi
δ-aminolevulinato
Fig. 2.1 Via del “C5”
Essi
derivano
infatti
dall’assemblaggio
di
quattro
molecole
di
porfobilinogeno, a sua volta prodotto dal legame di due molecole di ALA.
Poiché la sintesi dell’ALA rappresenta la tappa limitante nella formazione di
questi prodotti, risulta di notevole interesse analizzare le modalità attraverso
le quali essa si realizza (Huang et Wang, 1986). Diverse infatti sono le vie
attraverso le quali viene sintetizzato l’ALA. Negli animali, nei lieviti ed in
alcuni microrganismi come Rhodobacter e Rhizobium l’ALA è il prodotto
della reazione di condensazione del succinil-CoA con la glicina, reazione
catalizzata dalla 5-aminolevulinato sintasi, un enzima dipendente da PLP,
seguita da decarbossilazione. Diversamente, nelle piante superiori ( Grimm,
1998), nelle alghe eucariotiche (Wang, 1978 ), nei cianobatteri (O’Neill et al.,
1988; Grimm et al., 1989) e nella maggior parte dei batteri (O’Neill et al.,
21
1989), l’ALA si forma dal glutammato attraverso due tappe che costituiscono
la “via del C5” (Fig. 2.1). La prima reazione catalizzata dalla glutamil-tRNA
reduttasi (GluTR) converte il glutamil- tRNA in glutammato-1-semialdeide
(GSA); la GSA viene poi convertita in ALA attraverso una reazione di
isomerizzazione catalizzata dalla glutammato 1-semialdeide amminomutasi
(GSA-AM), un enzima dipendente dal PLP (Kannangara et al, 1988),
appartenente alla classe di ripiegamento di tipo I.
Non essendo presente negli animali, la GSA-AM rappresenta un potenziale
bersaglio per la produzione di specifici erbicidi o di antibiotici, finalizzati a
colpire selettivamente microrganismi patogeni quali Salmonella typhimurium
e Mycobacterium tuberculosis.
Nel nostro laboratorio è stato intrapreso uno studio sul meccanismo d’azione
di questo enzima. Il chiarimento delle modalità attraverso le quali la GSAAM effettua la catalisi sono indispensabili per la progettazione di inibitori
specifici.
22
2. STEREOCHIMICA DELLE REAZIONI DELLA
GLUTAMMATO 1-SEMIALDEIDE AMINOMUTASI CON
IL 4,5-DIAMINOVALERATO
2.1 Introduzione
La glutammato 1-semialdeide aminomutasi (GSA-AM) è stata caratterizzata
inizialmente nell’orzo, dove viene sintetizzata nel citoplasma sotto forma di
un precursore di 45 KDa e poi trasferita nei plastidi (Grimm, 1990). In
seguito, l’enzima è stato purificato da altre fonti quali Clorella (Avissar et al.,
1989), Salmonella typhimurium (Elliott et al., 1991), E. coli (Grimm et al.,
1991) e Chlamidomonas reinhardtii (Jahn et al., 1991). L’enzima di
Synechococcus PCC6301 GR6 è stato espresso in forma ricombinante ed
ampiamente caratterizzato (Smith & Grimm, 1992).
La GSA-AM è un membro della famiglia a degli enzimi dipendenti dal
PLP ed è strettamente correlata alle aminotrasferasi (Christen et Metzler,
1985). Tale somiglianza strutturale è estesa anche al meccanismo di reazione.
Infatti l’isomerizzazione catalizzata dalla GSA-AM prevede, come per le
aminotrasferasi, la conversione del cofattore alternativamente in PLP e
piridossamina 5’- fosfato (PMP). E’ importante, però, precisare che il
meccanismo di transaminazione comporta il trasferimento di un gruppo
aminico dal primo substrato (un aminoacido) al secondo substrato (un achetoacido), mentre quello della reazione catalizzata dalla GSA-AM prevede
un unico substrato, con entrambe le funzioni aminica e carbonilica (fig. 2.1).
23
Fig.2.1 Rappresentazione schematica del meccanismo di reazione delle
aminotrasferasi e della glutammato 1-semialdeide aminomutasi.
DAVA:
intermedio
GSA-AM.
chiave
nel
meccanismo
di
reazione
della
Il meccanismo della reazione catalizzata dalla GSA-AM potrebbe iniziare
sia con l’enzima nella forma a PLP che in quella a PMP, passando,
rispettivamente,
attraverso
un
intermedio
di
natura
dicarbonilica
(diossivalerato o DOVA) o diaminica (diaminovalerato o DAVA) (Fig. 2.2).
Tale intermedio è allo stesso tempo il prodotto della prima semireazione di
transaminazione e substrato della seconda semireazione. E’ stato comunque
dimostrato, che l’enzima inizia il suo ciclo catalitico con il cofattore nella
forma a PMP, portando conseguentemente alla formazione dell’intermedio
DAVA, pur non essendo chiaro il motivo che preclude l’altra alternativa.
24
Py-NH2
Py-NH 2
CHO-R-CHO
Py-CHO
Py-CHO
NH2-R-CHO
CHO-R-NH2
Py-NH 2
NH2-R-NH2
Py-CHO
Py-NH2
Py-CHO
Fig. 2.2 Possibili vie alternative seguite dalla GSA-AM nella isomerizzazione della GSA (CHO-R-NH2 ) in ALA (NH2 -R-CHO). Nello
schema Py-CHO e Py-NH2 rappresentano, rispettivamente,
l’enzima nella forma a PLP e a PMP.
La GSA-AM da Synechococcus, espressa come proteina ricombinante
in E. coli, dopo purificazione mostra uno spettro d’assorbimento con due
bande caratteristiche: una di intensità maggiore, con un picco a 340 nm, ed
una con un picco a 418 nm (Fig.2.3). La prima è dovuta alla forma aminica
del cofattore dell’enzima (forma a PMP), mentre la seconda proviene
dall’aldimina interna protonata, formata tra un residuo di lisina al sito attivo
ed il PLP. Queste due forme possono essere convertite l’una nell’altra
utilizzando opportuni analoghi del substrato naturale, che presentino soltanto
la funzione carbonilica o quella amminica.
25
Fig. 2.3 Spettri di assorbimento della GSA-AM di Synechococcus
PCC6301 GR6 nelle diverse forme (in tampone Tricina 0,1 M
pH 7,9) Spettri di assorbimento dell’enzima nativo (linea
continua), dell’enzima nella forma a PMP (linea tratteggiata) e in
quella a PLP (linea punteggiata). Gli spettri sono no rmalizzati in
base alla concentrazione degli enzimi.
In seguito all’aggiunta di DAVA ad una soluzione contenente la GSA-AM
si assiste ad una diminuzione dell’assorbanza a 418 nm, associata ad un
contemporaneo aumento di quella a 340 nm. La stechiometria della reazione
è 1:1 rispetto al DAVA ed al PLP. Nel caso in cui invece l’enzima venga
trattato con concentrazioni crescenti di DOVA o di succinico semialdeide
(SSA) si assiste ad un effetto diametralmente opposto caratterizzato da un
aumento del picco a 418 nm ed una diminuzione di quello a 340 nm. Inoltre,
la conversione dell’enzima nella forma a PMP produce un proporzionale
aumento dell’attività nei riguardi della isomerizzazione della glutammatosemialdeide (Pugh et al., 1992). Facendo reagire una soluzione in cui
l’enzima è presente in entrambe le forme (PMP, PLP) con boroidruro,
26
avviene una riduzione dell’aldimina formata tra la lisina ed il cofattore, che
causa l’inattivazione della forma a PLP. Da un confronto tra il campione
ottenuto e l’enzima non ridotto, si osserva che non è avvenuta alcuna
variazione dell’attività enzimatica. Questi dati sperimentali sono un’ulteriore
conferma che l’enzima effettua l’isomerizzazione della GSA nella forma a
PMP, portando alla formazione di un intermedio costituito dal DAVA e non
dal DOVA.
Il meccanismo di reazione (Fig. 2.4), prevede quindi che l’enzima nella
forma a PMP reagisca con il gruppo aldeidico della GSA portando alla
formazione di un’aldimina (intermedio I). Segue il trasferimento di un
protone dal C4’ del cofattore al C5 del substrato, ottenendo così l’aldimina
della forma a PLP dell’enzima con il gruppo 5-aminico del 4,5
diaminovalerato (intermedio II). Successivamente, con un meccanismo non
ben definito, tale intermedio viene isomerizza to formando un’aldimina con il
gruppo 4-aminico (intermedio V). Si può ipotizzare che questo passaggio
avvenga mediante la formazione di una diamina geminale ciclica (percorso 3)
o attraverso la dissociazione del DAVA (percorso 3a).
E’ assodato comunque, che la reazione di isomerizzazione della GSA
è caratterizzata in vitro da una parziale dissociazione del DAVA (intermedio
III). Tale processo, la cui estensione dipende dalla concentrazione
dell’enzima (Tyacke et al., 1993), non sembra sia necessario ai fini della
catalisi anzi, ne diminuisce l’efficienza. La
reazione si conclude con il
trasferimento di un protone dal C4 del DAVA al C4’ del cofattore
(intermedio VI), permettendo in tal modo al prodotto ALA di essere rilasciato
e all’enzima di ritornare ne lla forma a PMP.
27
Fig. 2.4 Meccanismo di reazione proposto per la conversione della
glutammato 1-semialdeide in aminolevulinato.
Conformazione asimmetrica della struttura tridimensionale della
GSA-AM.
La struttura tridimens ionale della GSA-AM proveniente da Synechococcus
PCC6301 GR6 è stata risolta tramite cristallografia ai raggi X (Henning et
al., 1997). Essa presenta alcune peculiarità che la contraddistinguono dalle
aminotrasferasi. L’enzima è un dimero costituito da due subunità uguali di 46
KDa, organizzate strutturalmente in tre domini. Il dominio N-terminale,
formato da 70 residui comprende i residui fondamentali per il legame del
28
substrato. Caratteristica è la presenza, in tale regione, di una a elica seguita
da tre filamenti ß antiparalleli. Segue il dominio centrale, formato dai residui
70-326 e composto da sette filamenti ß, di cui sei paralleli (a-f) ed uno
antiparallelo (f) secondo l’ordine agfecdbc, circondati da a eliche; questo
dominio lega il cofattore. Infine, il dominio C-terminale, definito dai residui
327-433, è composto da tre filamenti ß antiparalleli (Fig. 2.5).
Fig. 2.5 Struttura tridimensionale della GSA-AM da Synechococcus.
Rappresentazione stereo della GSA-AM raffigurante la struttura
secondaria. Il cofattore è mostrato in “ball and stick”. L’asse di
simmetria binario che passa per il centro della molecola è
perpendicolare al piano della pagina. Le due subunità A e B sono
rispettivamente in giallo ed in verde. I residui 153-181 sono
rappresentati in blu nella subunità A ed in rosso nella subunità B.
Si tenga presente che in una delle subunità tali residui non
sono strutturati come è mostrato nell’ immagine.
29
Dalla struttura si evince che in una subunità è presente il PLP mentre
nell’altra risiede la PMP. L’asimmetria riscontrata nel legame del cofattore
corrisponde ad una simmetria conformazionale della catena polipeptidica.
Questo fenomeno è confinato principalmente ad un’ansa costituita dai residui
153-181, che assume nello spazio una conformazione a cappio. Nella
subunità A contenente PLP (Fig. 2.6a e b), dove questa struttura è ben
organizzata, una corta a elica, formata dai residui Ser163-Leu168, determina
la chiusura del sito attivo. Nella subunità B che contiene PMP invece, l’ansa
appare mobile e non strutturata (a giudicare dalla sua assenza nella mappa di
densità elettronica), permettendo così al substrato di entrare ed al prodotto di
essere rilasciato (Fig. 2.6c). Complessivamente, la forma di questa ansa può
essere paragonata alla lettera greca O, con pochi legami
idrogeno fra i
residui aminoacidici che la costituiscono. Probabilmente l’enzima usa tale
ansa per regolare l’accesso del substrato al sito attivo. Al momento non si
conosce la relazione esistente tra la conformazione asimmetrica e il
meccanismo
catalitico.
L’importanza
dell’ansa
viene
avvalorata
dall’osservazione che i residui che la compongono ad eccezione dei residui
167 e 168 sono conservati in tutte le GSA-AM analizzate finora . Anse
mobili superficiali sono state trovate anche in altre proteine, con un ruolo
determinante non solo nel riconoscimento molecolare ma anche nella catalisi.
La presenza di queste strutture flessibili, influisce sul meccanismo catalitico
degli enzimi controllando l’accessibilità al sito attivo e stabilizzando gli
intermedi di reazione. Un esempio ben studiato è rappresentato dalla lattato
deidrogenasi di Bacillus stearothermophilus (Waldman et al., 1988) in cui
tramite tecniche sia di ingegneria genetica che misura della fluorescenza si è
riusciti ad avere importanti informazione sul movimento della regione in
esame.
30
Fig. 2.6 Asimmetria della catena polipe ptitica e accessibilità al sito
attivo.
a) Immagine dell’entrata del sito attivo appartenente
alla subunità A in cui l’ansa costituita dai residui 153-181
è mostrata in rosso ed in blu; il cofattore in giallo. In questa
subunità, contenente il cofattore nella forma a PLP, l’ansa
è strutturalmente ben organizzata ed i residui 163 -168
formano una corta elica (mostrata il blu) che impedisce al
substrato di accedere al sito attivo.
b)
Particolare della subunità A in cui è mostrato come
l’accesso al cofattore è chiaramente impedito.
c)
Particolare della subunità B contenente PMP. In questo caso
la stessa ansa, essendo disorganizzata strutturalmente e libera
di muoversi non può essere vista nella mappa di densità
elettronica. La rimozione di questa parte della catena
polipeptidica permette la visualizzazione del cofattore.
31
Ruolo dell’ansa mobile nel meccanismo catalitico della GSA-AM
Poiché l’ansa polipeptidica, mediante la sua flessibilità, è in teoria in
grado di controllare l’accesso al sito attivo, diversi studi sono stati finalizzati
alla comprensione di quali siano il ruolo e l’importanza di questa regione
mobile. I residui 159-173 dell’elica che chiude il sito attivo sono stati
sostituiti con un residuo di glicina, ottenendo una forma deleta dell’enzima
(GSA-AMdel; Contestabile et al., 2000). Questo nuovo assetto presenta la
glicina in una disposizione a ponte, in grado di unire i due residui che non
solo rappresentano i punti più vicini nella struttura a O dell’ansa, ma sembra
siano i cardini attorno ai quali si muove l’elica (J.N.Jansonius “Biozentrum”,
Università di Basilea, Svizzera, comunicazione personale). Gli studi condotti
sull’enzima mutante hanno mostrato che la delezione ha l’effetto di diminuire
l’efficienza catalitica, (K cat /Km), di trenta volte e di aumentare la Kd per il
DAVA di 100 volte. La presenza dell’ansa sembrerebbe quindi essere
importante per trattenere l’intermedio all’interno del sito attivo aumentando
in questo modo l’efficienza della catalisi.
Si può ipotizzare che il ruolo fondamentale dell’ansa flessibile sia quello
di regolare l’accessibilità al sito attivo in base allo stato del cofattore. Più
precisamente, l’ansa potrebbe muoversi con maggiore frequenza quando
l’enzima è nella forma a PMP, consentendo al substrato di entrare nel sito
attivo e al prodotto di essere rilasciato. Nel caso in cui l’enzima si trovi nella
forma a PLP potrebbe invece muoversi meno frequentemente. In tal modo,
verrebbe ostacolata la dissociazione del DAVA che porta ad una forma
inattiva dell’enzima, ovvero la forma a PLP.
32
Enantioselettività della GSA-AM nei confronti del DAVA
La maggior parte degli studi sulla diamina DAVA sono stati eseguiti
ricorrendo all’uso di miscele racemiche del composto, ottenute per sintesi
organica, tramite un processo di ammonilisi dell’acido 4,5-dibromovalerico
(Brumm et al., 1982; Tyacke et al., 1995). In tal modo non è stato possibile
analizzare quali fossero gli effetti della chiralità della diamina sulla reazione
catalizzata dalla GSA-AM, una problematica di notevole interesse soprattutto
perché sia l’enantiomero D che L della GSA reagiscono con l’enzima (Smith
et al., 1991). Alcuni ricercatori sono riusciti a sintetizzare D ed L-DAVA
partendo, rispettivamente, dall’etil estere delle forme D ed L dell’acido 2pirrilidone-5-carbonilico (Valasinas et al., 1992). La disponibilità dei due
enantiomeri ha consentito di incominciare ad affrontare la questione
dell’enantioselettività della GSA-AM di Synechococcus nei confronti del
DAVA (Friedman et al., 1992).
E’ stato osservato che l’L-DAVA (che si ritiene derivi dal composto
fisiologico L-GSA) accelera l’isomerizzazione della GSA in ALA del 246%,
mentre con l’enantiomero D l’accelerazione risulta pari al 29% (Friedmann
et al., 1992). Questo suggerisce che entrambe le diamine possano partecipare
al processo catalitico nel corso del quale l’enzima passa reversibilmente dalla
forma EL alla forma EM. Di conseguenza la GSA-AM mostra una mancanza
di stereospecificità sia verso gli enantiomeri della GSA che verso quelli del
DAVA.
33
Scopi della ricerca
Se da un lato la GSA-AM è in grado di reagire con entrambi gli
enantiomeri
del
DAVA,
suggerendo
una
mancanza
di
assoluta
stereospecificità, dall’altro mostra un modo estremament e stereospecifico di
reagire con L-aminoesenoato (Tyacke et al., 1995), uno stretto analogo
strutturale dell’intermedio diaminico. Questa osservazione suggerisce la
necessità di approfondire lo studio dell’interazione tra i due singoli
enantiomeri del DAVA e la GSA-AM per ottenere informazioni importanti
sul meccanismo catalitico dell’enzima. I due enantiomeri non sono però
disponibili commercialmente. Lo scopo della tesi è stato quello di ottenere le
due forme enantiomeriche pure del DAVA, in modo da poter studiare
separatamente la loro reazione con l’enzima.
34
2.2 Materiali e metodi
Terreni di coltura
Per le colture batteriche è stato utilizzato il seguente terreno, sterilizzato in
autoclave a 120°C per 20 minuti prima dell’uso:
LB (Luria-Bertani): Bacto-triptone
10 g/l
Estratto di lievito
5 g/l
NaCl
5 g/l
Il terreno è stato portato a pH 7,4 con alcune goccie di NaOH 5M.
Nella preparazione del terreno agarizzato per le piastre Petri sono state
aggiunti al terreno liquido, prima della sterilizzazione, 15 g/l di agar. Per la
preparazione di terreni, solidi o liquidi, contenenti uno o più antibiotici, il
terreno è stato sterilizzato e lasciato raffreddare fino a 45°C prima di
aggiungere l’antibiotico. Il Bacto-triptone, l’estratto di lievito e il Bacto-agar
sono stati acquistati dalla Difco (MD, USA).
