FUNZIONAMENTO DEI GENERATORI SINCRONI Espressione della f.e.m. generata. — Il generatore sincrono, o alternatore, è comunemente una macchina trifase. La determinazione della f.e.m. generata può essere peraltro effettuata con riferimento ad una sola fase, tenendo poi conto del tipo di collegamento tra le fasi per la valutazione della f.e.m. risultante ai morsetti. Si consideri il caso più generale di macchina multipolare e si immagini di sviluppare la circonferenza di indotto su una retta come in fig. 1, nella quale è segnato anche l'andamento delle linee di forza del campo induttore. Se questo si sposta, ad esempio verso destra, con velocità costante v, in un singolo conduttore indotto come A si genera una f.e.m. e1, data dalla formula: e 1 = B ⋅ l ⋅v Fig. 1 - Campo induttore e curva dell'induzione magnetica nell'intraferro. essendo l la lunghezza del conduttore, e B la componente normale al conduttore stesso del vettore induzione che scorre nel traferro. 1 Poichè l e v sono costanti, la f.e.m. indotta varia proporzionalmente ai valori dell'induzione B. Se si vuol ottenere una f.e.m. di forma sinusoidale è pertanto necessario che l'induzione magnetica nell'intraferro sia distribuita secondo un diagramma sinusoidale, come indicato nella fig. b). In corrispondenza della mezzeria fra i due poli la componente dell'induzione normale all'intraferro si annulla, e passando successivamente sotto il polo di nome opposto si inverte. Questa particolare distribuzione dell'induzione rappresenta il caso ideale, al quale i costruttori tendono ad approssimarsi sagomando convenientemente il profilo delle espansioni polari. Comunque, quando è nota la curva che ha per ordinate l'induzione magnetica nell'intraferro, la formula soprascritta permette di calcolare tutti i valori istantanei della f.e.m. che si genera in ogni conduttore indotto. Nel caso di andamento sinusoidale, se con α si indica l'ascissa angolare che individua i punti lungo il traferro a partire da un asse interpolare come Y Y, e con α•p il corrispondente angolo elettrico, la curve rappresentativa della induzione nel traferro ha l'equazione : B = B M ⋅ sen (α ⋅ p ) Per effetto della rotazione della ruota polare questa curva acquista un moto di traslazione a causa del quale la distribuzione sinusoidale del campo induttore si traduce in una variazione sinusoidale nel tempo della f.e.m. indotta nei conduttori statorici. Se Ω è la velocità angolare del rotore, l'angolo α descritto nel tempo t risulta : ω α = Ω ⋅t = ⋅ t p 2 II conduttore posto in A viene quindi tagliato nell’istante t da un vettore induzione il cui valore è: ω B = B M ⋅ sen (α ⋅ p ) = B M ⋅ sen ( ⋅t ⋅ p ) = B M ⋅ sen (ω ⋅t ) p La f.e.m. indotta nel conduttore A all'istante t assume così l'espressione e 1 = B M ⋅ l ⋅v ⋅ sen (ω ⋅t ) = E M ⋅ sen (ω ⋅t ) la quale corrisponde ad una funzione variabile nel tempo con legge sinusoidale, avente la pulsazione ω = Ω⋅p ed il valore massimo E 1M = B M ⋅ l ⋅v proporzionale al valore massimo dell'induzione, alla lunghezza attiva del conduttore e alla velocità periferica del rotore. All'atto pratico tuttavia ciò che interessa conoscere è il valore efficace di questa f.e.m., in dipendenza del flusso Φ che emana da un polo. Se l'induzione magnetica nel traferro ha una distribuzione sinusoidale, il valore efficace della f. e. m. indotta in un singolo conduttore risulta E 1 = K f ⋅ E 1m = 2 ⋅ π ⋅ f ⋅ Φ = 2 ⋅ 1,11 ⋅ f ⋅ Φ = 2,22 ⋅ f ⋅ Φ = 2 ⋅ K f ⋅ f ⋅ Φ 2⋅ 2 K f = fattore di forma (caso sinusoidale = 1,11) 3 Nel caso più generale invece in cui la distribuzione sinusoidale non risulti perfettamente realizzata, occorre introdurre un fattore di forma Kf con valori diversi a seconda della forma effettiva della distribuzione dell'induzione magnetica nell'intraferro: il valore efficace della f. e. m. indotta deve essere espressa in tal caso dalla relazione generale : E 1 = 2 ⋅ K f ⋅f ⋅ Φ Occorre ora esprimere il valore E della f. e. m. indotta in una fase di avvolgimento composta con N conduttori collegati in serie. Se gli N conduttori fossero raggruppati in un solo canale per polo essi verrebbero tagliati contemporaneamente dal campo induttore e le f. e. m. indotte nei singoli conduttori risulterebbero tutte in fase fra loro. I1 valore efficace della f. e. m. risultante sarebbe in tal caso N volte il valore efficace della f. e. m. indotta in ciascun conduttore, e si avrebbe quindi E = NE1 = 2Kf f Φ N 4 Fig. 2 - Origine del fattore d'avvolgimento Ka . Ma è noto invece che nella esecuzione pratica degli avvolgimenti i conduttori indotti di ciascuna fase vengono suddivisi in più canali per polo (fig. 2 a). È chiaro allora che le f. e. m. indotte nei conduttori situati in due canali vicini non sono più in fase fra loro, ma risultano invece sfasate dell'angolo elettrico : α ec = p ⋅ α c 5 corrispondente alla distanza angolare αc che rappresenta il passo alle cave di statore. Nel caso di normali avvolgimenti trifasi, con distribuzione uniforme delle cave, tale angolo viene a dipendere solo dal numero z di cave per polo e per fase e risulta: α ec = 60° z Alle f. e. m. indotte nei conduttori situati nei diversi canali sotto un polo, corrisponde perciò una stella di vettori sfasati l'uno rispetto all'altro dell'angolo αec come in fig. 2 b). In tal caso la f. e. m. risultante dal collegamento in serie fra i conduttori situati nei diversi canali sotto uno stesso polo non è più la somma aritmetica delle singole f. e. m., ma è invece la somma geometrica e cioè il lato di chiusa della poligonale dei vettori componenti. Ne risulta che il valore efficace E della f. e. m. indotta nell'intera fase composta di N conduttori sarà minore di NE1 e precisamente starà a questo valore nello stesso rapporto che passa fra la somma geometrica e la somma aritmetica delle f. e. m. relative ai canali sotto ciascun polo. Questo rapporto si chiama fattore di avvolgimento (o di Blondel). Ponendo allora somma geometrica delle f.e.m. Ka = somma aritmetica delle f.e.m e cioè Ka = E N ⋅E 1 6 il valore efficace della f. e. m. indotta nell'intera fase assume l'espressione E = K a ⋅ N ⋅ E 1 = 2 ⋅ K f ⋅ K a ⋅f ⋅ Φ ⋅ N Ponendo K = 2 Kf •Ka si può infine scrivere : E = K ⋅f ⋅ Φ ⋅ N In quest'ultima il fattore K viene comunemente designato come fattore di Kapp; esso è uguale al doppio prodotto del fattore di forma Kf per il fattore d'avvolgimento Ka. Negli alternatori moderni in cui si realizza con grande approssimazione la forma sinusoidale, per il fattore di forma si assume senz'altro il valore Kf = 1,11. Il fattore d'avvolgimento invece assume valori diversi a seconda del numero dei canali per polo e per fase, e può essere facilmente calcolato in base a semplici considerazioni geometriche. Così negli avvolgimenti trifasi normali lo spazio riservato, sotto ciascun polo, ai canali di una stessa fase corrisponde a 1/3 del passo polare e cioè a 60° elettrici. Il fattore di avvolgimento Ka viene perciò a corrispondere in tal caso al rapporto fra la corda che sottende, in un cerchio di raggio arbitrario, un arco di 60° e la lunghezza di una poligonale equilatera inscritta nell'arco stesso, avente un numero di lati uguali al numero z di canali, per polo e per fase. Con un solo canale per polo e per fase si ha ovviamente Ka = 1. 7 Nella tabella seguente sono raccolti i valori del fattore d'avvolgimento sopra calcolati e il fattore di Kapp che ne risulta assumendo un fattore di forma Kf = 1,11. La tabella è relativa agli avvolgimenti trifasi con ripartizione uniforme dei canali per polo e per fase entro un terzo del passo polare . Tabella Fattore di Kapp per avvolgimenti trifasi Numero canali per polo per fase Fattore d'avvolg. Ka Fattore di forma Kf Fattore di Kapp K = 2 Kf Ka 1 1 1,11 2.22 2 0,965 1,11 2.14 3 0,959 1,11 2.13 4 0,957 1,11 2.124 >4 0.955 1,11 2.12 8 Funzionamento a vuoto dell'alternatore — Caratteristica di magnetizzazione. L'alternatore funziona a vuoto quando, essendo regolarmente eccitato, è trascinato in rotazione alla sua velocità normale col circuito esterno aperto e cioè senza che eroghi corrente. Siccome in tutti gli impianti a corrente alternata la frequenza costituisce un parametro prefissato che deve restare invariabile, la velocità degli alternatori deve essere mantenuta costante, al valore determinato dalla formula 60 ⋅ f n= p Nel funzionamento a vuoto, gli avvolgimenti indotti non sono percorsi da alcuna corrente : essi non esercitano quindi nessuna reazione sul campo induttore, il quale perciò è il solo campo che presiede al funzionamento della macchina. In ogni fase d'avvolgimento si genera allora una f. e. m. indotta chiamata f. e. m. a vuoto, che è determinata dalla formula: E 0 = K ⋅f ⋅ Φ ⋅ N Questa f. e. m. si manifesta integralmente come tensione misurabile fra i due capi estremi della fase, costituendo la tensione a vuoto V0 della fase stessa: se si tratta di un alternatore trifase connesso a triangolo, tale è anche la tensione che si misura ai morsetti dell'indotto; se invece le fasi sono connesse a stella, la tensione ai morsetti è √3Vo L'espressione della f. e. m. indotta è composta, per una data frequenza, di fattori che sono tutti invariabili ad eccezione del flusso induttore Φ che può essere variato regolando l'eccitazione dell'alternatore. La curva che si ottiene portando come ascisse la corrente di eccitazione i e come ordinate i corrispondenti valori efficaci della f. e. m. a vuoto, costituisce in caratteristica a vuoto, 9 o di magnetizzazione, dell'alternatore. Fig. 4 - Caratteristica a vuoto dell'alternatore. Tale curva ha l'andamento caratteristico indicato in fig. 4 il quale corrisponde al noto processo di magnetizzazione e saturazione dei circuiti magnetici della macchina. Al di sotto della saturazione il flusso cresce in proporzione alla corrente di eccitazione e perciò la f. e. m. cresce con andamento sensibilmente rettilineo; a saturazione raggiunta invece il flusso non cresce che assai lentamente, e perciò anche a grandi variazioni della corrente di eccitazione corrispondono solo piccole variazioni della tensione a vuoto. La tensione di funzionamento normale dell'alternatore viene fissata un poco al di la del ginocchio della curva, come in P, affinché le piccole accidentali variazioni della corrente di eccitazione non si traducano in oscillazioni intollerabili di tensione ai morsetti. Non conviene d'altra parte spingere la tensione normale molto al di la del ginocchio, perché il piccolo aumento di tensione che si consegue non compensa la maggior spesa di eccitazione necessaria a produrlo. Nel funzionamento a vuoto dell'alternatore poiché non si genera alcuna potenza elettrica, la potenza meccanica necessaria a mantenerlo in rotazione è solo quella necessaria a compensare le perdite a vuoto Po. 10 Tali perdite sono rappresentate dalle perdite meccaniche Pm dovute agli attriti e alla ventilazione, dalle perdite nel ferro Pf per isteresi e correnti parassite nel pacco lamellare di indotto e nelle espansioni polari (dovute queste ultime alle oscillazioni dei pennelli di flusso che si dirigono verso i denti di indotto) e infine, se l'alternatore è provvisto di eccitazione coassiale, dalla potenza meccanica assorbita dall'eccitatrice, considerata come dinamo funzionante sotto carico: questa potenza costituisce la perdita per eccitazione P ecc. II complesso delle perdite a vuoto risulta pertanto : P o = P m + P f + P ecc Queste perdite devono essere compensate da una uguale potenza meccanica fornita all'alternatore dal motore primo espressa nella forma P o = Ω ⋅C o = ω 2 ⋅ π ⋅f ⋅C o = ⋅C o p p essendo Co la coppia resistente a vuoto. [Alle perdite meccaniche corrisponde la coppia resistente di attrito e ventilazione; alle perdite per eccitazione la coppia resistente della eccitatrice coassiale; alle perdite per correnti parassite in coppia frenante che deriva dalla Legge di Lenz; alle perdite per isteresi infine corrisponde la coppia d'isteresi che si manifesta nel modo seguente: i poli induttori scorrendo davanti alla superficie dell'indotto lo magnetizzano formando altrettanti poli di nome contrario i quali accompagnano in rotazione dei poli induttori; per effetto dell'isteresi accade tuttavia che questi poli indotti restano alquanto arretrati rispetto ai poli induttori. Fra i poli indotti e induttori di nome contrario si manifestano così delle forze le quali ammettono una componente tangenziale opposta al moto: a tali forze è dovuta la coppia frenante di isteresi e la potenza corrispondente si traduce in calore attraverso l'attrito molecolare conseguente al cambiamento continuo di orientazione dei domini magnetici del materiale]. 11 Funzionamento dell’alternatore sotto carico — Reazione di indotto. L'alternatore funziona sotto carico quando eroga corrente su un circuito esterno : ciò non vuol dire necessariamente erogazione di potenza, perché se il circuito esterno è tale per cui la corrente risulti sfasata di 90° in ritardo oppure in anticipo rispetto alla tensione, qualunque sia la corrente, la potenza é nulla. Per questa ragione il carico di un alternatore non viene indicato considerando la potenza reale erogata espressa in kilowatt, ma considerando invece la potenza apparente espressa in kilovoltampere la quale dipende esclusivamente dalla tensione ai morsetti e dalla corrente, indipendentemente dal fattore di potenza del circuito utilizzatore, che interviene invece a determinare la potenza reale. La corrente erogata sul circuito esterno percorre anche gli avvolgimenti indotti dell'alternatore, e genera attorno a questi un campo magnetico che viene denominato campo di indotto o, brevemente, campo indotto : tutti i fenomeni che derivano dalla sovrapposizione di questo campo con il campo induttore sostenuto dalla ruota polare costituiscono i fenomeni della reazione di indotto. 