NASCITA DEL DIBATTITO RELATIVO ALLA
NATURA DELLA LUCE
Il modello “a raggi” non dice nulla della natura della luce, ma soddisfa
l’esigenza di indicare la direzione in cui la luce si propaga ed è utilizzato per
descrivere numerosi fenomeni:
1. Uno dei fatti ottici più elementari è che la luce si propaga in linea
retta. Collochiamo, ad esempio uno schermo munito di un grande foro
davanti ad una sorgente luminosa puntiforme. Su di una parete, situata
ad una certa distanza dallo schermo, ci apparirà un'area luminosa
nettamente delimitata sopra uno sfondo scuro.
Il disegno mostra in quale modo questo fatto
si ricollega alla propagazione rettilinea della
luce.
Tutti i fenomeni simili nei quali abbiamo a che fare con
luci e ombre possono spiegarsi ammettendo che la luce si propaghi
attraverso il vuoto o l'aria in linea retta.
2. Esaminiamo ora il caso in cui la luce attraversa un materiale
trasparente (per esempio vetro) dopo aver attraversato il vuoto o l'aria.
La sua traiettoria cambia come, ad esempio, mostra il disegno
sottostante.
Questo fenomeno è noto come
rifrazione. Un bastone che immerso
nell'acqua ci appare spezzato è una
delle tante manifestazioni della
rifrazione.
3. Un altro fenomeno molto noto è quello
della riflessione della luce da parte di
specchi piani.
4. La luce può essere
contemporaneamente riflessa e
rifratta.
5. Se la superficie di incidenza non è
sufficientemente liscia, il raggio
incidente viene riflesso in ogni
direzione,
ottenendo
così
il
fenomeno della diffusione per
riflessione.
6. La
dispersione
cromatica
permette di osservare che l’angolo
di rifrazione dipende anche dal
colore del raggio incidente.
 Tutta l'ottica geometrica utilizza ampiamente il modello a raggi per
studiare la formazione di immagini di specchi e lenti.
 Telescopi e microscopi hanno consentito studi sempre più avanzati,
senza che sia stato necessario sapere molto sulla struttura intima della
luce. Ad ogni modo le vicende di Galileo e del cannocchiale avevano
avuto una grande risonanza negli ambienti accademici e in seguito a
ciò gli interessi relativi alle tecniche di costruzione degli strumenti ottici
erano sensibilmente cresciuti. Newton inizia a occuparsi dei fenomeni
luminosi verso il 1660 quando, dunque, il dibattito intorno alla natura
della luce è assai vivo.
Ma che cos’è la luce?
Di che cosa è “fatta”?
Nel corso della storia si è cercato di rispondere a questa domanda (per certi
aspetti ancora aperta) cercando una teoria che sapesse interpretare in
maniera coerente i fenomeni luminosi noti.
Dalla metà del XVII secolo la domanda sulla natura della luce ha dato
luogo ad una lunga controversia scientifica tra due modelli rivali:
Modello ondulatorio
Modello corpuscolare
Robert Hooke, che fu per
tutta la vita rivale scientifico di
Newton, propose l'idea che la
propagazione della luce avvenisse
con un moto ondulatorio, in perfetta
analogia con il suono.
Altri scienziati svilupparono
questa idea. Tra essi Christiaan
Huygens, oggi considerato il
fondatore della teoria ondulatoria
della luce, riuscì a spiegare diversi
fenomeni
ottici
(riflessione,
rifrazione) sulla base di questa
ipotesi.
Newton sostenne che tutti i
fenomeni fisici, anche luminosi,
obbediscono alle leggi della
meccanica spiegando la natura
corpuscolare della luce.
Newton, quindi, negò che la
propagazione della luce avvenisse
con moto ondulatorio, convinto che
la luce, al contrario dei suoni, non
ha la capacità di aggirare gli
ostacoli, e che, quindi, doveva
essere costituita da minuscole
particelle, corpuscoli, emesse dalla
sorgente luminosa (questo era
quello che già i filosofi pitagorici
pensavano nel 400 a. C.).
La maggiore difficoltà incontrata per l'accettazione della teoria ondulatoria è
dovuta
 al fatto che le onde allora note avevano bisogno di un supporto di
materia per potersi propagare, infatti il suono non si propaga nel vuoto.
La luce invece viaggia dal sole fino a noi attraversando spazi privi di
materia.
 inoltre se la luce si diffondesse mediante onde sferiche dovrebbe
formare delle ombre confuse e non ben delineate come invece accade.
Huygens tentò di dare una spiegazione alla prima obiezione immaginando
l'esistenza dell' Etere come mezzo di supporto alla propagazione postulando
l'esistenza di una sostanza estremamente fluida e rarefatta tanto da non
condizionare minimamente il moto dei corpi nello spazio, ma con
straordinarie capacità di elasticità; ciò per giustificare l'elevata velocità con
cui si trasmettono i segnali luminosi.
Furono in molti però a rifiutare l'idea dell'esistenza dell'etere, poiché non
esistevano prove sperimentali a conferma di questa congettura. Primo fra tutti
Newton, il quale al riguardo scriveva nel suo trattato di Ottica del 1704:
``Per spiegare i moti regolari e perpetui dei pianeti e delle comete, è
necessario svuotare i cieli da tutta la materia, [...], ed anche da questo mezzo
etereo eccezionalmente rarefatto, [...], che non è di nessuna utilità ed
ostacola le operazioni della natura; inoltre non vi è alcuna prova inconfutabile
della sua esistenza, la quale perciò dovrebbe essere rifiutata.
E se si rifiuta questa esistenza, anche le ipotesi secondo le quali la luce
consiste in un moto che si propaga attraverso tale mezzo vanno rigettate con
esso.''
L'autorità e la grande considerazione di cui Newton godeva fece propendere
la maggior parte degli studiosi dell'epoca verso la teoria corpuscolare sulla
natura della luce, secondo la quale essa è composta da uno sciame di
particelle di dimensioni infinitesime, soggette anch'esse alle leggi di
gravitazione.
Ma anche se il modello corpuscolare ebbe la meglio fino alla fine del secolo,
rimanevano aperti i gravi problemi insiti in tale teoria, e di conseguenza
rimaneva aperto lo scontro dialettico fra l'una e l'altra ipotesi.