Ceppi batterici di Escherichia coli e plasmidi
a) Ceppi batterici
JM109
Genotipo: F’, traD36, proA+, proB+, laclq, lacZD(m15), recA1, ednA1
gyrA96(NaIR), thi, hsdR17 (rk, mk), supE44, relA1, D(lac-proAb), mcrA.
Il ceppo JM109 è stato usato per l’espressione dell’enzima selvatico. Per
ottenere una regolazione più fine dell’espressione della GSA-AM questo
35
ceppo è stato preventivamente trasformato con il plasmide pREP4 (Fig. 2.7).
Il plasmide pREP4 contiene il gene laclq che ha il promotore mutato e
produce il repressore lac in quantità dieci volte superiori al gene selvatico. Di
conseguenza, le cellule che contengono tale gene producono quantità
sufficienti di repressore lac per bloccare efficientemente il doppio operatore
lac, presente sul vettore pSAT o PQE60.
Fig. 2.7 Mappa lineare del plasmide pREP4. Vengono indicati alcuni siti
di restrizione sul plasmide checontiene i geni lacl che codificano
per il repressore lac, l’origine di duplicazione del DNA, ori, e il
gene neo che conferisce resistenza alla kanamicina.
La presenza di numerose copie dei questo plasmide, costituito da 3740 bp e
contenente in gene lacl, consente di ottenere livelli ancora più alti di
repressore lac. Inoltre, pREP4 contiene anche il gene che conferisce la
resistenza all’antibiotico kanamicina (neo).
b) Plasmidi
pSAT
E’ rappresentato dal plasmide pDS56/RBSII/SphI contenente il gene
hemL della GSA-AM clonato nel sito BamHI del sito di policlonaggio
(Grimm et al.,1990). Questo plasmide risulta identico al pQE70 che,
36
appartenendo alla serie pQE è incluso nella fa miglia dei plasmidi
pDS781/RBSII-DHFRS (Bugjard et al., 1987) derivati, a loro volta, dai
plasmidi pDS56/RBSII e pDS781/RBSII-DHFRS (Stuber et al., 1990). Una
caratteristica che contraddistingue i plasmidi della serie pQE è rappresentata
dei siti di restrizione presenti nel sito di policlonaggio. La regolazione della
regione promotore/operatore risulta molto efficiente. Infatti, la trascrizione è
bloccata dalla presenza del repressore lac, mentre viene indotta rapidamente
dall’aggiunta di IPTG (isopropil- ß-D-tiogalattoside), un analogo del lattosio,
che inattiva il repressore e rende accessibile il promotore.
Tecniche del DNA ricombinante
a)Purificazione del DNA plasmidico
La purificazione del DNA plasmidico si effettua utilizzando un kit
commercializzato dalla Qiagen, seguendo il protocollo del manuale allegato.
Questo metodo si base su tre passaggi consecutivi: una lisi alcalina delle
cellule batteriche, l’adsorbimento selettivo del DNA plasmidico superavvolto
su di una membrana ed infine l’eluizione con un tampone a bassa forza
ionica. Questo kit rappresenta un mezzo facile e veloce che consente anche di
ottenere
un
DNA
sufficientemente
puro
per
il
clonaggio
ed
il
sequenziamento.
Dopo il processo di purificazione, viene determinata la concentrazione del
DNA plasmidico mediante lettura spettrofotometrica a 260 nm (1O.D. 260 = 50
ng/ml).
37
b)Elettroforesi su gel di agarosio
Il gel d’agarosio 0,8% (p/v) viene preparato in tampone TAE (Tris 0,04 M
EDTA 1 mM sodio acetato 5 mM, portato a pH 7,5 con CH3 COOH glaciale)
aggiungendo bromuro di etidio 0,4 µg/ml. Prima del caricamento, si
aggiungono ai campioni 0,2 volumi di colorante con la seguente
composizione: bromofenolo 0,25% (p/v), EDTA 100 mM, glicerolo 50%
(v/v). Dopo la corsa elettroforetica, il DNA viene reso visibile mediante
transilluminazione con raggi UV, per effetto della fluorescenza del bromuro
di etidio che si intercala nella doppia elica. Le fotografie del gel vengono
eseguite con un apparecchio fotodyne FCR-10 che utilizza pellicole polaroid.
Preparazione di cellule competenti
Le cellule competenti vengono preparate a partire da una singola colonia
di E. coli (proveniente da una coltura su piastra) che viene inoculata in 10 ml
di terreno liquido LB e lasciata crescere a 37°C sotto agitazione per una
notte. In seguito, si trasferiscono 5 ml della coltura così ottenuta in 100 ml di
LB in una beuta da 500 ml. Si incuba sotto agitazione a 37°C. Quando la
densità ottica della coltura raggiunge il valore di 0,4-0,6 a 600 nm, le cellule
vengono raffreddate in ghiaccio per 5 minuti; quindi vengono trasferite in
tubi falcon sterili preraffreddati e centrifugate a 4°C a 3000 rpm per 5 minuti.
Le cellule vengono risospese in 25 ml di CaCl2 0,1 M preraffreddato e
lasciate in ghiaccio per 20 minuti. Si centrifuga di nuovo a 3000 rpm per 10
minuti a 4°C. Le cellule vengono quindi di nuovo risospese in 10 ml di CaCl2
0,1 M preraffreddato e lasciate in ghiaccio per un’ora. Successivamente, si
risospendono le cellule in 10 ml di una soluzione sterile di glicerolo al 40%.
38
La sospensione di cellule viene suddivisa in aliquote da 1 ml e conservata a –
80°C.
Per la trasformazione vengono utilizzati 200 µl di cellule competenti a cui
si aggiungono 20 ng di DNA della reazione di ligazione vettore- inserto
(oppure 2-10 ng di DNA plasmidico superavvolto).
Procedimento:
-
incubare le cellule competenti con DNA in ghiaccio per 30 minuti;
-
trasferire a 42°C per 1 minuto (shock termico);
-
raffreddare in ghiaccio per 2 minuti;
-
aggiungere 1 ml di terreno LB ed incubare i campioni a 37°C sotto agitazione
per un’ora in modo da consentire al gene che conferisce la resistenza
all’antibiotico di esprimersi.
Infine, la sospensione di cellule viene piastrata su terreno solido (LB agar)
contenente l’antibiotico, la cui resistenza è portata dal DNA trasformante. Le
piastre vengono incubate a 37°C per almeno 16 ore.
Espressione e purificazione della GSA-AM
La GSA-AM è stata pur ificata secondo il metodo descritto da Grimm et al.
(1991) anche se sono state apportate alcune modifiche.
E’ stata utilizzata una singola colonia batterica del ceppo JM109
trasformato con i plasmidi pREP4 e pSAT (contenente la forma selvatica del
gene della GSA-AM) per inoculare 10 ml di terreno LB contenente sia
ampicillina (100 µg/ml) che kanamicina (40 µg/ml). La coltura è stata
incubata a 37°C sotto agitazione per tutta la notte in modo da essere usata, in
seguito,
per inoculare due litri di terreno LB liquido contenente i due
39
antibiotici nelle concentrazioni riportate e la vitamina B6 (30 mg/ml). Si è
sottoposta la coltura così preparata ad incubazione a 37°C finché la sua
densità ottica misurata a 600 nm non ha raggiunto un valore di circa 0,3.
A questo punto è stata indotta l’espressione dell’enzima aggiungendo IPTG
(isopropiltiogalattoside) in concentrazione finale 1 mM. La coltura quindi è
stata fatta crescere per 20-24 ore e poi centrifugata a 5000 rpm per 20 minuti
a 4 °C per sedimentare le cellule che vengono lisate seguendo un adattamento
del metodo di Marston (1987).Le cellule sono state sospese in un tampone di
lisi (3 ml per grammo di cellule) composto da Tris-HCl 50 mM pH 8,0,
EDTA 1 mM e NaCl 100 mM. Dopo l’aggiunta di 0,8 mg di lisozima per
grammo di cellule, la sospensione è stata agitata occasionalmente a
temperatura ambiente per 20 minuti e quindi sono stati
aggiunti 4 mg di
acido deossicolico per grammo di cellula. In seguito a quest’ultimo passaggio
la soluzione è stata incubata a 37°C finché non
è diventata viscosa.
Raggiunta tale condizione, è stata aggiunta streptomicina solfato 1% (p/v) e
si è centrifugata la coltura per 30 minuti a 18000 rpm. Il supernatante
derivato è stato caricato su di una colonna a scambio anionico (2,5 cm x 18
cm) Fractogel TSK DEAE-650 (M) (Merk) precedentemente equilibrata con
il tampone A ( Tricina 0,1 M pH 7,9). La colonna è stata lavata con 100 ml
di tampone A ed eluita con un litro di un gradiente lineare da 0 a 0,4 M di
NaCl nello stesso tampone.
Le frazioni contenenti la GSA-AM, analizzate tramite elettroforesi su ge l
di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE) sono state riunite e precipitate con
solfato di ammonio, aggiungendo prima 300 g/l del sale al campione.
Quest’ultimo è stato successivamente centrifugato a 18000 rpm per 30
minuti. Al supernatante sono stati aggiunti 100 g/l del sale prima di
contrifugare nuovamente il campione. A questa concentrazione di solfato
40
d’ammonio precipita una frazione proteica contenente la GSA-AM; il
precipitato è stato quindi recuperato e ridissolto in tampone A, KPi 50 mM
pH 8,0 contenente 200 g/l di solfato d’ammonio. Il campione così ottenuto è
stato
caricato su una colonna di DEAE- Sepharosio (Amensham
Biosciences) equilibrata con il medesimo tampone. La colonna è stata eluita
con un gradiente lineare formato da 500 ml di tampone A e 500 ml di
tampone B, KPi 20 mM pH 8,0. Le frazioni contenenti la GSA-AM,
analizzate tramite SDS PAGE sono state riunite e precipitate con 400 g/l di
solfato d’ammonio. Il precipitato
è stato quindi nuovamente dissolto in
tampone Tricina 0,1 M pH 7,9 controllando la purezza del campione tramite
un ulteriore analisi su SDS PAGE
(Fig. 2.8). Infine, la concentrazione
dell’enzima è stata determinata spettroscopicamente usando un coefficiente
di estinzione molare e278 pari a 43000 cm-1 M-1 .
Elettroforesi su gel di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE)
Questa tecnica viene utilizzata per separare le singole componenti di una
miscela di proteine in base al peso molecolare. La separazione può essere
effettuata in condizioni denaturanti in presenza di un detergente anionico
come il sodio dodecil solfato (SDS) che, legandosi alle proteine da separare,
ne altera la struttura e conferisce loro una carica netta negativa proporzionale
alla loro massa. L’entità della migrazione delle catene polipeptidiche dipende
dal loro peso molecolare. Il gel è costituito da una zona di “concentrazione”
a pH 6,8 nella parte superiore in cui l’acrilammide è al 5% (p/v), e da una
zona più ampia di “separazione” a pH 8,8 che costituisce la parte inferiore, in
cui la concentrazione dell’acrilammide è al 10% (p/v).
Il gel al 5% è composto da:
41
- Acrilammide 40%
0,4 ml
- Tris-HCl 0,5 M, pH 6,8
0,62 ml
- H2 O
1,45 ml
- SDS 10%
25µl
- Persolfato di ammonio 10%
25 µl
- TEMED 6,6 M
3 µl
Il gel al 10% è invece composto da:
- Acrilammide 40%
1,25 ml
- Tris-HCl 1,5 M, pH 8,8
1,24 ml
- H2 O
2,38 ml
- SDS 10%
50 µl
- Persolfato di ammonio 10% (p/v)
50 µl
- TEMED 6,6 M
5 µl
Prima del caricamento su gel, viene aggiunto al campione un isovolume della
seguente soluzione:
- Tris-HCl 0,5 M, pH 6,8
1 ml
- H2 O
4 ml
- SDS 10%
1,6 ml
- Blu di bromofenolo 0,05% (p/v)
0,2 ml
- Glicerolo
0,8 ml
- DDT 1 M
0,8 ml
Il preparato viene mantenuto a 100 °C per circa 5 minuti. La successiva corsa
elettroforetica viene effettuata a 200 V per circa 60 minuti, usando un
tampone di scorrimento formato da:
42
- SDS
1 g/l
- Tris-HCl
3 g/l
- Glicina
14,4 g/l
a pH 8,3.
Terminata la corsa elettroforetica il gel viene prima colorato con una
soluzione di blu di Coomassie 0,25% (p/v) in acido acetico al 10% (p/v) e
metanolo al 50% (p/v) in acqua e poi decolorato in una soluzione di acido
acetico al 7% e metanolo al 25% in acqua.
1
2
3
4
Fig. 2.8 Purificazione della GSA-AMSDS-PAGE di campioni raccolti
durante la purificazione della GSA-AM e colorati con Blu di Coomassie.
Nella foto vengono illustrati: lo standard di pesi molecolari, Bio-Rad (linea
1); le proteine totali estratte dalla coltura batterica JM 109/pREP4 contenente
pSAT ed indotta con IPTG (linea 2); GSA-AM dopo DEAE-Sepharosio
(linea 3); GSA-AM dopo Fenil-Sepharosio (linea 4).
43
Conversione dell’enzima nativo nella forma a PLP o PMP
La completa conversione dell’enzima nativo nella forma a PLP o a PMP è
stata ottenuta usando rispettivamente la succinico semialdeide (SSA) ed il
4,5-diaminovalerato (DAVA).
Per favorire la completa conversione in una delle due forme è stata
utilizzata una cromatografia per gel filtrazione ricorrendo al metodo di Dixon
e Severin (1968). Sono stati quindi aggiunti SSA (20 Mm) o DAVA (5 mM)
ad 1 ml di enzima nativo in Tricina 0,1 M pH 7,9 (60-300 µM). Su una
colonna di Sephadex G-25 (45 cm X ?1 cm) equilibrata con Na- Tricina 0,1
M, pH 7,9, è stata caricata una soluzione di SSA o di DAVA ( 1 ml, alla
stessa concentrazione usata per la soluzione enzimatica). Dopo che la
soluzione è entrata completamente nella colonna, viene caricata la soluzione
dell’enzima. La colonna è stata eluita con lo stesso tampone con cui è stata
equilibrata. L’enzima, date le sue dimensioni, è stato eluito nel volume
escluso, separatamente dalle piccole molecole trattenute dalla resina.
Quando l’enzima si trova nella forma a PLP è possibile determinare la
concentrazione del cofattore ad esso legato. L’enzima è stato così diluito in
una soluzione di NaOH 0.1 M e la concentrazio ne del cofattore determinata
spettrofotometricamente misurando l’assorbimento a 388 nm e sapendo che
il coefficiente di estinzione molare del PLP in queste condizioni è pari a 6550
M-1 cm-1 (Peterson et Sober, 1954), (Fig. 2.9).
44
Fig. 2.9 GSA-AM nella forma a PLP in un tampone Na-Tricina 0,1 M,
pH 7,9 (linea continua) ed in uno NaOH 0,1 M (linea
tratteggiata).
Diversamente, i valori relativi ai coefficienti di estinzione molare della forma
a PLP della GSA-AM a 418 nm e418 = 8270 M-1 cm-1 ), a 342 nm (e 342 = 2460
M-1 cm-1 ) ed a 278 nm (e 278 =43,894 M-1 cm-1 ) sono stati ottenuti dallo spettro
di assorbimento dell’enzima.
Analisi quantitativa dei composti coinvolti nelle reazioni
a) Reazione di transaminazione tra DL-DAVA e SSA
Il reagente di Marfey (1- fluoro-2,4-dinitrofenil-5- L-alaninamide) e la
separazione cromatografica tramite HPLC sono stati usati per quantificare la
presenza di D-DAVA, L-DAVA, GABA ed ALA nella reazione tra il DAVA
45
in forma racemica e la SSA. La reazione è stata effettuata a 37 °C in tampone
Na-Tricina (0,1 M, pH 7,9) in presenza di DL-DAVA (2 mM), SSA (10 mM)
e GSA-AM (0,1 µM). A determinati intervalli di tempo, sono state prelevate
aliquote del campione (2,5?µ l) alle quali è stato aggiunto il reagente di Marfey
(?12?µl 1mg/ml, in una miscela di acetone ed acetonitrile nelle proporzioni
2:1), una soluzione di acetonitrile e trietilamina (3:2, 12?µ l) ed infine la D-Leu
usata come standard interno (1 mM, 2,5?µ l). I derivati così ottenuti sono stati
successivamente
separati
mediante
HPLC,
utilizzando
una
colonna
Spherisorb C18 (250 x 4,6 mm) ed un gradiente di 120 minuti dall’85 al 50%
del solvente A (miscela di acido trifluoroacetico 0,2% ed acqua). Il solvente
B era formato da una soluzione di acetonitrile e di 2-propanolo nelle
proporzioni di 4:1 e acido trifluoroacetico 0,1%. Durante la separazione, si è
mantenuto un flusso di 0,2 ml/min ed i derivati sono stati rilevati registrando
l’ assorbanza dell’eluato a 340 nm.
b) Reazione di transaminazione tra D -DAVA e SSA
Nella reazione di transaminazione tra D-DAVA e SSA la concentrazione
di reagenti e prodotti è stata misurata attraverso misure spettrofotometriche,
dopo derivatizzazione con O- ftalaldeide. A tal fine, sono state prelevate
aliquote di 30?µ l delle miscele di reazione ed aggiunte ad un uguale volume di
reagente O- fltalaldeide (in cui sono presenti sia O-ftalaldeide 60 mM che 2mercaptoetanolo 230 mM, entrambi mantenuti in tampone NaHCO3 0,1M a
pH 10). Trascorsi 5 minuti, il campione è stato diluito in tampone Na-Tricina
(0,1M, pH 7,9) e successivamente analizzato allo spettrofotometro per
registrare il suo spettro d’assorbimento. Questo procedimento ci ha
consentito di calcolare le concentrazioni di D-DAVA e di GABA (equazioni
46
1 e 2), conoscendo, grazie a curve di calibrazione eseguite in precedenza, i
valori dei coefficienti di estinzione molare a 340 nm e 452 nm (GABA : e 340
= 3980 M-1 cm-1 ; D-DAVA: e340 = 4960 M-1 cm-1 , e 452 = 8700 M-1 cm-1 ). Il
sistema di equazioni utilizzato per tale misurazione, tiene conto del fatto che
il derivato del GABA assorbe a 340 nm, mentre quello del DAVA assorbe sia
a 340 nm che a 452 nm .
A340 = [?([ GABA]??X e 340 GABA?+ ?([D-DAVA]X?e 340 D-DAVA) ?] X ?l
A452 = [D-DAVA]?X?e 452 D -DAVA X ?l
(eq.1)
(eq.2)
c) Misura della concentrazione di GSA
D-DAVA
(2 mM) è stato mescolato con l’enzima (150 µM) in tampone
Na-Tricina (0,1M, pH 7.9) ad una temperatura di 37°C. A determinati
intervalli di tempo, 35 µl della miscela di reazione sono stati mescolati con 7
µl di una soluzione di acido perclorico (HClO4, 25% v/v). Il campione è stato
quindi centrifugato e dal supernatante ottenuto sono stati prelevati 30 µl a cui
sono stati aggiunti 8,25 µl di una soluzione KOH (4 M). Dopo
centrifugazione sono stati prelevati 30 µl del supernatante ed addizionati ad
un uguale volume di reagente O-ftalaldeide.