12 Fig. 5 - Campo di indotto in un alternatore trifase bipolare. Occorre dunque esaminare in primo luogo in conformazione del campo indotto. Si consideri a tal fine un alternatore trifase con carico equilibrato, per modo che le tre fasi dell'indotto siano percorse da correnti eguali in valore ed egualmente sfasate sulle rispettive f. e. m. Se si tratta di alternatore bipolare le tre fasi dell'avvolgimento sono costituite da tre bobine eguali, angolarmente spaziate fra loro sulla periferia dell'indotto di 120° come è indicato schematicamente in fig. 5 a). 13 Le tre bobine così disposte e percorse dal sistema trifase delle correnti di carico generano un campo magnetico rotante, il quale compie un giro ad ogni periodo, nel verso in cui si succedono i ritardi di fase delle correnti nelle bobine. Siccome i ritardi di fase delle correnti si seguono nel verso in cui ruota il campo induttore, il quale compie anch'esso un giro per ogni periodo, ne risulta che il campo indotto accompagna senz'altro la rotazione del campo induttore : i due campi induttore e indotto ruotano cioè nello stesso verso e in sincronismo, conservando invariata durante la rotazione, la loro posizione reciproca. La posizione che il campo indotto assume rispetto al campo induttore dipende esclusivamente dalla relazione di fase che intercorre fra le correnti nelle tre bobine e le rispettive f. e. m. Nel caso in cui le tre correnti che l'alternatore eroga sul circuito esterno risultano esattamente in fase con le f. e. m. che le producono, avviene che la corrente i1 nella prima fase passa per il suo valore massimo IM nello stesso istante in cui diviene massima la f. e. m. e cioè nel momento in cui i poli induttori passano esattamente di fronte ai conduttori della fase. In questo stesso istante le correnti i2 e i3 nella seconda e terza fase hanno valori negativi e uguali ciascuno a metà del massimo. I versi delle correnti risultano perciò senz'altro corrispondenti a quelli indicati in figura, come può d'altra parte riconoscersi applicando la regola della mano destra (la regola della mano destra va riferita al moto dei conduttori rispetto al campo : se il polo nord si sposta verso destra è come se i conduttori soggetti all'azione di questo polo si spostassero verso sinistra.). 14 Fig. 5 - Campo di indotto in un alternatore trifase bipolare. Un complesso di correnti così ripartite produce un campo magnetico le cui linee di forza si richiudono, attorno alle correnti stesse, con un andamento il cui asse mediano risulta perpendicolare a quello del campo induttore, originando in tal modo sull'anello magnetico statorico le due polarità indotte N' e S' che accompagnano nella rotazione il campo induttore, mantenendosi costantemente in posizione ortogonale rispetto a quest'ultimo. Si può dire pertanto che quando le correnti erogate dall'alternatore sono in fase con le rispettive f. e. m. l'indotto genera un campo rotante trasverso al campo induttore e che ciascun polo induttore trascina dietro di se nella rotazione un polo indotto di nome contrario. Conseguenza fondamentale di questo fatto è che ciascun polo indotto viene ad esercitare una forza fa di attrazione sul polo induttore di nome opposto che lo precede, ed una forza fr di repulsione su quello di nome uguale che lo segue; la risultante F di queste forze agisce tangenzialmente sui poli induttori in senso 15 contrario al moto come in fig. 5 a'). Fig. 5 - Campo di indotto in un alternatore trifase bipolare. Nasce in tal modo una coppia frenante che si oppone alla rotazione del rotore e conseguentemente, per mantenere la velocità invariata, occorre applicare all'albero della macchina una coppia motrice eguale, spendendo una potenza meccanica esattamente corrispondente alla potenza elettrica generata. 16 Fig. 5 - Campo di indotto in un alternatore trifase bipolare. Nel caso invece di carico puramente induttivo, le correnti erogate dall'alternatore risultano sfasate di un quarto di periodo in ritardo sulle rispettive f. e. m.. Ciò vuol dire che la corrente nella prima fase raggiunge il suo valore massimo con un ritardo di 90° rispetto alla f. e. m., e perciò le correnti nelle tre bobine verranno ad assumere ancora la distribuzione rappresentata in fig. 5 a) solo dopo che i poli induttori hanno già oltrepassato la posizione segnata in questa figura, di un quarto di giro. Ne consegue che il campo induttore e il campo indotto vengono a trovarsi l'uno rispetto all'altro con i poli indotti esattamente affacciati e contrapposti ai poli induttori di egual nome come in fig. 5 b). Si può dire quindi che se le correnti erogate dall'alternatore sono sfasate di 90° in ritardo sulle rispettive f. e. m. l'indotto genera un campo rotante non più trasverso rispetto al campo induttore, ma esattamente opposto a questo e perciò agente come un vero campo smagnetizzante. Le azioni che si esercitano fra i poli indotti e induttori sono in tal caso delle forze radiali, che non offrono alcuna azione frenante rispetto al moto : la coppia resistente è quindi nulla, come è nulla anche la potenza elettrica generata, avendosi in gioco solo correnti swattate (l'alternatore è carico in kilovoltampere, ma è nullo invece il carico in kilowatt). 17 I1 fatto esattamente contrario accade quando l'alternatore funziona su un carico puramente capacitivo erogando correnti sfasate rispetto alle f. e. m. di 90° in anticipo. In questo caso la distribuzione delle correnti come in fig. 5 a), corrispondente al valore massimo della i1, si avrà quando i poli induttori sono ancora arretrati di un quarto di giro. Il campo induttore e il campo indotto vengono così a trovarsi l'uno rispetto all'altro con le polarità di nome contrario affacciate e perciò non più antagoniste ma concordi, come in fig. 5 c). Si può così affermare che se le correnti erogate all'alternatore sono sfasate di 90° in anticipo sulle f. e. m. l'indotto genera un campo rotante esattamente concorde al campo induttore rispetto al quale l'indotto esercita una vera azione magnetizzante. Anche in questo caso le forze che si esercitano tra i poli induttori e indotti hanno direzione radiale e la coppia frenante è ancora nulla. Fig. 5 - Campo di indotto in un alternatore trifase bipolare. 18 Fig. 6 - Campo di indotto in alternatore trifase multipolare. Le considerazioni esposte con riferimento ad un alternatore bipolare si ripetono identicamente per gli alternatori multipolari, nei quali i campi induttore e indotto assumono le configurazioni indicate in fig. 6. Se le correnti erogate dall'alternatore sono in fase con le rispettive f. e. m. come in fig. 6 a), sotto ciascun polo nord del campo induttore, che si muove verso destra, si ha un gruppo di conduttori percorsi da corrente entrante e sotto ciascun polo sud un gruppo di conduttori percorsi da corrente uscente. Questi gruppi di conduttori si contornano di linee di forza che assumono l’andamento corrispondente ad una corona di poli idealmente inserita nel pacco lamellare di indotto, com'è indicato nella figura a'). Tale corona di poli indotti accompagna in rotazione della ruota polare conservando costantemente rispetto a questa una posizione invariata: i poli indotti occupano i vani interpolari fra i poli induttori, e ciascun polo induttore trascina dietro a se, nella rotazione, un polo indotto di 19 nome contrario. Il campo indotto costituisce ancora un campo trasverso che genera una coppia frenante opposta al moto. Se le correnti sono sfasate invece di 90° in ritardo, esse assumono la stessa distribuzione della fig. 6 a) solo dopo che i poli induttori l'hanno già oltrepassata di mezzo passo polare: i poli indotti vengono a trovarsi così esattamente contrapposti ai poli induttori di egual nome come in fig. 6 b) e il campo indotto agisce integralmente come un campo smagnetizzante. Fig. 6 - Campo di indotto in alternatore trifase multipolare. Il fatto opposto accade con correnti sfasate di 90° in anticipo sulla f. e. m. nel qual caso i poli indotti, disponendosi come in fig. 6 c) di fronte ai poli induttori di nome opposto, vengono ad agire come un vero campo magnetizzante. Con correnti aventi sfasamenti intermedi rispetto a quelli considerati, anche il campo indotto 20 assume posizioni intermedie. Se si prende come riferimento la posizione dei poli indotti relativa alle correnti in fase con le f. e. m. , accade precisamente che se le correnti passano in ritardo oppure in anticipo, di un certo angolo ψ anche i poli indotti retrocedono, oppure anticipano di un angolo elettrico pari a ψ che sulla corona statorica corrisponde ad uno spostamento angolare ψm= ψ /p come è illustrato nella fig. 7. In tal caso il campo di indotto può essere idealmente scomposto in due campi componenti di cui uno trasverso e l'altro smagnetizzante se la corrente in ritardo o magnetizzante se la corrente è in anticipo. In ogni caso il campo trasverso di indotto esercita un effetto torcente sul flusso che emana dai poli induttori per cui il campo risultante appare distorto e addensato nel verso contrario al moto della ruota polare, pur rimanendo pressoché invariata l'entità del flusso. Fig. 7 - Posizione dei poli indotti, al variare dell'angolo di fase della corrente. 21 Il campo smagnetizzante invece esercita una vera azione repressiva sul flusso che emana dai poli induttori e il flusso risultante viene corrispondentemente assai diminuito. Un effetto direttamente opposto si manifesta quando l'indotto genera un campo magnetizzante il quale produce un'azione di rinforzo sul flusso induttore che ne risulta conseguentemente aumentato. Relazioni analoghe a quelle che intercorrono tra il campo induttore e il campo di reazione, si hanno anche tra le corrispondenti amperspire di eccitazione e le amperspire di indotto. Queste ultime, ove occorre, possono essere idealmente scomposte in amperspire trasverse e amperspire smagnetizzanti o magnetizzanti. Le amperspire trasverse sono proporzionali alla componente della corrente I cos ψ, in fase con la f. e. m. , e le amperspire smagnetizzanti o magnetizzanti invece sono proporzionali alla componente I sen ψ, in quadratura in ritardo o, rispettivamente, in anticipo. In ogni caso gli effetti prodotti dalla f. m. m. di indotto, o dal campo di reazione corrispondente, sul funzionamento dell'alternatore sotto carico, si risolvono essenzialmente nella coppia resistente che si oppone al moto della ruota polare esclusivamente dipendente dal campo trasverso, e inoltre in una variazione della f. e. m. generata conseguente principalmente all'azione delle ampespire magnetizzanti o smagnetizzanti che rinforzano o deprimono il flusso induttore. 22 COPPIA RESISTENTE DELL'ALTERNATORE. Le forze tangenziali che si esercitano fra i poli induttori e i poli del campo trasverso di indotto danno luogo ad una coppia che si oppone al moto e che costituisce la coppia resistente dell'alternatore. I1 campo smagnetizzante o magnetizzante agisce invece sui poli induttori con forze radiali le quali non oppongono nessun ostacolo al moto. Siccome durante la rotazione la posizione relativa fra i poli induttori e indotti rimane invariata e d'altra parte il flusso che emana da questi poli non cambia, per una data condizione di carico, la coppia resistente rimane costante. Ciò è in relazione anche al fatto che la potenza elettrica istantanea di un sistema trifase equilibrato è pure costante, e coincidente con la potenza reale. Per il principio di conservazione dell'energia dovrà essere verificata in ogni caso l'uguaglianza tra la potenza elettrica generata e la potenza meccanica corrispondentemente impegnata dall'alternatore. Se si indica con C la coppia resistente che contrasta i1 moto, la potenza meccanica necessaria per mantenere la rotazione alla velocità costante n = 60 ·f / p giri al primo, risulta : 2 ⋅π ⋅ n 2 ⋅π ⋅ f P = Ω ⋅C = 60 ⋅C = p ⋅C D'altra parte indicando con E ed I rispettivamente il valore efficace della f.e.m. e quello della corrente relative a ciascuna fase dell'alternatore, e con ψ il loro angolo di sfasamento, la potenza elettrica generata è data da : P g = 3 ⋅ E ⋅ I ⋅ cosψ Eguagliando le due potenze, si ricava : 3 ⋅ p ⋅ E ⋅ I ⋅ cosψ C= 2 ⋅π ⋅ f 23 Essendo poi : E = K ⋅ f ⋅Φ⋅ N in cui si intende per Φ il flusso risultante al traferro sotto carico la coppia resistente risulta infine espressa, in J/rad, dalla relazione : 3 ⋅ p ⋅ K ⋅ Φ ⋅ N ⋅ I cosψ C= 2 ⋅π Poiché il valore della coppia é proporzionale a cos ψ, il suo massimo si ha quando cos ψ = 1 , e si annulla quando cos ψ tende a zero (ψ = 90°). Ciò è in relazione alla posizione che prendono i poli indotti rispetto ai poli induttori al variare dell'angolo di sfasamento della corrente: quando cos ψ = 1 e cioè la corrente è in fase con E, i poli indotti stanno esattamente nella mezzaria dei vani interpolari e agiscono sui poli induttori con forze tangenziali; se invece la corrente ritarda o anticipa, i poli indotti si accostano ai poli induttori e le forze tendono a prendere direzione radiale: perciò la coppia diminuisce. Si può anche osservare che il prodotto I cos ψ rappresenta in componente attiva della corrente, e cioè la componente in fase con la f.e.m. che è precisamente quella corrente che determina l'entità della potenza elettrica generata ed anche l'entità del campo trasverso da cui prende origine la coppia. 