Note 5 - Sezione di Fisica

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Chapter 7
Atomi a più elettroni
7.1
Lo spin
Gli esperimenti indicano che alle particelle si deve associare un “momento angolare intrinseco”, o spin, indipendentemente dalla loro natura (particelle elementari o con una struttura interna), e indipendentemente dal loro moto nello
spazio. Si tratta di una variabile in più necessaria per descrivere il sistema.
Lo spin di una particella può comparire nell’hamiltoniana sia perchè accoppiato ad esempio con un campo magnetico esterno, o perchè accoppiato con lo
stesso momento angolare orbitale, e quindi dare origine a effetti chiaramente
osservabili.
Lo spin S è un momento angolare—nel senso che soddisfa all’algebra di
commutazione (A.39)—e quindi valgono tutti i risultati della sez.A.7. Inoltre,
l’autovalore di S 2 è una proprietà intrinseca di un tipo di particelle, e quindi
ciò che varia è la proiezione ms dello spin lungo un asse.
In particolare lo spin dell’elettrone è 1/2. Ciò significa che S 2 ha il valore
fissato (3/4)h̄2 , e la sua proiezione lungo un asse ha autovalori −h̄/2 o +h̄/2.
Lo spin di un elettrone può essere rappresentato dalle matrici di Pauli:


σ
h̄  x 
S =  σ y  , σx =
2
σz
0 1
1 0
!
, σy =
0 −i
i
0
!
, σz =
1
0
0 −1
!
. (7.1)
Tali matrici agiscono su vettori di dimensione 2, gli spinori:
φ=
α
β
!
(7.2)
,
in cui la parte superiore (α) rappresenta lo stato con spin up, la parte inferiore
(β) lo stato con spin down. Si verifica facilmente che le matrici di Pauli danno
le corrette relazioni di commutazione, e in più
3h̄2
h̄2 2
S =
(σx + σy2 + σz2 ) =
4
4
2
78
1 0
0 1
!
=
3h̄2
.
4
(7.3)
7.2
Composizione di momenti angolari: la rappresentazione accoppiata
Consideriamo un sistema in cui J1 e J2 sono due operatori momento angolare che commutano tra loro. Ciò accade quando si riferiscono a sistemi
fisici indipendenti; ad esempio i momenti angolari di due particelle diverse,
oppure il momento angolare orbitale e quello di spin di una stessa particella
nell’assunzione che non vi siano interazioni che li accoppiano. Avremo quindi
quattro osservabili commutanti per descrivere il sistema: J12 , J1z , J22 e J2z , e
gli autostati comuni saranno caratterizzati dall’insieme di numeri quantici j1 ,
m1 , j2 e m2 . Dati j1 e j2 , avremo quindi (2j1 + 1)(2j2 + 1) stati distinti.
Esiste anche un’altro utile insieme di osservabili per descrivere lo stesso
sistema. Definiamo l’operatore momento angolare totale
J = J1 + J2
(7.4)
È immediato verificare che anche J deve soddisfare all’algebra di commutazione
del momento angolare. Infatti
[Jx , Jy ] =
=
=
=
[J1x + J2x , J1y + J2y ]
[J1x , J1y ] + [J2x , J2y ]
ih̄J1z + ih̄J2z
ih̄Jz
(7.5)
avendo sfruttato il fatto che i commutatori fra componenti relative al sistema
1 e al sistema 2 sono per ipotesi nulle. Avremo quindi [Jz , J 2 ] = 0.
Possiamo descrivere allora il sistema anche usando i quattro operatori J12 ,
2
J2 , J 2 e Jz . Si tratta della cosiddetta rappresentazione accoppiata (il motivo
di questo nome sarà chiaro tra breve). Per dimostrare che commutano tutti fra
loro ci resta da vedere che [J12 , J 2 ] = [J22 , J 2 ] = 0, e che [J12 , Jz ] = [J22 , Jz ] = 0.
[J12 , J 2 ] =
=
=
=
=
e
[J12 , Jx Jx + Jy Jy + Jz Jz ]
Jx [J12 , Jx ] + [J12 , Jx ]Jx + (. . .)
