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Elementi di teoria delle reti lineari
in regime continuo
A.C. Neve
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
1
Indice
Legge di Ohm
Generatori
Lavoro e potenza
Massimo trasferimento di potenza
Rendimento
Studio grafico
Reti elettriche elementari
Circuiti elettrici
Principi di Kirchhoff
Principio di Thevenin
Principio di Norton
Teorema di Miller
Misura di resistenza
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
3
7
8
10
11
12
14
18
19
22
25
26
28
2
Legge di Ohm
r
Un elettrone immerso in un campo elettrico risulta sottoposto ad una forza pari al prodotto q ⋅ E ,
r
r q⋅E
questa forza, per la legge di Newton, determina una accelerazione dell’elettrone pari a a = ∗
m
con m* pari alla massa efficace dell’elettrone la quale consente la rimozione dell’effetto quantistico
dal problema e l’uso della legge di Newton.
L’accelerazione indicata imprime poi all’elettrone una velocità pari a:
r
r q⋅E
U = ∗ ⋅t
m
In un cristallo, a causa degli urti con la struttura cristallina (caratterizzata dai difetti reticolari, dalla
presenza di impurezze e dalle vibrazioni dovute alla temperatura), l’elettrone non incrementa con
continuità la sua velocità ma, si comporta come un corpo che si muove in un fluido e che dopo un
certo tempo raggiunge una velocità costante detta velocità limite, si definisce pertanto una sua
velocità media come:
r
r
Um = µ ⋅ E
dove µ è detta mobilità del portatore, si misura in [cm2/(volt⋅sec)] e rappresenta la facilità con la
quale un portatore è in grado di muoversi in un cristallo in presenza di campo elettrico.
Si consideri ora un tratto di conduttore di lunghezza L, sezione S e contenete una quantità N di
elettroni in movimento con velocità media Um.
Um
S
N elettroni
L
Supponendo che in un tempo to gli elettroni siano in grado di percorrere un tratto di lunghezza L,
ricordando che la carica totale che passa nell’unità di tempo attraverso la sezione di un conduttore è
per definizione pari alla corrente, si ha che:
I=
N ⋅q N ⋅q
=
⋅U m
to
L
(essendo L = U m ⋅ t o )
Si definisce densità di corrente, cioè la corrente per unità di sezione, la quantità:
J=
N ⋅q
I N ⋅q
=
⋅U m =
⋅U m = n ⋅ q ⋅U m
S S⋅L
Volume
con n pari alla concentrazione volumetrica dei portatori nel materiale;
ricordando l’espressione di Um si ottiene infine:
J =q⋅n⋅µ ⋅E
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
3
La corrente complessiva sarà data dal prodotto della densità di corrente per la sezione del
conduttore:
I = J ⋅ A = q⋅n⋅µ ⋅S ⋅E
considerando il campo elettrico omogeneo e costante e quindi uguale a V/L, si ottiene:
I = q⋅
Ponendo
n⋅µ ⋅S
⋅V
L
con V pari alla differenza di potenziale ai capi del conduttore.
V
1
L
⋅ = R detta resistenza, la precedente relazione può essere scritta come: I =
R
q⋅n⋅µ A
ponendo invece
L
1
= ρ detta resistività del materiale, si ottiene R = ρ ⋅
S
q⋅n⋅µ
Queste due ultime relazioni sono note come prima e seconda legge di Ohm G. S. (1787-1854):
Prima legge di Ohm
R= ρ⋅
Seconda legge di Ohm
L
S
La resistenza di un conduttore è data dal
prodotto della resistività del materiale usato
per la sua lunghezza misurata in direzione
parallela al verso di percorrenza della
corrente e diviso per la sezione misurata in
direzione perpendicolare al verso di
percorrenza della corrente.
R=
V
I
Il rapporto tra la differenza di potenziale ai
capi di un conduttore e la corrente che lo
attraversa è costante, ed è pari al valore
della sua resistenza ohmmica.
Il valore della resistenza non dipende da V e
ne da I.
Dalle precedenti relazioni si può osservare che la resistività ρ sarà misurata in secondi mentre la
resistenza R sarà misurata in sec/cm (sistema CGS), nella pratica la resistività viene misurata in
ohm⋅cm mentre la resistenza in ohm.
Il valore della resistività dipende dalle caratteristiche del materiale usato mentre il valore della
resistenza dipende sia dal materiale usato ma soprattutto dalle caratteristiche geometriche e cioè
dalla forma del conduttore.
Il simbolo usato per rappresentare la resistenza è il seguente:
R
L’inverso della resistenza è detta conduttanza G = I/V misurata in siemens.
Il simbolo usato per rappresentare la conduttanza è il seguente:
G
Dall’analisi fin ora condotta, sembrerebbe che il valore di una resistenza dipenda esclusivamente
dalla forma del conduttore e dal materiale utilizzato per la sua realizzazione;
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
4
in realtà, il valore della mobilità dei portatori µ è fortemente influenzato dalla temperatura, la quale
condiziona l’entità dell’agitazione termica dei portatori, e dalle vibrazioni del reticolo cristallino,
questi fenomeni modifica così il valore stesso della mobilità dei portatori e quindi della resistenza.