24 VARIAZIONI DELLA F.E.M. PER REAZIONE D'INDOTTO. Durante il funzionamento sotto carico dell'alternatore, il campo magnetico prodotto dalle amperspire di indotto segue rigidamente nella rotazione il campo induttore; è perciò chiaro che anche le linee di forza di questo campo vengono a tagliare i conduttori degli avvolgimenti indotti, generando in ciascuna fase una certa f.e.m. Ei . Ne consegue che la f.e.m. E generata sotto carico dall'alternatore non coincide più con quella Eo che si ha nel funzionamento a vuoto, ma è invece la risultante di quest'ultima e della f.e.m. Ei generata dal campo indotto. Se con Φo si indica il flusso che emana da ciascun polo della ruota polare nel funzionamento a vuoto (flusso a vuoto), come la f.e.m. a vuoto ha l’espressione Eo =K·f·Φo·N, analogamente la f.e.m. generata in ciascuna fase dal flusso di indotto Φi potrà immaginarsi espressa da Ei =Ki·f·Φi·N, essendo Ki generalmente diverso da K a causa della diversa distribuzione nell'intraferro dei flussi Φo e Φi Per effetto del movimento della ruota polare, il flusso che viene inviato a concatenarsi con ciascuna fase d'avvolgimento, varia nel tempo con legge sinusoidale; esso quindi è senz'altro rappresentabile per mezzo di un vettore rotante Φo . La f.e.m. indotta da questo flusso è rappresentata allora da un vettore Eo sfasato di 90° in ritardo rispetto al vettore Φo , come risulta dalla legge generale della induzione elettromagnetica, e come può essere direttamente rilevato osservando che la f.e.m. è massima quando gli assi dei poli induttori sono perpendicolari agli assi delle spire e il flusso concatenato è nullo, e presenta invece un valore zero quando il flusso concatenate massimo, cioè quando gli assi dei poli induttori coincidono con quelli delle spire. 25 Per quanto riguarda il flusso di indotto Φ i si deve osservare che gli assi dei poli indotti vengono a coincidere, durante la loro rotazione, con gli assi delle spire di una fase nel preciso istante in cui la corrente in questa fase raggiunge il suo valore massimo: ciò vuol dire che il flusso che i poli indotti inviano a concatenarsi con una fase di avvolgimento varia in modo che esso diviene massimo insieme alla corrente che la percorre. Sul diagramma vettoriale quindi, il flusso di indotto che si concatena con ciascuna fase può essere rappresentato da un vettore Φ i in fase con il vettore I che rappresenta la corrente. Corrispondentemente la f.e.m. indotta da questo flusso viene ad essere rappresentata da un vettore Ei sfasato di 90° in ritardo rispetto al flusso e perciò anche rispetto alla corrente I. 26 Fig. 8 a) - Variazione della f.e.m. da vuoto a carico per effetto della reazione di indotto. In base alle osservazioni ora esposte si possono facilmente tracciare i diagrammi vettoriali indicati in fig. 8 a). Questi diagrammi sono riferiti ad una fase : per le altre due fasi si hanno evidentemente diagrammi identici, ruotati di 120°. Nel primo diagramma si è considerato il caso in cui la corrente I erogata dall'alternatore sia in fase con la f.e.m. a vuoto E0 che è segnata a 90° in ritardo rispetto al flusso che la induce Φ0. I1 flusso indotto Φi è in fase con la corrente I e risulta perciò ortogonale a Φ0; ciò corrisponde al fatto, ormai noto, che quando la corrente è in fase con la f.e.m. a vuoto I'indotto genera un campo trasverso. La f.e.m. Ei generata da questo campo è a 90° in ritardo sul flusso. La risultante delle due f.e.m. E0 ed Ei rappresenta la f.e.m. E che effettivamente si genera nelle condizioni di carico considerate: essa coincide con la f.e.m. che viene generata dal flusso risultante Φ ottenuto componendo fra loro il flusso a vuoto Φ0 e il flusso indotto Φi . Il diagramma mette in rilievo che la f.e.m. ed il flusso risultanti sotto carico E e Φ sono sfasati in ritardo rispetto alla f.e.m. ed al flusso a vuoto E0 e Φ0 dell'angolo θ, ma i loro valori sono tuttavia variati di poco. Ciò corrisponde al fatto che il campo trasverso di indotto esercita bensì un effetto torcente sul campo induttore in verso contrario al moto, ma non produce tuttavia una grande variazione sul valore del flusso risultante. 27 Fig. 8 b) - Variazione della f.e.m. da vuoto a carico per effetto della reazione di indotto. Se la corrente erogata dall'alternatore anzichè in fase è sfasata di 90° in ritardo sulla f.e.m. a vuoto, si ottiene il diagramma della figura 8 b) (che deriva dal precedente ruotando rigidamente di 90° in ritardo i tre vettori I, Φi ed Ei). I1 flusso di indotto risulta in questo caso direttamente opposto al flusso a vuoto Φ0: ciò conferma il fatto che nelle condizioni di carico considerate il campo di indotto è totalmente smagnetizzante e il flusso risultante diviene Φ = Φ0 - Φi . Corrispondentemente anche la f.e.m. Ei agisce in opposizione alla f.e.m. a vuoto E0; il valore della f.e.m. risultante si riduce così alla differenza aritmetica E = E0 - Ei, e l'effetto della reazione d'indotto si manifesta con un abbassamento della tensione ai morsetti. 28 Il fatto opposto accade invece se la corrente erogata è sfasata di 90° in anticipo rispetto a E0 come nella figura 8 c); il flusso di indotto Φi si somma in tal caso al flusso a vuoto Φ0 e la f.e.m. Ei agisce in diretta concordanza di fase con in E0 ; la f.e.m. risultante viene a coincidere con la somma aritmetica E = E0 + Ei e l'effetto della reazione si manifesta con un aumento della tensione ai morsetti. Fig. 8 c) - Variazione della f.e.m. da vuoto a carico per effetto della reazione di indotto. 29 Riassumendo i fatti esposti si può dire che nel passaggio da vuoto a carico, per effetto della reazione di indotto si determina una variazione della f.e.m. generata dall'alternatore; tale variazione può essere una diminuzione oppure un aumento a seconda che la corrente erogata risulta in ritardo oppure in anticipo rispetto alla f.e.m. generata a vuoto E0; in ogni caso la variazione della f.e.m. è massima quando la corrente è sfasata di 90°, è poco sensibile quando la corrente è in fase con la f.e.m. E0, ed assume valori intermedi in corrispondenza degli sfasamenti intermedi. 30 Circuito equivalente dell'alternatore e diagramma vettoriale seconda Behn Eschemburg. La f.e.m. Ei che viene generata in ciascuna fase dell'alternatore per opera del campo d'indotto presenta gli stessi caratteri di una f.e.m. di autoinduzione. Essa infatti risulta sempre sfasata di 90° in ritardo rispetto alla corrente che percorre la fase di avvolgimento che si considera e inoltre il suo valore è proporzionale al flusso indotto Φi, il quale dipende a sua volta dall'intensità I della corrente erogata. Si possono dunque valutare gli effetti della reazione di indotto attribuendo a ciascuna fase dell' avvolgimento una conveniente induttanza fittizia in cui si generi una f.e.m. di autoinduzione pari a quella che in realtà è dovuta alla rotazione del campo di indotto. Se si indica con Li il valore di questa induttanza e con Xi = ω• Li la reattanza corrispondente, si potrà così esprimere il valore efficace della f.e.m. Ei per qualunque valore della corrente erogata dall'alternatore, mediante la semplice relazione E i = X i ⋅I Il problema della valutazione delle variazioni di tensione dipendenti dai fenomeni di reazione viene ridotto in tal modo alla considerazione di un circuito fittizio composto di un generatore ideale in cui si generi tanto a vuoto che a carico la stessa f.e.m. E0 collegato in serie con la reattanza sopra definita, la quale introduce come effetto di autoinduzione quella stessa Ei che dipende in realtà dalla reazione d'indotto (Si noti che a produrre il campo rotante d'indotto concorrono tutte e tre le fasi dell'avvolgimento mentre l'induttanza Li serve a valutare la f.e.m. indotta da questo flusso in ciascuna fase in funzione della sola corrente che la percorre: in ciò appunto sta il carattere fittizio di questa induttanza.). 31 A ciascuna fase dell'alternatore si può far corrispondere così lo schema indicato in fig. 9: fra i capi A e B si rende così disponibile una f.e.m. E che è la risultante della f.e.m. E0 e della f.e.m. Ei = - j Xi • I sfasata di 90° in ritardo rispetto alla corrente I che viene erogata : Fig. 9 - Riduzione della reazione di indotto ad una reattanza esterna. E = E 0 +E i = E 0 − j ⋅X i ⋅I Questo schema tuttavia non è completo perché l'effetto della reazione di indotto è esplicitamente riferito solo al campo rotante che è prodotto nella cavità statorica dall'azione combinata delle tre correnti eguali e sfasate di 120° che percorrono tre fasi d'avvolgimento. Ma oltre a ciò accade che ciascuna fase di avvolgimento si concatena singolarmente con un certo flusso che si svolge fuori dalla cavità statorica e che perciò non incide sul campo sostenuto dalla ruota polare, sul quale non esercita alcuna reazione. Tale flusso si compone in parte delle linee di forza che si chiudono attorno alle testate degli avvolgimenti e in parte delle linee di forza che si chiudono strettamente attorno ai canali dell'indotto passando da un dente all'altro senza attraversare l'intraferro; esso costituisce il flusso libero d'indotto, o flusso disperso, ed è proporzionale, per ciascuna fase, alla corrente che la percorre. II fattore di proporzionalità fra questo flusso e la corrente ha così il vero carattere di una induttanza L0 che viene detta precisamente induttanza di dispersione. 32 Nel circuito equivalente ad una fase d'indotto si deve aggiungere perciò in serie alla reattanza Xi=ω • Li che serve a valutare gli della reazione d'indotto vera e propria, una seconda reattanza X0 = ω • L0 corrispondente al flusso disperso. Inoltre, poiché ogni fase ha una propria resistenza ohmica R0, si deve aggiungere al circuito anche questa resistenza. Ne risulta in definitiva che a ciascuna fase di avvolgimento si può far corrispondere circuito equivalente indicato in fig. 10 I parametri che caratterizzano questo circuito possono essere predeterminati, con approssimazione, in base al disegno della macchina e possono essere dedotti, come si vedrà, per via sperimentale in sede di collaudo. Occorre esplicitamente osservare che l'induttanza di reazione Li non si mantiene costante, ma assume valori diversi al variare delle condizioni di carico della macchina e a seconda del grado di eccitazione. Basta pensare infatti che il campo Fig. 10 - Circuito equivalente di una rotante di indotto si sovrappone al campo sostenuto fase dell'alternatore, secondo Behn dalla ruota polare e i due campi in realtà non si Eschemburg : Xi = reattanza di reazione ; mantengono distinti, ma formano un campo unico, il X0 = reattanza di dispersione ; quale è distorto per effetto della componente R0= resistenza ohmica ; trasversa del campo di indotto, ed è o indebolito o Xs = Xi + X0 = reattanza sincrona. rinforzato dall'altra componente, che è smagnetizzante o magnetizzante a seconda che la corrente erogata è sfasata in ritardo oppure in 33 anticipo. Ora avviene che, a seconda del grado di eccitazione della macchina, le amperspire di indotto trovano i circuiti magnetici più o mono saturati e la modificazione che esse apportano al campo risultante rispetto al campo induttore a vuoto, risulta conseguentemente assai diversa. Il loro effetto sarà più sentito, e perciò l'induttanza equivalente Li sarà maggiore, quando la saturazione non è ancora raggiunta, e andrà invece attenuandosi con conseguente diminuzione dell'induttanza Li quando l'alternatore funziona oltre il ginocchio della caratteristica di magnetizzazione. Inoltre, se il rotore è, a poli salienti, il percorso delle linee di forza del campo di reazione è diverso a seconda della fase della corrente erogata dallo alternatore. Infatti con una corrente in fase con la f.e.m. , i poli indotti stanno nei vani interpolari e le linee di forza corrispondenti trovano un lungo tragitto nell'aria; mentre con una corrente sfasata di 90° le linee di forza del campo indotto attraversano semplicemente l'intraferro e seguono lo stesso circuito magnetico del campo induttore: in questo caso poi, l'induttanza Li sarà, maggiore quando in corrente è in ritardo perché il campo di indotto esercitando un'azione smagnetizzante sul campo induttore diminuisce il grado di saturazione: se invece la corrente è sfasata in anticipo il suo effetto di rinforzo del campo potrà anche risultare insensibile, se i circuiti magnetici erano già in precedenza saturati. 