Anatomia for dummies del 17 Maggio 2011
Cos’è la carcinosi peritoneale? E perché a lungo – ancora oggi, in molti posti – è stata
considerata una condizione terminale? E chi o cosa ha cambiato le regole del gioco?
Per rispondere a queste domande è necessario prima capire con cosa abbiamo a che fare.
Ci diamo quindi alcune tappe da rispettare, alcune delle quali di materia abbastanza ostica.
La prima tappa è quella dell’anatomia, inevitabile per capire “dove siamo”. Cercheremo di
renderla il più semplice possibile – “for dummies”, come recita il titolo di una celebre collana
di libri – ma dovremo fare qualche inevitabile riferimento a concetti non proprio semplicissimi
per chi non faccia il medico. ci aiuteremo con qualche illustrazione e alcune fotografie scattate
durante procedure chirurgiche realizzate nel nostro Istituto.
Andiamo quindi per ordine.
Il peritoneo
Il peritoneo è una membrana sottile, traslucida, in condizioni normali molto morbida e
scivolosa al tatto.
Avvolge tutto l’interno della cavità addominale (FIG. 1), seguendone le curvature, gli anfratti e
le sinuosità; si ribatte sugli organi che trova sul suo cammino e forma cavitazioni dietro ai
medesimi; forma inoltre ispessimenti come il grembiule omentale (o grande omento) (FIG. 2),
tende come il piccolo omento, propaggini a nappa come le appendici epiploiche del colon.
Messo per esteso, comprendendo la capsula glissoniana che avvolge il fegato (FIG. 3) , il
peritoneo potrebbe rivestire il pavimento di una stanza di discrete dimensioni; ammesso che
una valutazione del genere possa avere un significato, si tratta di una superficie di tutto
rispetto e questo rende ragione della difficoltà di un intervento che, nella sua versione più
estesa, viene denominato dagli americani MOAS, acronimo che sta per Mother of The All
Surgeries.
Da un punto di vista istologico, il peritoneo è un mesotelio (FIG. 4), cioè un tessuto formato
da cellule piatte di derivazione dal mesoderma delle placche laterali: il mesoderma è uno dei
tre foglietti (gli altri sono l’endoderma e l’ectoderma) che costituiscono l’abbozzo
dell’embrione, l’inizio della vita dell’essere umano. Questo dato – che può sembrare solo
mero nozionismo – è importante per capire la distribuzione della malattia sulla superficie della
sierosa; e risulterà anche più importante allorquando parleremo di un tumore primitivo come
il mesotelioma, se si considera che tale malattia ha un “tempo di incubazione” (non è il
termine corretto ma rende l’idea) di 30 anni circa!
Le cellule si dispongono come le mattonelle di un pavimento (FIG. 5).
Lo spessore del peritoneo è variabile: da 0.1-0.2 mm quello parietale, quello cioè attaccato
alla parete addominale, quello insomma che riveste la cavità addominale; a 0.05 mm quello
viscerale, che riveste gli organi. Il foglietto parietale e quello viscerale sono in continuità
armonica l’uno con l’altro tramite strutture di sostegno, fissazione e ammortizzazione che si
chiamano mesi, legamenti, epiploon (o omenti che dir si voglia). Per esempio, anche il grande
omento, o grembiule omentale, o omento propriamente detto, è una parte del peritoneo: si
stende – anzi, cade, come un lenzuolo steso ad asciugare – dalla cornice del colon trasverso a
coprire e proteggere le anse del piccolo intestino che, da sole, occupano la maggior parte dello
spazio della cavità addominale. La funzione del grande omento è proprio di tipo protettivo.
La cavità peritoneale nell’uomo (FIG. 6) è completamente chiusa, mentre nella donna
comunica con l’esterno tramite le tube e, attraverso esse, l’utero e la vagina (FIG. 7).
È interessante notare come il peritoneo viscerale, ripiegandosi contro gli organi che avvolge,
delimiti alcune logge nelle quali gli organi stessi sono accolti: si parla, per esempio, di loggia
epatica, loggia splenica, loggia pancreatica, eccetera. Ma non basta: fra gli organi e le strutture
legamentose si formano spazi, recessi, cavità e retrocavità. Per esempio: scollando il grande
omento dal colon trasverso si arriva alla retrocavità degli epiploon, zona meravigliosa e
misteriosa (almeno, a studiarla solo sui libri) dietro allo stomaco; aprendo il piccolo omento si
identifica la borsa omentale; e così via. Da un punto di vista pratico, queste sono zone che il
chirurgo veramente appassionato di anatomia deve conoscere a menadito e quasi amare.
Aprire questi spazi vuol dire sicuramente prolungare l’intervento per un tempo supplementare
non indifferente: sono zone impervie e, da un certo punto di vista, paragonabili a una scalata di
sesto grado. Fare la peritonectomia del pavimento della borsa omentale è molto difficile e,
spesso, giunge al termine di una procedura chirurgica molto complessa: la tentazione di
lasciare perdere un settore così impervio è spesso irresistibile. Trascurare però una di
queste zone durante una peritonectomia vuol dire, nella migliore delle ipotesi, non essere
radicali e nella peggiore esporre il paziente al rischio di una ripresa di malattia.