A livello macroscopico si tiene conto di questo fenomeno attraverso l’introduzione del coefficiente
di temperatura α [1/°C] il quale fornisce un ordine di grandezza della sensibilità del materiale nei
confronti delle variazioni di temperatura.
La resistenza offerta da un conduttore al variare della temperatura è data dalla relazione:
R (T ) ≈ Ro ⋅ [1 + α ⋅ (T − To )]
(approssimata al primo ordine)
con To temperatura di riferimento ed Ro valore resistivo alla temperatura To (generalmente 20°).
Materiale
Alluminio
Rame elettrolitico
Bronzo fosforoso
Nichel
Argento
Platino
Manganina
NichelCromo
Ferro
Resistività a 20° (µOhm⋅m)
0.027
0.017
0.018
0.118
0.016
0.103
0.43
1.06
0.135
Coeff. di temperatura
0.0043
0.00426
0.004
0.006
0.0038
0.0036
0.00001
0.000051
0.005
Esercizio
Con del filo di ferro si vuole costruire un resistore ai cui capi ci dovrà essere una tensione di
60V quando viene percorso da una corrente di 2A.
Si calcoli la sezione e la lunghezza del filo in modo che il peso complessivo sia di 20 kgr.
(Resistività del ferro ρ = 0.15 µΩ⋅m, Peso specifico del ferro σ= 7860 kgr/m3)
La resistenza offerta dal filo è data da: R = V/I = 60/2 = 30Ω
Le relazioni che forniscono la resistenza ed il peso del filo risultano le seguenti:
L
L
= 0.15 ⋅ 10 −6 ⋅
S
S
P = σ ⋅ Vol = σ ⋅ L ⋅ S = 7860 ⋅ L ⋅ S
R=ρ⋅
Risolvendo il sistema si ottiene:
L = 713.3 m ed S = 3.566 10-6 m2 che corrisponde ad un raggio di 1.065 mm
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
5
Esercizio
Si determini la resistenza offerta dal conduttore rappresentato in seguito.
B
C
A
La domanda risulta, in effetti, mal posta in quanto non si specificano i punti di applicazione della
tensione ed il verso di percorrenza della corrente.
Si possono pertanto avere tre differenti valori di resistenza:
R1 = ρ ⋅
A
B ⋅C
oppure
R2 = ρ ⋅
B
A⋅C
o ancora
R3 = ρ ⋅
C
A⋅ B
a secondo delle facce usate per l’applicazione della tensione.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
6
Generatori
Esistono fondamentalmente due tipi di generatori: di tensione e di corrente.
Ognuno di questi può essere poi di due tipi: ideale e reale.
+
Si dice generatore ideale di tensione un generatore in
grado di erogare sempre la stessa differenza di potenziale,
indipendentemente dal valore della resistenza ad esso
applicata. La sua resistenza interna è nulla.
Si dice generatore ideale di corrente un generatore in
grado di erogare sempre la stessa corrente,
indipendentemente dal valore della resistenza ad esso
applicata. La sua resistenza interna è ∞.
Nelle definizioni proposte, risulta fondamentale il termine “indipendentemente”.
Nel generatore ideale di tensione, la differenza di potenziale esistente ai suoi capi è sempre la stessa
anche quando viene collegata una resistenza di valore nullo (cioè un corto circuito).
Nel generatore ideale di corrente, la corrente erogata è sempre la stessa anche quando viene
collegata una resistenza di valore infinito (cioè un circuito aperto).
Una semplice dimostrazione può essere ottenuta calcolando, nel primo caso, la tensione ai capi di R
e, nel secondo caso, la corrente che attraversa R:
VR = R ⋅ I R = R ⋅
Vo
= Vo
R
+
Vo
R=0
Per cui è indipendente da R
IR =
VR R ⋅ I o
=
= Io
R
R
Per cui è indipendente da R.
Io
R= ∞
Si noti anche che nel primo caso si ha IR = ∞ mentre nel secondo caso VR = ∞.
Quanto fin ora esposto è chiaramente descrittivo di una situazione puramente ideale e che non
troverà mai riscontro in un contesto reale.
Tutti i generatori reali sono caratterizzati da una propria resistenza interna ineliminabile e,
soprattutto, non separabile dal generatore stesso, questa resistenza è rappresentativa di tutti gli
effetti dovuti agli elementi costitutivi del generatore.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
7
A
Io
Ri
+
A
Ro
Io
Ri
Io
Ro
Vo
B
B
Generatore reale di tensione
Generatore reale di corrente
Questa nuova modellizzazione mantiene valide le definizioni di generatori ideali ed al tempo stesso
ne descrive, coerentemente, il comportamento reale, infatti:
Nel primo circuito, ponendo Ro = 0 la tensione agli estremi del generatore reale diventa nulla, la
tensione ai capi del generatore ideale rimane pari a Vo e la corrente erogata è pari a Vo/Ri che è la
massima erogabile.
Nel secondo circuito, ponendo Ro = ∞ la corrente erogata dal generatore reale diventa nulla, la
corrente erogata dal generatore ideale rimane pari a Io (in quanto scorre tutta in Ri) e la tensione
agli estremi del generatore reale è pari a Io * Ri ed è la massima ottenibile.