34 In definitiva l'effetto della reazione di indotto, e perciò anche il valore l'induttanza fittizia Li che deve rappresentarlo, dipende in primo luogo dal grado di saturazione della macchina, e poi dipende dalla fase della corrente erogata, perché al variare di questa varia la posizione relativa fra i poli indotti e i poli induttori e varia conseguentemente la riluttanza dei circuiti magnetici percorsi dalle linee di forza del campo di indotto. Questa riluttanza invece non è influenzata dalla rotazione della ruota polare, perché i poli indotti ruotano in perfetto sincronismo con i poli induttori e perciò la configurazione dei circuiti magnetici del campo indotto non cambia durante la rotazione. La riluttanza di questi circuiti magnetici che si muovono rigidamente insieme alla ruota polare si può definire perciò col nome di riluttanza sincrona. Per questa stessa ragione si usa indicare col nome di induttanza sincrona Ls di ciascuna fase, l'induttanza complessiva che risulta dal collegamento in serie, nel circuito equivalente, della induttanza fittizia Li dipendente dalla reazione di indotto e della induttanza di dispersione L0 . Analogamente si considera per ogni fase la reattanza sincrona XS = ω•Ls = (Xi + X0) pari alla somma della reattanza di reazione e della reattanza di dispersione. Tenendo conto infine della resistenza ohmica R0 si viene a definire l'impedenza sincrona Zs =R0 +jXs nella quale si compendiano, nel circuito equivalente dell'alternatore, tutte le cause che intervengono a produrre una variazione di tensione ai morsetti nel passaggio da vuoto a carico o viceversa. La trattazione dell'alternatore secondo Behn Eschemburg si riduce dunque a considerare, tanto a vuoto che a carico, la stessa f.e.m. E0, per valutare poi gli effetti della reazione d'indotto e dei flussi dispersi paragonandoli, nel loro complesso, alla caduta induttiva provocata dalla reattanza sincrona Xs collegata in serie alla resistenza ohmica R0 di ciascuna fase. 35 Applicando la Legge di Ohm al circuito interno così concepito, per una qualsiasi condizione di carico si ottiene la relazione : V = E 0 − j ⋅ X S ⋅ I − R0 ⋅ I = E 0 − Z S ⋅ I che rappresenta l'equazione vettoriale dell'alternatore secondo Behn Eschemburg. Questa si interpreta dicendo che, nel passaggio da vuoto a carico, in ciascuna fase dell'alternatore si verifica una caduta ohmica R0·I in fase con la corrente erogata I, ed una caduta induttiva j ·Xs ·I che è invece sfasata di 90° in anticipo. Corrispondentemente se l'alternatore deve fornire ai capi di ciascuna fase una tensione V mentre eroga una corrente I, si dovrà regolare la eccitazione in modo che esso generi a vuoto una f.e. m. E0 definita dalla relazione vettoriale : E 0 = V + R0 ⋅ I + j ⋅ X s ⋅ I Tale f.e.m. è quindi rappresentata dal vettore che si ottiene costruendo la risultante della tensione ai morsetti della caduta ohmica R0 · I tracciata in fase con il vettore che rappresenta la corrente erogata, e della caduta induttiva j Xs · I tracciata a 90° in anticipo. Prefissate le condizioni di carico che si vogliono considerare, e cioè la tensione ai morsetti V e la corrente I col relativo angolo di sfasamento φ (il quale dipende dalla conformazione del circuito esterno che può essere ohmico, induttivo o capacitivo), il diagramma vettoriale dell'alternatore assume così la configurazione tipica rappresentata in fig. 11. 36 Fig. 11 - Diagramma vettoriale dell'alternatore, secondo Behn Eschemburg. Si intende che il diagramma è riferito ad una sola fase. Se il collegamento delle fasi è a stella, la corrente I del diagramma coincide con la corrente erogata, mentre il vettore V rappresenta la tensione ai morsetti divisa per √3. Se il collegamento è a triangolo, il vettore V coincide con la tensione ai morsetti, mentre la corrente I è data da quella erogata divisa per √3. In entrambi i casi l'angolo φ rimane invariato. Determinato in tal modo il valore della f.e.m. a vuoto E0, si può subito rilevare, sulla caratteristica di magnetizzazione dell'alternatore, quale è il valore della corrente di eccitazione necessaria a produrla. Per il calcolo analitico della E0, dal diagramma si ottiene la formula E0 = ( V ⋅ cos ϕ + R0 ⋅ I ) + (V ⋅ senϕ + X S ⋅ I ) 2 2 La differenza aritmetica (E0 - V) definisce il valore della variazione di tensione che si osserva ai capi di ciascuna fase nel passaggio da vuoto a carico o viceversa, e cioè all'atto della chiusura o apertura dell'interruttore che comanda il circuito esterno. 37 Assegnato un certo valore della f.e.m. a vuoto E0, è possibile ottenere per via grafica i valori della tensione V a carico al variare dell' angolo φ del circuito esterno e per uno stesso valore I della corrente erogata. Si costruisce a tal fine il triangolo fondamentale dell'alternatore, avente per cateti la caduta R0 · I (in fase con I) e la caduta induttiva j · Xs · I come è indicato in fig. 12; si traccia poi con centro in 0, una circonferenza di raggio eguale alla E0; per l'estremo A del vettore ZS · I si traccia la retta r, parallela a I, la quale serve di riferimento per gli angoli φ che si vogliono considerare. La tensione V corrispondente a un dato angolo φ viene individuata dal segmento AB; il diagramma traduce infatti la relazione vettoriale = ⋅ I + j ⋅ ⋅ I +V E0 Fig. 12 - Influenza dello sfasamento della corrente sulla tensione ai morsetti R0 Xs Al variare di φ il punto B si sposta: cosi in B' si ha la tensione V’ = AB' relativa ad un carico esterno puramente induttivo; considerando invece un egual carico puramente ohmico la tensione è rappresentata dal vettore V", parallelo alla corrente; nel caso infine di carico puramente capacitivo si ha la tensione rappresentata dal vettore V"' tracciato ancora da 38 A perpendicolarmente alla corrente verso il basso fino a B"'. Si osserva chiaramente che la tensione più bassa si ottiene col carico induttivo; mentre col carico capacitivo la tensione risulta nettamente maggiore della f.e.m. a vuoto : nel passaggio da vuoto a carico si riscontra in tal caso, anzichè una caduta, una sopraelevazione di tensione e ciò corrisponde alla ben nota azione di rinforzo esercitata sul campo induttore dal campo indotto. Si osserva inoltre che nel caso di carico ohmico la caduta di tensione, rappresentata dalla differenza aritmetica (E0 — V"), è dovuta prevalentemente alla caduta ohmica R0 ·I mentre l'effetto della caduta induttiva è in tal caso trascurabile: ciò corrisponde al fatto già osservato che l'azione del campo trasverso ha poca influenza sulla tensione. 39 Caratteristica di corto circuito dell'alternatore. Determinazione dell'impedenza sincrona. Per costruire il diagramma dell'alternatore secondo Behn Eschemburg occorre conoscere il triangolo fondamentale dell'alternatore e cioè il triangolo dell'impedenza sincrona Zs avente per cateti la resistenza ohmica R0 e la reattanza sincrona Xs. La resistenza R0 viene determinata misurando direttamente la resistenza di ciascuna fase dell'alternatore, tenendo conto che si tratta sempre di una resistenza piccola e adottando perciò un metodo di misura conveniente. La determinazione dell'impedenza sincrona invece viene condotta basandosi sull'osservazione seguente. Se si fa funzionare l'alternatore con i morsetti chiusi in corto circuito, la tensione ai morsetti è necessariamente nulla; indicando allora con Icc la corrente che circola nelle fasi dell'alternatore, l’equazione vettoriale dell'alternatore secondo Behn Eschemburg si riduce a : E 0 = R0 ⋅ I cc + j ⋅ X s ⋅ I cc = Z s ⋅ I cc Essendo nulla cioè la tensione ai morsetti chiusi in corto circuito, l'intera f.e.m. E0 resta impegnata a vincere esclusivamente le cadute interne di tensione che nel concetto di Behn Eschemburg vengono fatte dipendere precisamente dall'impedenza sincrona Zs. Dall'osservazione esposta risulta che il modulo dell'impedenza sincrona può essere dedotto eseguendo il rapporto Zs = E0 I cc fra la f.e.m. a vuoto E0 e la corrente Icc che essa fa circolare nelle fasi dell'alternatore chiuse in 40 corto circuito. È dunque necessario in primo luogo far funzionare l'alternatore a vuoto (morsetti aperti) per misurare la tensione a vuoto E0 che esso genera in ciascuna fase per un determinato valore i della corrente di eccitazione, e successivamente chiudere i morsetti in corto circuito per misurare quale è il valore della corrente di corto circuito Icc che si ha nell'alternatore con lo stesso valore della corrente di eccitazione i. All'atto pratico, facendo funzionare l'alternatore a vuoto secondo lo schema della fig. 13-a), si rileva l'intera caratteristica di magnetizzazione della macchina misurando con un voltmetro la successione di valori che la tensione a vuoto assume facendo crescere gradatamente la corrente di eccitazione i da zero fine al massimo valore che essa può raggiungere. Si può costruire così la nota curva E0 = f (i) che è riportata in fig. 14. Se l'alternatore ha le fasi collegate a stella sul diagramma dovranno essere riportate le tensioni lette al voltmetro divise √3. Fig. 13 a) Rilievo della caratteristica a vuoto ; b) rilievo della caratteristica di corto circuito. Dopo di ciò si chiudono i morsetti dell'alternatore in corto circuito attraverso tre ampermetri di resistenza trascurabile, come c indicato nello schema b), e facendo crescere ancora per gradi la corrente di eccitazione i si rilevano i valori che vengono assunti corrispondentemente dalla corrente di corto circuito Icc Se l'alternatore ha le fasi collegate a triangolo la corrente indicata dagli strumenti va divisa per √3. Vengono inseriti tre ampermetri per non alterare la simmetria del sistema: se le indicazioni risultano diverse si prenderà la media di esse. 41 Con gli stessi assi ai quali è riferita la caratteristica di magnetizzazione, si potrà tracciare così una seconda curva avente per ascisse ancora la corrente di eccitazione, e per ordinate invece i corrispondenti valori della corrente di corto circuito. Questa curva Icc = f(i) costituisce la caratteristica di corto circuito dell'alternatore la quale presenta sempre, per un grande intervallo dell'eccitazione, un andamento sensibilmente rettilineo come e indicato in fig. 14. Fig. 14 - Caratteristica a vuoto : E0 = f (i) Caratteristica di corto circuito : Icc = f (i) Curva dell'impendenza sincrona : Zs = f (i). 42 Questo andamento rettilineo è perfettamente giustificato dall'osservazione seguente. Nel funzionamento dell'alternatore in corto circuito essendo piccola la resistenza ohmica delle fasi e prevalenti invece i fenomeni di carattere induttivo, la corrente circolante risulta quasi esattamente in quadratura ed in ritardo rispetto alla f.e.m. In tali condizioni la reazione di indotto esercita un'azione totalmente smagnetizzante in quanto le amperspire di indotto agiscono in perfetta opposizione a quelle di eccitazione; tali amperspire evidentemente, agendo insieme sullo stesso circuito magnetico producono un unico flusso il quale è dovuto perciò alla differenza fra le amperspire di eccitazione e le amperspire di indotto: ne consegue che anche quando la corrente di eccitazione raggiunge quei valori che nel funzionamento a vuoto porterebbero la macchina alla saturazione, nel funzionamento in corto circuito, invece, la saturazione non è affatto raggiunta appunto perché una gran parte delle amperspire di eccitazione sono neutralizzate dalle amperspire antagoniste di indotto. Siccome in regime non saturato il flusso, e perciò anche la f.e.m. generata, crescono in proporzione alle amperspire, accade senz'altro che la corrente di corto circuito cresce proporzionalmente alla corrente di eccitazione per un larghissimo intervallo. Solo per valori molto elevati della corrente di eccitazione, che in pratica non vengono mai raggiunti, la relazione di proporzionalità cessa e la caratteristica di corto circuito abbandona l'andamento lineare per assumere una leggera curvatura. 43 Disponendo ora della caratteristica a vuoto e della caratteristica di corto circuito, basta fare il rapporto fra le ordinate corrispondenti delle due caratteristiche per ottenere, per ciascuna fase, i valori dell'impedenza sincrona Zs . Con questi valori si può costruire la curva dell'impedenza sincrona in funzione della corrente di eccitazione Zs = f (i), la quale assume l'andamento indicato nella stessa fig. 14. Come si vede l'impedenza sincrona conserva un valore praticamente costante per tutto l'intervallo lineare della caratteristica a vuoto e decresce poi in misura notevole quando si oltrepassa il ginocchio. Questa diminuzione dell'impedenza sincrona deve essere attribuita alla diminuzione della reattanza fittizia Xi che sostituisce il vero effetto della reazione di indotto, il quale è tanto meno sentito quanto più i circuiti magnetici della macchina sono saturati. All'atto pratico per costruire il diagramma secondo Behn Eschemburg, relativo all'alternatore sotto carico, si sceglie sulla curva dell'impedenza sincrona quel valore Zs che corrisponde alla corrente di eccitazione che si vuol considerare. Nota la resistenza ohmica R0, resta così determinata la reattanza sincrona X s = Z s − R0 2 2 e si hanno quindi tutti gli elementi che definiscono il triangolo fondamentale dell' alternatore. 44 Rimane infine da osservare che l'impedenza sincrona dedotta in base alla prova di corto circuito, nella quale la corrente è sfasata di quasi 90° in ritardo rispetto alla f.e.m., viene a conglobare in se l'effetto della reazione di indotto nelle condizioni in cui è più sentito. Quando lo sfasamento della corrente è minore, o è in anticipo, l'effetto della reazione d'indotto è attenuato, e perciò anche il valore dell'impedenza sincrona corrispondente dovrebbe essere minore. In pratica invece non essendo possibile determinare la Zs che si ha per ogni valore dell'angolo di sfasamento della corrente, si adotta sempre il valore dell'impedenza che viene dedotto dalla prova di corto circuito (impedenza sincrona di cortocircuito). Ne consegue che i risultati che si ottengono nel determinare le variazioni di tensione da vuoto a carico mediante i1 metodo di Behn Eschemburg sono maggiori del vero, e ciò specialmente quando si considerano carichi poco induttivi od eventualmente capacitivi. 