Trascorso un minuto, si è
separato isocraticamente il campione mediante HPLC utilizzando sempre una
colonna Spherisorb C18 (250 x 4,6 mm), ma in questo caso lavata ed
equilibrata con un tampone formato da una soluzione di fosfato acido di
potassio (0,05M KH2PO4) e di metanolo (40%). Come standard interno è
stato usato D-Leu .
47
Esperimenti di cinetica rapida ed analisi dei dati
Il mescolamento manuale di due soluzioni in una cuvetta per
spettrofotometro richiede almeno 5 secondi; quindi, utilizzando uno
spettrofotometro convenzionale solo occasionalmente può essere osservata la
fase iniziale della formazione degli intermedi transienti di una reazione
enzimatica. Per ottenere il mescolamento veloce di un enzima con il substrato
e poter seguire la reazione dopo frazioni di secondo dal mescolamento (di
solito millisecondi), si può utilizzare uno spettrofotometro a flusso interrotto.
In questo sistema, la soluzione contenente l’enzima e quella contenente il
substrato vengono poste in due siringhe distinte i cui pistoni sono spinti
simultaneamente da una pressione di azoto. Le soluzioni si incontrano in
corrispondenza di un mescolatore e raggiungono, passando attraverso una
cuvetta, la siringa di stop, il cui pistone viene spinto su un microinterruttore
che fa iniziare la registrazione degli eventi che si svolgono nella cuvetta
(John, 1985). Negli esperimenti di cinetica rapida è stato usato uno
spettrofotometro a flusso interrotto Hi-Tech SF-61 equipaggiato
con un
analizzatore rapido a fila di diodi MG-6000 o con uno fotomoltiplicatore
MG-60 (Hi- Tech, UK).
I dati relativi alla cinetica rapida delle reazioni sono stati analizzati
mediante il programma per la manipolazione dei dati Scientist (Micromath
Salt Lake City, UT) che può effettuare la simulazione di modelli cinetici
complessi, il “curve fitting” e l’analisi statistica. Per analizzare i dati cinetici
ottenuti sono state usate le equazioni 3, caratterizzata della somma di due
processi esponenziali, e 4.
At = A0e
–k t
1
+ B0e – k2t + c
(Equazione 3)
48
[D]
kobs = kf × ———— + kb
[D] + Κd
(Equazione 4)
a) Deconvoluzione dello spettro d’assorbimento
Le bande di assorbimento sono descritte da una funzione d’onda chiamata
“logaritmica-normale” (Johnson et Metzler, 1970) definita da quattro
parametri:
- la posizione del massimo di assorbimento (?max) espresso in “kilokayser”
o numeri d’onda (la relazione tra i numeri d’onda e la lunghezza d’onda
è:? =10000/??);
- il coefficiente di estinzione mo lare in corrispondenza di ?max (emax );
- la “larghezza massima” (h) corrispondente alla larghezza della banda
quando e/emax = 0,5, espressa come differenza di ?;
- la “asimmetria” (“skewness”,?? ), che esprime il grado di asimmetria della
banda di assorbimento ed è definita come rapporto delle distanze della
curva a e max /2 dalla ?max.
L’equazione che descrive una curva “logaritmica- normale” è la seguente:
(Equazione 5)
I parametri a, b e c sono collegati a ?
max ,
h e ? ?dalle seguenti relazio ni:
49
(Equazione 6)
La deconvoluzione (cioè la risoluzione di uno spettro d’assorbimento nelle
sue bande componenti) si ottiene analizzando i dati con il metodo dei minimi
quadrati come somma di un numero variabile di curve “logaritmichenormali”, ognuna con parametri indipendenti. Uno dei maggiori problemi che
si riscontra in questo tipo di analisi è la stima dei parametri, soprattutto nel
caso in cui si abbia un ampio numero di curve “logaritmiche normali”. Studi
su composti simili che presentano
somiglianze sia nei valori relativi
all’ampiezza della banda che alla simmetria, hanno tuttavia evidenziato la
possibilità di porre dei limiti a tali parametri (Metzler et al, 1973). Analisi
finalizzate a stabilire i parametri delle bande di assorbimento di diverse
strutture possibili della vitamina B6 sia libere in soluzione che legate ad
enzimi (Johnson et Metzler, 1970; Metzler et Metzler, 1987; Metzler et al,
1988; Malashkevich et al.?1993) ?hanno infatti stabilito che h varia tra 3,3 e 5
?mentre???varia tra 1,1 e 1,8. Diversamente ? max e e max possono essere stimati
in base allo spettro che deve essere analizzato.
50
2.3 Risultati e discussione
Reazioni di D- ed L-DAVA con la succinico semialdeide
La succinico semialdeide (SSA) converte la forma EM dell’enzima, avente
la PMP come cofattore, nella forma EL, contenente PLP, trasformandosi in
acido γ-aminobutirrico (GABA) (Tyacke et al., 1995). La forma EL viene
invece rapidamente convertita in quella
EM da un miscela racemica di
DAVA (Pugh et al., 1992). Ci si aspetta quindi, che la GSA-AM sia in grado
di catalizzare una reazione di transaminazione tra SSA e DAVA per formare
GABA e uno o entrambi i composti carbonilici che possono derivare dal
DAVA. Il DAVA ha infatti due gruppi aminici, da ognuno dei quali si può
formare un’aldimina esterna con il PLP, portando così alla produzione di
GSA o ALA. Inoltre, se la forma del DAVA utilizzata nella reazione è quella
racemica, uno solo o entrambi gli enantiomeri potrebbero essere coinvolti
nella reazione, per dare GSA o ALA.
E’ stata quindi preparata una miscela di reazione costituita da SSA (10
mM), DL-DAVA (2 mM) e GSA-AM (0,1 µM), in tampone Na-Tricina
(0,1M, pH 7,9) ad una temperatura di 37°C. Al fine di seguire il corso della
reazione, misurando le concentrazioni di D- ed L-DAVA, GABA, ALA e
GSA, aliquote della miscela di reazione sono state prelevate ad intervalli di
tempo ed analizzate tramite HPLC, in seguito a derivatizzazione con il
reagente di Marfey costituito dall’1- fluoro-2,4-dinitrofenil-5- L-alaninamide
(Fig. 2.10). La derivatizzazione degli aminoacidi con questo composto
chirale
permette
di
separare
due
enantiomeri
convertendoli
in
diastereoisomeri che, a differenza dei primi, presentano proprietà chimiche e
fisiche diverse. In tal modo, si possono utilizzare tecniche convenzionali di
51
separazione come, nel nostro caso, la cromatografia a fase inversa. La
concentrazione dei composti coinvolti nella reazione è stata calcolata grazie
all’aggiunta di D- leucina ( D-Leu) come standard interno. Le condizioni in cui
sono state condotte la derivatizzazione e la cromatografia sono spiegate in
dettaglio nella sezione “Materiali e Metodi”.
Fig. 2.10 Analisi per HPLC della reazione tra SSA (10 mM) e DL-DAVA
2 mM), catalizzata dalla GSA-AM (0,1 µM), dopo 20 minuti dall’inizio e
in seguito a derivatizzazione con reagente di Marfey. Nel grafico sono
illustrati i picchi corrispondenti ai seguenti composti: ALA (A); GABA (G);
DAVA, picco (1); DAVA (picco 2); D-Leu (Std). Sebbene i derivati di D e LDAVA siano stati separati dalla cromatografia, non è stato possibile a questo
punto assegnare ai picchi la corrispondenza con gli enantiomeri D e L.
I risultati dell’esperimento hanno mostrato che un solo enantiomero del
DAVA (quello corrispondente al picco 2 in Fig. 2.10) viene consumato nel
corso della reazione (Fig. 2.11a), in quantità equivalente all’ ALA e al 4aminobutirrato che si formano (Fig. 2.11b). La linea continua che attraversa i
punti sperimentali nei grafici corrisponde a quella predetta per processi
esponenziali con una costante di velocità k = 0.038 min-1 .
52
Fig. 2.11 Enantioselettività della transaminazione tra DL-DAVA (2 mM)
e SSA (10 mM) in presenza di GSA-AM (0,1 µM) in tampone Na-Tricina
(0,1 M, pH 7,9) a 37°C. Nel grafico (a) è indicato l’andamento delle
concentrazioni dell’enantiomero corrispondente al 1° picco (? ) e al 2° picco
(? ). Nel grafico (b) sono mostrate le concentrazioni di ALA (? ) e di 4aminobutirrato (? ).
53
Queste osservazioni dimostrano che l’enzima discrimina fortemente, se non
completamente, in favore di una sola forma del DAVA.
Inoltre, poiché sono state ottenute quantità equimolari di GABA e di ALA, si
può dedurre che la conversione del DAVA in GSA sia stata nulla o minima
(schema 1).
Schema 1
Sintesi di DAVA
E’ noto che l’ L-4-amino-5-esenoato (detto anche Vigabatrina, un farmaco
utilizzato nel trattamento dell’epilessia; De Biase D. et al., 1991) converte
rapidamente la forma EL dell’enzima nella forma EM e che il D-4-amino-5esenoato è invece comple tamente inattivo (Tyacke et al., 1995). E’ anche
noto che la seconda metà della reazione di isomerizzazione della GSA
catalizzata dalla GSA-AM, in cui il DAVA viene trasformato in ALA e
l’enzima passa dalla forma EL a quella EM, è reversibile (Smith et al., 1998).
La GSA-AM dovrebbe quindi essere in grado di catalizzare una reazione di
transaminazione tra ALA e L-4-amino-5-esenoato, producendo DAVA e 4cheto-5-esenoato. Per confermare la veridicità di questa ipotesi, abbiamo
condotto un esperimento in cui il 4-amino-5-esenoato (10 mM) in forma
racemica è stato fatto reagire con ALA (10 mM) in presenza di GSA-AM
(250 µM) in un tampone Na-Tricina 0,1 M, pH 7,9, ad una temperatura di 30
54
°C. Il corso della reazione è stato seguito per quattro ore, analizzando piccole
aliquote prelevate ad intervalli di tempo tramite cromatografia su strato
sottile di silice. Dopo la corsa cromatografica in 1-butanolo, acido acetico ed
acqua (nelle proporzioni 3:1:1), i composti aminoacidici sono stati rivelati
con ninidrina. Nelle prime tre ore, si è osservata la comparsa e l’aumento in
concentrazione di un composto, che migrava alla stessa altezza di un
campione di DAVA commerciale. Dopo tre ore la concentrazione di tale
composto sembrava rimanere costante (Fig. 2.12).
Fig. 2.12 Cromatografia su strato sottile
Legenda fig 2.12
1) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 5 min
2) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 10 min
55
3) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 15 min
4) Miscela di reazione (0,5 µ l) dopo 20 min
5) Standard di ALA
(50 nanomoli)
6) Standard di Vigabatrina
(50 nanomoli)
7) Standard di DAVA
( 5 nanomoli)
8) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 60 min
9) Miscela di reazione (0,5?µ l) dopo 180 min
La sintesi di DAVA è stata quindi condotta in tali condizioni in scala più
ampia, aumentando le concentrazioni di ALA e 4-amino-5-esenoato a 25 mM
e 50 mM, rispettivamente, e in un volume finale pari a 5 ml (Fig. 2.13).
L’analisi cromatografica di questa reazione ha anche messo in evidenza che
la concentrazione di ALA e 4-amino-5-esenoato, dopo quattro ore dall’inizio
dell’esperimento, era diminuita visibilmente indicando una sostanziale
conversione di questi reagenti nei prodotti DAVA e 4-cheto-5-esenoato.
56
Fig. 2.13
Cromatografia su strato
1) Miscela di reazione
2) Miscela di reazione
3) Miscela di reazione
4) Standard di DAVA
5) Standard di ALA
6) Standard di Vigabatrina
sottile per la sintesi
(0,5?? l)
dopo
(0,5?? l)
dopo
(0,5?? l)
dopo
( 5
(10 nanomoli)
(50 nanomoli)
di DAVA
30 min
60 min
240 min
nanomoli)
Dopo quattro ore dall’inizio della reazione, il campione è stato sottoposto
ad un processo di filtrazione tramite centrifugazione, utilizzando filtri da
centrifuga (UltraCentricon, Millipore) con un “cut off” di 10 KDa, al fine
di separare l’enzima da reagenti e prodotti. Il filtrato così ottenuto è stato
portato a pH 6,0 con aggiunta di HCl 10 M e sottoposto ad una prima
57
cromatografia a scambio cationico, su una colonna di Dowex 50 (4 cm X 1
cm ∅, 200–400 mesh, 8% cross- linked, Sigma-Aldrich), una resina di
polistirene solfonato. La colonna, precedentemente equilibrata con fosfato
di ammonio 0,2 M, pH 6,0, è stata eluita con lo stesso tampone. Frazioni
di 1 ml sono state raccolte ed analizzate tramite cromatografia su strato
sottile di silice e successiva colorazione con ninidrina. L’ALA e il 4amino-5-esenoato sono stati trovati nelle prime cinque frazioni, mentre la
presenza del DAVA è stata riscontrata nelle frazioni dalla diciassettesima
alla venticinquesima (Fig. 2.14).
Fig. 2.14 Analisi delle frazioni eluite dalla colonna Dowex 50. La
numerazione indica la sequenza delle frazioni raccolte. Dalla frazione 1 alla 5
(0,5 µl) si riscontra la presenza di ALA e Vigabatrina (Pannello a), mentre
dalla 17 alla 25 quella di DAVA (Pannello b). L’evidente macchia presente
in tutte le frazioni dalla 8 alla 27 corrisponde all’ammoniaca presente nel
tampone. Sono inoltre presenti gli standard di DAVA (5 nanomoli) (D)ALA
(10 nanomoli) (A) e di Vigabatrina (10 nanomoli) (V).
58
Le frazioni contenenti DAVA sono state successivamente riunite e, per
eliminare la presenza di fosfato di ammonio dalla soluzione, è stata eseguita
una seconda cromatografia su Dowex 50, equilibrata con acqua. Dopo il
caricamento, la colonna è stata lavata con acqua, finché il pH dell’eluato da
acido è diventato neutro, e quindi eluita con NH4 OH 0,5 M. Le frazioni, da 1
ml ciascuna, contenenti DAVA (Fig. 2.15) sono state riunite e liofilizzate
ripetutamente al fine di eliminare l’ammoniaca. Il campione così ottenuto è
stato essiccato sotto vuoto in presenza di P2 O5 , per ottenere DAVA con una
resa di circa il 15% rispetto alla quantità iniziale di ALA.
Fig. 2.15 Analisi delle frazioni eluite dalla seconda cromatografia su
Dowex 50. La numerazione indica le frazioni esaminate (0,5 µl), nelle quali
si nota l’assenza di ammonio e la presenza di DAVA. (D) standard di DAVA;
(A) standard di ALA; (V) standard di Vigabatrina; (R) miscela di
reazioneprima della cromatografia. Le quantità degli standard sono uguali a
quelle indicate precedentemente.
59
Il confronto tra lo spettro di risonanza magnetica nucleare (NMR) di un
campione di DAVA racemico commerciale e quello del composto
sintetizzato ha confermato l’identità e la purezza di quest’ultimo. (Fig. 2.16).
Fig. 2.16 Confronto tra gli spettri H1 NMR di un campione di DAVA
commerciale (a) e di uno di DAVA sintetizzato (b). Entrambi i
campioni sono stati disciolti in acqua deuterata in ragione di 10
mg/ml.
60
Il passaggio finale è stato quello di analizzare la purezza enantiomerica del
composto di sintesi. Dal profilo di eluizione ottenuto in seguito a
derivatizzazione del campione sintetizzato con il reagente di Marfey e
separazione cromatografia (HPLC), si evince che si tratta di un composto
enantiomericamente puro, che corrisponde al picco 2 della figura 2.10 (Fig.
2.17c).
Fig. 2.17 Analisi HPLC degli enantiomeri del DAVA. Sono illustrati
porzioni di cromatogrammi ottenuti da campioni di DAVA in seguito alla
reazione con il reagente di Marfey (In ogni cromatogramma il primo picco è
dovuto alla presenza del reagente di Marfey, mentre l’ultimo corrisponde
allo standard interno D- leucina): (a) miscela racemica di DAVA, (b)
materiale rimanente dopo il trattamento di DL-DAVA con SSA in presenza di
GSA-AM. (c) materiale derivato dalla transaminazione tra aminoesenoato ed
ALA, materiale rimanente dopo il trattamento di DL-DAVA con SSA in
presenza di GSA-AM.
E’ evidente quindi che l’enzima aggiunge un protone al C4 dell’ALA con
assoluta stereospecificità. Considerando che in vivo l’intermedio DAVA
61
viene prodotto dall’ L-glutammato attraverso reazioni che non implicano
trasformazioni e quindi cambiamenti della configurazione del carbonio C4, e
che la GSA-AM reagisce in maniera assolutamente stereospecifica con
l’enantiomero L del 4-amino-5-esenoato, si può concludere che il prodotto
della reazione tra ALA e L-4-amino-5-esenoato sia rappresentato dall’ LDAVA. Conseguentemente, possiamo affermare che è tale forma del DAVA
(corrispondente quindi al picco 2 in Fig. 2.10) ad essere convertita in ALA
durante la reazione tra DAVA racemico e succinico semialdeide (SSA),
mentre l’enantiomero D non viene consumato.
Preparazione dell’enantiomero D -DAVA.
Una soluzione di DL-DAVA 30 mM, SSA 100 mM e GSA-AM 90 µM in
tampone Na-Tricina 0,1M, pH 7,9 è stata mantenuta per tre ore ad una
temperatura di 30°C. In queste condizioni, tutto l’enantiomero L del DAVA
dovrebbe essere stato trasformato in ALA (Figg. 2.11 e 2.18). I passaggi
successivi per la purificazione del D-DAVA residuo sono identici a quelli già
descritti per l’ L-DAVA. E’ importante comunque sottolineare che mentre
l’enantiomero L è stato ottenuto grazie ad un processo di sintesi, la forma D è
stata ricavata da una miscela racemica di DAVA, in seguito alla
trasformazione dell’enantiomero L in ALA. Anche in questo caso la purezza
enantiomerica del composto, chiaramente di chiralità opposta rispetto a
quello ottenuto tramite sintesi, è stata confermata mediante HPLC, usando il
reagente di Marfey ( Fig. 2.17b).
62
Fig. 2.18 Analisi della reazione tra DL-DAVA e SSA tramite
cromatografia su strato sottile
1) Standard di ALA
(10 nanomoli)
5) Standard di GABA (50
nanomoli)
2) Reazione dopo 5 min
( 0,5 µl)
3) Reazione dopo 240 min
( 0,5 µl)
4) Standard di DAVA
( 5 nanomoli)
Reazione fra D-DAVA e SSA
L’analisi della reazione tra DAVA nella forma racemica e SSA ha
mostrato che l’enantiomero D, nell’arco di tempo in cui la reazione è stata
seguita, non ha subito trasformazioni. E’ tuttavia possibile che il D-DAVA
reagisca molto più lentamente dell’L-DAVA. Quando la reazione tra D-
63
DAVA (2 mM) e SSA (10 mM), catalizzata da GSA-AM (10 µM) è stata
seguita per 600 minuti, si è potuto osservare il consumo di D-DAVA e la
formazione di una quantità equimolare di γ-aminobutirrato (Fig. 2.19a).