Lavoro e potenza
Dalla più elementare definizione, si ha che il lavoro è dato dal prodotto della forza per lo
spostamento ( quando i due vettori sono paralleli ). Nel caso di un elettrone immerso in un campo
elettrico omogeneo e costante si ha che la forza agente su di esso è pari al prodotto tra la carica ed il
campo elettrico; risultando, infine, il campo elettrico uguale al rapporto tra la tensione che lo ha
generato e la distanza tra i punti di applicazione, si ha che:
L = F ⋅s = q⋅E⋅s = q⋅
V
⋅ s = q ⋅ V misurato in joule
s
La potenza rappresenta il lavoro compiuto nell’unità di tempo, quindi dalla precedente relazione si
ha che:
P=
L q ⋅V
=
= V ⋅ I misurata in watt
t
t
in quanto il rapporto q/t rappresenta il valore della corrente.
L’espressione trovata ha piena validità per qualsiasi bipolo ai cui capi sia presente una tensione V e
sia attraversato da una corrente I.
E’ opportuno, a questo punto, introdurre la differenza tra potenza generata e potenza dissipata:
i generatori sono dei dispositivi detti attivi in quanto sono in grado di generare, e quindi erogare,
potenza, le resistenze sono dei dispositivi detti passivi in quanto sono in grado di utilizzare o
dissipare potenza ricevuta.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Utilizzando la legge di ohm si ha quindi che:
Per i generatori
Per le resistenze
P = V⋅I
P = V⋅I = I2⋅R = V2/R
Nel circuito proposto si ha che:
PVo = Vo ⋅ Io =
A
Io
Ri
2
Vo
Ri + Ro
 Vo 
PRi = Ri ⋅ Io = Ri ⋅ 

 Ri + Ro 
2
 Vo 
PRo = Ro ⋅ 

 Ri + Ro 
Ro
+
2
Vo
2
B
Per il principio di conservazione dell’energia, si ha che la somma delle potenze generate deve essere
sempre uguale alla somma delle potenze dissipate e cioè:
PVo = PRi + PRo
2
2
2
Vo 2
Vo 2
 Vo 
 Vo 
 Vo 
= Ri ⋅ 
 + Ro ⋅ 
 = (Ri + Ro ) ⋅ 
 =
Ri + Ro
Ri + Ro
 Ri + Ro 
 Ri + Ro 
 Ri + Ro 
L’analisi ora condotta è anche nota col nome di verifica del bilancio energetico.
Esercizio
Nel circuito precedente, si verifichi il bilancio energetico ipotizzando che:
Vo = 10v, Ri = 5 ohm e Ro = 20 ohm,
Io = Vo/(Ri+Ro) = 10/(5+20) = 0.4A
Potenza erogata dal generatore:
Potenza dissipata da Ri:
Potenza dissipata da Ro:
PVo = Vo⋅Io = 10⋅0.4 = 4w
PRi = Ri⋅Io2 = 5⋅0.42 = 0.8w
PRo = Ro⋅Io2 = 20⋅0.42 = 3.2w
Come si può notare si ha che: 0.8w + 3.2w = 4w
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Massimo trasferimento di potenza
Per il circuito precedente, è interessante indagare su come il valore della potenza dissipata dalla
resistenza Ro, varia al variare del valore stesso della resistenza.
La potenza sulle due resistenze del circuito è data dalle relazioni seguenti:
 Vo 
PRi ( Ro) = Ri ⋅ 

 Ri + Ro 
2
 Vo 
PRo ( Ro) = Ro ⋅ 

 Ri + Ro 
2
Osservando la seconda relazione si può notare che sia per Ro = 0 che per Ro = ∞, la potenza
dissipata su Ro è nulla, è quindi ragionevole attendersi l’esistenza di un particolare valore di Ro per
il quale la potenza assuma un massimo (un minimo non sarà possibile in quanto la potenza non può
risultare negativa).
Il valore di Ro che caratterizza la massima potenza, può essere determinato, in modo classico,
ricercando il valore di Ro che annulla la derivata della potenza dissipata da Ro:
2
 Vo 
PRo ( Ro) = Ro ⋅ Io 2 = Ro ⋅ 

 Ri + Ro 
d
Vo 2 ⋅ Ri 2 + 2 ⋅ Ri ⋅ Ro + Ro 2 − Ro ⋅ Vo ⋅ (2 ⋅ Ri + 2 ⋅ Ro )
PRo ( Ro) =
=0
2
dRo
Ri 2 + 2 ⋅ Ri ⋅ Ro + Ro 2
(
(
)
)
dalla quale si ottiene che la derivata è nulla per Ro = Ri.
Questa condizione è nota come teorema del massimo trasferimento di potenza.
Si ha quindi che: un generatore di tensione reale riuscirà a trasferire la massima potenza al carico ad
esso applicato solo quando il valore della resistenza di carico è uguale al valore della resistenza
interna del generatore.
Nella figura seguente è visibile l’andamento della potenza sulle due resistenze Ri ed Ro al variare
del valore della resistenza Ro (nel circuito si è posto Vo = 10v ed Ri = 10ohm).