La disposizione del peritoneo tende a delimitare due grossi ambiti: una è la cavità peritoneale
propriamente detta, oggetto della nostra attenzione; l’altra è lo spazio retroperitoneale (FIG.
8), che è al di sotto del foglietto parietale posteriore. Questo spazio, in cui vengono accolti
aorta e vena cava inferiore, duodeno e pancreas e reni, non è oggetto della nostra attenzione,
perché la malattia non si raccoglie in tale ambito, se non sotto forma di metastasi ai
linfonodi; ma la linfoadenectomia è un atto chirurgico diverso dalla peritonectomia
propriamente detta; la sua necessità implica una malattia più avanzata, sulla cui indicazione
chirurgica sarà meglio discutere con attenzione.
Vediamo adesso la disposizione degli ispessimenti del peritoneo. A livello del fegato abbiamo
tutto il complesso sistema dei legamenti sospensori, che tengono fisso il fegato nella sua
posizione
LEGAMENTO ROTONDO e FALCIFORME del fegato (FIG. 9): il legamento rotondo collega
l’ombelico con la fossa ombelicale del fegato; ospita i residui della vena ombelicale che, nella
vita embrionale, serviva al collegamento con la placenta materna. Il legamento rotondo è una
struttura tubulare; il legamento falciforme ricorda una vela, molto elegante, che si diparte dal
rotondo e arriva ai due legamenti coronari, quello destro e quello sinistro. La demolizione del
legamento falciforme in direzione del diaframma permette l’esposizione della cosiddetta “area
nuda”, vale a dire quella che ospita le vene sovra epatiche al loro ingresso nella vena cava
inferiore
LEGAMENTI CORONARI DEL FEGATO
1. Foglietto anteriore: si continua con la porzione destra del legamento falciforme, nel punto in
cui il peritoneo si riflette passando dal diaframma al lobo destro del fegato.
2. Foglietto posteriore: dalla porzione posteriore del lobo destro al surrene e rene destro.
LEGAMENTI TRIANGOLARI destro e sinistro: sono localizzati in corrispondenza del punto di
unione tra i legamenti coronari anteriore e posteriore.
1. Foglietto anteriore: si continua con la parete sinistra del legamento falciforme. In
corrispondenza di esso il peritoneo si riflette passando dal diaframma al lobo sinistro del fegato.
2. Foglietto posteriore: è posteriore rispetto a quello anteriore sopradescritto, è posto in
corrispondenza del punto in cui il peritoneo si riflette passando dal lobo sinistro del fegato al
diaframma. I due foglietti si uniscono dando luogo alla formazione di una piega con la punta a
sinistra.
LEGAMENTI EPATOGASTRICO ED EPATODUODENALE: rappresentano il piccolo omento, che si
estende dall’ilo del fegato allo stomaco e al duodeno.
AREA NUDA DEL FEGATO: è una porzione del fegato che non è ricoperta da peritoneo. Tale
porzione è posta tra i due foglietti (o pareti) dei legamenti coronari.
GRANDE OMENTO (FIG. 10) : ispessimento peritoneale che origina alla grande curvatura dello
stomaco, incrocia il colon traverso e discende anteriormente ai visceri addominali.
LEGAMENTO GASTROCOLICO: la porzione dell’omento posta tra stomaco e colon traverso.
LEGAMENTO FRENICOLIENALE (LIENORENALE): porzione del mesentere dorsale che va dal
rene sinistro alla milza. È la parte che liberiamo per “lasciare giù” il rene facendo la
peritonectomia di quel settore
LEGAMENTO GASTROSPLENICO: porzione del mesentere dorsale che si estende tra milza e
stomaco. Contiene i vasi gastrici brevi che noi sezioniamo quando facciamo la peritonectomia
diaframmatica sinistra in blocco con la splenectomia
MESOCOLON TRASVERSO: è il peritoneo che sospende il colon traverso e ne contiene i vasi.
LEGAMENTO FRENOCOLICO: piega peritoneale che si estende dalla flessura colica di sinistra al
diaframma. Rappresenta un supporto per la milza.
VENTAGLIO MESENTERICO (o MESENTERE) (FIG. 11): piega peritoneale ampia, a forma di
ventaglio, che sospende digiuno e ileo alla parete posteriore del corpo.
BORSA OMENTALE: recesso del piccolo omento, situato posteriormente allo stomaco.
Limiti: anteriormente, lobo caudato del fegato, piccolo omento, stomaco, grande omento;
posteriormente, grande omento, colon traverso e mesocolon, rene e surrene di sinistra; a
destra si apre nel grande omento; a sinistra si trovano il legamento frenocolico, l’ilo della milza
e il legamento gastrolienale.
Suddivisioni: vestibolo, tra il forame epiploico e la piega gastropancreatica; recesso
superiore, tra il lobo caudato del fegato e il diaframma; recesso alienale, tra la milza e lo
stomaco; recesso inferiore, include le restanti porzioni inferiori.