45 Caratteristiche esterne dell'alternatore. Dai fatti esposti in precedenza risulta che la tensione ai morsetti di un alternatore funzionante sotto carico, con una determinata corrente di eccitazione e perciò con una determinata tensione a vuoto V0 = E0, dipende dall'intensità della corrente erogata e dall'angolo di sfasamento fra tensione e corrente. Per ogni valore di questo angolo si può dunque tracciare la curva V= f (I) per φ = cost, che costituisce la caratteristica esterna dell'alternatore e che ha per ascisse la corrente erogata I e per ordinate la tensione ai morsetti V corrispondente. Tale curva deve immaginarsi ricavata variando l'impedenza Z del circuito esterno dell'alternatore in modo tale da conservare costante il rapporto fra la reattanza X e la resistenza R affinché resti invariato l'angolo di sfasamento esterno φ. Lo schema del circuito di carico può essere quindi rappresentato come in fig. 15, ove è segnato un carico trifase equilibrato composto di tre impedenze eguali connesse a stella con possibilità di regolarne sia la resistenza che la reattanza. Tre ampermetri consentono di misurare le correnti erogate, che devono risultare eguali fra loco, e due wattmetri permettono di controllare il fattore di potenza cos φ che deve essere mantenuto costante. Fig. 15 - Schema del circuito di carico per il rilievo delle caratteristiche esterne di un alternatore. 46 Variando in tal modo le tre impedenze si viene a variare la corrente I erogata dall'alternatore sotto l'angolo di sfasamento φ prefissato. Varia corrispondentemente in tensione ai morsetti V letta al voltmetro. (È sufficiente un solo voltmetro derivato fra due morsetti qualunque perché le tre tensioni, essendo il carico equilibrato, si conservano eguali). Con i valori di V e di I così rilevati si può costruire la caratteristica esterna dell'alternatore relativo all'angolo di sfasamento considerate. Poiché si parte sempre dalla stessa f.e.m. a vuoto, le caratteristiche ottenute per diversi valori dell'angolo φ hanno in comune l'ordinata all'origine che rappresenta precisamente la tensione ai morsetti per I = 0 e cioè la tensione a vuoto V0 = E0 ; poiché inoltre, diminuendo gradualmente l'impedenza del circuito esterno, si arriva infine a ridurla a zero con i morsetti chiusi in corto circuito, esse hanno in comune anche il punto d'intersezione con l'asse delle ascisse che definisce la corrente di corto circuito Icc, relativa alla tensione a vuoto prefissata. Fra questi due punti comuni le varie caratteristiche assumono andamento diverso a seconda dell'angolo di sfasamento φ al quale sono riferite. Fig. 15 - Schema del circuito di carico per il rilievo delle caratteristiche esterne di un alternatore. 47 Le caratteristiche esterne di un alternatore possono essere ottenute anche in modo indiretto, senza sottoporre la macchina a prove di carico, ricorrendo al diagramma di Behn Eschemburg. Si traccia a tal fine il triangolo fondamentale per un dato valore I della corrente, la retta r di riferimento per gli angoli di sfasamento, e la circonferenza di centro 0 e raggio uguale a E0. Prefissato l'angolo φ per il quale la caratteristica esterna deve essere determinata si traccia con una inclinazione φ rispetto alla r il vettore V che va dal vertice A del triangolo fondamentale fino alla intersezione con la circonferenza di raggio E0 (fig. 16 a). Così se il circuito esterno è puramente ohmico Fig. 16 a) - Caratteristica esterna a cos φ = 1. l'angolo φ è nullo e, per ciascuna fase, la tensione ai morsetti viene definita dal vettore V tracciato da A parallelamente alla r fino a B. Se ora, variando la resistenza del circuito esterno, si fa variare la corrente, anche i lati del triangolo fondamentale variano in proporzione e il vertice A si muove sulla retta 0 z (retta della impedenza interna) ; corrispondentemente il vettore che rappresenta tensione ai morsetti si muove parallelamente a se stesso con un estremo su questa retta e l'altro estremo sulla circonferenza. Rimane così stabilita la corrispondenza fra la corrente erogata e la tensione ai morsetti, e per tracciare la caratteristica esterna dell'alternatore non resta che fissare sulla retta 0 z un certo numero di punti A1, A2, A3, ... come in fig. 16, per rappresentare i vertici del triangolo fondamentale che corrispondono a tanti 48 valori crescenti della corrente come I1, I2, I3, .... Le tensioni corrispondenti restano senz'altro determinate dai vettori V1, V2, V3 .... In C si ha evidentemente V = 0 e cioè il punto C viene raggiunto quando la resistenza del circuito esterno è ridotta a zero ed è raggiunto il corto circuito: la corrente corrispondente è determinata da I cc = E 0 Zs Prefissando allora sull'asse delle ascisse della fig. 16 b) un segmento 0Icc arbitrario a rappresentare la corrente di corto circuito Icc, basta dividere questo in parti proporzionali alla suddivisione determinata dai punti A1, A2, A3,.... della figura a), per avere le ascisse che rappresentano le correnti I1, I2, I3, ,.... che vi corrispondono. Innalzando dai punti di divisione tante ordinate eguali o proporzionali alle ampiezze dei vettori Vl, V2, V3 .... si ottiene, per punti, la caratteristica esterna per φ= 0 . Fig. 16 - Caratteristica esterna a cos φ = 1. Per ogni punto della caratteristica esterna, come P, resta anche rappresentata la resistenza R del circuito utilizzatore che vi corrisponde, in quanto risulta : La retta T inclinata dell'angolo α è la retta di carico : al variare della resistenza esterna R varia la inclinazione di tale retta e il punto P di funzionamento si sposta lungo la caratteristica esterna. R= V = tgα I 49 Analogamente si procede per la determinazione delle caratteristiche esterne relative ai diversi angoli di sfasamento esterno comunque prefissati. Così ad esempio per un circuito utilizzatore induttivo, caratterizzato da un angolo di sfasamento esterno φ = 30°, fissa restando la retta r di riferimento, si dovranno tracciare tutti i vettori rappresentativi delle tensioni con una inclinazione pari a 30° in anticipo rispetto alla r come in fig. 17: la caratteristica esterna assume allora l'andamento indicato in figura b) dove è riportata, a scopo di confronto, anche la caratteristica per φ = 0. Fig. 17 Caratteristiche esterne per carichi induttivi. L'esame del diagramma a) indica che i valori minimi delle tensioni si otterranno quando il circuito esterno è tale da ammettere un angolo di sfasamento φ identico all'angolo θ caratteristico dell'impedenza sincrona dell'alternatore; in tal caso le tensioni corrispondenti alle diverse correnti sono rappresentate nella stessa direzione della retta 0 z direttamente dai vettori come AC, A1C , A2C , A3C .... La caratteristica esterna corrispondente diventa perciò una retta che congiunge il punto di funzionamento a vuoto V0 col punto di corto circuito Icc. È questa la caratteristica più cadente di tutte. Tutte le caratteristiche esterne relative ai carichi induttivi, qualunque ne sia l'angolo di sfasamento, sono dunque comprese fra la retta suddetta e la caratteristica 50 corrispondente a φ = 0 ossia a cos φ = 1. Fig. 18Caratteristiche esterne per carichi capacitivi. Per avere infine le caratteristiche esterne relative ai carichi capacitivi, basta ripetere ancora la stessa costruzione, tracciando i vettori rappresentativi delle tensioni in modo da formare un angolo φ in ritardo rispetto alla retta r affinché le correnti risultino sfasate in anticipo sulle tensioni rispettive. Nella fig. 18 è indicata, ad esempio, la costruzione della caratteristica esterna relativa a un carico capacitivo avente un angolo di sfasamento φ = 60°. Qui oltre ad ottenere, come si sa, una sopraelevazione di tensione, si osserva ancora un fatto nuovo e cioè : quando il vertice del triangolo fondamentale procedendo successivamente attraverso A1, A2, A3, .... arriva nel punto A4 coincidente con C si ha ancora ai morsetti dell'alternatore la tensione rappresentata dal vettore V4 ; ciò vuol dire che man mano che si diminuisce l'impedenza del circuito esterno, la corrente va aumentando in modo tale da acquistare un valore uguale alla corrente di corto circuito ancor prima che il corto circuito venga raggiunto, cioè prima che si annulli l'impedenza esterna. Diminuendo allora ulteriormente detta impedenza la corrente aumenta ancor di più, e il vertice del triangolo 51 fondamentale passa successivamente in A5 e quindi in A6 : questa è la posizione estrema che esso può raggiungere, perché il vettore V6 risulta tangente al cerchio di raggio E0 ed è perciò l'ultima posizione per cui la poligonale delle tensioni può chiudersi. In queste condizioni rimane disponibile ai morsetti la tensione V6 e diminuendo ancora l'impedenza esterna residua anche la corrente prende a diminuire; il vertice del triangolo fondamentale retrocede allora in A7 cui corrisponde la tensione V7, e quindi in C, dove la tensione si annulla e si ha il corto circuito con la corrente Icc . La caratteristica esterna prende cosi l'andamento segnato nella figura b), ove si nota non solo il fatto che per carichi capacitivi la tensione ai morsetti può superare la f.e.m. a vuoto E0, ma altresì che ogni valore della corrente compreso tra Icc e I6 può essere ottenuto con due distinti valori della tensione in relazione a due distinti valori della impedenza esterna. Fig. 18 Tali fatti però non si Caratteristiche verificano più se i vettori esterne per carichi delle tensioni risultano capacitivi. perpendicolari alla retta 0z ossia se l'angolo φ di anticipo è eguale al complemento di θ: è facile vedere come in tal caso le rette tangenti alla caratteristica esterna nei punti V0 e Icc siano parallele rispettivamente all'asse delle ascisse e delle ordinate (curva intermedia 52 della fig. 18 b). II fatto di ottenere in determinate condizioni di carico una corrente maggiore di quella di corto circuito non deve stupire se si pensa che la reattanza capacitiva del circuito esterno esercita un'azione di compenso sulla reattanza sincrona dell'alternatore; esiste perciò una serie di valori della resistenza e della reattanza capacitiva esterne, per i quali l'impedenza complessiva dell'intero circuito diventa minore dell'impedenza interna Zs . Sono state messe in evidenza sul diagramma, in corrispondenza del carico I, la caduta ohmica e la caduta capacitiva del circuito esterno. Si può così vedere, in particolare, che quando l'estremo del vettore rappresentativo della tensione cade in R (vettore Vr) si ha la condizione di risonanza Xr = Xs fra la reattanza capacitiva esterna e la reattanza sincrona dell'alternatore, e il vettore I è in fase con E0. Il metodo di Behn Eschemburg da una idea facilmente accessibile dell'andamento della tensione ai morsetti ma non rispecchia tuttavia la realtà dei fenomeni che avvengono nell'alternatore: perciò le caratteristiche dedotte come sopra si scostano alquanto da quelle reali che si ottengono con misura diretta; precisamente le caratteristiche relative ai carichi capacitivi sono in realtà più ribassate di quelle che si ottengono dal diagramma di Behn Eschemburg, quelle relative ai carichi induttivi sono meno cadenti. Il campo normale di funzionamento dell'alternatore non investe mai l'intero sviluppo delle caratteristiche, ma è limitato al tratto iniziale: precisamente gli alternatori moderni vengono costruiti in modo che la corrente normale di pieno carico (cioè la corrente nominale) sia compresa fra 1/3 e i 2/3 della corrente di corto circuito Icc. Corrispondentemente l'ordine di grandezza delle variazioni di tensione che si producono da vuoto a pieno carico, può raggiungere, con carichi induttivi, fino il 30 % della tensione a vuoto. 53 Si vuole in tal modo che l'alternatore risulti in un certo senso autoprotetto contro i corti circuiti; volendo infatti limitare le cadute di tensione a valori minori sarebbe necessario rendere minore l'impedenza sincrona, ma la corrente conseguente a un corto circuito accidentale diventerebbe allora tanto intensa da pregiudicare la macchina anche nel breve tempo rappresentato dal normale ritardo di scatto degli interruttori automatici di massima. 54 Regolazione della tensione negli alternatori. — Curve di regolazione e sopraelevazioni di tensione da carico a vuoto. Poiché le variazioni di tensione che si manifestano caricando un alternatore sono notevoli, è sempre necessario in pratica provvedere a compensarle mediante una opportuna regolazione della corrente di eccitazione. Così se si vuol mantenere ai morsetti una tensione costante, ogni volta che varia il carico dell'alternatore è necessario agire sul reostato di campo in modo da far assumere di volta in volta alla corrente di eccitazione quel valore che si richiede per far generare all'alternatore la f.e.m. a vuoto occorrente a dare ai morsetti, sotto carico, la Per determinare le regolazioni da tensione voluta. compiere, si ricorre ancora al Fig. 19 - Sopraelevazione di tensione da carico a vuoto [E(0)=f (I)] e curva di regolazione [i = (I)]. diagramma di Bhen Eschemburg costruito come in fig. 19 a) in cui V è il vettore che rappresenta, per ciascuna fase, la tensione che si vuol mantenere costante. Se I1 è la corrente erogata sfasata di un certo angolo φ, si costruisce il vettore E01 = V +R0 I1+ j Xs I1 che rappresenta la f.e.m. che l'alternatore deve generare a vuoto per fornire sotto carico, con la corrente I1, tensione voluta V. Se la corrente varia da I1 a I2 conservando invariato l'angolo φ, il vertice del triangolo fondamentale si sposta lungo la retta z passando da A1 in A2 e la f.e.m. corrispondente alla nuova condizione di carico è la E02. Analogamente se la corrente assume successivamente i valori I3 I4… ecc. la f.e.m. 55 generata dall'alternatore deve essere portata ad assumere successivamente i valori E03, E04 ecc. Si può così costruire la curva E0 = f (I) indicata in fig. 19 b) la quale ha per ascisse la corrente erogata e per ordinate le f.e.m. che l'alternatore deve generare a vuoto per mantenere sotto carico la tensione costante V con un angolo di sfasamento pure costante φ. [All'atto pratico, siccome la R0 è sempre molto piccola rispetto alla Xs, nel costruire il diagramma vettoriale conviene tracciare direttamente la retta z inclinata dell'angolo θ rispetto alla retta r parallela alle correnti. Sulla retta z si potranno riportare poi, nella scala delle tensioni, i prodotti Zs ·I1 , Zs ·I2 ecc.]