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
10
Come si può notare, il massimo valore di potenza su Ro si ha per Ro = 10 ohm che coincide con il
valore della resistenza interna del generatore.
Nel grafico è anche riportato l’andamento della potenza dissipata dalla resistenza Ri al variare di
Ro, questa potenza varia passando da un massimo per Ro = 0 per poi annullarsi per alti valori di Ro.
Rendimento
Un'altra interessante considerazione emerge dall’osservazione del punto di intersezione delle due
curve: le due curve si intersecano per un valore di Ro = 10 ohm e cioè per il valore di Ro che
consente il massimo trasferimento di potenza.
In queste condizioni la potenza dissipata dalle due resistenze è uguale e pari a 2.5 watt.
Si definisce rendimento η, il rapporto tra la potenza utilizzata dalla
resistenza Ro e quella generata dal generatore Vo.
η=
Potenza Utilizzata
Potenza Generata
il suo valore è compreso tra 0 ed 1
Per il circuito in esame si ha che:
2
η=
PRo
PVo
 Vo 
Ro ⋅ 

Ro
Ri + Ro 

=
=
2
Ro + Ri
Vo
Ri + Ro
Nella condizione di massimo trasferimento di potenza, cioè con Ro = Ri, si ha che il rendimento η è
pari ad ½; ciò, in pratica, vuol dire che per ottenere un servizio del valore di 1 euro è necessario
spenderne 2 e quindi operare con un rendimento non molto efficiente.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Studio grafico
Lo studio del circuito proposto può anche essere affrontato
in modo grafico.
Su di un diagramma cartesiano del tipo IR = f(VR) è
possibile disegnare due luoghi geometrici descrittivi delle
caratteristiche del circuito esminato.
IR
Ri
Il primo luogo geometrico è la curva caratteristica del
carico usato che, in questo caso, è la resistenza R,
l’equazione di questa curva caratteristica risulta:
R
+
E
1
⋅ V R che è derivata dalla legge di Ohm ed
R
evidenzia la linearità del dispositivo ora usato.
IR =
Il secondo luogo geometrico è detto retta di carico ed è
descrittiva del comportamento del circuito al variare del
valore di R infatti:
per R = 0 si ha che VR è minima e pari a zero mentre IR è massima e pari ad E/Ri
per R = ∞ si ha che VR è massima e pari ad E mentre IR è minima e pari a zero.
I due punti così definiti consentono la determinazione dell’equazione della retta di carico che vale:
IR = −
1
E
⋅V R +
Ri
Ri
IR
E/Ri
Retta di carico
Po
IoR
Curva caratteristica
A
B
VoR
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
E
VR
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L’intersezione Po tra le due rette fornisce il punto di lavoro del circuito e cioè i valori della tensione
VoR ai capi della resistenza R e della corrente IoR che attraversa la resistenza R.
Si rammenta che il punto di intersezione tra due luoghi geometrici può essere anche ottenuto
risolvendo il sistema tra le equazioni descrittive dei due luoghi geometrici stessi:
1

 I R = R ⋅ V R

I R = − 1 ⋅V R + E

Ri
Ri
VoR =
E
⋅R
Ri + R
I oR =
E
Ri + R
le cui soluzioni risultano:
Lo studio grafico consente, però, di ottenere anche altre informazioni sul circuito.
Il rettangolo A ha un area pari a VoR⋅IoR che rappresenta la potenza dissipata sulla resistenza R
Il rettangolo B ha un area pari a (E – VoR)⋅IoR che rappresenta la potenza dissipata sulla resistenza Ri
L’area della somma dei due rettangoli è pari ad E⋅IoR e rappresenta la potenza erogata dal generatore
Viene così verificato, anche graficamente, il bilancio energetico.
Il metodo di studio ora esposto non viene largamente usato nell’analisi delle reti lineari in quanto la
sola legge di Ohm consente la semplice e rapida determinazione dei risultati cercati, è invece
ampiamente utilizzato nei circuiti non lineari, nei quali, cioè, al posto della resistenza R vi è un
componente non lineare come, per esempio, un diodo.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Reti elettriche elementari
Le resistenze possono essere collegate tra loro in diversi modi realizzando così circuiti anche
complessi il cui studio può risultare lungo e tedioso.
Da un punto di vista topologico, le resistenze possono essere collegate in due configurazioni
fondamentali dette: serie e parallelo.
Serie
Parallelo
Due o più resistenze risultano
collegate in serie quando
sono fisicamente attraversate
dalla stessa corrente.
Due o più resistenze risultano
collegate in parallelo quando
sono fisicamente sottoposte
alla stessa differenza di
potenziale.
In pratica, questo tipo di collegamento
ha quando l’uscita di una resistenza
collegata all’entrata della successiva
quindi la corrente che le attraversa è
stessa per tutte.
In pratica, questo tipo di collegamento si
ha quando tutte le entrate delle resistenze
sono tra loro collegate e così pure per le
uscite e quindi la tensione ai loro capi è la
stessa per tutte.