RETROCAVITÀ DEGLI EPIPLOON (FIG. 12): apertura esistente tra le cavità peritoneale (grande
cavità peritoneale) e la parte posteriore; la sua identificazione coincide con la visualizzazione,
dopo lo scollamento colo-epiploico, della parete posteriore dello stomaco e del margine
inferiore del pancreas
Limiti: anteriormente, angolo del piccolo omento; posteriormente, vena cava inferiore;
superiormente, lobo caudato del fegato; inferiormente, duodeno (FIG. 13), con visione a
sinistra del peduncolo epatico – in primo piano – della vena cava inferiore).
Nell’angolo libero del piccolo omento si trovano: dotto biliare comune, che decorre verso
destra, assieme all’arteria epatica posta a sinistra del dotto stesso; la vena porta è situata
posteriormente ad entrambi.
Non entreremo in ulteriori dettagli anatomici di difficile comprensione se esplicitati in forma di
trattato; è invece possibile che torneremo a parlare di determinate zone specifiche nel corso
della discussione o in altri topics. Per quanto concerne questo specifico capitolo, ci limiteremo
invece a parlare di due aspetti importanti:
1.Il liquido: è una soluzione acquosa di elettroliti, proteine e altre sostanze di tipo plasmatico.
È un ottimo veicolo di cellule di sfaldamento, e questo ci spiega uno dei possibili meccanismi di
insemenzamento dell’area peritoneale da parte di neoplasie maligne. Oltre a essere un veicolo
“neoplastico” – aspetto chiaramente sfavorevole – c’è anche un aspetto vantaggioso del
liquido peritoneale: grazie a un’adeguata azione lubrificante, agevola lo scorrimento viscerale.
Il liquido aumenta nettamente durante le situazioni patologiche, non solo neoplastiche, ma
anche infiammatorie (peritonite) e persino in certe situazioni fisiologiche non particolarmente
allarmanti ma che possono dar luogo a equivoci clinici: per esempio nella donna durante
l’ovulazione ci può essere una certa quota di versamento liquido che – se visto
ecograficamente – può creare problemi diagnostici
2.La fisiologia: il peritoneo assolve essenzialmente le seguenti funzioni:
a.Lo scorrimento viscerale, grazie anche all’azione lubrificante del liquido
b.Contribuisce a costruire sistemi di fissazione degli organi alle pareti
c.Esercita un’azione dialitica, grazie a cui filtrano liquidi e molecole; questa potenzialità viene
sfruttata per la dialisi peritoneale e – lo vedremo – è anche alla base del concetto di
chemioterapia ipertermica endoaddominale
d.Reagisce a stimoli infiammatori e infettivi: è quanto succede nella cosiddetta peritonite,
termine peraltro usato sovente a sproposito
Questi dati, tutti molto interessanti, permettono al giorno d’oggi di oltrepassare l’idea che il
peritoneo sia una specie di mera impalcatura o “tappezzeria” della nostra cavità addominale.
Secondo l’ipotesi di Paul Sugarbaker, il peritoneo è da considerarsi un vero e proprio organo
e come tale dovrebbe essere trattato nella valutazione di una neoplasia che lo insemenza.
Questo aspetto è particolarmente rivoluzionario, perché ha fatto passare il chirurgo
dall’idea della malattia tanto più curabile quanto più localizzata, ad una prospettiva
completamente diversa, quella della quota complessiva di malattia, per quanto diffusa possa
essere.
Questo è un concetto che si applica essenzialmente sulle patologie primitive del peritoneo, e
cioè il mesotelioma maligno e lo pseudomixoma: sono malattie che possono anche guarire,
nessuno sforzo deve essere trascurato per asportare tutto il visibile.
Nelle neoplasie secondarie, invece, non tutte le carcinosi sono curabili, cioè asportabili con
intento di radicalità, e questo per un motivo fondamentale: la malattia molto diffusa è una
malattia biologicamente molto aggressiva, e quindi non ha nessun senso sottoporre il paziente
a un intervento massacrante nel caso di una malattia metastatica perché, per quanti sforzi
possiamo fare, la biologia ci sconfiggerà.
È anche per questo che Sugarbaker ha codificato un punteggio da attribuire alla malattia
peritoneale (FIG. 14) che, in tal modo, ha una sua quantificazione precisa e parametrabile, che
darà un valore predittivo al nostro atto e che potrà essere riconsiderata dopo un’eventuale
chemioterapia primaria, se il nostro intervento chirurgico non dovesse essere fattibile sul
momento. Altrimenti detto: se noi ci troviamo di fronte a una diffusione rilevante di malattia,
è probabile che non potremo fare un intervento d’émblèe ma dovremo avviare il paziente
a un programma di chemioterapia.
Se avremo calcolato esattamente la quota di malattia presente prima della chemioterapia,
potremo valutare oggettivamente gli effetti della nostra terapia e quindi capire se la malattia
è diventata operabile e, nel contempo, esprimere una valutazione prognostica indispensabile a
determinare la reale qualità terapeutica del nostro atto