Jx [J12 , J1x + J2x ] + [J12 , J1x + J2x ]Jx + (. . .)
Jx [J12 , J1x ] + [J12 , J1x ]Jx + (. . .)
0
[J12 , Jz ] = [J12 , J1z + J2z ]
= [J12 , J1z ]
= 0
(7.6)
(7.7)
Indichiamo con j1 , j2 , j e m i numeri quantici che caratterizzano gli autovalori
dei nostri operatori. Dati j1 e j2 , j varierà da un certo jmin a un certo jmax ,
che ora identificheremo.
m è la proiezione di Jz = J1z + J2z , e quindi per definizione dovrà essere
m = m1 + m2 . Da questo si desume che il massimo valore possibile per m è
j1 + j2 , ma il massimo valore possibile per m è anche pari a jmax . Dunque
jmax = j1 + j2 .
79
jmin si ottiene imponendo che il numero totale di stati sia lo stesso ottenuto
nella prima rappresentazione:
j1X
+j2
(2j + 1) = (2j1 + 1)(2j2 + 1)
(7.8)
j=jmin
Si può verificare che questo fornisce jmin = |j1 − j2 |.
Dunque j = |j1 − j2 |, . . . , j1 + j2 . Si può pensare che nel caso j = |j1 − j2 | i
due vettori abbiano la stessa direzione ma verso opposto, e nel caso j = j1 + j2
la stessa direzione e verso; i casi intermedi corrispondono a momenti angolari
che puntano in direzioni diverse.
7.2.1
Esempio: singoletti e tripletti
Supponiamo che sia j1 = 1/2 e j2 = 1/2. Avremo quattro stati indipendenti,
con m1 = ±1/2 e m2 = ±1/2. Passiamo alla rappresentazione accoppiata. I
possibili valori di j sono j = 0 e j = 1. Nel caso j = 0 si può avere solo m = 0
(“stato di singoletto”). Nel caso j = 1 si avrà m = 0, ±1 (“stati di tripletto”).
In totale vi sono sempre quattro stati.
7.2.2
Presenza di accoppiamento
Perchè abbiamo introdotto questa rappresentazione, apparentemente equivalente a quella che considera i due momenti angolari separatamente? Il motivo è
che in molti casi sono presenti termini nell’hamiltoniana che accoppiano i momenti angolari tra loro. Comune è ad esempio il caso di una “coppia” che tende
ad allineare i due vettori:
H = . . . − AJ1 · J2
(7.9)
In presenza di tale termine, J1z e J2z non sono più conservati, ossia non sono
più buoni numeri quantici. Infatti
[J1z , −AJ1 · J2 ] = −A[J1z , J1x J2x + J1y J2y + J1z J2z ]
(7.10)
= −A[J1z , J1x ]J2x − A[J1z , J1y ]J2y
(7.11)
= −ih̄A(J1y J2x − J1x J2y )
(7.12)
e questo operatore in generale non è nullo.
Viceversa, è immediato vedere che J1z +J2z è conservato, in quanto [J2z , −AJ1 ·
J2 ] risulta essere uguale al termine calcolato qua sopra con segno opposto.
7.3
Particelle identiche: principio di indistinguibilità
Nella meccanica quantistica non esiste il concetto di traiettoria della meccanica
classica, che presuppone la conoscenza simultanea della posizione e della velocità
delle particelle. Ciò ha delle importanti implicazioni.
Supponiamo di considerare due particelle del tutto identiche (ad esempio
due elettroni), e di determinare con elevata precisione la loro posizione ad un
80
certo istante t, trovando due posizioni r1 e r2 . Supponiamo di ripetere la misura
ad un successivo istante t0 , trovando delle posizioni r01 e r02 . Siamo in grado di
dire se la particella in r01 era quella che si trovava in r1 , oppure quella che si
trovava in r2 all’osservazione precedente? La risposta è no.