V2
V1
R1
Io
si
è
e
la
V3
R3
R2
Vo
Osservando il circuito si nota che la tensione totale Vo applicata al circuito, si distribuisce sulle tre
resistenze secondo la relazione:
Vo = V 1 + V 2 + V 3 = R1 ⋅ Io + R 2 ⋅ Io + R3 ⋅ Io = Io ⋅ (R1 + R 2 + R3)
Il rapporto tra Vo ed Io fornisce il valore della resistenza equivalente che il generatore vede ai suoi
capi e cioè:
Vo
= Req = R1 + R 2 + R3
Io
N
e, più in generale
Req = ∑ Rn
n =1
Si può pertanto affermare che la resistenza offerta da più resistenze disposte in serie equivale alla
somma dei loro valori ohmmici, da ciò deriva che la resistenza offerta da più resistenze in serie avrà
un valore più elevato della più grande tra le resistenze in serie.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
14
Vo
Io
I1
R3
R2
R1
I2
I3
Osservando il circuito si nota che la corrente totale Io erogata dal generatore Vo, si distribuisce nelle
tre resistenze secondo la relazione:
Io = I1 + I 2 + I 3 =
Vo Vo Vo
1
1 
 1
+
+
= Vo ⋅  +
+

R1 R 2 R3
 R1 R 2 R3 
Anche in questo caso, il rapporto tra Vo ed Io fornisce il valore della resistenza equivalente che il
generatore vede ai suoi capi e cioè:
Vo
1
= Req =
1
1
1
Io
+
+
R1 R 2 R3
e, più in generale
Req =
1
N
1
∑R
n =1
n
Si può pertanto affermare che la resistenza offerta da più resistenze disposte in parallelo equivale
all’inverso della somma degli inversi dei loro valori ohmmici, da ciò deriva che la resistenza offerta
da più resistenze in parallelo avrà un valore più piccolo della più bassa tra le resistenze in parallelo.
La serie di due resistenze di uguale valore R è pari a 2⋅R.
Il parallelo di due resistenze di uguale valore R è pari a R/2.
Esercizio
Considerato il circuito seguente, determinare la corrente erogata dal generatore.
R1
E = 10v
R1 = 1000Ω
R2 = 1000Ω
R3 = 1000Ω
R4 = 300Ω
R5 = 700Ω
R2
R4
+
E
Io R3
R5
Dall’esame del circuito si può notare che, le resistenze R4 ed R5 risultano in serie ed insieme, in
parallelo ad R3. Le resistenze R1 ed R2 sono in parallelo ed insieme sono in serie all’equivalente del
raggruppamento di R3, R4 ed R5.
Si ha pertanto che:
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
15
Io =
Eo
Eo
=
R1 ⋅ R 2 R3 ⋅ ( R 4 + R5)
( R1 // R 2) + [ R3 //( R 4 + R5)
+
R1 + R 2 R3 + R 4 + R5
10
= 10mA
500 + 500
Da cui si ottiene: I o =
Esercizio
Determinare la resistenza equivalente del seguente circuito:
R
R
2R
R
2R
2R
2R
Partendo dall’estrema sinistra, si inizia con il parallelo di due resistenze uguali di valore 2R
equivalenti ad una resistenza di valore R. Questa è in seria alla terzultima resistenza di valore R per
cui, la loro serie avrà valore 2R. Procedendo ancora verso destra si nota che il processo di ripete
fino ad ottenere una resistenza equivalente complessiva di valore pari a 2R.
Esercizio
Considerati i seguenti circuiti, determinare l’andamento della corrente Io e della tensione VAB, al
variare del numero di interruttori chiusi.
A
Io
+
R
R
R
1
2
3
R
Eo
N
B
Indicando con n il numero di interruttori chiusi, si ha che:
I o ( n) = E o ⋅
n
R
e poi
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
V AB (n) = E o
16
come si può notare, la corrente aumenta linearmente con il numero di interruttori chiusi e la
tensione ai capi del parallelo resta sempre costante e pari ad Eo.
Questo comportamento è tipico dei generatori ideali di tensione.
Si consideri ora il secondo circuito che, differisce dal primo per l’utilizzo di un generatore reale di
tensione.
A
Ro
Io
R
R
R
1
2
3
R
+
Eo
N
B
In questo caso, i valori della corrente e della tensione avranno le seguenti espressioni:
I o ( n) =
Eo ⋅ n
R + Ro ⋅ n
e poi
V AB (n) =
Eo ⋅ R
R + Ro ⋅ n
In questo caso, la corrente non aumenta linearmente ma tende a stabilizzarsi sul suo valore massimo
pari ad Eo/Ro per n che tende ad infinito, mentre VAB diminuisce sempre di più tendendo a zero per
n che tende ad infinito.
Questo comportamento è, invece, tipico dei generatori reali di tensione.
Caduta di tensione
Si definisce caduta di tensione, la differenza di potenziale esistente ai capi di una resistenza R che è
percorsa da una corrente di valore I.
Ogni caduta di tensione è caratterizzata da un proprio valore che, per la legge di Ohm, è pari al
prodotto R⋅I e da una polarità che è determinata dal verso di percorrenza della corrente.
Il potenziale maggiore (o positivo) si avrà dal terminale in cui la corrente entra mentre quello
minore (o negativo) si avrà dal terminale dal quale la corrente esce.