. Fig. 19 - Sopraelevazione di tensione da carico a vuoto [E0=f (I)] e curva di regolazione [i = (I)]. Se la curva E0 = f(I) viene confrontata, nel modo indicato nella figura b), con la caratteristica di magnetizzazione dell'alternatore, si può costruire la curva di regolazione dell'alternatore i = f (I), che rappresenta i valori della corrente di eccitazione i che si richiedono al variare della corrente erogata I per avere ai morsetti la tensione costante V, in 56 corrispondenza dell'angolo di sfasamento φ prefissato e costante. Fig. 19 - Sopraelevazione di tensione da carico a vuoto [E0=f (I)] e curva di regolazione [i = (I)]. La regolazione dell'eccitazione viene comunemente affidata in pratica a speciali dispositivi automatici chiamati regolatori di tensione, dotati di opportuni organi sensibili alle variazioni della tensione, congegnati in modo da provocare l'intervento automatico degli organi che comandano i reostati di campo fino ad ottenere ogni volta la corrente di eccitazione che occorre per riportare la tensione al valore voluto. Considerando le curve della fig. 19 b) è chiaro che se l'alternatore si trova a funzionare, ad esempio, con la corrente I2, avendo conseguentemente l'eccitazione i2, qualora si apra l'interruttore di linea interrompendo il carico, la tensione ai morsetti sale, venendo a mancare le cadute interne, dal valore V al valore E02 . La differenza aritmetica (E02 — V) costituisce quindi la sopraelevazione di tensione che si manifesta ai morsetti dell'alternatore quando si interrompe la corrente di carico I2: la curva E0 = f(I) si chiama perciò curva delle sopraelevazioni di tensione da carico a vuoto. Di tali curve, come anche delle curve di regolazione, ne esiste una per ogni valore dell'angolo di sfasamento esterno φ. Con carichi capacitivi, e per φ > 90°- θ, le curve E0 = f(I) risulteranno decrescenti anziché crescenti ; ciò è in relazione al fatto che quando l'alternatore eroga corrente in anticipo, per mantenere costante la tensione che tenderebbe ad aumentare57 occorre che l'eccitazione venga diminuita. È necessario osservare che, per le note inesattezze del metodo, gli scostamenti di queste curve da quelle reali sono ancora maggiori di quelli che si osservano sulle caratteristiche esterne, perchè nella loro costruzione si è tenuta costante l'impedenza sincrona, mentre con l'aumentare dell'eccitazione questa va decrescendo, come è noto. La considerazione della sopraelevazione di tensione da carico a vuoto ha un grande interesse pratico. Le norme CEI definiscono al riguardo come variazione percentuale di tensione di un alternatore, per un assegnato valore del cos φ esterno, quella sopraelevazione di tensione che si verifica ai morsetti, passando dal funzionamento a pieno carico con la tensione nominale Vn al funzionamento a vuoto, mantenendo costante la corrente di eccitazione; se V0 è la tensione a vuoto così ottenuta la variazione percentuale di tensione risulta ∆V % = V 0 −V n ⋅100 Vn 58 Circuito equivalente e diagramma vettoriale secondo Potier. II criterio di Behn Eschemburg di sostituire al vero effetto della reazione di indotto una induttanza fittizia Li che aggiunta a quella di dispersione L0 definisce l'induttanza sincrona Ls, equivale a immaginare che il campo rotante generato dall'indotto conservi una propria individualità, distinta dal flusso che emana dalla ruota polare al quale resta attribuito tanto a vuoto che a carico lo stesso valore Φ0 mentre il flusso Φi di indotto viene conglobato con quello di dispersione per considerarli insieme sotto l'aspetto di un unico flusso di autoinduzione sostenuto dall'induttanza sincrona Ls. È evidente che questo concetto è puramente fittizio, perché il vero effetto della reazione di indotto è precisamente quello di alterare il flusso induttore. Infatti il campo rotante statorico non si mantiene distinto dal flusso che emana dalla ruota polare, ma si compone con questo in un unico flusso dovuto all'azione combinata delle amperspire di eccitazione e delle amperspire di indotto. Per il fenomeno della saturazione del ferro, accade allora che il flusso Φ così generato, non coincide più col flusso che si otterrebbe componendo i due flussi Φ0 e Φi che sarebbero prodotti singolarmente dalle due f.m.m. predette : perciò in regime di saturazione non è più lecito considerare distinti i due campi per valutare separatamente le f.e.m. indotte dall'uno e dallo altro, ma è necessario invece comporre fra loro le forze magnetomotrici per considerare quale è in realtà la f.e.m. E che viene generata dal flusso prodotto dalla f.m.m. risultante. Questa impostazione, senz'altro più aderente alle reali condizioni di funzionamento della macchina, è dovuta a Potier. 59 In base ad essa il circuito equivalente a ciascuna fase dell'alternatore viene concepito come un generatore la cui f.e.m. E coincide con quella effettivamente generata in una fase dell'alternatore a carico, e la cui impedenza interna è costituita dalla resistenza ohmica R0 in serie alla sola reattanza di dispersione X0 , come in fig. 20. L'equazione vettoriale della macchina risulta pertanto la seguente : V = E − R0 ⋅ I − j ⋅ X 0 ⋅ I Prefissata, per una certa condizione di carico, in tensione ai morsetti V e la corrente erogata I sfasata di un certo angolo φ, il diagramma vettoriale si costruisce come in figura b), tracciando di seguito al vettore V la caduta ohmica interna R0 · I in fase con I, e la caduta induttiva j·X0 ·I a 90° in anticipo: il lato di chiusa di questa poligonale Fig. 20 - Circuito equivalente e diagramma delle tensioni e dello amperspire, sccondo Potier. E = V + R0 ⋅ I + j ⋅ X 0 ⋅ I rappresenta la f.e.m. che effettivamente si genera in ciascuna fase della macchina nel funzionamento al carico considerate. 60 Fig. 20 - Circuito equivalente e diagramma delle tensioni e dello amperspire, sccondo Potier. Il flusso che genera questa f.e.m. deve essere come sempre rappresentato da un vettore sfasato di 90° in anticipo rispetto al vettore E, ed è prodotto dall'azione combinata delle amperspire di eccitazione As e di indotto Asi . Le amperspire totali che si richiedono per produrre questo flusso possono essere rappresentate con un vettore Ast in fase con Φ. Poiché la corrente erogata dall'indotto fornisce essa stessa un certo numero di amperspire rappresentate da un vettore come Asi in fase con I, ne segue che la corrente di eccitazione dell'alternatore dovrà fornire un numero di amperspire As che combinate vettorialmente con quelle di indotto Asi diano appunto le amperspire Ast necessarie a produrre il flusso dovrà cioè risultare : Ast = As + Asi e le effettive amperspire di eccitazione della macchina saranno rappresentate dall'ampiezza del vettore : As = Ast − Asi 61 Il valore delle amperspire totali Ast corrisponde in ogni caso a quello che può essere ricavato dalla caratteristica a vuoto riprodotta nella figura 20 c) ponendo Ast= Ne it se con it si indica la corrente di eccitazione che occorre per generare la f.e.m. E, e con Ne, il numero delle spire induttrici per polo. Analogamente, alle amperspire di eccitazione As corrisponde una corrente di eccitazione i = As Ne che determina sulla stessa caratteristica a vuoto il valore della f.e.m., E0 che viene a generarsi quando si interrompe il carico e restano in azione le sole amperspire As: sul diagramma vettoriale (fig. b) tale f.e.m. a vuoto deve essere rappresentata da un vettore E0 tracciato a 90° in anticipo su As. Fig. 20 - Circuito equivalente e diagramma delle tensioni e dello amperspire, sccondo Potier. 62 Caratteristiche di carico induttivo a cos φ = 0 Per costruire il diagramma di Potier occorre conoscere separatamente la reattanza di dispersione X0 e le arnperspire di indotto Asi: la determinazione sperimentale di queste grandezze può essere fatta dipendere dal seguente ragionamento. Sia data la caratteristica a vuoto dell'alternatore E0 = f (i) riportata in fig. 21 a), e si supponga di far funzionare l'alternatore su un carico puramente induttivo con una certa corrente di eccitazione i: si otterrà ai morsetti una tensione V, certamente minore della f.e.m. E0 che corrisponde alla corrente di eccitazione prefissata. La tensione V sarà perciò rappresentata dall'ordinata di un certo punto come P. Fig. 21 Caratteristica swattata e triangolo di Potier. 63 Nel funzionamento con carico puramente induttivo, le amperspire di indotto sono totalmente smagnetizzanti ed agiscono come una vera e propria controeccitazione : l'equazione vettoriale delle amperspire si riduce perciò alla differenza aritmetica : Ast = As + Asi Ast = As − Asi Dividendo ambo i membri di questa relazione per il numero Ne delle spire induttrici si ottiene l'analoga relazione di equivalenza tra le correnti di eccitazione nella forma : i t = i − i i In quest'ultima la corrente ii = Asi Ne rappresenta la corrente di induttore equivalente alla controeccitazione di indotto: la corrente ii così definita deve essere d'altra parte proporzionale alla corrente di carico I secondo un certo coefficiente α (detto coefficiente di Potier) mediante il quale si pone ii = α ⋅ I II coefficiente di Potier assume quindi il significato di rappresentare il valore della corrente che circolando nelle Ne spire dell'avvolgimento induttore, produce lo stesso effetto magnetico della corrente di carico unitaria circolante nelle tre fasi dell'indotto. Se è noto il coefficiente di Potier le amperspire di indotto Asi restano pertanto determinate dalla relazione Asi = N e ⋅ ii = α ⋅ N e ⋅ I In presenza di un carico puramente induttivo, alla corrente di eccitazione i si deve quindi sottrarre il valore ii equivalente alla controeccitazione di indotto Asi: si ottiene allora la corrente di eccitazione risultante it = (i — ii) che rimane effettivamente impegnata a produrre il flusso 64 induttore utile corrispondente al carico induttivo considerato. A tale corrente di eccitazione it corrisponde, sulla caratteristica a vuoto E = f (i), la f.e.m. E rappresentata dall'ordinata MR. Questa f.e.m. è d'altra parte la risultante della tensione ai morsetti V e delle cadute interne R0 ·I e jX0 ·I come è indicato nel diagramma vettoriale della figura b) in cui la corrente I è segnata, come si è supposto, a 90° in ritardo su V. Se ora si osserva che la caduta ohmica è sempre molto piccola, si vede che la caduta induttiva jX0 ·I viene praticamente a identificarsi con la differenza aritmetica (E - V), cioè col segmento QR del diagramma a). Il triangolo rettangolo P Q R ha dunque l'importante proprietà di rappresentare nel cateto PQ la Fig. 21 corrente di Caratteristica swattata e eccitazione ii = a ·I triangolo di equivalente alla Potier. controeccitazione di indotto e nel cateto QR la caduta di tensione X0 ·I dovuta alla reattanza di dispersione. 65 Questo triangolo è noto col nome di triangolo di Potier. Facendo variare la reattanza del carico induttivo regolando contemporaneamente la corrente di eccitazione in modo che resti costante la corrente erogata I, varierà anche la tensione ai morsetti; ma poichè, essendo rimasta invariata la corrente, tanto la reazione di indotto che la caduta induttiva rimangono invariate, anche il triangolo di Potier conserverà i cateti invariati: ciò vuol dire che la tensione ai morsetti varierà secondo la curva che viene descritta dal punto P facendo scorrere il triangolo di Potier parallelamente a se stesso col vertice R lungo la caratteristica a vuoto. Tale curva è detta caratteristica di carico induttivo a cos φ = 0, o anche caratteristica swattata relativa alla corrente I prefissata e mantenuta costante. Essa esprime la relazione V=f (i) per I = cost e φ = 90° in ritardo. Dove essa interseca l'asse delle ascisse la tensione ai morsetti è ridotta a zero e ciò vuol dire che diminuendo la reattanza esterna si è raggiunto infine il corto circuito; l'ascissa AO rappresenta perciò il valore della corrente di eccitazione necessaria a far circolare la corrente prefissata I nelle fasi dell'alternatore chiuso in corto circuito (Si definisce rapporto di corto circuito di un alternatore il rapporto fra la i di eccitazione necessaria a produrre la tensione normale a vuoto, e la icc occorrente per far circolare la corrente normale in cortocircuito). La corrente costante I alla quale è riferita l'intera caratteristica swattata avente l'origine in A rimane così individuata dall’ordinata BA misurata sulla caratteristica di corto circuito Icc = f(i) in corrispondenza dell'ascissa A. Della corrente di eccitazione icc = OA che viene richiesta per il funzionamento in corto circuito con la corrente I, la parte it serve ancora a vincere le amperspire smagnetizzanti di indotto: la vera f.e.m. che viene generata nel funzionamento in corto circuito è quindi la Ecc=CD. [Ciò conferma il fatto, già osservato in precedenza, che nel funzionamento in corto circuito si è sempre molto lontani dalla saturazione, ragione per cui la caratteristica di corto circuito è rettilinea]. 