Questo è un principio generale che prende il nome di “principio di indistinguibilità”: Dato un sistema contenente N particelle fra loro identiche, è impossibile che una misura dia risultati diversi se si immagina di scambiare fra loro
due particelle. In altre parole, il sistema deve essere simmetrico rispetto a tutte
le permutazioni possibili.
Immaginiamo per il momento di avere a che fare con un sistema in cui le
particelle non interagiscono fra loro. Il problema di Schrödinger è allora separabile in N equazioni ad una particella, ed è possibile scrivere una soluzione per
la funzione d’onda complessiva in forma di prodotto di soluzioni delle funzioni
d’onda per le singole particelle. Per un sistema a due particelle:
ψ(1, 2) = φ1 (1)φ2 (2)
(7.13)
dove abbiamo indicato con (1) e (2) le variabili associate alle due particelle
(tipicamente per ogni particella le tre coordinate di posizione e la variabile di
spin intrinseco), mentre invece gli indici bassi in φ1 e φ2 indicano la particolare funzione d’onda scelta, classificata coi numeri quantici del problema a una
particella.
Ebbene, la (7.13) non è una soluzione accettabile perchè—pur soddisfacendo
all’equazione di Schrödinger—viola il principio di instinguibilità. Lo scambio
delle particelle porta infatti ad una funzione
ψ(1, 2) = φ2 (1)φ1 (2)
(7.14)
che pure è soluzione dell’equazione di Schrödinger ed è nettamente diversa dalla
precedente. Ad esempio φ1 potrebbe essere un orbitale 1s, φ2 un orbitale 2p,
e le due funzioni sopra darebbero origine a distribuzioni di densità (quantità
misurabili) diverse.
È comunque possibile costruire soluzioni che soddisfano al principio di indistinguibilità combinando opportunamente le (7.13) e (7.14):
1
ψs (1, 2) = √ [φ1 (1)φ2 (2) + φ2 (1)φ1 (2)]
2
(7.15)
(funzione d’onda simmetrica) e
1
(7.16)
ψa (1, 2) = √ [φ1 (1)φ2 (2) − φ2 (1)φ1 (2)]
2
√
(funzione d’onda antisimmetrica) I fattori 1/ 2 servono a mantenere le normalizzazioni corrette. Il principio di indistinguibilità è ovviamente soddisfatto
per la (7.15). Nel caso della (7.16), lo scambio delle particelle porta ad un
cambiamento di segno, ma le quantità osservabili (associate a |ψ|2 ) restano
inalterate.
Quale delle due trasformazioni va scelta? La risposta dipende dal tipo di
particella, come discusso nella prossima sezione.
81
7.4
Operatori di permutazione
Consideriamo un sistema a due particelle e chiamiamo P l’operatore che le
scambia. Ossia:
(7.17)
P ψ(1, 2) ≡ ψ(2, 1)
per qualsiasi funzione d’onda. Si vede subito che P è un ”operatore idempotente”, ossia soddisfa a P 2 = 1, e quindi P = P −1 .
Il principio di indistinguibilità ci dice che qualsiasi misura deve dare lo
stesso risultato se effettuata sullo stato ψ o sullo stato P ψ. Se l’operatore A
corrisponde ad una generica osservabile e il sistema è in un autostato di A:
Aψ = aψ
(7.18)
(ossia, una misura di A dà come risultato un numero a ben definito), allora
deve anche essere vero che
(7.19)
AP ψ = aP ψ
D’altra parte applicando l’operatore P a sinistra e a destra nella prima equazione
si ha anche
(7.20)
P Aψ = aP ψ
Sottraendo tra loro le ultime due equazioni e notando che questo deve valere
per qualsiasi stato fisico ψ, deve allora essere
[P, A] = 0
(7.21)
ossia l’operatore P deve commutare con qualsiasi osservabile fisica, inclusa
l’energia:
(7.22)
[P, H] = 0
e quindi è una quantità conservata. Dalla proprietà di idempotenza si inferisce
inoltre che se P ψ = λψ, deve valere λ2 = 1, ovvero i suoi autovalori possono
essere solamente +1 oppure −1.