Tuttavia l’analisi cinetica ha mostrato l’impossibilità di rappresentare
l’andamento della reazione secondo una singola curva esponenziale, a causa
di una fase iniziale più veloce costituita approssimativamente dal 15% della
reazione complessiva. Inoltre, è stata riscontrata la produzione di una certa
quantità di ALA, corrispondente a circa il 3% del D-DAVA consumato. La
cinetica di formazione dell’ALA dimostra che questo composto non può
derivare direttamente dal D-DAVA. In Fig. 2.16b è infatti evidente l’iniziale
fase di ritardo nella produzione di ALA, dovuta evidentemente al fatto che
tale composto non si è formato direttamente dal substrato, ma è derivato da
un’altra reazione coinvolgente uno dei prodotti primari.
64
Fig. 2.19 Reazione tra D-DAVA (2 mM) e SSA (10 mM) catalizzata dalla
GSA-AM (10 µM). Le condizioni di reazione sono uguali a
quelle descritte in figura 2.8. (a) Concentrazione di D-DAVA (? )
e di GABA (? ); (b) concentrazione di ALA. Le linee continue
sono state ottenute utilizzando lo schema 2, attraverso il metodo
dei minimi quadrati. I valori dei parametri ottenuti con questa
analisi sono k cat(f) = 6,7 min-1 , KDAVA = 0,62 mM, KSSA= 9,3 mM,
k cat(b) = 19 min-1 , KGSA= 0,97 mM, KGABA= 2 mM, k 2 = 0,08
mM-1 min-1 .
65
E’ noto che l’ALA rappresenta uno dei prodotti di degradazione della
GSA quando questa passa da una condizione di acidità (in cui viene
mantenuta per evitare appunto la sua degradazione) ad una di neutralità. Si
potrebbe quindi supporre che la quantità di ALA ottenuta nel nostro
esperimento sia derivata dalla D-GSA formatasi mediante una reazione di
transaminazione che vede coinvolto il gruppo aminico legato al carbonio C5
del D-DAVA. L’andamento più veloce della fase iniziale della reazione può
essere spiegato considerando la tendenza da parte del
primo passaggio
descritto nello schema 2, ad avvicinarsi all’equilibrio. La seconda fase della
reazione, ovvero il suo completamento, può essere dovuta alla conversione
irreversibile della GSA nei suoi diversi prodotti di degradazione tra i quali è
compreso l’ALA.
Succinico semialdeide kf
+
D
D-DAVA
kb
GABA
Sche k2
+
"ALA + Prodotti di degradazione
GSA
Schema 2
Da alcuni esperimenti, condotti al fine di caratterizzare l’instabilità della
GSA è emerso che questo composto a pH neutro va incontro ad una reazione
di secondo ordine in cui due molecole reagiscono
fra loro per formare,
attraverso due legami iminici, un prodotto costituito da un anello a sei
elementi (Pugh et al., 1991). La costante di secondo ordine di questa reazione
(k 2 = 2.3 mM-1 s-1 ), ha un valore troppo alto per essere compatibile con la
lunga fase di ritardo osservata nella formazione di ALA. Per spiegare
l’incoerenza rilevata, abbiamo ipotizzato che il valore più basso della k 2
riscontrato nei nostri esperimenti potesse essere giustificato dalla capacità
della GSA prodotta di formare imine sia con il DAVA che con la SSA. In tal
66
modo, la minore concentrazione di GSA risultante giustificherebbe la
lentezza della reazione bimolecolare osservata.
Sono stati compiuti esperimenti simili a questo, nella speranza di poter
misurare quantitativamente la D-GSA. Il tipo di approccio però è risultato
inefficace, probabilmente proprio perché la GSA prodotta nella reazione
forma dei complessi con
il DAVA e la SSA. Così, per evitare tale
complicazione e per avere un risultato di tipo qualitativo, abbiamo fatto
reagire per trenta secondi il D-DAVA con una maggiore concentrazione di
enzima in forma EL (150 µM). E’ stata quindi misurata la concentrazione di
D-GSA,
facendola prima reagire con O-ftalaldeide e poi separandola dagli
altri componenti mediante HPLC. Dopo 30 s dall’inizio della reazione, è stata
constatata, con questo metodo, la presenza di GSA
40 µM, che deve
necessariamente corrispondere all’enantiomero D, visto che la trasformazione
che l’ha prodotta non ha riguardato il carbonio chirale.
Reazioni tra
dell’enzima.
i
due
enantiomeri
del
DAVA e la forma EL
In questi esperimenti, l’enzima è stato prima convertito nella forma EL e
successivamente
fatto
reagire
alternativamente
con
le
due
forme
enantiomeriche del DAVA. Le reazioni sono state analizzate tramite uno
spettrofotometro “diode array” (a fila di diodi) a flusso interrotto, che
consente di registrare i cambiamenti rapidi dello spettro d’assorbimento del
cofattore. Nelle reazioni con D e L-DAVA, sono state osservate differenze
talmente significative, sia nelle cinetiche di reazione che nei cambiamenti
spettrali prodotti, da poter affermare, inequivocabilmente, che
reagisce in modo diverso con i singoli enantiomeri.
l’enzima
67
L-DAVA
Nei primi millisecondi della reazione tra L-DAVA (360 µM) e la GSAAM (25 µM), si è osservato un decremento molto rapido della banda a 418
nm e la comparsa e il conseguente aumento di una banda a 335 nm. E’ stato
comunque impossibile poter seguire interamente questa conversione poiché
si è svolta in parte nel periodo corrispondente al tempo morto dello strumento
(circa 2 ms). Da questo momento in poi, la reazione è stata caratterizzata da
un progressivo aumento dell’assorbanza a 335 nm (A335 ) e da una
corrispondente diminuzione di quella a 418 nm (A418 ), entrambi descritti da
un andamento espone nziale con una costante di velocità osservata ( Kobs) pari
a 2 sec-1 (Fig. 2.20).
68
Fig. 2.20 Reazione tra L-DAVA e la forma EL della GSA-AM.
Lo spettro indicato dalla freccia è quello derivante dal
mescola mento tra l’enzima nella forma EL (25 µM) ed una
soluzione tampone. Lo spettro immediatamente successivo è stato
registrato dopo 3 ms dal mescolamento dell’enzima con
L- DAVA (2 mM). I successivi 16 spettri sono stati registrati
ad intervalli di 75 ms l’uno dall’altro, mentre lo spettro finale è
stato registrato a 4,8 s dall’ aggiunta di L-DAVA.
Per poter analizzare meglio la fase rapida della reazione, questa è stata
seguita misurando la varia zione dell’assorbanza a 418 nm, utilizzando una
configurazione
dello
strumento
che
impiega
un
convenzionale
fotomoltiplicatore. Tale strategia ha consentito di migliorare la qualità del
segnale registrato. Quindi, sono stati eseguiti esperimenti separati in cui è
stata variata la concentrazione di L-DAVA. La variazione di assorbanza
(A418 ) osservata ha mostrato una dipendenza dalla concentrazione di LDAVA, quando questa era minore di quella dell’enzima. Aumentando la
69
concentrazione del L-DAVA, tale dipendenza si è attenuata fino a
scomparire. Si può notare infatti, una consistente sovrapposizione delle
ultime curve illustrate nella parte inferiore del grafico (Fig. 2.21).
Fig. 2.21 Reazioni tra diverse concentrazioni di L-DAVA e la forma EL
della GSA-AM (10 µM). Andamento delle reazioni analizzate
con uno spettrofotometro a flusso interrotto misurando la
variazione di assorbanza a 418 nm. La reazione che presenta la
minor ampiezza è stata condotta con [ L-DAVA] = 1,9 µM.
Nelle successive reazioni [L-DAVA ] = 3,8; 7,6; 15; 30; 60 e 360
µM.
Le cinetiche ottenute sono ben descritte dalla somma di due processi
esponenziali (eq. 1), uno più veloce dell’altro. Calcolando la costante di
velocità della fase rapida osservata per ogni singola curva (kobs), si è visto che
questa dipende in maniera iperbolica dalla concentrazione di L-DAVA (fig.
2.22). La costante di velocità della fase più lenta, che corrisponde a k nello
schema 3, non presenta invece cambiamenti sostanziali al variare della
concentrazione di L-DAVA (da 1.9 a 360 µM), mantenendosi ad un valore di
70
circa 2 s-1 . Tali osservazioni hanno suggerito il meccanismo cinetico illustrato
nello schema 3. L’andamento della kobs è ben descritto dall’eq.4 e da valori
dei parametri corrispondenti a k f = 159 ± 80 µM, k b = 11± 6 s-1 e Kd = 174 ±
80 µM (Fig. 2.22).
At = A0 e – k1t + B0 e – k2t + c
(Equazione 1)
[D]
kobs = kf X?———— + kb
(Equazione 2)
[D] + Κd
Kd
kf
EL + DAVA D
EL DAVA D
kb
k
E'LDAVA "EM + ALA
Schema 3
71
Fig. 2.22 Andamento della kobs relativa alla fase rapida della reazione tra
L-DAVA e GSAM. La linea iperbolica che attraversa i punti
(valori di kobs) è stata ottenuta utilizzando l’equazione 4 e i valori
dei parametri riportati nel testo.
D-
DAVA
Nella reazione tra D-DAVA ed enzima nella forma EL è stata osservata
una iniziale fase rapida caratterizzata dalla diminuzione dell’assorbanza a 420
nm e da un corrispettivo aumento di quella a 390 nm (Fig. 3.14a).
Analogamente alla reazione con L-DAVA, più della metà di questo processo
è stato perso
nel tempo morto dello strumento. Nella fase lenta della
reazio ne, invece, è stata osservata la conversione del cromoforo con un picco
di assorbimento a 390 nm in uno avente un massimo di assorbimento a 335
nm (Fig. 2.23b).
72
Fig. 2.23 Reazione tra D-DAVA (2 mM) e la forma EL della GSA-AM.
(a) Lo spettro che presenta il valore più alto a 420 nm
corrisponde a quello osservato quando la GSA-AM (25 µM) è
stata mescolata ad una soluzione tampone. Gli spettri successivi
sono stati registrati a 5, 75 e 600 ms dall’aggiunta di D-DAVA.
(b) Spettri registrati ad intervalli di 3 s partendo da 0,6 s dopo
l’aggiunta di D-DAVA. Lo spettro con la minore assorbanza a
390 nm è stato registrato a 96 s dopo il mescolamento.
73
Importanti informazioni sono state acquisite ripetendo l’esperimento con
lo strumento configurato in modo da usare un fotomoltiplicatore
convenzionale e registrando le variazioni di assorbanza a 430 nm e 386 nm.
A queste lunghezze d’onda corrispondono infatti i più ampi cambiamenti di
assorbanza rilevabili nello spettro. Esaminando i risultati si è constatato che
la cinetica della reazione è ben descritta dalla somma di due processi
esponenziali (eq. 3). La fase rapida, in cui si ha una diminuzione
dell’assorbanza a 430 nm ed un aumento a 386 nm, corrisponde ad una kobs
pari a 170 ± 2 s-1 . Nella successiva fase, caratterizzata dalla diminuzione
dell’assorbanza a 386 nm e dall’aumento a 335 nm, la kobs è pari a 0.163 ±
0.0025 s-1 . La fase lenta è attribuibile alla conversione del cofattore nella
forma a PMP (forma EM dell’enzima). Il valore della costante di velocità per
quest’ultimo processo risulta simile a quello della kcat stimato per la catalisi
della reazione in cui il D-DAVA e la SSA sono convertiti in GABA e DGSA. Per ottenere maggiori informazioni riguardo la fase veloce è stata
eseguita la deconvoluzione dello spettro di assorbimento registrato a 0.6 s
dall’inizio della reazione tra D-DAVA ed enzima nella forma EL (Fig. 2.24).
La deconvoluzione ha rivelato la presenza di due bande di assorbimento, oltre
a quella dovuta ai residui aminoacidici aromatici (emax=280 nm),
caratterizzate da massimi, rispettivamente, a 332 e 385 nm. Da questi
risultati, si è quindi concluso che l’enzima nella forma EL , quando si
combina con il D-DAVA, viene convertito rapidamente in un intermedio che
corrisponde al cromoforo avente le due bande di assorbimento a 385 e 332
nm, quindi questo intermedio si trasforma lentamente in PMP.
74
Fig. 2.24 Deconvoluzione dello spettro di assorbimento ottenuto dopo
0,6 sec dal mescolamento D -DAVA con l’enzima in forma EL.
Lo spettro determinato sperimentalmente (cerchi vuoti)
rappresenta quello registrato a 0,6 s dopo l’aggiunta di D-DAVA
alla forma EL della GSA-AM (Fig.2.20). Sono stati analizzati 250
punti corrispondenti ai valori delle assorbanze comprese tra 300 e
500 nm.
75
2.4 Conclusioni
La sintesi di D- ed L-DAVA e la caratterizzazione delle loro reazioni con
la GSA-AM hanno consentito di analizzare la stereospecificità dell’enzima e
le modalità attraverso le quali esso interagisce con i due gruppi amminici di
questo intermedio e catalizza le trasformazioni degli atomi di carbonio ad essi
direttamente legati.
L’analisi della reazione tra DAVA in forma racemica e SSA ha mostrato
che
l’enantiomero
L
viene
consumato
molto
più
velocemente
dell’enantiomero D. Inoltre, sebbene l’enzima sia in linea di principio in
grado di reagire con entrambi i gruppi aminici dell’ L-DAVA per dare GSA
ed ALA, solo la via che porta alla formazione dell’ALA viene seguita.
L’esperimento in cui il D-DAVA è stato utilizzato come substrato nella
transaminazione con SSA ha mostrato come questo enantiomero venga
invece convertito lentamente in D-GSA. Questi risultati suggeriscono che
l’enzima abbia una stereospecificità assoluta (nei limiti della sensibilità delle
analisi effettuate) nei confronti del C4 del DAVA e che possa reagire con
entrambi i gruppi amminici, sebbene trasformi molto più velocemente il C4.
Infatti, quando il C4 è nella configurazione accettata (quella dell’ L-DAVA)
l’enzima catalizza esclusivamente (o quasi) la trasformazione di questo
carbonio, reagendo con il gruppo aminico a questo legato e producendo solo
ALA (intermedi da IVa a Ia in Fig. 2.25). Quando il C4 ha la configurazione
opposta, l’enzima può invece trasformare solo il C5, convertendo lentamente
il D-DAVA in GSA (intermedi da IV a I in Fig. 4.1).
76
Fig. 2.25 Meccanismo di reazione catalizzato dalla GSA aminomutasi.
I complessi I e Ia sono complessi di Michaelis-Menten dell’enzima
nella forma EM con la GSA o con l’ALA. Il complesso II
rappresenta l’enzima nella forma di aldimina tra la PMP e la GSA; il
complesso IIa ,invece, è la chetimina tra la PMP e l’ALA.
Queste forme presentano una assorbanza massima a ~340 nm. I
complessi III e IIIa sono rispettivamente aldimine tra il PLP e il 5- e
4- aminogruppo del DAVA. I complessi IV e IVa
sono complessi di Michaelis-Menten formati da EL con il DAVA. I
complessi III, IIIa, IV e IVa hanno una assorbanza massima a
~420 nm.
L’analisi della cinetica rapida delle reazioni tra GSA-AM e gli enantiomeri
del DAVA ha fornito indicazioni riguardo i meccanismi attraverso i quali l’ LDAVA si trasfo rma in ALA e il D-DAVA in GSA.
La reazione con L-DAVA è irreversibile, in quanto tutto l’enzima nella
forma EL viene convertito nella forma EM, producendo, come si evince dagli
esperimenti precedenti, una quantità equimolare di ALA. La fase rapida della
77
reazione, che segue la formazione di un complesso non covalente tra enzima
e substrato (primo passaggio dello schema 3, sezione dei risultati) in cui
l’assorbanza a 418 nm diminuisce e quella a 340 aumenta, probabilmente
corrisponde alla formazione dell’aldimina esterna con l’ L-DAVA (intermedio
IIIa in fig. 4.1). Questa aldimina esterna potrebbe infatti avere un coefficiente
di estinzione molare minore a 418nm e maggiore a 340 nm rispetto alla
forma EL. Secondo questa interpretazione, la fase lenta che segue
corrisponderebbe alla tautomerizzazione tra intermedio IIIa e IIa e il rilascio
rapido dell’ALA. Alternativamente, la fase veloce potrebbe corrispondere
alla formazione degli intermedi IIIa e IIa (quest’ultimo costituito dall’imina
del cofattore con l’ALA, che assorbe a 340 nm) in equilibrio rapido tra loro e
la fase successiva alla lenta dissociazione dell’ALA prodotto (Ia).
Nella reazione con il D-DAVA, una delle maggiori particolarità osservate ha
riguardato l’esistenza di un cromoforo avente una banda di assorbimento con
massimo a 385 nm, che si forma nella fase veloce della reazione. E’ inusuale,
infatti, trovare un intermedio coinvolto nelle reazioni catalizzate da enzimi
PLP-dipendenti che abbia un tale spettro di assorbimento. Sono stati
individuati cromofori con un massimo di assorbimento compreso tra i 380 nm
e 400 nm solo in altri due casi. Il primo riguarda la reazione di
decarbossilazione
della
diossifenilalanina
(DOPA),
precursore
della
dopamina, catalizzata dall’enzima DOPA decarbossilasi (Minelli et al., 1979;
Hayashi et al., 1993; Hayashi et al., 1999); il secondo caso riguarda invece il
mutante Y225F dell’aspartato aminotransferasi, privo di ligandi in condizioni
alcaline. In quest’ultimo esempio, sono state apportate valide prove in favore
dell’ipotesi che il cromoforo con e?max=386nm corrisponda all’aldimina
interna non protonata che si forma tra il PLP e la lisina dell’enzima ( Lys258) (Goldberg et al., 1991). Diversamente, il cromoforo che assorbe a 380
78
nm nella reazione catalizzata dalla DOPA decarbossilasi è stata attribuito
all’aldimina esterna della DOPA (Minelli et al., 1979). Nel nostro caso,
l’ipotesi più probabile è che l’intermedio che assorbe a 385 nm (rivelato dalla
deconvoluzione dello spettro registrato 0,6 s dopo il mescolame nto tra DDAVA ed enzima), sia costituito dall’aldimina esterna formata con il gruppo
aminico del DAVA legato al carbonio C5. Normalmente, la forma aldiminica
del cofattore presenta una banda di assorbimento con un massimo a 420 o a
360 nm, a seconda se si trova in forma protonata o meno. Probabilmente, lo
spostamento del massimo di assorbimento osservato nel nostro ed in altri casi
è dovuto ad una distorsione del piano del PLP rispetto al legame aldiminico.
La fase lenta della reazione con D-DAVA è, analogamente a quanto osservato
con l’altro enantiomero, dovuta alla conversione dell’enzima nella forma EM
e alla concomitante formazione di D-GSA.