66 È facile ora dimostrare che per la completa determinazione del triangolo di Potier è sufficiente conoscere la caratteristica a vuoto E0 = f (i), la caratteristica di corto circuito Icc = f (i) e un punto come P della caratteristica swattata relativa ad una certa corrente I. Riportando infatti questa corrente sulla caratteristica di corto circuito in AB resta determinata l’ascissa OA che rappresenta l'eccitazione di corto circuito icc relativa alla corrente I. Dopo di ciò basta riportare in O'P il segmento OA e condurre da O' la retta O' r parallela al tratto iniziale della caratteristica a vuoto; questa retta interseca la caratteristica a vuoto nel punto R che insieme al punto P permette di completare il triangolo di Potier. In base a questo, essendo QR = X0 ·I e QP = ii = α ·I , restano senz'altro determinate anche la reattanza di dispersione X0 ed il coefficiente di Potier α, eseguendo semplicemente i rapporti: Xo = QR QP ; α= I I Per tutti gli altri valori della corrente erogata diversi da I, i lati del triangolo di Potier variano in proporzione. Si hanno così tutti gli elementi che occorrono per costruire il diagramma completo dell'alternatore per qualunque condizione di carico, potendo anche sostituire al parallelogramma delle amperspire quello delle correnti di eccitazione equivalenti. 67 Il diagramma viene impostato come nella fig. 22. Data la caratteristica a vuoto, riportata in a), e determinato su questa il triangolo di Potier relativo ad una certa corrente I, si traccia nel diagramma b) il vettore V che rappresenta la tensione di esercizio voluta, ed a questo si riferisce l'angolo di sfasamento φ che si vuol considerare. Tracciando di seguito a V la caduta ohmica R0 ·I in fase con I e, a 90° in anticipo, la caduta induttiva j X0 ·I (che è rappresentata sul triangolo di Potier del cateto QR) si ottiene la f.e.m. E1 che deve generarsi nelle condizioni di carico considerate; a questa f.e.m. corrisponde sulla caratteristica a vuoto la corrente di eccitazione it1, che viene riportata sul diagramma b) a 90° in anticipo su E1, (essa sostituisce il vettore delle amperspire totali Ast). Misurando ora sul triangolo di Potier il cateto QP che rappresenta la corrente di eccitazione ii = a ·I equivalente alla corrente di indotto I si riporta questa corrente ii nel diagramma b) in fase con I : la differenza vettoriale: i1 = iti − ii definisce il vettore che con la sua ampiezza rappresenta la corrente di eccitazione che è necessario fornire all'alternatore nella condizione considerata. 68 Fig. 22 - Determinazione della curva di regolazione i = f(I) e delle sopraelevazioni di tensione da carico a vuoto, per V = cost. e φ = cost. col metodo di Potier. Nel diagramma della fig. 22c), riportando la corrente erogata I come ascissa, si può innalzare come ordinata corrispondente la corrente di eccitazione i1 sopra determinata ed anche la f.e.m. E01, che questa eccitazione agendo da sola induce nel funzionamento a vuoto. Se la corrente erogata raddoppia e diviene 2 ·I , conservando immutato l'angolo di sfasamento φ, anche le cadute ohmica e induttiva raddoppiano: la f.e.m. che deve generarsi per mantenere ancora la tensione V, viene rappresentata allora dal vettore E2 al quale corrisponde, sulla caratteristica di magnetizzazione, l'eccitazione it2 che viene riportata in b) a 90° in anticipo su E2; d'altra parte, essendo raddoppiata la corrente erogata, raddoppia la controeccitazione di indotto che diviene 2 ·α· I : si ottiene così la nuova corrente di eccitazione i2 che si deve fornire all'alternatore per mantenere la tensione costante V con la corrente erogata 2 ·I. Nel diagramma c) si riporta ancora la corrente 2 ·I come ascissa innalzando come ordinata la corrispondente 69 corrente di ecitazione i2 e la f.e.m. a vuoto E02 che le corrisponde. Ripetendo la costruzione per altri valori della corrente erogata si arriva così a determinare l'intera curva di regolazione i = f (I) e la curva delle sopraelevazioni di tensione da carico a vuoto E0 = f (I) relative all'angolo di sfasamento φ considerato. Viene risolto cioè lo stesso problema già trattato in base al metodo di Behn Eschemburg, ma con risultati assai più vicini al vero. II metodo di Potier fornisce risultati praticamente esatti per qualunque valore dell'angolo di sfasamcnto φ quando si tratti di alternatori a induttore liscio nei quali si ha un intraferro costante. Per gli alternatori a poli salienti invece, il metodo richiede una ulteriore correzione, per tener conto del fatto che, per la presenza dei vani interpolari, le due componenti delle amperspire di indotto che hanno rispettivamente azione trasversa e smagnetizzante (o magnetizzante) agiscono su circuiti magnetici che hanno conformazione diversa e perciò diversa riluttanza ; saranno perciò diversi i valori che devono essere attribuiti alla reattanza degli avvolgimenti indotti, definiti rispettivamente come reattanza trasversa Xt e reattanza longitudinale Xl. Su questa differenziazione si ha la teoria completa ma assai più complessa degli alternatori a poli salienti svolta per la prima volta da Blondel. Tuttavia pur senza apportare queste correzioni, il metodo di Potier fornisce risultati sufficientemente approssimati anche per gli alternatori a poli salienti; e precisamente tanto più approssimati quando maggiore è l'angolo di sfasamento in ritardo oppure in anticipo che viene considerato: ciò perchè aumentando l'angolo di sfasamento diminuisce l’entità delle amperspire trasverse di indotto che sono appunto quelle che agiscono sui circuiti magnetici che investono i vani interpolari. 70 La reazione di indotto negli alternatori monofasi o trifasi con carico squilibrato. Negli alternatori trifasi con carico equilibrato il fenomeno della reazione di indotto è caratterizzato dal fatto essenziale di manifestarsi sotto forma di un campo rotante che si muove in perfetto sincronismo con la ruota polare. Il fenomeno della reazione assume invece un aspetto diverso negli alternatori monofasi nei quali, avendosi un unico avvolgimento, il campo di indotto non può essere un campo rotante di intensità costante, ma è necessariamente un campo alternato avente una direzione fissa. Occorre dunque esaminare come si manifesta la reazione di questo campo alternato fisso nello spazio, sul campo rotante sostenuto dalla ruota polare. Si può immaginare a tale scopo di scomporre idealmente il campo alternato in due campi rotanti in senso inverso. Uno di questi due campi, il diretto, ruota in sincronismo con la ruota polare ed esercita rispetto a questa gli stessi fenomeni di reazione che si verificano negli alternatori trifasi : esso e ancora un campo trasverso, smagnetizzante o magnetizzante a seconda che la corrente erogata dall'alternatore è in fase, oppure a 90° in ritardo o in anticipo, con la f.e.m. E0. Rimane da considerare, come fatto nuovo, l'azione del campo inverso che ruota in senso contrario alla ruota polare. Per quanta riguarda l'avvolgimento indotto dell'alternatore, questo campo inverso vi genera una f.e.m. identica a quella dovuta al campo diretto precedente, e la somma di queste due f.e.m. rappresenta l'intera f.e.m. che corrisponde all'effetto di autoinduzione prodotto dal campo alternato che è stato idealmente scomposto nei due campi rotanti. L'effetto di questa f.e.m.. si traduce ancora in una variazione di tensione ai morsetti, che può essere anche qui, come negli alternatori trifasi, una caduta oppure una sopraelevazione di tensione a seconda che la corrente erogata è in ritardo oppure in anticipo. 71 Fin qui dunque il circuito equivalente all'alternatore monofase non differisce da quello relativo a ciascuna fase degli alternatori polifasi. Il fatto nuovo interviene quando si considera l'azione del campo inverso sul sistema induttore. Mentre infatti il campo diretto ruota in perfetto sincronismo con la ruota polare influendo su di essa con azioni puramente magnetiche, ma senza esercitarvi nessun fenomeno induttivo (in quanto la posizione relativa fra il campo e la ruota polare rimane invariata), il campo inverso invece, che ruota nello spazio in senso opposto alla ruota polare, ha rispetto a questa una velocità doppia. Esso genera conseguentemente delle correnti parassite di frequenza doppia nell'intera massa della ruota polare, e analogamente genera una f.e.m. alternata di frequenza doppia negli avvolgimenti induttori. Per diminuire le perdite derivanti da queste correnti parassite si richiederà dunque la costruzione laminata dell'intera ruota polare. D'altra parte negli avvolgimenti induttori si avrà, sovrapposta alla corrente continua di eccitazione, una corrente alternata di frequenza doppia di quella generata dall'alternatore e questa corrente produrrà un flusso alternato che uscirà dai poli sovrapposto al flusso costante principale. Esso può essere idealmente scomposto a sua volta in due campi rotanti in senso inverso aventi ciascuno una velocità doppia della ruota polare e partecipanti inoltre alla rotazione di questa : quello inverso viene ad avere così nello spazio una velocità identica a quella del campo inverso di indotto e in sua azione si riduce perciò a generare nell'avvolgimento indotto una f.e.m. avente la stessa frequenza della fondamentale. 72 Il campo diretto, invece, oltre ad essere trasportato in rotazione dalla ruota polare, ha, rispetto a questa, una velocità doppia e viene perciò ad avere rispetto all'indotto una velocità tripla. La sua azione è pertanto quella di generare nell'avvolgimento indotto dell'alternatore una f.e.m. che ha pure frequenza tripla e cioè di sovrapporre all'onda fondamentale della f.e.m. una terza armonica. Ne segue che la curva di tensione Fig. 23 - Smorzatore Leblanc sulle espansioni polari di un alternatore monofase. generata da un alternatore monofase sotto carico è sempre deformata, anche se nel funzionamento a vuoto esso genera una f.e.m. sinusoidale. Per attenuare questa deformazione, che può essere anche assai sensibile, si può applicare alla ruota polare un avvolgimento smorzatore (ideato da Leblanc) costituito da tante sbarre di rame infilate in opportune fori passanti praticati nelle espansioni polari in direzione parallele all'asse e collegate su ciascuna fronte da un anello circolare di rame come in fig. 23. L'azione dell'avvolgimento smorzatore è nulla rispetto al flusso induttore principale ed anche rispetto al campo rotante diretto di indotto, e si esplica esclusivamente sul campo inverso di indotto da cui prende origine la terza armonica. Infatti il campo inverso, tagliando le sbarre della gabbia che hanno una piccola resistenza, vi genera intense correnti di frequenza doppia (come le correnti parassite che esso induce nei poli) : queste correnti, reagendo per la legge di Lenz sulla causa che le genera, acquistano un verso tale da contrastare il campo inverso, cosicchè la gabbia viene a costituire un vero schermo che 73 impedisce al campo inverso di penetrare nei poli. Gli avvolgimenti induttori restano così sottratti all'azione di questo campo e rimane abolita la corrente alternata di frequenza doppia sopra considerata. Per la stessa ragione sono abolite le correnti parassite nei nuclei polari, e perciò quando il sistema induttore è munito dell'avvolgimento smorzatore non è più richiesta la costruzione laminata dell'intera ruota polare. Le osservazioni esposte per gli alternatori monofasi trovano importante riscontro anche negli alternatori trifasi in regime di carico squilibrato. È chiaro infatti che ogni squilibrio di carico può immaginarsi dovuto alla sovrapposizione di un carico equilibrato con uno o più carichi monofasi e allora questi reagiscono sul sistema induttore nel modo sopra descritto. È dunque della massima importanza che negli alternatori trifasi normali il carico sia mantenuto equilibrato per evitare deformazioni della tensione. È infine evidente l'opportunità di munire gli alternatori trifasi, per i quali si prevede un servizio su carichi notevolmente squilibrati, di avvolgimenti smorzatori come gli alternatori monofasi. 74 Espressioni delle potenze elettriche negli alternatori. La potenza elettrica erogata da un alternatore o potenza elettrica uscente P, corrisponde evidentemente, per ciascuna fase, al prodotto della tensione ai morsetti per la corrente e per il fattore di potenza. Per un alternatore trifase con carico equilibrato si avrà quindi : P = 3·V·I·cos φ se V ed I sono i valori efficaci della tensione e della corrente in ciascuna fase e φ il loro angolo di sfasamento. Questo angolo dipende solo dalla natura del carico esterno e viene detto perciò angolo di sfasamento esterno. [Volendo considerate invece la tensione e la corrente misurata, anziché nelle singole fasi, direttamente ai morsetti di uscita, e cioè indicando con V' la tensione concatenata e con I' la corrente di linea si avrà, indipendentemente dal collegamento fra le fasi : P = 3 ⋅ V '⋅I '⋅ cos ϕ essendo ancora ϕ l'angolo di sfasamento esterno]. 