Risulta che il segno dell’autovalore dell’operatore di scambio, o parità, è una
proprietà intrinseca del tipo di particella. Le particelle si dividono in
• bosoni: P ψ = +ψ
• fermioni: P ψ = −ψ
dove P è riferito a una qualsiasi coppia di particelle di quel tipo. Un insieme
di particelle si comporta dunque sempre in un dato modo, che dipende esclusivamente dal carattere di bosone o fermione della particella.
7.5
Caso di più particelle e sistemi composti
Se un sistema è costituito da N particelle identiche anzichè da due, i risultati
ottenuti si generalizzano facilmente. Indicato con P un generico operatore di
82
permutazione che applicato su uno stato di N particelle dà lo stato equivalente
in cui le particelle sono state tra loro permutate in modo arbitrario, si avrà
Pψ = ψ
(7.23)
Pψ = (−1)M ψ
(7.24)
per qualunque sistema di bosoni, e
per un sistema di fermioni, dove M è il numero di scambi di coppie necessario
per arrivare dallo stato iniziale a quello finale.
Da ciò segue subito anche la regola per trovare il carattere di un sistema
costituito da particelle non elementari, ma internamente costituite da k bosoni e
` fermioni. Poichè scambiare tra loro due di queste particelle significa scambiare
tra loro k bosoni e ` fermioni, si ha subito che la particella composta è un bosone
se ` è pari, e un fermione se ` è dispari, indipendentemente da k.
Con argomenti di meccanica quantistica relativistica si può dimostrare che
• le particelle a spin intero sono bosoni
• le particelle a spin semiintero sono fermioni.
È facile vedere che nel caso di particelle composte la regola di composizione dei
momenti angolari dà un risultato consistente: l’insieme di k particelle a spin
intero e ` particelle a spin semiintero dà una particella a spin intero se ` è pari,
o una a spin semiintero se ` e dispari, indipendentemente da k.
7.6
Determinanti di Slater
Il caso che più ci interessa è quello degli elettroni, che avendo spin 1/2 sono
fermioni, e quindi la loro funzione d’onda deve essere antisimmetrica rispetto
allo scambio di qualsiasi coppia.
Supponiamo che uno stato sia descrivibile in termini di un prodotto di funzioni d’onda ad un elettrone. Come già discusso per due particelle, un semplice
prodotto
ψ(1, 2, . . . , N ) = φ1 (1)φ2 (2) . . . φN (N )
(7.25)
non soddisfa al principio di indistinguibilità perchè non è un autostato degli
operatori di permutazione.
È possibile però costruire una soluzione antisimmetrica per scambio in forma
di un determinante:
φ1 (1) φ1 (2) . . . φ1 (N )
φ2 (1) φ2 (2) . . . φ2 (N )
1 .
.
.
.
ψ(1, 2, . . . , N ) = √ .
.
.
.
N ! .
.
.
.
φ (1) φ (2) . . . φ (N )
N
N
N
(7.26)
Scambiare fra loro due particelle equivale infatti a scambiare fra loro due colonne,
e per le proprietà del determinante questo porta ad un cambiamento di segno.
83
Notiamo però anche che se due qualsiasi delle righe sono fra loro uguali,
il determinante si annulla e quindi una tale funzione d’onda non corrisponde
ad alcun stato fisico. Pertanto tutte le φi devono essere diverse; due (o più)
fermioni identici non possono trovarsi nello stesso stato. Si tratta del noto
principio di esclusione di Pauli.
7.7
Atomi a due elettroni
Supponiamo che lo spin sia separabile dalle coordinate (cosa senz’altro vera se
l’hamiltoniano non contiene termini esplicitamente dipendenti dallo spin). In
tal caso si potrà scrivere
ψ(1, 2) = Φ(r1 , r2 )χ(σ1 , σ2 )
(7.27)
dove Φ è funzione solo delle coordinate r e χ solo degli spin σ.