In base alle considerazioni fatte, possiamo giustificare l’osservata capacità
di entrambe le forme enantiomeriche del DAVA di accelerare la velocità
della conversione di GSA in ALA. Tale capacità non deve infatti essere
attribuita alla mancanza di stereospecificità dell’enzima, ma alla capacità di
entrambi gli enantiomeri del DAVA di convertire la forma EL dell’enzima in
forma EM e quindi ridurre la concentrazione dell’enzima libero che si forma
dalla dissociazione del DAVA. Il D-DAVA è però meno efficiente nel
catalizzare tale conversione ed inoltre si converte in D-GSA e non in ALA.
79
3. L-TREONINA ALDOLASI, SERINA
IDROSSIMETILTRASFERASI E ALANINA RACEMASI
FUNGINA: UN SOTTOGRUPPO DI ENZIMI
STRETTAMENTE CORRELATI SPECIALIZZATI PER
REAZIONI DIFFERENTI
3.1 Introduzione
Negli ultimi anni sono stati compiuti notevoli progressi nella
comprensione dei rapporti evolutivi all’interno della famiglia degli enzimi
dipendenti dal PLP grazie alla disponibilità di un numero sempre più elevato
di sequenze e di strutture tridimensionali.
Sebbene ci siano cinque classi evolutivamente distinte di enzimi dipendenti
dal PLP, ciascuna caratterizzata da un proprio ripiegamento proteico, è
possibile riscontrare l’intera gamma di specificità di reazione di questi enzimi
nella classe di tipo I ( vedi cap. “Introduzione generale”). Questa classe
rappresenta quindi un buon modello per la comprensione di come proprietà
catalitiche distinte siano potute evolvere a partire da una proteina ancestrale
comune.
L’enzima serina idrossimetiltrasferasi (SHMT) appartiene alla classe
di tipo I. Il suo ruolo fisiologico è di catalizzare il trasferimento del Cß d? ella
serina al tetraidrofolato per formare glicina e 5,10- metilene tetraidrofolato.
In vitro in assenza di tetraidrofolato, l’enzima catalizza reazioni di
decarbossilazione, transaminazione, taglio retroaldolico e racemizzazione.
L’attività di treonina aldolasi riscontrata in tessuti di vari organismi è stata
attribuita per molto tempo all’SHMT (Schirch & Gross, 1968) ma
recentemente, in diversi microrganismi (sia batteri che lieviti), si è avuta la
conferma che essa è dovuta ad un enzima distinto (Ogawa et al., 2000), la
treonina aldolasi (TA). La TA catalizza la scissione aldolica della treonina in
80
glicina e acetaldeide utilizzando il PLP come cofattore. Si ritiene che i
mammiferi siano privi di TA, anche se è stato individuato nel genoma umano
un gene codificante una proteina simile, con delezioni nella catena
polipeptidica, che potrebbe avere una funzione enzimatica differente o
rappresentare uno pseudogene (Kielkopf & Burley, 2002).
Le TA possono essere divise in due classi, L- e D-TA, a seconda della
stereospecificità per il substrato. Le L- TA sono in grado di scindere sia la Ltreonina che la L-allo-treonina (“low-specificity” L-treonina aldolasi; L-TA )
o solo la L-allo-treonina (L-allo-TA ). Le L-TA appartengono alla classe di
ripiegamento di tipo I, mentre le D-TA appartengono probabilmente alla
classe di ripiegamento di tipo III (Paiardini et al., 2002). La L-TA è stata
purificata per la prima volta da Candida humicola (Yamada et al., 1970;
Kumagai et al., 1972) e successivamente da E. coli (Liu et al., 1998) e da
Pseudomonas (Liu et al., 1998 ). Il gene gly1 codificante la L-TA di
S.cerevisiae è stato clonato ed espresso in E. coli (Liu et al., 1997).
Studi comparativi tra SHMT, L-TA ed alanina racemasi fungina
La L-TA e l’SHMT di E. coli( eL-TA e eSHMT)
manifestano
proprietà spettrofotometriche e catalitiche assai simili (Contestabile et al.,
2001), entrambe sono infatti in grado di catalizzare reazioni di
transaminazione e racemizzazione dell’alanina, lo scambio di ioni H+ della
glicina con il solvente, oltre alla scissione aldolica di alcuni 3idrossiaminoacidi (tabella 3.1).
81
eSHMT
Reazione
kcat
-1
KM
eTA
kcat/KM
(min )
(mM)
- H4 PteGlu
NDa
0.8b
+ H4 PteGlu
b
(mM
-1
kcat
–1
-1
min ) (min )
KM
kcat/KM
(mM)
(mM -1 min –1 )
Scissione serina
b*
ND
1.9
16
0.11
640
0.3
2130
-
-
-
4.3
43
0.1
62
10
6.2
Scissione L-treonina
b
30
1.5
20
376
0.19
1980
167
19
8.8
278
0.38
732
0.9c
6.7c
0.13
1.82
20
0.11
1020c
2.1c*
486
-
-
-
0.038c
30c
0.0013
0.109
77
0.0014
0.014c
28c
0.0005
0.114
225
0.0005
0.36d
30d
0.012
0.27
77
0.0035
0.24d
28d
0.0086
0.36
225
0.0016
Scissione
b
L-allo-treonina
DL-treo-fenilserina
Scambio [2-3 H] glicina
- H4 PteGlu
+ H4 PteGlu
Transaminazione
D-alanina
Transaminazione
L-alanina
Racemizzazione
alanina (D ? L)
Racemizzazione
alanina (L ? D)
I dati riportati sono la media di tre esperimenti.
a
ND, non determinata
b
(Schirch et al., 1985)
c
(Contestabile et al., 2000)
d
(Shostak & Schirch, 1988)
*
Km apparente a [H4 PteGlu] saturante
Tabella 3.1 Parametri cinetici dell’eSHMT e dell’eL-TA a confronto.
82
Il meccanismo di reazione proposto per il taglio retroaldolico (schema 3.1)
Schema 3.1. Meccanismo proposto per la reazione di scissione aldolica dei
ß-idrossiaminoacidi. Nello schema sono indicate le lunghezze d’onda (λ) alle
quali corrispondono i massimi di assorbimento del cofattore nell’ SHMT.
R1 = H; R2 = H nel caso della serina; R2 = CH3 .
prevede la deprotonazione del gruppo -OH del 3- idrossiaminoacido ad opera
di una base catalitica, seguita dall’attacco nucleofilo dell’O? al C? ,? con il
conseguente rilascio di un’aldeide (HCOR) e di un intermedio chinonoide
che viene riprotonato sullo stesso lato dalla base al sito attivo.
Nell’SHMT, la reazione fisiologica avviene con un meccanismo
analogo, con la differenza che non si forma acetaldeide ma formaldeide, che
va a condensarsi con il H4 PteGlu legato al sito attivo (schema 3.2).
83
Schema 3.2 Addizione al H4 PteGlu della formaldeide prodotta dalla
scissione aldolica della serina catalizzata dall’SHMT.
Negli ultimi anni, sono stati individuati due geni codificanti l’alanina
racemasi PLP-dipendente in organismi fungini (AlaRac), da Tolypocladium
niveum (Hoffmann et al., 1994) e da Cochliobulus carbonum (Cheng &
Walton, 2000). Questi enzimi, la cui attività è indispensabile per la sintesi
delle tossine attraverso le quali i due organismi manifestano la loro
patogenicità, mostrano un’elevata identità di sequenza con le TA note. Solo
l’AlaRac da T. niveum è stata purificata e caratterizzata (Hoffmann et al.,
1994). L’AlaRac di C. carbonum non è stata purificata, ma la sua funzione è
stata dimostrata attraverso esperimenti di complementazione tra il gene che la
codifica, toxG, ed un ceppo mutante di E. coli deficiente per l’alanina
racemasi endogena (Cheng & Walton, 2000).
84
Tali AlaRac non mostrano alcuna correlazione, a livello della struttura
primaria, con le alanine racemasi batteriche che appartengono ad una
famiglia evolutiva distinta, la classe di ripiegamento di tipo III.
Confronto strutturale ed analisi evolutiva
Lo studio comparativo tra eSHMT, eL-TA, AlaRac e gli altri membri
della classe di ripiegamento di tipo I, in assenza delle strutture
cristallografiche di eL-TA e AlaRac, si è basato sul confronto delle sequenze
aminoacidiche (Contestabile et al., 2001). Sono state allineate le sequenze di
16 L-TA e 2 AlaRac. E’ stato inoltre prodotto un allineamento multiplo di 10
strutture tridimensionali di enzimi procariotici per individuare le regioni
strutturalmente conservate (SCR), molte delle quali corrispondono a elementi
di struttura secondaria. La previsione della struttura secondaria basata
sull’allineamento delle L- TA e delle AlaRac ha mostrato una forte
corrispondenza con gli elementi di strut tura secondaria degli enzimi di
ripiegamento di tipo I. Segmenti di sequenza dell’eL-TA e dell’AlaRac di C.
carbonum sono stati poi confrontati con le SCR degli enzimi della classe di
ripiegamento di tipo I, mostrando una grande somiglianza nelle regioni del
dominio maggiore. Sulla base di questa corrispondenza è stato costruito un
albero filogenetico (fig. 3.1), da cui si ricava che l’enzima più simile all’LTA e all’AlaRac è l’SHMT.
85
0.7
0.9
0.7
0.12
1.58
1.16
0.05
0.86
0.42
0.82
0.3
0.1
0.04
0.82
1.21
0.54
0.22
0.3
1.21
1.86
2.08
2.4
AR
TA
29.1
100
16.8
13.8
13.5
12.6
}
}
}
Reazioni
di
α-replacement
α-sostituzione
reactions
Reazioni
di
ω
-aminotransferase
? - aminotrasferasi
reactions
11.1
12.6
10.8
11.1
12.3
7.2
}
Reazioni di
β
-replacement and
β-sostituzione
e
β-elimination
β-eliminazione
reactions
Reazioni
di
α-aminotransferase
α-aminotrasferasi
reactions
Fig. 3.1 Albero filogenetico rappresentante il raggruppamento fenetico
degli enzimi di ripiegamento di tipo I esaminati. Le lunghezze dei rami tra
i nodi sono espresse in termini di numeri di sostituzioni aminoacidiche attese
per sito. La percentuale di identità di sequenza tra eL-TA e gli altri enzimi è
indicata accanto le abbreviazioni. Accanto all’albero filogenetico è indicata
una possibile correlazione tra le relazioni evolutive e la specificità di reazione
degli enzimi. Le abbreviazioni non citate in precedenza sono: AR, AlaRac;
AONS, 8-amino-7-oxononanoato sintasi di E. coli; GSAM, glutammato-1semialdeide aminomutasi di Synechococcus; DGD, dialchilglicina
decarbossilasi di Pseudomonas cepacia; DAPAS, acido diaminopelargonico
sintasi di E. coli; TPL, tirosina- fenol liasi di Citrobacter freundii; AHBS,
acido 3-amino-5-idrossibenzoico sintasi di Amycolatopsis mediterranei;
CBL, cistationina ß- liasi di E. coli ; PAT, fosfoserina aminotrasferasi di E.
coli .
L’ipotesi che SHMT, L-TA e AlaRac appartengano ad un sottogruppo di
enzimi strettamente correlati, suggerita da evidenze sperimentali, è stata
quindi confermata e rafforzata da queste considerazioni. E’ interessante
notare come le due sequenze di AlaRac note siano solo leggermente più
simili fra loro (41,6% di identità) piuttosto che alle L-TA esaminate (36,9% è
86
la percentuale più alta di identità, tra l’AlaRac di T. niveum e l’L-TA di C.
albicans). Inoltre, tutti i residui conservati della L-TA, tranne la Lys 222,
sono presenti anche nell’AlaRac (Contestabile et al., 2001). Non è quindi
possibile distinguere l’alanina racemasi fungina dalla L-TA soltanto in base
alla sequenza aminoacidica.L’apparente mancanza di specificità dell’eSHMT
e dell’ eL-TA e le loro proprietà catalitiche simili probabilmente derivano dal
particolare apparato catalitico del progenitore comune di queste proteine, poi
evolutosi in due enzimi distinti, che catalizzano reazioni differenti ma
strettamente correlate. Le caratteristiche di base di questo apparato sono
probabilmente ancora presenti negli enzimi odierni e sono responsabili delle
loro proprietà catalitiche simili. Un’aldolasi accelera la scissione del legame
Ca -Cß
dei
3-idrossiaminoacidi,
molto
probabilmente
attraverso
un
meccanismo di scissione retroaldolica (schema 3.3), generando un intermedio
chinonoide (IIa) che, nell’eSHMT, viene poi protonato (reazione 2a),
mantenendo la configurazione del Ca (Akhtar et al., 1975; Fitzpatrick et al.,
1998).
87
SCISSIONE ALDOLICA
H
H
B:
H O
R2C
COO -
(I a)
(III a)
O
1a
(IV b)
R
Lys
R2
+
BH
(II a)
+
H 3N
2b
: NH 2
(II b) COO -
COO -
3b
R = H o CH3
CH3
CH3
Lys
H
: NH 2
(I b)
Lys
B:
1b
B:
Piruvato
Protonazione
al C4’
R
C
Lys
: NH 2
COO-
4b
Gly
R2
O
R1
B:
COO -
2a
C
R1
:NH2
H
B:
CH3
Lys
Lys
: NH 2
L-Ser
TRANSAMINAZIONE
COO -
D-Ala
RACEMIZZAZIONE
H
Lys
: NH 2
B:
(III b) COO -
L-Ala
Schema 3.3 Meccanismo proposto per le reazioni di scissione aldolica,
transaminazione e racemizzazione catalizzate dall’eSHMT e dall’eL-TA.
Lo schema, ispirato a quello precedentemente proposto da Shostak & Schirch
(1998) per la racemizzazione dell’alanina catalizzata dall’eSHMT, spiega
come la presenza di due residui basici ( -B: e Lys-H2 N:) al sito attivo di una
generica 3- idrossiaminoacido-aldolasi dipendente dal PLP possa essere
responsabile per la catalisi delle reazioni di racemizzazione e di
transaminazione. Gli intermedi di reazione sono visualizzati lungo il legame
Ca-N del complesso aminoacido-PLP. L’anello del PLP, perpendicolare al
piano della pagina, è rappresentato in giallo. In blu è rappresentata la
reazione di scissione aldolica, in verde la transaminazione e in nero la
racemizzazione.
La base catalitica responsabile della deprotonazione del gruppo OH dei
substrati (-B: nello schema) e della protonazione dell’intermedio chinonoide
88
deve essere rivolta verso la faccia re del cofattore. La lisina al sito attivo che
lega il PLP (Lys-H2 N: nello schema) è invece localizzata dal lato opposto del
cofattore (faccia si). Dovrebbero esserci quindi due basi rivolte verso le due
facce del PLP: la lisina che lega il cofattore e la base catalitica. La presenza
di
due
distinte
basi
catalitiche
nell’SHMT
è
stata
dimostrata
sperimentalmente (Shostak & Schirch, 1988) e spiega come mai l’enzima è in
grado di catalizzare reazioni di racemizzazione e di transaminazione con
entrambi gli enantiomeri dell’alanina. E’ quindi possibile che l’eSHMT, la
eL-TA e l’AlaRac fungina siano in grado di racemizzare l’alanina attraverso
un meccanismo comune di racemizzazione a due basi. L’eSHMT e la eL-TA
si sono poi evo lute in modo tale da limitare, per quanto possibile, la
racemizzazione e la transaminazione dei substrati. Analogamente, piccoli
cambiamenti nell’evoluzione del sito attivo della AlaRac fungina possono
avere, al contrario, favorito la reazione di racemizzazione.
Le strutture cristallografiche dell’eSHMT (Scarsdale et al., 2000) dell’8amino-7-oxononanoato sintasi di E. coli (Alexeev et al., 1998) e della
tirosina- fenol liasi di Citrobacter freundii (Antson et al., 1993) sono state
scelte come stampi strutturali per la costruzione dei modelli di struttura
tridimensionale dell’eTA e dell’AlaRac di C. carbonum (Contestabile et al.,
2001). La sovrapposizione dei modelli tridimensionali e della struttura
cristallografica dell’eSHMT ha evidenziato una chiara somiglianza strutturale
nella porzione del sito attivo che interagisce con il cofattore (fig. 3.2).
89
Fig.3.2 Sovrapposizione dei siti attivi dell’eSHMT (in rosso) e
dell’eL-TA (in verde).
Il complesso PLP -glicina è rappresen-tato in giallo, con gli atomi di ossigeno
in rosso, gli atomi di azoto in blu e il fosforo in viola.
I residui sono numerati a seconda della posizione nella rispettiva sequenza
aminoacidica. La lettera B indica residui provenienti dall’altra subunità.
Per chiarezza, sono mostrati soltanto i residui, coinvolti nel legame con il PLP,
che hanno la stessa identità.
La eL- TA e l’eSHMT differiscono invece notevolmente nella regione
delle anse che, nell’eSHMT, sono coinvolte nel legame con il H4 PteGlu (fig.
3.3). La dimensione differente delle anse è dovuta probabilmente ad
inserzioni aminoacidiche nell’eSHMT.
90
Fig.3.3 Sovrapposizione dell’entrata del sito attivo dell’eSHMT e dell’eL-TA.
Gli scheletri carboniosi dell’eSHMT e dell’eL-TA sono raffigurati rispettivamente in
blu e in arancione. L’H4 PteGlu è mostrato in verde. I residui dell’eSHMT presenti
sulle anse che interagiscono con l’ H4 PteGlu sono mostrati in viola e sono numerati.
I legami idrogeno sono rappresentati da linee tratteggiate.E’ evidente dalla figura
come l’andamento delle catene polipeptidiche, altrimenti molto simile, cambi drasticamente nella regione delle anse, che nell’eSHMT sono coin-volte nel legame con
l’H4 PteGlu.
Nei modelli tridimensionali dell’eL-TA e dell’ AlaRac sono inoltre
numerose le somiglianze che riguardano i residui coinvolti nel legame con il
substrato e nella catalisi. Nel modello dell’ eL-TA, un residuo di lisina
(Lys222), presente invariabilmente in questa posizione nelle 16 L-TA
esaminate in banca dati, è localizzato approssimativamente nella stessa
posizione occupata dal Glu57 che, nell’eSHMT, è posto dal lato della faccia
re del PLP ed è probabilmente responsabile dell’interazione con il gruppo
OH dei ß- idrossiaminoacidi (fig. 3.4). Data la sua posizione favorevole, tale
91
residuo Lys222 potrebbe svolgere un ruolo importante nella reazione di
scissione aldolica come base catalitica.
Fig. 3.4 Struttura del sito attivo del modello dell’eL-TA. La figura mostra
il modello dell’aldimina esterna per il complesso L-allo-treonina-PLP. I
residui sono numerati a seconda della posizione nella sequenza aminoacidica.
La lettera B indica residui provenienti dall’altra subunità.
La recente risoluzione della struttura cristallografica dell’ L-TA di
T.
marittima (Kielkopf and Burley, 2002)(fig. 3.5) ha permesso di individuare
due ulteriori residui candidati al ruolo di base catalitica (His83 e His126 in
eL-TA) ed ha inoltre consentito di verificare la validità del modello
tridimensionale.