A
+
R
-
B
I
Si può quindi osservare che VAB = +R⋅I, come pure che VBA = -R⋅I
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Circuiti elettrici
Collegando tra loro più componenti elettrici è possibile costruire dei circuiti anche molto complessi
il cui studio richiede l’introduzione di nuovi concetti e strumenti di calcolo.
Dal punto di vista delle tipologie di collegamento, è necessario introdurre alcune definizioni:
Nodo
Ramo
Maglia
E
Punto di confluenza di tre o più conduttori
Tratto di circuito compreso tra due nodi e
contenente almeno un dispositivo elettrico
Percorrenza chiusa lungo una parte di circuito
(si individua partendo da un nodo e ritornando
nello stesso attraversando una sola volta i rami
selezionati)
R1
E2
R2
A
C
G
+
R3
E1
R5
R6
R4
F
B
D
H
Nel circuito proposto è possibile individuare:
I nodi:
A, B, C e D
I rami:
A-B passando attraverso il generatore E1
A-B passando attraverso la resistenza R3
A-C
B-D
C-D passando attraverso la resistenza R5
C-D passando attraverso la resistenza R6
Le maglie: FEAB, BACD, DCGH, FECD, BAGH, FEGH
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Principi di Kirchhoff
Lo studio di una qualsiasi rete elettrica può essere efficacemente affrontato per mezzo dei due
principi di Kirchhoff G.R. (1824-1887) in seguito enunciati:
1° principio di Kirchhoff
2° principio di Kirchhoff
Considerato un nodo, la somma delle
correnti entranti nel nodo deve risultare
uguale alla somma delle correnti uscenti
dallo stesso nodo o, equivalentemente
Considerata una maglia, la somma
algebrica delle forze elettromotrici presenti
nella maglia deve risultare uguale alla
somma algebrica delle cadute di tensione
esistenti nella maglia o, equivalentemente
∑I
n
=0
n
∑E +∑R⋅I
i
i
n
=0
n
I principi proposti sono così giustificabili:
1) il primo principio deriva dai principi di continuità e di conservazione della carica in quanto, non
è possibile che la corrente si accumuli indefinitamente in un nodo e quindi ne fuoriesca in
quantità minore di quella entrante oppure possa essere generata dal nodo stesso e quindi ne
fuoriesca in quantità maggiore di quella entrante.
2) Il secondo principio deriva dal principio di conservazione dell’energia in quanto, risultando il
campo elettrico un campo conservativo, il lavoro compiuto sulle cariche lungo una percorrenza
chiusa (la maglia) è sempre nullo.
Nello studio di reti particolarmente complesse, l’applicazione dei principi di Kirchhoff può risultare
tediosa ed anche problematica se non svolta con particolare attenzione, viene in seguito proposta
una sequenza di passi procedurali attraverso i quali è possibile portare a buon fine lo studio di una
qualsiasi rete elettrica.
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
Individuazione del numero di nodi effettivi - N Definizione e disegno del grafo
Individuazione del numero di correnti indipendenti - I Assegnazione dei versi di percorrenza delle correnti indipendenti
Definizione delle polarità delle cadute di tensione
Assegnazione del verso generale di riferimento
Stesura di (N-1) equazioni ai nodi
Individuazione di ( I - (N-1)) maglie la cui sovrapposizione ricopra tutto il circuito
Stesura di ( I - (N-1)) equazioni alle maglie del punto 8
Risoluzione del sistema di I equazioni in I incognite
Esempio applicativo
Nel seguente circuito sono individuabili quattro nodi.
In base alla definizione di nodo e di ramo, si nota che tra i nodi C e D non vi è alcun ramo ma solo
un collegamento elettrico, pertanto il nodo da considerare è in realtà uno solo.
I nodi effettivi sono quindi A, B e C=D, pertanto N = 3.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
19
E2
R1
R2
A
B
R3
E1
R5
R4
D
C
Il grafo è una rappresentazione simbolica del circuito costituita da tanti nodi quanti sono quelli
effettivi del circuito, collegati tra loro da tanti archi per quanti sono i rami che uniscono i vari nodi.
A
B
Il numero di correnti indipendenti esistenti nel circuito è pari al numero di
archi presenti nel grafo, nel caso in esame si ha quindi che I = 5.
L’operazione successiva consiste nell’assegnazione del verso di percorrenza
delle correnti indipendenti nei relativi rami.
Il criterio di assegnazione di questi versi è puramente casuale.
Nella figura successiva si può osservare una possibile assegnazione.
C=D
Verso di riferimento
+ R1
E1
I1
E2
R2 +
A
B
+
+
I3
R3
I2
C
I4
R4
I5
R5
+
D
A questo punto, in base all’assegnazione dei versi di percorrenza delle correnti indipendenti, si
definiscono le polarità delle cadute di tensione sulle varie resistenze in base al criterio che la caduta
è positiva dal lato entrante della corrente e negativa dal lato uscente.
Occorre infine assegnare il verso generale di riferimento necessario per la stesura delle equazioni
alle maglie, il verso potrà essere indifferentemente orario oppure antiorario.