La ψ(1, 2) è sempre antisimmetrica perchè gli elettroni sono fermioni. Tuttavia, è chiaro che è possibile ottenere questo risultato con una Φ antisimmetrica
e una χ simmetrica, oppure con una Φ simmetrica e una χ antisimmetrica. Dati
le autofunzioni di spin del singolo elettrone, ciascuna delle quali ha due valori
possibili che indichiamo semplicemente con v+ e v− , possiamo costruire tre
funzioni simmetriche dello spin:
χ1,1 = v+ (σ1 )v+ (σ2 )
1
χ1,0 = √ [v+ (σ1 )v− (σ2 ) + v− (σ1 )v+ (σ2 )]
2
χ1,−1 = v− (σ1 )v− (σ2 )
(7.28)
(7.29)
(7.30)
e una antisimmetrica:
1
χ0,0 = √ [v+ (σ1 )v− (σ2 ) − v− (σ1 )v+ (σ2 )]
2
(7.31)
Quelle simmetriche costituiscono un “tripletto” e corrispondono a uno stato
del sistema a due elettroni con spin complessivo pari a 1, e tre possibili valori
per la sua proiezione lungo z: -1, 0 e +1. Quella antisimmetrica costituisce un
“singoletto” e corrisponde a uno stato con spin complessivo 0.
Il valore dello spin complessivo determina quindi la simmetria della parte di
spin, e di conseguenza quella della parte configurazionale. La funzione d’onda
configurazionale antisimmetrica tende a “respingere” i due elettroni, in quanto
non permette che essi possano essere vicini (la funzione d’onda tende ad annullarsi quando gli elettroni vengono portati nella stessa posizione). Per effetto
della repulsione elettrostatica, ciò fa sı̀ che l’energia risultante sia più bassa
di quella del corrispondente caso simmetrico, in cui gli elettroni hanno elevata
probabilità di trovarsi vicini. Per questo motivo, fra gli stati eccitati dell’elio in
cui uno dei due elettroni si trova in un orbitale 2s, lo stato in cui i due spin sono
allineati (ortoelio, tripletto, parte di spin simmetrica e parte configurazionale
antisimmetrica) ha energia più bassa di quello in cui i due spin sono opposti
(paraelio, singoletto, parte di spin antisimmetrica e parte configurazionale simmetrica).
84
Il problema non si pone invece per lo stato fondamentale, in cui entrambi
gli elettroni si trovano in orbitali 1s e quindi, come discusso nella sezione 7.8,
la funzione d’onda configurazionale deve essere simmetrica. Il concetto di “orbitale” verrà chiarito meglio nel capitolo seguente.
E’ lecito chiedersi quale sia la relazione fra la forma della funzione d’onda
data dell’Eq.(7.27) e quella ottenuta come determinante di Slater, Eq.(7.26):
1
ψ(1, 2) = √ [φ1 (1)φ2 (2) − φ2 (1)φ1 (2)] .
2
(7.32)
Si può verificare che una funzioni di tripletto con spin massimo può essere
scritta come determinante di Slater delle due funzioni φ1 (r)v+ (σ) e φ2 (r)v+ (σ).
Si ottiene
1
(7.33)
Φa (r1 , r2 ) = √ [φ1 (r1 )φ2 (r2 ) − φ2 (r1 )φ1 (r2 )] .
2
La funzione di tripletto con spin minimo si ottiene in modo analogo, sostituendo
v− a v+ nella parte di spin. La funzione di tripletto con spin zero non è invece
ottenibili direttamente da un singolo determinante di Slater: bisogna sovrapporne due, uno generato da φ1 (r)v+ (σ) e φ2 (r)v− (σ), l’altro con le parti di spin
scambiate. La sovrapposizione ortogonale degli stessi determinanti di Slater dà
la funzione di singoletto, con
1
Φs (r1 , r2 ) = √ [φ1 (r1 )φ2 (r2 ) + φ2 (r1 )φ1 (r2 )] .
2
(7.34)
Ovviamente se φ1 = φ2 esiste un solo determinante di Slater che coincide con
lo stato di singoletto, e
Φs (r1 , r2 ) = φ(r1 )φ(r2 ).
85
(7.35)
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