92
Fig. 3.5 Rappresentazione a nastro dell’enzima tetramerico L-TA di T.
maritima. I monomeri A e B sono in verde, i monomeri C e D in viola. Il
cofattore è mostrato con gli atomi C, N e O rispettivamente in giallo, blu e
rosso. In rosa e in verde sono rappresentati rispettivamente gli ioni Ca2+ e Cl .
Gli autori della struttura cristallografica hanno proposto ruoli distinti
per due residui di istidina nella scissione aldolica di L-treonina ed L-allotreonina (fig. 3.6).
93
Fig. 3.6 Visione stereo del sito attivo della L-TA di T. maritima. La figura
mostra la struttura cristallografica dell’aldimina esterna per il complesso Lallo-treonina-PLP.
Secondo questa ipotesi, l’His83, che nella struttura del complesso
enzima-L-allo-treonina- forma un legame idrogeno con il gruppo ossidrile
del substrato, agirebbe da base catalitica quando l’enzima lega la L-allotreonina;
l’His83 è inoltre coinvolta nel legame del cofattore attraverso un’interazione
tramite forze di dispersione dovute all’impilamento dell’anello del PLP e
dell’anello imidazolico del residuo di istidina. Nell’SHMT di E. coli il
corrispondente residuo di istidina è stato sottoposto a mutagenesi (Jagath et
al. 1997). L’interpretazione dei risultati ottenuti si è però rivelata molto
94
complessa, in quanto l’enzima mutante non è più in grado di legare il PLP.
l’His125, che corrispondente all’His126 nell’eL-TA, funzionerebbe invece da
base catalitica quando l’enzima agisce sulla L-treonina. Negli enzimi PLPdipendenti appartenenti al raggruppamento di classe I, l’unità funzionale,
ovvero l’unità cataliticamente attiva, è rappresentata dalla struttura dimerica.
E’ interessante notare che il residuo di His125 nel sito attivo della L-TA
tetramerica di T. marittima, è fornito dall’altro dimero e rappresenta perciò
un’interessante eccezione.
Scopo della ricerca
Il lavoro sperimentale si colloca nell’ambito del progetto di studio
comparativo degli enzimi SHMT, L-TA e AlaRac, che ha l’obiettivo di
comprendere come l’evoluzione abbia creato un sito di legame per i folati e
quali siano le basi molecolari che portano all’attivazione o alla repressione
delle attività catalitiche di ogni enzima e quindi conferiscono la specificità di
reazione.
Sono stati espressi, quindi, i due geni codificanti l’alanina racemasi
fungina al fine di purificare la proteina di interesse in quantità tali da poter
intraprendere una caratterizzazione enzimatica.
E’ stato intrapreso inoltre lo studio del meccanismo d’azione della L- TA
di E. coli tramite esperimenti di mutagenesi sito specifica, volti ad
identificare i residui cruciali per l’attività catalitica. Grazie alla disponibilità
del modello tridimensionale dell’eL-TA e, in seguito, della struttura
cristallografica della L-TA di T. maritima sono stati identificati tre residui
candidati per il ruolo di base catalitica: la Lys222, l’His126 e l’His83. Il
ruolo dei tre residui è stato studiato sostituendoli, tramite mutagenesi sito-
95
specifica, rispettivamente con residui di alanina (Lys? Ala) e asparagina
(His? Asn). Le proprietà catalitiche delle forme mutanti sono state
caratterizzate e confrontate con quelle dell’ L-TA selvatica di E. coli.
96
3.2 Materiali e metodi
Ceppi batterici di Escherichia coli:
DH5a
Genotipo: sup E44, ? lac (φ?80 lac Z ? M15), hsd R17, rec A1, endA1, gyr
A96thi-rel A1.
Il ceppo DH5a è difettivo nella ricombinazione e viene usato per
l’amplificazione dei plasmidi. Permette di effettuare uno screening per ?
complementazione e presenta la resistenza all’acido nalidixico.
HMS174 (DE3)
Genotipo: F’, recA, hsdR (rk12 , mk12 +), Rif R (DE3)
Ceppo K12 di E. coli lisogenico per ?DE3. Contiene una copia
cromosomale del gene per la T7 RNA polimerasi, posto sotto il controllo del
promotore lacUV5 inducibile mediante l’isopropil-ß-D-tiogalattoside (IPTG).
Aggiungendo IPTG al mezzo di coltura si ha l’espressione della T7 RNA
polimerasi che permette la trascrizione del DNA bersaglio presente nel
plasmide. Viene utilizzato per l’espressione di sistemi di espressione basati
su plasmidi pET e presenta la resistenza alla rifampicina.
97
Vettore plasmidico pET22b(+)
Il vettore pET22 (fig. 3.7) è un derivato di pBR322 e viene spesso utilizzato
come vettore di espressione per proteine ricombinanti. L’espressione dei geni
clonati in questo vettore è posta sotto il controllo di un promotore
trascrizionale forte (promotore T7) e un terminatore (T7) posizionati,
rispettivamente, all’inizio e alla fine della regione in cui è stato clonato il
gene di interesse. A monte del sito di policlonaggio sono localizzati i segnali
canonici necessari per l’espressione del trascritto. I ceppi batterici utilizzati
per l’espressione contengono una copia cromosomale del gene della T7 RNA
polimerasi posto sotto il controllo del promotore lacUV5. L’espressione del
gene bersaglio, posto sotto il controllo del promotore T7, viene indotta
mediante somministrazione di isopropil-ß-D-tiogalattoside (IPTG), che
agisce sul repressore lac dereprimendo la trascrizione del gene della T7 RNA
polimerasi. In questo vettore di espressione, il promotore della T7 RNA
polimerasi, a monte del gene bersaglio, è infatti seguito dall’operatore lac e in
questo modo, in assenza di IPTG, il repressore lac agisce tanto sul promotore
lacUV5 della T7 RNA polimerasi quanto sul promotore T7 del gene di
interesse. E’ presente ino ltre il gene costitutivo lacI, che assicura la presenza
di una quantità sufficiente di repressore lac. Il plasmide pET22 come
marcatore di selezione presenta i geni per la resistenza all’ampicillina.
98
Fig.3.7 Vettore di espressione pET22b(+)
Il gene codificante la treonina aldolasi di E.coli è stato amplificato dal DNA
genomico di E.coli e clonato in questo plasmide di espressione utilizzando i
siti di restrizione NdeI ed EcoRI (Contestabile et al., 2001).
Clonaggio dei geni toxG e cssB codificanti l’alanina racemasi
rispettivamente da C. carbonum e T . niveum nel plasmide pET22b(+)
I cDNA dei geni codificanti l’alanina racemasi in C. carbonum (toxG) e T.
niveum (cssB) sono stati gentilmente forniti rispettivamente dal Dott.
99
Jonathan Walton (Michigan State University, Michigan, USA) e dal Dott.
Kurt Schoergendorfer (Biochemie GMBH-Novartis, Austria).
Le regioni codificanti sono state amplificate mediante PCR preparativa
utilizzando degli oligonucleotidi come inneschi recanti siti di riconoscimento
per gli enzimi di restrizione NdeI e BamHI per l’inserimento degli amplificati
nel vettore di espressione pET22b(+) (fig. 3.8). Il plasmide e gli amplificati
dopo digestione sono stati ligati attraverso una reazione che sfrutta un
sistema rapido commercializzato dalla Amersham (DNA ligase System) che
utilizza l’enzima T4 DNA ligasi. I costrutti ottenuti sono stati usati per
trasformare il ceppo DH5a di E. coli (la preparazione delle cellule competenti
e l’esecuzione della trasformazione sono descritte nel cap.2, sezione
“Materiali e metodi”).
Il passaggio successivo consiste nell’estrazione del DNA plasmidico da una
singola colonia trasformante e nel controllo della sequenza del gene clonato
Fig. 3.8 Strategia di clonaggio dei geni toxG e cssB nel vettore
pET22b(+). a) Amplificazione per PCR dei geni di interesse e digestione
degli amplificati. b) ligazione inserto-vettore
100
per accertarsi che non siano state introdotte mutazioni. Il sequenziamento è
stato effettuato dalla ditta MWG-Biotech (Ebersberg, Germania).
Una preparazione plasmidica del costrutto corretto è stata utilizzata per
trasformare il ceppo di espressione HMS174 (DE3) di E. coli.
Di seguito vengono riportate le condizioni utilizzate nella PCR preparativa.
Miscela di reazione:
buffer di reazione (5X)
5 µl
DNA stampo (25 ng)
2 µl
Oligo For
(10 µM)
2,5 µl
Oligo Rev
(10µM)
2,5 µl
dNTP (10 µM)
1 µl
Vent polimerasi (NEB)
2U
H2 O
q.b. a 50 ?µl
Condizioni di PCR :
- 1 ciclo:
• 95°C per 5 minuti (“hot start”)
• 80°C per 1 minuto (aggiunta della Vent polimerasi)
- 30 cicli:
• 95°C per 1 minuto (denaturazione del DNA stampo)
• 60°C per 1 minuto (appaiamento degli oligonucleotidi)
•72°C per 1 minuto e 30 secondi (estensione della polimerasi)
-1 ciclo
• 72°C per 10 minuti (estensione finale)
• 4°C
101
Mutagenesi sito specifica per la sostituzione di singoli residui
aminoacidici
La mutagenesi sito specifica è un insieme di metodi utilizzati per la
produzione di mutazioni tramite delezione, inserzione o sostituzioni di basi
nucleotidiche.
La tecnica di mutagenesi da noi impiegata utilizza un vettore plasmidico in
cui è inserita la sequenza di DNA di interesse e due oligonucleotidi che
agiscono
da
innesco,
ognuno
recante
la
mutazione
desiderata
e
complementari fra loro. Questi oligonucleotidi vengono estesi durante cicli a
diverse temperature da una DNA polimerasi, la Pfu Turbo, generando un
plasmide recante la mutazione. Per eliminare i filamenti parentali di partenza
viene aggiunto al prodotto di reazione la endonucleasi DpnI che è in grado di
riconoscere e degradare solo i filament i di DNA parentale in base al loro stato
di metilazione o di emimetilazione. In questo modo il prodotto della reazione
mutagenica sarà un DNA superavvolto contenente una sequenza mutata
utilizzabile per una nuova trasformazione. In questo lavoro è stato ut ilizzato
il kit QuikChange™ Site-Directed Mutagenesis commercializzato dalla
Stratagene (USA).
Il protocollo della reazione è il seguente:
buffer di reazione (5X)
5 µl
DNA stampo (5 ng)
2 µl
Oligo mutagenico For
(10 µM)
2,5 µl
Oligo mutagenico Rev
(10 µM)
2,5 µl
dNTP (10µM)
H2 O
1 µl
q.b. a 50 ?µl
102
A questo campione viene aggiunto 1 µl di Pfu Turbo (2,5 U/µl) e si lascia
procedere la reazione nel seguente modo:
- 1 ciclo:
• 95°C per 30 secondi
- 18 cicli:
• 95°C per 30 secondi (denaturazione del DNA stampo)
• 55°C per 1 minuto (appaiamento degli inneschi)
• 68°C per 13 minuti (2 min / Kb del vettore; estensione
della polimerasi)
Alla fine di questo processo, al campione viene aggiunto 1 µl di DpnI (10
U/µl) e dopo circa due ore a 37°C si procede con la trasformazione.
Il passaggio successivo consiste nell’estrazione del DNA plasmidico da una
singola colonia trasformante e nel controllo dell’inserto mutato mediante
sequenziamento per accertarsi che non siano state introdotte altre mutazioni.
Il sequenziamento è stato effettuato dalla ditta MWG-Biotech (Ebersberg,
Germania).
Ceppo di Saccharomyces cerevisiae
E’ stato utilizzato il ceppo di Saccharomyces cerevisiae ? fet3 DEY 1397-6A
( Mat a, fet3:: HIS3, ade2, can1, his3, leu2, trp1, ura3) gentilmente messo a
disposizione dalla Dott.ssa M.C. Bonaccorsi dell’Università di Roma “La
Sapienza”. I lieviti sono cresciuti in incubatori dotati di agitatore, alla
temperatura di 30°C, in terreno minimo (0,67% Yeast Nitrogen Base senza
aminoacidi, con i necessari supplementi per le autotrofie) con il 2% di
glucosio (CMD) o il 2% di galattosio (CMgal).
103
Preparazione di cellule competenti di Saccharomyces cerevisiae
Una colonia singola di ?fet3 viene preinoculata da una piastra in 10 ml di
YPD (10 g/L di estratto di lievito, 20 g/L di peptone, 20 g/L di glucosio) e
lasciata ad agitare per una notte a 30°C. Questo preinoculo viene inoculato in
una beuta da 1 litro con 250 mL di YPD e lasciato agitare a 30°C fino ad
ottenere una OD600 =1,3-1,5 ( di solito viene inoculato 0,5-1 ml di preinoculo
e incubato a 30°C per 16-18 ore). Le cellule vengono quindi centrifugate a
1500 x g per 5 min e lavate con 250 mL di acqua sterile e raffreddate in
ghiaccio ( 2 volte). Dopo il lavaggio le cellule vengono nuovamente
centrifugate a 1500 x g per 5 min e risospese in 10 ml di sorbitolo 1M
raffreddato in ghiaccio. Dopo un’ulteriore centrifuga a 1500 x g per 5 min il
pellet viene risospeso in 0,5 ml di sorbitolo 1M preraffreddato contenente
glicerolo 15 %.
Trasformazione di Saccharomyces cerevisiae per elettroporazione
Una miscela composta da 40 µl di cellule competenti e circa 10-100 ng di
DNA viene trasferita in una cuvetta e posta in ghiaccio per 5 min. La miscela
viene pulsata con un elettroporatore Invitrogen a 1500 V, 100? e 25µF.
Vengono quindi aggiunti 0,5 ml di sorbitolo 1M alla cuvetta. Il contenuto
della cuvetta viene piastrato su terreno CMD e incubato a 30°C fino alla
comparsa delle colonie (2-4 giorni).
104
Vettore di espressione pYES -2
pYES-2 (fig. 3.9 ) è un vettore shuttle che presenta elementi regolativi
procariotici ed eucariotici e può pertanto essere utilizzato per trasformare
ceppi di E. coli e/o di S. cerevisiae.
Fig. 3.9 Vettore di espressione pYES-2
Gli elementi regolativi che lo caratterizzano sono un promotore inducibile da
galattosio (PGAL1), un polilinker a valle di PGAL1, un terminatore (CYC1)
a valle del polilinker per arrestare la trascrizione dell’ RNA neosintetizzato,
un’origine di replicazione procariotica (PMB1 ori), un’origine di replicazione
eucariotica (2µ ori), l’origine di replicazione f1 del fago filamentoso, per la
replicazione in presenza del fago helper e per la produzione di DNA a singolo
105
filamento, il gene per la resistenza all’ampicillina che permette la selezione in
presenza dell’antibiotico e il gene URA3 che complementa l’auxotrofia per
l’uracile.
Clonaggio del gene cssB codificante l’alanina racemasi da Tolipocladium
niveum nel vettore di espressione pYES-2
Il plasmide pET22b(+) contenente cssB è stato linearizzato utilizzando come
enzima di restrizione NdeI. Questa estremità è stata resa “piatta” utilizzando
la polimerasi di Klenow. L’enzima Klenow è il frammento grande della DNA
polimerasi I con attività polimerasica 5’- 3’ ed esonucleasica 3’- 5’, ma è
priva dell’attività esonucleasica 5’- 3’ propria dell’enzima nativo. L’enzima
catalizza l’aggiunta di mononucleotidi da deossinucleosidi 5’-trifosfati alle
estremità 3’-OH di DNA che funge contemporaneamente da stampo e da
innesco.
La reazione di polimerizzazione viene utilizzata per generare estremità piatte
in seguito a digestione con enzimi di restrizione. La reazione della Klenow
può essere condotta direttamente dopo la reazione di digestione, aggiungendo
al DNA da polimerizzare (0.1-4 µg) i seguenti ingredienti:
-
dNTP 0.5 mM ciascuno,
-
BSA
-
MgCl2 4mM (se non già presente nella miscela di digestione)
0.6 mg/ml
La miscela viene incubata a 30°C per 10 min, successivamente si aggiunge
Klenow (1-5 Unità) e la reazione viene condotta per 30 min a 30°C e quindi
interrotta inattivando l’enzima a 75°C per 15 min.
Il vettore ,dopo trattamento con l’enzima di Klenow, è stato digerito con un
secondo enzima di restrizione, BamHI. La seconda digestione ha rilasciato un
frammento contenente solo la regione codificante del gene di interesse avente
106
un’estremità piatta ed un’altra coesiva. Il frammento purificato è stato clonato
nel plasmide pBS-KS precedentemente digerito con gli enzimi di restrizione
EcoRV, che lascia estremità piatte, e BamHI ( fig. 3.10).
Fig. 3.10 Strategia di clonaggio del gene cssB nel plasmide pBS-KS.
Il plasmide pBS-KS contenente cssB è stato digerito poi con gli enzimi di
restrizione HindIII e BamHI ed il frammento rilasciato corrispondente al
gene di interesse è stato clonato nel vettore pYES-2 digerito con i medesimi
enzimi di restrizione (fig. 3.11)
Il vettore pYES-2/cssB così ottenuto è stato utilizzato per trasformare un
ceppo di S. cerevisiae.
107
Fig. 3.11 Strategia di clonaggio del gene cssB nel vettore di espressione
pYES2
Protocollo di lisi di cellule di Saccharomyces cerevisiae
Una singola colonia di lievito viene inoculata in 10 mL di CMgal ed incubata
a 30°C. Dopo due giorni la coltura viene centrifugata a 3500 rpm per 5 min e
108
il pellet viene risospeso in acqua. Dopo una seconda centrifugata a 3500 rpm
per 5 min il pellet viene risospeso in un volume di tampone di lisi composto
da MOPS (pH 7,4) 25 mM, NaCl 150 mM, pepstatina 10 µM, CuSO4 50 µM,
PMSF 1 mM.
Alla sospensione viene aggiunto un volume di glass beads e si procede con la
lisi, che consiste nella ripetizione di 4 cicli di vorticate da 1 min alternati ad
incubazioni in ghiaccio di 2 min. La miscela viene centrifugata a 3500rpm
per 2 min; il supernatante viene raccolto e nuovamente centrifugato a 3500
rpm per 15 min. Pochi µl del supernatante possono essere a questo punto
caricati su un gel di elettroforesi SDS-PAGE (vedi cap.2 sez. “Materiali e
metodi”) per controllare l’ estratto proteico solubile.