In base al punto 7, verranno ora stese N-1 = 2 equazioni ai nodi:
scegliendo i due nodi A e B si ottiene
+I1 +I2 - I3 = 0
+I5 - I4 - I2 = 0
In base al punto 8, saranno ora selezionate un numero di maglie pari a (I - ( N - 1 )) = 3, la scelta
dovrà essere tale che le maglie selezionate siano in grado di ricoprire tutto il circuito, in questo caso
la scelta è ricaduta sulle tre maglie immediatamente osservabili, quella a sinistra dei nodi A C,
quella centrale A, B, C, D, e quella a destra dei nodi B, D (si noti che le maglie definibili in questo
circuito sono 6 ).
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
20
Le equazioni alle tre maglie selezionate risultano:
+E1 - R1*I1 - R3*I3 = 0
+E2 + R2*I2 - R4*I4 + R3*I3 = 0
+R4*I4 + R5*I5 = 0
Le cinque equazioni così individuate costituiranno un sistema di cinque equazioni in cinque
incognite la cui risoluzione consentirà la determinazione dei valori delle cinque correnti incognite.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Principio di Thevenin
Il principio di Thevenin L. (1883), come pure il successivo principio di Norton (entrambi derivati
dal teorema del generatore equivalente di Helmholtz-1853), consentono la semplificazione di una
rete elettrica anche complessa sostituendone una sua parte con un bipolo equivalente.
L’applicabilità di questi principi è legata alla possibilità di individuare una parte del circuito in
esame che sia configurabile come un bipolo e cioè, elettricamente caratterizzata da sue sole
terminazioni come nel modello della figura seguente:
Circuito elettrico completo
Parte
inalterata
del circuito
A
Bipolo da
sostituire
B
Il principio di Thevenin afferma che:
una qualsiasi parte di un circuito elettrico configurabile come un bipolo, può essere
sostituita da un generatore ideale di tensione Veq con in serie una resistenza Req.
Circuito elettrico completo
Veq
Parte
inalterata
del circuito
A
B
Req
Il valore della tensione erogata dal generatore Veq è pari alla tensione esistente tra i punti
A e B dopo aver staccato la parte del circuito che deve restare inalterata, in altre parole,
rappresenta la tensione a vuoto ai capi del bipolo da sostituire.
Il valore della resistenza Req è data dalla resistenza offerta dal solo bipolo da sostituire
dopo aver annullato l’effetto dei generatori presenti. Quest’ultima condizione si ottiene
cortocircuitando i generatori di tensione presenti nel bipolo ed aprendo quelli di corrente.
E’ evidente che, il carico computazionale necessario per il calcolo di Veq ed Req non dovrebbe
risultare troppo oneroso altrimenti verrebbe a mancare il vantaggio dell’uso del metodo.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Esempio
Considerato il seguente circuito, determinare il valore della corrente nella resistenza R3
R1
E1 = 100v
E2 = 50v
E3 = 12v
R1 = 100 Ω
R2 = 400Ω
R3 = 50Ω
R4 = 120Ω
R4
C
A
R2
E3
E1
E2
D
R3
B
Dovendo determinare la sola corrente nella resistenza R3, è conveniente applicare il principio di
Thevenin al bipolo compreso tra i punti A e B ed inscritto nel rettangolo.
Il circuito da semplificare è quindi il seguente:
R1
R4
C
A
R2
I
E1
E2
D
B
Per quanto affermato in precedenza, la tensione Veq è pari alla tensione VAB ma, dato che la corrente
circolante nella resistenza R4 è nulla, si ha che la tensione VAB è pari alla tensione VCD.
Per il principio di Kirchhoff alle maglie si ha che:
il valore della corrente I è pari a:
si ha quindi che:
VCD = R 2 ⋅
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
I=
VCD = R 2 ⋅ I + E 2
E1 − E 2
R1 + R 2
E1 − E 2
+ E 2 = 62volt
R1 + R 2
che è anche uguale alla Veq.
23
Il valore della Req si ottiene determinando il valore della resistenza vista tra i punti A e B dopo aver
annullato l’effetto dei generatori e, cioè, la resistenza del seguente circuito.
R1
R4
C
A
R2
D
B
Osservando il circuito si può notare che le resistenze R1 ed R2 sono tra loro in parallelo ed, insieme,
risultano in serie alla resistenza R4, si ha quindi che:
Req = R 4 +
R1 ⋅ R 2
= 200Ω
R1 + R 2
Il circuito semplificato risulta quindi il seguente:
A
I3
Veq
E3
Req
R3
B
Si ha quindi che:
I3 =
Veq − E 3
= 200mA
Re q + R3
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Principio di Norton
Il principio di Norton afferma che:
una qualsiasi parte di un circuito elettrico configurabile come un bipolo, può essere
sostituita da un generatore ideale di corrente Ieq con in parallelo una resistenza Req.
Circuito elettrico completo
Parte
inalterata
del circuito
A
Ieq
Req
B
Il valore della corrente erogata dal generatore Ieq è pari alla corrente erogata dal solo
bipolo da sostituire dopo averne cortocircuitato i punti A e B, in altre parole, rappresenta
la corrente di cortocircuito erogata dal bipolo da sostituire.
Il valore della resistenza Req è data dalla resistenza offerta dal solo bipolo da sostituire
dopo aver annullato l’effetto dei generatori presenti. Quest’ultima condizione si ottiene
cortocircuitando i generatori di tensione presenti nel bipolo ed aprendo quelli di corrente.