75 La potenza apparente erogata risulta S = 3· V· I , oppure S = √3· V’· I’ ed esprime il carico dell'alternatore in voltampere, il quale viene normalmente tradotto in kilovoltampere (kV A). La potenza apparente relativa ai valori nominali Vn ed In della tensione e della corrente è espressa da Sn = √3·Vn·In e definisce la potenza nominale dell'alternatore. I1 valore della corrente nominale In dipende dalla sezione dei conduttori d'avvolgimento e dal sistema di raffreddamento della macchina e corrisponde alla massima corrente erogabile in servizio continuo entro i limiti di sovrariscaldamento ammessi delle Norme. Il valore della tensione nominale Vn dipende a sua volta dal numero dei conduttori indotti e dalle dimensioni dei circuiti magnetici, in base alle quali rimane definito il massimo valore del flusso induttore. La potenza nominale Sn serve perciò a definire la potenzialità o la prestazione dell'alternatore in rapporto alle sue dimensioni ed al suo peso, e viene espressa appunto in kilovoltampere e non in kilowatt perchè essa è sempre commisurata ai valori della tensione e della corrente che la macchina può fornire, indipendentemente dal valore del fattore di potenza del carico dal quale dipende invece la potenza attiva erogata P. Se a quest'ultima si aggiunge la potenza elettrica che viene dissipata in calore per effetto Joule negli avvolgimenti indotti, si ottiene l'intera potenza elettrica generata Pg , detta anche potenza trasformata in quanto coincide con la potenza meccanica che viene appunto trasformata in potenza elettrica. Indicando con R0 la resistenza di ciascuna fase percorsa dalla corrente I, la potenza dissipata per effetto Joule è data, per un alternatore trifase, da : Pj = 3·R0 ·I2 76 Essa costituisce la perdita nel rame dell'alternatore e cresce proporzionalmente al quadrato della corrente erogata. La potenza elettrica generata diviene conseguentemente :Pg = P + Pj = 3·V·I·cos φ + 3·R0·I2 Considerando il diagramma dell'alternatore costruito in base al circuito equivalente di Behn Eschemburg e riportato in fig. 24, si può ricavare l'uguaglianza : V ⋅ cos ϕ + R0 ⋅ I = E 0 ⋅ cosψ Moltiplicando ambo i membri per 3 ·I si ricava da tale uguaglianza l'espressione della potenza elettrica generata Pg nella forma : Pg = 3 ·E0· I ·cosψ In questa, E0 rappresenta ii valore efficace della f.e.m. generata in ciascuna fase nel funzionamento a vuoto (e cioè dipendente unicamente dalla corrente di eccitazione negli avvolgimenti induttori), e ψ l'angolo di sfasamento fra questa f.e.m. e la corrente erogata, comunemente denominato angolo di sfasamento interno. Analogamente, per la potenza reattiva gencrata si ottiene l'espressione: Qg = 3 ·E0 ·I ·sen ψ = 3· V ·I ·sen φ + 3· Xs ·I2 = Q + Qs Essa risulta uguale alla somma della potenza reattiva Q erogata a carico e della potenza reattiva Qs = 3 ·Xs · I2 che viene impegnata dalla reattanza sincrona della macchina. 77 È importante osservare che l'intera configurazione del diagramma dell'alternatore è completamente determinata quando sono fissati solo i due vettori V ed E0 e I'angolo δ compreso fra di essi ; da questi dati resta infatti determinato il vettore Zs ·I che rappresenta la caduta interna di tensione ed in base a questa, dividendo per l'impedenza sincrona Zs rimane determinata la corrente erogata I, la quale deve formare con Zs ·I l'angolo θ in ritardo. Fig. 24 - Potenza elettrica generata da un alternatore. Fig. 25 Rappresentazione della potenza attiva e della potenza reattiva di un alternatore : BC : potenza attiva AC : potenza reattiva 78 Ne risulta l'importante conseguenza che il triangolo formato dai tre vettori V, Zs ·I ed E0 determina interamente le condizioni di carico dell'alternatore. Per mettere più chiaramente in rilievo queste relazioni di dipendenza conviene trascurare la caduta olimica R0 ·I per dare al diagramma la disposizione indicata in fig. 25. Dati i due vettori V ed E0 formanti fra loro l'angolo δ resta determinato il segmento BA che rappresenta, nell'ipotesi fatta, la sola caduta induttiva j Xs ·I presente nell'alternatore. La corrente è a 90° in ritardo rispetto al vettore j Xs ·I e viene così a formare l'angolo φ col vettore V ; essa è determinata in ogni caso dal rapporto I= j ⋅ X s ⋅ I E0 −V = j⋅Xs j⋅ Xs Se si proietta il vettore j Xs ·I sulla direzione di V si ottiene il triangolo A B C che ha l'angolo in B eguale ancora a φ. Ne risulta che il cateto BC ha il valore BC = Xs ·I · cos φ ed è perciò proporzionale alla componente attiva I ·cos φ della corrente, mentre il cateto AC ha il valore AC = Xs ·I · sen φ, ed è proporzionale alla componente swattata I · sen φ. Per un data valore della tensione ai morsetti V, si ha dunque nel cateto BC una rnisura della potenza attiva P = 3· V · I · cos φ erogata dall'alternatore, e nel cateto AC una misura della potenza reattiva Q =3 · V · I · sen φ. D'altra parte nel diagramma della fig. 25 il cateto BC è espresso anche dalla relazione BC = E0 · sen δ. Ne risulta l'eguaglianza : X s ⋅ I ⋅ cos ϕ = E 0 ⋅ senδ 79 Moltiplicando ambo i membri per 3 ·V e dividendo per Xs si ricava una importante espressione della potenza attiva P erogata dalla macchina, in funzione dell'angolo δ, nella forma : P = 3 ⋅V ⋅ I ⋅ cos ϕ = 3 ⋅V ⋅ E 0 Xs ⋅ senδ Per valori assegnati e costanti di V ed E0 la potenza erogata risulta dunque proporzionale al servo dell'angolo δ compreso fra i due vettori V ed E0, ed è quindi rappresentata, al variare dell'angolo δ, da una curva sinusoidale del tipo rappresentato in fig. 26. Facendo aumentare l'angolo δ la potenza resa aumenta gradualmente fino a raggiungere, per δ = 90° , il valore 3 ⋅V ⋅ E 0 massimo P max = Xs Per angoli δ maggiori di 90° la potenza erogata diventa sempre più piccola fino ad annullarsi per δ= 180°. In pratica il funzionamento dell'alternatore deve essere contenuto entro angoli δ sempre notevolmente inferiori ai 90° al fine di utilizzare Fig. 26 - Potenza resa da un alternatore, in il solo tratto ascendente della curva della funzione dell'angolo δ. potenza. Solo in questo tratto infatti il funzionamento è sicuramente stabile perché ogni eventuale aumento della potenza motrice applicata all'asse, facendo aumentare l'angolo δ determina un corrispondente aumento della potenza erogata, e l'equilibrio dinamico si ricostituisce ; analogamente accade se la potenza 80 meccanica impressa diminuisce. Viceversa, nel tratto discendente della sinusoide il funzionamento risulta sicuramente instabile in quanto ogni aumento dell'angolo δ, prodotto da un aumento della coppia motrice applicata, sarebbe inevitabilmente accompagnato da una diminuzione della potenza erogata e della coppia resistente, e l’equilibrio non potrebbe quindi in alcun modo ricostituirsi. L'angolo δ = 90°, e la potenza P max che gli corrisponde, rappresentano pertanto il limite di stabilità dell'alternatore. Le condizioni di funzionamento normale sono senz'altro previste su valori sufficientemente inferiori a tale limite, onde assicurare il necessario margine di stabilità per fronteggiare gli eventuali bruschi sovraccarichi accidentali. 81 Perdite e rendimento. Si definisce rendimento elettrico dell'alternatore il rapporto fra la potenza elettrica che esso eroga sul circuito esterno e la corrispondente potenza elettrica generata : ηe = P Pg = 3 ⋅ V ⋅ I ⋅ cos ϕ V ⋅ cos ϕ = 3 ⋅ E 0 ⋅ I ⋅ cosψ E 0 ⋅ cosψ Poichè la potenza generata supera quella erogata delle perdite per effetto Joule negli avvolgimenti indotti Pi = 3 ·R0·I2 si può scrivere anche : 3 ⋅ V ⋅ I ⋅ cos ϕ 1 ηe = 3 ⋅ V ⋅ I ⋅ cos ϕ + 3 ⋅ R0 ⋅ I 2 = ⋅I 1 + R0 V ⋅ cos ϕ Risulta da questa espressione che il solo elemento costruttivo che influisce sul rendimento elettrico è la resistenza ohmica R0 degli avvolgimenti indotti : per il resto esso dipende dalle condizioni di carico dell'alternatore ; in particolare il rendimento elettrico diminuisce e tende a zero, se diminuisce e tende a zero il fattore di potenza cos φ. Volendo considerare il rendimento industriale dell'alternatore, che più interessa, bisogna tener conto oltre che delle perdite nel rame Pj anche delle perdite meccaniche Pm, delle perdite nel ferro Pf e delle perdite per eccitazione Pecc. Queste ultime tre perdite sono le uniche che sono presenti anche nel funzionamento a vuoto, sebbene in misura alquanto minore rispetto al valore che esse assumono nel funzionamento a carico. Per far fronte a queste perdite l'alternatore funzionante a vuoto richiede l'applicazione all'asse di una potenza meccanica definita dalla potenza a vuoto: P0 = Pm+Pf+Pecc 82 Nel funzionamento a carico invece in potenza meccanica da applicare all'asse e cioè la potenza meccanica assorbita Pa deve essere uguale alla potenza resa P = 3 ·V · I ·cos φ aumentata di tutte le perdite sopra considerate, con l'aggiunta delle perdite addizionali Padd, determinate dalla disuniforme distribuzione della corrente nei conduttori d'avvolgimento provocata dai flussi dispersi. Risulta perciò: Pa = P + Pj + Pm + Pf + Pecc + Padd = P + Pp Fra tutte le perdite, le sole perdite meccaniche Pm rimangono effettivamente costanti al variare del carico, perchè, essendo costante in frequenza, anche la velocità del rotore deve rimanere costante. Per quanto riguarda le altre perdite occorre tener presente che il funzionamento della macchina avviene generalmente a tensione costante : al variare del carico e per un f. di p. esterno assegnato, questa condizione può essere realizzata solo variando l'eccitazione; ne consegue che le perdite nel ferro Pf, le perdite per eccitazione Pecc come anche le perdite addizionali Padd , tendono a crescere con l'aumentare della corrente di carico. Le perdite per effetto Joule infine aumentano con il quadrato della corrente. 83 Fig. 27. Potenze e perdite di un alternatore in funzione della corrente erogata. In un diagramma « Potenza-Corrente» le perdite dell'alternatore assumono pertanto un andamento del tipo rappresentato in fig. 27 a), mentre la potenza resa P = 3· V · I · cos φ , per V e cos φ costanti, è rappresentata da una retta per l'origine, come indica la fig. b). Corrispondentemente la curva che rappresenta la potenza assorbita Pa = f(I) si ottiene sommando alle ordinate di questa retta le ordinate della curva delle perdite Pp = f (I). Il rendimento industriale è dato dal rapporto tra la potenza erogata P e la potenza meccanica assorbita Pa: P P η= = 84 Pa P + P p In base alle Norme CEI il rendimento cosi definito viene designato come rendimento effettivo, quando viene determinato eseguendo la misura diretta della potenza resa P e della potenza assorbita Pa valutando le perdite Pp per differenza (Pa - P). In pratica tuttavia questa determinazione è generalmente inattuabile, soprattutto per le macchine di potenza elevata. Si preferisce in tal caso procedere alla determinazione separata delle singole perdite che competono ai diversi valori della potenza resa P, per valutare poi la potenza assorbita Pa per via indiretta mediante la somma Pa = P + Pp. Il rendimento così ottenuto viene designato come rendimento convenzionale. In ogni caso il rendimento industriale di un alternatore varia in funzione del carico. Per una assegnata tensione ai morsetti e per un dato cos φ, esso è zero in corrispondenza del funzionamento a vuoto e cioè per P = 0 e Pp = PO; aumenta poi rapidamente all'aumentare della potenza erogata, finché le perdite si mantengono relativamente basse, e torna a diminuire quando il carico diviene così elevato che il tasso di aumento delle perdite arriva a superare i corrispondenti incrementi della potenza resa. La curva η = f (P) che rappresenta i1 rendimento in funzione della potenza resa per V e cos φ costanti, parte dunque dall'origine, cresce in un primo tratto assai rapidamente, indi più lentamente fino a raggiungere un certo valore massimo ηM, per riprendere poi a diminuire. È importante conoscere per quale valore della potenza erogata si verifica il rendimento massimo. Si può osservare a tale riguardo che l'espressione trovata del rendimento può essere scritta anche nella forma : η= P Pa = P P + Pp η= P = P + Pp 1 P 1+ p P 85 Risulta chiaro perciò che il rendimento η raggiunge il suo valore massimo ηM per quel valore del carico in corrispondenza del quale il rapporto Pp / P tra la potenza perduta e la potenza erogata diviene minimo. Per determinare tale condizione si deve rappresentare in un diagramma la curva Pp= f (P) come in fig. 28. Per V e cos φ costanti tale curva è simile alla curva P = f (I) In corrispondenza di una generica intersezione S fra la curva Pp = f (P) ed una retta r condotta per l'origine con un angolo di inclinazione α si ha : Pp = tan α P Fig. 28 - Per determinare la potenza resa P(ηM) alla quale si ha il massimo rendimento. Appare da ciò evidente che il rapporto Pp/P diviene minimo nel punto di tangenza M sulla curva Pp = f (P) della retta meno inclinata t. L'ascissa del punto M così delinito rappresenta il valore della potenza resa P(ηM) cui corrisponde il massimo rendimento ηM . Se si può fare l'ipotesi di ritenere costanti le perdite P0 tanto a vuoto che a carico, e variabili solo le perdite per effetto Joule Pj = 3 ·R0 · I2, è facile dimostrare che il massimo rendimento si verifica quando le perdite Pj arrivano a eguagliare le perdite costanti P0. 86 Corrispondentemente il rendimento dell'alternatore, per un dato cos φ , assume l’andamento rappresentato dalla curva η = f (P). Le curve del rendimento si possono tracciare, volendo, anche in funzione della corrente erogata, per diversi valori del cos φ. Si ottengono in tal caso delle curve η = f (I) del tipo indicato nella fig. 29; da questa appare il fatto importante che le curve del rendimento risultano tanto più ribassate quanto minore è il fattore di potenza esterno cos φ . Nelle macchine di costruzione normale il rendimento assume comunemente il suo valore massimo, per ogni cos φ , fra metà carico e pieno carico e scende assai rapidamente quando l'erogazione di corrente è inferiore a un quarto della corrente di pieno carico. Nel funzionamento a pieno carico e cos φ = 1 il rendimento può raggiungere valori superiori al 95% negli alternatori di grande potenza, mentre negli alternatori di potenza minore risulta dell'ordine del 90%. Fig. 29 - Curve di rendimento dell'alternatore. 87