Estrazione dell’ alanina racemasi dai corpi inclusi
Una singola colonia derivante dalla trasformazione del ceppo di E. coli
HMS174 (DE3) con il costrutto pET22b(+)/cssB (o pET22b(+)/toxG ) viene
utilizzata per inoculare 10 ml di terreno LB (Luria – Bertani) contenente
ampicillina (100 mg/l). I batteri vengono fatti crescere aerobicamente a 37°C
sotto agitazione per una notte. Un’aliquota di 500 µl di questa coltura viene
utilizzata per inoculare 100 ml di terreno LB contenente ampicillina (100
mg/l). I batteri vengono fatti crescere sotto agitazione a 37°C fino a quando la
densità ottica misurata a 600 nm raggiunge un valore di circa 0,3-0,4. A
questo punto viene indotta l’espressione dell’enzima con l’aggiunta di IPTG
(isopropil-tio-ß-D-galattoside) in concentrazione finale 0,05 mM. Dopo circa
4 ore la coltura viene centrifugata. I batteri così sedimentati vengono poi
risospesi in un tampone di lisi ( 3 ml per grammo di cellule) composto da
tris-HCl 10 mM pH 8.0, EDTA 1 mM e NaCl 1 mM e lisati per sonicazione.
109
Dopo sonicazione il campione viene centrifugato a 15000rpm per 20 minuti.
Dopo centrifugazione il supernatante contiene la frazione cellulare insolubile
mentre i corpi inclusi sedimentano. I corpi inclusi vengono risospesi in
tampone 50mM KPi , pH 7 contenente 100 mM NaCl, 1 mM DTT e 0,5%
TritonX-100 e centrifugati. La denaturazione completa del materiale
sedimentato dopo questa centrifugazione avviene attraverso la risospensione
degli stessi in tampone 100 mM KPi pH 7 contenente 6M guanidinio cloruro,
10 mM DTT e 1 mM EDTA. Il campione viene lasciato in agitazione per 2
ore a temperatura ambiente. Dopo aver diluito il campione sino ad ottenere
una concentrazione finale di guanidinio cloruro pari a 1,5 M , esso viene
lasciato in agitazione a temperatura ambiente in presenza di 1mM PLP.
Dopo 20 minuti il campione viene centrifugato a 15000rpm per 20 minuti. Il
supernatante viene dializzato cont ro due cambi da 500 mL del tampone 100
mM KPi pH 7 contenente 1mM DTT.
Espressione e purificazione delle forme mutanti della L-treonina aldolasi
I mutanti della L-TA sono stati purificati secondo il metodo di
Contestabile et al. (2001) per la purificazione della L-TA selvatica, con
qualche modifica. Lo stock in glicerolo del ceppo di E. coli HMS174 (DE3),
trasformato con il plasmide contenente il gene della L-TA mutato H126N,
K222A o H83N, viene utilizzato per inoculare 20 ml di terreno liquido LB
(Luria – Bertani) contenente ampicillina (100 mg/l). I batteri vengono fatti
crescere
aerobicamente
a
37°C
sotto
agitazione
per
una
notte.
Successivamente si trasferiscono 17.5 ml della coltura così ottenuta in 3.5 l di
LB distribuiti in 7 beute da 500 ml e contenenti ampicillina, (100mg/l), e
110
vitamina B6 (30 mg/l). I batteri vengono fatti crescere sotto agitazione a
37°C fino a quando la densità ottica misurata a 600 nm raggiunge un valore
di circa 0,3-0,4. A questo punto viene indotta l’espressione dell’enzima con
l’aggiunta di IPTG (isopropil- tio-ß-D-galattoside) in concentrazione finale
0,05 mM. La coltura viene fatta crescere per 20-24 ore. La coltura viene
allora centrifugata a 5000 rpm per 20 minuti a 4°C, per sedimentare le
cellule. I batteri vengono poi risospesi in un tampone di lisi ( 3 ml per
grammo di cellule) composto da tris-HCl 10 mM pH 8.0, EDTA 1 mM e
NaCl 1 mM. Vengono aggiunti 0.8 mg di lisozima per grammo di cellule e la
sospensione viene agitata a temperatura ambiente per 20 minuti. Vengo no
aggiunti 4 mg di acido deossicolico per grammo di cellule, dopo di che la
soluzione viene tenuta a -80°C per un’ora e poi scongelata per facilitare la
rottura delle membrane. Si aggiunge poi streptomicina solfato (10 g/l) per
precipitare il DNA e si centrifuga per 30 minuti a 15000 rpm. Al supernatante
viene aggiunto solfato di ammonio (AS) al 50% di saturazione (313 g/l). La
soluzione viene centrifugata a 15000 rpm per 20 minuti e viene scartato il
precipitato. Al supernatante viene poi aggiunto solfato di ammonio al 75% di
saturazione (176 g/l). A questa concentrazione la proteina di interesse
precipita. Dopo aver centrifugato a 15000 rpm per 20 minuti, il precipitato
(contenente la proteina) viene disciolto in tampone (A) 20mM KPi, pH 7.5 e
dializzato contro due cambi da 2 litri dello stesso tampone. Il campione
dializzato, centrifugato a 15000 rpm per 20 minuti per eliminare ulteriori
impurezze, viene poi caricato su una colonna DEAE-sefarosio (5 x 15 cm) a
scambio anionico precedentemente equilibrata con 2 l di tampone A . La
colonna viene lavata con 100 ml di tampone A e l’enzima viene eluito con un
litro di gradiente lineare da 0 a 0,4 M NaCl nello stesso tampone. Le frazioni
che presentano gli assorbimenti più elevati a 280 nm e 420 nm (picco di
111
assorbimento caratteristico dell’aldimina interna e dell’aldimina esterna,
fig.3.12) vengono riunite e precipitate al 75% di saturazione di solfato di
Assorbanza
ammonio (516 g/l).
Lunghezza d’onda (nm)
Fig. 3.12 L-TA 10 µM in tampone fosfato 20 mM Kpi, pH 7,0. Sono
visibili il picco di assorbimento a 280 nm (caratteristico di tutte le proteine
con residui aromatici) e a 420 nm (caratteristico dell’aldimina interna).
Come già detto, a questa concentrazione di AS la proteina precipita.
Dopo aver centrifugato la soluzione, il precipitato viene disciolto in un
tampone (B) 20 mM KPi, pH 7,1 e caricato su una colonna di fenil sefarosio
(4 x 15 cm), ad interazione idrofobica, equilibrata con 1 litro di tampone (A)
50 mM KPi, pH 7,1 contenente solfato di ammonio al 20% di saturazione
(114 g/l). La colonna viene lavata con 50 ml di tampone A. La proteina viene
eluita con un gradiente lineare formato da 350 ml di tampone A e 350 ml di
tampone B. Le frazioni contenenti L-TA, analizzate tramite elettroforesi su
112
gel di poliacrilammide in SDS (SDS PAGE), vengono riunite e precipitate al
75% di saturazione di solfato di ammonio. Dopo aver centrifugato, il
precipitato viene disciolto nel tampone B e dializzato in 2 litri dello stesso
tampone. La concentrazione del PLP legato all’enzima, e quindi dell’enzima
attivo, viene determinata spettrofotometricamente in NaOH 0,2 M usando il
coefficiente di estinzione molare e del cofattore a 390 nm : 6550 cm? ¹ M ? ¹.
Le varie fasi della purificazione possono essere seguite tramite SDS-PAGE
(fig.3.13).
113
1
2
3
4
5
Fig. 3.13 Purificazione della L-TA. SDS-PAGE e colorazione con Blu di
Coomassie dei campioni raccolti durante la purificazione delle forme mutanti
della L-TA: standard di pesi molecolari di proteine (linea 1 ), proteine totali
estratte da coltura batterica HMS174 contenente pET L-TA mutato (K222A,
H83N o H126N) indotta con IPTG (linea 2), L-TA dopo precip itazioni con
AS, (linea 3), L-TA dopo DEAE-sefarosio (linea 4), L-TA dopo fenil
sefarosio (linea 5).
114
Caratterizzazione biochimica degli enzimi mutanti
a) Saggi di attività enzimatica
Scissioni aldoliche
La scissione aldolica della L-treonina (di entrambi gli isomeri, eritro e
treo) in glicina e acetaldeide rappresenta la reazione fisiologica della L-TA.
La velocità del taglio della L-treonina, di ciascuna delle tre forme mutanti di
L-TA, è stata misurata accoppiando questa reazione alla riduzione, tramite il
sistema alcohol deidrogenasi/NADH, dell’acetaldeide prodotta in alcol etilico
(Schirch & Peterson, 1980). La velocità di reazione è stata calcolata in base
alla velocità di variazione dell’assorbimento a 340 nm (lunghezza d’onda di
assorbimento del NADH), utilizzando il coefficiente di estinzione molare ?
dell’NADH a 340 nm (pari a 6220 cm ? ¹? M ? ¹). La reazione di scissione
aldolica è stata condotta in un tampone 20 mM KPi, pH 7,1 a 30°C.
Transaminazioni
Le costanti di velocità della transaminazione della D- e dell’L-alanina
sono
state
determinate
misurando
la
diminuzione,
nel
tempo,
dell’assorbimento a 498 nm (? max dell’assorbimento dell’intermedio
chinonoide) o a 420 nm (picco di assorbimento dell’aldimina interna,
caratteristico degli enzimi dipendenti da PLP) che avviene durante la
conversione
del
piridossale-5’-fosfato
(PLP)
legato
all’enzima
in
piridossamina-5’-fosfato (PMP). Entrambe le reazioni sono state condotte in
un tampone 50 mM Sodio N,N-bis (2- idrossietil)-2-aminoetansulfonato
115
(NaBES), pH 7,65, a 37°C, contenente?l’enzima 1?8 ?µM) e l’alanina (D- o L210 mM) come substrato. Le Kd apparenti per entrambi gli enantiomeri sono
state determinate trattando l’enzima con concentrazioni crescenti di alanina e
determinando l’assorbimento massimo a 498 nm dovuto alla formazione
dell’intermedio chinonoide. La Kd reale, corrispondente alla Km?è stata
determinata dal miglior fitting dei valori di? A498 tramite l’equazione 3.
Racemizzazioni
Le reazioni di racemizzazione della D- e della L-alanina sono state
condotte in un tampone 50 mM NaBES, pH 7,65, a 37°C. La miscela di
reazione contiene l’enzima (L-TA K222A 88.6 µM; H126N 58.8 µM; 200
µM), la D- o L-alanina (210 mM) e PLP (1 mM) in un volume finale di 500
µl. A vari intervalli di tempo, sono state prelevate dalla reazione aliquote da
45 µl. La reazione è stata fermata con l’aggiunta di HClO 4 160 mM e la
soluzione è stata neutralizzata aggiungendo una concentrazione equivalente
di KOH. La soluzione è stata poi centrifugata per rimuovere l’enzima e il sale
KClO 4 precipitati. Il campione è stato saggiato per misurare la quantità di Do L-alanina prodotta. La miscela di reazione del saggio per la L-alanina
(D ? L) contiene NAD+ 10 mM, idrazina 0,2 M (per sottrarre il piruvato
prodotto), il campione e 10U/ml di L-alanina deidrogenasi (che ossida la
L-alanina a piruvato) in un tampone NaBorato 100 mM pH 9,5. L’aumento
dell’ assorbimento a 340 nm dovuto alla riduzione del NAD+ è stato
utilizzato per calcolare la concentrazione della L-alanina prodotta. Per la
reazio ne di racemizzazione della L-alanina in D-alanina sono stati usati,
come enzimi accoppiati, la D-aminoacido-ossidasi e la lattato deidrogenasi.
In questo saggio, al campione derivante dalla miscela di reazione sono stati
116
aggiunti NADH 0,2 mM e 10U/ml di lattato deidrogenasi in un tampone 20
mM NaBES, pH 7,0. In queste condizioni, il piruvato prodotto dalla
transaminazione dall’alanina catalizzata dalla eL-TA è stato convertito in
lattato. L’aggiunta della D-aminoacido ossidasi (3U/ml) ha infine convertito
la D-alanina, prodotta nella reazione di racemizzazione, in piruvato e
quest’ultimo è stato convertito in lattato con il consumo simultaneo di
NADH. La concentrazione della D-alanina presente nel campione è stata
calcolata dalla diminuzione dell’assorbimento a 340 nm, osservata dopo
l’aggiunta della D-aminoacido-ossidasi. Tutti gli enzimi utilizzati nei saggi
sono stati dializzati contro il tampone 100 mM NaBorato, pH 9,5 (D ? L) o
il tampone 20 mM NaBES, pH 7,0 (L ? D); ad essi è stato infine aggiunto
glicerolo al 50 % prima dell’uso.
a) Analisi spettroscopica
Gli spettri di assorbimento e le cinetiche delle reazioni sono stati seguiti
con uno spettrofotometro a fila di diodi (Hewlett-Packard modello 8452).
b)
Analisi dei dati sperimentali
I dati relativi alla cinetica delle reazioni sono stati analizzati utilizzando il
programma per l’analisi dei dati Scientist (Micromath, Salt Lake City, UT),
che è in grado di effettuare la simulazione di modelli cinetici complessi, il
“curve fitting” e l’analisi statistica. Per il “curve fitting” il programma usa il
metodo dei minimi quadrati, in cui vengono calcolati i parametri
dell’equazione data in modo tale che la somma dei quadrati dei residui, che
117
rappresentano la differenza tra i valori sperimentali e teorici, sia al minimo.
Per analizzare i dati sono state utilizzate le seguenti equazioni:
v = v max ×
S
Km+ S
eq. 1
Per il calcolo della Km e della vmax delle reazioni di scissione aldolica;
∆A
498
= ∆A498 max⋅ e
− kt⋅T
eq.2
Per il calcolo della costante di velocità della reazione di transaminazione (kt ),
seguendo la variazione dell’assorbanza a 498 nm nel tempo con una cinetica
di pseudo-primo-ordine.
∆A498 = ∆A498 max×
S
Kd+ S
Per il calcolo delle Kd di D- ed L-alanina.
eq. 3
118
3.3 Risultati e discussione
Tentativi di espressione e purificazione dell’alanina racemasi fungina
I cDNA dei geni codificanti l’alanina racemasi in C. carbonum (toxG) e T.
niveum (cssB) sono stati gentilmente forniti rispettivamente dal Dott.
Jonathan Walton (Michigan State University, Michigan, USA) e dal Dott.
Kurt Schoergendorfer (Biochemie GMBH-Novartis, Austria).
Le regioni codificanti sono state amplificate mediante PCR (vedi cap.3 sez.
“Materiali e metodi” ) utilizzando degli oligonucleotidi come inneschi recanti
opportuni siti di restrizione per l’inserimento degli amplificati nel vettore di
espressione pET22b(+). I costrutti ottenuti sono stati usati per trasformare il
ceppo HMS174 (DE3) di E. coli. Sono stati condotti esperimenti su piccola
scala (100 mL di coltura batterica) per individuare le condizioni migliori di
espressione delle due proteine. Nella fig. 3.14 viene riportato l’esperimento
condotto per l’espressione del costrutto pET22b(+)::toxG.
L’espressione delle proteine è indotta con l’aggiunta di 0.05 mM di IPTG
quando la coltura, cresciuta a 37°C, raggiunge una O.D600 pari a 0.3-04. La
proteina viene espressa però in forma insolubile e si localizza nei corpi
inclusi. Sono state variate le condizioni di temperatura ( 25°C e 30°C) e di
durata delle crescite delle colture per cercare di ottenere proteina anche nella
frazione solubile ma senza nessun buon risultato. Si è proceduto quindi
all’isolamento dei corpi inclusi ( vedi cap.3 sez. “Materiali e metodi”) ed
utilizzando opportuni denaturanti si è denaturata la proteina in essi
precipitata, la quale poi è stata rinaturata mediante allontanamento dei
denaturanti stessi per dialisi o per diluizioni seriali.
119
1
2
3
4
5
6
7
Fig. 3.14 Espressione dell’alanina racemasi di C. carbonum e purificazione
della stessa dai corpi inclusi. SDS-PAGE e colorazione con Blu di Coomassie di
campioni cellulari e di campioni raccolti durante la purificazione dei corpi inclusi.
Le colture sono state incubate a 37°C. 1) ceppo HMS174(DE3) trasformato con
pET22b(+)/toxG non indotto con IPTG; 2) ceppo HMS174(DE3) trasformato con
pET22b(+)/toxG dopo 4 ore di induzione con 0.05 mM IPTG; 3) estratto cellulare
solubile di HMS174(DE3) trasformato con pET22b(+)/toxG; 4) estratto cellulare
solubile di una coltura di HMS174(DE3) trasformata con pET22b(+) cresciuta nelle
stesse condizioni; 5) pellet del lisato cellulare di pET22b(+)/toxG risospeso in
tampone 50mM KPi , pH 7 contenente 100 mM NaCl, 1 mM DTT e 0,5% TritonX100; 6) pellet dopo solubilizzazione in tampone contenente 1,5 M guanidinio
cloruro; 7) campione 6 dopo dialisi in tampone 100 mM KPi pH 7 contenente 1mM
DTT. La banda presente nella linea 7 corrisponde alla alanina racemasi. L’identità
della banda è stata confermata mediante il sequenziamento dell’estremità Nterminale (il sequenziamento è stato effettuato presso i laboratori della prof. D.
Barra, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”)
Pur seguendo diverse strategie, alla conclusione degli esperimenti si
ottenevano sempre proteine nella forma solubile, ma non correttamente
ripiegate come si poteva dedurre dall’assenza di attività catalitica e
dall’incapacità di legare il cofattore in maniera corretta. Nello spettro di
assorbimento dell’alanina racemasi da C. carbonum non si osserva infatti la
120
banda con un massimo di assorbimento a 420 nm, corrispondente al PLP
legato all’enzima come aldimina, ma la banda con massimo di assorbimento
a 390 nm caratteristica del PLP libero( fig.3.15 ) . Sono stati condotti
analoghi tentativi con il costrutto pET22b(+)/cssB ma anche in questo caso la
proteina precipitava nei corpi inclusi e da essi non poteva essere purificata.
Fig. 3.15 Spettro della alanina racemasi di C. carbonum dopo
purificazione dai corpi inclusi e dialisi in tampone 100 mM KPi pH 7
contenente 1mM DTT.
Non essendo riusciti ad esprimere in forma solubile l’alanina
racemasi di T. niveum, codificata dal gene cssB, in E.coli utilizzando il
vettore di espressione pET22b(+), abbiamo deciso di adottare un sistema di
espressione eucariotico. Il gene cssB è stato, quindi, clonato nel vettore
“shuttle” pYES-2, che presenta elementi regolativi procariotici ed eucariotici
e può pertanto essere utilizzato per trasformare ceppi di E. coli e/o di
Saccharomices cerevisiae ( vedi “Materiali e Metodi”). Il vettore pYES/cssB
così ottenuto è stato utilizzato per trasformare un ceppo di S. cerevisiae.
121
Anche in questo caso sono stati condotti esperimenti su piccola scala ( 10 ml
di coltura) dai quali però è sembrata non esserci espressione della proteina di
interesse (fig. 3.16), come suggerito anche dalla mancanza di attività
catalitica nei lisati cellulari.
Fig. 3.16 Espressione della alanina racemasi di T. niveum in S. cerevisiae
1) alanina racemasi di T. niveum espressa in E. coli e purificata dai corpi
inclusi; 2) estatto cellulare solubile di una coltura di S. cerevisiae 3) estatto
cellulare solubile di una coltura di S. cerevisiae trasformata con pYES2/cssB.