L’applicazione del principio avviene con le stesse modalità esposte nell’esempio precedente.
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Teorema di Miller
Anche questo teorema è finalizzato alla semplificazione delle reti elettriche complesse per
semplificarne lo studio. Il teorema è applicabile a condizione che la rete possa essere considerata
come costituita da due bipoli connessi tra loro da una resistenza.
A secondo della disposizione della resistenza, si possono distinguere due casi:
Teorema sulle tensioni: quando la resistenza è disposta in serie ai due bipoli.
Teorema sulle correnti: quando la resistenza è disposta in parallelo ai due bipoli.
R
V1
I
I
V2
V1
I
R1 R2
V2
Tenendo conto dei versi delle correnti si ha che:
V1 + V 2 = R ⋅ I
V 1 = R1 ⋅ I e V 2 = R 2 ⋅ I
Dividendo membro a membro le prime due equazioni si ha che:
V1 + V 2 R
=
da cui R1 =
V1
R1
R
V2
1+
V1
Dividendo membro a membro la prima e la terza equazione si ha che:
V1 + V 2
R
=
da cui R 2 =
V2
R2
R
V1
1+
V2
Si noti che R1 + R2 = R
Quello ora esposto è il teorema di Miller sulle tensioni.
Il teorema di Miller sulle correnti è invece il seguente
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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I1
V
I2
V
R
I2
I1
R1 R2
V
V
Tenendo conto dei versi delle correnti si ha che:
I1 + I 2 = V / R
I1 = V / R1 e I 2 = V / R 2
Dividendo membro a membro le prime due equazioni si ha che:
I1 + I 2 R1
I2
=
da cui R1 = R ⋅ (1 + )
I1
R
I1
Dividendo membro a membro la prima e la terza equazione si ha che:
I1 + I 2 R 2
=
I2
R
da cui R 2 = R ⋅ (1 +
I1
)
I2
Si noti che ora R1 // R2 = R
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Misure di resistenza
Il più semplice metodo di misura di resistenza è noto con il nome di metodo volt-amperometrico.
Questo metodo, basato sulla legge di Ohm, consiste nel calcolo del rapporto tra la tensione misurata
ai capi di una resistenza RX e la corrente che la attraversa.
I possibili schemi applicativi risultano i seguenti:
I
I
IR
IR
V
Eo
RX
Eo
V
RX
Si ritiene necessario evidenziare che, gli strumenti utilizzati sono reali e quindi caratterizzati da una
propria resistenza interna:
RV per il voltmetro, molto grande ma non infinita
RI per l’amperometro, molto piccola ma non nulla.
Per entrambi i circuiti, il valore Rm della resistenza misurata sarà dato dal rapporto tra il valore Vm
della tensione misurata dal voltmetro ed il valore della Im della corrente misurata dall’amperometro.
Per il primo circuito si ha che:
Rm =
Vm
Im
Dal circuito si può notare che, la corrente misurata Im è effettivamente quella che fisicamente scorre
nella resistenza incognita RX mentre la tensione misurata Vm non coincide con quella che
effettivamente esiste ai capi della resistenza RX ma è più grande in quanto comprensiva della piccola
caduta di tensione ai capi dell’amperometro.
La relazione precedente diventa pertanto la seguente:
Rm =
VI + VR VI VR
=
+
= RI + R X
IR
IR IR
Dal risultato ottenuto si può notare che, la resistenza che in realtà viene misurata non è altro che la
somma della resistenza incognita RX con la resistenza interna dell’amperometro RI che, tra l’altro,
risultano circuitalmente in serie.
Nel caso in cui risultasse RX >> RI si avrebbe che Rm ≈ RX e quindi una misura corretta.
L’errore assoluto commesso in questa misura risulta:
ε = R X − Rm = R X − ( RI + R X ) = − RI
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
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Per il secondo circuito si ha che:
Rm =
Vm
Im
Dal circuito si può notare che, la tensione misurata Vm è effettivamente quella fisicamente ai capi
della resistenza RX mentre, la corrente misurata Im non coincide con quella che effettivamente scorre
nella resistenza RX ma è più grande in quanto comprensiva della piccola corrente che scorre nel
voltmetro.
La relazione precedente diventa pertanto la seguente:
Rm =
VR
I R + IV
per maggior comodità viene usato il seguente sviluppo:
I
I
1
1
1
= R + V =
+
da cui si ottiene:
Rm VR VR R X RV
Rm =
R ⋅R
1
= X V
1
1
R X + RV
+
R X RV
Dal risultato ottenuto si può notare che, la resistenza che in realtà viene misurata non è altro che il
parallelo delle resistenze RX ed RV, questo risultato era abbastanza prevedibile dalla semplice
osservazione del circuito di misura.
Nel caso in cui risultasse RX << RV si avrebbe che Rm ≈ RX e quindi una misura corretta.
L’errore assoluto commesso in questa misura risulta:
ε = R X − Rm = R X −
A.C. Neve – Reti lineari 2.0
R X ⋅ RV
R ⋅R
= X X
R X + RV R X + RV
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