Produzione delle forme enzimatiche mutanti dell’eL-TA
Le forme enzimatiche mutanti dell’eL-TA, K222A, H126N e H83N, sono
state ottenute utilizzando la tecnica della mutagenesi sito-specifica guidata da
122
oligonucleotidi. Entrambi i filamenti del gene contenente la mutazione
desiderata sono stati sequenziati, al fine di escludere la presenza di altre
mutazioni. I mutanti sono stati purificati seguendo il protocollo già messo a
punto per l’enzima selvatico.
Misura dell’affinità del mutante H83N per il cofattore
Dal momento che il residuo di His83 è coinvolto nel legame con il
PLP, la sua sostituzione ha comportato come primo e prevedibile effetto un
cambiamento dell’affinità dell’enzima per il cofattore, come testimoniato
dalla perdita di quest’ultimo durante la purificazione.
E’ stato necessario quindi in questo caso misurare prima l’affinità per il
cofattore per poter poi condurre gli esperimenti di caratterizzazione in
condizioni saturanti di PLP. L’esperimento è stato condotto a 30°C in
tampone 20 mM KPi, pH 7 e in presenza di enzima mutante 0.1 µM. E’ stato
misurata la velocità iniziale della reazione di scissione aldolica in presenza di
L-allo-treonina 12,5 mM al variare della concentrazione del PLP, ottenendo
una curva di saturazione conforme all’equazione di Michaelis – Menten (fig.
3.17 ) dalla quale è stata ricavata una costante di dissociazione apparente
(K dapp ) per il PLP pari a 30 µM. Gli esperimenti successivi per la
determinazione delle costanti catalitiche nelle reazioni di scissione aldolica di
L-treonina e L-allo-treonina sono stati condotti per quanto riguarda il
mutante H83N in presenza di 300 µM di PLP.
123
Fig. 3.17 Misura dell’affinità del mutante H83N per il cofattore. La linea
continua che attraversa i punti sperimentali deriva dal calcolo con il metodo
dei minimi quadrati secondo l’equazione di Michaelis-Menten.
Scissione aldolica di L-treonina e L-allo-treonina
L’eL-TA catalizza la scissione aldolica di entrambe le forme eritro e treo,
dell’L-treonina e della L-3-fenilserina (Liu et al., 1998). Tuttavia, l’enzima
mostra una chiara preferenza per l’isomero eritro, catalizzando 330 volte più
efficientemente (in termini di kcat/ Km ) il taglio dell’L-allo-treonina rispetto a
quello della L-treonina. L’effetto del pH sulla velocità iniziale della scissione
dell’L-allo-treonina è stato studiato in un intervallo di valori del pH
compreso tra 5.5 e 9.0, a 30°C e in presenza di substrato 165 mM. La
massima attività dell’enzima è stata osservata intorno a pH 7,0. I parametri
cinetici della scissione aldolica catalizzata dalle forme mutanti dell’eL-TA
con entrambi i substrati sono stati perciò calcolati tramite esperimenti
124
condotti a 30°C in un tampone 20 mM Kpi, pH 7,0 (cap.3 sez. “Materiali e
Metodi”).
L-treonina:
Le concentrazioni enzimatiche utilizzate nei saggi di attività delle forme
mutanti K222A, H126N e H83N sono state rispettivamente 0,6 µM, 0,1 µM e
2,3 µM. Nel caso del mutante H83N è stato aggiunto alla miscela di reazione
PLP in concentrazione saturante. Per il calcolo dei parametri cinetici è stato
utilizzato un intervallo di concentrazione del substrato da 8,7 a 150 mM,
ottenendo curve di saturazione conformi all’equazione di Michaelis – Menten
(fig. 3.18 ).
I parametri cinetici delle reazioni catalizzate dalle forme mutanti non
differiscono molto rispetto a quelli dell’enzima selvatico, come si può vedere
dalla tabella 3.2.
Tabella 3.2. Parametri cinetici della scissione aldolica dell’L- treonina
Forma enzimatica
kcat
Km
kcat/Km
(min? ¹)
(mM)
(mM ? ¹? min ? ¹)
L-TA selvatica
62
10
6
L-TA K222A
43
72
0,6
L-TA H83N
17
38
0,4
L-TA H126N
262
61
4
Velocità iniziale (µM min -1)
125
-1
Velocità iniziale (mM min )
L-treonina (mM)
L-allo-treonina (mM)
Fig. 3.18 Curve di saturazione per la velocità di scissione aldolica dell’Ltreonina e dell’L-allo-treonina ottenute con la forma mutante K222A. I
risultati ottenuti con le altre forme mutanti sono analoghi. Le linee continue
che attraversano i punti sperimentali derivano dal calcolo con il metodo dei
minimi quadrati secondo l’equazione di Michaelis-Menten.
126
Le mutazioni hanno l’effetto di aumentare la Km di 7 (K222A), 6 (H126N)e 4
(H83N) volte. La kcat subisce invece una diminuzione, tranne che nel caso
della mutazione H126N, che determina un aumento di circa 4 volte di questa
costante. L’efficienza catalitica (kcat /K m) diminuisce maggiormente per il
mutanti K222A e H83N, per i quali è circa 10 volte minore rispetto a quella
del selvatico.
L-allo-treonina:
Le forme mutanti K222A, H126N e H83N sono state utilizzate nei saggi
di attività rispettivamente nelle seguenti concentrazioni: 0,2 µM, 0,05 µM e
0,2 µM. Anche in questo caso gli esperimenti relativi al mutante H83N sono
stati condotti in presenza di una concentrazione saturante di PLP. Per il
calcolo dei parametri cinetici è stato utilizzato un intervallo di concentrazione
del substrato da 0,1 a 50 mM, ottenendo curve di saturazione conformi
all’equazione di Michaelis – Menten (fig. 3.18 ).
Nella tabella 3.3 sono messi a confronto i parametri cinetici della reazione
catalizzata dalle forme mutanti e dall’enzima selvatico; di nuovo, le
mutazioni non determinano cambiamenti drastici nelle proprietà catalitiche
dell’enzima. Analogamente a quanto osservato con la L-treonina, le
mutazioni hanno l’effetto di aumentare lievemente il valore della Km e
diminuire quello della kcat , tranne che nel caso della forma H126N, in cui la
kcat risulta di poco maggiore a quella misurata con l’enzima selvatico.
L’efficienza catalitica viene ad essere diminuita maggiormente (di 30-40
volte rispetto all’enzima selvatico) per effetto delle mutazioni K222A e
H83N.
127
Forma
kcat
Km
kcat/Km
enzimatica
(min? ¹)
(mM)
(mM ? ¹? min ? ¹)
L-TA selvatica
376
0,19
1980
L-TA K222A
80
1,22
65
L-TA H83N
77
1,7
45
L-TA H126N
469
0,96
488
Tabella 3.3. Parametri cinetici della scissione aldolica dell’L-allo-treonina
Transaminazione di D- e L- alanina
L’eL-TA è lentamente inattivata sia dalla D- che dalla L- alanina.
L’inattivazione è il risultato di una semi-reazione di transaminazione che
avviene tra alanina ed enzima ( Contestabile et al., 2001). Questa reazione
porta alla formazione di piruvato ed enzima nella forma a piridossamina 5’fosfato (PMP); la PMP, essendo legata debolmente all’enzima, dissocia da
questo generando la forma apo-enzimatica. L’aggiunta di D- o L- alanina
all’eL-TA porta alla rapida formazione di intermedi in equilibrio rapido tra
loro. Questi complessi, che sono l’aldimina esterna del PLP con l’alanina e
l’intermedio chinonoide che si genera in seguito alla rimozione di un protone
dal Ca del substrato, presentano bande di assorbimento con massimi
128
rispettivamente a 420 e 498 nm. La concentrazione di questi intermedi
diminuisce nel tempo man mano che si forma la PMP, che presenta una
Assorbanza
banda di assorbimento con un massimo a 324 nm (fig.3.19 ).
Lunghezza d’onda (nm)
Fig.3.19 Variazioni spettrali osservate in seguito al mescolamento
dell’eL-TA selvatica con D- o L-alanina. Mescolando l’enzima selvatico 15
µM (-) con 210 mM di D-alanina (- - -) o L-alanina (· · ·) in tampone 50 mM
NaBes pH 7,65, si osserva la comparsa di una banda di assorbimento con un
massimo a 498 nm, la cui intensità varia a seconda dell’enantiomero
dell’alanina. Nel riquadro, è mostrato come lo spettro dell’eL-TA varia in
funzione del tempo in seguito all’aggiunta di D-alanina 210 mM. I numeri
accanto alle curve si riferiscono alla variazione di tempo espressa in minuti.
Lo spettro non numerato è quello dell’enzima prima dell’aggiunta della Dalanina.
Col procedere della reazione, si osserva la precipitazione dell’enzima. La
proteina precipitata ha perso il suo colore giallo, suggerendo che si trova
nella forma apo-enzimatica. La precipitazione dell’enzima è stata osservata
nelle reazioni di transaminazione di tutte e tre le forme mutanti dell’ eL-TA.
La costante di velocità della reazione (kt ) è stata calcolata seguendo la
129
diminuzione dell’assorbanza a 420 nm o a 498 nm nel tempo, dopo aggiunta
di D- o L-alanina ad una soluzione contenente l’enzima ( K222A o
H126N)(fig. 3.20 ).
Fig.3.20 Cinetica di transaminazione dell’eL-TA K222A con D-alanina.
La variazione di assorbanza a 498 nm nel tempo è stata registrata dopo
l’aggiunta di D-alanina 210 mM ad una soluzione di enzima 15 µM. La linea
continua che attraversa i punti sperimentali deriva dal calcolo con il metodo
dei minimi quadrati secondo un’equazione che descrive una cinetica di
pseudo-primo ordine (Eq 2).
Nel caso del mutante H83N, in seguito al mescolamento dell’enzima con
i due enantiomeri dell’alanina non si osserva la formazione della banda
corrispondente all’intermedio chinonoide. In questo caso è stata seguita la
variazione di assorbanza a 326 nm nel tempo a concentrazioni diverse di
substrato. Da questa curva di saturazione è stata ricavata anche la costante di
dissociazione apparente (K d) per i due enantiomeri.
I valori delle costanti di dissociazione apparenti per la D- e per la Lalanina nel caso dei mutanti K222A e H126N sono stati ottenuti tramite
130
esperimenti in cui è stato calcolato il massimo di assorbimento a 498 nm
dopo aggiunte di concentrazioni crescenti di alanina.
Nelle tabelle 3.4 e 3.5 sono illustrati, rispettivamente per la transaminazione
della D- e della L- alanina, i parametri cinetici ottenuti con i tre mutanti,
confrontati con i parametri dell’enzima selvatico.
Forma enzimatica
Kt
Kd
Kt/Kd
(min? ¹)
(mM)
(mM ? ¹? min ? ¹)
L-TA selvatica
0,109
77
0,0014
L-TA K222A
1,17
169
0,0069
L-TA H83N
0,043
L-TA H126N
0,199
18
108
0.0023
0,0018
Tabella 3.4 Parametri cinetici della transaminazione della D-alanina
Forma enzimatica
Kt
Kd
Kt/Kd
(min? ¹)
(mM)
(mM ? ¹? min ? ¹)
L-TA selvatica
0,114
225
0,000506
L-TA K222A
0,0427
99
0,00043
L-TA H83N
0, 0067
194
0,00001
L-TA H126N
0,476
381
0,00125
Tabella 3.5. Parametri cinetici della transaminazione della L-alanina
131
Il
mutante
H126N
non
presenta
grandi
differenze
nella
transaminazione della D- alanina, mentre con la L-alanina la kt è circa quattro
volte quella dell’enzima selvatico. Il mutante K222A, nella transaminazione
della D-alanina, presenta una kt pari a 10 volte la kt del selvatico. Nella
transaminazione della L-alanina, la kt della K222A è circa un terzo del
selvatico.
Il mutante H83N nella transaminazione della D-alanina non presenta notevoli
cambiamenti dei parametri cinetici, mentre nella transaminazione della Lalanina mostra un’efficienza catalitica circa 50 volte inferiore a quella del
selvatico.
3.4 Racemizzazione di D- e L- alanina
Come si può notare dallo schema 3.3, l’intermedio chinonoide che si
forma nella semi-reazione di transaminazione della D- ed L- alanina
(intermedi IIa e IIb nello schema 3.3) è simmetrico sia rispetto al substrato
che al cofattore: per questo motivo ci si aspetta che l’eL-TA sia in grado di
catalizzare la racemizzazione dell’alanina. E’ stato infatti provato
sperimentalmente che l’eL-TA catalizza la racemizzazione di entrambi gli
enantiomeri dell’alanina (Contestabile et al., 2001). Nel nostro lavoro,
abbiamo calcolato i parametri cinetici delle reazioni di racemizzazione
dell’alanina catalizzate dai tre mutanti dell’eL-TA (fig. 3.21).
L-alanina (mM)
132
Tempo (min)
Fig. 3.21 In figura è mostrata la produzione di L-alanina in funzione del
tempo, in seguito al mescolamento di 210 mM D-alanina con 60 µM eL-Ta
K222A. I risultati ottenuti con le altre forme mutanti sono analoghi.
Nell’SHMT è noto che il passaggio che limita la velocità delle reazioni di
transaminazione
e
racemizzazione
consiste
nella
protonazione
dell’intermedio chinonoide rispettivamente al C4 ’ del PLP o al Cα del
substrato (Shostak & Schirch, 1988). I valori di Kd ottenuti corrispondono
quindi probabilmente ai valori di Km delle reazioni di racemizzazione
(schema 3.4). Nella tabella 3.6 e nella tabella 3.7 sono riportati,
rispettivamente per la racemizzazione della D- e della L- alanina, i parametri
ottenuti, confrontati con quelli dell’enzima selvatico.
133
Schema 3.4 Dopo pochi secondi dall’aggiunta di D-alanina all’enzima, si
instaura un equilibrio tra le reazioni 1 e 2 (intermedi tra le parentesi quadre).
Questo si verifica in quanto le reazioni 3 e 5 sono molto più lente. E’ per
questo che misurando l’assorbanza a 498 nm, corrispondente all’intermedio
chinonoide (E•Q), a diverse concentrazioni di D-Ala, può essere calcolata la
Kd apparente per questo substrato. Lo stessa situazione si verifica per la Lalanina.
Nello schema: E=enzima; ALA=alanina; Q=intermedio chinonoide;
P=Piruvato
Forma
kcat
Km
kcat/Km
enzimatica
(min? ¹)
(mM)
(mM ? ¹? min ? ¹)
L-TA selvatica
0,27
77
0,0035
L-TA H83N
0,24
18
0.013
L-TA K222A
0,23
169
0,0013
L-TA H126N
0,38
108
0,0035
Tabella 3.6. Parametri cinetici della racemizzazione della D-alanina
134
Forma
kcat
Km
kcat/Km
enzimatica
(min? ¹)
(mM)
(mM ? ¹? min ? ¹)
L-TA selvatica
0,36
225
0,0016
L-TA H83N
0,059
194
0,0003
L-TA K222A
0,27
99
0,0027
L-TA H126N
0,35
381
0,0009
Tabella 3.7. Parametri cinetici della racemizzazione della L-alanina
Anche in questo caso, l’efficienza catalitica dei mutanti con entrambi gli
enantiomeri dell’alanina non mostra grandi cambiamenti rispetto a quella
dell’enzima selvatico.
3.4 Conclusioni
Per quanto riguarda la produzione dell’alanina racemasi fungina in
forma ricombinante i sistemi di espressione adottati, sia quello procariotico
che quello eucariotico, non hanno permesso di ottenere le proteine in forma
solubile. Inoltre i tentativi di purificazione delle proteine dai corpi inclusi non
sono stati fruttuosi. Pertanto si può pensare in futuro di purificare l’alanina
racemasi endogena dei funghi C. carbonum e T. niveum direttamente dagli
organismi per poter iniziare una preliminare caratterizzazione di questo
enzima.
Per quanto riguarda invece lo studio del meccanismo di reazione dell’eLTA la caratterizzazione delle forme mutanti non ha evidenziato cambiamenti
significativi nelle proprietà catalitiche dell’enzima. Possiamo quindi
135
concludere che nessuno dei tre residui al sito attivo, Lys222, His126 e His83,
può svolgere il ruolo di base catalitica.
In base alla struttura cristallografica dell’L-TA di T. maritima, si può
escludere che altri residui al sito attivo possano svolgere il ruolo di base
catalitica.
Comunque,
è
interessante
osservare
che
nella
struttura
cristallografica dell’L-TA di T. maritima, nella forma dei complessi enzimaglicina e enzima-L-allo-treonina (Kielkopf & Burley, 2002), sono state
individuate molecole d’acqua a distanza di legame idrogeno, rispettivamente,
dal Ca e dal gruppo ossidrile del substrato. Una molecola d’acqua, attivata ad
esempio dalla carica negativa del gruppo fosfato del PLP o da interazioni con
residui aminoacidici, potrebbe essere responsabile della deprotonazione del
gruppo OH del ß- idrossiaminoacido e successivamente della riprotonazione
dell’intermedio chinonoide per formare la glicina. Si è giunti ad una
conclusione analoga per il meccanismo catalitico dell’eSHMT, che prevede,
come per L-TA, la presenza di una base catalitica coinvolta nella
deprotonazione del gruppo 3-OH della serina. Anche in questo caso, non si è
riusciti ad identificare la base catalitica tramite esperimenti di mutagenesi
sito-specifica che hanno interessato residui posti sulla faccia re del cofattore
(Contestabile et al., 2000; Krishna Rao et al., 2000).
L’ipotesi che una molecola d’acqua sia coinvolta nella catalisi può essere
verificata. Ad esempio si può prevedere di studiare l’attività catalitica
dell’eL-TA selvatica in ambiente anidro, utilizzando solventi apolari, come
metanolo o etilen glicol, per escludere l’acqua dal mezzo di reazione.
136
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145
Ringraziamenti
Desidero esprimere tutta la mia graditudine al Dott. Roberto Contestabile per
i suoi insegnamenti e per la sua costante disponibilità al confronto e al
dialogo.
Ringrazio il mio docente guida, il Prof. Francesco Bossa, per il supporto
critico rivevuto durante lo svolgimento del lavoro.
Ringrazio il Prof. Robert A. John, della School of Biosciences dell’Università
del Galles, Cardiff, UK, per la disponib ilità dimostrata durante i miei
soggiorni di lavoro presso il suo laboratorio.
Desidero ringraziare la Dott.ssa Sebastiana Angelaccio e il Dott. Martino Di
Salvo per i costruttivi suggerimenti ricevuti e tutti gli altri membri dei gruppi
che fanno riferimento ai Prof. F. Bossa e D. Barra.
Vorrei inoltre ricordare tutti gli altri “giovani” componenti del mio
laboratorio e dei laboratori “vicini” che si sono avvicendati negli anni, con i
quali ho condiviso “le gioie ed i dolori” della ricerca ma anche momenti
importanti della mia vita extra- lavorativa, in particolare Michele, Rita,
Leonardo, Roberta, Donatella, Ilaria, Alessandro M., Francesca, Caterina,
Carlo, Eugenia, Flaminia, Alessandra, Antonella, Renata, Emanuala e Elke.